Nietzsche e Zarathustra

Aperto da Visechi, 16 Gennaio 2025, 23:27:13 PM

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anthonyi

Sinceramente, Visechi, io non ho capito quale sarebbe lo "slittamento di significato inaccettabile". Io non nego certo l'esistenza di una sacralità indipendente dalla divinità, della quale certo il culto dei morti é parte. 
Oltretutto riguardo a quest'ultimo, con la rappresentazione funzionale che ne dai, sostenuto sembra dalla antropologia culturale, in realtà riduci la sacralità di quel culto a una pratica materiale. 

daniele22

Ringrazio Visechi per la risposta.
Non conosco Nietzsche, ma ne ho sentito parlare.
Penso che Nietzsche volesse ribaltare il verso temporale del binomio etica/morale. Probabilmente non ci riuscì, ma non saprei.
Il punto é questo. Da quando intervenne la proprietà privata nella società umana l'etica si è via via affermata sempre più in modo subordinato alla legge morale. Forse lui intendeva che il primato spettasse invece all'etica, subordinando ad essa e nel caso eventuali leggi morali

Koba II

Consacrarsi all'auto-miglioramento, alla cura di sé, ad un'erotica dell'auto-realizzazione.
Pensiamo alle basi di psicologia motivazionale di Scientology. Ma anche a tutta la cultura laica che si pone come management delle potenzialità individuali, dei talenti.
L'ingiunzione del sacro che si presta, in queste forme irreligiose, ad essere lo strumento ideologico perfetto dell'odierno assoggettamento?

iano

#18
Dio con Cristo è sceso in terra, l'uomo con Newton è salito in cielo.
Fisica e metafisica avrebbero perciò dovuto incontrarsi a metà strada, ma l'appuntamento è stato mancato.
Non capisco inoltre di quale superuomo parli F. N.
Non bastava parlare di evoluzione ?
Sospetto quindi che si parla ancora tanto di F.N. solo perchè non si siano tratte tutte le conseguenze dalla teoria  Darwin, e in particolare non lo ha fatto F.N.
Infatti il superuomo può venire solo se c'è un uomo da superare, e se ciò si crede vuol dire appunto secondo me che dalla teoria di Darwin non si siano tratte tutte le conseguenze.
Ogni essere vivente infatti si supera in continuazione, e forse anche dicendolo in tal modo non si rende ancora bene l'idea.
E' la vita, declinabile come insieme di esseri viventi, che si evolve, e non ciò in cui possiamo declinarla.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#19
E' l'insieme degli esseri viventi che non è mai uguale a se stesso, non l'essere vivente, che finché è vivo, mantiene la sua individualità.
Nessun elemento dell'insieme, o anche suo sottoinsieme, dunque supera se stesso, uomo compreso.
Se Dio è morto l'uomo non avrebbe dovuto  sopravvivere ad esso, perchè essi si giustificano a vicenda.
L'uomo può superarsi solo annullandosi, disperdendosi nell'insieme dei viventi, riguardandosi come un essere vivente fra tanti, ciò che non può mancare di fare  se non c'è più nessuno ad  eleggerlo al di sopra dell'insieme, se Dio è morto.
Va da se poi, che questo Dio che lo leggeva era lui stesso.
Non riesco dunque ad individuare questo superuomo di F:N: se non nel superamento di questo sdoppiamento, a cui dovrebbe seguire finalmente che si realizzi l'appuntamento mancato fra fisica e metafisica.
Se è il logos ad aver generato questo sdoppiamento, non occorre perciò superarlo, bastando usarlo per quel che è, senza trascenderlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

#20
io credo che in Nietzsche l'eterno ritorno venga affermato sostanzialmente contro il determinismo: il ragionamento secondo me centrale è il seguente:

se davvero vi è l'eterno ritorno nel senso in cui lo intende Zaratustra (e non nel senso in cui lo intende il nano :-\ )

+ allora ne consegue che il futuro ha in se' tutti gli effetti e tutte le cause, e che il futuro e' dimensione temporale auto causata e autosufficiente, insomma una dimensione temporale causa sui, in grado di stare in piedi sui suoi stessi piedi; quindi, vi sono tutte le condizioni, filosofiche e psicologiche, per incominciare a pensare il futuro come qualcosa di altro, e di diverso, dal mero effetto del passato, e dunque come qualcosa di altro dall'oggetto, appunto, tipico del determinismo, il cui la struttura cosiddetta lineare, del tempo, si esemplifica, volendo anche non "geometricamente", e non spazialmente, nel chiasmo di emanazione ipostatica:

passato=causa/futuro=effetto.

Per quanto possa sembrare una sottigliezza, il vero oggetto polemico del Nietzsche Zaratustra, nel suo affermare una struttura del tempo eonica e ritornante, e' proprio questo sovraesposto chiasmo, non la struttura lineare in se'.
Il futuro, può reinnescare effettualmente il passato, e il passato dal canto suo è vita, cioè effetto, dell'avere, attualmente, per un dato ente o soggetto, un futuro. Dunque non c'e, non si verifica, nè un "cattivo" regresso all'infinito, ne' la necessità di interrompente concettualmente la serie immaginando a un certo punto un dio, o comunque un principio, creatore, se si compie l'atto mentale di risalire infinitamente indietro, o di andare infinitamente avanti, nel tempo.

Nietzsche insomma, contrapponendolo un po' impropriamente a un altro gigante della storia del pensiero ricordato più come fisico, che come filosofo o maestro spirituale, io personalmente lo vedo come un anti Laplace... più ancora che un anticristo, un anti Socrate, un anti Platone o un anti san Pietro.

