Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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paul11

#45
La mia personale interpretazione del pensiero di Nietzsche è che è Nietzsche stesso.

Non ci sono più separazioni e relazioni. Rompe la cupola metafisica che condiziona l'esistenza, vale a dire la sovrastruttura condizionante dell'uomo, per cui "introietta" e non nega ancora la metafisica, semmai"quella" metafisica che destruttura  ( ha ragione Heidegger),
Il paradigma metafisico non fa altro che spingerlo in SE'. Non mortifica l'uomo, semmai lo esalta, perchè ha spinto il divino nell'uomo, facendolo corrispondere. Tutte le relazioni dei sitemi metafisici mutano. ora l'uomo non è distante da Dio(anzi ne corrisponde) e non ha la sovrastruttura che lo condiziona. essendo divino, è lui stesso la morale e lo fa nell'immanente, senza passato e senza futuro, nel quì e ora che si ripete continuamente, perchè vuole e deve vivere l'attimo come un eterno, non come un passaggio di tempo.
Allora la volontà di potenza è l'uomo divino. L'eterno ritorno non è l'adesso relazionato nel passato  o futuro, ma è solo l'ora, senza rimpianti e senza domani, senza remore e senza paure; nel suo sistema l'uomo vive l'attimo e la morale è nell'istinto.
Ha posto l'uomo come centro del paradigma, che quindi non risponde più che a se stesso.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Phill

Grazie per il post che trovo alquanto condivisibile. Una delle cose su cui ho qualche dubbio se non in disaccordo è quando affermi che la volontà di potenza è l' uomo divino.  Nel post precedente infatti ho precisamente affermato:
La volontà di potenza in definitiva non ha bisogno dell' uomo, essa può farne tranquillamente  ( retoricamente ) a meno. E' l' uomo ( sintetizzo ) che necessita dell' arte infusa nella volontà di potenza e che può tornare a usufruirne attraverso la liberazione dal suo passato e dalle menzogne che fin qui ha accettato. La volontà di potenza non è un valore né crea valori ( e non è neanche Dio ). E' l' uomo, l' essere valutante, che può tornare a creare valori e raggiungere l' Olimpo dei Greci. E' l' uomo che diviene Dio grazie alla volontà di potenza finalmente liberata. 
In altre parole la volontà di potenza è una forza creante assolutamente irrazionale che è infusa in tutta la vita. Questa la mia opinione.

X Maral

Il ragionamento di Cacciari, ho visionato per intero tutti i video, sembra il confronto dialettico di stampo Hegeliano tra il Cristianesimo, ma sarebbe meglio dire tra la figura di Cristo e l' oltreuomo di Nietzsche. Tesi e antitesi da cui scaturisce la sintesi di un Cristo che non ha più bisogno di redimere in un tempo e in un attimo che è siglato dall' Eterno Ritorno e che viene a coincidere con l' oltreuomo, amando il suo prossimo di degenerati e pezzi sparsi di umanità. Per altro riporta in vita l' ontologia, assente in Nietzsche, resuscitando l' ente. Il superamento del Nichilismo? Questo è tutt' altro. Anzi è la vittoria, ma che dico?!!, il trionfo assoluto di Platone e del Nichilismo.

Non nascondo che, per molti versi e per un certo ambiente sociale culturalmente Cristiano, questo potrebbe considerarsi come uno degli epiloghi meno traumatici alla diatriba sull' argomento. Ma mi sembra che si tratti del tradimento di entrambe. Sia della filosofia di Nietzsche che della cultura o morale Cristiana, anche ammesso che noi liberassimo la figura del Cristo e ne riscoprissimo il valore evangelico, e che secondo Nietzsche è morto con Lui sulla Croce.  

Per quanto riguarda l' aforisma 125 della Gaia Scienza, torno a confermare che, a mio avviso, non è un caso che lui si reca presso gli atei. Gli atei che dovrebbero trovarsi nelle condizioni di crisi a cui li ha portati l' uccisione di Dio. Ma rimane stravolto, sconvolto ed interdetto nel constatare che essi non hanno ancora, e forse non lo faranno mai, interiorizzato il significato dell' evento della Morte di Dio. Né se ne preoccupano. E questo a mio avviso dipende proprio dal fatto, come poi affermerà ampiamente proprio nei paragrafi dedicati alla scienza di Genealogia della morale, che hanno soltanto sostituito Dio con un' altra fede. La fede nella scienza.

Ed è proprio perché non possono comunque fare a meno di una fede che non sentono mancare il terreno sotto i loro piedi. Non che muore l' uomo, ma che non si rendano conto che con la Morte di Dio vengono a mancare quei riferimenti che gli diano una dimensione, un senso. In quella condizione infatti gli uomini dovrebbero diventare dei per essere degni di questa azione. Dell' azione di aver ucciso Dio, della Morte di Dio.

Naturalmente questa è la mia interpretazione e possono essercene altre. 
Comunque la Morte di Dio non è l' avvento del Nichilismo annunciato da Nietzsche. Rappresenta solo il suo passaggio dalla Cristianità alla scienza o tecnica o altro. Anche il credere nel Dio Cristiano cioè è già Nichilismo. Se mai appunto c' è da chiedersi come mai non accade nulla dopo la Morte di Dio. Ed è proprio perché, come Nietzsche afferma in Genealogia della morale, che la scienza non è un' antitesi della religione ma il suo nocciolo. Scienza e religione vanno sempre affrontati assieme e non separatamente.

Commento a Genealogia della morale.

Trovo l' opera, dopo averla così lungamente presa in considerazione, di una costruzione quasi perfetta. Nulla è lasciato al caso. Specialmente il secondo saggio, che mi sono reso conto di non averne capito in precedenza la funzione nel tutto, per molti versi lotta alla pari con il terzo che rappresenta la più grande denuncia di ciò che anima il sacerdote ascetico e ciò che in lui si agita e diviene potenza.

Molte sono le impressioni che questo studio dell' opera mi ha suscitato e piano piano le svelerò. Lo spazio è quello che è e sono molto più importanti le risposte ai vostri interventi che non il commento stesso.

Un argomento che rimane tutto da svelare è quello della crudeltà umana e delle sue radici, che Nietzsche ritiene innate. Io ho una diversa opinione. Ritengo infatti che sia la natura, ciò che rappresenta l' aspetto naturale dei luoghi in cui l' uomo è vissuto che ha influito enormemente nei millenni al suo evolversi. 

Mi rimaneva un dubbio. E questo dubbio riguardava le società organiche contemplate in quell' opera favolosa e che consiglio a tutti: L' Ecologia della libertà, di Murray Bookchin e che fa parte della letteratura utopica della sinistra ecologica. La sua risposta a ciò che infine abbia determinato, lui la chiama cattiveria non crudeltà, l' apparire della cattiveria nelle società organiche ( tipo gli Hopi ) del periodo preculturale è stato il sempre maggiore peso del ruolo degli anziani, che un tempo venivano spesso abbandonati a sé stessi nel nomadismo, e che con il suo tramontare o diminuire spesso si ritrovarono a ricoprire il ruolo di sciamano. Ad acquisire una certa potenza e a determinare appunto un influsso deteriorante nel corpo sociale di livello consociativo. ( Negli Hopi ogni donna sembra ricoprire il ruolo di madre per gli infanti ).

Per quanto riguarda l' assurdità del comportamento del sacerdote ascetico e sugli influssi nefasti su popolazioni pacifiche e naturalmente atee come quelle che si trovavano in certe zone della Polinesia, mi sovviene sempre un aneddoto su alcuni missionari che si spinsero in quei luoghi. Missionari che si resero conto che questi gruppi umani si cibavano del frutto di un albero che nasceva spontaneo e che aveva le stesse caratteristiche del nostro pane. Una manna che questi missionari ritennero blasfema e svincolante dalla verità rappresentata da Dio e dalla sua condanna per l' uomo, e che passarono follemente alla distruzione di ogni pianta di quel tipo. Non ritengo ci sia neanche da commentare un' azione che è blasfema  ancor di più della blasfemità che ne sarebbe secondo loro la causa.

Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.

paul11

#47
Citazione di: Garbino il 16 Marzo 2017, 16:16:25 PMNietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro. X Phill Grazie per il post che trovo alquanto condivisibile. Una delle cose su cui ho qualche dubbio se non in disaccordo è quando affermi che la volontà di potenza è l' uomo divino. Nel post precedente infatti ho precisamente affermato: La volontà di potenza in definitiva non ha bisogno dell' uomo, essa può farne tranquillamente ( retoricamente ) a meno. E' l' uomo ( sintetizzo ) che necessita dell' arte infusa nella volontà di potenza e che può tornare a usufruirne attraverso la liberazione dal suo passato e dalle menzogne che fin qui ha accettato. La volontà di potenza non è un valore né crea valori ( e non è neanche Dio ). E' l' uomo, l' essere valutante, che può tornare a creare valori e raggiungere l' Olimpo dei Greci. E' l' uomo che diviene Dio grazie alla volontà di potenza finalmente liberata. In altre parole la volontà di potenza è una forza creante assolutamente irrazionale che è infusa in tutta la vita. Questa la mia opinione. .  

Se vuoi continuo a passare per Phil :D
Per quel poco o tanto che conosco sulle origini umane, Nietzsche è per l'uomo originario.
Ho la netta impressione, ma dovrei a mia volta compiere lavori filologici su Nietzsche, lui che è filologo,
che avesse delle conoscenze sull'argomento e in genealogia della morale ci sono piccoli passaggi che lo evidenziano.
Quell'uomo non è ancora nella storia ,tanto meno nella linearità temporale.
Quell'uomo non ha ancora diviso le distanze fra il sacro e la natura.
Quell'uomo non segna la distanza fra l'uomo e il divino,poichè il divino risiede in lui.
La distanza non viene superata dallo spazio/tempo delle etiche e morali, che segnano appunto il comportamento del fedele per ritornare al divino.

Se tutto ciò anzi detto fosse vero, significa che il pensiero filosofico è per l'uomo che è già distante dal divino, è per l'uomo mediocre che interpreta come distanza, predicando etiche e morali.
Nietzsche è ante pensiero filosofico, è per Dioniso e non Apollo.

La volontà di potenza quindi non è un valore è nell'ordine naturale insito nell'uomo.


La destrutturazione del pensiero filosofico dell'uomo mediocre, il "toglimento"che è ancor più che svelamento, dell'involucro culturale che ha impregnato e giustificato culturalmente quest' uomo.

memento

#48
Citazione di: Garbino il 12 Marzo 2017, 16:14:15 PMX Memento.

Se ricordi ho affermato che avevo dei dubbi sul fatto che la volontà di potenza corrispondesse all' individuo. Ed adesso cercherò di far luce su ciò che intendevo. Val la pena riportare che la volontà di potenza, secondo Nietzsche, è una forza irrazionale, noi la chiamiamo anima vitale, che fornisce e rappresenta l' energia stessa di ogni essere vivente, l' energia che stimola la vita e che per molti versi rappresenta la vita stessa. Ricordo inoltre che Nietzsche ne parla e la delinea in opposizione alla volontà di volontà di Schopenhauer. A questo punto posso affermare che posso essere d' accordo con te per le cellule e per tutti gli organismi minori che possiamo trovare in natura ( sulla flora non mi espongo perché non ho riflettuto a sufficienza su di essa ). Ma le cose cambiano, sempre a mio avviso, per tutti gli organismi  a mano a mano che si sale nella scala di complessità degli stessi. E a riguardo vorrei porre l' attenzione sull' argomento genio che Nietzsche tratta a lungo in Ecce Homo.

Infatti lui afferma che coloro che hanno in potenza la possibilità di diventare genio non è detto che riescano a diventarlo a causa dell' ingerenza di numerose variabili come il clima, l' alimentazione e il dormire. Ciò, sempre a mio avviso, significa che la volontà di potenza di tali individui nulla può per il soddisfacimento del diventare genio né tanto meno coincidere con l' individuo nel caso di variabili che influiscano negativamente sul processo. Quello che in definitiva intendo affermare è che le possibilità che la volontà di potenza coincida con l' individuo appartenente a qualsiasi specie sono inversamente proporzionali alla sua complessità. Senza dimenticare che le variabili a livello umano sono tantissime e molto determinanti. Se hai dei dubbi sono come sempre disponibile a discutere qualsiasi opinione contraria.

Penso sia necessario capire quale significato attribuire alla volontà di potenza,prima di far partire qualsiasi riflessione su di essa. Il mio intento era proprio quello di richiamare l'attenzione sul concetto e,visto l'importanza che riveste nell'opera che hai trattato,mi pare indispensabile. È la norma vedere infatti esporre giudizi su Nietzsche sulla base di propri fraintendimenti.

Innanzitutto la volontà di potenza è una volontà? Se lo è,allora dobbiamo escludere,per definizione,tutti quegli organismi che non sono in grado di volere,ovvero che sono incapaci di esercitare il controllo sul proprio agire,e la cui "esistenza" si limita a una serie di riflessi condizionati.La stessa nozione di organismo vivente proviene dalla biologia moderna,e mi riesce difficile credere che Nietzsche possa averla accolta come una spiegazione. Piuttusto è la volontà di potenza a dare un senso a quel fenomeno che prende il nome di "vita" (rileggi a proposito,se puoi,l'aforisma 36 di "Al di là del bene e del male").

Nel primo post sul tema avvertivo circa la possibilità di intendere la volontà di potenza alla maniera di un atomo,unica,indefinita e indivisibile. Non era una precisazione inutile: questa strada riporta dritti alla vecchia superstizione dell'anima,della quale credevamo esserci sbarazzati. Che scherzi possono giocarci le parole quando presentano le cose molto più semplici di come,in realtà,sono! Il fascino delle parole e dei concetti resterà sempre l'ultimo degli argomenti a favore della metafisica. Bisogna però essere più cauti e meno metafisici nella lettura: volontà di potenza è un termine che raccoglie in sé e unifica un complesso di pulsioni,spinte e pressioni contrastanti; osservando questo groviglio,non è possibile stabilire a priori una direzione complessiva,che dipende,come tu dici,da una serie di fattori (dalla morale per esempio) e dal caso. Perciò nego l'idea secondo cui la volontà di potenza indichi un principio metafisico,separato dal corpo e dalle contingenze personali,a partire delle quali invece si va determinando. L'individuo coincide con la (sua) volontà di potenza nel senso che egli è fondamentalmente istinto,nella misura con cui ogni istinto lotta,cresce e aspira alla potenza.

Ho letto Ecce Homo,opera di straordinario valore,essendo il primo tentativo di tracciare un parallelo fra vita e filosofia,che negli altri libri è solo accennato. Personalmente è quella che mi è rimasta più dentro,eppure non ricordo l'argomento "genio" come preponderante (forse è questione di differenti chiavi di lettura,o forse è la memoria che fa cilecca ;D ).

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Paul11

Ah, ah, ah!! Che svista!!!! Scusa l' errore che comunque mi sembra tu l' abbia preso alquanto ironicamente e di ciò te ne sono grato.

Nietzsche, per sua stessa ammissione, da giovane si è dilettato nel ruolo di filologo. Un ruolo che, sempre secondo sua ammissione, prevede la lettura di una decina di testi al giorno, se non ricordo male ( Ecce Homo ). Comunque legge moltissimo. Da qui la sua profonda cultura, anche se in seguito dette un tronco netto a questa attività dedicandosi soltanto a ciò che poteva interessarlo. Tranne che nei momenti in cui scriveva le sue opere perché  in quei frangenti riteneva la lettura di altri autori una distrazione evitabile.

