Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Paul11

Caro paul, devo sinceramente confessare che i tuoi post mi hanno spiazzato. E i motivi sono diversi. Il primo è che mi sono reso conto di trovarmi di fronte ad opinioni di qualcuno che aveva meditato a lungo su Nietzsche avendo letto le sue opere. Il secondo è che molte delle tue opinioni erano a me sconosciute. Che forse mi ci ero già imbattuto ma in forma più criptica di quella semplice e chiara con cui tu le hai esposte. Cripticità di molti intellettuali che spesso nasconde il fatto che non si ha niente da dire. Il terzo è che alcune di queste si calano e aderiscono in modo ottimale al mio schema di interpretazione di Nietzsche, ma altre ne sono quasi completamente escluse.

Lasciando da parte le Tre Metamorfosi, su cui abbiamo opinioni chiaramente differenti, prendo in esame l' ultimo post che trovo completamente condivisibile tranne che nel concetto finale. E cioè quando affermi che Nietzsche cerca un linguaggio totalizzante che investa interamente l' uomo come totalità. 

La mia obiezione è che l' uomo che Nietzsche ha intenzione di investire è un particolare tipo d' uomo. L' unico cioè che secondo lui può rispondere al suo appello. L' uomo ben riuscito, l' uomo che ha in potenza la possibilità di divenire oltreuomo se non cade nel Nichilismo. Se incomincia a ritenere che il suo modo d' essere, la sua felicità, la sua bellezza interiore che si manifesta anche in bellezza esteriore, siano una mortificazione per l' altrui sofferenza, e determinino in lui la nausea per l' uomo e la compassione, che abbinati significano una parola sola: Nichilismo.

Ed è per questo che in Al di là del bene e del male auspica che ci sia qualcuno, e questo qualcuno sono i detentori delle monarchie che all' epoca erano presenti ancora in tutta Europa, decida di allevare questo tipo di persone per agevolare la loro riuscita. Ciò non toglie che il messaggio di Nietzsche possa raggiungere anche altre categorie di uomini, ma che le possibilità diminuiscono a livello esponenziale a mano a mano che si ci allontana da questo tipo.

Tutto ciò, a mio avviso, come ho già spiegato altrove, determina che fosse fin troppo rosea la sua previsione sui futuri due secoli di storia. Quando dopo quasi un secolo e mezzo siamo ancora a carissimo amico. Quando gli estimatori di Nietzsche e del suo pensiero e soprattutto di chi, come noi, l' ha letto a fondo, sia alquanto ridotto. La destra se ne è appropriata a suo modo e continua a rivendicarne il possesso. La sinistra fa altrettanto. I Cristiani cercano di portarlo dalla propria parte mistificando costantemente il suo messaggio. 

Nietzsche è scomodo per tutti. Ma tutti cercano di accaparrarselo per poterlo mistificare meglio. La battaglia è ardua, ma tutto porta a pensare che si tratti di una guerra persa in partenza. Ma non demordo. Domani è un altro giorno si vedrà....

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Cari Garbino e Maral sebbene ci troviamo d'accordo largamente sulle premesse, mi consento di dissentire (amichevolmente) totalmente sugli esiti.
La storia non è mai esito di una verità precostituita, e questo è quanto.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Citazione di: Garbino il 21 Marzo 2017, 10:51:32 AMNietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro. X Paul11 Caro paul, devo sinceramente confessare che i tuoi post mi hanno spiazzato. E i motivi sono diversi. Il primo è che mi sono reso conto di trovarmi di fronte ad opinioni di qualcuno che aveva meditato a lungo su Nietzsche avendo letto le sue opere. Il secondo è che molte delle tue opinioni erano a me sconosciute. Che forse mi ci ero già imbattuto ma in forma più criptica di quella semplice e chiara con cui tu le hai esposte. Cripticità di molti intellettuali che spesso nasconde il fatto che non si ha niente da dire. Il terzo è che alcune di queste si calano e aderiscono in modo ottimale al mio schema di interpretazione di Nietzsche, ma altre ne sono quasi completamente escluse. Lasciando da parte le Tre Metamorfosi, su cui abbiamo opinioni chiaramente differenti, prendo in esame l' ultimo post che trovo completamente condivisibile tranne che nel concetto finale. E cioè quando affermi che Nietzsche cerca un linguaggio totalizzante che investa interamente l' uomo come totalità. La mia obiezione è che l' uomo che Nietzsche ha intenzione di investire è un particolare tipo d' uomo. L' unico cioè che secondo lui può rispondere al suo appello. L' uomo ben riuscito, l' uomo che ha in potenza la possibilità di divenire oltreuomo se non cade nel Nichilismo. Se incomincia a ritenere che il suo modo d' essere, la sua felicità, la sua bellezza interiore che si manifesta anche in bellezza esteriore, siano una mortificazione per l' altrui sofferenza, e determinino in lui la nausea per l' uomo e la compassione, che abbinati significano una parola sola: Nichilismo. Ed è per questo che in Al di là del bene e del male auspica che ci sia qualcuno, e questo qualcuno sono i detentori delle monarchie che all' epoca erano presenti ancora in tutta Europa, decida di allevare questo tipo di persone per agevolare la loro riuscita. Ciò non toglie che il messaggio di Nietzsche possa raggiungere anche altre categorie di uomini, ma che le possibilità diminuiscono a livello esponenziale a mano a mano che si ci allontana da questo tipo. Tutto ciò, a mio avviso, come ho già spiegato altrove, determina che fosse fin troppo rosea la sua previsione sui futuri due secoli di storia. Quando dopo quasi un secolo e mezzo siamo ancora a carissimo amico. Quando gli estimatori di Nietzsche e del suo pensiero e soprattutto di chi, come noi, l' ha letto a fondo, sia alquanto ridotto. La destra se ne è appropriata a suo modo e continua a rivendicarne il possesso. La sinistra fa altrettanto. I Cristiani cercano di portarlo dalla propria parte mistificando costantemente il suo messaggio. Nietzsche è scomodo per tutti. Ma tutti cercano di accaparrarselo per poterlo mistificare meglio. La battaglia è ardua, ma tutto porta a pensare che si tratti di una guerra persa in partenza. Ma non demordo. Domani è un altro giorno si vedrà.... Ringrazio per la cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.

Non ho letto Nietzsche quanto lo hai letto tu.
Ritengo che Nietzsche abbia un grande bagaglio culturale, probabilmente più ancora di quello che sembra.
Conosce  la cultura tradizionale e la filosofia, ma si è spinto ben oltre, ben prima delle codificazioni filosofiche.
Penso anche che nulla di ciò che ha scritto e come lo ha scritto e la scelta della forma dell'aforisma non sia mai casuale.
Chi ha letto passi degli arii nei Veda indiani, chi ha letto l'epopea di Gilgamesh, chi ha letto passi biblici, utilizzano molto i simboli e la metafora della vita.La metafora dentro l'aforisma svolge una forma comunicativa che non è solo razionale perchè spinge il lettore ha indagare e quindi approfondire, ma la chiave non è solo razionale mentale, è psichica, è cuore e nervi, per questo è "viscerale"Nietzsche non è mai noioso, non cade nell'intellettualismo fine a se stesso.Per questo dico che investe nella totalità il lettore, dal punto di vista razionale, passionale emotivo, psichico.
I filosofi o pensatori che lo giudicano spesso lo fanno dal loro punto di vista,dalla loro visione del mondo che quasi sempre è antitetica rispetto a Nietzsche, quindi non servono le elucubrazioni filosofiche su Nietzsche.

Nietzsche comunica a tutti non solo a pochi, semmai sa che saranno pochi  a comprenderlo.
Attenzione perchè non è detto che l'oltreuomo sia qualcuno che dovrà venire, ma semmai qualcuno che già fu.
Se Nietzsche ritiene che la tragedia, il dionisiaco, il prefilosofico siano ancora "veri", lui sceglie appunto quel linguaggio antico. ci sono indizi che mi fanno pensare che lui cerchi l'uomo originario ed è convinto , e per me ha ragione, che sia quel fanciullo che abita in noi.ma per farlo emergere ci vuole il coraggio della volontà di un leone a superare il cammello da soma abituato ad asservire ad essere altro per gli altri e mai se stesso.

E' altrettanto chiaro che chi può far emergere l'"originario" umano deve possedere particolari condizioni ambientali e particolari requisiti di sensibilità e di raziocinio,Nietzsche sa che è difficile, 
Se nasco in una famiglia di servi abituato a servire, mi educheranno ad essere un buon servo.......capito?
Per questo lui vede l'aristocrazia, non come censo,(questo è stato l'inganno della strumentalizzazione politica), ma come attitudine più abituata, educata alla volizione personale, a prendersi il proprio destino e non delegarlo a qualcosa d'altro.
Quindi attenzione alla strumentalizzazione politica, Nietzsche non lo intende come potere nelle organizzazioni umane, ma come qualità intrinseca di autoaffermazione direi di autodeterminazione.

Faccio un altro esempio. i cristiani credono nell'amare il prossimo tuo come te stesso ,Attenzione il come indica che è un'uguaglianza  che invece un certo cristianesimo ha interpretato come sottomissione per l'altro: balle!!!
Solo chi ama prima se stesso è capace e può amare gli altri,Chi ama gli altri senza amare se stesso ha delle patologie mentali.Chi annulla se stesso negli altri,ha perso se stesso.
Nietzsche attacca coloro che hanno annullato se stesso e la cultura che ne ha determinato l'interpretazione.
Li ha condannati ad essere servi e schiavi per l'altrui, perdendo il proprio essere.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Paul11

Su quanto da te argomentato la mia interpretazione differisce nei seguenti punti:

Le Tre Metamorfosi. La prima trasformazione dello spirito è quella del cammello, perché a mio avviso rappresenta la forma animale che piegandosi può aspirare l' acqua della conoscenza. E' risaputa infatti la capacità del cammello di bere una quantità d' acqua veramente eccezionale. Acqua che negli 'oppure' identifica i diversi gradi e aspetti della conoscenza. La trasformazione in leone è automatica una volta che ha raggiunto il suo deserto. Un deserto che appunto identifica il raggiungimento dello stato ideale per trasformarsi in leone. Il leone è necessario perché con la sua forza può appropriarsi della sua conoscenza e dire io voglio affrontare il drago del tu devi. Il voglio comunque rimane sempre nell' ambito della destrutturazione della volontà. E cioè di una volontà che dice io voglio perché lo spirito-leone ubbidirà. E questo no energico detto al tu devi lo porta alla trasformazione in fanciullo, anch' essa per me automatica. Un dire sì alla terra, alla vita.

L' oltreuomo. Ho già detto in altre occasioni che nell' ottica di un già-fù torna in primo piano l' uomo greco, che più volte definisce fanciullo. Ma è un fanciullo tragico, un fanciullo che ha solo superato il pessimismo, e che non può giocare con la natura creando valori, grazie all' arte infusa nella forza creante volontà di potenza. Ed ecco perché precedentemente nell' uomo originario avevo pensato sbagliando che tu intendessi proprio l' uomo greco. Ciò non vuol dire che non possa essere esistito, certamente lo è, ma soltanto come caso fortunato, straordinario, come ad esempio: Alessandro, Cesare, Napoleone. Oltreuomini però a cui manca la consapevolezza di essere quel che si è.

Quello di cui non sono affatto convinto è che questo uomo originario a cui tu ti riferisci sia mai esistito, anche se può sembrare la cosa più ovvia che sia già esistito. Un uomo originario cioè che calzi a pennello con l' oltreuomo come lo intende Nietzsche.

