Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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Apeiron

#240
@Sgiombo (ma direi a tutti quelli che sono intervenuti in questa discussione),
La scienza può sì dare una spiegazione sul perchè "preferiamo" l'amore rispetto all'odio, l'altruismo rispetto all'egoismo... Ma e questo lo aggiungo io, seguendo (in parte in realtà) Wittgenstein, "Ebbene questo Libro [scritto da un fantomatico "uomo onnisciente" che conosce tutti i fatti e gli stati mentali di ogni uomo...] conterrebbe la totale descrizione del mondo; e quello che voglio dire è, che se questo libro non contiene niente che possiamo chiamare un giudizio etico e niente che logicamente implica un tale giudizio... Se per esempio nel nostro Libro leggiamo una descrizione di un omicidio con tutti i suoi dettagli psicologici e fisici la mera descrizione di questi fatti non contiene nulla che possiamo chiamare una proposizione etica. L'omicidio apparirà allo stesso livello di ogni altro evento, per esempio la caduta di una pietra. Certamente la lettura di questa descrizione potrebbe causarci dolore o rabbia o ogni altra emozione, o noi potremo leggere qualcosa a riguardo del dolore o della rabbia causata da questo omicidio in altre persone quando ne hanno sentito palare, ma ci sarebbero sempre fatti, fatti, e fatti ma non ci sarebbe l'Etica... non potremo scrivere un libro scientifico, il cui argomento sia intrinsecamente sublime o superiore rispetto ad ogni altro"


Wittgenstein ci sta dicendo che se anche la scienza ci spiega il motivo "biologico" per cui "preferiamo" certi comportamenti, nessuna spiegazione ci sarebbe data su cosa è questa "preferenza". Prendendo poi spunto dal Tractatus Logicus- Philosophicus proposizione 6.41 (da qui in poi TLP 6.41):
"Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v'è in esso alcun valore - né, se vi fosse, avrebbe un valore.

Se un valore che ha valore v'è, dev'esser fuori d'ogni avvenire ed essere-così. Infatti ogni avvenire ed essere-così è accidentale"
Il "valore", la ricerca di esso, impone una gerarchia nei fatti e nelle proposizioni, ma questa gerarchia non può essere ricavata dalla scienza o dalla mera osservazione dei fenomeni materiali (anzi per certi versi precede tale osservazione e tale ricerca). La scienza non può dimostrare che "ogni avvenire ed essere-così non è accidentale" - ossia che ci sono fatti, valori, ecc più importanti di altri.

Ossia per dirla in termini più comprensibili il fatto che noi cerchiamo ciò che ha valore suggerisce che l'Etica abbia una radice molto più profonda nel nostro essere rispetto alle contingenze. Anzi è l'etica che ci fa ricercare qualcosa "ch'è più alto" (TLP 6.42). Se la scienza può solo descrivermi le cose, dirmi perchè noi preferiamo questo o quello ma non riesce a spiegarmi cosa è il valore allora rimaneggiando la proposizione TLP 6.42: "le proposizioni" (scientifiche) "non possono esprimere nulla ch'è più alto."

@Garbino,
L'influenza di Eraclito, secondo me, su Nietzsche è enorme. http://www.nilalienum.it/Sezioni/Nietzsche/Opere/FTG.html nella Filosofia dell'Età Tragica dei Greci:
"V'è colpa, ingiustizia, contraddizione, dolore in questo mondo?
Sì, grida Eraclito, ma soltanto per l'uomo limitato che vede per parti staccate e non globalmente, non già per il dio contemplativo; per questi ogni contraddizione concorre ad un'unica armonia, invisibile, è vero, per il comune occhio umano, ma comprensibile per chi, come Eraclito, è simile al dio contemplativo. Dinanzi al suo sguardo fiammeo, nel mondo che gli si effonde intorno non una goccia di ingiustizia sopravvive; e persino quel fondamentale ostacolo, costituito dal modo con cui il fuoco puro possa penetrare in forme tanto impure, viene superato con una sublime similitudine. Un divenire e un trapassare, un edificare e un distruggere, senza alcuna imputazione morale, con eternamente eguale innocenza, sono presenti, in questo mondo, unicamente nel giuoco dell'artista e del fanciullo.
E così come giocano il fanciullo e l'artista, gioca il fuoco semprevivente, costruisce e distrugge, con innocenza ‑ e questo gioco gioca l'Eone con se stesso. Tramutandosi in acqua e terra, a somiglianza d'un fanciullo innalza cumuli di sabbia sul lido marino, ammonta e fa ruinare: di tempo in tempo riprende di nuovo il gioco. Un attimo di sazietà: poi lo riafferra nuovamente il bisogno, così come il bisogno costringe l'artista a creare. Non empietà, bensì il sempre risorgente impulso del gioco chiama altri mondi alla vita. Talora il fanciullo getta via il suo trastullo: ma ecco che subito ricomincia con estro innocente. Appena però costruisce, connette, incastra e foggia a misura di norma e secondo le sue interiori regole.

Soltanto l'uomo esteta riguarda in questo modo il mondo, lui che nell'artista e nel nascere dell'opera d'arte ha appreso come la contesa del molteplice può portare in sé norma e diritto, come l'artista sia contemplativamente al di sopra e agisca all'interno dell'opera d'arte, come necessità e gioco, conflitto e armonia debbano coniugarsi per generare l'opera d'arte.

Chi pretenderà ora da una siffatta filosofia altresì un'etica con i necessari imperativi «tu devi», o addirittura muoverà a Eraclito il rimprovero di una tale mancanza? Sin nelle sue più profonde midolla l'uomo è necessità e assolutamente «non libero» ‑ se si intende per libertà l'insana pretesa di poter mutare a talento la propria essentia a guisa di un abito, una pretesa che ogni seria filosofia ha fino ad oggi respinto con il dovuto sarcasmo. Che uomini coscienti vivano così poco nel logos e conformemente all'occhio artistico onniabbracciante, questo dipende dal fatto che le loro anime sono umide e che occhi e orecchie degli umani e soprattutto il loro intelletto sono un cattivo testimone, se «umido fango tiene le anime loro in sua balia».
Perché sia così, non lo si chiede, così come non si chiede perché fuoco diventi acqua e terra. Eraclito non ha appunto alcun motivo di dover dimostrare (come lo aveva Leibniz) che questo mondo è addirittura migliore fra tutti, a lui basta che esso sia il gioco bello e innocente dell'Eone. Persino considera in generale l'uomo un essere irrazionale: con la qual cosa non contrasta il fatto che in tutto il suo essere si adempia la legge della ragione su ogni cosa sovrana. Questi non assume fatto una posizione particolarmente privilegiata nella natura, la cui massima manifestazione è il fuoco, per esempio come astro, e non già lo stupido uomo. Se costui è giunto, attraverso la necessità, a partecipare del fuoco, è un po' più razionale; ma sintantoché consiste di acqua e terra, la sua ragione si trova in grave difetto.
Un obbligo a riconoscere il logos, per il fatto di essere uomini, non esiste. Ma perché c'è acqua, perché c'è terra? Questo è per Eraclito un problema molto più serio della questione sul perché gli uomini siano così sciocchi e malvagi. Nell'uomo più elevato come in quello più perverso si manifesta l'identica immanente normatività e giustizia. Ma se si volesse avanzare a Eraclito la domanda per quale ragione il fuoco non è sempre fuoco, perché mai sia ora acqua, ora terra, egli si limiterebbe appunto a rispondere: «E' un gioco, non prendetelo troppo sul patetico, e soprattutto non in termini morali!»."

