Neurofilosofia, mente, cervello

Aperto da Jacopus, 11 Febbraio 2019, 22:46:51 PM

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0xdeadbeef

Citazione di: Jacopus il 17 Febbraio 2019, 17:01:20 PM
Mi ricollego all'ultimo discorso di Ox. A mio parere ci sono aspetti biologici che implementano i valori etici, se con questi indichiamo la predisposizione ad aiutare e sostenere i nostri simili.

Ciao Jacopus
Ma sì, dicevo infatti che un fondamento istintuale dell'etica è rilevabile in gruppi "parentali", cioè in
"comunità" che però, e lo trovo dirimente, la modernità sta sempre più obliando.
Solo che ritengo non si possa "esagerare" con il materialismo, ed affermare (come fa Ipazia) che l'etica
si fonda su un "bene comune di tutti i viventi" come concetto materiale (a quanto io ho capito lei sostiene
addirittura che questo vale anche per gli animali...).
In altre parole, ciò che io sostengo è, sì, che l'etica si fonda su un "bene comune di tutti i viventi", ma
che questo è un concetto culturale (e perdipiù fatto proprio in maniera "sacrale", visto che da esso è stata
espunta ogni traccia di relatività...).
Non sono d'accordo con te (o perlomeno lo trovo molto problematico) laddove affermi che è rilevabile una
tendenza di lungo periodo che conduce all'allargamento di spazi etici.
Non ritengo sia rilevabile un simile processo né in quella direzione né in quella contraria, nel senso che
trovo semmai siano rilevabili (entrambi) nel breve-medio periodo, non nel lungo.
saluti

Jacopus

Per OX. Eppure di prove ce ne sono innumerevoli, a meno che non si voglia per l'ennesima volta dimostrare il contrario con la reductio ad hitlerum, che potrebbe anche essere stato un incidente di percorso. Quello che sicuramente va tratteggiato è che questo percorso di allargamento etico riguarda solo il mondo occidentale, ovvero America del Nord, Europa e altri pochi accoliti, mentre nel resto del mondo questo miglioramento non c'è stato o se c'è stato ora sta velocemente scomparendo. Il problema è relativo alla memoria che abbiamo dei fatti storici molto lontani nel tempo, che ovviamente non possiamo avere se non non la rintracciamo nei libri e negli archivi.
Comunque non credo che oggi sia accettabile eticamente:
1) rinchiudere una persona in un sacco insieme ad alcuni gatti, perché accusata di stregoneria da un vicino di casa invidioso, e gettarlo in un fiume. Se si salva vuol dire che è innocente, se muore significa che è colpevole. Si trattava di un'ordalia, riconosciuto come rito processuale in molti paesi medioevali.
2) fare spettacoli a pagamento dove si incendiavano e impiccavano gatti. Spettacoli che si svolgevano a Parigi e in tutta la Francia nel 500-600.
3) Proporre per le donne adultere il taglio del naso, fino a lasciare un buco di almeno 1 cm e mezzo (proposta del presidente degli USA, Jefferson nel primo ottocento).
4) Sviluppare una guerra con milioni di morti come la prima e la seconda guerra mondiale (ed infatti il Vietnam è stata una sconfitta per gli USA, solo perchè avevano lasciato sul campo poche migliaia di caduti).
5) Far scontare la pena della frusta ad un proprio servo, se si aveva il rango di nobile.
6) Accettare la schiavitù come rapporto di lavoro eticamente corretto e giustificato anche religiosamente.
7) Rinchiudere nello stesso luogo (riformatorio e case di correzione) sia i bambini poveri e orfani, che coloro che avevano commesso dei reati.
8) Obbligare tutti i cittadini ad andare alla pubblica funzione religiosa, e nel caso di violazione dell'obbligo, la pena prevista era la fustigazione.
9) Essere passati per le armi se solo si aveva l'ardire di criticare il re o l'imperatore.
10) Essere tranquillamente uccisi se si obiettava a qualche prepotenza del signorotto locale (avete presente il marchese del Grillo..."perchè io so io...).

