Neurofilosofia, mente, cervello

Aperto da Jacopus, 11 Febbraio 2019, 22:46:51 PM

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sgiombo

Citazione di: viator il 13 Febbraio 2019, 22:11:22 PM
Salve Ipazia. "L'etologia umana (e non solo) si fonda sull'innatismo delle pulsioni etiche negli animali sociali, dalla prima poppata o beccata, in cui il mondo è la tetta/becco della madre, a tutto quello che segue".

Vero, notando però che l'innatismo etico consiste semplicemente nei comportamenti suggeriti dall'istinto di sopravvivenza, quindi esso esprime solo una tendenza inevitabilmente "egoistica", aspetto e definizione questa che la maggior parte dei lettori - per inevitabile deformazione cultural-mentale - troverà "dis-etico" e che quindi tenderà ad escludere dalla sfera dell'eticità.


No, io invece lo trovo proprio falso (scientificamente parlando, non eticamente).

La selezione naturale ha diffuso nel mondo animale l' istinto di sopravvivenza degli individui, delle specie e della vita tutta, il quale si avvale molto efficacemente dell' altruismo (tendenze comportamentali altruistiche) non meno che dell' egoismo (tendenze comportamentali egoistiche).
Tendenze comportamentali naturali che nell' uomo conoscono uno "spettacolarissimo" sviluppo creativo - differenziativo, una amplissima plasticità socialmente modulata (la storia umana come peculiare, eppure coerentissimo sviluppo della storia naturale).

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2019, 19:20:35 PM

Tornando all'argomento, un'osservazione di Jacopus mi ha spostato l'attenzione su quello che potrebbe essere l'anello di congiunzione tra gli apparati neurofisiologici e le funzioni psichiche superiori dell'essere autocosciente, ovvero la memoria. E' nella memoria biologica-genetica ed esistenziale-culturale che si condensa il nostro ego individuale e sociale. Il contenitore è indubbiamente il cervello, e spetta alle neuroscienze individuare gli arcani percorsi e backup, mentre il contenuto è l'esperienza cogitante che costantemente a quel materiale archiviato ritorna e alimenta con nuovo, riconoscendosi in esso quale unità indissolubile.
.

Sono costretto a ri obiettarti (e ad obiettare a Jacopus; in accordo con Lou) che:

La memoria intesa come configurazioni sinaptiche cerebrali determinate dalle esperienze pregresse e in varia misura condizionanti le esperienze future é una cosa.

I ricordi coscienti (che necessariamente coesistono e corrispondono biunivocamente, allorché accadono, a determinate attivazioni di tali configurazioni sinaptiche cerebrali; però in altre esperienze, di "osservatori", diverse da quella dell' "osservato"di cui qui si parla) sono altre cose (per quanto necessariamente coesistenti).
E' per questo che Se un ictus danneggia alcune aree cerebrali noi perdiamo fette di coscienza (non perché tali "fette di coscienza" si identificano con tali ben diverse aree cerebrali, ma perché non si danno le une senza le altre e viceversa), e al limite  Un ipotetico reset totale della memoria ci ridurrebbe a poppanti che devono ricostruire la loro coscienza da zero.

Il cervello non contiene altro che neuroni, cellule gliali, vasi sanguigni, liquor, ecc. "perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.: ben altre cose che l' ego individuale e sociale, i pensieri, la coscienza (che pure a determinati eventi cerebrali é inevitabilmente coesistente e biunivocamente correlata e viceversa).

Ipazia

Aldilà dei complessi e ancora oscuri meccanismi di funzionamento, la memoria ha sede nel snc (eventualmente con succursali periferiche facenti capo ad esso) cosa facilmente dimostrabile nel caso di incidenti e patologie. O tecniche strumentali.

La memoria é il nostro fluttuante e transeunte noumeno. Fluido nella sua pirandelliana multiversitá, ma sufficientemente coerente da identificarci ontologicamente di fronte a noi stessi e al mondo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: viator il 13 Febbraio 2019, 22:11:22 PM
Salve Ipazia. "L'etologia umana (e non solo) si fonda sull'innatismo delle pulsioni etiche negli animali sociali, dalla prima poppata o beccata, in cui il mondo è la tetta/becco della madre, a tutto quello che segue".

