Nietzsche: se lo conosci, lo eviti.

Aperto da Carlo Pierini, 10 Luglio 2018, 04:04:29 AM

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0xdeadbeef

#45
Citazione di: Apeiron il 12 Luglio 2018, 09:23:34 AM
Ad ogni modo, Nietzsche è un pensatore vario e inconsistente e come ho già detto ci sono varie cose che dice su cui sono d'accordo. Ma non capisco tutta questa lode al pensatore tedesco. Ci sono certamente vari temi su cui posso essere d'accordo, come la volontà di autosuperarsi, l'importanza che dà alla creatività artistica, all'indipendenza del pensiero, alla curiosità, al pensiero critico ecc. Ma ci sono troppi elementi della sua filosofia che sono disturbanti, che non sono condivisibili ecc. Per esempio molti si sforzano ad interpretare la volontà di potenza solo come creatività artistica. Purtroppo, queste interpretazioni secondo me non vogliono vedere citazioni come quelle che ho riportato. Qui, anzi, secondo me si vede benissimo l'importanza di riconoscere una "legge giusta" da obbedire  ;)


Ciao Apeiron
No, la volontà di potenza non è "solo" (...) creazione artistica, ci mancherebbe. Essa è, innanzitutto, volontà di
primeggiare, di far sì che la propria volontà sopravanzi quella di altri (e su questo punto mi pare cada a fagiolo
l'esempio di Kobayashi sulla tribù indigena e le sue "barbare usanze").
Da questo punto di vista, dicevo provocatoriamente, che forse persino S.Francesco e Madre Teresa erano mossi da
volontà di potenza...
Non è che non si vogliano vedere certe affermazioni di Nietzsche. Pur ammirandolo, non ho alcun problema a dire
che certe cose da lui dette sono, semplicemente, mostruose. Ma non è tanto questo il punto (pur senza voler sminuire,
intendiamoci).
L'aspetto forse principale della filosofia di Nietzsche è la "genealogia dei valori". Egli per primo (pur se con
importanti anticipazioni) ha detto che il valore morale è stato istituito dall'uomo in virtù della sua potenza,
e che dunque non era da ricercare in null'altro. Che la volontà di acquisire potenza è il "motore primo", che muove
l'uomo in ogni suo agire.
Tutto il resto della sua filosofia è forse solo una, come dire, "appendice" a questo fondamento.
Sarebbe tuttavia gravemente errato pensare che Nietzsche, solo, abbia avuto tali torbidi pensieri e con questi abbia
per così dire "avvelenato" le generazioni a lui contemporanee e successive.
Assolutamente no. Nietzsche non "crea" nulla dal nulla, e la sua è una interpretazione di un "sentire" già molto
comune nel suo tempo; un "sentire" che nessuno però ha osato proferire con tanta tremenda chiarezza.
Egli, come quel bambino, ha semplicemente gridato: "guardate, il Re è nudo!", squarciando uno spesso velo di
ipocrisia che, allora come ancora oggi, ammanta il nostro "vivere comune".
Come ho già avuto modo di dire, le Guerre mondiali, l'avvento dei totalitarismi e degli orrori del 900 non possono
essere in alcun modo imputati a Nietzsche.
saluti

Carlo Pierini

OXDEADBEEF
Nietzsche, come quel bambino, ha semplicemente gridato: "guardate, il Re è nudo!", squarciando uno spesso velo di ipocrisia che, allora come ancora oggi, ammanta il nostro "vivere comune".

CARLO
Ad essere sinceri, lui non ha detto: <<guardate, il Re è nudo!>>, bensì: <<guardate, quello non è il Re, ma un impostore! Il Re non esiste!"

OXDEADBEEF
Come ho già avuto modo di dire, le Guerre mondiali, l'avvento dei totalitarismi e degli orrori del 900 non possono essere in alcun modo imputati a Nietzsche.

CARLO
Certo, così come non possono essere imputati a Marx gli orrori dei vari comunismi reali.

donquixote

Citazione di: paul11 il 12 Luglio 2018, 14:15:10 PMSe Nietzsche nega l amorale e nega la cultura che la sostiene ed esalta la volontà di potenza dell avita, probabilmente nega ciò che noi chiamiamo morale ed etica, ma attenzione"come costruzione culturale", non penso proprio neghi il piacere di stare in compagnia, di salutare un passante, di aiutare la vecchietta ad attraversare la strada se questo fa piacere, ma quel che penso e che non voglia il "dovere" morale che crea obblighi.

