Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Aperto da Garbino, 08 Aprile 2016, 20:16:34 PM

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maral

Citazione di: Garbino il 28 Maggio 2017, 20:39:33 PM
A questo punto l' argomento si fa complesso e spero di essere chiaro nel cercare di evidenziare i miei dubbi.
Bene, abbiamo detto che l' uomo mordendo il serpente si libera del suo passato e diviene oltreuomo accettando ciò che lo circonda fino all' abisso che a tuo avviso è di carattere ontologico. Quello che vorrei però mettere in evidenza è che Nietzsche intende il Superuomo o Oltreuomo come il fanciullo che finalmente può creare nuovi valori. Ma se ciò è vero significa anche che deve porsi come colui che riesce a spezzare il ciclo dell' Eterno Ritorno altrimenti si ritroverebbe sempre al cospetto di qualcosa che è già stato. Ma Nietzsche non lo ritiene possibile, identificando nel credere di creare qualcosa di nuovo come il ritorno della vecchia concezione del Dio di cui si ci era finalmente liberati.

Questo ragionamento cioè crea una contraddizione tra l' Oltreuomo e l' Eterno Ritorno.

Il secondo aspetto è la discrepanza, rilevata anche da Heidegger, che Nietzsche ritrova tra La volontà di potenza come arte e la verità. E la discrepanza è che per quanto l' Oltreuomo pensi di essere nel vero egli è comunque una manifestazione di una volontà che ama la menzogna e che trasfigura il mondo per poterlo renderselo accettabile. Al che l' Eterno Ritorno stesso, che Nietzsche vuole sostituire alla Metafisica e alla Religione, diviene  purtroppo un' ulteriore menzogna a cui l' Oltreuomo invece non dovrebbe soggiacere. Può cioè soggiacerci Nietzsche, che Oltreuomo non è, e questo è il terzo aspetto, ma ciò che poi si determinerà nel pensiero di chi attraversa il ponte chi può saperlo?
Capisco bene i tuoi dubbi Garbino, il problema è che l'Eterno Ritorno si presenta come estremamente sdrucciolevole, può sembrare la negazione più radicale dell'Oltreuomo che è tale proprio in quanto come un fanciullo, crea nuovi valori. Con l'eterno ritorno sembra invece proprio il contrario. Dove va a finire allora l'Oltreuomo?
Forse bisognerebbe riprendere in mano proprio quel passo dello Zarathustra in cui l'episodio del pastore è presentato come enigma rivolto ad arditi esploratori di mari inesplorati.
   
Citazione di: ZarathustraA voi, intrepidi cercatori, a voi tentatori, e a tutti coloro che s'imbarcano per terribili mari con vele sagaci;
A voi, ebbri di misteri, amatori del crepuscolo, la cui anima come dal suono d'un flauto si sente attratta verso ingannevoli abissi; (giacchè voi sdegnate seguire con vil mano un filo che vi guidi per il cammino; e dove potete indovinare, sdegnate di comprendere).
E' proprio l'Oltreuomo che sta al centro dell'enigma rappresentato dalla improvvisa enigmatica immagine del pastore che si libera del serpente che, essendogli penetrato in gola, lo soffoca mentre giace addormentato, e questo accade dopo che Z. ha presentato l'eterno ritorno al nano, lo spirito di gravità che lo trattiene appesantendolo nella sua ascesa in vetta mentre lo deride.
Quel morso che finalmente stacca la testa del serpente è proprio ciò che libera l'attimo del suo passato, non cancellandolo (dunque non facendolo divenire niente, perché è nel serpente che ogni cosa diventa niente), ma tramutandolo nell'assoluta novità di un presente che eternamente accade. E' qui, proprio in quel morso, che l'uomo trasfigura nel fanciullo che è l'oltreuomo:
Citazione di: ZarathustraNon più un pastore, non più un uomo — ma un rinnovato, un illuminato, che rideva!
Non mai ancora sulla terra uomo rise al pari di lui!
Proprio perché c'è l'eterno ritorno l'alba è eterna, ogni volta è alba radiosa, la giornata reca l'aria fresca di una novità inesauribile di progetti che vogliono affermarsi ancora, all'infinito.
Sì, al divenire si imprime così il carattere dell'essere e non c'è volontà di potenza più grande di questa: perché nulla invecchia.
Ma, viene obiettato, se questa è volontà di potenza, è una menzogna! Come può l'oltreuomo che vuole la verità accettare la menzogna, accettarne la consolazione? Ma l'oltreuomo non l'accetta, la vuole! E non la vuole come consolazione, consolazione all'invecchiare del mortale, consolazione di fronte a tutto ciò che si fa rovina trascinando ogni cosa nel nulla.
Citazione di: ZarathustraE le cose non sono esse forse collegate tra sé in tal modo, che questo Momento tragga dietro a sé tutte le cose venture? E per conseguenza — anche se stesso?
La vuole come trionfo della falsificazione in cui compiutamente si realizza, poiché è proprio la falsificazione che mette in mostra la verità e che quindi, falsificandola, vuole continuamente, senza mai esaurirsi, la verità.
Il pastore trasfigurato ride e quella risata non è semplicemente il segno di un animo diventato allegro e felice, ma è la verità stessa che si annuncia nella volontà che la mente, ossia in ogni illusione, in ogni errore destinato a ripresentarsi.
In questo senso per dire la verità non si può che tradirla, volerla continuamente tradire e tradire di nuovo. E la si tradisce ogni volta in ciò che resta detto.  