Stiamo pur sempre parlando di un bravo e buon uomo che alla fine esce matto, pur affermare che la causa del futuro non è il passato, ma la volontà. Per quanto ad alcuni di voi piaccia accostarlo a baffetto e al nazismo. E vabbe'.

Anche tutti coloro che credono che il loro dio, con un colpo di bacchetta magica tragica, un bel giorno abbia creato questo mondo (sai che bel capolavoro, di creazione), possono fare questo piacere a Nietzsche, e soprattutto a loro stessi: considerare come l'attimo in cui quel famoso dio antropomorfico crea dal nulla l'uomo e con esso il mondo, conferendo ad entrambi senso e scopo, insomma l'attimo fatidico delle origini di tutto, anche ammesso che come tale esista e non sia leggenda, effettivamente, giaccia nel futuro. Non è ancora arrivato, quell'attimo fatale, e per quel che riguarda voi e i vostri cari, non arriverà. Il mondo, questo mondo per come lo conoscete e lo conosciamo, non è ancora iniziato. Almeno, cosi' facendo, direi che vi liberate da un po' di paturnie e teodicee per il presente.

Su come in Nietzsche anche il passato, sia sempre da considerarsi inesauribilmente altro, rispetto ad una mera causa del futuro, basterebbe leggere le Considerazioni Inattuali. Anche il passato, deve essere "emancipato" dal ruolo concettuale di mera causa del futuro, per essere recuperato alla volontà, e soprattutto all'immaginazione umana.

Di solito, si tende a pensare che il passato, ci determini in maniera meccanicistica, e il futuro, ci determini e ci ispiri in maniera teleologica e finalistica. Soprattutto nella seconda metà dell'ottocento in cui vive Nietzsche. Paradisi più o meno artificiali che sono tutti in un modo o nell'altro "post": post sballo, post morte, post, arricchimento, post rivoluzione, post chi più ne ha più ne metta. Che vanno a costituire l'ideale, e l'attesa del realizzarsi dell'ideale stesso, in forma prototipica, anziche', come fu in tempi più classici della storia dell'occidente, archetipica. Mostrare come anche il passato a volte, possa determinarci in maniera finalistica, teleologica nel senso aristotelico del termine, e come anche il futuro, a volte, possa determinarci in maniera materica e meccanicistica, assolutamente obliante e fatidica, decostruisce un altro importante chiasmo.

Recuperare il passato alla volontà, volere a ritroso. Cosi' volli che fosse.

Che poi, se consideriamo, (e se magari con l'aiuto di continuatore/traditore del pensiero di Nietzsche come Bergson intuiamo) come passato / e oggetto in generale dell'umana possibile coscienza e conoscenza sostanzialmente coincidano, recuperare il passato alla volontà, qui, significa recuperare, anche, tutta la coscienza e la conoscenza in generale, alla volontà e all'azione della volontà. Un volere, è di fatto richiesto al superuomo e caratterizzante di esso, che sia più forte del (in realtà sempre retrospettivo) sapere, e che però non precipiti nel solipsismo.

Volontà di verità. che è il culmine, della volontà di potenza.

Di tutti gli interpreti Nietzscheani che ho avuto occasione di studare, Karl Lowith riflette sulla aporia, secondo lui comunque feconda, tra le implicazioni antropologiche e quelle meccanicistiche del concetto nietzscheano eterno ritorno: in estreme sintesi, sarebbe contraddittorio il fatto che l'eterno ritorno è un sistema deterministico, senza nessuno spazio residuo per la libera volontà o tanto meno il libero arbitrio, ma che prevede a un certo punto l'emergere una figura antropologicamente centrale, quella del superuomo, che tale sistema non solo "accetti" o stoicamente subisca, ma che proprio lo voglia intenzionalmente e gli dia (infinitamente, perché infiniti sono i cicli temporali) suggello e compimento.
Secondo me comunque, nelle intenzioni reali di Nietzsche, la componente antropologica prevale. La sintesi tra essenza creativa della natura e determinismo, si realizza proprio nell'eterno ritorno, ovvero nell'eterna ripetizione dell'attimo creativo.

Altro interprete nicciano veramente imprescindibile, è Deleuze, di cui ricordo brevemente il nesso tra eterno ritorno e valore sintetico dell'attimo. Il fatto che ogni attimo "costituente" il tempo sia insieme passato, presente e futuro, è a garanzia del passare stesso dell'attimo, e dunque della doppia affermazione del divenire, e dell'essere del divenire.
Di nuovo, vale la pensa di focalizzare come il reale bersaglio polemico di Nietzsche nella critica di questi alla struttura lineare del tempo, non sia la struttura lineare in se', ma il fatto che la partecipazione anche e soprattutto emotiva e psicologica dei viventi a tale struttura, implichi la credenza nella realtà di attimi eternamente solo passati, eternamente solo presenti o eternamente solo futuri. E dunque un indugiare su futuri che non vedremo mai (primo tra tutti, ma non certo solo, l'aldilà cristiano), su passati irreversibili e sull'incombere di paesaggi umani e naturali immodificabili in quanto impersonali e prenatali, su "eterni presenti" consumistici, decadentistici, realistici, giusnaturalistici, mediatici che tutti implicano la valorizzazione, quasi sempre cretina, dell'effimero.

La differenza intercorrente tra tutti gli attimi, stante una serie discreta di essi, tra di loro, cioè la figura completa, moltitudinariamente costituita, del tempo, o anche solo di un certo lasso, di tempo, vale ben più della differenza, solo triplice e solo triplicemente data, tra qualità di essere passato, presente o futuro, che ogni singolo attimo di quella serie potrebbe, soggettivamente, possedere.

