Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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green demetr

cit garbino
"Scusami ma non afferro il concetto della scissione della Volontà di Potenza. A mio avviso, secondo Nietzsche essa è una e indifferenziata. I suoi effetti però variano da organismo ad organismo in rapporto a ciò che ogni essere vivente è. E ciò dipende da tanti fattori, visto e considerato che oltre alle diversità di specie e la loro diversa complessità organica, secondo Nietzsche, c' è una differenza sostanziale tra ogni essere vivente anche appartenente alla stessa specie. Quindi, a mio avviso, non può essere considerata né positiva né negativa."


Ma certo! pensavo fosse necessario qualche distinguo e ho preso quello che di solito sento in giro nelle conferenze, ossia di 2 volontà di potenza (ma appunto penso anch'io fossero considerazioni didascaliche).


"E' indubbio che nell' uomo la volontà di potenza acquisisce anche un aspetto psicologico, ma il sentire un appagamento della volontà di potenza è qualcosa che investe tutto il corpo. La menzogna in molte valutazioni umane dipende anche dalla volontà di potenza? Certo! Ma gli effetti saranno negativi per una vita in decadenza e positivi per una vita in ascesa. Questo sempre tendenzialmente. Ci sono stati errori infatti, secondo Nietzsche, che hanno giovato moltissimo all' uomo per poter vivere senza pesi che lo schiacciassero. Altre menzogne invece gli hanno reso la vita un inferno. "

Nondimeno convengo.

"Per quanto riguarda il meccanicismo, mi sembra che fossimo d' accordo che bene o male ipotizziamo la presenza di un meccanicismo che dipende dalle sinergie stesse che si instaurano grazie alla diversità degli elementi e dalle condizioni in cui gli elementi vengono a trovarsi. Tanto che da parte mia lo definirei un meccanicismo sinergico. Senza regole, senza ripetizioni di fatti, di fenomeni uguali. Il Caos. E così la vede anche Nietzsche. Soltanto che lui nega anche il meccanicismo. E su questo riporterò qualcosa se dovessi avere qualche dubbio."

No nessun dubbio, sono anzi felicemente sorpreso, perchè questo punto in passato ha creato un certo distacco tra le nostre posizioni.
Può anche essere che non avessi capito bene.

Certamente se intendiamo il meccanicismo come sinergia, ossia nella mio vocabolario, come correlazione.
Siamo perfettamente d'accordo.


"La Natura. Anche qui penso che ci sia un fraintendimento, di cui forse sono io il responsabile. Io non credo che la natura abbia nel suo complesso delle affezioni. Ogni essere vivente ne fa parte ma del tutto autonomamente. La natura cioè per me è solo un nome, niente di più. Ma ciò non toglie che sono le sinergie che si sviluppano al suo interno a permettere la vita. E il fatto che le foreste siano il polmone della Terra è uno dei tanti esempi che sembrano confermarlo. Ma è tutto circostanziale. Le cose accadono e basta. Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma spero di sì.
E cerca di non urtarti se qualcosa non ti va a genio, ma esponi chiaramente quali siano i dubbi e le problematiche negative che ne risulterebbero."


No siamo a posto con la questione Natura! urtarmi io? lol è la società che mi urta non certo mai il singolo. ;) (a meno che non mi minaccia lol).

Immagino che mi ero fermato su quel punto ma avrei continuato.

Per oggi però il tempo è scaduto. Riprendo domani il senso di quello che volevo comunicare.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

Ok credo che ci sia un fraintendimento. Lasciate perdere i riferimenti alle tradizioni cinese e indiana che noto portano fuori strada. Torniamo a Nietzsche.

La morale racchiude in sé due cose: l'intenzionalità e la responsabilità! Se anche togliamo la responsabilità rimane l'intenzionalità. Bene. Ora pensiamo al super-uomo: vuole affermare la sua volontà di potenza (leviamo ogni discorso metafisico e diamo un significato solamente psicologico al termine "volontà").

Pensiamo alle tragedie ed al titanismo. A Nietzsche piacevano le tragedie perchè i protagonisti avevano un "grande obbiettivo" e combattevano per esso. OK. Analogamente l'oltre-uomo deve sempre cercare di "auto-superarsi" e/o di "trasvalutare i valori". Quindi in ogni momento della sua esistenza "combatte" per un fine. Ma siccome stiamo negando la metafisica (e simili cose) e stiamo affermando questa "volontà" attiva allora l'obbiettivo dell'oltre-uomo è essere sempre "attivo" o "vitale".

Questo a me non sembra un obbiettivo da ricercare. A differenza infatti di chi soffre per la pace (anche solo interiore), qui si "soffre per soffrire", ossia si rimane attivi per rimanere attivi. Nietzsche afferma che questo è "spontaneo" e "naturale". Invece mi sembra che ciò abbia lo stesso problema della moralità: la volontà ha sempre un fine ossia il suo continuo auto-superamento. Un'azione VERAMENTE spontanea (e quindi libera) è come quella dell'acqua che fluisce in un fiume, ossia un'azione che non ha alcun fine. Ossia il sogno di Nietzsche di "tornare fanciulli" non mi sembra veramente attuabile investendo su qualcosa il cui fine continuo sia l'auto-superamento.

Dove sbaglio? (Garbino e green, per favore fate riferimento a questo messaggio  ;)  l'inconsistenza che mi pare di trovare è la netta differenza che c'è tra lo "spirito che diventa fanciullo" e qualcosa che ha come obbiettivo il suo continuo auto-superamento.)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2017, 16:27:06 PM
Ok credo che ci sia un fraintendimento. Lasciate perdere i riferimenti alle tradizioni cinese e indiana che noto portano fuori strada. Torniamo a Nietzsche.

La morale racchiude in sé due cose: l'intenzionalità e la responsabilità! Se anche togliamo la responsabilità rimane l'intenzionalità. Bene. Ora pensiamo al super-uomo: vuole affermare la sua volontà di potenza (leviamo ogni discorso metafisico e diamo un significato solamente psicologico al termine "volontà").

Pensiamo alle tragedie ed al titanismo. A Nietzsche piacevano le tragedie perchè i protagonisti avevano un "grande obbiettivo" e combattevano per esso. OK. Analogamente l'oltre-uomo deve sempre cercare di "auto-superarsi" e/o di "trasvalutare i valori". Quindi in ogni momento della sua esistenza "combatte" per un fine. Ma siccome stiamo negando la metafisica (e simili cose) e stiamo affermando questa "volontà" attiva allora l'obbiettivo dell'oltre-uomo è essere sempre "attivo" o "vitale".

Questo a me non sembra un obbiettivo da ricercare. A differenza infatti di chi soffre per la pace (anche solo interiore), qui si "soffre per soffrire", ossia si rimane attivi per rimanere attivi. Nietzsche afferma che questo è "spontaneo" e "naturale". Invece mi sembra che ciò abbia lo stesso problema della moralità: la volontà ha sempre un fine ossia il suo continuo auto-superamento. Un'azione VERAMENTE spontanea (e quindi libera) è come quella dell'acqua che fluisce in un fiume, ossia un'azione che non ha alcun fine. Ossia il sogno di Nietzsche di "tornare fanciulli" non mi sembra veramente attuabile investendo su qualcosa il cui fine continuo sia l'auto-superamento.

Dove sbaglio? (Garbino e green, per favore fate riferimento a questo messaggio  ;)  l'inconsistenza che mi pare di trovare è la netta differenza che c'è tra lo "spirito che diventa fanciullo" e qualcosa che ha come obbiettivo il suo continuo auto-superamento.)


Difficile non vedere la tua domanda alla luce delle metafore del buddismo (il siddharta di Hesse) o dello zen (il monaco ikkyu).