Dirà in seguito che i suoi predecessori nel vedere il mondo come "gioco cosmico" sono Eraclito e (alcuni) Vedanta. In genere le filosofie "della liberazione" vedono sì la nostra moralità come qualcosa di "accidentale" (per riprendere l'espressione di Wittgenstein) però nella loro esperienza meditativa non hanno evidenziato "la volontà di Potenza", "la massima espressione dell'io" quanto al contrario il "dissolvimento dell'io" o l'unione dell'io col tutto (perchè hanno notato che in noi, nel "nostro più profondo essere" preferiamo la Pace rispetto a "Polemos"). Nietzsche e Eraclito ("bisogna sapere che il conflitto è comune a tutti e la giustizia è contesa"... "il conflitto è padre e re di tutte le cose") invece hanno evidenziato il lato "conflittuale" del mondo, il "fuoco". Garbino tu mi dici che sono "volontà di potenza" secondo Nietzsche. Il problema è che lo sei anche tu, lo è anche Green, lo è sgiombo, lo è il Sari... Ma se la "Volontà di Potenza", ossia la massima esaltazione dell'io - ossia della particolare "manifestazione" che io sono- ci mette l'uno contro l'altro? Se questo crea conflitto non dovremo dare retta invece a Schopenhauer o ai preti quando ci dicono che il conflitto è il vero problema? Il problema di mettere al primo posto la Volontà di Potenza mi pare proprio questo. E anche il problema che si potrebbe avere fondando l'etica sulla scienza? Che c'è di etico nell'osservazione del comportamento?
"Ma supponiamo che io dica a uno di voi una bugia assurda e che lui venga da me e dica: "ti stai comportando come una bestia" e io gli dica "so che mi sto comportando male, ma non voglio comportarmi meglio" potrebbe lui dirmi "ah, allora va tutto bene"? Ovviamente no; direbbe "Ebbene tu dovresti comportarti meglio". Qui avete un giudizio assoluto di valore..." (Wittgenstein, Lezione sull'Etica)
Perciò mentre ad esempio un Buddha mi direbbe "comportati così perchè così segui il Dhamma", un Laozi mi direbbe "comportati così perchè segui il Dao", il prete mi direbbe "comportati così per entrare nel Regno dei Cieli" (tutti giudizi assoluti di valore, seppur di tipo diverso ovviamente  ;) ), un nietzscheiano mi direbbe "se la tua massima affermazione è quella, fai pure"?? Vedi questo è il problema di togliere l'addomesticamento e il guinzaglio all'uomo. Concordo che è una sana liberazione da molti bigottismi o ipocrisie ma se o togli una moralità "oggettiva" o se neghi completamente l'etica (abbracciando un relativismo o un nichilismo) il problema è che davvero crei una situazione in cui "giustizia è contesa" per citare Eraclito. Eraclito d'altronde vedeva ovunque conflitto, in ogni cosa l'armonia conflittuale tra forze opposte. Ma una cosa del genere può davvero nel nostro intimo essere soddisfarci? Può la conflittualità essere quel "Sommum Bonum" che cerchiamo?  Però è anche vero che ad esempio nel daoismo si cerca di dare importanza alla "spontaneità" e alla "semplicità" (e con questo seguire il "Dao"), così come nella filosofia vedanta il contemplare il "gioco cosmico" (lila) da un senso di unione e di appartenenza. Ma a differenza della "volontà di potenza" queste tendenze, per così dire, generano in noi compassione per gli "esseri"... La Volontà di Potenza invece mi pare una spinta che tende a distanziare più che ad unire, a mettere gli esseri gli uni contro gli altri. E anche se c'è violenza e prevaricazione nel mondo, se si vede più conflitto che pace, io tendo a dire che comunque (e questo lo so è irrazionalismo) la "spontaneità", la nostra più "vera naturalezza", tende appunto alla compassione, alla pace, alla serenità ecc. Viceversa la Volontà di Potenza - se lasciata "incontrollata" - tende ad andare contro questa "spontaneità". 
Vedi Garbino per questi motivi non riesco a essere d'accordo con Nietzsche.

Spero di averti risposto in modo completo ;)

N.B. Per questo motivo ritengo che Nietzsche con la sua critica sia per certi versi utile. Ma il suo totale rifiuto del "trascendente" e di ogni "Dio" va contro il nostro più intimo essere. La Volontà di Potenza può certamente essere importante: per esempio nella creatività un sano utilizzo della stessa aiuta a creare le "opere d'arte". Il problema è che per come la vedo io essa al massimo può essere uno strumento, non di certo un fine. Motivo per cui il mio giudizio su Nietzsche non può essere né completamente positivo né completamente negativo (ma curiosamente solitamente dove concordo con lui mi ci ritrovo molto ma dove sono in disaccordo con lui, il mio disaccordo è profondo e le nostre prospettive non possono essere più diverse di così!)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 27 Ottobre 2017, 22:53:35 PM
@Sgiombo (ma direi a tutti quelli che sono intervenuti in questa discussione),
La scienza può sì dare una spiegazione sul perchè "preferiamo" l'amore rispetto all'odio, l'altruismo rispetto all'egoismo... Ma e questo lo aggiungo io, seguendo (in parte in realtà) Wittgenstein, "Ebbene questo Libro [scritto da un fantomatico "uomo onnisciente" che conosce tutti i fatti e gli stati mentali di ogni uomo...] conterrebbe la totale descrizione del mondo; e quello che voglio dire è, che se questo libro non contiene niente che possiamo chiamare un giudizio etico e niente che logicamente implica un tale giudizio... Se per esempio nel nostro Libro leggiamo una descrizione di un omicidio con tutti i suoi dettagli psicologici e fisici la mera descrizione di questi fatti non contiene nulla che possiamo chiamare una proposizione etica. L'omicidio apparirà allo stesso livello di ogni altro evento, per esempio la caduta di una pietra. Certamente la lettura di questa descrizione potrebbe causarci dolore o rabbia o ogni altra emozione, o noi potremo leggere qualcosa a riguardo del dolore o della rabbia causata da questo omicidio in altre persone quando ne hanno sentito palare, ma ci sarebbero sempre fatti, fatti, e fatti ma non ci sarebbe l'Etica... non potremo scrivere un libro scientifico, il cui argomento sia intrinsecamente sublime o superiore rispetto ad ogni altro"

CitazioneMa tra questi fatti descritti in tale libro ci sarebbero appunto anche i fatti "etici" (dai quali si può astrarre una caratteristica comune da chiamare "eticita", astratta ma reale) costituiti dalla reale tendenza alla riprovazione che suscitata il delitto, pur senza che sia razionalmente dimostrabile la sua "riprovevolezza", in chiunque ne viene a conoscenza e lo considera con un minimo di attenzione (compreso il suo autore, che pure può pentirsene, o anche non pentirsene, cercando di compensarla e superarla con altre pretese giustificazioni irrazionali avvertite dentro di sé).
E questo in conseguenza di come di fatto gli uomini (e almeno in qualche altra misura anche altri animali) "sono fatti" a causa dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche e selezione naturale.



Wittgenstein ci sta dicendo che se anche la scienza ci spiega il motivo "biologico" per cui "preferiamo" certi comportamenti, nessuna spiegazione ci sarebbe data su cosa è questa "preferenza". Prendendo poi spunto dal Tractatus Logicus- Philosophicus proposizione 6.41 (da qui in poi TLP 6.41):
"Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v'è in esso alcun valore - né, se vi fosse, avrebbe un valore.

Se un valore che ha valore v'è, dev'esser fuori d'ogni avvenire ed essere-così. Infatti ogni avvenire ed essere-così è accidentale"

CitazioneNon é esatto: fra il "tutto" che avviene (ben all' interno dell' "avvenire universale") nel mondo vi sono di fatto i valori morali che, pur indimostrabili razionalmente, sono universalmente avertiti (forse salvo improbabili e difficilmente immaginabili gravissime patologie mentali) irrazionalmente (come é tipico non dei mezzi, che sono o sono ritenuti e sperati essere razionali, ma di tutti i fini) per lo meno nell' ambito dell' umanità, e non "accidentalmente", ma invece in conseguenza dell' evoluzione biologica.