L' uomo originario. Sì, ritengo che il suo sguardo, ma non mi sembra poi una cosa tanto strana e di difficile rilevamento, era rivolto sia alla grecità che alla romanità. All' istinto fanciullesco dei Greci che permise loro di superare il pessimismo e al pragmatismo romano che li portò a generare uno schema sociale che avrebbe potuto continuare ad esistere anche dopo la caduta dell' impero.

Un uomo originario però che per evolversi ha bisogno di passare attraverso le tre metamorfosi che troviamo nello Zarathustra: cammello, leone e fanciullo per diventare oltreuomo. Un' identità che, sempre a mio avviso, necessita sì del Caos rappresentato da Dioniso ma anche dell' ebbrezza del sogno rappresentato da Apollo. Non è un caso che abbia scritto La nascita della tragedia, che poi avrebbe più tardi desiderato di intitolare Grecità e Pessimismo. Questo mondo della mediocrità dovrebbe appunto riportare Il Caos e renderlo gestante di un nuovo vivere anche grazie al sogno che rende innocente qualsiasi pensiero.

X Memento.

Caro Memento, capisco benissimo i tuoi dubbi ( ci sono passato anch' io ), ma per comprendere a fondo il significato stesso della volontà di potenza è necessaria un' attenta lettura dell' aforisma 19 proprio di Al di là del bene e del male, dove appunto la volontà viene destrutturata ed annullata da Nietzsche  ( e se puoi, anche l' aforisma n. 3 Errore di una falsa causalità nel capitolo I Quattro Grandi Errori di Crepuscolo degli Idoli ). La volontà di Nietzsche è qualcosa di molto diverso da ciò che comunemente si intende. Anzi proprio le caratteristiche che Nietzsche le assegna invece di escludere gli organismi semplici li rende i principali soggetti dove la volontà di potenza è sovrana e coincide con il soggetto stesso. Ma non è una volontà che agisce, è una forza irrazionale che spinge l' organismo verso il suo maximum di potenza.
Anche se questo aspetto significa appunto un bruciare le proprie energie senza limiti e portandolo ad una celere fine della sua vita.

Che poi si tratti di una caratteristica di stampo metafisico dipende appunto dal fatto che Nietzsche la pone come data. Anche se non è identificabile, accertabile, raggiungibile dai nostri sensi, dalla nostra esperienza. E' un dogma che necessita di fede.
Nell' aforisma 36, è sufficiente andare alle ultime righe per rendersi conto della possibilità che la mia interpretazione sia accettabile, anche se poi ciascuno interpreta il suo pensiero come meglio crede. Parte finale che dice: ...definire chiaramente ogni forza agente come: volontà di potenza. Il mondo visto dall' interno, il mondo definito e designato secondo il suo carattere intellegibile - esso sarebbe appunto " volontà di potenza" e nulla oltre a questo. - Come puoi constatare non parla di uomo o di organismi superiori, parla di mondo. Tutto il mondo vitale: dal microorganismo all' uomo. Questo il modo in cui interpreto l' argomento: volontà di potenza.

Su Ecce Homo, tutti i primi capitoli rappresentano un' apologia di sé stesso e di come lui si ritenga un genio ( un genio largamente incompreso dai suoi contemporanei contro cui si scaglia ardentemente nella Prefazione ). E di come è riuscito a rinascere e ad elevarsi proprio grazie alla sua decisione di allontanarsi dalla Germania per raggiungere luoghi dove si mangia, si dorme e si respira meglio. In Italia e Francia. Per altro nel par.2 del capitolo Perché sono così accorto, fa proprio riferimento ai luoghi dove il genio in potenza è più avvantaggiato nella possibilità di diventare genio ( Firenze, Atene, La Provenza ). Comunque siamo sempre a disposizione.

Garbino Vento di Tempesta

donquixote

Citazione di: Garbino il 17 Marzo 2017, 18:15:30 PMNietzsche, per sua stessa ammissione, da giovane si è dilettato nel ruolo di filologo.

Veramente non si è solo "dilettato", visto che come filologo ha mantenuto per qualche anno la cattedra di lingua e letteratura greca all'università di Basilea, e poi quando ha lasciato l'insegnamento la stessa università gli ha concesso un vitalizio con cui si è potuto mantenere sino alla fine dei suoi giorni.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

#51
Donquixote scrive il vero. Wilheilm Ritschl fu suo maestro e molto influente culturalmente e come potere universitario, riuscì a fargli avere il vitalizio.

Il drago è il "tu devi" della tradizione e il leone è "io voglio", per superare il il dovere della tradizione.

E....

Fratelli, perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione?
Creare valori nuovi – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone.
Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo, fratelli, è necessario il leone.
Prendersi il diritto per valori nuovi – questo è il piú terribile atto di prendere, per uno spirito paziente e venerante. In verità è un depredare per lui e il compito di una bestia da preda.
Un tempo egli amava come la cosa piú sacra il "tu devi": ora è costretto a trovare illusione e arbitrio anche nelle cose piú sacre, per predar via libertà dal suo amore: per questa rapina occorre il leone.
Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo?
Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sí.
Sí, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sí: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo.
Tre metamorfosi vi ho nominato dello spirito: come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo. –
Cosí parlò Zarathustra. Allora egli soggiornava nella città che è chiamata: "Vacca pezzata"



Ho evidenziato in grassetto e sottolineato ciò che ne sono la chiave di lettura,persino vacca pezzata è un simbolo a voler vedere

Utilizza il sacro e lo spirito , la ruota rotante, il "tu puoi" del leone, e l'innocenza e l'oblio del fanciullo
Ci sono indicazioni di un tempo perduto in cui il "tu devi", aveva un altro significato..........
Chi vuol capire...........