Probabilmente non riesci a capire queste righe che ho scritto:

"Anzi è proprio la Storia che costruisce il Mondo che si vorrebbe negare, e che quindi di fatto si conosce!
Ahimè questa frase innocente è bagnata dal sangue della sofferenza del mio salto dall'oriente all'occidente."

L'errore è quello per cui ti scrivevo:

"Non devi mai dimenticare caro Apeiron che Nietzche è anzitutto un anti-metafisico."

Laddove nella religione orientale NON esiste storia è piuttosto normale credere che l'uomo sia la relazione tra microcosmo e macrocosmo.
La spontaneità là insegnata è quella del superamento della dualità, tramite la meditazione dell'unità fra io e mondo.
E cioè appunto indagando la natura nascosta del mondo, il suo pulsare cosmico.
In questo senso la storia è solo un intralcio alla spontaneità.(che consiste nella tendenza all'unione)


Ma questa è una metafisica, e cioè è la presunzione che veramente esista questo cosmo, a cui il nostro mondo deve forzatamente coincidere.

Ma genealogicamente Nietzche dimostra che qualsiasi religione è in realtà la conseguenza storica di una presunzione.

Perciò il rapporto con la natura si inverte, non è la storia dentro la natura, è la natura che è dentro la storia.

L'intera opera di Leopardi lo testimonia una volta di più.

La spontaneità del bambino non è quella ideale ipotizzata dalla nostra stupida cultura di una specie di realizzazione di un mondo magico, è invece l'indagine urgente e violenta del mondo.

Recuperare la spontaneità è perciò l'esatto opposto che il rinunciare alla storia, vi è anzi la spinta nichilistica a soggiogare il tempo ai propri piaceri.

Ma vi è anche il principio di morte (come lo chiamerebbe freud) ossia il principio di realtà che deforma ogni tentativo di modellazione della storia.

La storia è un capriccio, un perturbante stato di sovraeccitazione, una impossibilità di trovare casa.

E' per questo che Nietzche è un pensatore duro, ai limiti del sopportabile, perchè egli incita l'uomo a seguire la storia, e non a osteggiarla.
Come capirai l'esatto opposto di quanto predicato dall'oriente.

Non si tratta di errore ma di fede, la tua. Essendo un metafisico anch'io la capisco e propongo che si tratterebbe di contravenire alle leggi patriarcali, castali della religione orientale (o occidentale) e continuare nell'analisi infinita, dela storia.

In realtà l'oriente con i suoi insegnamenti sul distacco dovrebbe aiutare nella navigazione del mare del nichilismo.

Per questo credo, alcuni trovano una forte assonanza tra il pensiero buddista e quello niciano. (o almeno lo suppongo, non conoscendo bene le tesi e le argomentazioni di quel filone della ricerca).

Però insomma ci sta! Voglio dire è normale che tu possa fare tale critica a partire da posizioni differenti.

Questo lo ritengo un modo intelligente di fare critica (molto ben posta la questione). Lo rispetto.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

Ok penso d'aver capito Green. Grazie!

Sì ammetto che è "fede". Come ho già detto dal mondo empirico non si ricava niente di quello che ho detto sul fatto che è preferibile comportarsi in un certo modo, ossia del non essere "affermativi"  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#259
Un altro contributo, che spero sia interessante, alla discussione. Riguarda un confronto tra il pensiero di F.M. Dostoevskij e Nietzsche che ho trovato andandomi a rileggere alcune considerazione che fa Maria Russo, partendo da un'analisi dell'opera "Memorie del sottosuolo", uno dei capolavori del grande romanziere russo che ho ripreso in mano in questi giorni:

Gide scrisse che i romanzi di Dostoevskij sono i libri più carichi di pensiero che esistano,  pur essendo romanzi. In Dostoevskij filosofia e letteratura si fondono, si compenetrano,  perché se la filosofia è riflessione sulla esistenza è propedeutica alla scelta tra le modalità che questa propone,  e non  mera speculazione; e quindi non può nascere che dall'esistenza,  dalla vita. Il problema fondamentale che attraversa tutta la sua opera,  almeno dalle Memorie del sottosuolo in poi,  è un problema etico e metafisico insieme; quello del bene e del male.
Dostoevskij può essere considerato, come sostiene Nikolaj Berdjaev, "il più grande metafisico russo"...
L'uomo è libero, ci dice Dostoevskij, tragicamente libero, perché è stato creato a immagine e somiglianza di Dio che l'ha messo al mondo dotato di ragione, facoltà che deve saper incanalare per poter cogliere nel corso dell'esistenza la differenza tra il bene e il male. Quando però la "ruminazione cerebrale" (espressione usata da Gide) conduce alla pretesa superomistica di autodeterminarsi da sé, rinnegando Dio e perciò anche la natura divina dell'uomo, la libertà rinnega sé stessa e si ritorce contro l'individuo, conducendo la sua personalità alla dissoluzione. Nessuno come Dostoevskij ha rappresentato con così tanto vigore gli effetti a cui può portare il rovesciamento della natura divina dell'uomo dal Dio-uomo all'Uomo-dio.
La dialettica dostoevskijana squarcia i veli che la filosofia razionalistica aveva steso sui più bassi istinti della natura umana, impedendo di coglierne le contraddizioni. Sembra quasi di ritrovare qualcosa dello spirito di Eraclito nello scrittore russo: pur essendo una vera e propria gnosi, le sue idee sono percezioni dinamiche della realtà, non statiche come avviene in Platone; la sua filosofia è una percezione religiosa dell'esistenza umana, che si colloca però all'opposto dei grandi pensatori cristiani mistici proprio perché nei suoi personaggi rappresenta le conseguenze che la tragicità insita nella libertà umana può portare all'individuo. Emblematica, in questo senso, è la figura dell'"uomo del sottosuolo", espressione indicante quel lato oscuro della personalità presente in ogni uomo che Freud più avanti chiamerà "inconscio". Costui dichiara infatti nelle sue memorie (prima con una sconvolgente riflessione-confessione, poi con una serie di episodi della sua vita) che l'uomo sarebbe disposto, pur di conservare per sé la cosa più stupida e dannosa, la peggiore umiliazione o vergogna pur di conservare la sua libertà nei confronti degli alfieri del progresso sociale e politico che vogliono impostare la convivenza sociale e l'ordine politico in base a criteri di pura razionalità. L'uomo non sarà mai un tasto di pianoforte e non si rassegnerà mai al "due più due uguale quattro".
"Memorie del sottosuolo" è forse l'opera più profonda e compiuta di Dostoevskij, quella dove la sua filosofia viene espressa in forma pura, e rappresenta un sconvolgente resoconto del più turpe lato dell'animo umano. Pochi hanno saputo trattari temi così alti e profondi con tale forza e chiarezza espressiva. Tra gli autori a lui contemporanei, si fa spesso il nome di Friedrich Nieztsche, a cui è accomunato dalla percezione tragica dell'esistenza che però nel filosofo tedesco si risolve nel nichilismo perché egli è troppo profondamente legato alla cultura greca e sostanzialmente estraneo al cristianesimo, incapace perciò di intravedere nella figura salvifica di Cristo il riscatto dell'umanità. La concezione di Dostoevskij è tragica, ma nella misura in cui il fardello della libertà pesa interamente sulle spalle dell'uomo conferendogli tutta la sua dignità. Quella di Nietzsche è concezione dell'assurdo, perché non riconosce alcun senso ontologicamente dato nell'essere: per riscattarsi, l'uomo deve darsi da sé un senso trasformandosi nel superuomo la cui volontà di potenza lo conduce però alla catastrofe dell'anti-uomo.
È impressionante come Dostoevskij abbia in questo anticipato la concezione superomistica di Nietzsche con Delitto e castigo prima e con I demoni poi, dove lo stesso problema viene affrontato a livello politico e collettivo anziché individuale.