Vero, notando però che l'innatismo etico consiste semplicemente nei comportamenti suggeriti dall'istinto di sopravvivenza, quindi esso esprime solo una tendenza inevitabilmente "egoistica", aspetto e definizione questa che la maggior parte dei lettori - per inevitabile deformazione cultural-mentale - troverà "dis-etico" e che quindi tenderà ad escludere dalla sfera dell'eticità.

Direi di no perché la dipendenza del piccolo dall'adulto gli pone fin da subito la questione "sociale" della reciproca dipendenza e tale situazione si riconferma costantemente nella vita di branco fino a consolidare comportamenti etici maturi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#34
Citazione di: sgiombo il 13 Febbraio 2019, 22:35:14 PM
Sono costretto a ri obiettarti (e ad obiettare a Jacopus; in accordo con Lou) che:

La memoria intesa come configurazioni sinaptiche cerebrali determinate dalle esperienze pregresse e in varia misura condizionanti le esperienze future é una cosa.

I ricordi coscienti (che necessariamente coesistono e corrispondono biunivocamente, allorché accadono, a determinate attivazioni di tali configurazioni sinaptiche cerebrali; però in altre esperienze, di "osservatori", diverse da quella dell' "osservato"di cui qui si parla) sono altre cose (per quanto necessariamente coesistenti).
E' per questo che Se un ictus danneggia alcune aree cerebrali noi perdiamo fette di coscienza (non perché tali "fette di coscienza" si identificano con tali ben diverse aree cerebrali, ma perché non si danno le une senza le altre e viceversa), e al limite  Un ipotetico reset totale della memoria ci ridurrebbe a poppanti che devono ricostruire la loro coscienza da zero.

Il cervello non contiene altro che neuroni, cellule gliali, vasi sanguigni, liquor, ecc. "perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.: ben altre cose che l' ego individuale e sociale, i pensieri, la coscienza (che pure a determinati eventi cerebrali é inevitabilmente coesistente e biunivocamente correlata e viceversa).
L'esperienza soggettiva rimane infatti ancora un campo per lo più ignoto alla neuroscienza, che certamente ha il merito di chiarire, senza esaurire la problematicità della comprensione della coscienza umana, che, e vorrei sottolinearlo proprio a partire da diversi studi, ad esempio Endelman, che la stessa coscienza, così come la memoria non sono cose innanzitutto, ma processi non totalmente localizzabili in un dove o sede specifica: "lì ci sono i miei ricordi". Lì dove? apro la scatola cranica e li trovo o quel profumo di violette mi riporta a quell'esperienza di bambina quando con la nonna le coglievo? dov'è che comincia la memoria, nello stimolo, nella viola, nella mia relazione con essa, nell'esperienza, nel cervello, è qui? lì? qua? non è una scatola di fotografie, che la apri e ci trovi gli stessi ricordi, ma processualità e una costante opera di aggiornamento e presentificazione quell'atto che è capace di aprire e riaprire la scatola che cambia e ci cambia e diviene nel tempo, antichi rinnovamenti, il cui lato soggettivo rimane una incognita, la cui complessità riucibile a network non è eliminata, ma, semmai, riapre le stesse antiche domande, inevase.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 14 Febbraio 2019, 08:10:39 AM
Aldilà dei complessi e ancora oscuri meccanismi di funzionamento, la memoria ha sede nel snc (eventualmente con succursali periferiche facenti capo ad esso) cosa facilmente dimostrabile nel caso di incidenti e patologie. O tecniche strumentali.

La memoria é il nostro fluttuante e transeunte noumeno. Fluido nella sua pirandelliana multiversitá, ma sufficientemente coerente da identificarci ontologicamente di fronte a noi stessi e al mondo.
  



A quanto già obiettato da Lou aggiungo che la "memoria" intesa come determinate modificazioni di determinati centri del sistema nervoso centrale (aumenti e/o diminuzioni delle connessioni sinaptiche fra neuroni e della loro "forza") che "registrano" e "archiviano" nel tempo esperienze (nel senso di eventi neurofisiologici provocati da stimolazioni dei recettori sensoriali) e conseguentemente influiscono sul comportamento successivo, é ben altra cosa dai "ricordi coscienti" (anche se questi  necessariamente accadono nell' ambito della coscienza* di un potenziale "osservato" in concomitanza - biunivoca corrispondenza con determinate attivazioni di tali aree cerebrali mnemoniche, peraltro nell' ambito -per lo meno potenzialmente- di altre, diverse esperienze coscienti**, quelle di reali o potenziali "osservatori": si tratta di due tipi di eventi fenomenici necessariamente coesistenti ma ben diversi. Come sono necessariamente coesistenti ma reciprocamente altri,  ben diversi i due poli di un magnete).