maral

Citazione di: Garbino il 16 Marzo 2017, 16:16:25 PM
La volontà di potenza in definitiva non ha bisogno dell' uomo, essa può farne tranquillamente  ( retoricamente ) a meno. E' l' uomo ( sintetizzo ) che necessita dell' arte infusa nella volontà di potenza e che può tornare a usufruirne attraverso la liberazione dal suo passato e dalle menzogne che fin qui ha accettato. La volontà di potenza non è un valore né crea valori ( e non è neanche Dio ). E' l' uomo, l' essere valutante, che può tornare a creare valori e raggiungere l' Olimpo dei Greci. E' l' uomo che diviene Dio grazie alla volontà di potenza finalmente liberata.
In altre parole la volontà di potenza è una forza creante assolutamente irrazionale che è infusa in tutta la vita. Questa la mia opinione.
Come si è detto il primo punto da chiarire mi pare cosa sia la volontà di potenza che Nietzsche riprende da Schopenhauer e che evidentemente non può essere né una forma di volontà individuale arbitraria e del tutto svincolata (e la profonda ammirazione sempre mantenuta da Nietzsche per Spinoza non può che attestarlo) e men che meno la buona volontà cristiana e nemmeno la cattiva volontà dei malvagi. La volontà di potenza appare l'impulso vitale stesso, ossia quella forza profonda che anima l'esistenza e corrisponde all'esistenza stessa al di là del gioco delle rappresentazioni e quindi al di là del bene e del male.
Forse In questo senso Nietzsche non è, almeno nella sua fase più matura, come farebbe un qualsiasi ateo, interessato a condannare l'asceta o il cristiano. Nietzsche è sgomento davanti alla morte di Dio, il passo della Gaia Scienza lo dice chiaramente: la morte di Dio è sconvolgente, nonostante quello che pensano gli atei ridacchiando. Quello a cui lui è davvero interessato è mostrare come il bene e il male fanno parte di un gioco di maschere, che i "buoni in realtà non sono per nulla buoni, né i cattivi sono cattivi, bene e male sono mere parvenze dacché è morto Dio, il grande baluardo metafisico che  imponeva i giudizi morali con i necessari doverosi mascheramenti in cui l'essere umano poteva trovare il suo senso artefatto (non dimentichiamo che Nietzsche era pur sempre figlio di un pastore luterano, che aveva amato il padre di cui conservava il ricordo profondo, a fronte della sua avversione per la madre e la sorella).
Zarathustra non si esalta per la morte di Dio, come a dire finalmente Il grande carceriere è crepato! balliamo tutti insieme lieti e garruli, fratelli e sorelle, finalmente potremo liberarci di quegli impiastri di sacerdoti, asceti e stregoni facendo fare a loro la stessa fine, impiccati nelle chiese. Al contrario, Nietzsche mostra chiaramente che la morte di Dio significa inevitabile la morte dell'uomo, quello stesso piccolo uomo che prima andava in chiesa e ora è ateo e magari si aggrappa alla scienza pur di conservarsi. Nietzsche ben sa cosa significa quella morte di Dio per l'umanità e la storia del secolo successivo, dopo la sua morte, avrebbe dato ben ampia ragione alla sua profezia. E qui, dato che l'uomo muore, che perde di senso, trovandosi così esposto, entra in gioco, evocato in scena, ma senza che possa apparire, quasi una sorta di Godot, l'Oltreuomo che solo potrà sostituire Dio e l'uomo, entrambi morti. L'Oltreuomo però non c'è, non si vede ancora e questo aumenta lo sconvolgimento, la sola indicazione che se ne ha è che l'Oltreuomo è colui che incarna lo stesso impulso vitale stesso, aderendovi scegliendolo, ma non come si sceglieva tra il bene e il male.
Qui c'è a mio avviso una cosa da capire, se la volontà di potenza è l'assoluto delle potenza vitale, non c'è né mai c'è stata gabbia che abbia potuto contenerla. L'asceta, il sacerdote sono già volontà di potenza in atto, ne sono comunque incarnazione che la realizza. La volontà di potenza non può che vincere sempre, è essa che crea le maschere della morale, le rappresentazioni metafisiche, le gabbie e al pari le distrugge, non l'uomo ed è questo che l'oltreuomo deve volere accettare.
Perché altrimenti non si capisce il terzo grande punto cruciale della filosofia nicciana, quello filosoficamente fondamentale che è l'eterno ritorno che pare così in contraddizione con l'idea di una volontà immaginata tanto ingenuamente liberatoria per l'umanità intera, del tipo io voglio tutto e posso tutto. Al contrario, l'eterno ritorno dice che io non posso niente e voglio non potere niente, perché solo così si vuole davvero tutto, si vuole l'eterno ritorno, che vanifica ogni maschera, ogni etica fondata su un bene e su un male, solo nell'eterno ritorno si è davvero oltre i condizionamenti del passato con le sue colpe e i suoi meriti, oltre il sentimento del bene e del male. E allora. nell'ottica dell'eterno ritorno è chiaro che non ha più nemmeno senso la condanna del cristiano, dell'asceta, del sacerdote, come si può condannare se si è oltre il bene e il male? Nietzsche condanna, ma lui sa di non essere l'Oltreuomo. In nome di quale bene e di quale male si può benedire o maledire e condannare? Forse che l'impulso vitale è bene? Se lo è non è assoluto, perché deve fare i conti con il suo male. E' chiaro che deve perdere di senso qualsiasi condanna, perché qualsiasi condanna ricondurrebbe alla logica del bene e del male. L'Oltreuomo, chiunque sia, non può condannare assolutamente nulla e nessuno dal momento che sceglie la volontà di potenza, ossia la vita stessa che è comunque anche vita (e quindi volontà di potenza) dell'asceta, del sacerdote, del cristiano, del santo e dell'ateo e di ogni piccolo uomo, financo il più miserabile, ipocrita e repellente.
Io non credo che Nietzsche abbia visto le cose in questo modo fin dall'inizio, non so se sia davvero giunto a vederla davvero in questo modo nemmeno alla fine, ma di sicuro la conseguenza di una volontà di potenza assoluta, proprio intesa nel suo pieno e assoluto significato vitale, non può che essere questa. Solo così l'Oltreuomo può essere Dio, quel Dio che l'uomo ha ucciso manifestando così l'evento della fine dell'uomo e quindi del mondo degli uomini. Solo così il nichilismo a cui la morte definitiva di ogni Dio conduce con la morte di ogni ordine e istituzione di senso è effettivamente superato da un ribaltamento assoluto del nichilismo stesso che così si è compiuto. Non perché si è costretti ad arrendersi, ma perché lo si vuole.

maral

#53
Citazione di: donquixote il 17 Marzo 2017, 19:42:43 PM
Citazione di: Garbino il 17 Marzo 2017, 18:15:30 PMNietzsche, per sua stessa ammissione, da giovane si è dilettato nel ruolo di filologo.

Veramente non si è solo "dilettato", visto che come filologo ha mantenuto per qualche anno la cattedra di lingua e letteratura greca all'università di Basilea, e poi quando ha lasciato l'insegnamento la stessa università gli ha concesso un vitalizio con cui si è potuto mantenere sino alla fine dei suoi giorni.
Nietzsche infatti era filologo per formazione accademica e, per il breve periodo in cui lavorò all'università, insegnò filologia, non filosofia. Questo aspetto è sempre sottolineato dai filosofi suoi avversari e detrattori (tra l'altro il suo modo di fare filologia non era particolarmente consono allo stile formale ritenuto adeguato per farla). Capita che grandi filosofi non abbiano avuto una competenza accademica specifica con grande dispetto di quelli che ce l'hanno e riescono solo a ruminare   :)  .

paul11

La volontà di potenza è il leone del "può" che deve con un atto di coraggio, di volontà, "tirare fuori" da dentro di sè quel fanciullo innocente, che per definizione non conosce ancora il bene e il male proprio perchè è innocente , e quindi ha l'oblio della tradizione non la conosce, ne è esente.La ruota dell'eterno ritorno a quel punto si muove automaticamente, perchè quel nuovo uomo vive l'attimo come eterno essendo uscito dalla tradizione del tempo lineare.

Questo richiede uno sforzo enorme, è possibile, è pensabile, difficoltoso attuarlo, ma non impossibile.Nietzsche è il più "viscerale" dei pensatori, in quanto il più profondo.Le sue parole sono masticate dal di dentro ,non è come molti pensatori e intellettuali le cui parole nascono dalla bocca, Nietzsche le fa nascere dalla più profonda nostra intimità.

IL dialogo quindi in Nietzsche è profondamente interiore, è abissale, e si scontra con le sovrastrutture culturali del tempo.Lui misura la distanza del fanciullo dormiente che è sempre con noi, è dentro di noi, e la diversità del mondo esteriore.Il tragico è proprio la distanza dell'innocenza del fanciullo, dalla mondanità ipocrita.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Bene. Pare che ci siamo. Grazie a tutti per i vostri post ed anche per le critiche che sono fautrici di nuovi germogli e nuovi frutti.

X Donquixote

Infatti io non mi riferivo a ciò che appare nella biografia che possiamo trovare nelle prime pagine di ogni sua opera. Ma ai diversi riferimenti biografici sparsi in ogni opera ( o quasi ). Tra i quali cito il suo passare intorno ai sedici anni le notti a traduzioni da e in latino pieno di alcool. Per quanto riguarda il vitalizio, non è che il suo mentore riuscì a farglielo avere soltanto grazie alla sua influenza, ma soprattutto per il grande lavoro svolto per l' Università a livello culturale. Denaro che poi usò quasi interamente per pubblicare le sue opere, visto che doveva ricorrere spesso a prestiti presso la sorella ed amici.