Kirillov porta invece agli estremi l'idea del suicidio logico formulata da Dostoevskij nel Diario di uno scrittore; la sua idea è quella di uccidersi per poter diventare egli stesso un Dio, liberare l'uomo dalla paura della morte e donargli la libertà. Come ha efficacemente scritto Pareyson, nella prospettiva fatta valere da Dostoevskij "l'uomo non può riconoscere Dio senza volerlo essere", con tutti gli effetti catastrofici che ne scauriscono. Negare Dio vuol dire divinizzare l'uomo: ma ciò porta a effetti disastrosi, alla luce del fatto che "se Dio non esiste, tutto è permesso" (I fratelli Karamazov), crolla ogni limite e l'uomo può commettere ogni sorta di nefandezza.
La sostituzione dell'uomo a Dio è così tratteggiata da Dostoevskij ne I fratelli Karamazov:


Citazione
"Secondo me, non c'è nulla da distruggere, fuorché l'idea di Dio nell'umanità; ecco di dove occorre cominciare! È di qui, di qui che si deve partire, o ciechi, che non capite nulla! Una volta che l'umanità intera abbia rinnegato Dio (e io credo che tale epoca, a somiglianza delle epoche geologiche, verrà un giorno), tutta la vecchia concezione cadrà da sé, senza bisogno di antropofagia, e soprattutto cadrà la vecchia morale, e tutto si rinnoverà. Gli uomini si uniranno per prendere alla vita tutto ciò che essa può dare, ma unicamente per la gioia e la felicità di questo mondo. L'uomo si esalterà in un orgoglio divino, titanico, e apparirà l'uomo-dio. Trionfando senza posa e senza limiti della natura, mercé la sua volontà e la sua scienza, l'uomo per ciò solo proverà ad ogni istante un godimento cosí alto da tenere per lui il posto di tutte le vecchie speranze di gioie celesti. Ognuno saprà di essere per intero mortale, senza resurrezione possibile, e accoglierà la morte con tranquilla fierezza, come un dio. Per fierezza comprenderà di non dover mormorare perché la vita è solo un attimo, e amerà il fratello suo senza ricompensa. L'amore non riempirà che un attimo di vita, ma la stessa consapevolezza di questa sua fugacità ne rinforzerà altrettanto l'ardore quanto prima esso si disperdeva nelle speranze di un amore d'oltre tomba e infinito...", e via di questo passo. Delizioso!"
La sua straordinaria attenzione per la vita sociale e politica della sua epoca non rende certo anacronistico il suo messaggio, anzi lo rende vivo perché mostra gli effetti che grandi idee producono nella vita di persone comuni nella vita di tutti i giorni. La sua attualità è del resto evidente oggi: basta pensare al difficile tentativo di conciliare fede e scienza, al dibattito sulla laicità dello stato che oggi trovano ampio risalto nei nostri media. Su questi temi, lo sguardo di Dostoevskij può essere ancora illuminante e scuotere ancora le coscienze.

(tratto da "La libertà secondo Dostoevskij" di Maria russo)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

#260
@Sari, il problema è sempre lo stesso: tolto Dio (o qualsivoglia base "universale" su cui fondare l'etica) non c'è nessuna ragione per cui un'azione può essere "permessa" o "non permessa". Quindi di fatto sono possibili entrambe le visioni per le quali "tutto è permesso" e "tutto non è permesso" o anche nessuna delle due. Qui ho trovato qualcosa che è chiaramente legato a quanto hai citato http://www.filosofico.net/dostoevskijmrusso.htm.

Ad un certo punto afferma: "Nietzsche lascia la libertà impotente sostenendo l'inconsistenza dell'Io". Ciò in realtà è falso perchè d'altronde Nietzsche voleva affermare l'individuo - quindi anche se ogni tanto Nietzsche sembra dire che "l'io non esiste" in realtà si ha lo "strapotere" dell'io in quanto l'"io" non ha più niente su cui basare la propria libertà d'agire. In questo modo l'oltre-uomo nietzschiano diventa una sorta di "uomo-dio" in quanto si autogestisce da sé e questo unito al fatto che è sparita l'esistenza di modi comportamentali condivisi fa in modo che l'oltre-uomo fa tutto ciò che vuole. Ergo si ha l'acume della volontà e dell'affermazione e quindi per così dire la massima "libertà". Essendo sparita ogni cosa che può tenere a freno l'io allora l'io può pensare di essere libero di "affermare" qualsiasi suo aspetto. E l'affermazione sarà diversa, in linea di principio, da individuo ad individuo. Ognuno a questo punto è libero di "creare nuovi valori", ossia di scegliere come "comportarsi" con il "resto del mondo" (uomini compresi) e non avrà alcuna ragione per considerare la scelta dei "nuovi valori" come giusta o sbagliata. Quello che chiaramente resta è un caso di conflitto, guerra, lotte, contese... (Ovviamente ciò avviene perchè la "volontà di potenza" si manifesta in modo diverso a priori in ognuno di noi e quindi non è possibile a priori trovare un terreno in comune - ossia un'etica che possa essere quella "giusta". Per questo motivo ognuno è libero di "creare nuovi valori" a seconda della sua volontà - si noti la contrapposizione con le filosofie "atee"*  buddhiste, daoiste, induiste ecc per le quali però esiste una base oggettiva e universale dell'etica e inoltre tendono a fare in modo che si "rinunci" alla volontà d'affermazione del proprio "io". Una conclusione opposta di quella Nietzche...). Nietzsche in sostanza ha voluto sia "negare Dio" che "affermare la storia (dell'uomo)", da qui la sua contrapposizione con (forse) tutti i filosofi precedenti visto che anche Eraclito comunque ha sempre ammesso che l'uomo è subordinato al "logos"...

Ad ogni modo non sono d'accordo con l'affermazione (per me completamente errata) che l'autrice fa per la quale "Nietzsche... si risolve nel nichilismo perchè legato troppo alla cultura greca". Chiaramente ciò è vero se togliamo di mezzo Socrate, Platone, Aristotele, Pitagora, lo stoicismo ecc dalla cultura greca ::) no Nietzsche si è "ribellato" anche contro la cultura greca! Ad ogni modo concordo con quanto dice l'autrice: entrambi hanno compreso appieno tutte le conseguenze della negazione di ogni "Dio". Entrambi sono "grandi" pensatori. Però la loro conclusione è curiosamente opposta.


P.S. Secondo me in genere l'errore del relativismo-nichilismo è di dimenticarsi che in fin dei conti tra gli uomini ci sono più somiglianze che differenze...

*"atee" in questo caso significa "che non ritengono che la Realtà Ultima sia una divinità personale" (in realtà tutte queste tradizioni orientali ammettono l'esistenza di divinità.)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

  Vento di Garbino.

  Tu ed io
  persi nell' estasi
  di un vibrante respiro,
  io e te.
  Tu: calda
  pioggia d' estate;
  ed io: sabbia alzata
  dal Vento di Garbino.
  Le tue grandi e 
  copiose gocce
  cadono su di me
  e bagnano la sabbia,
  che il Garbino lesto asciuga
  così che io abbia sempre e
  comunque sete di te.
  

Questo breve scritto è un regalo per una persona a cui farà molto piacere riceverlo e non solo perché mi rappresenta, e se non fosse così: amen. Ma è uno scritto che dedico anche a tutti coloro che si amano e che soprattutto amano profondamente sé stessi. Soltanto un grande amore per sé stessi può traboccare e illuminare, come un sole, ciò e chi lo circonda. E' un amore che non chiede niente in ritorno e l' unico interesse che motiva la persona è quello di liberarsene perché ne ha in eccesso.