Potrei continuare ma credo che, con tutti i difetti e limiti e periodiche regressioni, se non viviamo nel migliore dei mondi possibili, viviamo in un mondo molto più confortevole che nel passato. Questo ovviamente non ci deve indurre a credere ad una sorta di automatismo della storia, come la storia stessa provvede ad illustrarci.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 16 Febbraio 2019, 21:23:55 PM
1)
Ipazia:
Stamattina ero indecisa tra andare a sciare o fare un giro in bicicletta, liberoarbitrariamente ho scelto la prima (ma avrei potuto decidere di fare anche dell'altro).

Sgiombo:
Ti é sembrato di farlo liberoarbitrariamente, questa é l' unica cosa certa.

Ma se é vera la conoscenza scientifica, allora l' hai fatto in corrispondenza biunivoca di determinati eventi neurofisiologici deterministicamente accaduti nel tuo cervello (che sono propriamente stati la causa di quei tuoi movimenti muscolari che hanno costituito il tuo andare a sciare; io ho fatto per gli stessi motivi e nello stesso modo circa il libero arbitrio o meno un bel giro in bici).



2)
Ipazia:
Hai presente la differenza ontologica tra l'amputazione di un dito e un eeg piatto ?

Sgiombo:
Certo che sì!
(Ma non vedo che c' entri).

Ma tu piuttosto hai presente la differenza fra un' esperienza cosciente (per esempio il vedere un coloratissimo arcobaleno, l' amare qualcuno "alla follia", il ricordare un episodio della propria infanzia o il dimostrare un teorema di geometria da una parte, e dall' altra invece quei meccanismi neurofisiologici cerebrali (eventi micorscopici come potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans - sinaptiche accadenti un una "roba macroscopica roseogrigiastra molliccia, gommosa un po' viscida" che é un cervello), meccanismi (ergo: eventi deterministici) che a queste attività di coscienza necessariamente coesistono-codivengono (=/= si identificano)?

Non ti rendi conto della contraddizione nelle tue risposte a 1 e 2 ?

O accettiamo un determinismo forte e allora tanto coscienza che libero arbitrio sono dipendenti dal soma, o cominciamo a ragionare per stadi evolutivi del vivente, facoltà emergenti che trascendono la mera materia e processo fisiologici e allora la coscienza, e il l.a. che ne è un attributo, afferiscono ad un proprio peculiare dominio ontologico.

A tal proposito ti rammento che la "libertà di coscienza", che li coniuga, è una grande conquista della laicità, e ci ha liberato da alcuni orrendi mostri "etici" del passato. Del passato si spera, ma il peggio ritorna sempre e non è il caso di aiutarlo con alibi "deterministici".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: Jacopus il 17 Febbraio 2019, 18:58:05 PM
Per OX. Eppure di prove ce ne sono innumerevoli, a meno che non si voglia per l'ennesima volta dimostrare il contrario con la reductio ad hitlerum, che potrebbe anche essere stato un incidente di percorso.

Ciao Jacopus
Se fosse come dici nella storia avremmo assistito ad un continuo, per quanto labile, progresso morale...
I tempi più cupi sarebbero dunque quelli, per certi versi fulgenti, dell'antichità classica, cui il
medioevo avrebbe rappresentato un superamento in termini qualitativi.
Non dico poi dell'Umanesimo e del Rinascimento, tanto splendidi sul terreno delle arti quanto
decadenti ed immorali su quello etico.
Insomma, io questo progresso non lo vedo; e se è certamente vero molto di quel che affermi è però
altrettanto vero che non la sola Germania nazista ha destato "scandalo" durante il sanguinario 900.
Che dire poi di aspetti molto meno considerati ma a mio avviso altrettanto significativi della, diciamo,
non rilevanza del progresso morale lungo la storia...
Guardiamo, ad esempio, alla condizione degli anziani, il cui ruolo da quello di guida e saggi
consiglieri è passato a quello di "zavorra". Oppure all'estrema indifferenza con cui ormai noi, pingui,
rammolliti ed immorali, guardiamo a quello che ci succede attorno...
Non voglio con questo dire che prima c'era un'"età dell'oro"; un "paradiso perduto"; un "tempo dei
patriarchi" di cui, allontanandoci nel tempo, si sono perse le virtù positive. Il mio non è un
discorso opposto ma speculare al tuo: io sostengo che la moralità è "più o meno" (appunto a seconda
di periodi storici medio-brevi) stata sempre la stessa.
saluti

