Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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Garbino

Nietzsche: L' uomo e il suo diritto al futuro.

La volontà di potenza.

Penso di aver risolto il problema inerente alla volontà di potenza. Devo confessare che Memento mi aveva fatto sorgere qualche dubbio e sono così andato alla ricerca di tutti i brani in cui la Volontà di potenza era presente. E in un primo momento mi sono trovato sempre di fronte a situazioni in cui la determinazione del modo in cui Nietzsche identificava la presenza della stessa non era mai determinante. Poi, neanche a farlo apposta, proprio nelle prime pagine del Nietzsche di Heidegger mi sono imbattuto in un aforisma che è mia opinione possa considerarsi talmente chiaro nella sua stesura che non lascia spazio ad interpretazioni diverse da quelle esposte da Maral e dal sottoscritto.
Ricordo inoltre che l' avevamo già preso in considerazione nella precedente discussione su Nietzsche, ma evidentemente proprio non mi tornava in mente. L' aforisma è il 702 della Volontà di potenza ( poi parleremo anche di questo ) e questo ne è l' estratto di Heidegger:
"- ciò che l' uomo vuole,ciò che vuole ogni minima particella di un organismo vivente, è un di più di potenza"
( VIII, III, 149 )
" Prendiamo il caso più semplice, quello del nutrimento primitivo: il protoplasma allunga i suoi pseudopodi per cercare qualcosa che gli si opponga - non per fame, ma per volontà di potenza. Poi fa il tentativo di vincerlo, di assimilarlo, di incorporarselo: ciò che si chiama 'nutrimento' è solo un fenomeno conseguente, una applicazione particolare di quella volontà originaria di diventare più forte"

Non ritengo che possa essere interpretato in modo diverso da come affermavo. E cioè che secondo Nietzsche la volontà di potenza attraversa tutta la vita, dal più piccolo al più grande organismo. Qualcuno potrebbe obiettare sul fatto che si trovi tra gli scritti non editi, ma ritengo che si possa obiettare soltanto nel caso che tra i suoi scritti sia editi che inediti non ci sia un' affermazione che la contraddica.

La malattia di Nietzsche

Anche su questo argomento ci siamo soffermati nella discussione precedente ma penso che sia opportuno tornarci per chiarire alcuni dettagli. 
L' argomento è trattato ampiamente ed esplicitamente in Ecce Homo. E precisamente nel capitolo: Perché sono così saggio.
Nel secondo paragrafo troviamo questa frase: Come summa summarum ero sano; ma nel dettaglio, nella peculiarità ero decadent. Ed è nella peculiarità che lui si ritiene perciò anche malato, ma sano nella sua capacità di prendersi per mano e di guarirsi.
E si guarì abbandonando l' insegnamento e la Germania per luoghi come l' Italia e il sud della Francia dove evidentemente trovò un clima ed una alimentazione migliore. Sulla malattia per altro sinceramente la mia opinione è che si trattasse di una forma allergica,. O al polline, o al cibo, o ad entrambe. I sintomi che descrive mi fanno appunto vertere su questa ipotesi.
Non so se il mio caro Green Demetr si riferisse a ciò quando ha parlato di malattia di Nietzsche e del fatto che lo avesse detto. Quello che mi sembra è che ne parli in un modo che poco si attiene a quanto affermato da Nietzsche stesso in Ecce Homo.

X Maral

Nei primi capitoli di La Volontà di potenza come arte, mi sono ritrovato a rilevare le stesse critiche di cui avevo parlato sulla insistenza di Heidegger sull' appartenenza di Nietzsche alla Metafisica grazie al suo insistere sull' essere. Ricordo che alla fine avevamo condiviso che il motivo principale non si dovesse rintracciare in un errore interpretativo dello stesso Heidegger, ma in un errore in gran parte voluto per raggiungere lo scopo di sottrarre al Nazismo non solo Nietzsche ma soprattutto la sua interpretazione mistificatrice. Se sbaglio correggimi perché ho l' intenzione di riprendere da quel punto.

Grazie a tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

memento

#91
È difficile per me fare adesso un punto della situazione. Sono state affrontate molte tematiche nicciane,forse (come mi era effettivamente parso a una prima e superficiale lettura) con eccessiva frettolosità. Io invece ho un approccio diverso,tendo a valutare ogni aspetto singolarmente,con calma e soprattutto con prudenza,senza dover necessariamente trovare una linea interpretativa che dia un senso a tutto ciò che è stato scritto. Si presuppone che si arrivi a una conclusione finale,come fine ultimo di una filosofia,mentre per chi si è immerso abbastanza a fondo nella lettura di Nietzsche non dovrebbe essere scontato prevederlo. Arrischiare una deduzione dovrebbe essere il compito maggiormente pieno di insidie per un pensatore.
Lo Zarathustra ha riscosso immediatamente più attenzioni,essendo il libro che più degli altri sembra indicare tali conclusioni. Ma vorrei dire,contrariamente a ciò che dice Paul,che lo stile che lo contrassegna è unico nella produzione di Nietzsche,che è  dotato anche di una scrittura lucida,chiara e lineare,e di un ottima capacità argomentativa. Argomentazioni,non dimostrazioni,appunto. Delle quali la filosofia può fare tranquillamente a meno (sorrido quando leggo di "filosofie razionali",con tutto il rispetto,ma la ragione segue sempre a un giudizio,una valutazione antecedente,un peso).