Ecco, io ho provato a risolvere così l'enigma che Nietzsche pone ai naviganti intrepidi. Ma ogni navigante, più o meno intrepido che sia nel suo pensare, dovrà cercare la sua soluzione all'enigma facendosene carico. :)

Garbino

Nietzsche: L' uomo e il suo diritto al futuro.

Le opinioni mi sembrano piuttosto consolidate in merito all' Eterno Ritorno e non resta che riprendere il cammino.  Gli argomenti aperti sono diversi e prima di tutto intendo riportare i paragrafi 2, 3 e 4 dell' aforisma 853, L' ARTE NELLA " NASCITA DELLA TRAGEDIA".

par. 2) L' arte e nient' altro che l' arte! E' quella che più rende possibile la vita, la grande seduttrice della vita, il grande stimolante della vita....
L' arte come unica forza contraria e superiore a ogni volontà di negare la vita, l' anticristiano, l' antibuddistico, l' antinichilista par exellence.
L' arte come la redenzione di chi sa ( redenzione di chi sa in corsivo ) - di colui che vede il carattere terribile ed enigmatico dell' esistenza, ma lo vive e lo vuole vivere, dell' uomo tragico e guerriero, dell' eroe.
L' arte come la redenzione del sofferente ( redenzione del sofferente in corsivo ) - la via verso condizioni in cui la sofferenza è una forma del grande rapimento.

par. 3) Si vede che in questo libro il pessimismo, o diciamo più chiaramente il nichilismo, ha valore di "verità". Ma la verità non è più il criterio del supremo valore, e ancor meno la potenza più alta. Qui la volontà di apparenza, di illusione, di inganno, del divenire e del variare ( di illusione oggettiva ) è considerata più profonda, più originaria, più metafisica della volontà di verità, di realtà, di essere - quest' ultima, anzi, è semplicemente una forma della volontà di illusione. Così pure, il piacere è considerato più originario del dolore: e il dolore è ritenuto condizionato, come un fenomeno che segue alla volontà di godere ( dalla volontà di divenire, crescere, configurare ecc., ossia di creare - di creare in corsivo- : ma nel creare è compreso il distruggere). Viene concepito uno stata supremo di affermazione dell' esistenza, dal quale non è possibile espungere il supremo dolore: la condizione tragico-dionisiaca.

par. 4) Così questo libro è persino antipessimista: nel senso che insegna qualcosa che è più forte del pessimismo, più "divino" della verità. Nessuno, a quanto sembra, più dell' autore di questo libro sarebbe propenso a parlare seriamente a favore di una radicale negazione della vita: più che un dire di no alla vita, di una reale azione (azione in corsivo) negatrice della vita. Soltanto, egli sa - perché lo ha vissuto: forse non ha sperimentato nient' altro - che l' arte ha più valore ( più valore in corsivo ) della verità.
Già nella prefazione, in cui Richard Wagner viene come invitato al dialogo, compare questa confessione di fede, questo vangelo d' artista: "l' arte è il vero compito della vita, l' arte è la sua attività metafisica.... (metafisica in corsivo ).

Non riesco ad uscire da un sempre maggiore consolidamento della mia opinione. Di un filo che mi sta portando ben al di là della opinione palesata sull' Eterno Ritorno. E' come un sentiero che si inerpica prima di arrivare alla radura, ad un aprirsi dell' orizzonte che mi introduce nel messaggio di Nietzsche e che mi inebria con un' ebbrezza che mi sconvolge fino in fondo all' anima ad ogni passo, ad ogni curva superata, ad ogni cespuglio che mi si frappone e che riesco ad  estirpare.

X Maral

I miei dubbi cioè rimangono, anzi brani come questi li amplificano e mi fanno vertere su altre possibilità, opinioni, fermo restando che la tua ricostruzione rimane sempre convalidata e perciò accettabile. Ma per me no. Ma la strada è ancora lunga e il sentiero tortuoso.

Ringrazio per la cortese attenzione. Non so ancora quale sarà l' argomento del prossimo post, e molto dipenderà da eventuali interventi.

Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Prima di riprendere il nostro cammino, volevo parlarvi di un aneddoto che mi riguarda direttamente e che risale a quando frequentavo il secondo Liceo Scientifico. Un giorno infatti, mentre ero in treno che tornavo verso casa, una ragazza che frequentava il Liceo Classico mi chiese se potevo dare uno sguardo ad un esercizio sulle equazioni di secondo grado e che non riusciva a risolvere. Nulla di trascendentale, ma si trattava di un' equazione fratta in cui era necessario mettere in evidenza un binomio al numeratore che corrispondeva al denominatore in modo che rimanesse un' equazione di secondo grado su cui applicare gli schemi di risoluzione dell' equazione. Ma ciò che mi colpì allora fu il modo in cui questa ragazza rimase interdetta dalla facilità con cui risolvevo ciò che per lei era così difficile. Quando per lei il latino e il greco e tutte le materie umanistiche non rappresentavano un problema, anzi era molto brava.

Questo aneddoto, nel corso degli anni, e con continue verifiche su altre persone, mi ha portato a considerare che c' è una predisposizione naturale nei confronti di determinate attività razionali e che, a mio avviso, si possono raccogliere in quattro tipi fondamentali: materie umanistiche o classiche, materie scientifiche, materie tecniche e manuali. Poi naturalmente ogni tipo fondamentale ha diverse sottoclassificazioni che per il momento non ci interessano.