Il fatto che tutto il tempo possa essere contenuto in una sola dimensione temporale, il fatto cioè che che nel solo futuro, possiamo dire che "c'entra", insomma che trova spazio e contenimento, tutta la intera storia del mondo, quindi anche quello che comunemente consideriamo "passato", e così pure nel solo passato, altrettanto rientra tutta la storia del mondo e quindi anche il putativo "futuro", questo fatto dell'autocontenimento del cosmo in tutte e in ognuna delle dimensioni temporali e quindi anche di tutte le dimensioni temporali tra di loro (alle nostre spalle, c'è un'eternità...), in Nietzsche è un tentativo, di affermare, e veramente direi di gridare, un doppio mondo, dionisiaco (la realtà di, almeno, due mondi valutativamente e valorialmente uguali, assolutamente non idonei all'essere etichettati come l'uno buono, e l'altro cattivo, se non, ancora, per assoluto, capriccio e salto nella scelta casuale più insensata, di chi comunque tra di essi scegliesse e osasse scegliere) da contrapporre al mondo dietro il mondo, di matrice platonica e cristiana che egli tenta di criticare e decostruire (almeno due mondi, diversi, di cui uno migliore e uno peggiore, uno vero e uno falso, uno del bene e uno del male).

Il mondo, anche quando si tenta la scalata dal reale all'ideale, dal male al bene, non rimanda (mai) ad altro da sè, ma (sempre e solo) a se', cioè l'attesa "messianica" di Nietzsche è per un tipo di uomo che possa volere fino in fondo e senza rimorsi ne rimpianti il mondo reale, anche con tutte le sue disillusivamente e disillusoriamente svelate sofferenze. Un tipo di uomo che possa

"essere felice"

nel senso specifico di avere, di contenere, dentro di sè un mondo del voluto e del desiderio, uguale identico al mondo, percepito, o comunque abitato, della realta', e della necessità. E quindi, che possa essere semplicemente sè stesso senza nessun desiderio inappagato residuo.

Il superuomo realizza la duplicazione temporale del mondo, in due mondi identici, congiunti liminarmente nel presente e sviluppantisi l'uno nel passato e l'altro nel futuro, perché la porta già, dentro di se'; egli è già scisso nel gioco di sguardi e nel corteggiamento tra gli uguali che al limite estremo differiscono solo per l'essere l'uno realtà e l'altro desiderio, e in nulla di minimamente altro, già dentro di sè.

Questo eterno ritorno, è quello che egli vuole. Progetta, la nuova e ulteriore vita del mondo oltre il limite di un dato, singolo ciclo temporale, perché la avverte, in se' come desiderio.

L'autocontenimento, e dunque la apparentemente vana duplicazione, del passato nel futuro, e del futuro nel passato, la storia del mondo ripetuta e ripetentesi, insomma il parto del mondo che partorisce se stesso, in quanto elemento cosmico, è, anche, l'autocontenimento identico ed esaustivo di realtà e desiderio nel superuomo, nel suo strano e bizzarro cuore, in quanto elemento antropologico, e quindi la sua individuale, potenzialmente parecchio egoistica, felicità. La duplicazione disvelata nel suo avere senso per alcuni, ma non per tutti. Come si conviene ad ogni morale aristocratica.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Se non sbaglio (ho ricordi vaghi in merito), l'eterno ritorno è eterno ritorno dell'identico, quindi un "meccanicismo chiuso" in cui la necessità è fato, e il fato contiene già tutto. A differenza del meccanicismo lineare, te(le)ologico o meno che sia, che è invece caratterizzato da sviluppi nuovi: ciò che sta per accedere non è mai accaduto prima in modo esattamente identico; mentre nell'eterno ritorno ciò è già accaduto infinite volte in modo identico. La stessa volontà che accetta di volere (o non volere) tutto l'accadare per come accade, ha già fatto (o non fatto) questa scelta infinite volte; sempre l'identica scelta con sempre l'identico esito.
Nell'immanentizzare l'infinito nei cicli del mondo, affinché tale infinito non sia assegnato ad un ente superiore o a al tempo, si finisce comunque con il maneggiare l'infinito temporale: non è la storia umana ad essere infinita (in quanto riparte sempre e per sempre da capo), ma il tempo meta-storico lo è. Come dire che una lancetta che fa infiniti giri nell'orologio, non scandisce una giornata infinita, ma un infinito numero di giorni, tutti che ripetono le identiche ore in cui accadono fenomeni identici (prima la mezzanotte con il cucù che fa qualcosa, poi l'una di notte con il cucù che fa qualcos'altro, e così via... il cucù "vive" l'eterno ritorno secondo il fato necessario).

niko

Citazione di: Phil il 18 Gennaio 2025, 18:38:45 PMSe non sbaglio (ho ricordi vaghi in merito), l'eterno ritorno è eterno ritorno dell'identico, quindi un "meccanicismo chiuso" in cui la necessità è fato, e il fato contiene già tutto. A differenza del meccanicismo lineare, te(le)ologico o meno che sia, che è invece caratterizzato da sviluppi nuovi: ciò che sta per accedere non è mai accaduto prima in modo esattamente identico; mentre nell'eterno ritorno ciò è già accaduto infinite volte in modo identico. La stessa volontà che accetta di volere (o non volere) tutto l'accadare per come accade, ha già fatto (o non fatto) questa scelta infinite volte; sempre l'identica scelta con sempre l'identico esito.
Nell'immanentizzare l'infinito nei cicli del mondo, affinché tale infinito non sia assegnato ad unente superiore o a al tempo, si finisce comunque con il maneggiare l'infinito temporale: non è la storia umana ad essere infinita (in quanto riparte sempre e per sempre da capo), ma il tempo meta-storico lo è. Come dire che una lancetta che fa infiniti giri nell'orologio, non scandisce una giornata infinita, ma un infinito numero di giorni, tutti che ripetono le identiche ore in cui accadono fenomeni identici (prima la mezzanotte con il cucù che fa qualcosa, poi l'una di notte con il cucù che fa qualcos'altro, e così via... il cucù "vive" l'eterno ritorno secondo il fato necessario).