Andiamo con ordine nelle varie questioni:

- L'eterno ritorno. Come Green demetr e Garbino,non ho ancora "osato" confrontarmi con il pensiero che Nietzsche stesso ritiene essere "il più abissale". Non credo di essere giunto a un punto tale da avere gli strumenti per comprenderlo nel suo significato più pieno. Però avrei da ridire su certe interpretazioni grossolane. Ad esempio tutti sembrano concordare che eterno ritorno abbia il significato di eterno presente,dove l'uomo vivendo costantemente l'attimo,cioè se stesso,sfugge dai condizionamenti del passato e del futuro. Ebbene,si può ancora parlare di tempo messa in questo modo? E in ogni caso,qui pare prender voce un pregiudizio,un sottile meccanismo che scambia l'interpretazione con il testo. Vi invito allora alla lettura,citandovi due passaggi sull'eterno ritorno:
"«Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»?" (La Gaia scienza,aforisma 341,"Il peso più grande")
"Consentiste mai alla gioia? Oh, amici, consentiste allora a tutte le pene. Tutte le cose sono concatenate insieme, congiunte dall'amore, – voleste mai che una volta venisse due volte, diceste mai «tu mi piaci, gioia! momento, istante!» voleste allora che tutto tornasse!" (Cosi Parlò Zarathustra,il canto d'ebbrezza)
In entrambi si parla di attimi vissuti nel passato,così grandi da far desiderare il ritorno della sequenza di eventi che è la vita.Ma dopotutto,che senso può avere la parola attimo,se non da una prospettiva passata?

- La morte di Dio. Maral, che Nietzsche usi toni tragici non implica di fatto paura e disperazione. Solo chi ha un animo suggestionabile può essere preso dallo sconforto proprio dove fa capolino la tragedia. Riporto,anche qui,un altro aforisma sulla morte di Dio,di ben altro carattere:
"In realtà, noi filosofi e "spiriti liberi", alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presentimento, d'attesa, - finalmente l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è sereno, - finalmente possiamo di nuovo sciogliere​ le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi è ancora mai stato un mare cosi "aperto" (La gaia scienza,aforisma 343)

- Bene e Male. L'origine dei giudizi di valore è proprio il tema del primo saggio di "Genealogia della morale". Mi stupisco allora che a Garbino sia sfuggito un passaggio tanto fondamentale:
"dato che da molto tempo è ormai abbastanza chiaro quello che io "voglio", quello che voglio proprio con quella formula pericolosa, scritta su misura per il mio ultimo libro: «Al di là del bene e del male»... Per lo meno questo "non" significa, «Al di là del buono e del cattivo»".
Una distinzione del genere non può non essere sottolineata. Perché si rischia di vedere in Nietzsche,a causa della stringente formula "al di là del bene e del male",uno strenuo nemico dei giudizi di valore,quando egli incita a creare PROPRIE tavole di valori. Al di là del bene e del male significa invece essere fuori dalla prospettiva pregiudiziosa di un bene e un male universali. Lascio ancora una volta la parola allo Zarathustra:
"Ma s'è scoperto chi dice: questo è il mio bene e que￾sto è il mio male: con codeste parole egli ha fatto tacere la talpa e il nano che dicono: «Per tutti è bene, per tutti è male».In verità non mi piacciono neppure coloro per i quali tutte le cose son buone, e che chiamano questo mondo il migliore dei mondi. Costoro io chiamo i soddisfatti di tutto.La contentezza che sa gustar ogni cosa, non è il gusto migliore! Io rispetto le lingue e gli stomachi ribelli e di difficile contentatura, che hanno imparato a dire: «Io» e
«sì» e «no»"

Continua..

maral

Citazione di: memento il 03 Aprile 2017, 00:41:15 AM
- La morte di Dio. Maral, che Nietzsche usi toni tragici non implica di fatto paura e disperazione. Solo chi ha un animo suggestionabile può essere preso dallo sconforto proprio dove fa capolino la tragedia. Riporto,anche qui,un altro aforisma sulla morte di Dio,di ben altro carattere:
"In realtà, noi filosofi e "spiriti liberi", alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presentimento, d'attesa, - finalmente l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è sereno, - finalmente possiamo di nuovo sciogliere​ le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi è ancora mai stato un mare cosi "aperto" (La gaia scienza,aforisma 343)
Non ho detto mi pare che implichi paura e disperazione, quanto che non è cosa da prendersi sottogamba, è di una portata enorme per la quale occorre assumersi un compito parimenti enorme. La morte di Dio richiede la morte dell'uomo che l'ha ucciso. Questo accadimento è comunque sconvolgente e lo sconvolgimento può suscitare sia terrore che esaltazione per quello che promette. Nelle parole che citi prevale il sentimento di esaltazione, che comunque resta un'esaltazione tragica (ove la tragedia non si limita alla scelta dei termini, per darne suggestiva parvenza) di fronte all'immensità del destino e responsabilità che occorre assumersi.
Non è certamente la posizione del semplice ateo che, negando Dio, può trovare ridicola la sua morte, come se gli si dicesse "è morto Babbo Natale".

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Maral.

La Volontà di Potenza Come Arte.

Nella rilettura dei capitoli relativi all' arte e al bello che seguono nel testo di Heidegger all' argomento iniziale, mi sono ritrovato di fronte al contesto della parte di Genealogia della Morale che si riferisce allo stesso argomento. E che vede come protagonisti gli stessi dell' opera di Nietzsche. E cioè lo stesso Nietzsche, Schopernhauer e Kant. Nella prima lettura ci avevo capito veramente poco, ma dopo aver letto attentamente Genealogia della Morale, ne so un po' di più e passo senz' altro a delineare il tema del bello, visto nell' ottica dell' arte come 'infusa' nella Volontà di Potenza e che Heidegger cerca di interpretare.

 Infusa nel senso appunto che trasmette al soggetto una ebbrezza che riesce a far sì che lo stesso si possa ritenere un artista capace di alta espressione artistica in tutto quello che fa.

Heidegger afferma che secondo lui non è solo Schopenhauer a fraintendere Kant, ma anche lo stesso Nietzsche. Ma lo sostiene non prendendo minimamente in esame i paragrafi di GDM ma sempre aforismi inediti della Volontà di potenza.