Le due categorie o tipi fondamentali che mi interessa mettere in evidenza sono quella umanistica e quella scientifica. Infatti è tra queste due categorie che si concentra il maggior numero di filosofi o pensatori. Il problema è che ciascuna persona per affrontare lo studio filosofico, e cioè ciò che ha a che fare con la conoscenza,  ha la necessità sia di avere una buona conoscenza linguistica ( grammatica, sintassi, semantica, episteme e così via ) ed una buona conoscenza logica ( deduzione, induzione, sillogismo e così via ). E ciò mi porta a considerare che la possibilità di capire problemi di carattere classico per una razionalità di tipo scientifico è alta, come è alta quella dei problemi di carattere logico-matematico per una razionalità di tipo classico.

Quindi, al di là di chi ha interesse soltanto a mistificare, sussiste una difficoltà profonda di comunicazione tra questi due tipi o categorie di persone e che si riflettono automaticamente sul linguaggio. Quando ad esempio troviamo A non può essere uguale a non A, molti non capiranno che la base di questa affermazione si basa sui criteri del numero, e cioè che sarebbe come dire che 1 non può essere uguale a non 1.  Criterio che è alla base del numero e dell' aritmetica. Mentre è ovvio che il tipo scientifico avrà problemi a rapportarsi con tutto ciò che concerne la grammatica e la sintassi. A meno che non ci si imbatta in un genio che naturalmente può superare le difficoltà determinate dall' appartenere ad un tipo o ad un altro, o che riesca a superarle perché presenta entrambe le predisposizioni.

Ma l' argomento che volevo sottolineare maggiormente, è che quando io affermo che Aristotele ha compiuto un errore di carattere matematico ponendo l' infinito nel campo reale, molti possono non capire cosa ciò determini a livello logico sillogistico. E cioè che gli universali sono validi sono nel campo finito e quanto più si ci avvicina all' infinito tenderanno ad essere non accettabili per divenire non accettabili all' infinito. Questo è il motivo per cui si può dimostrare falsamente che non esiste il divenire sia a livello filosofico che fisico ( come appunto avviene nella quantistica ). Come ho già specificato altrove, all' infinito non sussiste un prima o un dopo e perciò tutto sembra fermo. Ma non lo è nella realtà, ma soltanto in un metodo che si avvale dei principi matematici come è il nostro.

A mio avviso, questo è un argomento molto importante e ringrazio tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

maral

Aristotele (e in generale il pensiero greco) distingueva comunque tra il cattivo infinito e il buon infinito ove il primo era illimitato, il secondo limitato e solo il secondo era razionale e quindi solo l'infinito limitato poteva essere reale.
Questo discorso però, per quanto interessante, mi sembra ci porti lontano dall'argomento in discussione a meno che tu non abbia in mente di ricondurvelo.

green demetr

infatti garbino che centra aristotele con nietzche?

inoltre mi pare strano che aristotele e i greci credessero nell'infinito.

Ma non era sempre cattivo per loro? lo chiedo anche a maral. (che è l'infinito limitato?????)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#185
La sfera parmenidea è il classico esempio di infinito limitato. La linea retta è un infinito illimitato, la circonferenza è infinito limitato (ma anche un segmento come un numero infinito di punti è infinito limitato).

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Maral e Green

Gli sviluppi che tale teoria sulla logica sillogistica genera sono appunto quelli che si riflettono sulle grandezze immensamente grandi e piccole e che, a mio avviso, è di grande importanza. E si riflettono soprattutto sulle interpretazioni di Nietzsche e sugli sviluppi filosofici di carattere Metafisico.

Nei confronti dell' infinito, ha ragione Maral che, come sono andato a verificare, sussisteva fino ad Aristotele un' interpretazione negativa dell' infinito che si riteneva irraggiungibile e a cui non si poteva aggiungere o sottrarre niente. Aristotele invece, e questo è anche il mio pensiero, considera l' infinito solo un concetto e che è possibile soltanto in potenza ma non è mai atto. Mentre afferma che ci sono grandezze talmente grandi ( positive ) o piccole ( negative ) che vengono considerate infiniti ma che non lo sono affatto e che perciò sono da considerare grandezze finite.

E la dimostrazione delle due rette inerisce proprio alla sua valutazione che non possono esistere rette infinite. E qui sta la contraddizione di fondo che avevo messo in evidenza perché se già in partenza le consideri finite è ovvio che ruotandole lasceranno l' infinito, ma ciò si basa appunto dal criterio di partenza della loro finitezza. Quando poi passiamo ad analizzare gli insiemi, ciò che sfugge è che quanto più un insieme è grande più è difficile che possano ritenersi convalidati i criteri di appartenenza. Ed ecco perché ritengo che la logica sillogistica perda di accettabilità quanto più negli universali si ci avvicina ad insiemi che contengono categorie o soggetti che si avvicinano all' infinito.

Ad esempio, un primo termine che affermi che tutte le piante sono mortali, è un primo termine da prendere con le molle, e cioè che la grandezza stessa dell' insieme non ne garantisce la verificabilità e perciò l' attendibilità. Errore questo che è possibile riscontrare in sillogismi di carattere Metafisico e che spesso vengono ritenuti validi e non non-attendibili come dovrebbe essere.