Lou

#79
@Ipazia e Sgiombo
Dagli ultimi sviluppi sul tema del topic possiamo essere d'accordo su un punto: che far dipendere dal Leib (corpo vivente) - che non è mero Korper - i vissuti di coscienza non equivale a una completa identificazione di coscienza e cervello? Che le esperienze coscienti e i vissuti di coscienza presentino un loro grado di irriducibilità a eventi cerebrali? O siamo in accordo su questo o parlare di statuti "ontologici" mi pare mettere altra carne sul fuoco prematuramente. Così come magari provare ad avventurarci nelle lande della Embodied Cognition.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

0xdeadbeef

Ciao Lou
Scusa se mi intrometto ma volevo farti una domanda (a te che mi sembri più "avvezza" di me nelle
questioni propriamente scientifiche): che differenza c'è, a livello neurologico, fra un agire morale
ed uno immorale?
saluto

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 18 Febbraio 2019, 11:01:08 AM
CitazioneCitazione da: sgiombo - 16 Febbraio 2019, 21:23:55 pm
Citazione1)
Ipazia:
Stamattina ero indecisa tra andare a sciare o fare un giro in bicicletta, liberoarbitrariamente ho scelto la prima (ma avrei potuto decidere di fare anche dell'altro).

Sgiombo:
Ti é sembrato di farlo liberoarbitrariamente, questa é l' unica cosa certa.

Ma se é vera la conoscenza scientifica, allora l' hai fatto in corrispondenza biunivoca di determinati eventi neurofisiologici deterministicamente accaduti nel tuo cervello (che sono propriamente stati la causa di quei tuoi movimenti muscolari che hanno costituito il tuo andare a sciare; io ho fatto per gli stessi motivi e nello stesso modo circa il libero arbitrio o meno un bel giro in bici).



2)
Ipazia:
Hai presente la differenza ontologica tra l'amputazione di un dito e un eeg piatto ?

Sgiombo:
Certo che sì!
(Ma non vedo che c' entri).

Ma tu piuttosto hai presente la differenza fra un' esperienza cosciente (per esempio il vedere un coloratissimo arcobaleno, l' amare qualcuno "alla follia", il ricordare un episodio della propria infanzia o il dimostrare un teorema di geometria da una parte, e dall' altra invece quei meccanismi neurofisiologici cerebrali (eventi micorscopici come potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans - sinaptiche accadenti un una "roba macroscopica roseogrigiastra molliccia, gommosa un po' viscida" che é un cervello), meccanismi (ergo: eventi deterministici) che a queste attività di coscienza necessariamente coesistono-codivengono (=/= si identificano)?
Citazione da: Ipazia - Mon Feb 18 2019 11:01:08 GMT+0100 (Ora standard dell'Europa centrale)


Non ti rendi conto della contraddizione nelle tue risposte a 1 e 2 ?

O accettiamo un determinismo forte e allora tanto coscienza che libero arbitrio sono dipendenti dal soma, o cominciamo a ragionare per stadi evolutivi del vivente, facoltà emergenti che trascendono la mera materia e processo fisiologici e allora la coscienza, e il l.a. che ne è un attributo, afferiscono ad un proprio peculiare dominio ontologico.

A tal proposito ti rammento che la "libertà di coscienza", che li coniuga, è una grande conquista della laicità, e ci ha liberato da alcuni orrendi mostri "etici" del passato. Del passato si spera, ma il peggio ritorna sempre e non è il caso di aiutarlo con alibi "deterministici".