Secondo Heidegger, quel disinteresse necessario alla determinazione del bello dipende dal fatto che Kant lo ritiene indispensabile per la determinazione della forma più pura di bello. In altre parole penso che si possa interpretare come la forma in sé del bello. Pur non avendo molta dimestichezza con l' argomento arte, è veramente possibile poter pensare ad un bello in sé? Per altro Nietzsche afferma appunto che Kant nella sua definizione di bello ha incluso lo spettatore. Mentre cita Stendhal che definisce il bello: una promessa ( io ho aggiunto preludio ) di felicità.
Ma oltretutto specifica in GDM che ha in animo di redigere un' opera proprio sull' estetica che però sappiamo che non fu mai edita. E si può ritenere che proprio gli aforismi citati da Heidegger dovessero essere la base per tale opera.

Inoltre di una certa rilevanza giudico questo stralcio del par. 6 ( sempre GDM, terzo saggio ): Kant riteneva di rendere omaggio all' arte preferendo e mettendo in primo piano tra i predicati del bello, quelli che formano il vanto della conoscenza: impersonalità e validità universale. Non è questo il luogo per discutere se questo non sia stato in fondo un errore;.......-

Questo brano, a mio avviso contraddice ciò che Heidegger afferma. E cioè che Nietzsche non aveva affatto frainteso Kant ma che non riteneva quello il luogo adatto per stabilire quanto fosse valida l' impostazione di Kant. 

 Quello che io non riesco a capire, almeno per il momento, è perché Heidegger non faccia alcun riferimento a GDM in questo argomento, visto appunto che i personaggi e gli argomenti sono gli stessi sfiorati in GDM. Sfiorati ma anche abbastanza chiari, sempre a mio avviso, per il loro uso nel contesto affrontato da Heidegger.

Queste sono soltanto le prime impressioni perché è ovvio che dovrò rileggerlo con maggiore attenzione. Però mi chiedevo se tu abbia qualche idea sull' argomento.

Naturalmente mi sono rivolto a Maral perché avevamo già avviato la discussione sul Nietzsche di Heidegger, ma è ovvio che chiunque si senta di e o voglia dare un contributo è sempre il benvenuto.

Nel prossimo post cercherò di definire quale sia l' interpretazione di Heidegger sulla Volontà di Potenza e soprattutto sulla Volontà di potenza come arte.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Jean

Il mio post prende spunto da: 

https://www.riflessioni.it/logos/attualita/il-grande-intellettuale-e-politologo-giovanni-sartori/msg10773/#msg10773

ma qui mi è parso luogo più consono al contenuto.
 
 


Pur non andando per il sottile...

la storia è leggera al pari delle singole vite umane, insostenibilmente leggera, leggera come una piuma, come la polvere che turbina nell'aria, come qualcosa che domani non ci sarà più...

sarà a causa di tal leggerezza che non si riesce ad imparar dalla storia e forse da qui il Filosofo ipotizzò il misterioso eterno ritorno...

L'idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito!

Anche ritrovassimo l'attimo in cui poter cambiar l'azione o almeno il pensiero, non potremmo... a causa della storia alle nostre spalle che ci sospinge... per quanto sia leggero tal vento, impercettibilmente ci porterà oltre quell'unico attimo in cui potremmo far nascere una differente azione... e così di tutti gli attimi seguenti.

Ma quell'anelito, inespresso e non realizzato, energia non dispersa e ancor attiva, riprenderà dalla coda d'un altro attimo la sua ricerca d'esser quello che non poté... e intanto la storia che si realizzerà non sarà la nostra, ma quella che è stata in tal modo disposta da sempre e cui tentiamo di resistere, come si cerca di resistere alla morte, che allo stesso modo ci porterà fuor dell'unico attimo cui siamo, qui nel presente.
 

Citazioni in corsivo da "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera  
 

Un cordiale saluto

Jean

Eutidemo

Avete dimenticato il più importante aforisma di NIETZSCHE, che in italiano suona pure in rima baciata: 
"Vai con la donna? Porta la frusta! Così parlò Zaratustra!" :D  :D  :D
Übermensch JA, aber Überfrau NEIN!!!!

P.S. Ovviamente era uno scherzo, però, e indubbiamente un profilo di NIETZSCHE da considerare! ;)

maral

Garbino, non so perché Heidegger non tenga conto degli accenni in GDM sul valore estetico della conoscenza e sulla sospensione che citi rispetto a Kant.
Sappiamo che la "critica del giudizio" è il terzo pilastro della conoscenza che Kant costruisce: oltre la ragion pura categorizzante dei giudizi analitici e sintetici, oltre la ragion pratica in cui il dovere si fa principio a priori che determina necessariamente il suo oggetto, appare, nella dimensione estetica, il puro sentirsi al mondo come frutto di una sospensione sia della dimensione intellettiva che morale. E questo sentirsi al mondo non può che riferirsi alla singolarità di ogni soggetto, fare appello alla sua intrinseca libertà di sentimento che scaturisce da una sospensione logica e morale. In questo senso credo che il bello rivelandosi sia davvero felicità, non solo promessa, o, se appare come promessa, in questa promessa si è felici, la promessa anticipa nel suo presente accadere ciò che promette, attua quanto prelude.
Ma se per Kant, la conoscenza estetica che ha tutte le caratteristiche della fenomenologia, è retta solo da un giudizio riflettente (che riflette il mondo), sia per Nietzsche che per Heidegger tende a porsi alle origini della conoscenza stessa aderendo per il primo alla Volontà, alla vita stessa intesa come composizione di apollineo e dionisiaco, mentre, per il secondo, rendendo, nel linguaggio poetico, il manifestarsi dell'Essere nell'Ente: la musica e la poesia, Wagner (finché durò) e Holderling come i rispettivi rivelatori.
In fondo credo che in questo senso "La nascita della tragedia" resti ancora il testo di riferimento di base per Nietzsche e sarebbe interessante ricercarne il tema per come si andò  dionisicamente modulando nelle sue opere successive.
In entrambi però mi pare che proprio il tema estetico preannunci la fine della filosofia, di quella filosofia che ha segnato l'inizio della cultura occidentale e il cui compimento si attua per il primo con l'eterno ritorno, per il secondo con la visione tecnico scientifica del mondo.       
     