E visto che è di Nietzsche che comunque stiamo parlando vi riporterò l' ultimo aforisma ( il n. 1067) della Volontà di potenza:
Questo mondo è un mostro di forza, senza principio, senza fine, una quantità di energia fissa e bronzea, che non diventa né più grande né più piccola, che non si consuma, ma solo si trasforma, che nella sua totalità è una grandezza invariabile, un' economia senza profitti né perdite, ma anche senza incremento, senza entrate, circondata dal "nulla" come dal suo limite; non svanisce né si sperpera, non è infinitamente esteso, ma inserito come un' energia determinata in uno spazio determinato, e non in uno spazio che in qualche punto sia "vuoto", ma che è dappertutto pieno di forze, un gioco di forze, di onde di energia che è insieme uno e molteplice, di forze che qui si accumulano e là diminuiscono,.....che scorrono in eterno a ritroso, un mondo che ritorna in anni incalcolabili, il perpetuo fluttuare delle sue forme, in evoluzione dalle più semplici alle più complesse;........... dal gioco delle contraddizioni torna al gusto dell' armonia e afferma sé stesso....., e benedice sé stesso come ciò che deve eternamente tornare, come un divenire che non conosce né sazietà, né disgusto, né stanchezza. Questo mio mondo dionisiaco ( dionisiaco in corsivo) che si crea eternamente, che distrugge eternamente sé stesso, questo mondo misterioso di voluttà ancipiti, questo mio "al di là del bene e del male", senza scopo, a meno che non si trovi uno scopo nella felicità del ciclo della volontà,.........? Questo mondo è la volontà di potenza - e nient' altro ( tutto corsivo )! E anche voi siete questa volontà di potenza - e nient' altro.

E scusate se è poco. Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

maral

#187
Molto interessante e certamente molto bello l'ultimo frammento che hai citato, Garbino. Interessante soprattutto se raffrontato ai precedenti tre passi tratti da "La nascita della tragedia", opera del primo Nietzsche che vide la pubblicazione nel 1872, quando lui aveva solo 28 anni e ancora pensava l'espressione artistica in termini di realizzazione finalistica  della volontà di potenza. Qui invece ogni finalismo si annulla nella potente immagine di quel mondo che torna eternamente a se stesso, senza scopo alcuno al di fuori del suo eterno ripetersi, creandosi e distruggendosi per ricrearsi e distruggersi di nuovo. Non si tratta più di un'estetica della rappresentazione tragica, ma si è al culmine finale della tragedia stessa che non è più "tragedia", ma l'essenza della volontà di potenza finalmente colta nella sua totale autoreferenzialità ontologica, totale da cui nulla è escluso poiché ogni cosa si ripete allo stesso modo.
Nietzsche ha avuto il coraggio di portare fino in fondo il suo pensiero iniziale, senza arrestarsi intimorito di fronte ad esso, in questo sta, credo, la sua grande onestà e coraggio, forse un'onestà e un coraggio che solo una follia latente poteva permettere. E, oltre questo, poteva solo esserci solo il silenzio della follia finale a incarnare l'Oltreuomo, colui che troncò con un morso la testa del serpente e rise beato, libero come mai prima.

P.S. Garbino mi segnala che i passi che sopra ho attribuito a "la nascita della tragedia" sono in realtà nella "Volontà di potenza". Questo ovviamente cambia il pensiero sopra espresso, in tal caso Nietzsche sembra forse voler entrare lui stesso con la sua vita nell'opera di rappresentazione tragica che ha concepito per non uscirne più.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

L' ultimo aforisma che ho riportato è la sua visione dell' accadere nell' Universo. Un accadere determinato dall' energia e dal suo flusso. Senza senso e senza un fine. Inoltre deduce che dato il tempo trascorso se l' Universo avesse un fine, l' avrebbe già raggiunto, e da qui la sua idea dell' Eterno Ritorno che non è che un ripetersi all' infinito del già accaduto.
Quello che volevo puntualizzare e criticare di questa interpretazione dell' accadere, è che non c' è alcuna prova che sia effettivamente trascorso un periodo sufficiente a far sì che l' Universo raggiungesse uno stadio definitivo e perciò la deduzione dell' Eterno Ritorno si basa su una supposizione non comprovata e perciò opinabile. Del resto potrebbe veramente essere scaturito da un big-bang e che L' universo nel suo estendersi raggiunga lo zero assoluto e si congeli.

Ma inoltre, non c' è nessuna prova che vi sia un passato infinito, e perciò di sicuro si può ammettere che vi siano miliardi di situazioni che si ripetono, ma che necessariamente vi sia un ripetersi anche di un ciclo vitale che determini la presenza di un essere pensante non è assolutamente verificabile. E comunque in questo accadere e ripetersi dell' accadere non v' è nulla di ontologico. Non c' è niente che lo provochi se non la volontà di potenza come modus di tutto ciò che riguarda il movimento e il trasformarsi dell' energia. Nessuna cosmologia, nessun essere.

Questo comunque lo scenario in cui per Nietzsche si articola anche la vita. Una vita, e per vita intendo ogni essere vitale, anch' essa senza senso e destinata ad un eterno ripetersi dell' accadere in cui il modus è ancora quello determinato dalla volontà di potenza. Una volontà di potenza che acquisisce nel caso dell' uomo un elemento determinante: l' arte.

Ed è l' arte che si manifesta in ogni menzogna che l' uomo ha creato, per rendersi accettabile una vita senza senso. Il fatto che la vita non abbia senso è un' opinione su cui concordo pienamente. Un Mondo Vero inventato ed assolutamente falso che però ha spesso fornito all' uomo quella soddisfazione della sua volontà di potenza che gli ha arricchito la vita e gliel' ha resa accettabile. L' unica morale veramente pericolosa però rimane quella Cristiana, perché innalzando il Mondo Vero fa precipitare nell' abisso del dolore il Mondo apparente che secondo Nietzsche è l' unico Mondo.