Si ma questo fato necessario non si manifesta contro la volontà dei singoli esseri che alla sua grande danza partecipano, ma con la loro volontà, insomma grazie ad essa.

Il suggello dell'eternità qui non scalfisce minimamente l'effimero, il che significa che di volta in volta il ciclo temporale potrebbe anche non compiersi, ma si compie.

Il senso, della vita, è dunque l'assenso, di tutti e di ognuno, alla struttura caotica, pulsante e infinitamente auto incrementantesi, o meglio, auto superantesi, che la vita stessa, cioè la natura stessa, infinitamente propone. Il senso della vita è la vitalità.

Quanto di più democratico possibile, dico io, per quanto Nietzsche stesso non sarebbe d'accordo. Il punto è che questo senso/assenso, dato alla vita e al suo eterno ritornare, diventa, elitariamente, esplicito e intenzionale solo nella figura e nel carattere del superuomo, ma non ci vuole molto, a capire come esso sia già implicito nel corpo, nella danza, nella terra e in tutti quei luoghi, atti e motti antimetafisici tanto cari al nostro. Tutti, oserei dire, amiamo abbastanza la nostra vita da preferire il suo eterno ripetersi al nulla o all'assurdo. Siamo tutti stanchi Noè che con la nostra arca, ci trasciniamo avanti non tanto curvilineamente, lungo il singolo ciclo temporale in cui attualmente siamo, ma orizzontalmente, tra un ciclo temporale e l'altro. Il superuomo, è solo un Noè piu' esplicito, più entusiasta e più pioniere (dell'identico) degli altri, e quindi assume in Nietzsche un significato individuale e cosmico.

Tutti qui dentro, voglio sperare, rivivremmo l'intera nostra vita con tutti i suoi leopardiani e leopardianissimi affanni, per alcuni singoli attimi di gioia immensa incisi nel nostro cuore; la rivivremmo in nome di essi e per quanto magari alcuni di essi "divisivi" siano nel mondo del politicamente corretto, e questo, è un grande grazie al cavolo, una grande sopportazione del male in nome del bene, una grande banalità; l'attimo, in cui capisci che questo desiderio si avvererà, è il vero punto, che ha reso grande e non banale Nietzsche per quanto tale attimo, che esista o no, che sia "vero" nella sua promessa o no, ti impegna e ti cambia eticamente per il futuro, piuttosto che per il passato o per il presente.

Quello che è reso impossibile dell'eterno ritorno, non è tanto il nuovo, quanto l'unico. Niente di nuovo sotto il sole, significa niente di unico sotto il sole.

La natura, con tutti i suoi demoni, ci promette l'eterno ritorno, ma non si piega a certe altre promesse di unicità, e quindi di solitudine, che ci hanno fatto certi altri nostri dei.

Ci sono leggi universali, che aggregano materia in uno spazio sostanzialmente omogeneo, e ben poco altro, sotto il sole. Io non posso vantare una differenza assoluto da una tartaruga, così come non la posso vantare da un sasso o da un bicchiere.

Dipendo, per la mia presenza ed esistenza da un insieme di circostanze finito e limitato, non, viva Dio, o meglio, viva il Dio ateo, da uno infinito e illimitato. Dalle "vie del Signore". Da cui prendo ben volentieri congedo.

Questo mio dipendere da circostanze limitate, fa sì per altro, che per il mio "ritorno", per la mia immanente eternità, io non abbisogno, affatto, del ripetersi dell'intero anno cosmico, ma di una singola scureggia, ricadente in un mercoledì qualsiasi, presso un pianeta qualsiasi, durante il presunto anno cosmico se mai questo esista.

Quante volte si ripete, la sequenza 234867904333194 in pi greco? Ogni volta che la sequenza si ripete, voi avete motivo di pensare che si stia ripetendo, tutto, pi greco? O che molto più semplicemente, è capitato un evento nella serie, che prima o poi capita? Noi stiamo dentro a questo universo, esattamente come la sequenza 234867904333194 sta in pi greco. Ci stiamo moltitudinariamente e disseminatamente. La morte non ci distruggerà. Ma nemmeno ci porterà un briciolo di consolazione, nè tanto meno di riposo.

O almeno, così è secondo me. Per questo, non prendo l'eterno ritorno come una metafora. E nemmeno come un mero fenomeno meccanicistico. Che meccanicistico è, ma non è tale per noi. 