X Sari

Mio caro Sari, questo breve preambolo e soprattutto la dedica, ci introduce nell' argomento da te affrontato dal momento che, a mio avviso, questo è Nietzsche. Imperdibile il suo Canto Notturno ( anche l' anima mia è il canto di un amante ) che troviamo nel terzo libro dello Zarathustra. L' oltreuomo è in tutti i sensi l' uomo ben riuscito, è colui che ha un surplus di forza e che è necessario che manifesti in ogni suo agire. Secondo Nietzsche, l' uomo moderno lo definirebbe " terribile ". 
A completamento della critica di Apeiron, che continua a farmi pensare che ha inquadrato Nietzsche in un modo molto simile al mio, vorrei aggiungere che di solito riscontro che i credenti in Cristo o affermano che Nietzsche è cristiano o che è nichilista. In ogni caso sbagliando. Ma è anche logico che lo facciano perché Nietzsche afferma che è proprio il Cristianesimo che ha aperto la strada al nichilismo e che il Cristianesimo è la religione nichilista per eccellenza.

La Russo infatti afferma grandemente la sua fede nell' effetto salvifico del Cristo, anche se non capisco quale possa essere se non è collegato al peccato originale e alla riapertura del Paradiso in cui non posso proprio ritrovarmi. Un Dio che punisce non è nobile, e neanche chi sacrifica il proprio figlio. Un atteggiamento nobile è quello dei Dei Greci che prendono su di sé la colpa.... L' uomo libero creato da Dio a sua somiglianza di quale libertà può disporre, se Dio sa già quel che accadrà? Non conosco bene Dostojevsky, ma già questa affermazione me lo configura come un credente che tenta di fare filosofia. Ed è ovvio che un credente non possa che trovarlo profondo. Sul resto, come sempre, non conoscendolo sospendo il giudizio, e non escludo che possa aver qualcosa di interessante su cui riflettere. Ma preferisco dedicare il mio tempo ad altre letture.

Beati monocoli in terra caecorum. Dove i monocoli sono i credenti e i cechi coloro che si affidano alla capacità critica, anche e soprattutto in campo religioso.

La morte di Dio non significa che ci siamo liberati del bisogno metafisico. E' questo il vero problema. La morte di Dio per Nietzsche è solo un fatto. Un fatto evidente, inevitabile. Ma l' uomo sarà veramente libero, o almeno sulla strada per esserlo, soltanto quando riuscirà a liberarsi del bisogno metafisico.

Ringrazio tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

x Sari
Penso che ci sia un fraintendimento grave da parte di Gide, scrittore profondamento religioso e disturbante, ricordo ancora la sensazione sgradevole della sua prosa virulenta in "Pastorale".
E cioè che in Nietzche vi sia un idea di riscatto, quando invece è chiaramente una posizione escatologica, ed avulsa, anzi deplorata dalla filosofia del tedesco.

x Apeiron
cit"Ad un certo punto afferma: "Nietzsche lascia la libertà impotente sostenendo l'inconsistenza dell'Io". Ciò in realtà è falso perchè d'altronde Nietzsche voleva affermare l'individuo - quindi anche se ogni tanto Nietzsche sembra dire che "l'io non esiste" in realtà si ha lo "strapotere" dell'io in quanto l'"io" non ha più niente su cui basare la propria libertà d'agire."

E invece ti sbagli perchè fermandoti alla porta di ingresso del vero pensiero Nietzchiano, ossia quello della desogettivazione, ripiombi per i noti meccanismi paranoici di blocco e proiezione, nel tuo, e solo tuo, credere forte nel soggetto.
Ripetendo un errore che torna a ripetizione, nonostante in teoria sei uno fra i pochi che lo ha inquadrato abbastanza bene.
Come spesso ti dico: Il maestro tedesco chiede uno sforzo in più ;)

Tra l'altro da conoscitore del Buddismo dovresti sapere quanto è importante la desogettivazione!(motivo per cui Nietzche è spesso avvicinato al buddismo).
Anche se ritengo che collegamenti di senso fra le due scuole di pensiero non siano accettabili.

Hai invece ragione sul fatto che la frase è sbagliata ;) , perchè il concetto di libertà è invece fondamentale in Nietzche.
 

Sul rapporto tra Nietzche e Dostoevski.

Non è un vero e proprio rapporto, anche se entrambi sono testimoni del nichilismo.

I loro orizzonti sono però a mio avviso estremamente incompatibili.

Resta il fatto che all'altezza di Nietzche ci sono soltanto Dostoevski e Rilke.

Non si possono non leggere. (che mi combini Garbino? come si fa a non leggere Dostoevski?)  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#263
Citazione di: green demetr il 18 Novembre 2017, 17:58:38 PMx Sari Penso che ci sia un fraintendimento grave da parte di Gide, scrittore profondamento religioso e disturbante, ricordo ancora la sensazione sgradevole della sua prosa virulenta in "Pastorale". E cioè che in Nietzche vi sia un idea di riscatto, quando invece è chiaramente una posizione escatologica, ed avulsa, anzi deplorata dalla filosofia del tedesco. x Apeiron cit"Ad un certo punto afferma: "Nietzsche lascia la libertà impotente sostenendo l'inconsistenza dell'Io". Ciò in realtà è falso perchè d'altronde Nietzsche voleva affermare l'individuo - quindi anche se ogni tanto Nietzsche sembra dire che "l'io non esiste" in realtà si ha lo "strapotere" dell'io in quanto l'"io" non ha più niente su cui basare la propria libertà d'agire." E invece ti sbagli perchè fermandoti alla porta di ingresso del vero pensiero Nietzchiano, ossia quello della desogettivazione, ripiombi per i noti meccanismi paranoici di blocco e proiezione, nel tuo, e solo tuo, credere forte nel soggetto. Ripetendo un errore che torna a ripetizione, nonostante in teoria sei uno fra i pochi che lo ha inquadrato abbastanza bene. Come spesso ti dico: Il maestro tedesco chiede uno sforzo in più ;) Tra l'altro da conoscitore del Buddismo dovresti sapere quanto è importante la desogettivazione!(motivo per cui Nietzche è spesso avvicinato al buddismo). Anche se ritengo che collegamenti di senso fra le due scuole di pensiero non siano accettabili. Hai invece ragione sul fatto che la frase è sbagliata ;) , perchè il concetto di libertà è invece fondamentale in Nietzche. Sul rapporto tra Nietzche e Dostoevski. Non è un vero e proprio rapporto, anche se entrambi sono testimoni del nichilismo. I loro orizzonti sono però a mio avviso estremamente incompatibili. Resta il fatto che all'altezza di Nietzche ci sono soltanto Dostoevski e Rilke. Non si possono non leggere. (che mi combini Garbino? come si fa a non leggere Dostoevski?) ;)