La morale Cristiana perciò diventa la causa principale del Nichilismo, e l' unica via d' uscita è l' evolversi in Oltreuomo, accettando il suo destino a ripetere il suo accadere all' infinito, accettando il suo dolore, il fattore tragico della vita e affrontandola da guerriero e da eroe. Egli rinuncia all' illusione di ogni Mondo Vero e trasfigura la realtà a suo piacimento, sapendo appunto che la verità ( anche se menzogna ) insita nel divenire è più profonda della volontà di verità, di realtà, di essere. L' arte è la sua attività metafisica e che lui esprime e trasfigura soltanto nel mondo fisico immerso nel divenire.

La volontà di potenza come arte e l' eterno ritorno rivolti però al divenire, e cioè nello stretto campo fisico, sono a mio avviso la sua Metafisica. Ed è per questo che lo considero ancora un Metafisico anche se non più ancorato alla Metafisica Classica come Heidegger sostiene nella sua opera: Nietzsche.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Che l'eterno ritorno sia una cosmologia, è l'ipotesi più credibile.

E per questo che la escludo dal principio.  ;D

Il perchè lo ha illustrato Severino, come si spiegherebbe il suo stato di sovra-eccitazione, come si spiegherebbe che per lui è l'idea più alta che ha raggiunto, se fosse una semplice nozione fisica imparata da qualche libro? :o
E sopratutto perchè dice di averla compresa davanti ad un masso????

AAAAAhh non ha senso! e per me ripeto rimane un enigma!  :'(

E comunque se fosse una cosmologia, pace e amen, non vedo poi cosa cambi rispetto a tutto il resto del suo ragionamento.

L'arte come menzogna consolatoria rispetto alla vita come menzogna.

Ma in umano troppo umano scrive ad un certo punto:

Perchè la filosofia si è interrogata sulla verità e non sul falso??

E se la vita fosse invece completamente un falso??

DUNQUE

la vita è quel falso!!! ossia è la volontà di potenza stessa!

Un tentativo di dominio, di episteme che si risolve in un costante stato di sconfitta.

Di divenire, nulla rimane uguale, nulla è certo.

A questo punto Nietzche teorizza la psicanalisi (sproni di Derrida), freud copia pari pari il concetto di resistenza.

La vita dunque non è verità come la filosofia ha sempre pensato, ma è resistenza (ad ogni divenire).

Ma poichè consiste in menzogna, la resistenza va analizzata e sciolta nel concetto di volontà di potenza.

Ossia la volontà di vita deve coincidere con la volontà di potenza, ossia in analisi infinita delle resistenze umane, (oh guarda caso quello che dice la psicanalisi).

Lacan stesso quando se ne accorge (la cura non ha fine) viene espulso dal società di psicanalisi.

Nietzche è l'unico pensatore che invece che arrivare alla conclusione della sua vita con quella idea.

Ce l'ha presente fin dall'inizio.

E' per questo che è un visionario! semplicemente perchè riesce a vedere oltre il nichilismo sin da subito (ok a 29 anni ;) )

(Eh sì mi ero perso per strada il "verità e menzogna in senso extramorale" che è del 1873, 5 anni prima di UTU, testo in cui compare la linguistica di nietzche,,,,,ecco perchè non la trovavo in UTU....mi toccherà recuperarlo, perchè forse è l'ultimo nietzche ancora intendibile dall'accademia ;) )

la comunità degli amici allora non diventa una comunità dei resistenti (cristianesimo) ma una comunità dei rivoluzionari permanenti, ossia una comunità che fa del valore del coraggio dell'amicizia, i compagni di una guerra senza fine.

Un compito sovrumano. Ma come dice nel primo capitoletto dell'introduzione:
basta la vita vuole menzogna e io voglio vivere!!!!

In ballo è la questione della vita, di una volontà di potenza cattiva (la natura di leopardiana memoria) contro una volontà di potenza buona (l'atto creatore delle infinite resistenze, della stella danzante etc...) un desiderio di dominio perdente sul un dominante che non domina.
Due perdenti in perenne battaglia.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#190
No, non penso che l'eterno ritorno sia da intendersi come un'ipotesi scientifica, ci troviamo su un piano diverso da quello esplorabile dal linguaggio scientifico. L'eterno ritorno è una provocazione, non una provocazione arbitraria, ma resa necessaria dalla volontà di potenza che Nietzsche sente la necessità di porre in modo metafisico, assoluto.
Penso che la chiave per capire la provocazione stia proprio nel passo de "La gaia scienza" che inizia con le parole "Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse ...". Non c'è l'enunciazione di una teoria cosmologica qui, ma un pensiero furtivo che, come un demone notturno, si fa strada nella mente solitaria di Nietzsche e che da essa arriva a provocarci: c'è altra strada per la volontà di potenza di rendersi assoluta se non questa? Si può reggere la dimensione metafisica del tutto autoreferenziale della volontà di potenza / divenire? Non è forse proprio questo il quesito provocatorio che consente di riconoscere l'oltreuomo e lo indica finalmente in modo chiaro? E quale oltreuomo appare dalla risposta positiva a quel quesito? Il pastore liberato dal serpente che ora, reso fanciullo, ride beato, certo, ma quella beatitudine suprema è euforica perché terribilmente tragica, oltre la stessa tragedia, è adesione a un completo radicale non senso, è proprio il non senso che fa ridere e ci libera, ma ci assorbe totalmente in un puro meccanismo, pura metafisica della tecnica (Heidegger aveva inteso bene allora!).