Sono d' accordissimo sia sul fatto che la scelta dell' aristocrazia sia una scelta obbligata e non una scelta politica. Cosa che risulta ampiamente nella trattazione del primo saggio di Genealogia della Morale. Come pure che sia fondamentale amare sé stessi per poter donare amore agli altri.   

Grazie della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

paul11

Citazione di: Garbino il 22 Marzo 2017, 20:24:47 PM
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Paul11

Su quanto da te argomentato la mia interpretazione differisce nei seguenti punti:

Le Tre Metamorfosi. La prima trasformazione dello spirito è quella del cammello, perché a mio avviso rappresenta la forma animale che piegandosi può aspirare l' acqua della conoscenza. E' risaputa infatti la capacità del cammello di bere una quantità d' acqua veramente eccezionale. Acqua che negli 'oppure' identifica i diversi gradi e aspetti della conoscenza. La trasformazione in leone è automatica una volta che ha raggiunto il suo deserto. Un deserto che appunto identifica il raggiungimento dello stato ideale per trasformarsi in leone. Il leone è necessario perché con la sua forza può appropriarsi della sua conoscenza e dire io voglio affrontare il drago del tu devi. Il voglio comunque rimane sempre nell' ambito della destrutturazione della volontà. E cioè di una volontà che dice io voglio perché lo spirito-leone ubbidirà. E questo no energico detto al tu devi lo porta alla trasformazione in fanciullo, anch' essa per me automatica. Un dire sì alla terra, alla vita.

L' oltreuomo. Ho già detto in altre occasioni che nell' ottica di un già-fù torna in primo piano l' uomo greco, che più volte definisce fanciullo. Ma è un fanciullo tragico, un fanciullo che ha solo superato il pessimismo, e che non può giocare con la natura creando valori, grazie all' arte infusa nella forza creante volontà di potenza. Ed ecco perché precedentemente nell' uomo originario avevo pensato sbagliando che tu intendessi proprio l' uomo greco. Ciò non vuol dire che non possa essere esistito, certamente lo è, ma soltanto come caso fortunato, straordinario, come ad esempio: Alessandro, Cesare, Napoleone. Oltreuomini però a cui manca la consapevolezza di essere quel che si è.

Quello di cui non sono affatto convinto è che questo uomo originario a cui tu ti riferisci sia mai esistito, anche se può sembrare la cosa più ovvia che sia già esistito. Un uomo originario cioè che calzi a pennello con l' oltreuomo come lo intende Nietzsche.

Sono d' accordissimo sia sul fatto che la scelta dell' aristocrazia sia una scelta obbligata e non una scelta politica. Cosa che risulta ampiamente nella trattazione del primo saggio di Genealogia della Morale. Come pure che sia fondamentale amare sé stessi per poter donare amore agli altri.  

Grazie della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
Garbino, 
se capisco bene tu interpreti ad una evoluzione nella conoscenza.
Ho forti dubbi che Nietzsche lo pensasse.
 Primo perchè la storia lineare è l'opposto di un eterno ritorno, secondo perchè alla fine esce un fanciullo non un vecchio saggio. Io interpreto quindi una rottura totale con la tradizione, laddove le circostanze ambientali, come l'aristocrazia, circostanze storiche.
Non penso che lui ritenga la conoscenza come il determinante per poter far uscire il fanciullo che rappresenterebbe comunque un'altra storia, vecchia o nuova che sia.
Penso semmai che le qualità intrinseche umane debbano essere esternate e non più soffocate.

Il terzo aspetto ,se vuoi collaterale, è che ama Wagner. Il compositore musicale è ritenuto da parecchia letteratura il primo decadentista, diciamo che sta fra il tardo romanticismo e il decadentismo. Poe, Rimbaud, Verlaine, Baudelaire sono decadentisti. Una caratteristica è il forte simbolismo. Le composizioni di Wagner sono nei miti, quello dei Nibelunghi ,delle origini germaniche, lo ricordiamo le valchirie?

Ritengo addirittura che abbia scelto Zaratustra non a caso, una religione fuori dai canoni "istituzionali" come l'ebraismo, islamismo e cristianesimo, ma dovrei anche quì approfondire.

Ti ribadisco ,non so fino a che punto conoscesse le origini delle civiltà umane, a me sembra parecchio, soprattutto quella ebraica (conosceva la lingua) e sicuramente quella degli Arii che all'inizio della genealogia della morale chiama "la bestia bionda"..................
"Alla base di tutte queste razze aristocratiche non si può non riconoscere
l'animale da preda, la trionfante "bestia bionda" che vaga alla ricerca della preda e della
vittoria;"
e ancora...
"...l'aborigeno preariano abitatore del territorio italico che si distingueva nella maniera più
evidente possibile per il suo colorito dalla razza bionda ormai al potere, e cioè dalla
razza dei conquistatori ariani il gaelico, mi ha offerto per lo meno un caso simile - "fin"
(per esempio nel nome "Fin-Gal", termine che definiva l'aristocrazia e alla fine il buono,
nobile, puro, originariamente la testa bionda in contrasto con gli indigeni scuri e dai
capelli neri. Detto per inciso, i Celti erano fuor di dubbio una razza bionda: non è esatto
collegare quelle fasce di popolazione assolutamente nere di capelli, che si notano nelle
più precise carte etnografiche della Germania, a una qualche origine celtica o a qualche
incrocio, come fa ancora Virchow: è piuttosto la popolazione "pre-ariana" della
Germania a essere stata predominante in quelle regioni.".

Infine come già Schopenhauer dimostra, e come l'emergente teosofia della Blavatsky accrescerà
nella seconda metà dell'Ottocento giravano parecchi testi di origine indiana, portati grazie al colonialismo inglese.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Paul11

Per quanto riguarda il motivo per cui Nietzsche abbia scelto proprio questo personaggio ( Zarathustra ) per ricoprire il ruolo di colui che annuncia il superuomo ( o oltreuomo ), l' arcano lo svela lui stesso, mi sembra in Ecce Homo. Quando appunto afferma che la sua scelta è ricaduta su Zarathustra proprio perché la tradizione lo indica come l' inventore del bene e del male. E per contrappassso ritiene giusto che sia proprio colui che è stato la causa di molti mali, chi ne determina il superamento  ( bene e male = morale) attraverso l' annuncio  dell' oltreuomo.

A questo punto ci tengo a precisare che ritengo la tua interpretazione sull' oltreuomo di tutto rispetto, come ad esempio quella di Maral sulla Morte di Dio che ha tra i suoi sostenitori, non so Severino, ma sicuramente Ferruccio Masini che io ritengo uno dei migliori lettori ed interpreti della filosofia di Nietzsche.

Ma la mia interpretazione, per quel che può valere, è comunque diversa ed ora cercherò di indicare quali ne siano le motivazioni.
Non c' è dubbio che, scomparsa la tradizione religiosa Greca e Romana, Nietzsche sia più a favore di altre religioni piuttosto che del Cristianesimo. E quasi tutte orientali soprattutto perché quelle occidentali si richiamano troppo evidentemente al Cattolicesimo. Del resto anche l' Islamismo viene privilegiato perché lo indica come una religione che presuppone degli uomini ( L' Anticristo ). Ma il massimo, sempre secondo Nietzsche e sempre nell' Anticristo, è il culto a cui è collegato il codice Manu, che prevede norme altamente restrittive per i ciandala ( la categoria più infima della scala sociale ).  

Del resto anche in Genealogia della morale fa intendere che ritiene i culti orientali di classe superiore in rapporto all' infimità del Cristianesimo.
Ciò mi fa comunque vertere sul ritenere che usasse questi paralleli soltanto per porre in evidenza altre morali che potevano essere ritenute superiori al Cristianesimo. Ma sempre di morali si tratta. L' oltreuomo determina il superamento del tu devi e non la scelta del tu devi migliore. Per inciso ci tengo a precisare che, come risulta abbondantemente in Genealogia della Morale, fossero proprio i Greci ad aver creato i migliori dei in assoluto. Dei che si assumono la colpa, cosa da lui ritenuta nobile.

La bestia bionda, l' uomo rapace che lui contrappone all' uomo del reissentment è sicuramente contemplato da Nietzsche in modo positivo. Ma non bisogna dimenticare che è anche colui che inconsciamente ha determinato la nascita dello stato, Un' altra grande sciagura per l' evoluzione del tipo uomo. Non bisogna dimenticare infatti che lui ritiene che debba sussistere quanto meno stato possibile. All' uomo originale cioè manca la consapevolezza di esserre quel che è, consapevolezza che può dipendere soltanto dalla conoscenza. E' solo la conoscenza infatti, sempre a mio avviso, che può determinare nel cammello la ricerca del proprio deserto e nel leone la forza di affrontare il tu devi.

Del resto le pagine che Nietzsche dedica alla conoscenza e all' indispensabilità dello stato di ricercatore per ogni uomo di cultura, sono o almeno ritengo tra le più sentite del filosofo. Questo problema vibra in lui in modo profondo, tanto da farlo impegnare, nell' Inattuale su David Strauss, in un attacco furioso nei confronti dei filistei colti. E in generale di tutti i filistei del suo periodo storico. I filistei che rappresentano l' antitesi stessa dell' uomo di cultura ma che hanno nelle mani il potere culturale. 

Un oltreuomo fanciullo che si richiama all' uomo originale, sarebbe, sempre a mio avviso secondo Nietzsche, un uomo destinato a ripercorrere gli stessi errori dei suoi antenati. Ecco perché ritengo la conoscenza e la consapevolezza legate indissolubilmente allo schema di Nietzsche.

X Green Demetr

Mio caro Green Demetr, mi dispiace ma non riesco a ritrovarmi con quanto affermi. Non riesco a capire a cosa tu ti riferisca né con le premesse iniziali né con il tema dell' amicizia su cui ti chiedo per favore un chiarimento.

La storia. La storia non è mai esito di una verità precostituita. Strana frase. La Storia , ovverosia il presente sono sempre il risultato di tutte le componenti sia evolutive che involutive presenti nello stesso presente storico in cui si vive. Anche se bisogna precisare che non sempre le spinte evolutive sono positive, come non sempre sono negative quelle involutive. Una precostituzione sarebbe possibile solo se qualcuno avesse il potere di fermare tutto, cambiare ciò che non gli aggrada, anche nella mente degli individui, e poi ridare moto al processo. La Storia in altre parole è uno sviluppo dinamico che non può essere diverso da come esso è. Ed è per questo che è necessario secondo Nietzsche che avvenga qualcosa a livello interiore umano. Un uomo qual' è adesso l' uomo, qualunque indirizzo scelga di dare alla Storia, anche attraverso una rivoluzione, lo porterebbe a ripetere gli stessi errori del passato. Passato in cui alla fine chi ci guadagna sono sempre le stesse categorie di persone. Una delle poche eccezioni, ma che sempre a mio avviso è destinata all' oblio, è la rivoluzione cubana, proprio perché anche i potenti, i ricchi, i latifondisti cubani, avevano la consapevolezza che la scelta più giusta fosse quella di difendere il popolo cubano e non gli interessi dei capitalisti statunitensi. Ma in quegli anni, la componente fondamentale a livello mondiale, era la presenza delle idee di quello che poi diventerà di lì a poco presidente degli Stati Unit e che rappresenta la vera spinta, e che spinta!!, evolutiva a livello sociale. Senza di lui Il 68 e tutti i movimenti culturali del periodo probabilmente non ci sarebbero mai stati. Sto parlando naturalmente di quel grand' uomo che era John Fitzgerald Kennedy. E' opportuno rilevare che l' accostamento del termine oltreuomo a lui, al fratello Bob, a Martin Luther King e ad altri personaggi del periodo sia molto appropriata.