Ciao Paul

Il torto più grande che si possa fare a Nietzsche è quello di leggerlo come se fosse un "banale" filosofo come Kant, Spinoza o Heidegger, che essendo appunto banali filosofi sono di fatto solamente degli "elaboratori" o dei "sistematizzatori" del pensiero. Nietzsche va letto come si legge un sapiente, che è ben al di sopra del normale filosofo; va letto come si legge un profeta, e non a caso per esprimere il "suo" pensiero più elevato si è servito del nome di un profeta (Zoroastro) ed è quindi indice di incomprensione e conseguente travisamento del suo pensiero citare e criticare brani delle sue opere tralasciando quella principale, Così parlò Zarathustra, che dovrebbe essere la base attraverso la quale decodificare i suoi scritti. Chiunque nella sua vita abbia pensato (o perlomeno tentato di pensare) la verità e non si sia accontentato di leggere il pensiero altrui sa bene che il pensiero evolve: in certi momenti pare che la verità sia una cosa, poi si cambia idea, e poi ancora fino a raggiungere un punto tale che non si può più cambiarla dato che si è raggiunta una profondità tale da cogliere l'essenza immutabile. Quindi tutto ciò che ha scritto Nietzsche prima e dopo lo Zarathustra si può considerare una fase di questa evoluzione, e se è lui stesso ad affermare che lo Zarathustra è il regalo più grande che ha fatto all'umanità bisognerà pur tenerlo presente. In "Ecce Homo", a proposito dell'ispirazione che gli ha consentito di concepire lo Zarathustra, afferma: «...noi siamo soltanto incarnazione, soltanto strumento sonoro, soltanto medium di poteri che ci sovrastano. Il concetto di rivelazione, nel senso di qualcosa che, subitamente, con indicibile sicurezza e sottigliezza, si fa visibile, udibile, qualcosa che ci scuote e sconvolge nel più profondo, è la semplice espressione della verità. Si ode, non si cerca; si prende, non si domanda da chi ci sia dato; un pensiero brilla come un lampo, con necessità, senza esitazioni nella forma - io non ho mai avuto scelta. Un rapimento in cui la enorme tensione d'animo si risolve talvolta in un torrente di lacrime, in cui il passo involontariamente ora precipita, ora rallenta; un essere completamente fuor di sé stessi, con la percezione distinta d'una infinità di sottili brividi che ci scuotono fino alla punta dei piedi; una felicità profonda in cui il dolore e l'orrore non agiscono per ragione di contrasto ma sono parti integranti, indispensabili, sono come una nota di colore necessaria in quest'oceano di luce; [...] Tutto avviene in modo involontario al massimo grado, ma come in un turbine di senso di libertà, di incondizionatezza, di potenza, di divinità. [...] Questa è la mia esperienza dell'ispirazione; non dubito che si debba tornare indietro di millenni per trovare qualcuno che possa dirmi "è anche la mia"». Certe frasi che appaiono disturbanti se scritte da un filosofo acquistano un senso diverso se lette alla luce della sapienza, e anche il concetto di "volontà di potenza" è distante anni luce da quello che anche qui sopra si è descritto.
Nietzsche viene spesso accostato a Stirner dal quale si dice abbia tratto ispirazione (anche se non vi sono testimonianze in tal senso); a tal proposito nella quarta di copertina de "L'unico e la sua proprietà" di Stirner, Roberto Calasso annota: «La vera 'filosofia del martello', che Nietzsche non sarebbe mai riuscito a praticare perché troppo irrimediabilmente educato, si compie nelle brevi, tempestanti, offensive frasi che compongono l'Unico»
A mio avviso questa interpretazione è totalmente sballata, perché l'opera di Stirner esalta un individualismo che è esattamente l'opposto di quello che intendeva proporre Nietzsche. L'individualismo di Stirner è l'egoismo moderno, quello animato dalla volontà di accaparramento a danno altrui, quello che vuole imporsi comunque a scapito degli altri, quello del potere per il potere, l'egoismo quantitativo e materialistico che punta all'accumulo di beni e al soddisfacimento di bisogni, reali o fittizi che siano, in funzione di una mera affermazione del proprio ego.
Stirner diceva "Tu hai il diritto di essere ciò che hai il potere di essere"; Nietzsche invece, pur con altre parole, diceva "Tu hai il diritto di essere ciò che hai il dovere di essere". "Diventa ciò che sei!" è il motto principale di Nietzsche tratto da Pindaro; "Diventa ciò che puoi!" è quello di Stirner che come si vede è completamente differente. L'egoismo niciano è un individualismo mistico, di colui che si ritira sull'alto monte per ottemperare al famoso monito "conosci te stesso", per non far dipendere il proprio essere da tutte le indefinite suggestioni e condizionamenti veicolati dalla "plebaglia", da tutto ciò che è più bassamente umano, e lo afferma chiaramente svariate volte come in questo passo: «Voi costringete tutte le cose a venire a voi e dentro di voi, perché riscaturiscano dalla vostra sorgente come doni del vostro amore. In verità, un predone di tutti i valori deve diventare questo amore che dona; ma io dico sacrosanto questo egoismo. Vi è anche un altro egoismo, troppo povero, affamato, che vuol sempre rubare, l'egoismo dei malati, l'egoismo malato. Con occhio di ladro esso guarda a tutto quanto luccica; con l'avidità della fame conta i bocconi a chi ha da mangiare in abbondanza; e sempre si insinua alla tavola di coloro che donano»; e ancora: «In alto va il nostro cammino, dalla specie si avvia verso la sovra-specie. Ma un orrore è per noi la mente degenerata che dice: "Tutto per me"» Il primo egoismo, che rifiuta tutti i valori dati per farsi esso stesso creatore di valori e manifestarli attraverso la volontà di potenza è quello di Nietzsche; il secondo quello di Stirner.
Nietzsche afferma inoltre: «Medico aiuta te stesso, così aiuterai anche i tuoi malati. Questo sia il tuo aiuto migliore: che egli guarisca guardando con gli occhi colui che risana se stesso». Qui è del tutto evidente la mancanza di volontà prevaricatrice, che altrimenti si sarebbe espressa con "Medico aiuta i tuoi malati così essi dipenderanno da te e tu acquisirai potere su di loro", mentre invece prevale l'esempio del migliore che "egoisticamente" pensa innanzitutto a guarire se stesso e quindi, mostrando le proprie virtù, aiuterà anche gli altri a riconoscere e manifestare le loro.
Cosa dice ancora Nietzsche? «Fate pure ciò che volete. Ma siate prima di tutto di quelli che "sanno" volere!». Questa splendida frase indica chiaramente e inconfutabilmente che la volontà non deve essere espressa in modo indiscriminato, come pura esibizione di egemonia o prevaricazione, come anarchia della violenza e del potere, ma deve essere guidata dalla sapienza. Sapere quel che si vuole, innanzitutto, e per saperlo bisogna prima conoscere se stessi, la propria virtù, e poi manifestarla in tutta la sua potenzialità attraverso una incrollabile volontà.
La volontà di potenza è quindi in definitiva la volontà del mondo che si esprime nel processo creativo universale a cui tutti gli enti devono contribuire ognuno secondo i propri compiti, e a cui anche l'uomo deve adeguarsi secondo la propria virtù e le proprie potenzialità. E se come diceva Eraclito "Polemos è padre di tutte le cose" ovvero la vita si dispiega attraverso un costante conflitto che è la cifra necessaria del divenire allora le parole di Nietzsche già citate da qualcuno non sono altro che una ovvia constatazione, perchè l'assenza del conflitto, della guerra, della violenza, nel mondo del divenire non può che chiamarsi semplicemente "morte". Bisogna inoltre considerare che Nietzsche, nello Zarathustra, non parla ad una tribù, ad una razza, ad una polis con tutte le sue strutture culturali e morali, ma ad ogni uomo che sia in grado di comprendere quello che dice (un libro per tutti e per nessuno) indipendentemente dalla sua cultura e dalla sua morale e dunque in questo senso il giudizio morale sui suoi scritti non ha alcuna valenza, e del resto lo stesso Gesù Cristo diceva: "non giudicate se non volete essere giudicati".
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