X Paul11

Sono d' accordissimo con te che il punto cruciale è la rivolta dello spirito nei confronti del tu devi morale. Mentre lo sono un po' meno sul fatto che la volontà di potenza corrisponda al leone.
Ma andiamo per ordine. Lo spirito che diventa cammello lo può soltanto se si inginocchia e aspira la sua forza. Il cammello vuole un carico pesante. E questo carico è a mio avviso la conoscenza. Una conoscenza possibile soltanto con l' umiltà a discapito del proprio orgoglio.
- Oppure è questo: nutrirsi di ghiande ed erbe della conoscenza ed essere affamati nell' anima per amore della verità?
Oppure è questo: entrare nell' acqua sporca, se è l' acqua della verità e non respingere da sé rane fredde e rospi caldi?

Ma questo spirito perciò non è uno spirito qualunque, ma uno spirito che può assorbire un alto grado di conoscenza. E' grazie a questo carico cioè che infine può crearsi il suo deserto. Ed è sempre questo deserto se vasto e profondo che gli può dare la forza di diventare leone ed affrontare il tu devi.
E sempre, a mio avviso, nel momento stesso in cui trionfa sul tu devi e getta alle sue spalle tutto il suo passato che avviene la metamorfosi in fanciullo. Ma tutto il processo di metamorfosi è possibile se si è in possesso della grande salute e della possibilità di poter assorbire la conoscenza. Solo così lo spirito umano può trasformarsi in oltreuomo.  
Per quanto riguarda il resto trovo tutto alquanto condivisibile. Specialmente che tutto si svolge a livello introspettivo, in quell' abisso dove vive anche il fanciullo ma in compagnia di molti altri mostri, sia naturali che creati da millenni di asservimento morale.

Ti ringrazio inoltre per lo spunto sulla simbologia della vacca pezzata che non conoscevo. Ho trovato infatti due riferimenti possibili: la vacca pezzata di una fiaba dei fratelli Grimm e quella della religione Indù. E che riappare più avanti con l' aggettivo variopinta con l' affermazione che è quella che ama di più. La vacca con tutti gli dei. Simbolismo che molti intendono come un attacco profondo al monoteismo, ma su cui per il momento non mi espongo.

X Maral.

Trovo tutto molto condivisibile tranne un aspetto. La volontà di potenza essendo irrazionale e indifferenziata né vince né perde. E' il soggetto attraversato da essa che in virtù delle differenze biologiche e genetiche va a ricoprire questo o quell' altro ruolo. Se è vincente il sacerdote asceta certo non lo è il gregge che ad esso si aggrappa e segue ciecamente nella sua follia. 
Nietzsche continuamente assolve qualsiasi individuo da qualsiasi colpa che la morale lo costringe ad incarnare. Compreso il massimo del debito come il peccato originale. Nessuno è colpevole di ciò che è, ma esistono le leggi degli uomini e il loro continuo giudicare. L' oltreuomo non ha bisogno né di amare né di perdonare il prossimo perché sa benissimo che tutti sono innocenti. E che la colpa è del tu devi ancestrale di carattere morale. Accetta la diversità non per compassione ma per un eccesso di forza. Non può ricevere ma può soltanto donare ( La virtù che dona e il Canto notturno ).  Il suo ruolo è quello di essere l' individuo che è riuscito ad evolversi e a raggiungere la sponda che ha l' esser ponte alle sue spalle. 

Sulla Morte di Dio abbiamo opinioni diverse, ma ci può stare tranquillamente.

Ringrazio nuovamente tutti per il vostro contributo.

Garbino Vento di Tempesta.

Jean

g- ... allora, perché mi trovo qui, interrogato, per giunta?

Vp- ... interrogato, che parola grossa... diciamo che stiamo approfondendo la sua posizione...

g- la mia posizione... in merito a cosa?

Vp- in merito alle sue azioni...

g- azioni? Che cosa avrei commesso di cui render spiegazione?

Vp- è intervenuto dove non aveva titolo per farlo... disturbando, nel migliore dei casi... e forse tentando di sabotare, non l'avessimo fermata, il naturale prosieguo degli eventi...

g- s'ho disturbato me ne dispiace, in quanto al titolo non era richiesto e le porte erano aperte. Sabotaggio del naturale prosieguo degli eventi... che significa?

Vp- gli eventi condurranno ad una conclusione, che è uno degli scopi del consesso in cui è intervenuto...

g- anche il mio intervento poteva arricchire la discussione, no?

Vp- ... non aveva titolo, doveva esimersi, limitandosi ad osservare.

g- come s'acquisisce codesto titolo?

Vp- non è cosa semplice, con lo studio, l'interesse e la dedizione... ma alfine, ciò che più conta, è che si venga riconosciuti dai propri pari... c'è un ordine ed una gerarchia nelle cose...

g- cioè le cose non son come appaiono... è dunque quest'ordine, questa gerarchia sottostante ad esse che in realtà le muove... come un treno su un binario..?

Vp- ... comincia a comprendere... si è accostato a quel treno standosene sulla sua auto... non va bene, chi meritatamente vi alloggia – perché il viaggio è assai lungo – ha profuso energie, tempo e qualcos'altro di importante... avrà pure un valore tutto ciò, non crede?

g- di sicuro... ed anche non si fa nulla per nulla, un qualche riconoscimento si deve pur ricevere... ma, se permette, che sarà mai una piccola distrazione dovuta al mio affiancarmi al treno in corsa con la mia macchinina... che avrebbe potuto regger il ritmo solo per un po', giusto il tempo d'arrivar alla successiva stazione... mi par sproporzionato l'esser per questo costretto a codesto interrogatorio..!

Vp-... atteggiamento potenzialmente anarcoide... richiedere che le regole abbiano un'elasticità che non possono avere, altrimenti che regole sono? 
Un piccolo foro in una diga tenderà ad allargarsi... la regola, nel caso, è d'intervenire prontamente.

g- ... mi scusi, ma non si può tener conto di quel che avevo da dire? Intendo che quel poco, quel nulla... poteva esser inerente all'argomento, esser in tema e...

Vp- ... ma lei non lo conosce l'argomento, ne ha colto degli accenni, saltando qui e là... vuol confrontarsi con la preparazione di chi l'ha sviscerato, alfine comprendendolo e facendolo proprio?

g- vero, ho solo colto qualche accenno... diciamo l'un per mille... in confronto a... quanto?

Vp- vuol metterla in numero? Per alcuni anche il 70, 80 per cento... ma potrebbe anche esser di più... si rende conto?

g- mi rendo conto... ma ritengo alcuno possa dire d'aver colto il 100 per cento...

Vp- se qualcuno lo proclamasse... lei come potrebbe confutarlo, con i suoi inadatti strumenti e le più che limitate conoscenze?

g- oh, non lo confuterei... lascerei tal compito a chi appunto le possiede... dal mio direi che c'è un al di là del 100 per cento...

Vp-... di cui gli esperti, gente che vi ha dedicato parte della loro preziosa esistenza non si son accorti... e cosa ci sarebbe mai al di là di un argomento e di tutto quel che contiene e se ne è detto...

g- ... e se ne dirà, vede, questo è un al di là, in un momento che non è adesso...

Vp-... e perciò inutilizzabile, come non esistesse...

g- vero, al momento inutilizzabile ... ma quel che è solo in potenza accampa una sorta di diritto futuro che lo renderà necessario per giungere ad un'ipotetica conclusione...