Grazie a tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Jean

Due militari ed un carabiniere (pesantemente armati) hanno giusto fermato un extracomunitario e si dispongono agli accertamenti. 
Il giovane, forse bengalese, non ha bagagli e l'attillato maglione esclude possa celare qualcosa al di sotto. 
La scena avviene in una stazione ferroviaria, oggi. 
Anche se divenuta la normalità  è anch'essa, tra i tanti tipi, una forma di guerra in atto.


Green (messaggio privato con permesso di citarlo) 

- Caro jean io non ti ho risposto perché non ho capito minimamente il senso della storiella. :-[ 

L'avevo presa per una critica a Garbino e alla sua decisa presa di posizione, ma che vuole, anche se fosse così, ognuno ha il diritto di prenderla, soprattutto perché la vera guerra si fa intellettualmente e non per le strade, fra la gente.

Il fatto è che poi non saprei cosa aggiungere, faccio fatica a sopportare la letteratura.

Siccome non so perché mi sono sentito preso in causa, provo a chiederti, lei spirito leggero, cosa intende con cammino della conoscenza.

Cosa intende con binari già messi.

Almeno l'indicazione di chi li ha messi. Un qualcosa, un appiglio.

Lasciar intendere come dice sempre SINI è un buon modo per lasciarsi FRAINTENDERE.

Ma forse è il mio spirito che è ormai troppo greve.

ciao!!!!


 
Ciao a te Green e scusa del tempo per la risposta che ha preso tempo a formarsi...
Dopo qualche anno di lettura dei tuoi post mi son fatto un'idea della tua persona: un intellettuale ben preparato, fantasmagorico nell'esposizione, a volte (come qui dici) con lo spirito troppo greve.

Nel proclamare che la vera guerra sia in campo intellettuale delinei i confini entro i quali incontrarti e fuori da quelli, dove altre son le "armi" che si adoperano, son echi lontani e rimembranze  che per come hai costruito e si è sviluppata la tua vita di studioso, forse senti appartenere all'infanzia della ragione e/o della coscienza.

Le affilate armi di cui disponi (la logica e la conoscenza che hai accumulato) agiscono al pari dell'efficiente programma di un computer: introiettano le informazioni processandole per tipologie e richiamandone le correlazioni, alfine producendo l'output.

In quel campo io non posso incontrarti, non solo perché sarei subitamente sconfitto in tal tipo di guerra, ma soprattutto per  inclinazione e metodo, per giunta avendo dismesso molti anni fa la mia modestissima biblioteca. 
Per le necessità, i richiami alle fonti, mi è sufficiente il pc.

Quel che vado postando – raccontini, poesiole ed interventi – non origina più da un percorso lineare, seguendone le linee strategiche o prospettiche, ma è del tutto estemporaneo, scritture senza preparazione... avendo dismesso assieme alla biblioteca anche il senso di una direzione precisa.

A proposito di biblioteche, ricordo d'aver visto il filmato di quella di Umberto Eco... che era la sua casa, stanze e stanze di librerie ricolme all'inverosimile, sino a giungere alla sua scrivania, altrettanto sommersa da una montagna di testi. 
Nel video il Professore si muove dall'entrata sino a giungere alla sua scrivania... dalla quale  oggi è ben oltre...
Dello studioso Eco è rimasta l'opera mentre dell'uomo (fisico) solo un'eco (...) che fatalmente, in capo ad un paio di generazioni, sarà del tutto affievolito.

In questo mio modo di esprimermi non ricerco il senso che sottende ai contenuti, ma questi si inanellano secondo l'ispirazione del momento e quasi sempre non so dove andrò a parare fino al termine dello scritto. 

Son suggestioni in atto, dove i particolari, le assonanze, i rimandi... svincolati dalla necessità di un ordine logico, vengono alla luce in funzione d'un altro ordine... implicito, se si può dir così, dove ogni elemento ha una correlazione con gli altri e con l'insieme. 
Ad esempio, scrivere di echi lontani e rimembranze ha richiamato alla memoria l'Eco scrittore e la sua biblioteca e su questa traccia altro che andrò scrivendo.

Se ti sei sentito preso in causa può esser perché non v'è nulla che non sia in qualche modo correlato a qualcos'altro e tale correlazione non sempre affiora a livello conscio.
Sul non sopportare la letteratura... beh, anch'io faccio gran fatica a seguirvi e tuttavia non demordo...
 

Una donna matura, magra ed elegante, siede sola ad un tavolo del McDdonald's, intenta a condire l'insalata mista contenuta in una vaschetta di plastica che funge da piatto. 
Osservo le foglioline di differenti forme e colori rimescolarsi... verdi e rossi in varie gradazioni  s'inabissano e riemergono alla superficie... come i pensieri che affiorano e riaffondano nella coscienza... (chi/cosa li rimescola..?)

Un sorso dal gran bicchiere di cartone... un suono e la conseguente pausa dal pranzo, per rispondere sullo smartphone ad un probabile messaggio. 
Siamo noi che comandiamo il presente o esso, attraverso le forme (dispositivi, concetti ecc.) che son risultate vincenti, impone le sue prospettive? Noi, che si cerca il premio della libertà... possiamo far qualche passo dalla nostra parte per avvicinarci – come nell'esecuzione di un traforo -  o dobbiamo attendere sia essa a trovar e spianar la strada?


Sul cammino della conoscenza ed i binari già messi...

Posto che la conoscenza è una... la sua somma fa sempre un solo totale (Totò docet) mentre i modi per giungervi (meglio dir "avvicinarci") sono appunto i binari, prospettive insite nella direzione intrapresa già visibili all'inizio o man mano... o affatto, vicoli ciechi...

Il cammino della conoscenza è il cammino di ogni individuo, perché alcuno non ne proviene o ne è affrancato. 
Siamo "immersi" nella conoscenza che affiora alla coscienza individuale e collettiva supportata dalle prospettive che si son affermate. 

Il cellulare, il pc che avete osteggiato alla fine l'avrà vinta su di voi e sulla monaca di clausura... e provate a fornire un tablet assieme al cibo all'asceta tibetano murato nella sua minuscola cella... certamente qualcuno resisterà ad ogni tentazione... per cedere a quella più grande dell'aver resistito...

Ma qui, in questa piacevole e pacata discussione tra amici, si parla dell'oltreuomo e del suo diritto al futuro. 
Qualcuno, il grande Nietzsche tra questi, ha ipotizzato (se già non avvenuto in passato come suggerisce paul) un cambiamento "evolutivo"  (non prendetemi alla lettera), tale da intervenir su quei binari, deviandone il percorso, considerata l'improbabilità (difficoltà) di poterne assemblarne altri del tutto nuovi. 

Posto che nulla sorge dal nulla Nietzsche l'immagina scaturire da un percorso di conoscenza e di vita che si compie attraversando delle fasi peculiari, corrispondenti al cammello, leone e fanciullo di cui ben andate discutendo e chiarendo.

Quello che mi chiedo è se di questo nuovo evento (l'oltreuomo) si possa solo discutere a livello intellettuale o se vi siano giusto dei segni, piccole tracce (piccoli tocchi...) di qualcosa in corso. 
Che magari dischiuderà le sue ali - forse non ancora adatte al volo, necessitando perciò un'ennesima fase di "riprogettazione" – appunto nel futuro al quale non apparterremo se non come germe dell'oggi, il passato per il tempo che verrà.

Perché, rimanendo a livello intellettuale la prospettiva è una sola ...

Prima di prender il treno ho una mezz'ora... anche troppo per un caffè, così posso dare un'occhiata alla libreria della stazione... tò, l'ennesimo libro del Corona... del quale ho leggiucchiato i primi e poi mi son fermato... ma questo par diverso, in forma di dialogo con un suo amico risulta piacevole e pregno di storie di vita vere, di persone e musicisti... "Quasi niente" il titolo e tre citazioni in avvio, che riporto:

Se tuto gnènt (è tutto niente) – Mario Rigoni Stern

Meglio m'era che mi fossi messo a fare zolfanelli – Michelangelo

Non v'è  rimedio per la nascita e per la morte salvo godermi l'intervallo – Arthur Schopenhauer

La prima è riferita agli ultimi momenti di vita dello scrittore, son le parole profferite alla moglie che mi pare gli mostrasse delle copertine di una nuova edizione...

La seconda... considerata l'età raggiunta e l'opera del Grandissimo fa venir i brividi (almeno a me) e non m'azzardo ad interpretarla, così mi tengo i brividi...

Più agevole al commento la terza, nella quale il gioco delle corrispondenze la rende speculare alla citazione di Maral, in più ricollegandola alla preferenza per il filosofo espressa da Eutidemo e ribadita da Sariputra...
 
Qual dunque il binario sul quale far procedere il treno della conoscenza e della nostra vita?
Quello del nulla al termine del viaggio o l'ipotesi di una prospettiva? (chi l'abbia di fede non ha tal domanda da porsi, né tantomeno percorsi "alternativi").

Questo topic - per merito di Garbino e dei suoi interlocutori che innestando le proprie considerazioni sul potente portainnesto costituito dall'opera di Nietzsche, non ne rimangono tuttavia intrappolati nella sola prospettiva storico/biografica – è diventato qualcosa di più di una discussione... quasi una "oltrediscussione", dove poter seminare nel vecchio terreno i semi per un nuovo raccolto... (en passant un po` di retorica finale... e, visto che ci siamo, perché non ceder ad una fantasia semantica, intendendo per FRA-INTENDERE  il cogliere quel che c'è nel mezzo, gli intermezzi...)

 
per una volta, in omaggio all'amico Garbino, grazie per la cortese attenzione


Jean 

green demetr

Leggo solo alla fine del pomeriggio trascorso a rispondere a Garbino (e Maral volendo) il tuo intervento Jean.

Vedi questa volta tra letteratura e pensieri più espliciti il post mi è piaciuto molto di più.

Certamente il mio essere greve dipende da quella biblioteca pubblica milanese a cui lego indissolubilmente la mia giovane formazione, la grevità nasce dal fatto che la cultura appesantisce, è un duro peso, e per me vecchio cammello risulta arduo tentare la levità, i miei sforzi maggiori sono nella vita con gli amici, con gli anni ho imparato ad accettare tutte quelle idiosincrasie che da filosofo non posso che disprezzare. Rimane ovviamente la mia una posizione di bilico, e non mi sono mai state risparmiate critiche per un certa resistenza al dilagare della loro follia.

Nella forma scritta, invece è proprio un mia mancanza, ti ringrazio per il fantasmagorico, diciamo pure che l'esposizione è confusa. (ma ti assicuro che sono migliorato....quindi immagina prima....).

Comunque al di là di questo gli interventi io veramente li leggo tutti. (non ti preoccupare  ;) )

Certamente la guerra intellettuale comporta un serrato scontro fatto di testi e critica ai testi, ma comunque per quel che mi riguarda almeno, l'orizzonte è sempre legato a quella medianità che è la vita umana, tra origine e destino. E' della medianità che ne va di più.

Ossia della vita quotidiana, fatta di fast food e smart phone, ma anche di ri-orientamenti legati al qui e ora.
Di sorrisi negati o dati, di scelte di amicizia, di lavoro, di affetto, di religione.Tutto all'interno di città che girano a ritmi vorticosi, completamente seppellite da coltri di polvere e di ipocrisia.

Ma nessuna scrittura può ridarne il senso, e quindi forse per quello ne hai dismesso ogni velleità.

Forse proprio per vedene uno nuovo, e in fin dei conti i tuoi micro-racconti sono un altro modo della discussione.

Spero che portandoti il mio caso per brevi pennellate su quello che hai scritto, anche questo sia dialogo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

X GARBINO


Mi risulta difficile poter spiegare la questione della Storia all'interno del pensiero Nietzchiano, senza dover riprendere l'intera trattazione contenuta nelle pagine di UTU.