Se non c'è alcun soggetto non c'è nessuna volontà di affermarsi. Quello che Nietzsche non capì, secondo me, è proprio questo. La Storia richiede intenzionalità, aspirazioni, "sofferenza", conflitto, lotta ecc. Sarà stato anche un maestro del "de-soggettivismo" ma allo stesso tempo  riteneva che "tolto" il soggetto "con le sue paranoie" e le sue pretese di controllo quello che rimaneva non era "cessazione, pace..." bensì al contrario volontà di affermazione.  Il buddhismo viene paragonato ad Epicuro epppure il buddhismo a differenza dell'epicureismo "predica" il ciclo delle rinascite e il nirvana. Il buddhismo viene paragonato a Schopenhauer ma anche qui la differenza è che Schopenhuaer ha reso la Volontà un assoluto e così facendo ha creato un "misto" tra vedanta e buddhismo. Il buddhismo zen (e il daoismo) viene paragonato a Wittgenstein dimenticandosi del fatto che la filosofia di Wittgenstein non richiede la trascendenza mentre il buddhismo sì. Infine il buddhismo (specie quello zen - ma anche il daoismo) viene paragonato a Nietzsche ma il filosofo tedesco ha sempre preferito la "moralità dei signori" dove c'era l'"esplosione" della volontà, del conflitto ecc - inoltre manca completamente in Nietzsche la trascendenza (a meno che ovviamente non si ha un'interpretazione "realistica" dell'Eterno Ritorno e della Volontà di Potenza - ma nuovamente questo fa cadere nella metafisica)
Ad ogni modo perfino il buddhismo (!) come Sari nel topic ha ben precisato non va in giro a predicare che "il soggetto non esiste" (la posizione del "Canone Pali" è in realtà ambigua https://www.canonepali.net/2015/06/sn-44-10-ananda-sutta-ad-ananda/ perchè forse anche "il soggetto non esiste" è una teoria metafisica, dopotutto  ::) ) e inoltre è ben chiaro che prima di giungere all'Estinzione e alla realizzazione che "ogni cosa è non-sé" c'è da fare un durissimo lavoro su se stessi per eliminare ogni tendenza che genere attaccamento e avversione, ossia l'eliminazione della brama, la sete. Nietzsche avrà anche "intuito" che il "soggetto non esiste", che l'io è una prigione però la descrizione dell'oltre-uomo non è (guarda a caso  ;D ) così simile a quella dell'arhant.

In sostanza per riassumere: per il buddhismo tolto il "soggetto" quello che rimane è a "pace del nirvana". Per Nietzsche tolto il soggetto quello che rimane è "la volontà di affermazione"  ;) Il suo grande "distacco" da Schopenhauer d'altronde è stato quello di considerare che non è vero che la volontà deve essere negata (ossia dire che la "Storia non esiste" come predicano in India  ;) ), bensì secondo Nietzsche la "volontà deve essere affermata" e quindi l'inesistenza dell'io "libera" la volontà da ogni restrizione. Se vogliamo il motivo per cui viene negato l'io per il buddhismo e per Nietzsche è opposto. Per Nietzsche l'io viene negato per "non mettere più alcuna diga sulla fiumana della Volontà", per il buddhismo invece l'io (di fatto) coincide con la volontà e quindi negare l'io è negare la volontà, ossia usando il tuo lessico "negare la Storia".

Detto questo ripeto ci sono ovviamente somiglianze. "Dio" è assente o ha un ruolo marginale, l'uomo deve mirare alla libertà, la costruzione dell'identità personale è vista come una prigione, c'è la consapevolezza che la rete di concetti con cui "controlliamo" la realtà non è la realtà stessa, il fatto che il divenire è ben più "reale" dell'essere ecc Però dove il buddhismo nega la volontà nega anche il "soggetto". Viceversa secondo Nietzsche dove si nega il soggetto si afferma la "volontà" e la "storia" (non a caso lui prende d'esempio come "grandi uomini" Napoleone, Cesare  - ossia uomini che "spezzano la storia in due"). Questo è il mio problema con Nietzsche. Dove lui vede l'affermazione della "volontà" e del "conflitto" io vedo invece l'esatto opposto. Sarò tardo  ;)

La mia "fissazione" col soggetto deriva dal fatto che volenti o nolenti si deve partire proprio da lì, studiarlo bene, capirlo. Si deve "ammestrarlo", perfezionarlo. Una volta che si è raggiunto l'obbiettivo però credo che si debba lasciarlo andare per essere veramente liberi, così come una volta attraversato un fiume si lascia andare la zattera. Ergo la metafisica è importante proprio in questo senso: è grazie a lei che possiamo "distoglierci" dalla confusione "mondana" e iniziare il lungo viaggio con anche il necessario "timore e tremore".


Citando una bellissima frase Garbino "l' uomo sarà veramente libero, o almeno sulla strada per esserlo, soltanto quando riuscirà a liberarsi del bisogno metafisico." Concordo a quel punto l'uomo avrà trasceso anche il suo bisogno metafisico e quindi sarà libero. Ma non conviene lasciare andare la zattera prima di aver raggiunto l'altra riva, è molto rischioso  ;) Però il risultato non sarà l'oltre-uomo o l'affermazione  ;)

(X Green e Garbino) Comunque in Dostoevskij personalmente trovo talvolta uno "spirito" un po' patologico ed eccessivamente critico della natura umana e soprattutto della ragione. In sostanza mi sembra troppo orientato a far vedere che l'uomo "ha cattivi istinti" e quindi rinnega anche la ragione. Paradossalmente preferisco Kierkegaard che invece si concentra sull'angoscia, lo "scacco" della morale e la liberazione del singolo dall'eventuale cattiva moralità della società in cui è inserito ;) Nuovamente vista la direzione del pensiero Nietzsche è qualcosa di unico che merita d'essere studiato (spero che le mie parole non abbiano suggerito che Nietzsche non meriti di essere studiato. Anzi ritengo il suo pensiero meritevole di una attenta analisi per evitare che venga accettato o rifiutato per le ragioni errate...).

La morale e l'etica non sono solo "bigottismo" e catene per l'uomo, ma lo valorizzano. Questo si è perso. La morale è un dovere che facciamo a noi stessi (quindi una sorta di "diritto" - coincidentia oppositorum). Cerca di valorizzare ciò che nella nostra natura è importante. Che poi i "moralisti" storicamente abbiano visto la morale solo come una catena contro la vita è un altro discorso (sul quale non ha senso ripetere la critica corretta che ha fatto Nietzsche). Ma non è l'unico modo di vedere l'etica, la morale e i valori universali. Spero d'essere stato chiaro!  

Curiosità/domanda per Garbino e Green. Conosco Stirner solo per fonti indirette. Si dice che nella sua filosofia "è simile a Nietzsche". A me non sombra. Lo conoscete? Se sì, cosa ne pensate?


P.S. Personalmente ho letto solo "Delitto e Castigo" di Dostoevskij. Ho provato a leggere "I Fratelli Karamazov" ma ho scelto il periodo sbagliato per leggerlo e quindi l'ho messo da parte. Non ho mai letto invece nulla di Rilke.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Kobayashi

Una cosa su Dostoevskij.
C'è un aspetto che è sfuggito a molti critici ma che secondo me illumina la sua posizione su Cristo.
Il protagonista de "L'idiota", il principe Myskin, è uno dei personaggi che incarnano la "bellezza evangelica" (come Alesa de "I fratelli Karamazov", Sònja di "Delitto e castigo") - il concetto di bellezza evangelica è tipicamente russo o comunque appartenente soprattutto al cristianesimo orientale.
A un certo punto nel romanzo, nel corso della "spiegazione necessaria" di Ippolit (un giovane malato rancoroso che decide di suicidarsi davanti a un gruppo di conoscenti non prima di averne spiegato le ragioni filosofiche), salta fuori che alla provocazione di Ippolit che dice "secondo me il principe è un materialista", Myskin conferma (e lui dice sempre la verità).
Quindi uno dei suoi personaggi più evangelici è un materialista. Evidentemente non crede in Dio.
Che cosa significa?