#48
ciao Donquixote,
vedo che ne hai capito l'essenza di Nietzsche, tant'è che ritengo che l'oltreuomo risponda proprio al criterio umano
da te argomentato negli esempi tratti da alcuni importanti aforismi.

In queste serate estive , rileggendomi vecchi appunti di D.Hume ed E.Severino ,quest'ultimo riconosceva a Nietzsche come il primo "occidentale" che avesse capito che il tempo non è lineare, ma circolare,"l'eterno ritorno".

Con te ,leggendo il tuo scritto, deve andare su un "piano" più alto di argomentazioni.
Quasi a trovare elementi ambigui in Nietzsche, dopo che per tutto il topic ho dovuto vestirmi da "avvocato del diavolo".

Penso, ad esempio che non voglia fare assurgere personaggi come Gesù o Socrate a livelli molto alti, pur avendone le caratteristiche essenziali di sapienti, perchè si sono sacrificati per un'idea.

La "spiritualità" implicita di Nietzsche non può esternarsi in un concetto, in una idea che non rispecchi la volontà di potenza nell'esercizio dell'esistenza come "impulso vitale". da quì la scelta di non concettualizzare e quindi a scegliere un linguaggio direi artistico, piuttosto che sillogistico, logico, proposizionale.
Tra l'altro riconosco che potrebbe avere ragione.

La sua concezione dell'uomo è il semplice prendere atto della natura umana intesa come limite ,per cui ritiene che solo alle regole naturali l'uomo debba rispondere.Non ha,anzi nega, nessuna spiritualità  o religione intesa come costruzione cosmogonica.

Questa concezione del mondo, impone all'uomo di poter e dover reggersi da solo, sulla propria forza fisica e morale, intesa quì come ricerca interiore e non imposizioni o costruzioni ideali esterne da seguire.

Ora è chiaro che quest'uomo  è "nudo e crudo" e non dovendo rispondere alle condizioni culturali esterne a lui ,deve esercitare la propria volontà sulla natura, poichè è frutto della natura, e su se stesso.

Trovo questo  una forma  "visionaria" più orientale che occidentale .ma proprio perchè essendo il suo fine argomentativo la distruzione della cultura occidentale, avviene un regresso storico che lo porta alla pre-filosofia, oserei dire alla pre-storia lineare occidentale, quando non vi erano ancora le nette differenze fra oriente ed occidente.
Non penso infatti che la scelta del pensiero zoroastriano sia un caso. Questa spiritualità persiana si fonda dall'oriente indiano.

C'è quindi una mistica umana, una distruzione della cultura che assoggetta l'uomo al -non essere, al non-poter e dover-essere, attraverso la mistificazione e la subdola finzione dei nostri dispositivi culturali, ma temo non abbia prassi.

Perchè purtroppo questo uomo mistico consapevole della propria volontà di potenza e del suo uso, a mio modesto parere  trova le vie occluse dalle impraticabilità culturali.
In altri termini necessita una prassi che non possa attendere l'oltreuomo e che sia capace di disattivare i nostri dispositivi culturali.

L'oltreuomo di Nietzsche è per forza di cose un uomo tragico, ma che sa nutrirsi del suo stesso limite. Quì a mio parere è la forza del pensiero di Nietzsche

Carlo Pierini

#49
DONQUIXOTE (Cit.Nietzsche)
"Ecce Homo", a proposito dell'ispirazione che gli ha consentito di concepire lo Zarathustra, afferma: «...noi siamo soltanto incarnazione, soltanto strumento sonoro, soltanto medium di poteri che ci sovrastano. Il concetto di rivelazione, nel senso di qualcosa che, subitamente, con indicibile sicurezza e sottigliezza, si fa visibile, udibile, qualcosa che ci scuote e sconvolge nel più profondo, è la semplice espressione della verità. Si ode, non si cerca; si prende, non si domanda da chi ci sia dato; un pensiero brilla come un lampo, con necessità, senza esitazioni nella forma - io non ho mai avuto scelta. Un rapimento in cui la enorme tensione d'animo si risolve talvolta in un torrente di lacrime, in cui il passo involontariamente ora precipita, ora rallenta; un essere completamente fuor di sé stessi, con la percezione distinta d'una infinità di sottili brividi che ci scuotono fino alla punta dei piedi; una felicità profonda in cui il dolore e l'orrore non agiscono per ragione di contrasto ma sono parti integranti, indispensabili, sono come una nota di colore necessaria in quest'oceano di luce; [...] Tutto avviene in modo involontario al massimo grado, ma come in un turbine di senso di libertà, di incondizionatezza, di potenza, di divinità. [...] Questa è la mia esperienza dell'ispirazione; non dubito che si debba tornare indietro di millenni per trovare qualcuno che possa dirmi "è anche la mia"».