I meccanismi fisiologici cerebrali sono già in gran parte chiari e tenderanno comunque ad essere sempre meno oscuri alla ricerca neurologica; la quale però potrà sempre e solo studiare eventi fisiologici cerebrali e corrispondenze fra essi e gli eventi coscienti, ma mai gli eventi coscienti in sé; potrà stabilire sempre meglio le correlazioni fra cervello e coscienza, ma non spiegarne la natura dei reciproci rapporti, al di là della simultaneità - corrispondenza biunivoca Che peraltro é un dato ontologico filosofico; e infatti quasi tutti i neurologici anche più geniali, quando si avventurano in considerazioni ontologiche generali, fraintendono come inesistenti rapporti di identità, anziché di necessaria coesistenza che é tutto quanto può dire la scienza).

Ipazia

Prima mettiamoci d'accordo su dove stanno le funzioni mentali, presupposto necessario per qualsiasi discorso ontologico. L'unica alternativa "forte" al sistema nervoso é quella spirituale o diversamente extracorporea. Oppure la terza via agnostica, che chiude ogni discussione. Nel frattempo le neuroscienze tramano nell'ombra  ;D Diranno anche fesserie, ma almeno ci mettono la faccia. E di fesseria in fesseria ...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#37
Quando si parla di un contenuto di coscienza esso è parte di un ciclo, tipo il ricordo: esso non è riducibile a un tratto neuronale o una singola funzione o localizzazione, ma necessita di una triade, corpo-mondo-altri e il loro cicli di azione/interazione: è esito di questi e da questi interdipendente, distribuito.  Diciamo, con una parola, che il ricordo è "decentrato", rispetto al cervello. Che il cervello sia un elemento essenziale di questo ciclo, non significa che un ricordo cosciente possa essere riducibile a un suo tratto specifico localizzato.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Che mente, coscienza, pensiero, memoria, siano processi non lo metto in dubbio ed anzi ne ho sostenuto pure il carattere trascendentale, dotato di un suo grado di libertá. Ma devono la loro esistenza ad un substrato biologico che è il sistema nervoso, agendo sul quale tali processi si possono modificare fino ad annullarsi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Allo stesso modo il substrato biologico che è il sistema nervoso, deve le sue caratteristiche a mente, coscienza, pensiero, mutando i quali, di pari passo muta il cervello stesso (se faccio un ragionamento o ascolto un discorso, o mi invento una trama letteraria, di conseguenza  mutano certe connessioni sinaptiche nel mio cervello; esattamente come se tratto farmacologicamente o chirurgicamente il mio cervello, di conseguenza mutano i miei pensieri, le mie esperienze coscienti, la mia mente).

Di Lou non condivido la concezione estesa della mente (includete le relazioni sociali e in particolare culturali.
Però sono pienamente d' accordo con la "pars destruens" ("contro" Ipazia): nel cervello non si troverà mai la coscienza, pensieri, per il semplice fatto che (per il fatto di necessariamente coesistere a determinati eventi neurofisiologici cerebrali, nondimeno) la coscienza non vi si trova, con  nulla di cerebrale si può identificare (ma invece con tantissimo di cerebrale solamente coesiste e co-diviene in corrispondenza biunivoca).

E' anzi il cervello, coi suoi eventi neurofisiologici studiati dalla scienza neurologica, a trovarsi nella coscienza (di chi lo osserva, lo studia).

Lou

Citazione di: Ipazia il 14 Febbraio 2019, 13:56:38 PM
Che mente, coscienza, pensiero, memoria, siano processi non lo metto in dubbio ed anzi ne ho sostenuto pure il carattere trascendentale, dotato di un suo grado di libertá. Ma devono la loro esistenza ad un substrato biologico che è il sistema nervoso, agendo sul quale tali processi si possono modificare fino ad annullarsi.
Il concetto di sistema nervoso, da altra prospettiva, non presuppone una coscienza, un cogito indagatore entro cui esso sorge? A me pare che le neuroscienze non tengano conto di questo dato fondamentale, anzi ritengo che lo obliterino, trascurando le premesse. A mio parere è una mancanza metodologica, o meglio, il metodo adottato dalle neuroscienze da per ovvia e nota questa premessa, forse la neurofilosofia potrà comprendere che il noto, proprio in quanto noto, non è conosciuto.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Lou