Ipotesi: Dostoevskij partendo dalle preoccupazioni per le conseguenze sociali di un nichilismo del tipo "se Dio non esiste tutto è permesso" finisce per abbracciare, di nascosto, quasi inconsciamente, un'idea tipicamente cattolica: fare come se Dio esistesse (anche se non ci si crede più).
Non si tratta di un atteggiamento subdolo. Non siamo qui accanto ai religiosi che fingono di credere per costruirsi una carriera.
Piuttosto abbiamo a che fare con una melanconica determinazione a non staccarsi da qualcosa che si è amato profondamente e senza il quale ci si sente destinati all'orrore (della crudeltà, del crimine, appunto).
Da questo punto di vista l'umanità può elevare se stessa, redimere se stessa e il mondo, solo tenendosi stretta l'immagine di un Cristo in cui in verità non si crede più.

Inutile chiedersi se una cosa del genere possa funzionare...

Sariputra

#265
Citazione di: Kobayashi il 20 Novembre 2017, 13:00:52 PMUna cosa su Dostoevskij. C'è un aspetto che è sfuggito a molti critici ma che secondo me illumina la sua posizione su Cristo. Il protagonista de "L'idiota", il principe Myskin, è uno dei personaggi che incarnano la "bellezza evangelica" (come Alesa de "I fratelli Karamazov", Sònja di "Delitto e castigo") - il concetto di bellezza evangelica è tipicamente russo o comunque appartenente soprattutto al cristianesimo orientale. A un certo punto nel romanzo, nel corso della "spiegazione necessaria" di Ippolit (un giovane malato rancoroso che decide di suicidarsi davanti a un gruppo di conoscenti non prima di averne spiegato le ragioni filosofiche), salta fuori che alla provocazione di Ippolit che dice "secondo me il principe è un materialista", Myskin conferma (e lui dice sempre la verità). Quindi uno dei suoi personaggi più evangelici è un materialista. Evidentemente non crede in Dio. Che cosa significa? Ipotesi: Dostoevskij partendo dalle preoccupazioni per le conseguenze sociali di un nichilismo del tipo "se Dio non esiste tutto è permesso" finisce per abbracciare, di nascosto, quasi inconsciamente, un'idea tipicamente cattolica: fare come se Dio esistesse (anche se non ci si crede più). Non si tratta di un atteggiamento subdolo. Non siamo qui accanto ai religiosi che fingono di credere per costruirsi una carriera. Piuttosto abbiamo a che fare con una melanconica determinazione a non staccarsi da qualcosa che si è amato profondamente e senza il quale ci si sente destinati all'orrore (della crudeltà, del crimine, appunto). Da questo punto di vista l'umanità può elevare se stessa, redimere se stessa e il mondo, solo tenendosi stretta l'immagine di un Cristo in cui in verità non si crede più. Inutile chiedersi se una cosa del genere possa funzionare...

La materia però per D. è materia intrisa e pregna della sofferenza di Cristo. Rogozin ha in casa una copia di un quadro di Hans Holbein il Giovane, il "Cristo Morto", e di fronte a questo dipinto il Principe Myskin dice:"Osservando quel quadro c'è da perdere ogni fede!". "E infatti si perde" risponde Rogozin. Ma penetrare nel Cristianesimo di D. significa partire da una grande sofferenza e senza di quella non lo si comprende fino in fondo.
D. è un poeta del sottosuolo e solo cristiani del sottosuolo lo possono capire. Cristiani da catacombe...
E' un autore per chi sente il bisogno di sostituire l'alcool e la droga con la lettura :) ...

Per chi ama D. ho trovato questo bellissimo "Monologo del Principe Myskin" tratto da l'"idiota" con l 'interpretazione di Valter Zanardi. Nella prima parte è contenuto molto del pensiero del grande autore russo sul cristianesimo e sul nichilismo:
https://www.youtube.com/watch?v=A65qgq6JmKA
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Kobayashi

Il monologo che hai allegato è uno dei brani peggiori de "L'idiota".
Non parla il caro principe Myskin, parla Dostoevskij l'apologeta della tradizione ortodossa.
Il grande Dostoevskij, il grande scrittore, lo si trova altrove.
Non facciamoci ingannare dal sentimentalismo messo dall'attore: lì c'è un uomo che cerca di convincere se stesso, nient'altro.

Tutto ciò mi sembra in linea con l'ambiguità di cui parlavo nel post precedente.
Ma non essendo io, per fortuna, un cristiano delle catacombe, probabilmente mi sbaglio...

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Green Demetr.

Mio caro Green, ho approfondito un po' l' argomento Dostojevsky, per altro visionando il monologo riportato da Sari e tratto da L' Idiota. Ma, pur riconoscendo una certa profondità, non cambio opinione. Si tratta del pensiero di un credente ortodosso che affronta i problemi del mondo contemporaneo da credente. E' sempre la stessa solfa. Quella solfa che Nietzsche ha rimosso in modo esplosivo. 

Non c' è da stupirsi che un ortodosso parli male del Cristianesimo Romano, ma lo fa sempre e soltanto dal punto di vista del credente. Per altro ripercorrendo eresie che nacquero anche all' interno del mondo ecclesiastico medioevale. Ed è logico che il nulla che Dostojevsky ritrova negli atei acquisti una dimensione diversa da quella di Nietzsche. Non dimentichiamo che per Nietzsche già Dio è il nulla. E che il Nichilismo ha le sue basi proprio nel Cristianesimo.

Ma mentre per Dostojevsky l' amoralità raccolta nella frase: se Dio non esiste tutto è concesso, dipende direttamente dall' assenza della fede in Dio ma in presenza di una fede atea, per Nietzsche si tratterebbe soltanto di una razionalizzazione. Di un pensiero che nasconde la grande crisi dell' uomo moderno e nient' altro. Il fatto che Dostojevsky sia riuscito a delineare questa crisi è senz' altro notevole, ma, a mio avviso, è il suo punto di vista, la sua prospettiva ad essere sbagliata. E' come se si potesse affermare che l' uomo in presenza della fede in Dio non si sia concesso nulla di efferato nella sua Storia. Cosa talmente assurda che ogni pagina dei libri di Storia smentisce. E guarda caso proprio quella medioevale è quella che presenta un compendio di atrocità commesse nel nome di Dio e di Cristo.

Ma l' esplosività del pensiero di Nietzsche è proprio nel suo modo di osservare il mondo da ogni prospettiva possibile. E Genealogia della Morale ce lo consegna in tutta la sua grandezza. E' l' ascetismo, la menzogna necessaria che però porta a ripudiare la vita e a farne un calvario nell' attesa del nulla, ad essere il responsabile di questa svolta nella Storia dell' umanità. E' l' ascetismo che da una risposta assurda al perché soffrire. Ma che comunque rimane una risposta a cui l' uomo preferisce credere piuttosto che ravvisare che si soffre, quando si soffre, per nessun motivo.

Ho sempre avuto il desiderio di leggere Rilke, ma non l' ho mai fatto. Mi impegno a farlo nel breve, ma ti chiedo di consigliarmi l' opera che ritieni indispensabile leggere. Quella in cui possa confrontarmi con il suo pensiero in modo ottimale.

X Apeiron.

Non conosco Stirner, ma dando uno sguardo al web mi sembra che venga più accomunato ad un anarchismo di tipo Bakuniano di cui poi sembra grande ispiratore.
Al contrario di Green, ho preferito soprassedere all' argomento della disoggettivazione dell' io che va affrontata, a mio avviso, in separata sede, e non ritengo di poter affrontare argomenti riguardanti il pensiero orientale su cui mi sento impreparato. Lo conosco veramente poco.

X Kobayashy

L' errore in cui spesso molti pensatori incorrono è quello di pensare ad un' umanità composta da persone che bene o male, oltre ai nostri stessi bisogni, hanno anche le nostre stesse peculiarità. L' errore fondamentale cioè è di non accorgersi della varietà delle tipologie caratteriali umane, e l' unicità che in ogni uomo si manifesta. 