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

InVerno

Citazione di: Phil il 17 Gennaio 2025, 19:16:43 PMParto dall'esempio che hai usato, perché è meno ingenuo di quanto pensi: «liturgia», «devoti», «vita nuova», «idolo», etc. sono usati in senso metaforico parlando di Apple.
E' metaforico se cerca di evidenziare l'aspetto comportamentale, spesso però l'aspetto funzionale non è altrettanto metaforico. Per spiegarmi meglio rimando a questo estratto, che paragona l'uomo-leone di Stadel e il leone Peugeot.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Qualche rapido spunto, per fare un po' l'avvocato del Diavolo (non certo di Cristo):
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2025, 22:57:56 PMSi ma questo fato necessario non si manifesta contro la volontà dei singoli esseri che alla sua grande danza partecipano, ma con la loro volontà, insomma grazie ad essa.
Eppure ci sono anche esseri, almeno fra gli umani, che hanno una volontà antagonista al fato; costoro infinite volte si ritroveranno a non volere che accada ciò che temono (un qualunque evento sgradevole), ma ciò invece accadrà puntualmente, contro la loro volontà (credo sia capitato anche a te, almeno una volta nella vita). Non è la loro volontà il carburante dell'eterno ritorno.
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2025, 22:57:56 PMIl suggello dell'eternità qui non scalfisce minimamente l'effimero, il che significa che di volta in volta il ciclo temporale potrebbe anche non compiersi, ma si compie.
Se prendiamo per buono l'eterno ritorno, quel «potrebbe anche non compiersi» sa quasi di nostalgia del libero arbitrio (o semplicemente avversione all'essere burattini del fato), di illusione che l'eterno ritorno non sia il ritorno dell'identico (come invece l'autore propone che sia).
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2025, 22:57:56 PMQuello che è reso impossibile dell'eterno ritorno, non è tanto il nuovo, quanto l'unico. Niente di nuovo sotto il sole, significa niente di unico sotto il sole.
Direi che l'unico è piuttosto quello che caratterizza l'eterno ritorno: lo svolgersi degli eventi è sempre unico, sempre quello per ogni ciclo, come un film che viene riproiettato dall'inizio dopo la sua fine; sempre gli stessi attori, sempre le stesse battute, sempre quell'unico film con quell'unica trama; nulla di nuovo. Sarai sempre tu, sempre unico, non ci saranno mai altri proprio come te (nel senso che un altro te ti renderebbe meno unico se esistesse nel tuo medesimo arco temporale, ma  se l'intera esistenza viene resettata, allora tu sarai sempre unico, nel momento in cui sei; salvo qualcuno abbia memoria del tuo ciclo precedente... ma questa memoria inter-ciclo è prevista dal fato?).
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2025, 22:57:56 PMQuesto mio dipendere da circostanze limitate, fa sì per altro, che per il mio "ritorno", per la mia immanente eternità, io non abbisogno, affatto, del ripetersi dell'intero anno cosmico, ma di una singola scureggia, ricadente in un mercoledì qualsiasi, presso un pianeta qualsiasi, durante il presunto anno cosmico se mai questo esista.
L'eterno ritorno, nel suo meccanicismo, non conosce il "qualsiasi" (proprio come il suddetto cucù non fa un suono qualsiasi quando rintocca la mezzanotte): il tuo ritorno sarà necessariamente su questo pianeta quando il copione del fato prevede che tu possa tornare; non sarà un giorno qualsiasi su un pianeta qualsiasi; questa nostra stessa conversazione non avverrà su un forum qualsiasi in un topic qualsiasi. Altrimenti non sarebbe un eterno ritorno dell'identico.
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2025, 22:57:56 PMLa morte non ci distruggerà. Ma nemmeno ci porterà un briciolo di consolazione, nè tanto meno di riposo.
Non ci distruggerà per sempre ma ci ucciderà sempre, infinite volte; siamo come il fegato di Prometeo (o la fatica di Sisifo): rinasceremo identici per poi esser di nuovo sacrificati all'eterno ritorno.

Visechi

A.L'ETERNO RITORNO DELL'UGUALE

È il primo elemento dell'intera architettura filosofica di Nietzsche, irrinunciabile ed insostituibile, anche se a me è sempre parso il tassello più debole. Ad ogni buon conto, egli colloca il suo eroe, l'uomo Oltre l'uomo, in questa dimensione temporale che spezza e sovverte la concezione comune del tempo. Cronos non scorre più linearmente da un passato ad un futuro, intersecando il presente. La freccia del tempo è spezzata e sostituita da un anello, un circolo. Il tempo diviene circolare. Tale concezione è interamente mutuata dalla cultura classica greca.  La ciclicità di Cronos non accoglie più alcuna speranza proiettata verso il futuro, che non esiste più. Non essendoci più alcun futuro, ma una successione di eventi destinati a ripetersi infinitamente sempre uguali, ogni attimo diviene fine a sé stesso, poiché nulla più determina il futuro attingendo dal passato. È così che l'esaltazione del momento trascina con sé anche la celebrazione di ogni singola scelta, che è operata in quell'istante e per l'eternità, poiché è destinata a ripetersi sempre uguale a sé stessa, non più emendabile, dunque. L'atto eroico della decisione per il o per il no è compiuto in ogni istante e per sempre. Non vi è alcuna possibilità di rinvii, poiché la ciclicità del tempo esclude la dimensione futura. Glorificare l'irredimibilità delle deliberazioni di vita magnifica ed esalta automaticamente l'individualità, poiché il singolo è l'unico costruttore del proprio destino.

L'individualismo estremizzato, che riflette specularmente l'isolamento sociale che N. patì in vita, è un altro dei tratti caratteristici della filosofia dell'Oltreuomo. Zarathustra avverte questa condizione di rigetto da parte delle folle definendosi un predicatore incompreso in tempi non ancora maturi per recepire i suoi insegnamenti, anticipatore dei tempi, un pensatore inattuale, portatore di un messaggio che non si conforma alle convenzioni e alle aspettative della società coeva: «Va via da questa città, Zarathustra», diceva «qui ti odiano in troppi. Ti odiano i buoni e i giusti e ti chiamano loro nemico e spregiatore; ti odiano i fedeli della vera fede e ti chiamano un pericolo per la folla. [...] Ma va via da questa città, o domani salterò oltre te, un vivente oltre un cadavere».