La mia speranza, se vogliamo dire così, è che quella frase un giorno possa ri-colorarsi di tutta la sua pregnanza, perchè vuol dire che avete passato uno dei primi sbarramenti nietzchiani.

Per darne conto, vi è una conferenza tenuta da Sini e della sua maggior collaboratrice la dottoressa K
In quel di Monza, la K seguiva un ragionamento che pur del tutto sensato portava a chiedere a Sini di quale Storia? (stiamo parlando), lei che per prima dovrebbe conoscere il grande lavoro fatto da Sini su quella questione.

Non è facile, sopratutto per i giovani lettori di questo forum, in quanto Sini sta indicando quello che recentemente ha ribatezzato come il potere invisibile.

Qua allora semplicemente abbozzo una risposta semplice.

E' ovvio che la storia si compone delle sue componenti precedenti, ma quello che non ti chiedi (alias PROPRIO non riesci) è quale siano queste componenti, e chi le racconta.

Nella tua analisi, come già ti ho detto meritoria per un primo approccio "positivo" a Nietzche, alla fine ci si imbatte in uno dei soliti clichè culturali, di vedere Nietzche come pensatore politico sui "generis".

Persino la tua visione del passaggio da cammello a fanciullo, risente di questa impostazione di base.

Lettori poco interessati come Paul alla questione nicciana, ne riescono quindi ad avere una visione sicuramente più credibile.

Questa cosa mi dispiace, sopratutto perchè è come se hai perso il filo del 3d, quello dell'amicizia.

Amicizia è da intendere per comunità. L'oltreuomo non è Napoleone, non è l'esponente storico che segna un epoca, non è nemmeno la bestia bionda.

Bisogna saper leggere tramite la malattia Nietzchiana, quella paranoica, che lega i destini di tutto l'occidente, e quindi anche noi.

Bisogna stare attenti, perchè quando idealizziamo di eroi, siamo esattamente nell'occhio del ciclone del discorso paranoico.

Vi ricordo che il discorso paranoico (ossia quella che normalmente è indicata come malattia, dalle scienze della psi: psicodinamica e
 psichiatrica sono le maggiori) si incentra su questa frase " Io sono giò Morto".

Non è una questione meramente sociologica, non è un prodotto della società dello spettacolo, è qualcosa di molto più complesso che non quello della liquidazione individualista.

Per uscirne si tratta di mettersi in una posizione critica totalmente capovolta.

Se infatti "sono morto" NON POSSO fare alcunchè sia politicamente, sia individualmente.

La prima mossa nicciana per smascherare l'intero sistema culturale, è quella di attaccare quelle che riteneva all'epoca i nemici di questa missione, perchè tale evidentemente la riteneva.

Come già detto altrove la questione della guerra al cristianesimo, non è in sè a quello della fede, bensì a quei caratteri psicologici che portano un individuo a rinunciare alle proprie potenzialità.

Se leggiamo bene, si tratta ovviamente del carattere stesso ribaltato del cristianesimo rispetto a quello ebraico.
La dove la salvezza è in terra (ebraismo), nella nostra tradizione inventata di sana pianta da S. Paolo è nell'altro mondo.
 
Non è una questione escatologica, perchè come nei 3d nella sezione religiosa, a cui ho partecipato, abbiamo visto che esistono culti funerari e regni dei morti ANTECEDENTI al cristianesimo.

La differenza fondamentale, oltre a quella ovviamente di attecchimento nelle coscienze moderne, si fonda sul fatto, che la vita nell'aldiqua non è mai vista come PROMESSA dell'aldilà, era anzi come nel caso degli egizi, un continuamento evidente, della vita nell'aldiqua.

In nome di una promessa nell'adiltà, la vita di qua, è costretta al silenzio di ogni potenzialità.

La costrizione viene letta poi in chiave debole da Nietzche, e insieme a te ne abbiamo visto alcune tappe.

Ma questa è solo una strategia, caro amico, l'obiettivo di Nietzche non è quello di fare una contro-storia, il suo intento è costruire le basi per una futura comunità.

Come appunto scrivi tu, nella critica a Strauss, Nietzche aveva già in messo in chiaro la scorrettezza di pensare ad una storia che si svolga come progressione, come storia lineare.

Pensare ad una storia lineare non è cioè sbagliato in se, quanto piuttosto, che crededo a questo metodo come se fosse un DIO, si cade vittima di  tentare di leggere tutto sotto quell'ottica.

Si arriva così per esempio ad avere una storia dei vinti, e mai dei perdenti.

La storia, il racconto, è uno dei PRINCIPI del discorso PARANOICO, diventa "quello che io vado a raccontare" è "quello che io vado a convincermi che sia", il tranello è che lo si fa sempre in nome di qualcos'altro che non se stessi.

Come conseguenza la società contemporanea vivendo tutto su questa presunzione, si basa fondamentalmente sul suo sentirsi morta.

Ovvero si basa sulla sua componente luttuosa. Ossia vinta, debole, etc...(ne fa la sua cassa di risonanza e pavarda cordogliosa)

Le radici cristiane nascoste anche ai più autorevoli commentatori risiede proprio in questa luttuosità diffusa.

Nietzche vede lucidamente attraverso queste coltre insostebibile, per qualsiasi altro filosofo, che prima o poi si ferma a qualche punto del suo pensiero, si siede e muore appunto. Lui no, e si proietta subito dopo su quella che poi chiamerà Heideger la Gestelle.
La struttura di cui si compone il racconto.La tecnica.

La grandezza di Nietzche è quella di riconoscere immediamente quali siano le criticità di questa storia, che non è mai la Storia.

La storia che descrivi tu Garbino (ma anche Maral, e a dire il vero, anche tutti gli altri) non è la realtà.

La realtà, la Storia non si lascia raccontare.

Dove possiamo trovare questo passaggio in Nietzche?

Pur avendolo letto una decina di volta, è solo ALLA FINE, che ho capito cosa intendeva Nietzche nella sua introduzione a UTU.

Nella quale si lamenta, del fatto che viene preso "per uccellatore" al massimo per "poeta", lui che E' un uccellatore, lui che è un poeta.

Questa doppia negazione ( si lamenta che lui non è così, e poi dice di esser lui stesso così.)

Mi ha lasciato sempre perplesso, perchè se da una parte era ovvia la ironicità con cui si dava al lettore semplice, di fatto liquidandolo + in quanto è ovvio che lui non è un ingannatore, e non è nemmeno un poeta. (ovvietà che per esempio la metà degli interpreti di Nietzche fa fatica ancora a riconoscere.....e siamo solo alle prime righe di UTU, tanto per dire quanto sia arduo entrare nel MISTERO NIETZCHE) + dall'altra la scelta consapevole, anzi mostruosamente consapevole per come usa le parole, di porre la doppia negazione, metteva in sè il DUBBIO che qualcosa non quadrava nel discorso.

La chiave di chi porta in sè questo problema è però vista come sole un grande romanziere sa fare, alla volta di quanto scriverà poi negli aforismi.

In realtà le "chiavi di volta" sono 2.

Il primo è quello della comunità, l'unica comunità che rispetta il principio della terra, la vita stessa, la realtà, la Storia, è colui che riuscirà a FARE A MENO della vita stessa, della realtà, della Storia, ossia delle loro narrazioni e meta-narrazioni.

Poichè questo "individuo deve ancora nascere", lui gli dà nome di oltre uomo, ossia di colui che verrà. (non si tratta di un super-eroe come vuole la vulgata più volgare).

E colui che verrà nascerà nella COMUNITA' e giammai nel suo INDIVIDUALISMO, (il che dovrebbe porre almeno il dubbio alle schiere di commentatori che vedono la filosofia di Nietzche come una sorta di iper-individualismo, di aristrocratico elitarismo.)

Ma cosa vorrebbe dire questa cosa, che allora esisteranno delle organizzazioni etc..delle politiche???

Assolutamente NO. Ed è questo il punto. la comunità nicciana futura fa a meno del suo organizzarsi, perchè ogni organizzarsi, è frutto di un volersi mettere d'accordo a dire che le cose stanno così e cosà.

La nuova comunità è invece di " ciò che è leggero" e "più superficiale", la comunita è quella dei " volti vicini".

E' il volto, è la nostra esteriorità, è il nostro essere in questo modo, in questo momento, quello che solo conterà.

Non è un utopia un pò naif, perchè la missione è quella di descrivere come questo possa essere possibile e addiritura di COME avverrà.

Abbiamo cioè detto quale è la finalità del progetto nicciano (l'oltreuomo), e mi sembrava che il titolo del 3d da te scelto fosse perfetto.

La prima chiave di volta, rivela che il progetto è serio, c'è una velleità nicciana nel VOLERLO affrontare, NON Si TRATTA cioè di una critica allo status QUO, di una allegoria del nostro stato attuale, ma di una vera e propria MISSIONE.

E dunque perchè proporsi come poeta e come uccellatore?


La seconda chiave di volta è duplice.

Infatti la prima (grande, grandissima, mai fatta da alcun altro essere umano) mossa è dichiararsi MALATO.

Lo dice subito, la mia "missione" per poter essere espletata avrà bisogno di momenti di SFOGO e del DOPPIO.

Siamo già dentro alla psicanalisi, ma che dico, l'abbiamo già superata.

Infatti secondo la psicanalisi si ha bisogno di un analista, un professionista, che indichi quali sono le narrazioni personali sbagliate, ossia quelle che non portino nella direzione di apertura all'altro ( nel mondo professionistico, l'obiettivo è poter portare il soggetto a relazionarsi, per poter lavorare di nuovo, ma è una grottesca limitazione).
Nietzche come d'altronde Freud, invece si AUTO-ANALIZZANO.

La progressione narrativa nicciana ha quindi de facto bisogno della frammentazione.

Ovviamente la complicazione è riconoscere quali siano i momenti di sfogo e quali invece quelli di lucida analisi.

Per questo i commentatori parlando di indecifrabilità se non proprio di contraddizione.

La cosa triste, è che però lui "aveva avvisato".

Il secondo puntello è però quello che a mio parere è quello che fa da pietra d'angolo della narrazione completa.

Ossia la negazione della Verità. In una di quelle intuizione vertiginose, in cui non siamo mai certi di poterlo intendere, egli si interroga perchè nella storia della filosofia ci si è sempre interrogati sulla verità e MAI sulla falsità.

Nietzche prosegue dicendo, e " se fosse la falsità di cui ne va l'universalità?".

E con quella frase sibillina si chiude in sordina, quello che secondo me è la vera rivoluzione copernicana.

E come in un domino si sciolgono come neve al sole, il sole di una intelligenza accecante sia chiaro, quei pezzi che mi erano sempre stati sospetti.

Nel mio ragionamento tutto è tornato. Se noi non solo non possiamo fare narrazioni a cuor leggero, ma nemmeno meta-narrazioni (certo qui ci vorrebbe la lettura di Lacan, e sul rapporto servo-padrone su cui inevitabilmente per come è nata la psicoanalisi si è involuta su se stessa) noi non possiamo far altro che dire BUGIE.

La storia dell'umanità coincide con la storia dei suoi ERRORI, è il corollario, che arriva come una sentenza nel proseguio di UTU, o come tu stesso hai scritto riguardo Garbino parlando del diamante della ragione a scapito dei milioni di morti avvenuti nelle ere precedenti.

Il punto non è tanto che siamo costretti a dire bugie, ma sul fatto che dobbiamo stare nella correzione, TECNICA, di quelle stesse, attenti anche alla sue meta-narrazioni.

Il tema della tecnica nicciano che solo Heideger ha compreso ( e chi come Derrida e Sini ha compreso leggendo Heideger), è esattamente nel carattere destinale che l'uomo incarna.