CARLO
La mostruosità del pensiero di Nietzsche non sta, ovviamente, nell'espressione - carica di poesia - di esperienze evidentemente autentiche, profonde e sublimi alle quali qui egli si riferisce, ma nella sua incapacità intellettuale di cogliere in esse i segni dell'"Altro in lui", di quel <<Dio>> che l'ostinata "volontà di potenza" del suo ipertrofico Ego da divinizzare voleva <<morto>> ad ogni costo. Anche a costo di una lacerazione interiore tra "Io" e "Dio" che avrebbe condotto la sua esistenza all'epilogo finale che tutti conosciamo.
E' significativo, infatti, quel <<...si prende, non si domanda da chi ci sia dato>>.

Scrive Jung:

"L'uomo è la coppia di Dioscuri, dei quali l'uno è mortale (l'Io), l'altro immortale (il Sé); e che, pur perennemente uniti, tuttavia non diventano mai interamente uno. I processi di trasformazione vogliono avvicinarli l'uno all'altro, ma la coscienza oppone una strenua resistenza perché l'altro appare assolutamente estraneo e perturbante e perché noi non possiamo abituarci all'idea di non essere i padroni assoluti in casa nostra. Ma con l'amico o nemico interiore siamo posti a confronto; e dipende da noi se è amico o nemico.
Non c'è bisogno di essere malati mentali per sentirne la voce. E' l'interlocutore che gli antichi alchimisti definivano come aliquem alium internum, qualcun altro interiore". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pgg. 128/129]

"Il Sé ha un senso funzionale solo se può agire come "compensazione" di una coscienza dell'Io. Se l'Io è dissolto dall'identificazione col Sé, ne deriva una specie di nebuloso superuomo, con un Io gonfiato e un Sé svuotato. Manca a quest'uomo la scintilla dell'anima".  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.242]

"La costellazione di immagini e fantasie archetipiche, non è in sé patologica. Il momento patologico consiste unicamente nel modo in cui l'individuo reagisce o afferra tali motivi. L'elemento caratteristico di una reazione patologica è anzitutto l'"identificazione con l'archetipo". [...] In tutti i casi l'identificazione con l'inconscio implica un notevole indebolimento della coscienza. In realtà, non "ci si identifica", ma si subisce l'identità con l'archetipo, se ne è posseduti. [...] A seconda che siano esattamente o erroneamente afferrate, le esperienze psichiche esercitano effetti molto diversi sullo sviluppo di una persona". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.340]



E. MORRICONE: Theme from "Mission", oboe.
https://youtu.be/5Gvrp20_WXM?t=12

Carlo Pierini

#50
DONQUIXOTE
la vita si dispiega attraverso un costante conflitto che è la cifra necessaria del divenire allora le parole di Nietzsche già citate da qualcuno non sono altro che una ovvia constatazione, perchè l'assenza del conflitto, della guerra, della violenza, nel mondo del divenire non può che chiamarsi semplicemente "morte".

CARLO
Credo che i cento milioni di morti delle ultime due guerre mondiali sarebbero in "leggero" disaccordo con te.
Non sai quel che dici.
C'è un modo animalesco di fare la guerra (criminalità, teppismo, stupro, militarismo, prevaricazione, sfruttamento, sottomissine dei più deboli, ecc.) e c'è un modo CIVILE e UMANO (guerra contro l'ignoranza, contro la discriminazione, contro la fame, contro la sofferenza, contro la distruzione delle risorse naturali, contro la criminalità, contro la corruzione, contro il dispotismo, ecc.).

Ed è ripugnante che in un "circolo di filosofi" si debba ogni volta sottolineare  una distinzione così macroscopicamente elementare per qualunque persona equilibrata e innamorata della vita.
La tua non è filosofia, ma istigazione alla scelleratezza e all'empietà, teppismo intellettuale da quattro soldi. Ti servirebbe qualche anno di guerra VERA per farti tornare alla realtà!

paul11

ciao Carlo P.

che la vita sia conflitto, guerra e violenza purtroppo è una verità .
La cosiddetta civiltà moderna lo ha solo "truccato" il conflitto, ha costruito la pacificazione, ma non ha eliminato le tre servitù aristoteliche : il padre sul filglio, il padrone sul servo, il perdente sul vincente in guerra.

Tutti gli istituti politici sono un "cuscino" per silenziare il conflitto: ambasciatori, sindacati, rappresentanze.
Lo Stato per sua natura ha le armi e quindi è violento con il popolo che è disarmato.Questa è finzione, perchè è lampante che il disarmo totale sia all'interno di confini nazionali togliendo le armi agli istituti che presidiano il comportamento sociale,sia fra Stati
è una pia illusione.Pensare che questa sia stata la strada emancipativa è follia, e infatti questo tempo è folle.

In natura nella stessa specie dove si vive in branco nessun animale forte uccide il debole.
Esistono sfide per determinare le gerarchie dopodichè il maschio "alfa" è il primo a proteggere il branco.
In questo sistema pacificato umano e democratico se accade una guerra, mandano in prima linea il popolo, i "capibranco" stanno al riparo dietro le scrivanie.