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Maral

Ti ringrazio per la precisazione e penso di aver capito l' errore di Kant a cui alludeva Nietzsche. Ma ha poca importanza. Rimane il fatto che Heidegger non prende in considerazione GDM per l' argomento e che sostanzialmente: o è veramente convinto che Nietzsche fraintenda Kant ( insieme a Schopenhauer ) o mente. Infatti ritengo che sia impossibile che non conoscesse molto bene Genealogia della Morale. E tutto ciò mi porta a considerare che Heidegger decida questa linea di comportamento per avere la possibilità, per quanto riguarda l' arte, di risalire a Platone, e riuscire così nel suo intento di far permanere Nietzsche nell' ottica della filosofia Metafisica tradizionale. E' l'unica spiegazione possibile, sempre a mio avviso. Ma sulla trattazione di Heidegger tornerò nel prossimo post, dal momento che non ho ancora terminato la lettura di La Volontà di Potenza Come Arte, anche se sono a buon punto.

Per quanto riguarda Nietzsche sono fondamentalmente d' accordo su tutto il resto. Sappiamo benissimo infatti il ruolo di Wagner nella sua vita e di Holderlin ne parla sempre bene. Anzi ricordo che lo cita come 'divino', il divino Holderlin, e se non erro nell' Inattuale di Strauss. Come del resto sono anche d' accordo sull' argomento trattato in Nascita della Tragedia, quell' Apollineo e Dionisiaco, di cui abbiamo già parlato e su cui, se ricordi e sempre a mio avviso, regna una certa incomprensione e o volontà di mistificazione. Su Heidegger non mi pronuncio perché non conosco i testi a cui ti riferisci, anche se sul suo tormento provocato da Nietzsche incomincio ad avere qualche barlume. Ma è ancora troppo presto. Grazie di nuovo.

X Eutidemo.

La questione femminile.

Sono pienamente d' accordo che per molti versi in Nietzsche ritroviamo parecchi riferimenti alla donna, al femmineo e al femminino; e che quasi costantemente il suo giudizio sia negativo. Ma il punto non è tanto se avesse ragione o meno, il punto, anzi i punti da prendere in considerazione sono altri.
Il primo è che Nietzsche a parte qualche piccola eccezione parla male di tutti. Che la sua frase più forte è che l' errore in cui si è incorso è quello di sbagliare come umanità. Sbagliare come umanità significa che si salva poco o nulla della Storia dell' uomo.
Il secondo è che mi sembra abbastanza ipocrita che ciò che è concesso a tutti gli altri filosofi in Nietzsche diventi motivo di problemi. Non dimentichiamo che lo stesso Schopenhauer definì la donna come strumento del diavolo.
Il terzo è che molte delle frasi di Nietzsche sulle donne sono prese da diverse culture, dove non esprimono un' opinione ma un modo di vivere, un modo di intendere il ruolo della donna nella vita sociale.
Il quarto è la demagogia che il nostro tempo usa proprio nei confronti della donna e non solo per prendere candidamente in giro noi e soprattutto la donna, ma proprio per nascondere qualcos' altro: i più basssi interessi commerciali di sfruttamento. 

Ma leggiamola la Storia con un minimo di buon senso!!! Negli Stati Uniti ha avuto luogo una guerra paurosa per la schiavitù dei negri ma ancora oggi il ruolo dei negri è quello che è. Si fanno guerre e si invadono paesi per portarvi, a detta loro, la democrazia, come se la democrazia fosse un sistema esportabile. Ma siamo pazzi???!!! Non è la democrazia che si vuole esportare e che comunque non è esportabile, l' unica cosa che si vuole esportare è il proprio potere e i propri interessi. Per altro determinando quassi sempre situazioni peggiori delle precedenti.
E non è forse vero che la donna finisce quasi sempre per fare la schiava sia sul lavoro che a casa? Non è forse vero? E non è la vittima designata di violenze inusitate e che spesso le viene sottratta anche la vita???

Caro Eutidemo ti ringrazio infinitamente di aver suggerito quello che tu hai citato come scherzo, ma che si riflette su una faccenda molto seria e che riguarda direttamente il ruolo e la situazione femminile nel mondo. Una situazione che ritengo estremamente tragica.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Anche se può sembrare che si sia lontani dall' affrontare l' argomento enunciato dal titolo, posso garantirvi che così non è. A parte i vari punti dell' opera in cui Nietzsche esprime direttamente la necessità di salvaguardare ciò che con il Nichilismo è impossibile, e cioè lo stesso futuro, e che mi sembra di aver costantemente segnalato, la filosofia di Nietzsche ha come punto di riferimento principale proprio quello di svegliare un' umanità in crisi proprio a causa del Nichilismo. Un' operazione che tende a far sì che un futuro sia possibile. D' altronde se alziamo gli occhi e ci guardiamo attorno e riflettiamo sui nostri tempi e su tutto il secolo XX, c' è poco da stare allegri. I segnali dell' autolesionismo e dell' autodistruzione sono così evidenti che non riesco a comprendere le tante voci ottimistiche, e soprattutto l' ottimismo in particolare su ciò che ci attende. Ma questo è un altro discorso. E perciò passo oltre.