E questa prospettiva, diverso tempo fa, mi ha portato a supporre ( una teoria di cui ho già parlato altre volte ) che noi già amiamo ( o odiamo ) il prossimo come noi stessi. Ciò te lo propongo come spunto di riflessione dal momento che non abbiamo ancora affrontato qualcosa insieme e perciò non saprei da dove incominciare.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Apeiron

Grazie Garbino per la precisazione su Stirner  :)  Nietzsche mi sembra molto più profondo.


Sì mi scuso d'aver fatto una divagazione così lunga sul pensiero orientale che tra l'altro nemmeno Nietzsche conosceva bene (anche se il suo trattamento del buddhismo come "negazione del mondo" agli occhi di un nicciano ha perfettamente senso a differenza di quanto dicono molti studiosi che si fermano appunto a vedere che "entrambi" negano l'io). Motivo per cui tra l'altro ritengo che paragonare la "disoggettivazione" di Nietzsche e delle filosofie orientali rischia di essere fuorviante vista la grossa differenza che si nota appunto nel "risultato finale".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

x garbino

cit
"La desogettivazione riguarda il soggetto storico per lo più.
Una volta capita la genealogia del nostro vivere quotidiano (dal vagito iniziale ai pensieri di morte, fino alla costruzione del mondo sociale) si tratterebbe non di rimanere senza un punto di vista, ma piuttosto di ri-partire (ri-precipitare per l'esatezza, o navigare nel nichilismo) a partire da quel punto di vista.
Per Nietzche non esiste un punto di vista in sè, e non ha trovato di meglio che chiamarlo come volontà di potenza.
Ma appunto cosa sarebbe la volontà di potenza se non l'affermazione della vita, ossia che esiste quel punto di osservazione.
E che quel punto di osservazione sia annichilazione."

Certamente è un pensiero problematico, ritenerlo affermativo, ossia appunto decisivo per le sorti umane è un errore gravissimo, e che  porta alle peggiore metafisica storica, quella nazista.
Non si tratta come credi di accettare quel punto di vista, ma piuttosto di testarlo danzando.
La comunità degli amici futuri è questa. E' possibile facilmente desumere una etica dal corpus nicciano.
Non importa che sia aristocratica o socialista, entrambe sono comunque una etica.
Quindi ritenere Nietzche senza etica è l'ennesima grossolanità volgare.

E' invece il solito modo con cui si vuol liquidare la questione genealogica e quella del nichilismo.
Un simpatico regalo del cristianesimo che Nietzche combatterà fino alla fine.

So benissimo che per te la morale è una questione importante, e come già ti ho detto, è giusto che la affronti.

Solo quando questa ricerca inevitabilmente fallirà (ma ovviamente non te lo auguro e sono sincero), potremo tornare a parlare delle 2 questioni sopra esposte.

Cosa che diventerà difficile, perchè chi è disposto a parlare di filosofia reale? Chi è disposto a mettersi in prima persona?
(nessuno).

Cosa farai quando capirai che buddismo o matematica sono semplicemente dei campi precostruiti per profughi umani da fine dell'Occidente?

Ci sarà da ridere. O da piangere.


Cosa c'entra in tutto questo la volontà di potenza?

Prima di imparare a volare, impara a camminare, citazione dal principe cerca moglie che cita nietzche, ho trovato questo sul web.

E devo dire che si sposa perfettamente con quanto da me scritto sopra. (e certo amare se stessi non significa amare il soggetto, ma il proprio punto di osservazione de-soggettivato, de-storicizzato ossia compreso genealogicamente).


"Nutrito di cose innocenti, con poco, sempre pronto e impaziente di volare, di volar via, questa é la mia specie: come potrebbe non esservi qualcosa degli uccelli! Tanto più che io sono nemico dello spirito di gravità , come lo sono gli uccelli: e ne sono nemico mortale, arcinemico, nemico da sempre! [...] Colui che un giorno insegnerà il volo agli uomini, avrà spostato tutte le pietre di confine; esse tutte voleranno in aria per lui, ed egli darà un nuovo nome alla terra, battezzandola la leggera. Lo struzzo corre più veloce del più veloce dei cavalli, ma anche lui ficca ancora pesantemente la testa nella terra pesante: così pure l'uomo, che ancora non sa volare. Pesante é per lui la terra e la vita; e così vuole che sia lo spirito di gravità! Ma chi vuol divenire leggero e un uccello, non può non amare se stesso: questo é il mio insegnamento."


                                                       *    *     *


https://www.canonepali.net/2015/06/sn-44-10-ananda-sutta-ad-ananda/


Sono d'accordo sulle tue puntualizzazioni.

D'altronde rimango della mia originale intuizione-idea che nel buddhimsmo il sè non è, per il semplice fatto che è ciò che non è.
In sostanza non esiste una co-scienza cosmica come nell'induismo, dove la realtà è maya, magia, fenomeno.
In quanto noi siamo il niente che si dà come qualcosa, non vi è nessuna radice latina e sanscitta "cum-"
Niente viene "accompagnato" perchè tutto è già quello che è, appunto niente. Ossia non ente, non io.
( e si comprende meglio anche il passaggio citato)


Il nichilismo è invece qualcosa che crede che vi sia qualcosa dietro il fenomeno. Penso che il canone ha ragione.
In effetti per un metafisico come me, la posizione di Nietzche andrebbe indagata, riletta.

Non nel senso che Nietzche vi appartenga, perchè egli è un antimetafisico, nel suo discorso le parole del canone suonano sorde.
Torno a ripeterti!

Ma per chi è un ricercatore metafisico, ossia per chi fà della libertà del proprio punto di vista una ricerca interiore, e quindi legata all'antica religione, c'è da riflettere, per vedere se si riesce a gettare un ponte obliquo col maestro tedesco.



Per Nietzsche l'io viene negato per "non mettere più alcuna diga sulla fiumana della Volontà", per il buddhismFo invece l'io (di fatto) coincide con la volontà e quindi negare l'io è negare la volontà, ossia usando il tuo lessico "negare la Storia".


                                                       *    *     *
cit
"Per Nietzsche l'io viene negato per "non mettere più alcuna diga sulla fiumana della Volontà", per il buddhismo invece l'io (di fatto) coincide con la volontà e quindi negare l'io è negare la volontà, ossia usando il tuo lessico "negare la Storia"."


Certamente dobbiamo capire che entrambe le scuole come metodi diversi uno genealogico, l'altro metodico di rinuncia hanno in mente di attaccare le certezze del soggetto. Ossia del soggetto sociale.

Una volta indebolito il soggetto, emerge inevitabilmente che esiste un punto di vista. Lo chiamerei allora l'io, anche se tecnicamente è ancora il soggetto, ma ripulito del suo divenire storico per come dire
E questo in entrambe le scuole è una critica al mondano.

A quel punto si innestano le differenze radicali, su cui sono d'accordo.

Se è vero che l'io è semplicemente il riflesso del niente, allora anche quel residuo soggettivo deve essere negato, e arriviamo così al silenzio che tante echo ha anche nello zen e in quella forma del buddismo giapponese che è profondamente influenzato dal tao.