Sono riusciti a inculcarci il concetto di progresso e democrazia(una pseudodemocrazia) di una storia lineare ascendete, quando invece il ciclo della civiltà è discendete oggi.
In questa parolona civiltà contemporanea sta la totale incapacità di cambiarla, ci fanno scegliere i capibranco scelti fra altri capibranco.Tutto è finzione,
Nei rapporti di natura, il delirio di onnipotenza umano, perchè questo è stato il vero delirio, non quello di Nietzsche,non hanno accettato che è impossibile mutarne le caratteristiche intrinseche ,inventando istituti estemporanei esterni che non sono altro che prigioni delle autenticità umana, il complesso culturale  della detenzione dei destini, umani , attraverso iter educativi dalle scuole al lavoro che sono esercizio iterativo all'asservimento totale, fino a pensare come nella sindrome di Stoccolma, che in fondo questa prigione è bella perchè è dorata
Non siamo nemmeno più capaci a morire, sintomo che non siamo più capaci a vivere, a capire cosa dobbiamo accettare di questo mondo ,cosa possiamo modificare, rispettando le regole.Noi abbiamo voluto come civiltà dell'angoscia del vivere, costruire enti surrogatori del dolore e della violenza falsificando le regole.Eppure dovresti sapere Carlo, studiando psicanalisi almeno per via traverse, che troppe problematiche psichiche sono dentro questo sistema inautentico.

Proviamo a rifletterci bene,Nella figura dell"aristocratico" Nietzsche ci mette il forte che prende in mano il proprio destino.E' nella sua possibilità anche sopraffare il debole, ma non è assolutamente detto che lo compia, anzi, non ne ha interesse.
Nella nostra società "democratica" i "grandi capi" hanno sostituito l'uomo aristocratico nietzscheano, che si pigliava tutte le responsabilità in prima persona, compresa quella di venire ucciso, ma lo sapeva che questo era nel suo destino., sostituendolo e mistificandolo con la "rappresentanza" dove la finzione è che il capo rimarrà sempre capo, non si piglierà la responsabilità del proprio destino, la farà sempre pagare ai "deboli" fingendoli di proteggere,anche e soprattutto quando sbaglierà,
Così lui sarà sempre il capobranco e altri pagheranno la sua mediocrità e l'inettitudine, senza possibilità di uscirne :
questo sia nel sistema politico che economico.

Dico solo proviamo a rifletterci e so che non è semplice quando ci hanno educato condizionandoci totalmente a questa magnifica cultura contemporanea.

donquixote

Citazione di: paul11 il 13 Luglio 2018, 10:55:07 AMLa sua concezione dell'uomo è il semplice prendere atto della natura umana intesa come limite ,per cui ritiene che solo alle regole naturali l'uomo debba rispondere.Non ha,anzi nega, nessuna spiritualità o religione intesa come costruzione cosmogonica. Questa concezione del mondo, impone all'uomo di poter e dover reggersi da solo, sulla propria forza fisica e morale, intesa quì come ricerca interiore e non imposizioni o costruzioni ideali esterne da seguire. Ora è chiaro che quest'uomo è "nudo e crudo" e non dovendo rispondere alle condizioni culturali esterne a lui ,deve esercitare la propria volontà sulla natura, poichè è frutto della natura, e su se stesso.
 
Buongiorno Paul


Nietzsche nega la religione intesa essenzialmente come struttura sociale, anche se ammira alcune religioni come il Buddhismo e l'Islam (e parla in termini molto elogiativi, ad esempio, delle Leggi di Manu), perchè il suo pensiero semplicemente le supera. Una delle frasi più famose di Meister Eckart, inarrivabile interprete del Cristianesimo medievale, era "prego Dio che mi liberi da dio" ovvero prego Dio di liberarmi da tutte le costruzioni umane razionali che ingabbiano la divinità in una struttura limitata e definibile (ovvero nel complesso dalla religione) per sentirla fluire, in silenzio, direttamente dentro di me; le parole di Nietzsche, pur senza raggiungere la profondità di Eckart, dicono essenzialmente le stesse cose, e la sua serrata critica alla morale cristiana (non scordiamoci che viveva in un paese protestante e pietista) è un auspicio alla liberazione dell'uomo da una gabbia di regole che mortificavano la forza, l'energia, la creatività  per esaltare le debolezze, le disabilità, le emarginazioni e i conformismi.

Nietzsche, se lo si legge con attenzione, è un autentico cristiano (è vero che parla del "senso della terra", ma in ultima analisi il senso della terra e il senso del "cielo" coincidono) e lo Zarathustra evoca non a caso innumerevoli passi dei Vangeli (oltre ad essere formalmente simile); la differenza essenziale sta nel fatto che molti ritengono il capolavoro di Nietzsche un "antivangelo" in quanto ribalta a loro dire i valori cristiani, ma nei fatti non è così perchè la "trasvalutazione di tutti i valori" da lui auspicata non è una negazione o un ribaltamento ma una "riscoperta" dei valori originari che nel corso dei secoli sono stati piegati a logiche diverse. Del resto uno dei concetti su cui più ha insistito è la "degenerazione": la degenerazione dei valori è ciò che stava alla base del sistema morale cristiano del suo tempo (soprattutto protestante e che ora si è diffuso anche a quello cattolico) e dunque si tratta di "rigenerare" tali valori riportandoli all'antico significato. D'altronde solo dei "degenerati" come gli uomini moderni possono pensare che la debolezza debba essere salvaguardata a scapito della forza, che il meccanicismo conformista sia più auspicabile della creatività organica, che l'uguaglianza sia un valore più elevato dell'espressione della propria unicità e quindi delle gerarchie che da questa provengono, che l'ideale dell'ultimo uomo debba essere preferito a quello del superuomo. Quelli che criticano Nietzsche perché parla di violenza e sopraffazione sono inconsapevolmente i più violenti e i più sopraffattori perchè non si rendono conto che la sapienza, a differenza della filosofia e soprattutto delle ideologie moderne, è destinata ad ogni singolo uomo per incidere sulla sua psicologia, e le "trasformazioni" da essa operate sono tutte interne all'uomo e determinano il suo modo di concepire e interpretare il mondo, mentre le idee moderne dei critici di Nietzsche, anche quelle apparentemente più indirizzate verso il "bene", sono rivolte all'esterno per "cambiare il mondo" imponendole ad altri contro la loro volontà e provocando con essi e con il mondo nel suo complesso una interminabile serie di cortocircuiti e quindi di conflitti.