Sono purtroppo costretto a constatare (mi si perdoni: a malincuore, perché non intendersi fra compagni che credono e lottano per importanti obiettivi comuni mi lascia un po' di amaro in bocca; ma non c' é niente da fare) che il fraintendimento é totale.

Cercherò di fare un altro tentativo di spiegarmi, poi probabilmente getterò la spugna.

La risposta 1 dice che il divenire del tuo cervello, cui corrisponde il divenire dalla tua coscienza, se é vera la conoscenza scientifica, é deterministico; ovvero il divenire della tua coscienza (comprese le tue volontà, le tue scelte) propriamente non può dirsi deterministico, e tuttavia può ben dirsi in corrispondenza biunivoca con eventi deterministici: ogni "stato" del tuo cervello in qualsiasi istante é deterministico e ogni stato della tua coscienza* in qualsiasi istante é biunivocamente corrispondete allo stato (deterministicamente accadente) del tuo cervello in tale istante (nell'ambito di esperienze coscienti** di "osservatori" diverse dalla coscienza tua* di "osservata").

La risposta 2 dice che tra divenire del tuo cervello (nelle coscienze** di chi lo osservi: roba viscida roseogrigiastra molliccia costituita da cellule, assoni, dendriti, potenziali d' azione, sollecitazioni e inibizioni trans - sinaptiche, ecc.) da una parte e il divenire della tua coscienza* (per esempio la visione di un arcobaleno, un amore "folle", dei ricordi d' infanzia, la dimostrazione di un teorema di geometria, ecc.) non vi é alcuna identità (sono enti ed eventi -fenomenici- reciprocamente altri, diversi) bensì corrispondenza biunivoca: per ogni singolo certo determinato "stato della tua coscienza* e non altri chi lo osservasse nelle opportune maniere troverebbe un singolo certo determinato "stato della tuo cervello" e non altri (nell' ambito della coscienza** propria dell' osservatore stesso, diversa dalla tua).

Non v'é alcuna contraddizione fra di esse.
Dicono la stessa cosa.
Anzi, la prima é in un certo senso l' esplicitazione di una nozione implicitamente compresa nella seconda; ovvero letteralmente una deduzione, un giudizio analitico a priori: dalla premessa I della "corrispondenza biunivoca fra coscienza e cervello" e dalla premessa II del "divenire deterministico e non liberoarbitrario del cervello (se la conoscenza scientifica é vera)" si trae la conclusione deduttiva III che il divenire della coscienza é in corrispondenza biunivoca con il divenire deterministico e non liberoarbitrario del cervello.



La coscienza non dipende dal soma (cervello) ma diviene "parallelamente" al (in corrispondenza biunivoca col) soma (cervello).

Non c' é "stadio evolutivo" della vita che possa "trascendere" o comunque "non rispettare le leggi della fisica" per afferire ad alcun preteso "peculiare dominio ontologico" che, interferendo causalmente con la materia (vivente), ne violi le leggi naturali (fisiche - chimiche) del divenire.

L' evoluzione (filogenetica; e anche ontogenetica) dei viventi, uomini compresi, con la loro straordinaria creatività e plasticità di comportamento in conseguenza delle esperienze ambientalmente condizionate (evoluzione che riguarda i loro cervelli e conseguentemente i loro comportamenti dai cervelli diretti, che non devono essere eliminati, in quanto troppo inadattivi, dalla selezione naturale; e non invece le loro coscienze, che potrebbero anche benissimo non esserci: potrebbe anche trattarsi di zombi e nessuno potrebbe accorgersene; nemmeno la selezione naturale) non può assolutamente derogare ("soprannaturalmente" o "preternaturalmente"; in senso letterale) dalle leggi fisiche - chimiche "generali" della materia tutta, vivente e non vivente; ma deve invece inderogabilmente avvenire come conseguenza delle leggi generali astratte (fisico - chimiche) del divenire in quanto "applicate a " o "vigenti ne-" le peculiari condizioni particolari concrete proprie della materia vivente stessa.