È in questa dimensione temporale, scandita dalla reiterazione degli eventi, che si compie il destino dell'uomo. Si tratta di un determinismo assoluto che dovrebbe collidere insanabilmente con la pretesa di libertà predicata da Zarathustra (vedremo in seguito). Il tempo ciclico è la dimensione imprescindibile per la realizzazione del nuovo uomo, perché solo in essa vi può essere l'esaltazione di ogni singolo istante e, come conseguenza, di ogni singola scelta – ora per sempre -. Non v'è spazio per la speranza. L'uomo nuovo deve rivendicare e celebrare la propria assoluta libertà, sgravandosi da ogni legame che rappresenti un gravame. Deve spezzare i ceppi che lo trattengono al suolo, impedendogli di esprimere l'energia e il potere che è in lui. Gravami che, bloccandolo, gli impediscono di intonare il canto che accompagna la danza liberatoria con cui creare la propria stella. Perciò non può accettare i vincoli della morale cristiana, che fiaccano la volontà e spengono l'ardore. Deve uccidere Dio e librarsi libero nell'aria al suono di una nuova musica.

Phil

Citazione di: InVerno il 19 Gennaio 2025, 00:03:07 AME' metaforico se cerca di evidenziare l'aspetto comportamentale, spesso però l'aspetto funzionale non è altrettanto metaforico. Per spiegarmi meglio rimando a questo estratto, che paragona l'uomo-leone di Stadel e il leone Peugeot.
Il paragone non è forse il fratello estroverso della metafora?
Detto altrimenti: la società a responsabilità limitata ha una sua esistenza formale (ontologicamente debole, che significa avere la stessa forza dei fantasmi: non puoi prenderli a pugni e non puoi ucciderli di nuovo) che gli consente di sopravvivere all'avvicendarsi del suo personale e dei suoi prodotti (ma non al fallimento economico); l'uomo-leone è invece un feticcio che ha una sua esistenza materiale "individuale" (ontologicamente forte, che significa avere la stessa debolezza di un vaso Ming: cade, si rompe, non esiste più in quanto vaso), potentemente allegorica, archeologicamente affascinante, tuttavia non rimanda ad altro da sé orizzontalmente (come fa la corporation che rimanda ai suoi mille prodotti, ognuno marchiato con il suo simbolo), ma in quanto feticcio, se rimanda, rimanda verticalmente ad un solo ente (che esso raffigura o di cui "incarna lo spirito").
Entrambi i leoni hanno forza identitaria e comunicano qualcosa (a chi sa decifrarli, a chi parla la loro lingua), tuttavia il simbolo non è il feticcio e, a prescindere, un'auto non è questione di idolatria, di velleità apotropaiche o di trascendimento della propria natura (metafore a parte, ovviamente).

niko

#27
Citazione di: Phil il 19 Gennaio 2025, 00:03:32 AMQualche rapido spunto, per fare un po' l'avvocato del Diavolo (non certo di Cristo):Eppure ci sono anche esseri, almeno fra gli umani, che hanno una volontà antagonista al fato; costoro infinite volte si ritroveranno a non volere che accada ciò che temono (un qualunque evento sgradevole), ma ciò invece accadrà puntualmente, contro la loro volontà (credo sia capitato anche a te, almeno una volta nella vita). Non è la loro volontà il carburante dell'eterno ritorno.Se prendiamo per buono l'eterno ritorno, quel «potrebbe anche non compiersi» sa quasi di nostalgia del libero arbitrio (o semplicemente avversione all'essere burattini del fato), di illusione che l'eterno ritorno non sia il ritorno dell'identico (come invece l'autore propone che sia).Direi che l'unico è piuttosto quello che caratterizza l'eterno ritorno: lo svolgersi degli eventi è sempre unico, sempre quello per ogni ciclo, come un film che viene riproiettato dall'inizio dopo la sua fine; sempre gli stessi attori, sempre le stesse battute, sempre quell'unico film con quell'unica trama; nulla di nuovo. Sarai sempre tu, sempre unico, non ci saranno mai altri proprio come te (nel senso che un altro te ti renderebbe meno unico se esistesse nel tuo medesimo arco temporale, ma  se l'intera esistenza viene resettata, allora tu sarai sempre unico, nel momento in cui sei; salvo qualcuno abbia memoria del tuo ciclo precedente... ma questa memoria inter-ciclo è prevista dal fato?).L'eterno ritorno, nel suo meccanicismo, non conosce il "qualsiasi" (proprio come il suddetto cucù non fa un suono qualsiasi quando rintocca la mezzanotte): il tuo ritorno sarà necessariamente su questo pianeta quando il copione del fato prevede che tu possa tornare; non sarà un giorno qualsiasi su un pianeta qualsiasi; questa nostra stessa conversazione non avverrà su un forum qualsiasi in un topic qualsiasi. Altrimenti non sarebbe un eterno ritorno dell'identico.Non ci distruggerà per sempre ma ci ucciderà sempre, infinite volte; siamo come il fegato di Prometeo (o la fatica di Sisifo): rinasceremo identici per poi esser di nuovo sacrificati all'eterno ritorno.


Scusa se non ti rispondo su tutto, ma solo il primo punto che hai detto e' fondamentale, gli altri seguono.

Certo, che la volonta' degli esseri e' il carburante dell'eterno ritorno.

Quello che non uccide fortifica, si muore al momento giusto, di' la tua parola e infrangiti, eccetera eccetera.

Il libero arbitrio, chiaramente qui non c'entra nulla.

Si intende solo del fatto che tu non puoi opporti al tuo fato se non, limitatamente e solo in un certo senso, con la tua morte.

Devi pensare al Catone dantesco, o molto piu' semolicemente, a quel tapino del padre di Schopenahuer, che si suicido' traumatizzando per sempre il figlio, che scrisse dei capolavori della filosofia, che influenzarono profondamente Nietzsche.