La volontà di potenza di Nietzsche è ad esempio, a mio avviso, semplicemente l'energia, la forza vitale, la spinta interiore atta a favorire l'espressione delle potenzialità creative, uniche e irripetibili, dell'uomo (io intendo, credo correttamente, "potenza" come possibilità, potenzialità, non certo come potere in senso stirneriano). Le caratteristiche del "superuomo" niciano sono essenzialmente due: l' amor fati e la volontà di potenza: la prima è quella qualità (che potremmo chiamare volontà passiva) che consente a ciascuno di accogliere, con entusiastica rassegnazione,
ciò che la vita ci riserva di sorprendente e meraviglioso, ma anche di tragico e crudele, mentre la seconda è invece la forza attiva che consente l'espressione e la manifestazione della propria virtù (che non è un concetto morale ma è da intendersi nel senso nobile di talento, di ars, di technè considerata nel suo senso proprio e conforme all'etimologia) ben espressa dall'aforisma del medico che ho citato nel precedente messaggio.
Quindi da un lato accettazione del proprio destino, ma dall'altro e contestualmente il compimento di esso, e solo una crassa ignoranza può pensare che l' aristos (il migliore) di Nietzsche possa assomigliare anche da lontano ad un sopraffattore, perchè per lui è chiarissimo che i migliori non hanno alcun bisogno di dominare gli altri ma al contrario cercano di tenersene distanti per non essere condizionati dalla loro bassa umanità; di qui la sua essenziale misantropia e il suo elogio alla solitudine che è sempre una caratteristica dei migliori. Se la volontà, come nel caso delle ideologie che valorizzano le debolezze, viene utilizzata solo per limitare o annullare gli effetti di ciò che di doloroso e tragico il fato ci riserva, nel complesso le forze vitali e creative si deprimono e si annullano dando luogo all'ideologia dell'ultimo uomo, che si accontenta di "una vogliuzza per il giorno e una per la notte, salva restando la salute", indebolendo sempre più l'uomo e rendendolo progressivamente ipersensibile ad ogni sofferenza che non riuscirà ad affrontare (non è credo un caso che di questi tempi gli psicologi pur essendo così inutili abbiano così tanto successo, e sempre più persone siano dipendenti da psicofarmaci). La volontà di potenza va quindi contrapposta in qualche modo a quella che invece il Cristianesimo chiama "buona volontà" e che viene modernamente intesa come banale pietas, compassione verso i deboli e i derelitti (e questo è un altro caso di "trasvalutazione" di valore).
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

#53
ciao Donquixote
premetto che non ho una lettura organica di Nietzsche per avere bene a fuoco il suo pensiero e quindi avere a mia volta una critica puntuale.
Ho l'impressione che l'unica regola a cui l'uomo dovrebbe attenersi è quella di natura.
Ora, se il dominio naturale  per lui  dovrebbe essere armonico a quello universale e a quello corrispondentemente umano allora sì, siamo nel periodo antico.
Ma vedo delle contraddizioni nei suo modi e in alcune argomentazioni.
Si tratta di capire se il suo linguaggio corrosivo è contestativo  è verso le figure moderne o lo è anche con il pensiero platonico-socratico e del cristianesimo.
Non penso che il suo credo fosse "ama il prossimo tuo come te stesso".
La differenza fra ciò che penso e ciò che nella mia ignoranza so di Nietzsche è che ogni persona al mondo è di pari dignità, forte o debole che sia. Semmai ha ragione nel dire che esiste una gerarchia naturale, ma non per soppraffare.
Nel mio modo di vedere il mondo chi ha più talento deve metterlo al servizio di chi meno ne ha, così anche le cose materiali.
Non siamo uguali è vero, ma siamo tutti dentro un destino.

Ciò che ammiro nel suo pensiero è la coerenza interna. E' un pensiero forte che non utilizza vigliaccherie argomentative per plagiare le persone,, è chiaro ,trasparente.

Insomma, se è vero che le sue parole sono  poetica cruda e scendono nell'abisso dell'animo umano per esigere verità non consolatorie, per spingere l'uomo a cercare la propria autenticità,non so se vi sia nel suo pensiero un 'idea di socialità o è tutto individualizzazione.
 Nietzsche è sicuramente il più radicale dei filosofi, ma lo trovo contraddittorio e in quanto tale ancor più vero e tragico perchè non lo finge, lo vive perchè ci crede davvero. 
E' un uomo solo............e forse solo un uomo

Kobayashi

Per donquixote.
I tuoi due interventi sono veramente molto interessanti e profondi.
L'unica perplessità che ho è sulla definizione di N. come autentico cristiano. Io direi piuttosto che N. "acconsente" che quella libertà di spirito che definisce l'oltre-uomo possa essere anche incarnata in un nuovo cristianesimo, così come lo era in Cristo. Cioè, portata a termine la critica a quelle forze negative che N. aveva riconosciuto nella religione, assimilata quella lezione, non c'è nulla che impedisca di riscoprire in Cristo la propria via per essere liberi, per diventare se stessi.