Perchè Heideger interruppe il progetto metafisico di essere e tempo? è semplice e lapalissiano, perchè cominciò a leggere Nietzche.

E capì cosa era il nichilismo ma sopratutto capì che il nichilismo era la METANARRAZIONE DEFINITVA, era la MATRICE che avrebbe eclissato per sempre il pensiero.
E tentò con tutte le sue forze di combattere questa destinalità.

Nietzche trentenne, un centinaio d'anni prima di Heideger, e 10 anni prima, se fossero nati lo stesso anno, aveva già "visto" tutto.

Ossia la necessità del pensiero è quella di abbattere le menzogne della meta-narrazione, non occasionalmente ma sempre. come se fosse un fanciullo che sempre rinizia a giocare, il bambino non si stanca mai, vive un eterno presente, come sappiamo benissimo oggi dagli studi pedagogici.
Un uterno POLEMOS, una eterna battaglia contro gli uomini e contro se stesso.
Più volte dirà che il vero amico, è colui che ci si rivela come nemico.

Dove con nemico intende proprio l'amico, colui che gli è pari, non è una questione di elitarismo, è una questione di necessità.
Se tu non fai lo stesso lavoro che faccio io, mettere in discussione, porre sempre la domanda, ossia PENSARE, ossia fare FILOSOFIA, nei tuoi confronti e agli altri sopratutto, come fai ad essere veramente un amico.

Per questo l'amico è colui che fa a meno della vita (ossia di cosa debba essere vita, alias la morale) fa a meno della storia (si ma quale storia, fatta da chi) e dalle sue ideologie (le metanarrazioni).

E' ovvio che mentiremo, significa è ovvio che faremo guerra a noi stessi SEMPRE.

Lo spirito che è fedele alla terra, è quello che si libera della terra, coloro che giungeranno saranno coloro che avranno già sperimentato il nichilismo, quella sensazione di "non essere più con i piedi per terra", di "essere nell'aere", e di chiedersi non è come se all'improvviso sento un "gran freddo".

C'è una certa letteratura che insiste sul carattere paranoico nei versi di nietzche, e per quello c'è una certa tendenza a liquidarlo come fuori dalla realtà.

Ovviamente su questo mi interrogo in continuazione, il punto che per me è evidente, è la auto-consapevolezza di Nietzche nel padroneggiare i sintomi, e addirittura ribaltarli a suo favore.

In UTU, continua, solo chi soffre, solo chi è malato può capire veramente. (solo chi ha freddo per riprendere la sinestesia precedente)

Permettetemi ancora di usare i termini della psicanalisi lacaniana, solo chi conosce IL DISCORSO PARANOICO e le sue trappole, può uscire dal discorso paranoico.
Per inciso Lacan per esempio nel suo tentativo di evitare di cadere nella metafisica, cade nelle trappole del paranoico, fino a inventare una nuova metafisica. La vita come matematizzazione.
Come dire un conto è porre il problema un conto è uscirne.


La grande salute che arriva come uno degli approdi pià gloriosi di nietzche, e insieme più povero di navi, è quella capacità di ribaltare con sicurezza le trappole della paranoia.

E' vero che spesso nietzche cade nell'elogio eroico, caro Garbino, ma è proprio per quel carattere di cose,che la paranoia conduce a effettuare, che risiedono le accorate scuse del filosofo di rocken: come potrebbero andare d'accordo le teorie anti-sistemiche con la glorificazione ariana altrimenti? E sopratutto perchè chiedere scusa al lettore se non vi fossero effettivamente dei momenti di crisi.

Nella mia lettura attenta, in realtà, ogni aforisma è come l'incarnazione della lotta niciana, e quindi di ogni nichilista al mondo, prima o poi sarà costretto a fare.

Egli con una energia intellettuale DISUMANA, riesce a SOFFRIRE addirittura in anticipo. è come se ci avesse dato uno dei più potenti pharmacon contro le insidie dei tempi che verranno.

La letteratura psicanalitica che legge in queste anticipazioni delle forme di delirio, o addirittura delle forme di allarme alla sua malattia ereditaria, la follia appunto.(in termini tencici vedono nella forma schizofrenica, dei segnali precursori della psicosi maniacale, a cui effettivamente Nietzche arriverà)
Non vedono MINIMAMENTE quello che il loro stesso fondadore aveva indicato come VIA MAESTRA, alla cura.
Ossia la traversata (vedi il caso Schreber)

Per poter effetturare questa traversata però ovviamente serve un arsenale che solo chi Pensa può avere.

Le mie critiche a te e a Maral, hanno questo back-ground che francamente non vedo proprio come possiate smantellare.
(tra l'altro voi ostinandovi a partire dalla fine, e non dall'inizio, citando le opere dette della maturità. Opere criptiche che non si capiscono senza UTU, e questo è un dato di fatto).

Anzi addirittura e di questo mi dispiace parecchio, voi 2 che siete gli unici in questo forum, ad apprezzare il filosofo di rocken ne fraintendete TOTALMENTE il senso, gli stravolgete la parola.

Tirando in ballo categorie che non  appartengono al suo pensiero abissale, ma piuttosto a quello delle sue psicosi latenti(che poi sarebbero quelle di ciascuno nell'età moderna)

La STORIA, il BIOS, il DNA, non sono sbagliate in sè, perchè quella è la gestelle, la tencica su cui l'uomo si basa, si regge come su delle stampelle. Ma Nietzche ci impara a camminare liberi, non tanto nelle circostanze accidentali, quante in quelle del pensiero.
Per cui chi glorificherà le stampelle, come se fosse il DNA, la NATURA etc...e rimanderà ad esse come una tautologia luttuosa, che le cose stanno così, e cioè siamo su delle stampelle, mai godrà del libero pensiero, e cioè mai godrà della comunità che pure sulle stampelle sarà libera di formarsi come amicizia che a fa meno di quello.
Il contrario come disse Heideger è la comunità della tecnica, quella che a furia di ragionare sulle stampelle, finisce vittima di quelle perchè non ha l'amico che gli dica, è vero che cammini con quelle stampelle, ma stai andando da SOLO, e non ti aiuterà quando cadrai nel burrone che nemmeno vedi davanti a te.

Dire DNA, dire STORIA (come meccanica prestabilita crescita), dire NATURA, significava dire DIO, oggi come oggi significa dire TECNICA ( e il bello è che lo sapete benissimo!)


Ed è proprio perchè lo sapete benissimo che mi permetto questa critica serrata, non mi metterei mai a farlca con chi nemmemp riesce a vederne la grandezza.

Poi ripeto se vogliamo tenerci il Nietzche, come dico io meramente politico, che fa l'occhiolino a sinistra, un pò anarcoide, a me va bene lo stesso. Temi di interesse ci sono comunque.

Tanto io non riesco proprio a sollevarmi, a creare il doppio come diceva Nietzche, e pertanto sono, consapevolmente, e quindi dolorosamente, all'interno del mondo paranoico. Perciò delego, fuggo, faccio tutto quello che serve per non essere vittima, non solo di me stesso, ma anche delle ideologie altrui, e infatti qui solo di quello parlo.

In fin dei conti anche lo scrivere è una mera delegazione per preservare la propria paranoia, l'unica cosa buona, pecora fra le pecore, è che lo fanno TUTTI.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Non riesco proprio a scriverlo questo post. Sono già due volte che senza volerlo lo cancello. 

X Jean.

Grazie per i complimenti e gli sproni a proseguire. Mi associo a Maral nel constatare, visto che prima d' ora non ti conoscevo, che in te sussiste quella saggezza atavica che non si può acquisire con l' esperienza. E' una dote che o la si ha, o la si possiede a livello genetico, oppure non la si ha. E comunque necessita sempre di essere coltivata, anche se nessuna esperienza per quanto negativa la possa annullare.

Continua a seguirci e criticaci se lo ritieni opportuno, perché a volte, per potersi armare a livello dialettico, accade che ci dimentichiamo anche della necessità della saggezza. Grazie ancora e ti informo che ho trovato il tuo post molto interessante.

X Green Demetr.

Vorrei dirti che ci troviamo sulla stessa lunghezza d' onda per quanto riguarda Nietzsche, ma non è così. Come pure sulla Storia. Non riesco a capire cosa possa entrarci quali siano le componenti e chi le racconta. Come se gli interpreti presi in esame possano diventare qualcosa d' altro nella mia affermazione. Non mi importa niente di loro e perché lo fanno, non è che non li vedo. Il fatto nel contesto storico non modifica lo svolgersi dinamico della Storia.  Mi parli di Sini che argomenta su un certo potere invisibile e non vedo proprio cosa questo abbia a che fare con Nietzsche.
Mio caro Green, il mio Nietzsche appartiene a me e soltanto a me. Severino a parte per la questione della volontà di potenza, non ho mai voluto leggere un commento di altri su di lui, se non molto superficialmente, e mai prima di leggere una sua opera. Ed è per questo forse che non mi ritrovo attualmente con nessuno di loro, Ferruccio Masini a parte, e se con tutti loro sono estremamente critico, Ferruccio Massini compreso.

Ti consiglio di leggere non una ma almeno una decina di volte Ecce Homo, una ventina tutte le Inattuali, specialmente quella su Strauss e quella sulla Storia, e poi ne riparliamo. Come ti ho già confermato altrove, UTU non è che una delle opere di Nietzsche, mentre sono tutte importanti. E ciascuna ha una sua dimensione nel suo rapporto temporale rispetto alle altre. Tu invece ti sei avvinghiato ad UTU e non riesci più a liberarti. Ma soprattutto cerca di evitare di leggere altrui interpretazioni e usa soltanto il tuo bagaglio acquisito che non è poco. In altre parole, fidati di te stesso, della tua intelligenza e capacità critica e speculativa.

E per quanta riguarda la contraddizione di cui tu parli del primo paragrafo della Prefazione io proprio non la riscontro. Lui si sente additare come uccellatore ed alla fine afferma che riprenderà a farlo. Lui non nega di esserlo all' inizio, perché comunque lo è, e poi dice che riprenderà a farlo. Dove tu veda la contraddizione proprio non so. Quello di cui si stupisce invece è proprio che tutti i suoi assalti da uccellatore provocano soltanto un effetto totalmente diverso da quello che lui si sarebbe aspettato. Tutti criticano come e cosa scrive ma nessuno riflette attentamente sugli argomenti presi in esame come quello della morale.

Comunque quello che tu vorresti è che si saltasse tutto e si passasse al cuore del pensiero di Nietzsche. Ma è ovvio che invece necessita tempo. 
Mentre invece ti chiedo di riflettere su Heidegger e sul motivo del suo angustiarsi nell' approfondire le sue ricerche nel pensiero di Nietzsche. Chi lo sa che tu non riesca nell' intento di immaginare ciò che lo ha provocato. Io nel frattempo ho di nuovo richiesto il suo Nietzsche e spero che questa volta, come mi è stato assicurato, lo possa visionare con più calma. Abbi pazienza Green, tutto ha un suo tempo. 

Ringrazio tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

memento

Citazione di: Garbino il 17 Marzo 2017, 18:15:30 PMX Memento.

Caro Memento, capisco benissimo i tuoi dubbi ( ci sono passato anch' io ), ma per comprendere a fondo il significato stesso della volontà di potenza è necessaria un' attenta lettura dell' aforisma 19 proprio di Al di là del bene e del male, dove appunto la volontà viene destrutturata ed annullata da Nietzsche  ( e se puoi, anche l' aforisma n. 3 Errore di una falsa causalità nel capitolo I Quattro Grandi Errori di Crepuscolo degli Idoli ). La volontà di Nietzsche è qualcosa di molto diverso da ciò che comunemente si intende. Anzi proprio le caratteristiche che Nietzsche le assegna invece di escludere gli organismi semplici li rende i principali soggetti dove la volontà di potenza è sovrana e coincide con il soggetto stesso. Ma non è una volontà che agisce, è una forza irrazionale che spinge l' organismo verso il suo maximum di potenza.
Anche se questo aspetto significa appunto un bruciare le proprie energie senza limiti e portandolo ad una celere fine della sua vita.