#41
Citazione di: sgiombo il 14 Febbraio 2019, 15:19:02 PM
Allo stesso modo il substrato biologico che è il sistema nervoso, deve le sue caratteristiche a mente, coscienza, pensiero, mutando i quali, di pari passo muta il cervello stesso (se faccio un ragionamento o ascolto un discorso, o mi invento una trama letteraria, di conseguenza  mutano certe connessioni sinaptiche nel mio cervello; esattamente come se tratto farmacologicamente o chirurgicamente il mio cervello, di conseguenza mutano i miei pensieri, le mie esperienze coscienti, la mia mente).

Di Lou non condivido la concezione estesa della mente (includete le relazioni sociali e in particolare culturali.
Però sono pienamente d' accordo con la "pars destruens" ("contro" Ipazia): nel cervello non si troverà mai la coscienza, pensieri, per il semplice fatto che (per il fatto di necessariamente coesistere a determinati eventi neurofisiologici cerebrali, nondimeno) la coscienza non vi si trova, con  nulla di cerebrale si può identificare (ma invece con tantissimo di cerebrale solamente coesiste e co-diviene in corrispondenza biunivoca).

E' anzi il cervello, coi suoi eventi neurofisiologici studiati dalla scienza neurologica, a trovarsi nella coscienza (di chi lo osserva, lo studia).
Più che della mente, attualmente sono orientata a valutare una prospettiva estesa della coscienza. Della coscienza di te posso aver notizia attraverso questi scritti, in questo ambiente che mi informa, ad esempio. Perciò ritengo che essa possa estendersi al di là dei tuoi confini corporei.
Poi è roba su cui ci lavoro, con grandi limiti, ma è una prospettiva che di mio valuto stimolante e mi intriga.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Mi sembra la prospettiva della "Mente estesa", sostenuta fra i primi da Clark e Chalmers (di quest' ultimo ho molto apprezzato La mente cosciente, scritto però ormai più di 20 anni fa, quando ancora non aveva abbracciato questa teoria) e se ben ricordo sostenuta anche da Alva Noe in Perché non siamo il nostro cervello.

Personalmente non aderisco a questo orientamento, anche se ne accolgo la critica a molte correnti che vanno per la maggiore in filosofia della mente, come l' eliminativismo l' emergentismo e la teoria della sopravvenienza.

Secondo me, soprattutto mediante il linguaggio, si possono ragguagliare in qualche modo gli altri circa gli eventi della nostra propria coscienza, i nostri pensieri, convinzioni, desideri, ecc. e viceversa; ma ciò non fa della coscienza di ciascuno di noi qualcosa di esteso oltre ciò che direttamente sentiamo (di cui siamo immediatamente consapevoli), qualcosa che giunge come a fondersi, senza soluzioni di continuità per così dire, con le coscienze degli altri coi quali comunichiamo.
Comunque non posso non considerarla una prospettiva interessante, malgrado i miei dissensi.

0xdeadbeef

#43
Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2019, 21:04:55 PM
L'etologia umana (e non solo) si fonda sull'innatismo delle pulsioni etiche negli animali sociali, dalla prima poppata o beccata, in cui il mondo è la tetta/becco della madre, a tutto quello che segue. La formazione e formalizzazione di questa pulsione etica non è naturale, ma culturale, epifenomenica. La coscienza umana è sociale ab origine e può benissimo essere indagata a prescindere dalla forma(lizzaz)zione etica, ma non dalla pulsione originaria che è genetica.


Ciao Ipazia
Non vedo proprio come nella prima poppata/beccata possa essere riscontrato l'innatismo delle pulsioni
etiche...
Noto, da campagnolo verace, come piuttosto nelle cucciolate vi sia sempre un soggetto più debole degli
altri, che viene semplicemente lasciato morire quando, magari, la madre dispone di poco latte.
Ma direi di non andare troppo fuori tema, e tornare a quello della coscienza.
Sento disquisire molto sugli aspetti scientifici riguardanti neuroni, sinapsi, processi chimici o/e
elettrici, ma non sento nessuno dire che tutto questo riguarda semmai il, chiamiamolo, "vettore"
della coscienza, non LA coscienza...
Perchè per dire cosa è la coscienza bisogna per forza usare la filosofia ed i suoi termini propri,
ed a tal proposito ho proposto di adottare la definizione di Jacopus ("pensare se stessi nel mondo"),
ma vedo che la cosa è presto caduta nel dimenticatoio...
La coscienza dal punto di vista filosofico E' essenzialmente lo sdoppiarsi della dimensione unica.
Individueremo quindi un "io" e un "altro"; una interiorità ed una esteriorità; l'essere umano sarà
ritenuto capace di pensar-si come soggetto pensante e come oggetto pensato e così via con le varie
declinazioni che nella storia si sono succedute.
Del resto non ce lo ha ordinato il medico di occuparci di "coscienza", e se pensiamo che essa sia
riducibile a sinapsi, reti neurali etc, possiamo anche, semplicemente, smettere di parlarne (come infatti
fa una scienza degna di questo nome, che non si occupa certo di tali questioni).
saluti