Vp- non c'è alcun obbligo e fretta d'arrivare ad una conclusione, che si paleserà quando l'argomento avrà rivelato ogni suo aspetto...

g- appunto... magari il mio intervento, ancorché non in linea... o in binario col treno dell'indagine, potrebbe fornire qualche dettaglio, seppur marginale...

Vp-... ad esempio, sentiamo...

g- ecco, vede com'è facile... non c'era bisogno di codesto interrogatorio... 

Vp- ... e dunque?

g- al dunque vi son molti modi d'affrontar le questioni. Li rispetto tutti, perché il modo è la persona che lo esprime. 
Non potrei aver altro modo che il mio o sarei qualcun altro. 
Ma i modi, a volte o spesso, confliggono con le regole, come nel caso dell'argomento di cui stiamo discutendo senza tuttavia affrontarlo, perché quello sarà il modo di qualcun altro, non il mio.

Vp-... su, non ci giri attorno... dov'è la sostanza?

g- bene, nel mio modo son del tutto certo che non possiederò mai gli strumenti adatti e le conoscenze complete... lo dichiaro, nel caso non si fosse ancor capito, permettendomi di far osservare che alcuno giungerà mai ad averne il 100 per cento. 
Se vi fossero due individui che arrivassero a tal traguardo il loro accordo potrebbe esser completo e, la formulassero, anche la conclusione. 
Ma sfortunatamente o meno, si tende a quel traguardo senza mai poterlo raggiungere, come la lepre con la tartaruga. 
A causa di ciò anche le conclusioni in via di formazione differiranno, quel che si dice differenti punti di vista, almeno su taluni aspetti.

Vp- ... il cammino della conoscenza, le par poco?

g- affatto, ho detto che rispetto ogni modo, questo a maggior ragione perché mi permette di dir qualcosa... tuttavia si potrebbe, parzialmente ed occasionalmente, tentar approcci differenti...

Vp- ... vede codesto questo binario dov'è collocato anche il suo inconsistente intervento? 
Questo è ferro, acciaio... sostanza... ed ha un suo peso, o crede che i pesi di tutte le cose devono essere nuovamente determinati?

g- capisco, si continua da dove ci si trova, procedendo lungo il binario... giusto?

Vp- del tutto... glielo ripeto, il cammino della conoscenza.

g- che non metto in dubbio... pure da quella conoscenza qualcuno, l'argomento del nostro dialogo, ha tratto una visione diversa... al suo tempo l'accenno per un diverso percorso che...

Vp-... è divenuto il binario dove far avanzare il treno che ci ospita, per fortuna...

g- ...già, avere una prospettiva è confortante... dal punto di vista dell'indagine, intendo. Non l'avessimo?

Vp- ... dovrebbe ripartir da zero, sconfortante, no?

g- ... per quell'uomo dell'argomento non fu così, seguì l'improbabile binario che gli apparve nella sabbia... senza preoccuparsi di dove l'avrebbe condotto...

Vp- fu coraggioso, non crede?

g- certo, fu più che coraggioso, chi abbia la visione d'un binario ha il dovere di realizzarlo, secondo le sue possibilità...

Vp- e secondo lei... cosa c'è al termine del binario, quale stazione?

g- beh, che altro se non la libertà?

Vp- giusto, la libertà...

g- ... potremmo non accorgerci d'averla raggiunta?

Vp- visto che non la conosciamo... potrebbe essere... e allora  che cos'è il sigillo della raggiunta libertà?

g- quell'uomo ha risposto: non provare più vergogna davanti a te stesso.

Vp- ... par semplice, quasi una conclusione... conosce la vita di quell'uomo, come la malattia (difficilmente dovuta alla sifilide, come affrettatamente ritenuto) l'abbia prematuramente minato... un destino, il suo, che par quasi una condanna per aver osato...

g- già, ha osato ascoltar dentro di sé: Cosa dice la tua coscienza?

Vp- ... devi diventare quello che sei. 

g- ... ci vuol coraggio, è da pochi... ma, in piccola scala, si può provare...

Vp-... mmmh... magari anche disturbando..?

g- il disturbo è un modo diverso di vedere le cose... non crede che quell'uomo sarebbe d'accordo?
 


Un cordiale saluto

Jean

green demetr

Continuo a sostenere Garbino che sei completamente accecato dal tuo giusnaturalismo, e il tuo livore verso la chiesa, è un chiaro esempio di come il discorso psicanalitico legge esattamente il contrario: tu credi veramente che l'uomo sia Dio.
Ovviamente il DIO SIVE NATURA di Spinoziana memoria.

Maral non ho esposto il ragionamento completo, perchè sono ancora fermo alla parta destruens di umano troppo umano, e quindi mi riservo il tempo di capire fino in fondo le conseguenze razionali del discorso niciano.
Rileggendo mi sembra di essere stato chiaro per quanto riguarda i passaggi che portano alla formazione dell'io.
Anzi ci avevo speso su anche qualche ora, che poi non sia capibile da tutti è un altra cosa, e anzi conferma che siamo in una epoca di profonda cristi intellettuale.
Sono rimasto abbastanza colpito dalla tua interpretazione dell'oltreuomo come volontà di ripetizione di se stesso.
Il fatto è che non capisco come mai potrebbe arrivarci! visto che l'uomo non può MAI essere se stesso, e infatti Nietzche nel paragrafo sulla "grande salute" incita a NON essere mai se stesso, nel senso proprio di rinunciare a ogni ipotesi di senso.
La rinuncia al senso non rimanda alla rovina, come in Hegel, ma dovrebbe essere una riappropiazione della relazione con gli altri (in quali termini probabilmente è quello che mi auguro di conoscere lungo il cammino, senza dimenticare che forse è proprio impossibile).


"La volontà di potenza è il leone del "può" che deve con un atto di coraggio, di volontà, "tirare fuori" da dentro di sè quel fanciullo innocente, che per definizione non conosce ancora il bene e il male proprio perchè è innocente , e quindi ha l'oblio della tradizione non la conosce, ne è esente.La ruota dell'eterno ritorno a quel punto si muove automaticamente, perchè quel nuovo uomo vive l'attimo come eterno essendo uscito dalla tradizione del tempo lineare." cit PAUL


Molto interessante questa interpretazione, certamente non avendo ancora superato lo scoglio umano troppo umano, come già detto, non so se corrisponda al vero.
Ma mi interessa, con la correzione già notata da Maral e Garbino, che la volontà non è dell'individuo ma dovrebbe essere qualcosa a lui esterno.
Proprio per questo non può essere una questione del BIOS come appare chiaro nelle pagine di Garbino, e temo anche di Maral, che parla di volontà di potenza come VITA.
Non può essere il bios perchè nietzche lo liquida come impossibile nelle pagine iniziali di Umano troppo Umano.
L'uomo è quell'animale che non può essere un animale, ricordate no?
Domanda per PAUL
Mi piace la visione che essendo un OGGETTO esterno, debba essere ricondotto alla ingenuità del bambino come simbolo della rottura della storia.
Non capisco invece come possa diventare un eterno ritorno questo mai cominciamento. Nel senso che se nulla parte/inizia allora come può essere di RITORNO, di ritorno da cosa? sarebbe la domanda a cui manca la risposta.
Lo stesso dicasi per la ipotesi di Maral, se fosse un nulla, come farebbe il nulla a tornare? alias come farebbe un identico a tornare? Ma qui temo che tu sia troppo invischiato nel sistema severino per poter intendere la questione.
Eppure proprio a partire da Severino che legge le righe prima dell'eterno ritorno, il tempo è la questione centrale.
Quindi sebbene viziato da un fraintendimento grave mi sembra che Paul abbia indicato una linea che non dovrebbe essere distante dall'obiettivo, e che pur tuttavia nella sua differenza di potenziale, per così dire, mi sembra a tutt'oggi totalmente impossibile da capire.