La libertà di coscienza, di pensiero, di azione, la democrazia ecc., non c' entrano per niente col determinismo o alternativamente libero arbitrio del comportamento umano: si può lottare per queste conquiste di civiltà o contro di esse, e col medesimo grado di "accanimento", con i medesimi sforzi di volontà (più o meno intensi a seconda dei casi), sia che si agisca (più o meno "accanitamente") per libero arbitrio, sia che si agisca (più o meno "accanitamente" deterministicamente), sia che si creda (illudendosi o essendo nel vero) di agire liberoarbitrariamente, sia che si creda (illudendosi o essendo nel vero) di agire deterministicamente.


Stammi bene!

sgiombo

Citazione di: Lou il 18 Febbraio 2019, 18:08:24 PM
@Ipazia e Sgiombo
Dagli ultimi sviluppi sul tema del topic possiamo essere d'accordo su un punto: che far dipendere dal Leib (corpo vivente) - che non è mero Korper - i vissuti di coscienza non equivale a una completa identificazione di coscienza e cervello? Che le esperienze coscienti e i vissuti di coscienza presentino un loro grado di irriducibilità a eventi cerebrali? O siamo in accordo su questo o parlare di statuti "ontologici" mi pare mettere altra carne sul fuoco prematuramente. Così come magari provare ad avventurarci nelle lande della Embodied Cognition.


Che e esperienze coscienti e i vissuti di coscienza presentino un loro grado di irriducibilità a eventi cerebrali concordo (Ipazia mi sembra che li identifichi; ma staremo a vedere).

Le differenze fra  Leib (corpo vivente) e mero Korper non mi sono chiare. 
Ma per parte mia (non credo Ipazia) le esperienze coscienti e i vissuti di coscienza non sono punto riducibili a eventi cerebrali (né credo ne emergano o vi sopravvengano; men che meno che vi si identifichino "immediatamente")

Apprezzo molto questo paziente tentativo do chiarificazione e reciproca intesa.

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Febbraio 2019, 18:37:57 PM
Ciao Lou
Scusa se mi intrometto ma volevo farti una domanda (a te che mi sembri più "avvezza" di me nelle
questioni propriamente scientifiche): che differenza c'è, a livello neurologico, fra un agire morale
ed uno immorale?
saluto

Mi scuso per l' invadenza (spero non venga preso per un intervento "a gamba tesa").

Secondo me (e credo di poter dire secondo le neuroscienze) a livello neurologico ogni agire ha un determinato corrispettivo; dunque fra un agire morale e un agire in violazione della morale vi sono certamente diversità nei circuiti nervosi che li determinano e che corrispondo, nella coscienza soggettiva di chi le compisse, alle due diverse scelte (differenze neurofisiologiche in linea puramente teorica, di principio constatabili empiricamente, di fatto certamente no; esattamente come in generale i corrispettivi neurologici di qualsiasi scelta).

0xdeadbeef

Citazione di: sgiombo il 18 Febbraio 2019, 19:42:55 PM
Mi scuso per l' invadenza (spero non venga preso per un intervento "a gamba tesa").

Secondo me (e credo di poter dire secondo le neuroscienze) a livello neurologico ogni agire ha un determinato corrispettivo; dunque fra un agire morale e un agire in violazione della morale vi sono certamente diversità nei circuiti nervosi che li determinano e che corrispondo, nella coscienza soggettiva di chi le compisse, alle due diverse scelte (differenze neurofisiologiche in linea puramente teorica, di principio constatabili empiricamente, di fatto certamente no; esattamente come in generale i corrispettivi neurologici di qualsiasi scelta).


Ciao Sgiombo
Nessuna invadenza, figurati. Anzi ti ringrazio di questo tuo intervento.
Dunque, fammi capire: mi stai dicendo che fra un agire morale ed uno immorale vi sono delle differenze
"fisiche"? Che consisterebbero in cosa? In un diverso scambio chimico, elettrico o cos'altro?
Ma allora, se così fosse (tieni ben presente che io non posseggo nessun elemento di giudizio in
materia), hanno ragione coloro che "medicalizzano" ogni comportamento "deviato" (anche se su questo
punto ci sarebbe da chiedersi: "ci dice chi devia e chi no?").
C'è dunque da aspettarsi la pillola della moralità?
saluti

sgiombo

Ogni processo cosciente ha un corrispettivo processo neurofisiologico (e viceversa).
Quindi se decido di fare X, allora nel mio cervello accade una certa sequenza di eventi "a", se decido di fare Y un' altra sequenza di altri eventi fisiologici "b", ecc.