Proprio ieri ho letto queste parole di Calasso ("Il cacciatore celeste"): "la filosofia occidentale, a partire da Descartes, si è concepita come protesi, apparato da sovrapporre alla propria mente per mettere ordine nel mondo ... questo non vale per Nietzsche. Aprire una qualsiasi sua pagina obbliga a una reazione in chi legge, anche una pura scossa. Non c'è una protesi che si sovrappone alla mente del lettore". L'eterno ritorno è la scossa massima tra le tante che Nietzsche ci ha dato, l'altra, che segue e consegue, è la sua stessa follia terminale, l'ultima provocazione.

Poi c'è il discorso sull'arte, la verità e la menzogna. Si è detto che l'eterno ritorno è una doppia menzogna (e forse la menzogna raddoppiandosi si neutralizza), che la menzogna ci consola, che l'arte ci consola, quindi aderiamo all'arte per trovarci consolati dal non senso. Ma come sarà mai possibile? Qui allora ha ragione Severino che preferisce Leopardi a Nietzsche, il Leopardi de "La ginestra", che ormai ha scorto l'insensatezza radicale di ogni consolazione, compresa quella artistica e poetica, quella illusione di "sovrumani silenzi" e "vaghe stelle dell'Orsa" che comunque risuonano consolando il poeta nel suo solitario canto.

La menzogna non è nella vita, la menzogna è nella cultura, nella mimesi culturale, nella simulazione, imitazione, possessione che sono gli strumenti che l'uomo da sempre usa per poter vivere il proprio sfasamento nel mondo e inseguire così la verità dandole la caccia. Imitazione dell'animale, imitazione del Dio, possessione dell'animale e da parte dell'animale, possessione e possesso del Dio. Questa è l'arte da cui nasce la conoscenza: fare come se, pensare come se, credere come se. E questa è la matrice del pensiero astratto, quello che ci permette di conquistare il mondo con la nostra scienza e tecnica, perché solo l'uomo sa pensare una cosa per l'altra (come se fosse un'altra), scambia addirittura un segno grafico o fonetico per quello che indica, rendendo trascurabili le differenze reali, finché funziona è un continuo atto di violenza sulla realtà per trattenerla e appropriarsene, ma che poi continuamente ci si rivolge contro, perché nessun trascurato è mai stato davvero abbastanza trascurabile e ogni "come se" è solo "come se".
Questa è la menzogna, tutto il nostro "astrattamente pensare" è menzogna e inseguimento e per questo è volontà di potenza di cui, nella nostra originaria impotenza, non possiamo fare a meno, perché non abbiamo la perfezione dell'animale, necessitiamo di un'arte che è sempre di mimesi, di imitazione di quello che non siamo da poter dipingere sulla parete oscura di una caverna come in fondo all'anima o da danzare insieme al ritmo dei tamburi, fuori nella notte che sopraggiunge con gli spiriti dei morti che tornano per esserci compagni di danza, offrendoci inganni per sopravvivere. Vale per il pagano, quanto per il cristiano, quanto per il miscredente, per il musico e per lo scienziato che pensa di non fare musica, ma solo scienza dura, formule matematiche (come se la musica non fosse proprio la stessa cosa: saper contare).
Eppure nell'eterno ritorno, sarà che è una doppia menzogna (una per andare, l'altra per tornare), qualcosa di enormemente diverso risuona, è un alleggerimento tale quella risata che tutto fa svanire in una presenza assoluta che si trasforma tornando sempre, quindi contraddicendosi due volte per dire in ogni momento la verità.
Ogni momento è uguale, come per Severino ogni ente è uguale, ogni momento e ogni ente sono perfetti ed eterni, giacché sono. Qui davvero non ci sono più gerarchie.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Non posso nascondere che mi sono piaciute e che ritengo molto interessanti le visioni proposte sia da Green che da Maral. Io stesso per altro ho messo in evidenza durante la lettura di Genealogia della Morale i punti in cui Nietzsche evidenziava anticipazioni di carattere psicoanalitico di cui Freud molto probabilmente si sarà avvalso. Anticipazioni che raggiungono il loro culmine proprio in UTU dove Nietzsche si descrive come una talpa che scava nell' umano rendendoci palesi sia comportamenti di una certa profondità sia più superficiali che hanno più attinenza con la Psicologia.
Maral invero viaggia per lunghi tratti con la mia lettura di Nietzsche, cogliendo aspetti importanti del messaggio di Nietzsche ma arrivando a conclusioni diverse dalle mie soprattutto dal punto di vista ontologico.

Ma di Maral devo segnalare un altro intervento di una complessità enorme nonostante la semplicità e la chiarezza con cui l' ha espresso. E si tratta del post relativo alla tecnica (risposta 66 ) nella discussione aperta da Angelo Cannata: E' capace la filosofia di sporcarsi le mani con l' attualità? Un intervento veramente filosofico che si pone al di sopra dei tempi e riesce ad abbracciare la lunga storia dell' uomo senza mai scadere in un commento morale. Solo descrizione. Interpretazione. Quello che appunto deve  o dovrebbe essere la filosofia. E sono d' accordo anche sull' ultima frase, quella cioè su Severino come ultimo dei filosofi ma come eccezione. E questa mia valutazione è sopraggiunta dopo aver incominciato a leggere la sua ultima opera: Dike, e di cui come per Hegel e per Jung mi è bastato un paragrafo per provare una repulsione istintiva per tutto ciò che afferma. Da troppo per scontato e ciò che ritiene necessario non spiega mai perché lo ritenga necessario. Non credo di sbagliare molto nel definirlo un genio sofista.