davintro

per Sgiombo
una differenza fra materia inanimata e materia animata sarebbe possibile partendo dalla definizione di "vita" come condizione nella quale un ente è capace di sviluppo o movimento sulla base di un principio interno, quindi in effetti sembra esserci qualcos'altro al di là del riferimento generico a un "dinamismo". Possiamo chiamare dinamismo anche il volo della foglia sbattuta dal vento, foglia che però non rientrerebbe nella definizione di "essere vivente", in quanto il suo muoversi è totalmente determinato da un fattore esterno ad essa, cioè il vento, mentre esseri viventi come piante o animali, pur avendo la causa originante il movimento al di fuori di essi, perpetuano in modo automatico la tendenza (anche se non sufficiente, in quanto necessitante di integrazione con fattori esterni) ad attualizzare progressivamente le potenzialità insite nella loro natura originaria, quindi ammettiamo in essi un principio interno del dinamismo. Non tutti gli enti materiali avrebbero tale "motore interno" in loro stessi. Al di là di questo punto, importantissimo ma che ci porterebbe, penso, troppo fuori dal tema della discussione, che si tratti di materia animata o inanimata, ogni materia esiste con determinate caratteristiche che differenziano tra loro enti che condividono lo stesso tipo di materia, e questo, ne abbiamo già discusso molte altre volte, è la forma, la logica interna che organizza il complesso dello spazio che la materia occupa, e che non potrebbe svolgere tale ruolo di organizzazione se essa fosse a sua volta delimitata in uno spazio, cioè qualcosa di materiale, incapace così di applicarsi allo spazio della materia nel suo complesso, dandogli un'unità, e caratteristiche qualitative che differenziano il singolo oggetto materiale dagli altri. Ciò che fa di una sedia una "sedia" non può essere una parte dello spazio della sedia, cioè qualcosa di materiale, ma la logica unitaria che collega sulla base di un senso (in questo caso, l'idea di sedia nella mente di chi l'ha progettata) le singole parti della sedia fra loro senza essere a sua volta una parte. Nel caso del cervello umano possiamo chiamare "anima razionale", la logica organica, di per sé immateriale, ma sempre applicata su un materiale, che collega le singole parti tra loro in un'organizzazione funzionale, evitando che la materia, una volta lasciata a se stessa, non diventi massa informe e indifferenziata.

La dualità tra soggettività attiva della coscienza e staticità passiva del cervello osservato dall'esterno corrisponde a quella tra mente e materia. I fenomeni insiti nella nostra mente sono contenuti nelle nostre esperienze vissute che sentiamo dentro di noi, e in quanto "vissuti", sono attività dinamiche, nella nostra percezione interna sentiamo i nostri sentimenti come qualcosa di dinamico, che sorge, si amplifica, diminuisce d'intensità, si spegne ecc.. Tutto questo è assente nell'osservazione esteriore del cervello, considerato nella sua pura materialità, cioè colto dai sensi corporei. I sensi possono solo entrare in contatto con le cose nella misura in cui esse hanno materia, una spazialità. E nella misura in cui qualcosa occupa uno spazio manca di dinamismo, in quanto il dinamismo implicherebbe l'intervento di un principio a-spaziale che configura l'oggetto spaziale dandogli una determinata direzione e modalità di sviluppo e movimento, insomma un'unità di senso, per così dire, lasciato a se stesso, senza una forma, lo spazio sarebbe solo estensione, divisibile, passiva, senza alcuna organizzazione interna capace di imporre alla cosa in questione un suo autonomo e libero modo d'essere, anche contrastante i fattori esterni.

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