Il "valore", la ricerca di esso, impone una gerarchia nei fatti e nelle proposizioni, ma questa gerarchia non può essere ricavata dalla scienza o dalla mera osservazione dei fenomeni materiali (anzi per certi versi precede tale osservazione e tale ricerca). La scienza non può dimostrare che "ogni avvenire ed essere-così non è accidentale" - ossia che ci sono fatti, valori, ecc più importanti di altri.

Ossia per dirla in termini più comprensibili il fatto che noi cerchiamo ciò che ha valore suggerisce che l'Etica abbia una radice molto più profonda nel nostro essere rispetto alle contingenze. Anzi è l'etica che ci fa ricercare qualcosa "ch'è più alto" (TLP 6.42). Se la scienza può solo descrivermi le cose, dirmi perchè noi preferiamo questo o quello ma non riesce a spiegarmi cosa è il valore allora rimaneggiando la proposizione TLP 6.42: "le proposizioni" (scientifiche) "non possono esprimere nulla ch'è più alto."
CitazionePerfettamente d' accordo!



@Garbino,
L'influenza di Eraclito, secondo me, su Nietzsche è enorme. http://www.nilalienum.it/Sezioni/Nietzsche/Opere/FTG.html nella Filosofia dell'Età Tragica dei Greci:
"V'è colpa, ingiustizia, contraddizione, dolore in questo mondo?
Sì, grida Eraclito, ma soltanto per l'uomo limitato che vede per parti staccate e non globalmente, non già per il dio contemplativo; per questi ogni contraddizione concorre ad un'unica armonia, invisibile, è vero, per il comune occhio umano, ma comprensibile per chi, come Eraclito, è simile al dio contemplativo. Dinanzi al suo sguardo fiammeo, nel mondo che gli si effonde intorno non una goccia di ingiustizia sopravvive; e persino quel fondamentale ostacolo, costituito dal modo con cui il fuoco puro possa penetrare in forme tanto impure, viene superato con una sublime similitudine. Un divenire e un trapassare, un edificare e un distruggere, senza alcuna imputazione morale, con eternamente eguale innocenza, sono presenti, in questo mondo, unicamente nel giuoco dell'artista e del fanciullo.
E così come giocano il fanciullo e l'artista, gioca il fuoco semprevivente, costruisce e distrugge, con innocenza ‑ e questo gioco gioca l'Eone con se stesso. Tramutandosi in acqua e terra, a somiglianza d'un fanciullo innalza cumuli di sabbia sul lido marino, ammonta e fa ruinare: di tempo in tempo riprende di nuovo il gioco. Un attimo di sazietà: poi lo riafferra nuovamente il bisogno, così come il bisogno costringe l'artista a creare. Non empietà, bensì il sempre risorgente impulso del gioco chiama altri mondi alla vita. Talora il fanciullo getta via il suo trastullo: ma ecco che subito ricomincia con estro innocente. Appena però costruisce, connette, incastra e foggia a misura di norma e secondo le sue interiori regole.

Soltanto l'uomo esteta riguarda in questo modo il mondo, lui che nell'artista e nel nascere dell'opera d'arte ha appreso come la contesa del molteplice può portare in sé norma e diritto, come l'artista sia contemplativamente al di sopra e agisca all'interno dell'opera d'arte, come necessità e gioco, conflitto e armonia debbano coniugarsi per generare l'opera d'arte.

Chi pretenderà ora da una siffatta filosofia altresì un'etica con i necessari imperativi «tu devi», o addirittura muoverà a Eraclito il rimprovero di una tale mancanza? Sin nelle sue più profonde midolla l'uomo è necessità e assolutamente «non libero» ‑ se si intende per libertà l'insana pretesa di poter mutare a talento la propria essentia a guisa di un abito, una pretesa che ogni seria filosofia ha fino ad oggi respinto con il dovuto sarcasmo. Che uomini coscienti vivano così poco nel logos e conformemente all'occhio artistico onniabbracciante, questo dipende dal fatto che le loro anime sono umide e che occhi e orecchie degli umani e soprattutto il loro intelletto sono un cattivo testimone, se «umido fango tiene le anime loro in sua balia».
Perché sia così, non lo si chiede, così come non si chiede perché fuoco diventi acqua e terra. Eraclito non ha appunto alcun motivo di dover dimostrare (come lo aveva Leibniz) che questo mondo è addirittura migliore fra tutti, a lui basta che esso sia il gioco bello e innocente dell'Eone. Persino considera in generale l'uomo un essere irrazionale: con la qual cosa non contrasta il fatto che in tutto il suo essere si adempia la legge della ragione su ogni cosa sovrana. Questi non assume fatto una posizione particolarmente privilegiata nella natura, la cui massima manifestazione è il fuoco, per esempio come astro, e non già lo stupido uomo. Se costui è giunto, attraverso la necessità, a partecipare del fuoco, è un po' più razionale; ma sintantoché consiste di acqua e terra, la sua ragione si trova in grave difetto.
Un obbligo a riconoscere il logos, per il fatto di essere uomini, non esiste. Ma perché c'è acqua, perché c'è terra? Questo è per Eraclito un problema molto più serio della questione sul perché gli uomini siano così sciocchi e malvagi. Nell'uomo più elevato come in quello più perverso si manifesta l'identica immanente normatività e giustizia. Ma se si volesse avanzare a Eraclito la domanda per quale ragione il fuoco non è sempre fuoco, perché mai sia ora acqua, ora terra, egli si limiterebbe appunto a rispondere: «E' un gioco, non prendetelo troppo sul patetico, e soprattutto non in termini morali!»."

Dirà in seguito che i suoi predecessori nel vedere il mondo come "gioco cosmico" sono Eraclito e (alcuni) Vedanta. In genere le filosofie "della liberazione" vedono sì la nostra moralità come qualcosa di "accidentale" (per riprendere l'espressione di Wittgenstein) però nella loro esperienza meditativa non hanno evidenziato "la volontà di Potenza", "la massima espressione dell'io" quanto al contrario il "dissolvimento dell'io" o l'unione dell'io col tutto (perchè hanno notato che in noi, nel "nostro più profondo essere" preferiamo la Pace rispetto a "Polemos"). Nietzsche e Eraclito ("bisogna sapere che il conflitto è comune a tutti e la giustizia è contesa"... "il conflitto è padre e re di tutte le cose") invece hanno evidenziato il lato "conflittuale" del mondo, il "fuoco". Garbino tu mi dici che sono "volontà di potenza" secondo Nietzsche. Il problema è che lo sei anche tu, lo è anche Green, lo è sgiombo, lo è il Sari... Ma se la "Volontà di Potenza", ossia la massima esaltazione dell'io - ossia della particolare "manifestazione" che io sono- ci mette l'uno contro l'altro? Se questo crea conflitto non dovremo dare retta invece a Schopenhauer o ai preti quando ci dicono che il conflitto è il vero problema? Il problema di mettere al primo posto la Volontà di Potenza mi pare proprio questo. E anche il problema che si potrebbe avere fondando l'etica sulla scienza? Che c'è di etico nell'osservazione del comportamento?
"Ma supponiamo che io dica a uno di voi una bugia assurda e che lui venga da me e dica: "ti stai comportando come una bestia" e io gli dica "so che mi sto comportando male, ma non voglio comportarmi meglio" potrebbe lui dirmi "ah, allora va tutto bene"? Ovviamente no; direbbe "Ebbene tu dovresti comportarti meglio". Qui avete un giudizio assoluto di valore..." (Wittgenstein, Lezione sull'Etica)
Perciò mentre ad esempio un Buddha mi direbbe "comportati così perchè così segui il Dhamma", un Laozi mi direbbe "comportati così perchè segui il Dao", il prete mi direbbe "comportati così per entrare nel Regno dei Cieli" (tutti giudizi assoluti di valore, seppur di tipo diverso ovviamente  ;) ), un nietzscheiano mi direbbe "se la tua massima affermazione è quella, fai pure"?? Vedi questo è il problema di togliere l'addomesticamento e il guinzaglio all'uomo. Concordo che è una sana liberazione da molti bigottismi o ipocrisie ma se o togli una moralità "oggettiva" o se neghi completamente l'etica (abbracciando un relativismo o un nichilismo) il problema è che davvero crei una situazione in cui "giustizia è contesa" per citare Eraclito. Eraclito d'altronde vedeva ovunque conflitto, in ogni cosa l'armonia conflittuale tra forze opposte. Ma una cosa del genere può davvero nel nostro intimo essere soddisfarci? Può la conflittualità essere quel "Sommum Bonum" che cerchiamo?  Però è anche vero che ad esempio nel daoismo si cerca di dare importanza alla "spontaneità" e alla "semplicità" (e con questo seguire il "Dao"), così come nella filosofia vedanta il contemplare il "gioco cosmico" (lila) da un senso di unione e di appartenenza. Ma a differenza della "volontà di potenza" queste tendenze, per così dire, generano in noi compassione per gli "esseri"... La Volontà di Potenza invece mi pare una spinta che tende a distanziare più che ad unire, a mettere gli esseri gli uni contro gli altri. E anche se c'è violenza e prevaricazione nel mondo, se si vede più conflitto che pace, io tendo a dire che comunque (e questo lo so è irrazionalismo) la "spontaneità", la nostra più "vera naturalezza", tende appunto alla compassione, alla pace, alla serenità ecc. Viceversa la Volontà di Potenza - se lasciata "incontrollata" - tende ad andare contro questa "spontaneità".  
Vedi Garbino per questi motivi non riesco a essere d'accordo con Nietzsche.
CitazioneSplendide parole e magnifiche considerazioni, lasciamelo dire!