Se mi comporto moralmente nel mio cervello avvengono certi eventi neurofisiologici, se mi comporto immoralmente (quindi diversamente che moralmente) certi altri, diversi eventi neurofisiologici.
In linea meramente di principio, teorica (se per assurdo esistesse l' Intelligenza onnisciente di Laplace; che é stato il primo a precisare a chiarissime lettere che non esiste, anche se moltitudini di solerti denigratori per ignoranza o più verosimilmente in malafede lo ignorano) si potrebbe anche conoscere nel dettaglio quali particolari determinati eventi neurofisiologici corrispondono a quali determinati eventi di coscienza (per esempio scelte, volizioni) e viceversa.
Di fatto non ci si riuscirà mai per l' estrema complessità del cervello (non solo umano; umano a maggior ragione).

Quindi nessuna pretesa "pillola della moralità"!
Ci sono già state penosissime, obbrobriose (davvero immorali a loro volta) pretese "terapie chirurgiche dell' immoralità", le "lobotomie frontali".
Qualsiasi "terapia farmacologica" sarebbe inevitabilmente quasi altrettanto pretesa e obbrobriosa (il "quasi" perché generalmente le terapie farmacologiche, almeno se non prolungate troppo nel tempo, sono reversibili: metabolizzato il farmaco, di solito finisce per lo più senza apprezzabili conseguenze permanenti l' effetto "pseudoterapeutico"; mentre i cervelli e conseguentemente -per la necessaria corrispondenza, e non per un' inesistente identità; precisazione tanto per far fischiare le orecchie a Ipazia- le personalità  dei lobotomizzati non sono più stati reintegrati).

viator

Salve Ox. Devo dare ampiamente regione a Sgiombo. Scusa, ma gli psicofarmaci che sono ? Non riescono ad essere e mai potranno essere la "pillola della moralità" o "la pillola della felicità" ma TENDENZIALMENTE vorrebbero esserlo da parte di chi li realizza.
Ciò sulla base - scientifica od empirica, non importa - della capacità di alcuni composti chimici di influenzare psiche e mente. Spero tu non la consideri una "bufala", questa.
Ma perchè affermo che tali "pillole" non verranno mai inventate ? Le ragioni non sono di ordine spiritualistico, chimico, o neurologico. Sono, secondo me, di carattere squisitamente filosofico.
Riuscire a gestire farmacologicamente od in altro modo le superiori funzioni cerebrali non sarà mai possibile perchè il cervello di chi vorrebbe farlo (i ricercatori) è una realtà che si colloca al vertice della complessità dell'esistente. Ora, un organo (o comunque un ente) che consista e lavori ai livelli massimi della complessità strutturale e funzionale, può più o meno riuscire a gestire (plasmare, controllare, comprendere) tutto ciò che si trova in una condizione di minore complessità rispetto ad esso.
Non lo può fare nei confronti di ciò che possiede la sua stessa "completezza" e complessità. Ed il cervello dei ricercatori non potrà mai raggiungere la completa conoscenza e controllo della fisiologia di altrui "identici" strumenti (i cervelli dei pazienti).
Avete presente lo specchio ? Se mettiamo un cervello (anche scomposto nei suoi minimi componenti) davanti ad uno specchio, non riusciremo comunque mai a raggiungere la perfetta contezza di come esso sia fatto, anche solo anatomicamente. Tra l'originale e l'immagine riflessa ci sarà sempre un qualcosa che non potremo afferrare : La perdità di luminosità. Tutti gli specchi assorbono una parte della luce che li raggiunge. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Secondo me sappiamo già di fatto moltissimo dei cervelli umani e animali e del loro funzionamento.