Andare oltre il bene e male in Nietzche non significa andare nel territorio di nessuno, significa invece riconoscere come MALE la concenzione del bene e del male come il cristiano la intende, e cioè all'interno della sua ipocrisia individualista essenziale.
Vi rimando oltre che a umano troppo umano anche a rochefocauld, che nietzche cita come suo anticipatore.

La critica morale di nietzche è la critica del cristianesimo come mimesi dell'egoismo. Ci terrei a ricordarlo, perchè non si passa dal oltre il bene e il male, al relativismo. Mancano diversi passaggi tra i 2 momenti. Cioè da quello morale-politico a quello destinale (relativismo, volontà di potenza, eterno ritorno).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#58
Scusa green se tento di abbozzare qualche risposta appuntando brevemente le questioni che colgo nel tuo intervento
Citazione di: green demetr il 18 Marzo 2017, 20:47:07 PM
Sono rimasto abbastanza colpito dalla tua interpretazione dell'oltreuomo come volontà di ripetizione di se stesso.
Il fatto è che non capisco come mai potrebbe arrivarci! visto che l'uomo non può MAI essere se stesso, e infatti Nietzche nel paragrafo sulla "grande salute" incita a NON essere mai se stesso, nel senso proprio di rinunciare a ogni ipotesi di senso.
La rinuncia al senso non rimanda alla rovina, come in Hegel, ma dovrebbe essere una riappropiazione della relazione con gli altri (in quali termini probabilmente è quello che mi auguro di conoscere lungo il cammino, senza dimenticare che forse è proprio impossibile).
Nietzsche sottotitola l'Ecce homo "Come si diventa ciò che si è" (come si diventa ciò che si è? non suona assurdo?) e nelle lettere invita a "non scambiarlo per qualcun altro". A me pare che il "me stesso" (che non vedo come non possa essere altro che la mia vita stessa a cui comunque si aderisce, ma sempre in divenire) sia un punto chiave per Nietzsche. Rinunciare a ogni ipotesi di senso non significa a mio avviso rinunciare a volere se stessi (e si potrebbe anche dire che si vuole sempre se stessi, proprio perché non si è mai se stessi, non ci si possiede e ciò che sono è ciò che non possiedo, per questo lo voglio). Nietzsche non svapora mai in un "non io" universale (salvo che di fatto nell'ultimo decennio della sua vita) sovrastante l'esistenza e  di vago sapore buddista o comunque orientaleggiante. E non sono nemmeno sicuro che questa volontà sia poi così impersonale per Nietzsche, quasi metafisica, di sicuro non è altrove dall'esistenza. Non vedo altra strada se non identificarla nella vita concreta e peculiare nella sua singolarità assoluta, nell'attimo che è eterno per ogni attimo in cui si vive, senza che lo si possa mai possedere e quindi che sempre si vuole.
Corrisponde al bios, ma non a un bios astratto definibile concettualmente, ma a quel bios corporeo che è la propria vita, il proprio percorso che si fa senza essere mai fatto (e dunque mai passato). E' brama insaziabile, tanto il leone quanto per il fanciullo, anche se di segno diverso passando dall'uno all'altro.    
Il ritorno indica che occorre sempre voler tornare proprio là dove non si è mai stati e anche questo suona assurdo come si fa a "tornare" dove non si è mai stati? Ma è evidente se consideriamo cosa è l'uomo, letteralmente:
CitazioneL'uomo è quell'animale che non può essere un animale
e non può essere animale perché l'animale, a differenza dell'uomo, sa perfettamente esserlo vivendo (lo sa il suo stesso bios), L'uomo no, è un animale che pur conoscendo non sa e per questo vuole essere se stesso mentre lo è e vuole in quanto animale sempre mancante.
Il problema del senso è il problema dell'essere umano. l'oltreuomo (come Dio e l'animale) non ha più questo problema, perché il senso che trova nel volere è quello di non avere senso, nulla ha senso e questo è il senso più radicale che si possa volere e che l'eterno ritorno annuncia.  


CitazioneNon capisco invece come possa diventare un eterno ritorno questo mai cominciamento. Nel senso che se nulla parte/inizia allora come può essere di RITORNO, di ritorno da cosa? sarebbe la domanda a cui manca la risposta.
Lo stesso dicasi per la ipotesi di Maral, se fosse un nulla, come farebbe il nulla a tornare? alias come farebbe un identico a tornare? Ma qui temo che tu sia troppo invischiato nel sistema severino per poter intendere la questione.
Eppure proprio a partire da Severino che legge le righe prima dell'eterno ritorno, il tempo è la questione centrale.
Il nulla è il luogo dove non si è mai stati e a cui sempre si torna per tornarvi ancora o, se preferisci, il nulla è quel luogo dove la vita (non in generale, ma nella sua singolarità specifica) sa senza saper di sapere. Il nulla è l'attimmo assolutamente presente; cos'è questo attimo che sempre ritorna se non un nulla da cui ogni storia trae origine e fine? come il palpito del tuo unico cuore che proprio in questo istante batte senza sapere di battere.

CitazioneAndare oltre il bene e male in Nietzche non significa andare nel territorio di nessuno, significa invece riconoscere come MALE la concenzione del bene e del male come il cristiano la intende, e cioè all'interno della sua ipocrisia individualista essenziale.
Vi rimando oltre che a umano troppo umano anche a rochefocauld, che nietzche cita come suo anticipatore.

La critica morale di nietzche è la critica del cristianesimo come mimesi dell'egoismo. Ci terrei a ricordarlo, perchè non si passa dal oltre il bene e il male, al relativismo. Mancano diversi passaggi tra i 2 momenti. Cioè da quello morale-politico a quello destinale (relativismo, volontà di potenza, eterno ritorno).
Su questo non sono per nulla d'accordo. Certo, si può intendere Nietzsche anche così e le sue invettive contro il cristianesimo paolino lo confermerebbero, ma se ci si fermasse qui il pensiero di Nietzsche sarebbe un fallimento completo. Come ci si può porre al di là del bene e del male rovesciandone semplicemente i significati? Come si può definendo in termini opposti il bene e il male? Sempre di morale (e di fare la morale) si tratterebbe e l'egoismo sarebbe ancora un precetto morale con tutti i suoi santi egoisti che poco varrebbe chiamare superuomini. Se il pensiero di Nietzsche è coerente tutto va ontologicamente (non certo eticamente) compreso in nome della volontà di potenza che cancella ogni morale, senza sostituirne una con un'altra. Ma questo non significa che Nietzsche sia un relativista, al contrario: la cancellazione della morale diventa così davvero assoluta, è il solo modo in cui può essere assoluta e definitiva.

paul11

Citazione di: Jean il 18 Marzo 2017, 20:24:54 PM
g- ... allora, perché mi trovo qui, interrogato, per giunta?

Vp- ... interrogato, che parola grossa... diciamo che stiamo approfondendo la sua posizione...

g- la mia posizione... in merito a cosa?

Vp- in merito alle sue azioni...

g- azioni? Che cosa avrei commesso di cui render spiegazione?

Vp- è intervenuto dove non aveva titolo per farlo... disturbando, nel migliore dei casi... e forse tentando di sabotare, non l'avessimo fermata, il naturale prosieguo degli eventi...

g- s'ho disturbato me ne dispiace, in quanto al titolo non era richiesto e le porte erano aperte. Sabotaggio del naturale prosieguo degli eventi... che significa?

Vp- gli eventi condurranno ad una conclusione, che è uno degli scopi del consesso in cui è intervenuto...

g- anche il mio intervento poteva arricchire la discussione, no?

Vp- ... non aveva titolo, doveva esimersi, limitandosi ad osservare.

g- come s'acquisisce codesto titolo?