Tornando ad Heidegger e al suo Nietzsche, ho completato la lettura di La volontà di potenza come arte e sostanzialmente, pur avendo le idee molto più chiare, esse non si discostano di molto dall' inquadratura che ne avevo fatto l' altra volta, e mi riferisco alla scorsa discussione sul precedente forum.

Adesso però sono in grado di segnalare a grandi linee, perché come ho già espresso altrove non ho alcuna intenzione di entrare in un sunto un po' più corposo, il cammino di Heidegger in questo delicato argomento e passo subito ad illustrarlo.
Heidegger pone cinque ( 5 ) tesi fondamentali sull' arte per individuare ciò che Nietzsche intende, se è accettabile e se comunque il suo percorso si distacca dalla Metafisica tradizionale. Nel rispondere a tali domande arriva ad identificare come argomento necessario di disvelamento il contesto dell' arte in Platone, asserendo appunto che avendo frainteso Kant era necessario risalire proprio a ciò che Platone afferma sull' arte ne La Repubblica, mi sembra anche se non vado a controllare perché il contesto è molto noto.

E per chi abbia trovato difficile tutto il ragionamento di Platone sull' arte, consiglio di procurarsi l' opera perché è veramente geniale e molto più facile da capire che non l' originale, su cui mi ricordo perdetti diverse ore se non giorni per seguire il ragionamento di Socrate. 
Comunque il punto determinante sono le tre caratteristiche fondamentali dell' arte in merito al loro contenere il massimo dell' idea che rappresentano. E sono: quella del Demiurgo che copia dal Mondo delle Idee, quella dell' artigiano che crea un tavolo e quella del pittore. Non bisogna dimenticare infatti che in Grecia anche l' artigiano era considerato un' artista.
Naturalmente è palese che per Platone l' importanza, il valore artistico principale risiede nel primo e tende a scendere e di molto nel secondo e scompare quasi nel terzo perché dell' idea ne può mostrare soltanto un aspetto prospettico e non la sua totalità. Il dove in pratica risiede il valore dell' arte e cioè il trasfigurare e il risvegliare il nostro interesse in Platone è completamente rovesciato. E a questo punto è anche chiaro che Nietzsche non ha frainteso per niente Kant, come ci aveva detto all' inizio ma lo ha compreso fin troppo bene. E Heidegger lo sa.

Il riferimento cardine comunque era una certa discrepanza presente in Nietzsche tra verità e bellezza e Heidegger pur facendo tutto questo discorso sull' arte alla fine è costretto ad ammettere che ciò che troviamo in Crepuscolo degli Idoli (e cioè: Come il Mondo Vero finì per diventare una favola. Storia di un errore.) non sia un rovesciamento ma un annullamento di entrambe. Sparendo il mondo vero cioè sparisce anche l' altro. E cioè che il nostro non è il Mondo Apparente ma l' unico mondo.

Ed allora la discrepanza tra l' arte e la verità in Nietzsche risiede appunto nel fatto che la verità a cui tradizionalmente si fa riferimento deve essere un errore. La forza dell' arte infatti è quella di trasfigurare e la sua verità non può avere nulla a che vedere con la verità tradizionale.

Questo argomento viene ripreso più profondamente nel saggio La volontà di potenza come conoscenza, che attualmente sto leggendo. E non mancherò di esporre, sempre succintamente, ciò che Heidegger ci racconta del pensiero di Nietzsche. Argomento che ho già accennato nella discussione: Cos' è l' uomo, aperta da Maral.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Bene ho completato la lettura del saggio ricavato dal seminario tenuto da Heidegger: La volontà di potenza come conoscenza. Nell' attesa che me lo richiedano e che mi consegnino la versione integrale degli scritti inediti curata da Gast e la sorella, apro questa parentesi che spero possa giungere gradita. Non senza aver rilevato nel frattempo che Einstein avrebbe affermato che la Fisica è capace di far volare asini, mentre a me risultava che lui fosse il primo ad aver sollecitato l' attenzione sul fatto che le sue fossero solo teorie, e su cui era necessario essere molto prudenti. C' è chi confonde un' interpretazione con la verità, per non parlare della fede nella Scienza o la Medicina, che dimostra ampiamente che quanto affermato da Nietzsche in Genealogia della Morale sia alquanto attuale. La Scienza moderna, come la Religione, ha bisogno di fede, e se vanno combattute vanno combattute assieme.

Un' ultima divagazione, se mi è concesso, riguarda il fatto se qualcuno avesse dubbi su quale fosse la matrice, o per meglio dire quali fossero i reali mandanti del terrorismo internazionale. Sono abili, riescono sempre a cammuffarsi, ma chi ci guadagna, e mi riferisco alla situazione in Francia, caso strano sono sempre gli stessi (Le Pen).

X Maral

Continuo ad avere alcuni problemi con l' ontologia, perciò ti chiederei di spiegarmi cortesemente con la tua proverbiale chiarezza cosa è l' essere e cosa l' ente nella Metafisica classica e la differenza sostanziale con ciò che afferma Heidegger, che troppo spesso parla di ente nel suo insieme. E questo perché anche se penso di averne un' idea concettuale, essa è sicuramente limitata dalla mia interpretazione del mondo, in cui non ne trovo traccia.

Ma tornando ad Heidegger ed al saggio, egli segue il pensiero di Nietzsche attribuendo alla Volontà di potenza di poter determinare grazie all' arte una conoscenza del mondo differente da quella classica legata alla logica e alla Matematica, arrivando a contestare il principio di non contraddizione di Aristotele, che Nietzsche definisce, insieme a tutto il resto, come una necessità del vivente ( l' uomo ) per poter mettere ordine nel caos che lo circonda. Sul pnc tornerò più avanti.