Che mi ricordano quanto sia limitata e carente la mia cultura, financo a proposito di un "classico dell' Occidente", per quanto antico e giunto a noi moderni molto frammentariamente, come Eraclito (che conoscevo solo per quel poco che mi é stato insegnato, non troppo bene, devo dire, al liceo), le tue citazioni del quale mi hanno letteralmente entusiasmato!


Apeiron

Grazie @sgiombo!

Certamente ci sarebbero fatti etici. Ma il fondamento all'etica non ci sarebbe. Infatti nulla dalla conoscenza scientifica mi può dire perchè devo preferire un certo comportamento rispetto ad un altro. Certamente la scienza potrà spiegarmi perchè preferiamo certi comportamenti sulla base della nostra evoluzione biologica (non l'ho mai negato ) ma non ci può spiegare perchè per esempio andare contro queste "preferenze" del nostro DNA è una cosa sbagliata. A mio personalissimo parere questo dimostra come l'etica è ad un livello "superiore" della scienza, ossia che non può essere ridotta ad essa (e in generale all'osservazione dei fenomeni). Ma il suo fondamento è un "qualcosa di più alto" che sinceramente devo ancora capire cos'è.

(lo so mi muovo su basi non più razionalistiche ma credo che ad un certo punto sia necessario  ;) )
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Dunque mi sembra di poter dire che concordiamo ...succede anche nelle migliori famiglie!

Apeiron

Credo di sì, @sgiombo. Probabilmente non concordiamo su "cosa sia il valore" (e cosa sia l'etica) ma questo è un po' troppo fuori tema  ;D  su questi argomenti ammetto di avere posizioni che al massimo posso definire ragionevoli ma non "razionali" (come credo che tu hai notato in altre discussioni). D'altronde l'etica (e anche la convinzione che ci sia un "ordine" nei fenomeni, cosa che è indimostrabile dalla sola scienza) mi suggerisce che ci siano "livelli" di realtà (o almeno della nostra stessa mente) posti in determinate "gerarchie". Spero che queste divagazioni non infastidiscano troppo ci vuole stare in topic, in caso chiedo venia anticipamente.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Apeiron.

Intanto ti ringrazio per il tuo intervento che ho trovato molto interessante. Però a questo punto è necessario che chiarisca alcune cose. Cose che del resto ho già affermato in altri interventi e che probabilmente ti sono sfuggiti. Il mio impegno è stato sempre rivolto a difendere ciò che Nietzsche ha scritto da interpretazioni impossibili, e cioè che tendono a mistificare il suo contenuto. Ma ciò non vuole assolutamente dire che non ho anch' io dei dubbi su diversi aspetti della sua filosofia. Come ad esempio appunto la volontà di potenza, l' eterno ritorno e la possibilità stessa dell' oltreuomo.

Una volta chiarito questo, provo a rispondere a ciò che tu hai argomentato. Quando ad esempio ti ho detto che per Nietzsche la tua domanda non aveva senso perché comunque tu sei comunque l' espressione della tua volontà di potenza, non dicevo affatto che io la pensassi così, ma che era il modo in cui Nietzsche, a mio avviso, si sarebbe espresso. E che per Nietzsche è così per tutti coloro che tu hai nominato, e per tutto l' universo, sia organico che inorganico. Ogni fenomeno, secondo Nietzsche, è interpretabile come una manifestazione della volontà di potenza che attraversa irrazionalmente tutta la materia. A mio avviso, invece per il momento considero anche la volontà di potenza come un effetto non come una causa ( e soprattutto non come l' unico aspetto riguardante i fenomeni) come ho accennato nell' ultimo intervento. 

Per quanto riguarda il brano di Wittegenstein ( che ammetto di non conoscere ) non ho trovato nulla di nuovo di quello che avevo già letto nelle opere di Nietzsche e su cui sono, questa volta sì, profondamente d' accordo. L' errore che compie l' uomo moderno (mi riferisco soprattutto al mondo occidentale) è quello di considerarsi il risultato evolutivo di tutte le epoche, dannando e polemizzando su qualsiasi modo etico o morale differente dal suo nella valutazione di ciò che accade. Ma, come afferma giustamente Nietzsche, se un uomo moderno venisse proiettato in altre epoche o in ambienti anche contemporanei dove regna la violenza, rimarrebbe traumatizzato dall' esperienza, e non solo si troverebbe in grave difficoltà ma difficilmente riuscirebbe a sopportare quel tipo di vita e a sopravvivere.

Mal sopportiamo che ci si parli di epoche dove l' uccidere era una festa, dove si riteneva un disonore chiedere pietà per la propria sorte di sconfitto, dove si effettuavano sacrifici umani ( ad esempio quello del primogenito ), e non in tribù disperse chissà dove sulla terra ma in grandi civiltà. Come mal sopportiamo che ancora oggi ci siano ambienti dove il delitto d' onore è sacrosanto e ambienti malavitosi dove l' omicidio è di routine. E le persone che li commettono provano forse rimorso o giudicano negativamente le azioni che compiono? Assolutamente no. Per loro e l' etica che vige in quegli ambienti è giusto così. Il giudizio comunque è sempre a posteriori e è in diretta relazione con ciò che siamo. La scienza può soltanto stabilire gli stati che inducono benessere su una campionatura che riguarda specificatamente un certo tipo di uomo e non l' uomo in generale.

Ciò che accomuna l' uomo non è la sua psiche ma i suoi bisogni fisici. Ed è per questo che ritengo l' uguaglianza una mera follia. Come ad esempio quando si afferma di voler portare la democrazia dove non è assolutamente possibile. Una democrazia o qualsiasi altra forma sociale può scaturire soltanto dalle sinergie naturali dei popoli e non essere imposta dall' alto perché altrove si pensa che funzioni. Senza contare che spesso dietro queste valutazioni si sia in presenza soltanto di una spropositata sete di potere.

Per quanto riguarda Eraclito non c' è dubbio che si sia trattato di un filosofo con cui Nietzsche si sia sentito a lungo a suo agio e di cui abbia subito un notevole influsso ed anche l' ultimo 'amore intellettuale' ad aver abbandonato. E non perché me lo sogni ma perché lo afferma lui stesso in diversi brani delle sue opere. La loro ricerca però comporterà il passare di un po' di tempo, mentre invece ritenevo necessario cercare di risponderti almeno a taluni argomenti presenti nel tuo intervento.