Carlo Pierini

#55
Citazione di: donquixote il 15 Luglio 2018, 10:33:35 AM
Le parole di Nietzsche, pur senza raggiungere la profondità di Eckart, dicono essenzialmente le stesse cose, e la sua serrata critica alla morale cristiana (non scordiamoci che viveva in un paese protestante e pietista) è un auspicio alla liberazione dell'uomo da una gabbia di regole che mortificavano la forza, l'energia, la creatività  per esaltare le debolezze, le disabilità, le emarginazioni e i conformismi.

CARLO
Questo lo dici tu, non Nietzsche, il quale non condannava solo la morale cristiana ma LA MORALE in sé:

<<Che senso hanno quei concetti menzogneri quei concetti ausiliari della morale, 'anima', 'spirito', 'libero arbitrio', 'Dio', se non quello di rovinare fisiologicamente l'umanità?". [Crepuscolo degli idoli]

Nietzsche, tuttavia, ammetteva che i suoi stessi giudizi di valore sulla vita, sono solo stupidaggini:

"Giudizi sulla vita, giudizi di valore, pro o contro, non possono infine mai esser veri: valgono solo come sintomi; in sé, giudizi del genere sono stupidaggini". [Crepuscolo degli idoli]

In questo senso anch'io sono un nietzschiano.
Inoltre, prima di Meister Eckhart, fu Giobbe che chiese a Dio di difenderlo da Dio:
«Ma ecco fin d'ora il mio testimone è nei cieli, il mio mallevadore è lassù... mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio perché difenda l'uomo davanti a Dio» (Giobbe, 16:19)





donquixote

Citazione di: paul11 il 17 Luglio 2018, 02:01:34 AMHo l'impressione che l'unica regola a cui l'uomo dovrebbe attenersi è quella di natura. Ora, se il dominio naturale per lui dovrebbe essere armonico a quello universale e a quello corrispondentemente umano allora sì, siamo nel periodo antico. Ma vedo delle contraddizioni nei suo modi e in alcune argomentazioni. Si tratta di capire se il suo linguaggio corrosivo è contestativo è verso le figure moderne o lo è anche con il pensiero platonico-socratico e del cristianesimo. Non penso che il suo credo fosse "ama il prossimo tuo come te stesso". La differenza fra ciò che penso e ciò che nella mia ignoranza so di Nietzsche è che ogni persona al mondo è di pari dignità, forte o debole che sia. Semmai ha ragione nel dire che esiste una gerarchia naturale, ma non per soppraffare. Nel mio modo di vedere il mondo chi ha più talento deve metterlo al servizio di chi meno ne ha, così anche le cose materiali. Non siamo uguali è vero, ma siamo tutti dentro un destino. 

Ciao Paul


Nietzsche non diceva "ama il prossimo tuo come te stesso", ma faceva di più e forse di meglio; diceva infatti "Io offro me stesso al mio amore, il prossimo mio come me stesso - così sentono di parlare tutti coloro che creano", ponendo al centro l'amore (per il Cristianesimo Dio è Amore) e accomunando se stesso e il suo prossimo in tale offerta chiarisce meglio il senso dei due comandamenti essenziali di Gesù,  esaltando inoltre la virtù creatrice di ognuno che si esprime nella attualizzazione delle proprie potenzialità per contribuire all'opera di creazione dominata dal Logos divino. Del resto "ama il prossimo tuo come te stesso" è parecchio equivocato di questi tempi, e siccome viene citato sempre disgiuntamente dal primo e più importante comandamento ("amerai Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente") fa apparire il prossimo, e non l'amore, al centro del comandamento. Certo tu sei padronissimo di pensare che ogni persona abbia pari dignità e chi ha più talento lo debba mettere al servizio dei più deboli, ma questo pensiero oltre ovviamente a non essere per nulla niciano non è nemmeno lontanamente cristiano. Cristo diceva che "tutti sono uguali dinnanzi a Dio" e che "Dio fa sorgere il sole sui buoni e sui malvagi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti", ma non che tutti hanno pari dignità, che è altra cosa. La dignità è un attributo che si acquisisce con il comportamento, non è dato alla nascita, e dunque la dignità (ovviamente nei confronti di Dio, non degli uomini) ognuno la guadagna esprimendo ciò che è, compiendo il proprio compito su questa terra indipendentemente dal fatto che questo sia il più nobile come il più umile oppure, detto in termini teologici, facendo "la volontà di Dio". Se Gesù diceva: "sono venuto a compiere la volontà del Padre mio" Nietzsche diceva, nello stesso senso: "Forse che io miro alla mia felicità? Io miro alla mia opera". Del resto, e con riferimento alla seconda parte della tua frase, nella famosa parabola dei talenti il padrone citato  (che rappresenta Dio) premia i servitori che hanno fatto fruttare i loro talenti e punisce quelli che li hanno nascosti gettandoli "là ove sarà pianto e stridore di denti", e al termine di tale parabola Gesù afferma: "Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha". A me sembra piuttosto chiaro che questa è da un lato la conferma della gerarchia naturale con una diversa distribuzione dei talenti, e dall'altro una netta condanna degli ignavi danteschi, di "color che visser sanza infamia e sanza lodo", che sono poi gli "ultimi uomini" di Nietzsche, quelli che considerava gli esseri più spregevoli, che anzichè far fruttare il loro sia pur misero talento preferiscono nasconderlo e campare sulle spalle altrui. Se è vero che siamo tutti dentro un destino è altrettanto vero che ognuno ha il suo, ed è suo dovere compierlo in modo da contribuire in modo comunque singolare, unico e irripetibile alla creazione del destino comune.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