Questa lettura di Severino mi ha un po' sorpreso perché il modo in cui traccia la necessità dell' Eterno Ritorno è di una logicità profonda. Mette in relazione parti specifiche dello Zarathustra evidenziando il perché appunto fosse necessario l' Eterno Ritorno per Nietzsche, e cioè che era l' unico modo in cui la Volontà di Potenza poteva dominare nell' attimo il passato e il futuro. La Volontà di Potenza si scrollava di dosso in questo modo il divino, il già fù e quel che sarà. Forse dovrei leggere una delle prime opere, ma questa mi era sembrata l' optimum proprio perché Maral l' aveva indicata un po' come il sunto del suo messaggio.  Un po' se posso osare come Ecce Homo per Nietzsche. Purtroppo così non è ed amen.

Nonostante questo lungo preludio però, non voglio lasciarvi senza un' altra chicca tratta dalla Volontà di potenza, l' aforisma 354 a pag. 198 della versione Bompiani.
-L' "uomo buono" come tiranno ( come tiranno in corsivo ). L' umanità ha sempre ripetuto il medesimo errore: quello di aver fatto di uno strumento della vita un criterio ( criterio in corsivo ) della vita. Invece di trovarne la misura nel supremo innalzamento della vita, nel problema della crescita e dell' esaurimento, si sono utilizzati i mezzi ( mezzi in corsivo ) di una vita ben determinata per escludere tutte le altre forme di vita, insomma per criticare la vita ed operare una selezione. Ciò significa che l' uomo finisce per amare i mezzi di per sé e dimentica ( dimentica in corsivo ) che sono mezzi: onde i mezzi si presentano ora come scopi alla coscienza dell' uomo, come criteri del valore degli scopi..... Ossia, una determinata specie di uomini ( tutto in corsivo ) considera le proprie condizioni di esistenza come condizioni da imporre mediante la legge, come "verità", "bene", "perfezione": tiranneggia.... ( tiranneggia in corsivo ). E' una forma di fede ( forma di fede in corsivo ), dell' istinto, il fatto che una specie di uomini non ravvisi rispetto ad altre il proprio carattere condizionato , la propria relatività rispetto ad esse. Almeno, sembra che una specie di uomini ( un popolo, una razza) giunga alla fine quando diventa tollerante, quando concede uguaglianza di diritti e non pensa più a voler dominare.

Questo aforisma si può ritenere legato moltissimo a Genealogia della Morale, tanto da poterlo definire come una sua traccia. Ma appare quanto mai evidente ancora una volta quanto Nietzsche ritenga che l' uomo abbia sbagliato come Umanità, e che in fondo questo sia l' errore più grande.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Una volta archiviato, anche se ancora tutto da risolvere e con opinioni molto divergenti, il contesto dell' Eterno Ritorno, su cui necessariamente si dovrà tornare, torniamo all' argomento Metafisica che avevamo lasciato in sospeso.

Avevamo detto che Nietzsche nelle opere edite non sviluppa fino in fondo quello che sembra essere il suo scopo principale e cioè: sostituire la Metafisica e la Religione con l' Eterno Ritorno. Infatti la sua ultima opera risulta essere l' Anticristo che lui definisce: transvalutazione di tutti i valori. In pratica conclude il ciclo delle opere edite con un profondo attacco al Cristianesimo senza attaccare l' ultimo baluardo che gli era rimasto a livello Metafisico e cioè Aristotele.

Eppure questo attacco esiste e lo ritroviamo in un modo veramente geniale nell' opera La Volontà di Potenza che però non ha pubblicato. I 1061 aforismi inediti che ho appena letto avrebbero fornito una base importante per l' opera in questione. Ma lui non la pubblicò. E questo può avere un significato, ma può anche non averne, perché ciò che gli potrebbe aver impedito la pubblicazione di tale opera potrebbe essere proprio il deterioramento del suo stato mentale. Naturalmente con i se e con i ma non si raggiunge nessuna conclusione e l' unica cosa da fare è prendere atto della presenza di una così considerevole raccolta di aforismi e di appunti e tenerne conto.

Questo attacco alla logica e ad Aristotele lo ritroviamo nella parte che inizia a pag. 265 e che ha per titolo: La Volontà di Potenza Come Conoscenza. E di cui l' aforisma centrale e più importante si può identificare nell' aforisma 516 a pag. 284:
-Noi non riusciamo ad affermare e negare una medesima cosa: questa proposizione esprime un dato di esperienza soggettivo, non esprime nessuna  " necessità ", ma soltanto un' incapacità ( ma soltanto un' incapacità - in corsivo ).     SE, secondo Aristotele, il principio di contraddizione ( principio di contraddizione - in corsivo ) è il più certo di tutti i principi, se è l' ultimo e il più profondo, quello a cui si riportano tutte le dimostrazioni, se contiene il principio di tutti gli altri assiomi - tanto più rigorosamente si dovrebbe considerare quali affermazioni già presupponga ( presupponga in corsivo ). O con esso si afferma qualche cosa riguardo al reale, all' esistente, come se questo ci fosse già noto per altre vie, cioè sapessimo che ci risulta impossibile ( impossibile in corsivo ) attribuirgli predicati opposti. O quel principio vuol dire: al reale.- all' esistente non si debbono attribuire predicati opposti. In tal caso la logica sarebbe un imperativo che comanda non di procedere verso la conoscenza del vero, ma di stabilire e ordinare un mondo che per noi deve chiamarsi vero ( per noi deve chiamarsi vero in corsivo ).