X Sari

Scusami ma un ampliamento degli argomenti aperti nel tuo ultimo intervento li affronterò nel prossimo, ricollegandoli anche ali problemi sull' etica e la morale presenti nell' intervento di Apeiron.

P.s. Naturalmente avevo molte altre cose da dire ma, come sapete se mi seguite, cerco sempre di non appesantire gli interventi.

 Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Apeiron

Grazie Garbino del chiarimento molto utile (sì ammetto che tra una cosa e l'altra un po' di informazioni le ho perse. D'altronde sono "umano, troppo umano"  ;D )  ;)

Diciamo che anche la filosofia di Nietzsche (secondo me, ma vedo con piacere anche secondo te) va presa con la dovuta moderazione. Ecco colgo l'occasione che molte cose della filosofia del nostro le apprezzo molto (così come altre le detesto molto) e lo stesso vale per il suo predecessore (?) Eraclito di Efeso. Ad ogni modo ritengo del tutto normale che quando si vuole fare una "teoria" universale di cose come l'etica o la metafisica si inciampi in inconsistenze o "cose non dette" o cose "dette in modo oscuro" (tant'è che con Volontà di Potenza ed Eterno Ritorno la filosofia nicciana a mio giudizio ha raggiunto il suo apice ma allo stesso tempo la sua auto-contraddizione  ;)  ma lo stesso vale per esempio anche per altre metafisiche) - ma d'altronde se i filosofi non si spingessero così "in là" difficilmente sarebbero interessanti  ;D . Motivo per cui ritengo corretto "correggere" anche il buon Nietzsche.

Concordo poi sulla falsità dell'idea di "progresso", cosa in verità ben nota specie prima della rivoluzione scientifica. Nell'antichità d'altronde si pensava che per certi versi tutto andava peggiorando più che migliorando (lo puoi vedere ad esempio nei rimandi all'Età dell'Oro o concetti simili...). L'idea del progresso però è diventata tirannica solo nella modernità, tant'è che pochi davvero hanno un approccio critico rispetto alle "grazie" della modernità. Per esempio è stato proprio grazie all'Internet che ho potuto studiare molta filosofia. Però il grosso problema è che più la tecnologia va avanti più siamo schiavi di essa, quindi da questo punto di vista siamo "regrediti". Discorsi analoghi si possono fare su molte altre cose: la modernità ci ha dato ovviamente molte cose in cui siamo progrediti, altre però ci mettono sempre più catene ed effettivamente Nietzsche fu davvero un genio a vedere quanto in realtà ci è addirittura piaciuto incatenarci.

Lasciami però dissentire sulla parte in cui a mio giudizio contestualizzi troppo l'etica (anche se ovviamente la contestualizzazione è una cosa che ritengo necessaria da fare proprio per evitare di essere noi stessi ipocriti. Però l'eccesso nella contestualizzazione e nella relativizzazione non riesco a "mandarlo giù"  ;) ). Ritengo che nonostante l'enorme diversità di culture ed etiche qualcosa che sia "davvero comune" (qualcuno può accusarmi di dogmatismo, ma sinceramente non mi interessa) ci sia e anzi leggendo proprio gli scritti di uomini saggi (magari superstiziosi ma saggi eh) dell'antichità che non hanno potuto comunicare tra di loro questa mia convinzione si rafforza. Per esempio le culture in cui l'omicidio è qualcosa di normale le ritengo "difettose", "regredite" ma non per orgoglio perchè la mia epoca la ritengo l'apice dell'evoluzione ma perchè ritengo che qualcosa di comune ci sia veramente "in fondo al nostro essere". Quindi va bene contestualizzare e cercare di essere comprensivi ma non bisogna mai cadere nel relativismo o nel nichilismo (posizioni che tra l'altro Nietzsche cerò di evitare proprio con la Volontò di Potenza, l'Oltreuomo ecc). Se in una cosa possiamo progredire nella modernità è proprio tentare di trovare questi terreni comuni, unirci nelle nostre differenze (l'unione nella differenza tra l'altro è un tema ricorrente in filosofie simili a quella di Eraclito  ;) ). Il relativismo e il nichilismo (almeno quando sono eccessivi) invece tendono ad atomizzare l'umanità e quindi a diversificare senza tentare di unire e quindi a portare al conflitto (oppure all'apatia in cui tutti si ignorano).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Apeiron,

Dipende da come si è svolta la storia della costituzione morale di quella cultura.

Ritenere retrograda una cultura è infatti tipico dell'imperialismo americano, che come forse sai, ha fatto e tutt'ora continua a fare strage di innocenti. (in nome della sua presunta superiorità....anche recentemente l'ho sentito dire chiaramente nei discorsi del senato per la conferma del mandato a Trump).

Non si sposa molto bene con "il fate l'amore e non la guerra" che prima rimproveravi a Nietzche di non credere.

Il nichilismo non è semplicemente uno stato d'animo è invece un profondo sguardo interiore che riguarda l'intera civiltà occidentale.

Ossia Nietzche parla di un destino.

Del magnifico passaggio che hai citato, dovresti tra l'altro ragionare su.

In cosa consiste il fuoco interiore? nel far bene alle persone? o forse si intende di far guerra alle persone?

La volontà di potenza (al di là della polemica se sia biologica o meno, nel senso che per questa volta soprassiedo) non è tanto un attegiamento che uno può o non può eseguire.
E' molto di più, è quasi una istanza storica con cui l'uomo si trova, per il gioco del caso, a fare i conti nel presente.
Che ha una genealogia, una logica ferrea.

Non si va da nessuna parte apprezzando una parte di Nietzche ma poi negando di fatto il suo messaggio di verità.

Mi pare veramente contradditorio, e tipico della morale cattolica.

Pensaci su! Fin dove sei tu, e fin dove è la cultura che ti ha forgiato.

Se ci avessi pensato prima, forse avrei evitato molti errori.

Ma poi ti ripeto, ognuno deve conoscere da sè i propri errori, anche se sono gli stessi che una generazione due e probabilmente molto di più, continuano ininterrottamente a fare.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#248
Concordo che l'influenza del contesto sociale sulla mia persona è immenso (e non credo a differenza anche di Laozi &co che posso trascenderla totalmente).

Io vedo la questione in questo modo. Ogni società nella storia possiamo paragonarla ad un edificio. Questi edifici sono molti e hanno caratteristiche che li rendono unici. Le persone che vi abitano sono allo stesso modo diverse. Io sono nato in un edificio in mezzo a persone che abitano quel determinato edificio. Certamente mi hanno forgiato e hanno avuto un'influenza molto importante su di me (e ritengo irreversibile). Tuttavia proprio come Nietzsche vedo difetti nel mio edificio ma non posso non vederli anche negli edifici degli altri (l'erba del vicino non è sempre più verde...). E fin qui concordiamo. E fin qui concordo nell'ipocrisia di "sentirsi migliori" senza capire il contesto storico altrui (ossia in questo paragone le proprietà dei vari edifici). Ad ogni modo ritengo che sia ugualmente sbagliato un relativismo/nichilismo che non ponga alcuna gerarchia tra i vari edifici e che li ritenga tutti "allo stesso livello". Ritengo invece che si debba prendere il meglio da ogni cultura. Dunque però rimane la domanda: "cosa è questo meglio se tu sei condizionato dalla tua cultura e quindi non sei imparziale"?