Vp- non è cosa semplice, con lo studio, l'interesse e la dedizione... ma alfine, ciò che più conta, è che si venga riconosciuti dai propri pari... c'è un ordine ed una gerarchia nelle cose...

g- cioè le cose non son come appaiono... è dunque quest'ordine, questa gerarchia sottostante ad esse che in realtà le muove... come un treno su un binario..?

Vp- ... comincia a comprendere... si è accostato a quel treno standosene sulla sua auto... non va bene, chi meritatamente vi alloggia – perché il viaggio è assai lungo – ha profuso energie, tempo e qualcos'altro di importante... avrà pure un valore tutto ciò, non crede?

g- di sicuro... ed anche non si fa nulla per nulla, un qualche riconoscimento si deve pur ricevere... ma, se permette, che sarà mai una piccola distrazione dovuta al mio affiancarmi al treno in corsa con la mia macchinina... che avrebbe potuto regger il ritmo solo per un po', giusto il tempo d'arrivar alla successiva stazione... mi par sproporzionato l'esser per questo costretto a codesto interrogatorio..!

Vp-... atteggiamento potenzialmente anarcoide... richiedere che le regole abbiano un'elasticità che non possono avere, altrimenti che regole sono?
Un piccolo foro in una diga tenderà ad allargarsi... la regola, nel caso, è d'intervenire prontamente.

g- ... mi scusi, ma non si può tener conto di quel che avevo da dire? Intendo che quel poco, quel nulla... poteva esser inerente all'argomento, esser in tema e...

Vp- ... ma lei non lo conosce l'argomento, ne ha colto degli accenni, saltando qui e là... vuol confrontarsi con la preparazione di chi l'ha sviscerato, alfine comprendendolo e facendolo proprio?

g- vero, ho solo colto qualche accenno... diciamo l'un per mille... in confronto a... quanto?

Vp- vuol metterla in numero? Per alcuni anche il 70, 80 per cento... ma potrebbe anche esser di più... si rende conto?

g- mi rendo conto... ma ritengo alcuno possa dire d'aver colto il 100 per cento...

Vp- se qualcuno lo proclamasse... lei come potrebbe confutarlo, con i suoi inadatti strumenti e le più che limitate conoscenze?

g- oh, non lo confuterei... lascerei tal compito a chi appunto le possiede... dal mio direi che c'è un al di là del 100 per cento...

Vp-... di cui gli esperti, gente che vi ha dedicato parte della loro preziosa esistenza non si son accorti... e cosa ci sarebbe mai al di là di un argomento e di tutto quel che contiene e se ne è detto...

g- ... e se ne dirà, vede, questo è un al di là, in un momento che non è adesso...

Vp-... e perciò inutilizzabile, come non esistesse...

g- vero, al momento inutilizzabile ... ma quel che è solo in potenza accampa una sorta di diritto futuro che lo renderà necessario per giungere ad un'ipotetica conclusione...

Vp- non c'è alcun obbligo e fretta d'arrivare ad una conclusione, che si paleserà quando l'argomento avrà rivelato ogni suo aspetto...

g- appunto... magari il mio intervento, ancorché non in linea... o in binario col treno dell'indagine, potrebbe fornire qualche dettaglio, seppur marginale...

Vp-... ad esempio, sentiamo...

g- ecco, vede com'è facile... non c'era bisogno di codesto interrogatorio...  

Vp- ... e dunque?

g- al dunque vi son molti modi d'affrontar le questioni. Li rispetto tutti, perché il modo è la persona che lo esprime.
Non potrei aver altro modo che il mio o sarei qualcun altro.
Ma i modi, a volte o spesso, confliggono con le regole, come nel caso dell'argomento di cui stiamo discutendo senza tuttavia affrontarlo, perché quello sarà il modo di qualcun altro, non il mio.

Vp-... su, non ci giri attorno... dov'è la sostanza?

g- bene, nel mio modo son del tutto certo che non possiederò mai gli strumenti adatti e le conoscenze complete... lo dichiaro, nel caso non si fosse ancor capito, permettendomi di far osservare che alcuno giungerà mai ad averne il 100 per cento.
Se vi fossero due individui che arrivassero a tal traguardo il loro accordo potrebbe esser completo e, la formulassero, anche la conclusione.
Ma sfortunatamente o meno, si tende a quel traguardo senza mai poterlo raggiungere, come la lepre con la tartaruga.
A causa di ciò anche le conclusioni in via di formazione differiranno, quel che si dice differenti punti di vista, almeno su taluni aspetti.

Vp- ... il cammino della conoscenza, le par poco?

g- affatto, ho detto che rispetto ogni modo, questo a maggior ragione perché mi permette di dir qualcosa... tuttavia si potrebbe, parzialmente ed occasionalmente, tentar approcci differenti...

Vp- ... vede codesto questo binario dov'è collocato anche il suo inconsistente intervento?
Questo è ferro, acciaio... sostanza... ed ha un suo peso, o crede che i pesi di tutte le cose devono essere nuovamente determinati?

g- capisco, si continua da dove ci si trova, procedendo lungo il binario... giusto?

Vp- del tutto... glielo ripeto, il cammino della conoscenza.

g- che non metto in dubbio... pure da quella conoscenza qualcuno, l'argomento del nostro dialogo, ha tratto una visione diversa... al suo tempo l'accenno per un diverso percorso che...

Vp-... è divenuto il binario dove far avanzare il treno che ci ospita, per fortuna...

g- ...già, avere una prospettiva è confortante... dal punto di vista dell'indagine, intendo. Non l'avessimo?

Vp- ... dovrebbe ripartir da zero, sconfortante, no?

g- ... per quell'uomo dell'argomento non fu così, seguì l'improbabile binario che gli apparve nella sabbia... senza preoccuparsi di dove l'avrebbe condotto...

Vp- fu coraggioso, non crede?

g- certo, fu più che coraggioso, chi abbia la visione d'un binario ha il dovere di realizzarlo, secondo le sue possibilità...

Vp- e secondo lei... cosa c'è al termine del binario, quale stazione?

g- beh, che altro se non la libertà?

Vp- giusto, la libertà...

g- ... potremmo non accorgerci d'averla raggiunta?

Vp- visto che non la conosciamo... potrebbe essere... e allora  che cos'è il sigillo della raggiunta libertà?

g- quell'uomo ha risposto: non provare più vergogna davanti a te stesso.

Vp- ... par semplice, quasi una conclusione... conosce la vita di quell'uomo, come la malattia (difficilmente dovuta alla sifilide, come affrettatamente ritenuto) l'abbia prematuramente minato... un destino, il suo, che par quasi una condanna per aver osato...

g- già, ha osato ascoltar dentro di sé: Cosa dice la tua coscienza?

Vp- ... devi diventare quello che sei.

g- ... ci vuol coraggio, è da pochi... ma, in piccola scala, si può provare...

Vp-... mmmh... magari anche disturbando..?

g- il disturbo è un modo diverso di vedere le cose... non crede che quell'uomo sarebbe d'accordo?



Un cordiale saluto

Jean


Caro jean,
penso che hai colto, nei punti che hai evidenziato in grassetto, in fondo quello che cercava e voleva essere Nietzsche:semplicemente se stesso.
Forse il titolo della discussione , che è bello, cambierei ".....il suo diritto al presente", perchè Nietzsche ci parla dell'occasione del dover essere, del volere e potere di essere, di non perdere l'occasione che l'esistenza possa e debba essere, la congiunzione  e non la divergenza fra l'essere se stessi dentro l'esistenza.
Penso che solo Heidegger, magari a suo modo, giusto o sbagliato, ne abbia capito il profondo significato, quando infatti e lo dice già il titolo "Essere e tempo" cerca il pro-getto, dentro l'orizzonte temporale della nostra esistenza.

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