La "pillola della moralità" é impossibile per una motivo molto  banalmente tecnico scientifico: l' estrema complessità di fatto dei cervelli.
Per gli stessi motivi per i quali -banalissimamente- non si possono fare dettagliate previsioni del tempo che in una qualsiasi località farà il giorno 22 Settembre dell' anno 2749 d. C. o "retrovisioni" di quello che ha fatto ivi il 18 Marzo 3941 a. C.

Lou

#88
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Febbraio 2019, 18:37:57 PM
Ciao Lou
Scusa se mi intrometto ma volevo farti una domanda (a te che mi sembri più "avvezza" di me nelle
questioni propriamente scientifiche): che differenza c'è, a livello neurologico, fra un agire morale
ed uno immorale?
saluto
Ciao Ox, credo che sgiombo abbia già risposto chiaramente e ritengo sia certamente più competente di me in materia, comunque, esistono infatti studi che concernono per l'appunto la correlazione tra ciò che riteniamo morale e le scelte che compiamo con le diverse aree e attività cerebrali implicate, che, ovviamente, con le moderne tecniche di neuro imagining permettono indagini più precise e accurate rispetto al passato.
Ne indico uno, a titolo esemplificativo, mi spiace, ma non l'ho trovato tradotto in italiano.

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fnint.2017.00034/full

Ora, studi di questo genere li reputo importantissimi, mio malgrado pur gettando luce sugli aspetti, diciamo, di funzionamento e di descrizioni dell'organo cerebrale ammirevoli non spiegano il perchè riteniamo morale un tipo di comportamento o di scelta o di risposta, nè la genesi della scelta. E ritorno a ciò che già sostenni in merito alla coscienza: isolare un aspetto in un ciclo dove vi sono più aspetti non implica trovare la sede della nostra presunta moralità o eticità. E devo dire che, anche nell'articolo esemplificativo, lo studio necessita di stimoli estrinseci o esterni il cervello, necessita degli altri per sviluppare risposte "morali". Perciò, per comprendere la struttura etica, occorre una immersione dove l'attività cerebrale è la risultante forse, e non il motore, di una complessità di elementi che mi riesce difficile ridurre a sinapsi, biochimica, sistema nervoso, organi cerebrali, neuroni specchio e alla sola narrazione neuroscientifica e gli "attori", mi si conceda lo slang, che essa mette in atto. Anzi direi, la questione si fa più complessa.

***

Ho letto la tua domanda sulla "medicalizzazione", ecco direi che non trovo sia la risposta adeguata ai problemi etici in forza di due ordini di ragione:
- la prima è già stata menzionata e indica la complessità dei processi cerebrali in gioco, sebbene, in linea di principio, se si pensa che la sede della nostra moralità sia il cervello e le dinamiche neurobiologiche alla base, non fa una piega dedurne che, modificandole, si potrebbe "correggerne", diciamo così, il tiro, in nome poi di quale moralità. Ma mi taccio.
- la seconda è che, attenzione, che se apparentemente la scienza pare risolvere il problema morale, in realtà ne apre di nuovi. E ci troviamo da capo e di nuovo, ancora una volta, a domandarci, sulla moralità e l'etica.

Chiedo venia per il dilungarmi in questa risposta, che più che risposta,  lo considero uno sviluppo, o, qualche sparsa riflessione sul tema.


"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Concordo con Lou sulla (relativa) autonomia di tutte le funzioni psichiche (l.a. compreso) rispetto al supporto biologico che le rende possibili e le alimenta. Questa autonomia pone la questione della loro specifica ontologia.

Checchè se ne minimizzino le possibilità di successo, le ricerche scientifiche sulla psiche, tanto nell'approccio neurofisiologico che psicologico, procedono spedite. Interessante anche il punto di vista Embodied Cognition introdotto da Lou.

La mia opinione è che da queste ricerche potremo capire cosa è e come funziona la coscienza, mentre per i contenuti etici che la "formano" lo spazio della ricerca è di tipo antropologico e filosofico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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