Questa obiezione è la grande domanda che un nichilista potrebbe farmi a questo punto accusandomi di ipocrisia. Una semplice osservazione empirica della realtà e della storia non è molto utile per riuscire a rispondere a tale obiezione, anzi vedendo i fatti storici e studiando le varie culture vedi quanta "arbitrarietà" è presente nei nostri giudizi. Tuttavia e questo fu capito dallo stesso Nietzsche una visione delle cose di questo tipo è pericolosa. La risposta di Nietzsche però fu quella di - e qui posso interpretarlo male, non sono così sicuro di quanto sto per dire, quindi prendetelo con le dovute pinze - cavalcare questo "relativismo" e fare in modo che "prevalga" chi è capace di imporsi prima su sé stesso e poi su altri. Questo però è il culmine del relativismo e del nichilismo perchè a questo punto "tutto è permesso" visto che l'"io", essendo l'espressione della volontà di potenza, ha il "diritto" (se non il dovere) di imporsi. Così io vedo l'analogia del "fuoco" interiore. Il fuoco è l'elemento più distruttivo e "attivo" tra i quattro elementi (terra, aria e acqua) e mi pare un ottimo simbolo per designare sia il "polemos" (conflitto), che "eris" (discordia) ma anche la "volontà di potenza". Ben diverso è arrivare a riconoscere l'arbitrarietà di molti giudizi e poi però dire una frase come nel Daodejing "il bene supremo è come l'acqua; l'acqua ben giova alle creature e non contende...". Il simbolo scelto per esprimere la propria concezione di "bene supremo" è molto importante. A mio giudizio scegliere il fuoco o "la volontà di potenza" è sbagliato ma ammetto che potrei aver interpretato male sia Nietzsche che Eraclito e colgo l'invito di riflettere ancora su queste questioni  ;)

P.S. Ovviamente ci sarebbe da chiedersi se il Daodejing parla veramente della "natura" che vediamo tutti i giorni. La sola osservazione empirica tenderebbe a mostrarci come il comportamento dell'acqua, la calma, la passività, la moderazione (o l'assenza) del desiderio sono tutte attività che vanno contro alla natura stessa (vedi la competizione tra le specie e anche i disastri naturali). Quindi ci si potrebbe chiedere se ha senso porre "l'acqua" come il simbolo del "bene (naturale) supremo". Proprio l'assenza di evidenza empirica da questo punto di vista mi suggerisce che qualcosa di "superiore" ai "fatti" c'è. Altrimenti il "fuoco", il "conflitto" ecc sono metafore che sembrano ben più adatte a descrivere questo mondo. Che questo mio "tendere" a qualcosa che va "oltre" (e che mi fa preferire l'acqua al fuoco) il semplice mondo empirico sia una illusione dovuta al mio condizionamento sociale (e nient'altro?) ? Possibile. Ma è anche possibile che la "natura" vada oltre quello che percepiamo con i sensi ;) Forse non tutte le concezioni di "mondo vero" sono da dimenticare...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Green Demetr

Capisco la tua perplessità sulla volontà di potenza estesa anche all' inorganico, anche perché anch' io ero convinto che Nietzsche si riferisse soltanto all' organico. Ma nel capitolo: La volontà di potenza nella natura, per criticare e negare una concezione meccanicistica del mondo, ho trovato questo aforisma, e precisamente il n. 637, in cui Nietzsche scrive:
Anche nel regno inorganico a un atomo di forza importa solo ciò che gli è vicino: le forze a distanza si compensano. Questo è il nocciolo della 'prospettiva' e la ragione per cui un essere vivente è "egoista".

A mio avviso, quello che Nietzsche qui intende è che anche nell' inorganico qualunque cosa 'aspira' alla potenza e gli 'importa' ciò che gli è vicino.
Dove appunto il verbo 'aspirare e importare' sono soltanto il modo di descrivere l' accadere nel mondo inorganico, che naturalmente a nulla può aspirare e a cui niente può importare. Ma questo modo di comportarsi, secondo Nietzsche, sarebbe ciò che proverebbe: l' assenza di leggi nei fenomeni e di qualsiasi meccanicismo, l' Universo come regno del caos e l' egoismo di ogni essere vivente.

Sì, forse ho un po' esagerato nell' accomunare il mondo organico ed inorganico come attraversato irrazionalmente dalla volontà di potenza. E chiedo venia, anche se rimane indiscutibile che, secondo Nietzsche, attraversa irrazionalmente almeno tutto il mondo organico.

X Apeiron

Devo chiedere scusa anche a te, perché come al solito ho confuso Eraclito ed Epicuro. Fermo restando che ammirasse molto Eraclito, che ne sia stato influenzato e fonte di ispirazione, devo però correggermi ed affermare che l' ultimo 'amore intellettuale' abbandonato da Nietzsche, come lui stesso afferma in un brano che non riesco ancora ritrovare, è sicuramente Epicuro. Non so perché ma spesso mi capita di confonderli. Come appunto dicevi: nessuno è perfetto.

Inoltre sto sempre costruendo la mia risposta sull' etica e su Eraclito, tanto che sto rileggendo La filosofia nell' età tragica dei Greci. Un' opera giovanile in cui è ancora grande l' influsso di Schopenhauer, ma che ritengo molto interessante.

Però nel frattempo volevo anche darti uno spunto di riflessione su ciò che hai affermato nell' ultimo intervento. Non ti sembra che prendere il meglio da tutte le grandi civiltà sia un po' come il voler portare la Democrazia dove non è possibile? E cioè che quel meglio, chiunque sia chi lo decida e i motivi per cui lo fa, è stato generato in quelle civiltà ed è appartenuto a quelle civiltà e non è esportabile? 

Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.

Apeiron

#250
@Garbino, Direi che sia Epicuro che Eraclito fossero i "preferiti" di Nietzsche. Il primo per la sua quasi (attenzione al "quasi") totale indifferenza rispetto alla metafisica e agli dei, il secono invece secondo me perchè è stato il vero "maestro" di Nietzsche ancor più di Schopenhauer. Da Eraclito infatti ha preso l'enfasi sul "conflitto", sulla "potenza", sulla "vitalità", sulla "contesa" e così via. Oltre all'affascinante (sono serio, non lo dico ironicamente - così come affascinante è la filosofia di Nietzsche compresa la sua parte "metafisica") teoria del "fuoco". Ancora nel 1888 ebbe un'alta stima di Eraclito anche se nel Crepuscolo degli Idoli scrisse: Io metto in disparte con profondo rispetto il nome di Eraclito. Se la folla degli altri filosofi rifiutava la testimonianza dei sensi perchè i sensi sono molteplici e variabili, egli ne rifiutava la testimonianza perchè essi presentano le cose come se esse avessero durata ed unità. — Eraclito, lui pure, fece torto ai sensi. Forse a Nietzsche non tornavano le tendenze monistiche del filosofo efesino. Ma non si capisce bene dal contesto in realtà su cosa Nietzsche lo critica.

Riguardo a questa obiezione che mi poni... sì ammetto che tale progetto potrebbe non stare in piedi, d'altronde anche laddove sembrano esserci evidenti somiglianze (ad esempio tra buddismo e certe scuole dell'induismo) non si possono ignorare le differenze. La vedo un po' come il discorso per cui "la Verità è una ma le descrizioni sono molte". Tuttavia ammesso che ci sia appunto una tale Verità e che non sia una menzogna (in tal caso probabilmente avrebbe quasi ragione Nietzsche a voler essere un buffone  ;D ) ritengo che sia giusto procedere nel tentativo di comprenderla, sempre senza dimenticarsi che ognuno di noi ha il "suo" punto di vista su di essa e non essendo dei gli uomini tramite tentativi ed errori possono procedere nella loro ricerca. Ma non posso non notare come certe cose sembrano ("sembrano" prima che mi si accusi di dogmatismo  ;D ) più "vere" di altre.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Citazione di: Garbino il 31 Ottobre 2017, 16:43:08 PM
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Green Demetr

Capisco la tua perplessità sulla volontà di potenza estesa anche all' inorganico, anche perché anch' io ero convinto che Nietzsche si riferisse soltanto all' organico. Ma nel capitolo: La volontà di potenza nella natura, per criticare e negare una concezione meccanicistica del mondo, ho trovato questo aforisma, e precisamente il n. 637, in cui Nietzsche scrive:
Anche nel regno inorganico a un atomo di forza importa solo ciò che gli è vicino: le forze a distanza si compensano. Questo è il nocciolo della 'prospettiva' e la ragione per cui un essere vivente è "egoista".