A loro, devi pensare, non al libero arbitrio. Senno', ti assicuro, non ci capisci niente.

Se tu davanti a una cosa che ti fa soffrire, vivi e tiri avanti lo stesso, accetti quella cosa. E nel tuo volere la vita, pure quella cosa che ti fa incavolare e ti suscita tanta "opposizione", in senso psicologico, la vuoi. Prima si vuole la sofferenza quale prezzo della gioia. Si fanno dei baratti con la vita e al bancone della vita. Poi a un certo punto, si comprende che la vita e' affermazione della differenza, tra gioia e sofferenza, e si recupera la sofferenza come termine necessitato di una differenza complessivamente contemplata e amata, non come mero prezzo, per l'altro termine, gia' nella differenza iscritto.

La cosa e' super evidente in una malattia, tanto piu' in una malattia infiammatoria o comunque in una comportante una attivazione del sistema immunitario, o anche, nel decadimento della vecchiaia, i mille acciacchi eccetera eccetera.

Esempio. Ti viene il raffreddore o, facciamo le corna, il covid. Tu (tu nel senso: il tuo io) non vuoi soffrire. Ti incazzi per le due o tre giornate di lavoro o di hobby perse, per il la tosse, per il mal di gola, per l'astenia, per la perdita del senso del gusto eccetera. Il tuo corpo si'. Vuole soffrire eccome, perche' "sa" benissimo, cioe' ce l'ha scritto nel codice genetico, nelle istruzioni di base, che l'alternativa al soffrire, cioe' all'attivare il sistema immunitario, e' morire, e morire male, cioe' con buona probabilita' prima di aver riprodotto parti rimescolate delle sue sequenze genetiche in un altro individuo, il che e' sostanzialmente l'unica cosa, che a lui, cioe' al tuo corpo, interessa e per cui e' disposto a soffrire. Mi potresti dire che, a questo punto, tu, cioe' il tuo io/ego, sei in dissidio con il tuo corpo. Che in questo senso rimane qualcuno o qualcosa ad "opporsi" al fato. Che ti ha mandato il raffreddore.
Ma veniamo al dunque, con Nietzsche, con Schopenahuer, e con tutti i materialisti e quantomeno i realisti seri di tutta la cultura occidentale; tu sei il tuo corpo. E' la volonta' della nuda vita, quella che conta. E qui dico "conta" non solo e non sempre valorialmente ed eticamente, insomma non nel senso dell'etica, delle buone intenzioni e della giustizia, ma proprio a livello di fare un corretto calcolo di cosa si opponga a cosa, e cosa no, un corretto calcolo delle forze in gioco e di quale sara' il loro esito complessivo. E la volonta' della nuda vita accetta di soffrire, cioe' di combattere quel fastidioso raffreddore, per vivere.

A ben vedere, in tutta la vicenda di quel tuo raffreddore, niente si oppone a niente. Il superuomo, che al suo fato non si oppone, e' solo il culmine di una rendenza iscritta in tutti i corpi e in tutte le vite. Perfino quando sotto i colpi della vita, si diventa servili e mediocri, e magari vittime volenterose delle piu' fuori tempo massimo illusioni metafisiche, la volonta' di potenza e' all'opera, c'e' un qualcosa di debole che diventa un qualcosa di forte.


Moriamo al momento giusto. La dike anassimandrea, per Nietzsche fosse appassionato soprattutto di Eraclito.

E finche' non moriamo, suicidi o non, superuomini o non, definiamo la quota di soffetenza che siamo disposti a  sopportare. In vita. In nome della libera creazione e della gioia.

Ti sara' successo mille volte, di incavolarti per una cosa che ti succede e di non volerla. Stento a credere, invece, che ti sia successo mille volte di morire. E quindi, non ti trovo molto credibile come baldo oppositore del fato, grazie alla forza, questa si', se cosi' concepita, liberal liberista, della tua libera volonta'.

A meno che tu non mi dica che, grazie all'eterno ritorno, sei anche morto, qualche milione di volte.

E appunto la morte, come forza endogena, e' il nostro "no!" alla vita, il nostro stabilire una quota finita, e non infinita, di sofferenza da sopportare in nome della gioia, oltre la quale il gioco non vale la candela e ha senso porvi termine. E intendo, porvi termine direttamente dal punto di vista dell'ego, se siamo dei suicidi, dal punto di vista del corpo, nella stragrande maggioranza dei casi, dal punto di vista di uno stile di vita saggio e accettante a certe condizioni anche la morte, se siamo tra i pochi individui che Nietzscge considererebbe "benriusciti".
Questo "no" alla vita, che la morte rappresenta, a comunque senso solo come confine di un "si". Non possiamo trascendere verso l'infinito i nostri limiti, ma possiamo scolpirli e definirli bene, e in questo senso, anche la morte e' un atto creativo, con cui non si sfugge "ad un destino in assoluto", ma certo, con cui si sfugge, limitatamente e prisortticamente,  ad un destino di sofferenza, e certo anche, e soprattutto, di noia, per citare quanto di Schopenahuer e' sicuramente, sopravvissuto in Nietzsche.

Il mondo, non va avanti ne' per libero arbitrio ne' per forze meccaniche. Va' avanti per volonta'. La volonta', monda avanti il tempo. Questo, naturalmente, vale dal punto di vista del corpo e della vita.
Il fatto e' che altri punti di vista, non ce ne sono.
Se ancora c'e' chi confonde la volonta' col libero arbitrio, io non so che farci.
Il ciclo, potrebbe anche non compiersi, ho detto e lo ripeto, nel senso che esso,  ha bisogno del superuomo per compiersi.

E se tu sei il superuomo, il ciclo, per compiersi ha bisogno di te.