Naturalmente continua ad infarcire il ragionamento con l' argomento dell' appartenenza di Nietzsche alla Metafisica Classica, e si impegna in un ultimo sforzo rifacendosi al legame della Giustizia ( intesa in senso greco ) con la volontà di potenza, in base ad un aforisma che i curatori avevano inserito nel Nietzsche politico e che lui ritiene invece riferirsi alla Metafisica. A mio avviso l' operazione non gli riesce perché l' aforisma parla anche di una capacità di guardarsi intorno della Giustizia che mi sembra molto poco nicciano se riferito alla volontà di potenza.

Inoltre nella parte finale è costretto ad ammettere il riferimento di Nietzsche ad un interpretazione di carattere biologico anche se continua a ravvedere, e in questo concordo, un, non dico profondo, ma rilevante aspetto metafisico. 

Ma, a mio avviso, la testimonianza più rilevante che Nietzsche metta la parola fine alla Metafisica Classica è in un aforisma che Heidegger reputa importantissimo e che risale al 1888 e perciò uno degli ultimi:
-Ricapitolazione:
-Imprimere al divenire il carattere dell' essere - è questa la suprema volontà di potenza
Sempre a mio avviso, qui non ci possono essere dubbi, a discapito dell' argomentazione successiva che fa Heidegger, reinserendo l' argomento Giustizia. E non possono esservi perché il divenire a cui viene impresso il carattere dell' essere può significare che soltanto ciò che diviene è.

Per quanto riguarda invece il principio di non contraddizione, anche se accettiamo l' ipotesi di Nietzsche sulla necessità che esso sia ritenuto vero, ciò non inficia, ed adesso, Maral, capisco quello che tu intendevi, la sua caratteristica logica, anche se non riesco a determinare in quale quadro collocarlo, e su cui perciò dovrò ancora ragionare sopra. Se si può dire è ancora ad uno stato intuitivo, e non appena giungerò ad una opinione non mancherò di riferire. E la sua caratteristica logica non cade anche se l' essere viene inteso come ciò che diviene, poiché pur mutando è logico comunque continuare a considerare che l' essere non possa essere e non essere nello stesso momento.

Questo è un argomento del tutto nuovo per me, dato che su Aristotele avevo concentrato soprattutto l' attenzione sulla parte dell' Organon relativa al sillogismo, e perciò passibile, più di molti altri, di riconsiderazioni e cambiamenti. E chi volesse contribuire ha tutta la mia gratitudine.

A questo punto chiudo poiché se lo continuo a rileggere non ne sarò mai soddisfatto. Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Sariputra

Mi intrometto "in punta di piedi" in questo interessante topic che l'amico Garbino porta avanti con una meticolosità e attenzione così profonda che merita solo elogi...
Premetto che conosco poco e male il pensiero di Nietzsche. Conoscenza data dalla lettura veloce di alcuni suoi libri che, lo ammetto, non mi hanno entusiasmato, ma questo non è importante...
Prendo spunto da una frase estrapolata dal discorso di Garbino: 

 Ma, a mio avviso, la testimonianza più rilevante che Nietzsche metta la parola fine alla Metafisica Classica è in un aforisma che Heidegger reputa importantissimo e che risale al 1888 e perciò uno degli ultimi:
-Ricapitolazione:
-Imprimere al divenire il carattere dell' essere - è questa la suprema volontà di potenza
Sempre a mio avviso, qui non ci possono essere dubbi, a discapito dell' argomentazione successiva che fa Heidegger, reinserendo l' argomento Giustizia. E non possono esservi perché il divenire a cui viene impresso il carattere dell' essere può significare che soltanto ciò che diviene è.


Ora, nella mia ignoranza della filosofia occidentale, avevo sempre pensato che la metafisica di questa parte del mondo avesse messo, da sempre, l'essere al centro della sua riflessione. Perché allora si sostiene che Nietzsche abbia messo fine a questo fulcro di riflessione quando, mi sembra, sia proprio la teorizzata volontà di potenza che vuole imprimere sul divenire questo marchio ( dell'essere) ?
A prima vista sembrerebbe l'apoteosi dell'essere. Oppure ho frainteso lo scritto?
Caro Garbino, se hai tempo e voglia di rispondere alla domanda...giusto per "illuminare" ( non so se è il caso di usare questo termine visto gli "illuminati" che circolano per il forum... :) ) un angolo buio del mio conoscere.
Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Sariputra

Avrei anche potuto non rispondere, perché mi auguro che l' atteso intervento di Maral in relazione alla mia domanda sull' essere si rivelerà molto più illuminante di qualsiasi mia spiegazione. Ma non potevo esimermi dal risponderti anche per ringraziarti per i complimenti su questo topic che sinceramente mi ha impegnato e continua ad impegnarmi molto.

Da quello che mi risulta, è vero che la Metafisica classica si basa esclusivamente sullo studio dell' essere e dell' ente, ma lo ritiene non soggetto al divenire. L' essere è proprio perché non diviene. La mia ignoranza è piuttosto rivolta all' ente la cui identità mi sfugge se non è inteso come ciò che appare. Ma penso che Maral saprà chiarire anche questo. 

Inoltre, se ciò che diviene è, non può che essere identificabile con la fisicità e perciò l' essere dalla Metafisica si ritroverebbe nel mondo fisico, soggetto a tutte le leggi fisiche, con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma se questo ragionamento è valido la Metafisica non esiste più e perciò è chiaro che Nietzsche ne ha decretato la fine. Spero di non aver detto castronate ma se così è spero che qualcuno mi critichi e mi corregga.

Grazie di nuovo per i complimenti.

Garbino Vento di Tempesta.