                                                       *    *     *
cit
"La mia "fissazione" col soggetto deriva dal fatto che volenti o nolenti si deve partire proprio da lì, studiarlo bene, capirlo. Si deve "ammestrarlo", perfezionarlo. Una volta che si è raggiunto l'obbiettivo però credo che si debba lasciarlo andare per essere veramente liberi, così come una volta attraversato un fiume si lascia andare la zattera. Ergo la metafisica è importante proprio in questo senso: è grazie a lei che possiamo "distoglierci" dalla confusione "mondana" e iniziare il lungo viaggio con anche il necessario "timore e tremore". "

Sono d'accordo con questa visione. D'altronde la ritroviamo anche nella parte finale del Siddharta di Hesse.
La trovo saggia perchè appunto anche la metafisica deve diventare vita, e non monumento.




                                                       *    *     *

cit
"Comunque in Dostoevskij personalmente trovo talvolta uno "spirito" un po' patologico"

Certamente la patologia fa parte del problema, ossia è quello che vede chi non riesce a scorgere il problema complessivo.
Ma è naturale per chi ha una mente scientifica, diciamo così.
In questo senso, pur sempre ritenendo che Nietzche non sarà mai un tuo autore, sicuramente è più vicino alla razionalità pura.
E di certo propedeutico se mai per una futura lettura del genio russo.


                                                       *    *     *
cit
"La morale e l'etica non sono solo "bigottismo" e catene per l'uomo, ma lo valorizzano. Questo si è perso. La morale è un dovere che facciamo a noi stessi (quindi una sorta di "diritto" - coincidentia oppositorum)"

Il problema è la perdita del senso dell'utile per il soggetto come causa strumentale, in favore del rafforzamente del soggetto e del gregge, causa immanente o causale.

Quindi repetita iuvant.

Ma vedo che continui imperterrito a rimanere ottimista. Buon per te ma non a caso hai scritto dovere verso NOI STESSI, che è poi una contraddizione rispetto a quanto dice sia il Buddismo che Nietzche.
Ovviamente sono fiducioso sul fatto che le tue intenzioni sono buone, anche se di solito la coincidentia oppositorum, significa la cancellazione di uno dei 2 opponenti...non proprio la soluzione migliore per una futura coniuctio, congiunzione dei dissidi politici.
Ovviamente la concertazione sarebbe sempre gradita, ma anche lì si dice che quel tempo sia finito, che anche l'arte diplomatica sia un pò in crisi, e la globalizzazione è una sfida da far tremare i polsi, a livello geo-politico tra l'altro non vedo cosa possa fare il singolo, e neppure la filosofia. Almeno è discriminante sul valore delle persone di chi comunque lo vuole promuovere (diplomatismo).



                                                       *    *     *


Stirner era uno degli autori più amati nel forum di filosofia ora deceduto di qualche anno fa su forumfree.

Provai a leggere l'introduzione, mi pare un cinico particolarmente intelligente. Di certo è da leggere (l'unico e la sua proprietà).

Non è esattamente il tipo di autore che preferisco, zero anima, zero metafisica.


                                                       *    *     *
x kobayshi

Caro kobayashi purtroppo l'idiota lo lessi senza leggere la prefazione Einaudi, e quindi non riuscii a capire che il principe era cristo (tesi della prefazione).
E quando lo lessi, mi sembrò veramente di leggere le vicissitudini di un idiota, su cui veniva a galla il mondo femminile come un nodo ad un pettine.
Ossia lo lessi come un romanzo di psicologia femminile. Di livello eccelso ovviamente, perchè la lettura risultò così sardonica sino al fastidio fisico. In generale un romanzo che non ho amato.

cit
"Quindi uno dei suoi personaggi più evangelici è un materialista. Evidentemente non crede in Dio.
Che cosa significa?

Ipotesi: Dostoevskij partendo dalle preoccupazioni per le conseguenze sociali di un nichilismo del tipo "se Dio non esiste tutto è permesso" finisce per abbracciare, di nascosto, quasi inconsciamente, un'idea tipicamente cattolica: fare come se Dio esistesse (anche se non ci si crede più)."

Devo dire che questa tua ipotesi ha fatto emergere impressioni che ebbi ma che furono sotterrate, perchè non avevo ancora gli strumenti analitici di oggi, e forse nemmeno la sensibilità che quel romanzo richiede.

In effetti oggi ha susciato una echo immediata. Le vicende del principe sprovveduto, sono assolutamente quelle di chi si regge su una sorta di forza interiore incorruttibile, e col passare delle pagine ricordo come tutti i personaggi e io stesso curvavamo, ossia uscivamo dai canovacci del vivere civile, per addentrarci nella presunta stupidità del nostro.
La psicologia che emergeva era quella di un modo di mettere in crisi. Ossia di mettere in crisi il mondano, proprio come se Dio esistesse per davvero.

Una intuizione la tua che dunque trova un riverbero forte nelle mie impressioni.

In fin dei conti se il cristianesimo è questa idea dell'assuro, del aporetico, la sua impersonificazione letteraria più credibile non è forse quello del principe-cristo?

Ossia dell'esplorazione esterna con fede ingenua, ma probante di quanto le altre fedi siano in realtà fasulle.
Perchè vi è l'idea dell'andare nel mondo come vi è nel principe di dostoevski e come lo è nel Cristo(?) ora che ci penso.

In fin dei conti non è l'esplorazione esterna di fatto il vero viaggio? (mi perdonerai ma ho in mente i passaggi sulla "decisione" in chiave cacciariana come riportadi da blondet, che dovrebbero essere contenuti in "Geofilosofia dell'Europa").

In questo senso il cristianesimo di Dostoevsky è rivoluzionario?


                                                       *    *     *
x sari

cit
"Ma penetrare nel Cristianesimo di D. significa partire da una grande sofferenza e senza di quella non lo si comprende fino in fondo."


Eppure il Principe Myskin mi sembra di ricordare non aveva questa grande sofferenza, che nel tuo esempio è più di Rogozin.

https://www.youtube.com/watch?v=A65qgq6JmKA

Penso che questo monologo sia fuorviante. L'ingenuità (idiozia) del principe non si manifesta certo nelle sue idee.
Ma piuttosto nella scontro-incontro con gli altri personaggi, in cui egli ha sempre la peggio, in cui è evidente la sua incapacità di adattamento.Tale che le sue idee sembrano sempre idealiste, incapaci di risolversi storicamente.

Uno fuori posto ovunque lo metti. Ma fu interessante per me lo sviluppo psicologico degli altri persoaggi che avvicinandosi a lui piano piano prendono confidenza col suo modo di essere  e di fare, e in qualche maniera si affezionano.

Credo che la riflessione dostoevskiana vada molto più in profondita delle tesi genealogiche sostenute nel monologo citato.

Riguarda in fin dei conti l'amore. E infatti quando lessi la prefazione rimasi interdetto. Poi non l'ho più ripreso.

Il mio mondo intellettuale e affettivo è comunque totalmente dentro le pagine dei Demoni.

In attesa di leggere i fratelli karamazov.

x garbino

Come dicevo a sari il monolo è fuorviante. (in effetti sembra una lezioncina)
Ti assicuro che dostoevsky si può leggere anche da atei.
Ma sarà un tuo piacere sommo quando verrà il momento che lo apprezzerai.
Come dicevo anche ad apeiron, la tematica della desogettivazione, è uno di quei filoni, che probabilmente si capiscono una volta spenti gli ardori della giovinezza. O quell'ardore positivo che caratterizza la giovinezza (ma che si trova anche in età adulta in molte persone, cosa positiva invero).

Per quanto riguarda Rilke invece è necessario essere credenti, lo trovo un indagatore degli abissi più remoti, anche quelli che Nietzche non ha osato (almeno per quello che ho letto finora) nemmeno avvicinarsi.
In generale un autore a cui non oso ancora avvicinarmi, tanto lo sento superiore.

Come per Apeiron invece mi sembra che anche tu preferisci la razionalità, di cui Nietzche è maestro.

E va bene così.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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