Che poi si tratti di una caratteristica di stampo metafisico dipende appunto dal fatto che Nietzsche la pone come data. Anche se non è identificabile, accertabile, raggiungibile dai nostri sensi, dalla nostra esperienza. E' un dogma che necessita di fede.
Nell' aforisma 36, è sufficiente andare alle ultime righe per rendersi conto della possibilità che la mia interpretazione sia accettabile, anche se poi ciascuno interpreta il suo pensiero come meglio crede. Parte finale che dice: ...definire chiaramente ogni forza agente come: volontà di potenza. Il mondo visto dall' interno, il mondo definito e designato secondo il suo carattere intellegibile - esso sarebbe appunto " volontà di potenza" e nulla oltre a questo. - Come puoi constatare non parla di uomo o di organismi superiori, parla di mondo. Tutto il mondo vitale: dal microorganismo all' uomo. Questo il modo in cui interpreto l' argomento: volontà di potenza.

Su Ecce Homo, tutti i primi capitoli rappresentano un' apologia di sé stesso e di come lui si ritenga un genio ( un genio largamente incompreso dai suoi contemporanei contro cui si scaglia ardentemente nella Prefazione ). E di come è riuscito a rinascere e ad elevarsi proprio grazie alla sua decisione di allontanarsi dalla Germania per raggiungere luoghi dove si mangia, si dorme e si respira meglio. In Italia e Francia. Per altro nel par.2 del capitolo Perché sono così accorto, fa proprio riferimento ai luoghi dove il genio in potenza è più avvantaggiato nella possibilità di diventare genio ( Firenze, Atene, La Provenza ). Comunque siamo sempre a disposizione.

Garbino Vento di Tempesta

Proprio lo scorso mese mi ero messo a rileggere "Al di là del bene e del male",quindi l'aforisma a cui fai riferimento ce l'ho bene in mente. Cito un paio di passaggi significativi per la nostra discussione: 
"Il volere mi sembra soprattutto qualcosa di "complicato", qualcosa che soltanto come parola rappresenta una unità, e appunto nell'uso di un'unica parola si nasconde il pregiudizio del volgo, che ha prevalso sulla cautela dei filosofi, in ogni tempo esigua. [...] Al pari dunque del sentire, e, per la verità, di un sentire di molte specie, così, in secondo luogo, anche il pensare deve essere riconosciuto quale ingrediente della volontà: in ogni atto di volontà esiste un pensiero che comanda; e non si deve in alcun modo credere di poter separare questo pensiero dal «volere», come se il volere dovesse poi continuare a sussistere!"
Dal primo passaggio,si evidenzia la molteplice natura che si cela nel termine "volontà" (tant'è che nello stesso aforisma parla di volontà al plurale"),a cui accennavo prima. Il secondo sottolinea lo stretto rapporto che lega pensiero e volontà,tale che l'una può sussistere solo in presenza dell'altro,e in pratica esclude un volere negli esseri privi di intelletto,a differenza di quanto affermi. Ritengo questo passo più esplicito e chiaro della parola "mondo" dell'aforisma 36,troppo generica per esprimere compiutamente qualcosa di specifico. L'aforisma che toglie ogni dubbio è in ogni caso il 127 de "La gaia scienza". Posto che lo ritengo un argomento di poca rilevanza.

Non credo di aver mai detto che la volontà di potenza sia una volontà che "agisce",proprio in virtù del suo non essere una cosa sola,che non può disporsi al fine di un unico modello di comportamento,di un unica morale. 
Il fatto che una teoria non sia accertabile dai sensi non è sufficiente per definirla "dogmatica": non esiste nulla di più impressionabile dei sensi,a cui ognuno fa riferimento come sinonimo di certezza e solidità (ricordi cosa dice Nietzsche sulla scienza in "Genealogia della morale"?). La filosofia non è una scienza: per quanto essa possa aver senza dubbio bisogno di salde fondamenta scientifiche e razionali. Un giudizio di valore,dei quali la filosofia si occupa,non può essere dimostrato,vale come espressione di chi lo creò e lo sentí come necessario e indispensabile. Ma questo non significa che non possa esistere una filosofia non metafisica,ammesso che si sappia distinguere.

Per quanto riguarda Ecce Homo: non avevo inteso che il "genio" in questione fosse Nietzsche medesimo,tutto chiaro adesso.

Mi spiace essermi perso due pagine di discussione anche abbastanza prolisse (e anche un po' fuori tema?),ma in questo momento ho avuto ben altre preoccupazioni che mi hanno distratto dall'argomento Nietzsche. Se posso proverò a scrivere nei prossimi giorni un post "risposta" a quel che è stato scritto sul filosofo di Rocken,più che altro per fare il punto della situazione.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Memento.

Non conosco la tua opinione, ma ritengo che sia necessario affrontare anche gli argomenti fuori tema finché non avremo trovato una traccia condivisibile su tutti i temi trattati da Nietzsche, o almeno su quelli che i numerosi interlocutori ritengono importanti. E ciò lo ritengo necessario se vogliamo che questa riflessione prenda piede e non si articoli in un colloquio inutile tra sordi, dove ciascuno parte dal proprio punto di vista e lo difende a spada tratta, senza possibilità di ripensamenti e o accettazione di quella che è l' opinione altrui. Attendo comunque il tuo punto della situazione, che ritengo di un certo interesse, e su cui sono molto curioso per notare le differenze, se sussistono, con il mio.

Per quanto riguarda la volontà temo di essermi spiegato male e forse troppo sinteticamente ed adesso cercherò di porvi rimedio.
La confusione che spesso si fa, e che, a mio avviso, è da evitare, è tra la volontà umana e la volontà di potenza. Non sono cioè la stessa cosa. La prima è il risultato di complesse sinergie a livello psichico di ciascun individuo, la volontà di potenza, secondo Nietzsche, è qualcosa che appartiene ad ogni essere vivente. Assolutamente indifferenziata ed irrazionale. E' ciò che da all' organismo l' impulso di tendere sempre al suo massimo.

Ed è per questo che nell' aforisma che tu hai riportato si parla di una volontà che è l' artefice anche del pensiero. Ma sempre della volontà umana si parla. Volontà che però Nietzsche ha completamente stravolto e destrutturato negli aforismi che ho citato la volta precedente. Ed anche nell' aforisma 127 della Gaia Scienza, su cui avevo un segnalibro, si tratta della volontà degli organismi superiori non della volontà di potenza. Ed infatti lui afferma, nella frase finale, che la stragrande maggioranza degli organismi non ne sa niente. Ma questo è anche il motivo per cui in quelli inferiori la caratteristica fondamentale della vita sia quella di agire a livello irrazionale e sulla base del raggiungimento costante del loro massimo vitale, che li porta a vivere poco ma molto intensamente. Mentre in quelli superiori la volontà di potenza deve fare i conti con la stessa complessità dell' organismo di cui fa parte. Un fare i conti che è sempre e solo un manifestarsi a livello irrazionale, come tendenza di direzione di comportamento, ma mai come un agire relazionato ad esempio al pensiero umano.

In particolare nell' uomo troviamo forse la resistenza massima alla volontà di potenza, determinata appunto da un tendere ad una riduzione della carica vitale costante in funzione sia dell' adattamento che di una redistribuzione della carica vitale che provoca anche una dilatazione della durata della vita dell' organismo. Ma sempre come effetti, mai come cause razionali. Nel senso che i motivi o le dinamiche da cui scaturiscono questi fenomeni sono da ricercare altrove e la cui determinazione o ricerca esula dal contesto.

Spero di essere stato chiaro su quella che è la mia opinione sull' argomento. Comunque sai benissimo che sono sempre pronto a pormi con la massima apertura possibile nei confronti di opinioni diverse. Perciò se hai dei dubbi manifestali, anche perché ritengo questo argomento abbastanza cruciale nella comprensione del pensiero di Nietzsche.

Per quanto riguarda il mio sentire questo argomento della filosofia di Nietzsche come appartenente alla Metafisica, è indispensabile ritrovarsi su ciò che sia la Metafisica stessa. Cioè qualcosa che va oltre la fisica e che non è visibile, dimostrabile, ma soltanto concettualizzato e da Nietzsche ritenuto fondamentale e assolutamente vero. Ed inoltre se è possibile avere dei dubbi per quanto riguarda la volontà di potenza, mi sembra che l' Eterno Ritorno sia non solo Metafisica, ma una cosmogonia alquanto improbabile. Ricordo che, a mio avviso, il tempo non esiste. Esiste soltanto il presente, e a cui l' uomo ha affiancato passato e futuro per potersi relazionare con sé stesso. Infatti Severino addita Nietzsche come paladino del tempo, e perciò mi ritengo assolutamente critico su questo argomento tanto tenuto in considerazione da Nietzsche. 

Al di là di tutto, spero soltanto che uno dei motivi che lo hanno portato a non costruire un' opera su La volontà di potenza, sia proprio il fatto che possa aver avuto un ripensamento. Un ripensamento non tanto sulla volontà di potenza ma proprio sull' Eterno Ritorno. Se non altro infatti lui afferma in L' Anticristo che l' opera viene da lui considerata come la transvalutazione di tutti i valori. Su questo però capisco benissimo che ci sono seri problemi di interpretazione dal momento che il deterioramento psichico di Nietzsche sembra avere la precedenza assoluta su qualsiasi altra ipotesi. Ma questo è anche il motivo per cui ritengo i richiami agli scritti inediti siano da ritenere meno importanti di come, ad esempio anche Heidegger, vengono ritenuti da molti studiosi ed interpreti della filosofia di Nietzsche.

E ciò mi porta anche a considerare abbastanza discutibile tutta la costruzione che si è fatta intorno al Nichilismo, e soprattutto su di un Nichilismo positivo e uno negativo. Mentre sono completamente d' accordo con lo stesso Heidegger, ma mi sembra anche che la stessa opinione la ritroviamo in Severino, che da una crisi non si esce e che tutto tende sempre ad un costante peggioramento. In altre parole si può ritardare l' effetto finale deflagrante di una crisi ma non annullarlo.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Il pensiero della storia appunti per garbino (e non solo.) (ne approfitto anche per un ripasso personale, veloce rassegna)

parte 1

cit garbino
"Ti consiglio di leggere non una ma almeno una decina di volte Ecce Homo, una ventina tutte le Inattuali, specialmente quella su Strauss e quella sulla Storia, e poi ne riparliamo. Come ti ho già confermato altrove, UTU non è che una delle opere di Nietzsche, mentre sono tutte importanti. E ciascuna ha una sua dimensione nel suo rapporto temporale rispetto alle altre. Tu invece ti sei avvinghiato ad UTU e non riesci più a liberarti. Ma soprattutto cerca di evitare di leggere altrui interpretazioni e usa soltanto il tuo bagaglio acquisito che non è poco. In altre parole, fidati di te stesso, della tua intelligenza e capacità critica e speculativa."

Le considerazioni sono frutto del mio lavoro, dubito fortemente di trovarle scritte altrove.
Quindi come te, uso la mia testa.
Non sono avvinghiato a UTU, semplicemente non voglio andare avanti senza averlo capito a fondo.
E non mi ritengo ancora soddisfatto, sia in termini di effettivo impegno mio, che è del tutto sporadico e con lunghe pause, sia complessivo, perchè ne intendo la sottotrama principale, ma non riesco ancora a figurarla nel suo terribile orizzonte.
Leggermi le opere precedenti non se ne parla. Sia perchè sono quelle che (guarda caso) maggiormente vengono discusse, sia perchè è evidente lo iato di ispirazione, tra un buon filosofo-filologo, prima di UTU ed un "mostro" dopo, a partire da UTU.