Questo l' inizio deflagrante di questo aforisma che fa comunque seguito ad altri in cui l' attacco alla logica è sistematico. Ma questo è il primo in cui si schiera apertamente contro Aristotele, il principio di contraddizione e l' Essere come realtà nel suo insieme, come vedremo nel continuo e che riporterò dal prossimo post. Questo inizio va un po' digerito, e comunque vi ritrovo completamente il mio punto di vista, anche se la mia confutazione non è solo di livello logico ma anche Matematico.

X Maral

Non a caso, la parte che mi è piaciuta di più è proprio quella sulla cultura, dove molto probabilmente le nostre opinioni quasi si accavallano per un breve tratto per poi naturalmente prendere strade diverse. Ma ritengo molto importante che si abbia una prospettiva molto simile per il COME SE che tu ripeti più volte e il TENER PER VERO che rappresentano dei punti chiave della critica di Nietzsche.

Non ho intenzione di aggiungere altro e vi rimando al prossimo post dove riporterò il seguito dell' aforisma su Aristotele.

Grazie per la cortese attenzione.                                        Garbino Vento di Tempesta.

Garbino

Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Prima di riportare il brano successivo dell' aforisma 516 su Aristotele, che per la sua lunghezza ho ritenuto fosse meglio dividere in più post, vorrei mettere in evidenza che lo scenario o gli scenari che ci si aprono davanti soltanto dalla parte che ho riportato nel post precedente sono molto interessanti e che, a mio avviso, creano un de profundis per la  Metafisica senza precedenti. Nietzsche affonda la lama sulla logica attinente al principio di contraddizione adducendo appunto che un tale assioma dovrebbe essere preceduto dalla conoscenza dell' essere ottenuta in altro modo, giacché altrimenti si ci ritrova di fronte ad un comando, ad un imperativo che le cose stanno così senza alcuna prova che lo dimostri, organizzando un sistema per cui il mondo per noi debba chiamarsi vero.

Per il momento non intendo aggiungere altro, se non la constatazione che Heidegger nel suo Nietzsche  tende a mistificare totalmente il messaggio di Nietzsche, che non può in questo caso definirsi interpretativo perché la confutazione è sistematica e presente in tutti gli aforismi precedenti della Volontà di Potenza Come Conoscenza, come vedremo in seguito. Ed allora mi sto sempre più convincendo che il controllo che ebbe Heidegger nel corso di quelle lezioni universitarie fu proprio per vigilare che lo stesso filosofo si attenesse alle direttive del partito nazista per un recupero a livello Metafisico di Nietzsche.

Aforisma 516 ( seconda parte ):
In breve, il problema resta aperto: gli assiomi logici sono adeguati alla realtà, o sono criteri e mezzi onde creare ( creare in corsivo) anzitutto per noi il reale, il concetto di " realtà?"..... Per poter affermare la prima si dovrebbe, come abbiamo detto, conoscere già l' essere; mentre non ci troviamo affatto in questa condizione. Quindi la proposizione non contiene alcun criterio di verità (criterio di verità in corsivo), ma un imperativo (imperativo in corsivo) rivolto a ciò che deve valere come vero ( deve valere come vero in corsivo).
Posto che non esista un A (non) identico a sé, quale è ipotizzato da ogni proposizione della logica ( e anche della matematica), allora questo A sarebbe già una parvenza ( parvenza in corsivo), la logica avrebbe per presupposto un mondo semplicemente apparente (apparente in corsivo). In realtà, noi crediamo a quella proposizione sotto l' impressione dell' infinita empiria che sembra confermarla (confermarla in corsivo) continuamente. La "cosa": ecco il vero sostrato di A: la nostra credenza nelle cose ( la nostra-cose in corsivo) è la premessa della credenza della logica. L' A della logica è, come l' atomo, una successiva ricostruzione della "cosa".... Se non comprendiamo questo e facciamo della logica un criterio del vero essere (vero essere in corsivo) ci troviamo già sulla via che ci porterà ad ammettere la realtà di tutte le ipostasi: sostanza, predicato,oggetto, soggetto, azione ecc.; ossia concepiremo un mondo metafisico, un"mondo vero" (ma questo è ancora una volta il mondo apparente.... -virgolettato in corsivo-).

Come sempre evito di fare commenti prima che lo abbiate letto, mentre mi premeva informarvi che in questa parte e cioè nella Volontà di Potenza come Conoscenza vi ho trovato anche una anticipazione del teorema di incompletezza di Godel. In pratica Godel non fece altro che elaborare a livello matematico qualcosa che Nietzsche aveva espresso molto prima di lui.
L' uomo contemporaneo: ladro di idee.

Ringrazio della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

maral

Citazionela nostra credenza nelle cose ( la nostra-cose in corsivo) è la premessa della credenza della logica
Interessante, ritrovo questa affermazione nell'ultimo incontro seminariale di Sini, nel quale, concludendo il suo commento all'ultimo dialogo platonico ("Le leggi"), afferma che il fondamento della logica è illogico e lo riconduce ai tre principi non logici della logica indicati da Peirce: fede, speranza e carità. Fede, ossia fiducia che ciò che si dice abbia corrispondenza reale pur sapendo che non può essere adesione al reale, speranza in una condivisione, carità: ossia offerta di reciproca comprensione.

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