Lou

#102
CitazionePerché allora si sostiene che Nietzsche abbia messo fine a questo fulcro di riflessione quando, mi sembra, sia proprio la teorizzata volontà di potenza che vuole imprimere sul divenire questo marchio (dell'essere) ?
Di mio leggo più che altro in Nietzsche il tentativo di fondere essere/divenire, dando luogo a un "terzo" che nell'ottica di una metafisica classicamente intesa ( ma non solo per essa :) ) desta qualche problemino. (Non ho resistito a punteggiare un piede anche io.=.=)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

maral

#103
CitazioneContinuo ad avere alcuni problemi con l' ontologia, perciò ti chiederei di spiegarmi cortesemente con la tua proverbiale chiarezza cosa è l' essere e cosa l' ente nella Metafisica classica e la differenza sostanziale con ciò che afferma Heidegger, che troppo spesso parla di ente nel suo insieme. E questo perché anche se penso di averne un' idea concettuale, essa è sicuramente limitata dalla mia interpretazione del mondo, in cui non ne trovo traccia.
Ti ringrazio Garbino per la stima che ritengo immeritata (non sono che un dilettante, per quanto appassionato, della filosofia e solo tento, per quanto mi è possibile, di vederci un po' più chiaro brancolando a tastoni). Quello che posso dirti molto sommariamente, per quello che ricordo, è che nella metafisica classica non mi pare ci sia una distinzione evidente tra Essere ed Ente.  Per Parmenide l'Essere è l'unico ente reale (ingenerato, imperituro, intero nel suo insieme, immobile e senza fine che né era, né sarà, perché è ora insieme tutto quanto, uno, continuo, limitato come una sfera perfetta). Platone vede invece l'Essere come l'ente puramente intellegibile ed eterno (il mondo delle Idee) e lo contrappone agli enti sensibili. Per Aristotele l'Essere è l'essere in potenza dell'ente, privo dei predicati con cui lo si descrive in atto, per il Tomismo l'Essere viene a coincidere con il supremo Ente creatore.
Colui che invece pone la differenza ontologica (la differenza radicale e insopprimibile tra Essere ed Ente) è proprio Heidegger, che accusa la metafisica, a partire da Platone, di aver dimenticato l'Essere per confonderlo con gli enti e in questo oblio della questione dell'Essere il filosofo della Selva Nera legge il motivo del tramonto del pensiero dell'Occidente, come effetto della sua metafisica sempre più dimentica dell'Essere. Per Heidegger (in "Essere e tempo") l'Essere è l'orizzonte nel cui ritrarsi si danno gli enti. L'Esserci (Da-sein) è quell'ente che solo si pone la questione metafisicamente obliata dell'Essere e il Da-sein per Heidegger è l'uomo. E' dunque solo a partire dall'esserci dell'uomo che si può fare chiarezza sull'Essere, quanto di più oscuro, ma anche quanto a noi di più prossimo ed è nella dimensione del tempo del vissuto umano, nel suo esserci per la morte, che andrà cercato l'Essere (progetto che poi, come sappiamo, verrà da Heidegger abbandonato).
Come dici, Heidegger vede in Nietzsche colui che porta al suo compimento la metafisica classica, aprendo le porte al mondo della tecnica. L'Ente, privo della differenza dall'Essere finisce allora con il diventare una pura parvenza diveniente che ripete incessantemente se stessa. E in questo credo ci si possa sentire risuonare il frammento di Anassimandro, quel continuo affiorare e tornare all'indistinto degli enti che l'un l'altro si rendono giustizia reciprocamente annientandosi l'un l'altro, secondo necessità. Questa necessità di annientamento non è altro allora che l'eterno divenire degli enti uscenti dal nulla e rientranti nel nulla.

green demetr

alcune precisazioni varie ed eventuali

cit eutidemo
"Avete dimenticato il più importante aforisma di NIETZSCHE, che in italiano suona pure in rima baciata: 
"Vai con la donna? Porta la frusta! Così parlò Zaratustra!" :D  :D  :D 
Übermensch JA, aber Überfrau NEIN!!!!
!
P.S. Ovviamente era uno scherzo, però, e indubbiamente un profilo di NIETZSCHE da considerare"

Ma a dirlo non è zaratustra, è la vecchia signora...lui invece si limitia a dire che l'unico obiettivo delle donne è la gravidanza.
lol

A mio parere l'esperienza con la LOU l'ha sconvolto in maniera ben più che evidente, portandolo a delirare di chissà quali virtù.
Quando la LOU "preferì la casa, all'avventura", per usare una metafora, lui ci rimase talmente male, che cominciò a dirne male.
Comportamento infantile che ha ripetuto con Cosima e con Wagner.
Ciò non toglie la grandezza dei suoi deliri iniziali, e la tristezza delle sue umorali ritorsioni.
Dove trovarne traccia? negli epistolari...tanto grande negli scritti, quanto patetico nelle epistole. Leggere per credere.
E ammetto che mi ero allonata da lui nei miei vent'anni per via di questa sua angustia visione sul femminile.
Anche ora che lo ritengo un Maestro, so benissimo che su quel lato non ha nulla, ma proprio nulla da insegnarci.



cit garbino
"Un' ultima divagazione, se mi è concesso, riguarda il fatto se qualcuno avesse dubbi su quale fosse la matrice, o per meglio dire quali fossero i reali mandanti del terrorismo internazionale. Sono abili, riescono sempre a cammuffarsi, ma chi ci guadagna, e mi riferisco alla situazione in Francia, caso strano sono sempre gli stessi (Le Pen)."

No non ti è concessa  ;D . Infatti è proprio il contrario. In olanda stava per vincere la destra nazionalista...scontro diplomatico con la turchia, la gente si caga addosso e vota la sinistra che vota europa, perchè si sente più sicura se ci sono anche gli altri dentro.
Idem in Francia, è stato Macron a prendere più voti del previsto, e non la Le Pen...chissà perchè (perchè la gente si caga addosso).


cit garbino
"E non possono esservi perché il divenire a cui viene impresso il carattere dell' essere può significare che soltanto ciò che diviene è."