A mio avviso, quello che Nietzsche qui intende è che anche nell' inorganico qualunque cosa 'aspira' alla potenza e gli 'importa' ciò che gli è vicino.
Dove appunto il verbo 'aspirare e importare' sono soltanto il modo di descrivere l' accadere nel mondo inorganico, che naturalmente a nulla può aspirare e a cui niente può importare. Ma questo modo di comportarsi, secondo Nietzsche, sarebbe ciò che proverebbe: l' assenza di leggi nei fenomeni e di qualsiasi meccanicismo, l' Universo come regno del caos e l' egoismo di ogni essere vivente.

Sì, forse ho un po' esagerato nell' accomunare il mondo organico ed inorganico come attraversato irrazionalmente dalla volontà di potenza. E chiedo venia, anche se rimane indiscutibile che, secondo Nietzsche, attraversa irrazionalmente almeno tutto il mondo organico.

X Apeiron

Devo chiedere scusa anche a te, perché come al solito ho confuso Eraclito ed Epicuro. Fermo restando che ammirasse molto Eraclito, che ne sia stato influenzato e fonte di ispirazione, devo però correggermi ed affermare che l' ultimo 'amore intellettuale' abbandonato da Nietzsche, come lui stesso afferma in un brano che non riesco ancora ritrovare, è sicuramente Epicuro. Non so perché ma spesso mi capita di confonderli. Come appunto dicevi: nessuno è perfetto.

Inoltre sto sempre costruendo la mia risposta sull' etica e su Eraclito, tanto che sto rileggendo La filosofia nell' età tragica dei Greci. Un' opera giovanile in cui è ancora grande l' influsso di Schopenhauer, ma che ritengo molto interessante.

Però nel frattempo volevo anche darti uno spunto di riflessione su ciò che hai affermato nell' ultimo intervento. Non ti sembra che prendere il meglio da tutte le grandi civiltà sia un po' come il voler portare la Democrazia dove non è possibile? E cioè che quel meglio, chiunque sia chi lo decida e i motivi per cui lo fa, è stato generato in quelle civiltà ed è appartenuto a quelle civiltà e non è esportabile?

Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.

La questione della volontà di potenza io la vedo come questione anzitutto psicologica.
E mi aspetto che Nietzche faccia lo stesso, e credo di poterlo ricostruire.

Ossia quale motivazione psicologica (appunto la volontà di potenza dovrebbe essere la risposta) ci porta a credere che la natura stessa fino all'inorganico sia tutta improntata ad un'azione meccanicistica che tende al caos.(epiciro e democrito appunto)

Ossia una volontà di potenza negativa. (sappiamo che le volontà di potenza sono 2 sei d'accordo no?) Per inciso che qui ci si perde facilmente la volontà di potenza non è la teoria fisica, la cosmologia nicciana, ma il pensiero stesso, il suo psicologismo.
Il punto è perchè Nietzche non la ravvisa, perchè ne parla invece come se fosse positiva?
(notare questa mia opinione nasce dalle tue citazioni e da un altro paio di dozzine di recensioni di intellettuali, IO NON CI CREDO CHE SIA COSI)

Bisogna intendersi però.

Credo che come Leopardi Nietzche scopra ben presto che la Natura si disinteressa alle cose umane.
(Ma voglio dire anzitutto vorrei accertarmi che tu questo lo capisca e lo accetti, perchè invero già solo questa idea spezza le gambine al 99,9 per cento della gente, che crede invece che noi siamo la Natura....)





Vai avanti tu che mi vien da ridere

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Apeiron

Devo chiedere ancora una volta scusa sia a te che agli altri utenti perché sono andato a correggermi proprio la volta in cui non mi ero confuso tra Eraclito ed Epicuro. ( Il fatto che mi confonda ed anche spesso, a mio avviso, è che Eraclito viene soprannominato l' oscuro e da qui Epicuro.)

Ed allora conviene ricapitolare: Nietzsche ha avuto diversi autori, specialmente francesi come ad esempio La Rochefoucauld, ma senza dimenticare Goethe, Shakespeare e alcuni autori tragici e commediografi greci, che hanno suscitato la sua attenzione e le sue simpatie. Erano soprattutto libri ed autori che leggeva tra una sua opera ed un' altra. Leggere cose altrui nei periodi di gestazione lo riteneva assolutamente negativo. Ma tre sono gli 'amori intellettuali' a cui si sentiva veramente legato spiritualmente e cioè: Wagner, Schopenhauer ed Eraclito.

Con Wagner, come sappiamo, i rapporti andarono sempre peggiorando nel tempo finché crollarono quando Wagner 'divenne pio'. Mentre il ripudio di Schopenhauer dipese da un maggiore approfondimento delle sue opere in cui, a suo dire, constatò che Schopenhauer diceva no alla vita. E, a mio avviso, è ovvio che queste due figure rappresentarono nella sua giovinezza ( non dimentichiamo che la sua vulcanicità filosofica fu piuttosto precoce) quella necessità di trovare nel suo tempo qualcuno con cui si potesse sentire a suo agio. Naturalmente illudendosi, tanto che maltratterà sempre entrambe nei suoi scritti successivi. E giunse anche ad affermare che nell' Inattuale dedicata a Schopenhauer come educatore, ogni volta che aveva nominato Schopenhauer si poteva tranquillamente sostituirlo con Nietzsche.

Eraclito rappresentò per lungo tempo il filosofo a cui si sentiva più legato. E le motivazioni che tu hai portato sono sicuramente le più appropriate. Anche se taluni  indicano come motivo anche l' atteggiamento aristocratico di Eraclito, che si ripercuoteva anche nell' individuazione e scelta dei suoi discepoli; pochi e sempre appartenenti alle famiglie più facoltose. 
Il far torto ai sensi e che tu indichi come critica di Nietzsche ad Eraclito, a mio avviso, va visto in questo modo. Secondo Nietzsche infatti non sono i sensi a sbagliare ma l' uomo con le sue valutazioni razionali su ciò di cui ha esperienza. E' il riscontrare, anche attraverso la matematica e la logica, una similarità tra fenomeni, cose ed essere viventi, che secondo Nietzsche non esiste. Non sono i sensi a sbagliare e perciò Eraclito, affermando che ne rifiutava la testimonianza perché essi presentano le cose come se avessero durata ed unità, faceva torto ai sensi. Un aspetto che per Nietzsche può ritenersi fondamentale. Questo per il momento.

X Green Demetr.

Scusami ma non afferro il concetto della scissione della Volontà di Potenza. A mio avviso, secondo Nietzsche essa è una e indifferenziata. I suoi effetti però variano da organismo ad organismo in rapporto a ciò che ogni essere vivente è. E ciò dipende da tanti fattori, visto e considerato che oltre alle diversità di specie e la loro diversa complessità organica, secondo Nietzsche, c' è una differenza sostanziale tra ogni essere vivente anche appartenente alla stessa specie. Quindi, a mio avviso, non può essere considerata né positiva né negativa.

E' indubbio che nell' uomo la volontà di potenza acquisisce anche un aspetto psicologico, ma il sentire un appagamento della volontà di potenza è qualcosa che investe tutto il corpo. La menzogna in molte valutazioni umane dipende anche dalla volontà di potenza? Certo! Ma gli effetti saranno negativi per una vita in decadenza e positivi per una vita in ascesa. Questo sempre tendenzialmente. Ci sono stati errori infatti, secondo Nietzsche, che hanno giovato moltissimo all' uomo per poter vivere senza pesi che lo schiacciassero. Altre menzogne invece gli hanno reso la vita un inferno. 

Per quanto riguarda il meccanicismo, mi sembra che fossimo d' accordo che bene o male ipotizziamo la presenza di un meccanicismo che dipende dalle sinergie stesse che si instaurano grazie alla diversità degli elementi e dalle condizioni in cui gli elementi vengono a trovarsi. Tanto che da parte mia lo definirei un meccanicismo sinergico. Senza regole, senza ripetizioni di fatti, di fenomeni uguali. Il Caos. E così la vede anche Nietzsche. Soltanto che lui nega anche il meccanicismo. E su questo riporterò qualcosa se dovessi avere qualche dubbio.