donquixote

Citazione di: Kobayashi il 17 Luglio 2018, 09:58:19 AML'unica perplessità che ho è sulla definizione di N. come autentico cristiano. Io direi piuttosto che N. "acconsente" che quella libertà di spirito che definisce l'oltre-uomo possa essere anche incarnata in un nuovo cristianesimo, così come lo era in Cristo. Cioè, portata a termine la critica a quelle forze negative che N. aveva riconosciuto nella religione, assimilata quella lezione, non c'è nulla che impedisca di riscoprire in Cristo la propria via per essere liberi, per diventare se stessi.

Io ho definito Nietzsche autentico cristiano intendendo con questa definizione "autentico interprete dei principi e dei valori cristiani" e non certo quale fedele ubbidiente di una religione e di una morale che ha criticato nel modo più crudo, argomentato e profondo possibile. Come dicevo a Paul Nietzsche supera le religioni e le morali (anche se ammirava qualche religione e si entusiasmava per qualche sistema morale) e questo lo dimostra soprattutto in Così parlò Zarathustra ove si esprime da puro metafisico con un pensiero che va al di là del tempo e dello spazio ed espone concetti essenzialmente identici a quelli espressi dalle Upanishad, dai sutra buddhisti, dai Vangeli e dal Corano. Nietzsche si può tranquillamente inserire nella cerchia di coloro che Schurè definiva "I grandi iniziati" (anche se non certo fra i più grandi) e se costoro vengono a volte identificati come "fondatori" di religioni di fatto sono solo mezzi di comunicazione di quella che A. Huxley definiva "Philisophia perennis". Un grande studioso di buddhismo riconosceva nella dottrina del superuomo la descrizione del bodhisattva, e maestri sufi hanno tratto grande ispirazione dalle parole di Nietzsche . Il Cristianesimo criticato da Nietzsche è quello degenerato, quella religione che esaltava le debolezze e mortificava le forze volitive e le energie creatrici. Il Cristianesimo "umanista" nato con la Riforma e poi diffusosi anche nei luoghi della Controriforma, che ha perduto il senso degli insegnamenti di Cristo (che ammirava) fino a svuotarli di significato e tradurli in una morale del risentimento e dell'invidia (la sklaven moral). Il suo impegno quindi, certo inconsapevole dato che credeva di conoscere il Cristianesimo visto che viveva in un paese cristiano e suo padre era un pastore protestante mentre conosceva di fatto solo quello in voga in quei tempi, fu quello di distruggere intellettualmente una religione ormai degenerata per riscoprire i "veri" valori, che necessariamente venivano definiti "terrestri" per contrapposizione dato che quelli cristiani erano quelli "celesti", e dedurre da quelli la morale dei signori, la morale creatrice (la herren moral) contrapposta a quella degli schiavi. Nietzsche era un vero "cristiano inconsapevole" (non certo come quelli che vengono definiti tali da alcuni teologi moderni solo perchè mostrano atteggiamenti filantropici anche se appartengono a confessioni diverse o sono atei) e quasi tutto lo Zarathustra testimonia come i valori autentici dei Vangeli siano espressi anche nel suo presunto "controvangelo". E il fatto che questa opera venga definita perlopiù poetica e non filosofica da moltissimi studiosi di Nietzsche dimostra una volta di più come fosse veramente un "inattuale", come lo erano del resto gli iniziati di Schurè.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Carlo Pierini

#58
Citazione di: donquixote il 17 Luglio 2018, 16:23:42 PMSe Gesù diceva: "sono venuto a compiere la volontà del Padre mio" Nietzsche diceva, nello stesso senso: "Forse che io miro alla mia felicità? Io miro alla mia opera".

CARLO
...E come no!
Il cristiano <<compiere la volontà del Padre>> e il nietzschiano <<negare sia la volontà del Padre che il Padre stesso>>, sono la medesima identica cosa!! Una logica ineccepibile, complimenti!!

L'opera di Nietzsche? Lo dice lui stesso: <<Je n'ai pas encore connu le plaisir d'un plan réalizé>> (Volontà di potenza)

Carlo Pierini

Citazione di: donquixote il 17 Luglio 2018, 18:49:05 PM
Io ho definito Nietzsche autentico cristiano intendendo con questa definizione "autentico interprete dei principi e dei valori cristiani"


CARLO
Beh, se mettiamo da parte il valore cristiano fondamentale, l'amore di Dio, i valori di Nietzsche coincidono perfettamente con quelli cristiani. Uguali sputati!!
Per esempio, c'è una profonda concordanza tra: <<Onora il padre e la madre>> e: <<...Se cerco la più profonda antitesi di me stesso, l'incalcolabile volgarità degli istinti, trovo sempre mia madre e mia sorella. Credermi imparentato con una tale 'canaille' sarebbe una bestemmia contro la mia divinità>>. Oppure tra: <<Ama il prossimo tuo come te stesso>> e: <<L'amore del prossimo è in sé debolezza, un caso particolare di incapacità a resistere agli stimoli>>.
...Insomma, sì, mi hai convinto: Nietzsche è davvero il nuovo Cristo redivivo. Laudate Dominum!

MOZART: Laudate Dominum, Cantata Vesperae solemnes K339 V
https://youtu.be/VgoBDAZX4gI

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