Se hai letto l'inattuale spiegami tu dunque come può la storia esimersi dal "chi la racconta"?

infatti scrivi
cit garbino
"Il fatto nel contesto storico non modifica lo svolgersi dinamico della Storia"

Il punto è che mi sembra tu usi la storia in una specie di ecezione universale, come se esistesse una Storia a parte.
Ma la storia è a mio avviso semplicemente quello che mi racconto che sia.
Dal manifesto del partito comunista che introduce una nuova filosofia della storia, appunto detta materialismo storico, mi sembra che invece si differenzi rispetto a "chi scrive" quella storia. Per inciso non è una questione meramente politica, è anche una visione antropologica più vasta, e più ragionevole, in quanto tiene conto non solo dei vincitori, ma anche dei vinti.

Come faremmo a capire se no la filosofia susseguente se non passiamo dalla revisione critica dello storicismo romantico?


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo/


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/

Partendo ovviamente da Dilthey

"L'esperienza interna, in quanto capacità di rivivere un oggetto dall'interno, di «comprendere» (Verstehen) un'esperienza (Erlebnis), è dunque una modalità di conoscenza radicalmente diversa da quella delle scienze naturali, che si basano sull'esperienza esterna e, con le leggi universali e necessarie a cui mettono capo, non fanno altro che «spiegare» (Erklären), cioè istituire connessioni estrinseche fra dati obiettivi, che restano completamente altri, separati dal soggetto. In questo modo, la storia, così come tutti i prodotti della cultura provenienti dall'interiorità, veniva nettamente distinta come il campo delle scienze dello spirito, nelle quali vige un principio di comprensione che implica la capacità psicologica di «rivivere» la singolarità dell'esperienza storica che si esamina. "

seguiamo alcune possibili scelte politiche

http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/

come in Spengler

"Anche nella sua concezione sono presenti i temi diltheyani della «comprensione» dell'Erlebnis come carattere fondamentale delle scienze dello spirito, ma il centro di essa è dato dalla ripresa delle due categorie (a cui aveva dato largo corso nella cultura tedesca Tönnies) di Kultur («cultura») e Zivilisation («civiltà»): la prima è una condizione in cui un popolo costituisce una comunità organica, legata da valori che la rendono coerente e diretta da un centro vitale ispiratore; la seconda è invece la società democratica decadente, legata dallo scambio meramente economico fra parti separate, essenzialmente meccanica e governata non da valori profondamente condivisi, ma da opinioni e mode esteriori. La scelta originale di Spengler è di applicare la concezione morfologica di Goethe al processo storico, visto come una successione di fasi organiche (o di culture) e di fasi meccaniche (civiltà)."

come in Focault

"Foucault formulerà in una sua notissima opera (Les mots et les choses, une archéologie des sciences humaines, 1966; trad. it. Le parole e le cose). Nella concezione per cui ogni cultura deve inevitabilmente decadere in civiltà e la fase di disgregazione di quest'ultima non può che comportare una rigenerante ricaduta nella barbarie, si avverte in qualche modo l'eco della visione ciclica di Vico, eco che peraltro, nel testo di Spengler, si trova distorta e annegata in una congerie di concezioni biologistiche e razzistiche che presentano non poche affinità con le ideologie conservatrici e con lo stesso nazismo che, non molti anni dopo la pubblicazione dell'opera, avrebbe conquistato il potere in Germania"

Entrambe le speculazioni partono indubitabilmente da una visione dinamica, come potresti intendere tu Garbino, ma entrambe definiscono chiaramente una guerra politica, con punti di vista chiaramente segnati e segnalati (focault).


e d'altronde


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/

Weber

" La costruzione di Dilthey lasciava aperto il problema del carattere propriamente scientifico della conoscenza storica: se essa si legava a un «comprendere» di eventi interiori e irripetibili, comprendere che era operato da un soggetto storico singolare e storicamente situato, non rischiava così di disperdersi in un'infinità di interpretazioni individuali? Weber, specialmente nei saggi di riflessione metodologica e filosofica con cui accompagnò la sua attività di storico e di sociologo (Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1922; trad. it. parziale Il metodo delle scienze storico-sociali), cercò di fondare in modo diverso la scientificità della disciplina storica, rifiutando lo psicologismo diltheyano e reintroducendo la spiegazione mediante cause e principi generali in campo storico. In partic., è assai rilevante la dottrina del «tipo ideale»: certamente, anche per Weber nel campo della storia e della sociologia non sono applicabili categorie generali come quelle di spazio e di tempo, e la stessa causalità deve assumere una veste non meccanica, ma ciò non significa che si debba rinunciare al momento astratto della conoscenza, alla costruzione di modelli.

Lasciando da parte pensatori imbarazzanti come Croce e Popper, e concentrandoci su una ipotetica scienza storica, si finisce inevitabilmente per finire alla solita parolina magica "Modelli".

Ma è proprio a partire da quella parolina, che nasce poi la guerra dei modelli. E di nuovo la storia scientifica sarà una guerra dei modelli e cioè il modello sarà del vincitore.

Per fare un esempio pratico, ancora oggi si parla con un vocabolario storicista scientifico, devotamente anti-fascista.
(ma ovviamente è solo una narrazione, come raccontava già pasolini, il capitalismo è riuscito a fare quello che tutti i fascismi europei non sono mai riusciti a fare prima. E cioè vincere.)

per darne ragione mi riferisco anche al filosfo nodale del 900: Heideger


http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/

Quanto a Heidegger, esplicito è il suo richiamo a Dilthey nella nota affermazione che ‟l'analisi della storicità del Dasein tende a mostrare che questo esistente non è ‛temporale' perché ‛sta nella storia', ma che esso viceversa esiste e può esistere storicamente soltanto perché è temporale nel fondamento del suo essere". Di tutta la sua indagine sul ‟luogo ontologico della storicità", è proprio Heidegger a dire esplicitamente che si propone soltanto ‟di far progredire e allargare leprospettive di Dilthey e di favorirne l'assimilazione da parte dell'attuale generazione che non le ha ancor fatte proprie" (v. Heidegger, 1927; tr. it., pp. 541-543, Essere e Tempo).

Per intendere quello scritto da Heideger appunto bisogna aver presente quello che la trecani spregiativamente (ma appunto è la trecani, che ci si poteva aspettare) chiama psicologismo.

E che invece in maniera ben più seria ha radici nella stutturazione dell'io come visto da Hegel in poi.

La storia è un punto di vista. E la Storia è quello del vincente. (Marx)


Mi dispiace del lungo preambolo, ma serve per dare un humus culturale, su cose che si sono già pensate.

D'altronde va benissimo pensare con la propria testa, ma poi perchè non confrontarsi con eventuali possibili storture del proprio discorso?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

parte 2


Ma veniamo a Nietzche che nella sua mostruosità (leggi eccezionalità) aveva già liquidato tutto questo 20 enne.......
(gli altri ci hanno impiegato 2 secoli, prima che Heideger capisse qualcosina, e comunque lo stesso heideger rimane da capire per molti)

cerco su internet un attimo di pazienza.


cit Nietzche Hecce Homo (passi che riguardano la seconda inattuale.)
"La seconda considerazione inattuale (1874) mette in luce ciò che vi é di pericoloso, ciò che corrode e avvelena la vita nel nostro modo di coltivare la scienza: la vita, malata a causa di questo congegno, di questo meccanismo privo di personalità, a causa dell'impersonalità del lavoratore e della falsa economia nella divisione del lavoro. Il fine: la cultura, va perduto; il mezzo: il movimento scientifico moderno, ne é barbarizzato. [...]"



E' abbastanza facile ravvisare come per Nietzhe la storia, che coincide con la vita, è sempre qualcosa che riguarda un soggetto.
Dunque non esiste una Storia caro Garbino.


" E Nietzsche distingue tra 3 forme di storia: la storia archeologica si ferma al mediocre, si attarda ad ammirare il passato, anche nei suoi aspetti mediocri e meschini, per giustificare la presente mediocrità; la storia monumentale cerca nel passato esempi e modelli positivi, che mancano nel presente, onde poter guardare al futuro con sicurezza che ciò che è stato possibile in passato lo sarà ancora; solo la storia critica è davvero positiva, in quanto non si limita ad favorire l'imitazione del passato, anche eroico, ma lo vuole superare: essa trascina il passato davanti al tribunale, lo giudica e lo condanna. Il tema storico, nelle Considerazioni inattuali, é davvero forte e sentito, e Nietzsche arriva a dire, come in parte già accennato all'inizio: " l'uomo invidia l'animale, che subito dimentica [..] l'animale vive in modo non storico, poiché si risolve nel presente [..] l'uomo invece resiste sotto il grande e sempre più grande carico del passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte. Per ogni agire ci vuole oblìo: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità. La serenità, la buona coscienza, la lieta azione la fiducia nel futuro dipendono [..] "

http://www.filosofico.net/nie27.htm

tralascio gli altri passaggi perchè fusaro non ci ha capito niente. anch'egli vittima del'uomo come bios, come vita naturale. Il che anche solo leggendo sopra è del tutto infondato.
L'uomo invidia l'animale. L'uomo non è bios (tantomeno zoe, che sarebbe il termine giusto greco)
L'uomo è stutturalmente storico, ma se non vuole rinunciare al suo essere politico (che gli appartiene) deve stare attento alle forme di irrigidimento della storia, ossia deve fare a meno della storiografia come momumento.
(vedasi anche il dialogo tra Carmelo Bene e Zeri in uno dei 2 contro tutti del maurizio costanzo show.)

Appunto non esiste una Storia!! CVD. (alias sarebbe sempre e solo una storiografia).

Ma vado a prendere degli estratti direttamente dall'inattule, fra quelli che girano in rete.

SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA

"Del resto per me è odioso tutto ciò che si limita ad istruirmi senza aumentare o stimolare imme-
diatamente la mia capacità d'azione".  goethe  
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p1 tr.Monica Rimoldi



che abbiamo già visto come predecessore dello storicismo romantico.