La Natura. Anche qui penso che ci sia un fraintendimento, di cui forse sono io il responsabile. Io non credo che la natura abbia nel suo complesso delle affezioni. Ogni essere vivente ne fa parte ma del tutto autonomamente. La natura cioè per me è solo un nome, niente di più. Ma ciò non toglie che sono le sinergie che si sviluppano al suo interno a permettere la vita. E il fatto che le foreste siano il polmone della Terra è uno dei tanti esempi che sembrano confermarlo. Ma è tutto circostanziale. Le cose accadono e basta. Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma spero di sì. 
E cerca di non urtarti se qualcosa non ti va a genio, ma esponi chiaramente quali siano i dubbi e le problematiche negative che ne risulterebbero.

Grazie per la cortese attenzione e mi scuso ancora per la doppia correzione riguardante Eraclito.

Garbino Vento di Tempesta.

Apeiron

C'è da chiedersi se Nietzsche non tradì in fondo i sensi anche lui  ;D 

Rilevo poi un'interessante differenza tra il "daoismo" e la volontà di potenza nietzscheiana. Nel daoismo la creazione e la distruzione - come fenomeni "naturali" - sono spontanei quindi senza alcun obbiettivo e scopo (motivo per cui si parla di "non-azione"). L'azione è totalmente spontanea. Il grande problema del daoismo è la sua errata idealizzazione della natura: l'acqua non è "più naturale" del fuoco, ergo se ci si limita alla mera osservazione empirica posso vedere che la stessa acqua non sempre "ben giova alle creature". Nella loro idealizzazione i daoisti invece ritengono che il comportamento più "naturale" dell'uomo è come quello più naturale del "Dao", ossia quello per cui l'acqua "ben giova alle creature e non contende...". Ad ogni modo l'azione della "natura" qui è vista come qualcosa di spontaneo.

La volontà di potenza invece NO. Nietzsche credeva molto quasi nel "dovere" dell'uomo di sforzarsi, di "creare" nuovi valori, di dominare ecc. Ora come può dirsi "spontanea" un'azione che ha un fine? Come può dirsi "libera dalla morale" ogni vita che si pone un "obbiettivo"? Ossia come può qualcosa di spontaneo volere/mirare a qualcosa? In sostanza per come la vedo io, il "tu devi" per Nietzsche da un'imposizione esterna si è trasformata in una sorta di "imposizione interna", ossia in una sorta di uno sforzo titanico (e tragico), di un tentativo di affermazione. Così infatti come nelle tragedie quello che ci provoca dispiacere è che le cose vadano contro la volontà dei protagonisti (e il dispiacere aumenta all'aumentare della nobiltà e alla "bontà" degli obbiettivi dei protagonisti), così l'aspetto "tragico" e "vitale" dell'oltre-uomo è il suo tentativo di "affermarsi" e di "trasvalutare" tutti i valori. Posso comprendere come questa "azione" possa essere vista come naturale. Però è anche vero che non mi pare veramente fuori dai concetti che solitamente si attribuiscono a morale ed etica, ossia lo "sforzarsi" di raggiungere un certo obbiettivo  ;) su questo punto ha quasi ragione Schopenhauer (e i vari "rinuncianti"): è proprio l'azione che "non mira a nulla" ad essere veramente spontanea. Questa a mio giudizio è un'obiezione molto interessante per quanto riguarda la supposta spontaneità della "volontà di potenza". Può definirsi spontaneo qualcuno che agisce sempre per realizzarsi?


N.B. Vorrei far notare che questa mia obiezione può essere basata su un equivoco. Però quello che volevo far notare è che la stessa volontà di potenza "amorale" può essere capita in termini di obbiettivi e quindi in ultima analisi in termini "morali".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2017, 11:34:08 AM
N.B. Vorrei far notare che questa mia obiezione può essere basata su un equivoco. Però quello che volevo far notare è che la stessa volontà di potenza "amorale" può essere capita in termini di obbiettivi e quindi in ultima analisi in termini "morali".

Non so nulla di preciso della tradizione cinese, sebbene abbia letto qualche aforisma della tradizione taoista.

Mi pare un pensiero veramente ostico, vedere il cielo in terra, come nella tradizione confuciana, o vedere l'impossibilità della terra di tenere il cielo, come nella tradizione più propriamente filosofica del taoismo.
Non mi ci raccapezzo. Mancano tutte le principali coordinate della tradizione Europea e Indiana.

Rimane però una metafisica, ossia una ordinazione di un mondo sopra un altro (ideale).

Non devi mai dimenticare caro Apeiron che Nietzche è anzitutto un anti-metafisico.

Interessante il quesito che poni comunque.

A questo punto della mia ricerca non saprei dirti se possa essere una valida critica al pensiero di Nietzche.

Di certo la parola volontà sarebbe da intendere meglio.

E' la volontà del soggetto? E se no (come credo) come connotarla semanticamente?

Mi sembra che nel tuo caso, ne fai una questione del soggetto.

Tu rimproveri a Nietzche il fatto che lui ammettendo (?) la volontà come politica, di fatto dia adito alla creazione della stessa morale, che lui critica.

Ma certamente mi complimento perchè hai fatto un collegamento estremamente impervio (parrebbe così a sentire gli altri interventi, non dico solo su questo forum, ma proprio in generale) dimostrando di essere per qualche motivo dentro al percorso Nicciano.


Ti manca ovviamente (per me) il decennio in cui ti rendi conto di essere comunque dentro alla storia e alle sue torture (psicologiche ok).

Il punto è che Nietzche ci arriva quasi subito.(evvabbè è un mostro).

La questione della guerra è proprio dietro quell'angolo.

Non si tratterebbe di rimanere sulle proprie posizioni ma di superarle continuamente.

Ossia di leggere le continue chiusure che la storia, eventuale, mostra come morale.

Non si tratta di costruire una morale, ma di costruire la comunità degli amici.

Che per lui è una comunità in perenne lotta, in perenne guerra.

Non legge la storia come teleologia, ma comunque la legge in quanto esistente.

Negare il Mondo non significa automaticamente negare la storia.

Anzi è proprio la Storia che costruisce il Mondo che si vorrebbe negare, e che quindi di fatto si conosce!

Ahimè questa frase innocente è bagnata dal sangue della sofferenza del mio salto dall'oriente all'occidente.

Non esiste filosofia senza praxis, non significa che la filosofia debba avere una sua praxis, ma che la filosofia è dentro a quella praxis.

Ossia è dentro la morale.

Fare i conti con la morale, non significa creare un altra morale.

Ma hai colto nel segno però, perchè fare i conti con la morale significa alla fine costituire una nuova morale. Ottimo amico mio.

E' questo l'errore indefesso, e non raccolto, dell'eredità nicciana.

Che la morale è il nichilismo.

Ma il nichilismo va navigato. (ed è qui che perdi di vista l'orizzonte nicciano, e fermandoti alla tua intuizione primaria, credi che nietzche sia un nichilista. Il che sarebbe vero, se non aggiungi il resto del suo lavoro).

Nietzche è un navigatore delle morali, delle psicologie umane, come si sono date (random) nella storia.

Nietzche è il ri-costruttore della genealogia delle morali, ossia dei suoi errori.

Intesi proprio come suo vagare errante, senza meta reale (la meta è sempre presunta, metafisica).

La posta in gioco non è dunque la meta (non vi è mai meta) ma il viaggio comune, comunitario.

Ossia la potenziazione dell'essere uomini, ossia naviganti. Erranti.

Come dice nello zaratustra equilibristi, in attesa di essere fagocitati dal popolino.

Ossia se cominciamo a capire, in attesa di essere fagocitati dalla storia, dalla morte.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

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