Se diviene allora esce dal nulla per tornare al nulla direbbe severino.
Se fosse esistente allora non avrebbe divenire.

cit garbino
"E la sua caratteristica logica non cade anche se l' essere viene inteso come ciò che diviene, poiché pur mutando è logico comunque continuare a considerare che l' essere non possa essere e non essere nello stesso momento."

Certo è così sono le modalità dell'ente a cambiare non l'essere. In aristotele vi è il sostrato (l'essere) che garantisce (l'esistenza del) la materia che diviene ente (tramite la forma).
Heidegger che studia e ricalca Aristotele in tutto, fa combaciare l'essere con il sostrato e l'ente (con il binomio materia-forma).

In Heideger la critica alla metafisica è relativa alle caratteristiche (modalità) dell'ente. In particola modo egli fa notare come il carattere di esistente, sia andato man mano dimenticato, in favore degli altri attributi (delle altre forme "colore" "moto" "quantità" "stare in piedi" etc....).

Il carattere di esistente (dasein) è quindi riferito all'ente e non all'essere (l'esistere).

In italiana pietro chidi ha deciso di tradurre (molto liberamente) con essere qui, ma in italiano essere vuol dire sia esistente che essere, dando adito ad una miriade di fraintendimenti.
Avrebbe dovuto scivere esistente-ci, e non esser-ci, per farvi capire meglio.


saripurtra
"Ora, nella mia ignoranza della filosofia occidentale, avevo sempre pensato che la metafisica di questa parte del mondo avesse messo, da sempre, l'essere al centro della sua riflessione. Perché allora si sostiene che Nietzsche abbia messo fine a questo fulcro di riflessione quando, mi sembra, sia proprio la teorizzata volontà di potenza che vuole imprimere sul divenire questo marchio ( dell'essere) ?
A prima vista sembrerebbe l'apoteosi dell'essere. Oppure ho frainteso lo scritto?"

No hai capito benissimo, infatti per heidegger nietzche è l'ultimo dei metafisici, è garbino che crede che sia un antimetafisico.

cit garbino
"Inoltre, se ciò che diviene è, non può che essere identificabile con la fisicità e perciò l' essere dalla Metafisica si ritroverebbe nel mondo fisico, soggetto a tutte le leggi fisiche, con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma se questo ragionamento è valido la Metafisica non esiste più e perciò è chiaro che Nietzsche ne ha decretato la fine. Spero di non aver detto castronate ma se così è spero che qualcuno mi critichi e mi corregga."

Stai facendo l'errore di supporre che l'ente e l'essere siano la stessa cosa, è dovuto probabilmente, come ho scritto sopra, al fatto che per noi italiani quelle 2 parole siano la stessa cosa.
Bisogna invece ragionare aristotelicamente tra sostrato (che coincide con il BENE Platonico, ossia l'essere in sè) e materia(forma).
Ovvero il carattere dell'esistenza nostra è un attributo dell'essere che ci sovrasta.

Per capire meglio perchè Heidegger ritenga Nietzche l'ultimo metafisico, bisogna riferirsi al carattere greco della questione.
Per i greci ciò che esiste è bene e ciò che non esiste è male.
Ha intuito molto bene sariputra, perchè in nietzche il divenire non ha mai un carattere negativo, anzi ha un valore positivo.

Il fatto è che nietzche a detta di Heidegger non si concentra sul rapporto con l'essere. ma su quello dell'ente.
La volontà di potenza si applicherebbe, se deduco bene (non l'ho letto il nietzche di heidegger) sull'ente.
E questo sarebbe l'essere metafisico di nietzche. (e in fin dei conti ha ragione).
(d'altronde nietzche è un metafisico!! anche l'affermazione dio è morto, fa notare un Cacciari intenderebbe dire che prima DIO era vivo, e dunque esisteva).

Ma essendone influenzato, e trasponendo le idee nicciane nel sistema aristotelico, allora se ciò che diviene è l'essere stesso, allora il NULLA è, e non l'Essere.
Si tratta del famoso paradosso che Severino ritiene la follia dell'occidente.

In realtà Severino ritiene che Heidegger sia ondivago, non si riesce a capire fino a che punto accetti che il nulla sia dell'essere.
A mio parere il nulla per Heidegger, è invece negli enti, non lascerà mai la sua intuizione fondamentale Di un essere positivo.
(e infatti molti sostengono che anche Heidegger sia un metafisico, me compreso).

cit lou
"Di mio leggo più che altro in Nietzsche il tentativo di fondere essere/divenire, dando luogo a un "terzo" che nell'ottica di una metafisica classicamente intesa ( ma non solo per essa :) ) desta qualche problemino. "

Anche a mio avviso Nietzche non è poi così interessato ad una metafisica, men che meno classica. Se poi si inventa termini come volontà di potenza ed eterno ritorni, facilmente fraintendibili, direi che qualcosina in più di qualche problemino lo alzi.

cit maral

"Colui che invece pone la differenza ontologica (la differenza radicale e insopprimibile tra Essere ed Ente) è proprio Heidegger, che accusa la metafisica, a partire da Platone, di aver dimenticato l'Essere per confonderlo con gli enti e in questo oblio della questione dell'Essere il filosofo della Selva Nera legge il motivo del tramonto del pensiero dell'Occidente, come effetto della sua metafisica sempre più dimentica dell'Essere. "

Oddio maral, è la prima volta che ti vedo fare un errore da matita rossa  ;D . (probailmente perchè non c'è una distinzione precisa dei concetti, più che altro ;)   :)  )
Come hai detto anche tu i greci distinguevano benissimo tra essere ed ente. Quindi non può essere che Heidegger li criticasse per quello.
Critica invece la tradizione metafisica che a partire dai greci, sposta l'attenzione agli enti, dimenticando la questione dell'essere.
Il povero Platone del Bene qualcosina aveva pur scritto! ;D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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