""L'uomo domandò una volta all'animale: "perché
non parli con me della tua felicità e ti limiti a guardarmi?" Anche l'animale voleva rispondere e di-
re: "è che dimentico costantemente ciò che volevo dire", ma dato che dimenticò anche questa ri-
sposta e tacque, l'uomo se ne meravigliò.""
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p3 tr.Monica Rimoldi


"L'uomo, al contrario, si oppone al pesante e
sempre più pesante carico del passato: questo lo schiaccia giù o lo spinge da parte, grava sul suo
passo come un carico invisibile e oscuro, che l'uomo può far finta di rinnegare una volta e che an-
che in compagnia dei suoi simili rinnega volentieri, per risvegliare la loro invidia"
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p3 tr.Monica Rimoldi


"Allora  impara  a  comprendere il motto "c'era", la soluzione con cui lotta, sofferenza e noia vanno incontro all'uomo per
ricordargli che cosa è in fondo la sua esistenza – un imperfetto che non si completa mai. Se infine
la morte porta la dimenticanza così desiderata, si appropria contemporaneamente del presente e
dell'esistenza e pone il sigillo su quella conoscenza, cioè che l'esistenza è un ininterrotto essere stato, una cosa che vive del respingere e del distruggere se stessa, del contraddire se stessa. "
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p3 tr.Monica Rimoldi


"Dato che noi ora siamo i risultati di generazioni antecedenti, siamo anche i risultati dei lor
o smarrimenti, passioni e errori, di più: dei loro crimini; e non è possibile sciogliersi da questa cate-
na. Se condanniamo quegli smarrimenti e pensiamo di esserne dispensati, non viene rimosso il fat-
to che noi proveniamo da essi. Giungiamo, nel migliore dei casi, ad un contrasto fra la natura ere-
ditaria e originaria e la nostra conoscenza, addirittura alla battaglia fra una nuova e dura discipli-
na contro ciò che è da tempo assorbito e congenito, noi impiantiamo una nuova abitudine, un nuo-
vo istinto, una seconda natura, tanto che la prima natura inaridisce. È un tentativo di darci ugual-
mente un passato a posteriori, dal quale si vorrebbe provenire, in opposizione a quello dal quale
si proviene – un tentativo sempre pericoloso, perché è difficile trovare un limite nella negazione del
passato e perché le seconde nature sono in genere più graciline delle prime. Troppo di frequente
ci si limita alla conoscenza del bene senza farlo, perché si conosce anche il meglio senza avere
la possibilità di farlo. Ma qui e là riesce la vittoria e c'è persino per i combattenti, per quelli che si
servono della storia critica per vivere, una consolazione degna di nota: di sapere, cioè, anche quel-
la prima natura in qualche momento è stata una seconda e che quella seconda natura vincente di-
venterà la prima."
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p11 tr.Monica Rimoldi

"Pensare in questo modo la storia in modo oggettivo è il compito silen-
zioso del drammaturgo, cioè pensare ogni cosa in modo congiunto con ogni altra, inserire una par-
te isolata nel tessuto del tutto, sempre con il presupposto che debba essere posta nelle cose una
unità del piano, quando lei non ci sia già dentro. Così l'uomo riveste il passato e lo sottomette, co-
sì manifesta il suo impulso artistico - ma non il suo impulso per la verità e la giustizia. Oggettività
e giustizia non hanno niente a che fare l'una con l'altra."

Direi che Garbino mi sembra questa la visione che hai tu della Storia.

SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p19 tr.Monica Rimoldi


MA

"Occorrerebbe pensare una storiografia che non abbia in sé alcuna goccia della comune verità empirica e, tuttavia, potesse in sommo grado far valere il DIRITTO sul predicato dell'oggettività. Sì, Grillparzer osa spiegare: "Che cos'è la storia se
non il modo in cui lo spirito dell'uomo accoglie gli eventi per lui impenetrabili? In cui stabilisce legami fra ciò che (Dio solo sa se) è affine? In cui sostituisce l'incomprensibile con qualcosa di comprensibile? In cui attribuisce i suoi concetti di adeguatezza verso l'esterno ad un tutto che ne conosce solo una verso l'interno? In cui suppone nuovamente la casualità, dove agivano migliaia di
piccole cause? Ogni uomo ha contemporaneamente la sua esigenza di separatezza tanto che milioni di direzioni corrono parallelamente l'una accanto all'altra in linee curve e rette, si incrociano,avanzano, rallentano, si spingono in avanti o indietro, supponendo l'una  per l'altra il carattere della casualità e rendendo così impossibile (a parte gli effetti degli eventi naturali) dimostrare una necessità  dell'accadimento  che  sia  radicale  e  che  abbracci  ogni  cosa". 

SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p19 tr.Monica Rimoldi

Ossia la giustizia è sempre una questione politica. Di chi sceglie cosa raccontarsi.


"Di  certo  Schiller  si  rende  completamente  conto della forma in realtà soggettiva di questa supposizione quando dice dello storico: "Un fenomeno dopo l'altro comincia a sottrarsi al fato cieco, alla libertà senza leggi, e ad inserirsi come elemen-
to adatto ad un tutto conforme che è certamente presente solo nella sua rappresentazione".

Nella SUA RAPPRESENTAZIONE, sempre più chiaro, spero, Garbino.


"Se il valore di un dramma si trovasse solo nel finale e nell'idea principale, allora il dramma stesso sarebbe la via più lontana, impervia e faticosa possibile per giungere alla meta; e così spero che la storia non riconosca il suo significato nei pensieri co-
me una specie di fiore e frutto, ma piuttosto che il suo valore sia quello di riscrivere in modo ingegnoso un tema noto, forse consueto, una melodia quotidiana, di elevarla, di innalzarla a simbolo che abbraccia ogni cosa e così di far intuire nel tema originale un intero mondo di senso profondo, potenza e bellezza."
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p20 tr.Monica Rimoldi

Ecco qui uno dei proverbiali momenti enigmatici di Nietzche, che evidentemente anche nei suoi vent'anni germinava gli abissi e le vette delle opere successive. E di cui io per il momento sono solo all'inizio del percorso (il tema della de-soggettivazione alias).

Sto cercando velocemente il pezzo in cui parla di guerra, ci deve essere! ho fatto un bel control+F


"Ed ora di nuovo alla nostra prima affermazione: l'uomo moderno soffre di una personalità inde-
bolita. Come il romano durante l'età imperiale divenne non-romano rispetto alle terre circostanti a
lui sottomesse, come perse se stesso mentre faceva irruzione ciò che era straniero e degenerò nel
carnevale cosmopolita di divinità, costumi e arti, così deve succedere all'uomo moderno, che si fa
preparare continuamente dai suoi artisti della storia la festa di un'esposizione universale; è diventato uno spettatore che se la gode e che se ne va di qua e di là, e si è venuto a trovare in una situazione nella quale le stesse grandi guerre e grandi rivoluzioni riescono a stento per un attimo a cambiare qualcosa. La guerra non è ancora finita e già è trasformata in carta stampata in centinaia di migliaia di copie, già viene prospettata come l'ultimissimo mezzo per eccitare palati affaticati desiderosi di storia."
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p15 tr.Monica Rimoldi

Immaginavo che in Nietzche vi fossero già tutti i temi del 900. Qui addirittura un accecante flash-forward sulla futura società dello spettacolo, la nostra.


"Si  accecano  certi  uccelli  perché  cantino meglio; io non credo che gli uomini attuali cantino meglio dei loro nonni, ma questo so: che li si acceca per tempo. Ma il mezzo, il mezzo pazzesco che si usa per accecarli, è la luce troppo chiara, troppo  improvvisa,  troppo  mutevole. Il  giovane  uomo  viene  spedito  con  la  frusta  attraverso  tutti  i millenni: giovani che non capiscono nulla di una guerra, di un'azione diplomatica, di una politica commerciale vengono ritenuti degni di essere introdotti alla storia politica. "
SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA, p23 tr.Monica Rimoldi


Okkei garbino faccio ammenda che il tema della guerra ancora non c'è nella inattuale, almeno esplicito, ovviamnente germinalmente è già esposto qua sopra, ma capisco la difficoltà se non ne vedi l'intero orizzonte di senso.


Porca miseria garbino ho sforato di una ora e mezza sulla mia agenda.... ma ti devo altre risposte, attendi qualche giorno grazie.

saluti e ricorda le parole di Sini "Ma in fondo in filosofia lo scambio non può avvenire in modo fecondo senza una qualche reciproca ostinazione e sordità. " ;-)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Green Demetr.

Mio caro Green sono completamente d' accordo che uno scambio dialettico non può avvenire in modo fecondo senza una qualche reciproca ostinazione e sordità. Ma non vedo proprio come la Storia, e mi ripeto, possa essere modificata dal fatto che noi o pochi altri sappiano che è raccontata dai vincitori, da coloro che detengono il potere. Io so che queste considerazioni sono inutili. La Storia segue il suo corso comunque.
E quando io uso personaggi storici determinati, che comunque sono continuamente additati dallo stesso Nietzsche, lo faccio soltanto per cercare di fornire a chi legge un' idea dell' oltreuomo, per quanto distorta dal modo in cui ciascuno vede la Storia che gli altri raccontano, che rimane comunque l' unico termine di paragone possibile. Mentre ho già detto altrove che l' oltreuomo attraversa tutte le classi sociali come avviene anche per il sacerdote asceta. E comunque sia i personaggi che io cito sia gli altri che non hanno una connotazione storica perché non vi è alcun resoconto sul loro esistere, rimangono sempre degli oltreuomo in potenza che raggiungono un certo grado di oltreuomo soltanto in virtù di situazioni molto fortunate e molto circostanziali. Come per il genio di Ecce Homo, prima che Nietzsche scrivesse quest' opera.

Ma inoltre quello che chi riporta su internet i passi che tu hai citato non mira minimamente a prendere in considerazione che anche la Storia è quasi sempre dannosa, ad eccezione di quando il tipo uomo corrisponde al tipo di Storia che genera. In altre parole anche questi passi fanno parte del raccontare la Storia come la si vuole intendere e come fa più comodo a chi li riporta. Sempre di mistificazione si tratta. 
Ecco perché io affermo che non me ne importa proprio niente il chi la fa o il chi la racconta perché è sempre mistificazione e comunque non muta il corso della Storia.

Vivo a mio proprio credito, forse è solo un pregiudizio che io viva? ... In queste circostanze....la mia abitudine e ancor più l' orgoglio dei miei istinti si rivolta, dire cioè: Ascoltatemi! poiché io sono questo e quest' altro. E soprattutto non confondetemi con altri! ( Prologo Ecce Homo )

Ecce Homo, Sull' utilità e il danno della Storia per la vita e David Strauss: l' uomo di fede e lo scrittore. In altre parole: io sono quello che leggete in quest' opera, il senso storico di cui questo secolo è fiero è malattia, buttate al mare i filistei colti e ragionate con la vostra testa.

Mio caro Green, ciò che ti sei prefisso è molto arduo. Nietzsche non entra nella testa e ti modifica quando tu lo vuoi. Ci vuole tempo, quello che purtroppo manca, ma non vi è altra soluzione. Ciascuna persona recepisce Nietzsche in base alla propria esperienza, intelligenza e cultura. Ma sempre gradatamente. Ci sono resistenze che si frappongono continuamente a livello individuale per la sua interpretazione, tanto che quasi tutti lo distorcono a loro piacimento e lo fanno aderire alla propria forma mentis e al proprio pensiero filosofico.

Questo è quello che fanno i farisei colti. Si può imitare fino alla scimmiottatura ma per carità che non accada nulla di nuovo! Nulla di nuovo!!!! Il nuovo spaventa, innanzitutto perché tocca le loro tasche e i loro interessi.

Ma la cosa più nuova e che proprio non riesco a digerire è dove tu abbia preso questa benedetta comunità degli amici di cui tu parli!!!??? La colpa naturalmente è anche la mia. E lo è perché ho sempre sottovalutato, quando mi si presentava davanti nei tuoi interventi, il suo significato. Sinceramente ho sempre pensato che stessi dicendo a qualcun altro qualcosa di cui avevate già discusso. Mai pensando al futuro che Nietzsche immaginava con l' oltreuomo. Che per altro è un tema talmente particolare e indefinito che mi sembra prematuro parlarne. 

Mio caro Green, in quel post di cui discutiamo tu mi hai rivolto frasi che non solo sono arbitrarie se non false, ma che presuppongono che tu possieda la verità su Nietzsche. Noi non riusciamo a vedere, macché a sentire, macché a percepire il profumo del futuro che Nietzsche immagina e idealizza. 

Ma scherziamo!! Soltanto un genio, ma chi lo è?, può penetrare nell' abisso della sua filosofia, ed io sinceramente qualche volta vi ho gettato lo sguardo ma,,,,,,,,, Ripeto: ci vuole un genio.......

Ho ritirato il Nietzsche di Heidegger e probabilmente inserirò qualche argomento che la nuova lettura de: 'La Volontà di potenza come arte' mi susciterà.

Ringrazio tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

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