Se questo poi per qualcuno deve voler dire che tu, allora, al ciclo stesso e alle sue fatidiche esigenze ti potresti anche negare, che le cose possono sempre anche andare diversamente, che puo' sorgere meravigliosamente e metafisicamente "l'unico", nel senso che si vive come isole e non come arcipelaghi, magari con i nostri amichetti a noi cari graziosamente invitati ed inclusi sull' "isola" e al diavolo tutti gli altri, e non ci si relaziona minimamente alle copie di noi stessi disseminate nello spazio e nel tempo che l'impersonalita' stessa della natura comporta, cioe' se non si sa prendere se stessi ad oggetto e non si riesce a capire che una necessita' di felicita', in codesto atto e' anche una necessita' di concordanza nel duale e nel molteplice (doppio mondo, e non mondo dietro il mondo, proggetto che il superuomo, compiendo l'eterno ritorno, deve realizzare: non volere altro, da cio' che c'e' ) io non so proprio cosa dire...

Se non forse, che si e' sedotti da una dialettica del negativo, e non si ama Nietzsche, se pur, magari, lo si conosce...

Ma volonta' non e' libero arbitrio, volonta' e' non essere determinati dal passato, per dirlo con una dialettica negativa, cosi' forse mi faccio capire...

E volonta' e' vita, cioe' insorgere non gia' effettuale, (come, invece, effettuale, e' nel meccanicismo, e anche, guardacaso, nel libero arbitrio, e anche, nel senso comune) ma causale, causante, retrospettivo, del futuro presso un certo determinato punto di vista, che naturalmente non puo' che essere quello di un corpo, e quindi di un vivente.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Credo sia necessario inquadrare attentamente il discorso: parliamo della prospettiva nietzschiana, della tua o della mia?
Se parliamo dell'autore:
Citazione di: niko il 19 Gennaio 2025, 12:09:03 PME finche' non moriamo, suicidi o non, superuomini o non, definiamo la quota di soffetenza che siamo disposti a  sopportare. In vita. In nome della libera creazione e della gioia.
l'eterno ritorno esclude la libera creazione; quello che crei non potevi non crearlo, era già scritto che tu lo creassi e lo creerai infinite volte, uno per ogni ciclo dell'eterno ritorno.
Citazione di: niko il 19 Gennaio 2025, 12:09:03 PMStento a credere, invece, che ti sia successo mille volte di morire.
[...]
A meno che tu non mi dica che, grazie all'eterno ritorno, sei anche morto, qualche milione di volte.
L'eterno ritorno nietzschiano, correggimi se sbaglio, significa esattamente questo: sono morto infinite volte, ma solo una per ogni ciclo. La mia morte non può essere un evento unico nell'eterno ritorno, che altrimenti non sarebbe tale (la mia morte deve tornare puntuale, è la necessità del fato e del ritorno).
Citazione di: niko il 19 Gennaio 2025, 12:09:03 PMMa volonta' non e' libero arbitrio, volonta' e' non essere determinati dal passato,
Sempre in un'ottica di eterno ritorno, la volontà è determinata dal passato e dal fato, non è affatto libera e farà infinite volte le stesse scelte (altrimenti che eterno ritorno dell'identico sarebbe?). In sostanza, come in ogni meccanicismo, l'eterno ritorno rende la volontà solo un ingranaggio, nulla di realmente creativo o che potrebbe anche volere altro (altrimenti, non si compierebbe l'eterno ritorno, ma ci sarebbe qualcosa di nuovo; inconcepibile in un'ottica di ritorno dell'identico).
Infine:
Citazione di: niko il 19 Gennaio 2025, 12:09:03 PMCerto, che la volonta' degli esseri e' il carburante dell'eterno ritorno.
sulla volontà del corpo l'esempio della malattia calza, poiché la "volontà genetica" dell'autoconservazione biologica non è la volontà della coscienza (il sistema immunitario, per nostra fortuna, funziona in modo in-volontario). Tuttavia, la volontà è solo quella puramente biologica? Non c'è forse una volontà che desidera, una volontà etica, etc? Quando vorresti qualcosa di cui senti il bisogno e non l'ottieni, o quando non vorresti che qualcosa accada, invece accade, questa volontà palesemente non è il carburante dell'eterno ritorno, perché non vorrebbe ciò che è. Faccio un esempio banale, non vorresti essere bocciato all'esame della patente, ma vieni bocciato, a tuo giudizio anche ingiustamente... questo tuo non volere la bocciatura va contro la corrente degli eventi (almeno quello della bocciatura in particolare); non credo possiamo dire che questa tua volontà, questo tuo volere altro da ciò che è, sia carburante dell'eterno ritorno. Subire un torto ti ha reso più forte? Di fatto, comunque, non lo volevi, ovvero la tua volontà non ha alimentato l'evento della bocciatura, perche non volevi la bocciatura.
Poi, chiaramente, niko e Phil possono avere una prospettiva personale che prende qualcosa di Nietzsche, ma non tutto; possiamo non prendere l'eterno ritorno, perché le sue conseguenze possono non piacerci, ma prendere altro; l'importante è chiarire se intendiamo capire o escplicitare il pensiero di Nietzsche o di niko o di Phil.

daniele22

Tra altri già citati personaggi mi sento pure un superuomo ... il fato mi insegue! Vorrei quindi chiedere a Visechi, dato pure che me lo chiedevo anch'io, come mai trova un punto di debolezza nell'eterno ritorno dell'uguale. Tanto più che come lui dice dovrebbe collidere insanabilmente con la libertà predicata da Zarathustra. Comunque trovo abbastanza ridicolo il fatto di eroicizzare l'attimo del presente

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