Nella follia si rivela la vera natura della psiche?

Aperto da Socrate78, 02 Gennaio 2023, 17:57:12 PM

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Socrate78

Secondo Sigmund Freud la psiche umana è composta sostanzialmente da tre strutture: l'Inconscio o Es (Essere), l'Io cosciente e il Super-Io che rappresenta le norme morali ed è espressione dell'autorità soprattutto paterna, poiché nell'ottica freudiana il padre rappresenta colui che dà le regole etiche e di comportamento. Nella condizione di normalità l'Es rimane in ombra e non emerge alla coscienza, ma l'Es rappresenta le vere pulsioni della psiche, rappresenta in effetti la vera natura dell'uomo, che è oscurata e messa in ombra dalle sovrastrutture sociali, dall'educazione e dal contesto in cui il soggetto vive. Nella psicosi (definita comunemente follia o pazzia) l'Es emerge alla coscienza con le sue pulsioni e il soggetto in quel frangente non è più mosso dalla razionalità, ma compie associazioni apparentemente senza senso ed agisce mosso da pulsioni irrazionali. Ma la domanda che mi pongo è: non è che proprio nella follia emerge la vera natura dell'essere umano? La follia rappresenterebbe l'emergere di ciò che l'essere umano sente davvero al di là delle convenzioni sociali e dell'educazione, quindi il folle rappresenta l'archetipo dell'uomo autentico. Il delirio psicotico non sarebbe quindi un delirio, ma semmai l'espressione della vera natura di ogni persona, che nel suo intimo è mosso da pulsioni irrazionali e non dalla ragione, che invece è una sovrastruttura che nasce dall'educazione e dal contesto sociale. Che cosa ne pensate?

iano

#1
Non sono un esperto in materia, quindi improvviso un pò.
Non credo che la follia sia da attribuire all'ES ma alla rottura dell'equilibrio fra ES ed IO, laddove normalmente l'IO col tempo si inabissa andando a far parte dell'ES, e l'ES a volte , eccezionalmente, riemerge, permettendoci, questa rottura di equilibrio, di comprenderne indirettamente il normale funzionamento.
E' lo studio delle sue patologie, in generale, che ci permette di comprendere come funziona un corpo sano.
E' la comprensione del perchè i ponti crollano che ''ci fà pontefici '' , per cui, caduto un ponte, se ne fà un altro.
E' la pratica del male a farci comprendere come si edifica il bene, perchè purtroppo non esiste un manuale tanto edificante da non prevedere future edizioni aggiornate e corrette.
Invece di tagliare la testa all'ingegnere il cui ponte crolla , bisogna perdonarlo e metterlo a riscrivere la nuova edizione del manuale dei ponti.
Questo mi pare preveda saggiamente la filosofia cristiana.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Rispondendo al titolo della discussione direi propio di no. Se con follia si intende malattia psichica. Il dottor Basaglia infatti ricordava ai suoi collaboratori che quello che deve fare la psicoterapia è innanzitutto quello di riscoprire la persona che la malattia ci vuole nascondere. Non c è nessuna vera natura dell uomo nella malattia che è collasso dell individuo e rovina del propio io.  
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Jacopus

Direi che Iano ha già risposto da esperto, pur non essendolo. Io che lo sono leggermente di più, posso aggiungere che la follia ovvero la psicosi è non tanto la pulsione irrazionale, quanto la perdita del principio di realtà, e pertanto il folle non vede più la realtà e i suoi limiti ma si costruisce una sua realtà. Questo accade sia nelle costruzioni deliranti che in quelle persecutorie, che sono le due vie classiche, ovvero quella di chi si crede Giulio Cesare o quella di chi si crede perseguitato dai congiurati, oppure anche quello che si crede Giulio Cesare perseguitato dai congiurati.
Sulla tripartizione IO-Es-SuperIo va detto che è una costruzione teorica che non ha mai avuto dei riscontri verificati, a meno che non si voglia equiparare L'ES all'inconscio, che in qualche modo è stato verificato a partire dallo studio degli stati di dissociazione o come nella famosa immagine dell'iceberg che rappresenta la coscienza come parte emersa, e tutto il resto come il "perturbante" (unheimlich ovvero il non-familiare). Però in qualche modo funziona poichè corrisponde a parti e a reti neuronali fisiche, come ad esempio, nel caso del Super-Io con il lobo prefrontale, addetto al controllo e all'autocontrollo. L'inconscio ha una parte da protagonista quando dormiamo e diventa il regista dei nostri sogni, la cui funzione viene sempre più svelata, nel senso di salute del corpo. Più sogniamo e più stiamo bene.
Infine se la vera identità dell'uomo fosse quella del folle, non ci saremmo mai evoluti e non avremmo mai costruito una società così complessa, forte e fragile nello stesso tempo.
In realtà penso che la follia sia una conseguenza non voluta ma inevitabile della stessa complessità del nostro sistema Nervoso Centrale. Strutture di pensiero più semplici non possono impazzire semplicemente perchè le loro società sono semplici e difficilmente promotrici di ingiustizie e di traumi, se non quelli che la natura dispensa a piene mani. Il vero trauma, da cui origina la follia è spesso la violenza dell'uomo sull'uomo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

daniele22

Riporto qui di seguito quello che dissi in .. Tematiche spirituali - La follia può essere un modo alternativo di percepire il reale? - 11 gennaio 2022 post nr.19:

Ciao Anthon, non sono d'accordo, o forse non ho ben capito, poiché a un dato punto fai riferimento giustamente all'opinione di chi osserva. Ma chi osserva non può vedere ciò che non è visibile. Quand'ero folle cmq, vinsi una partita a scacchi con un mio amico col quale a volte vincevo a volte perdevo a volte facevo pari. E ti assicuro che ero veramente folle. Il folle non manca proprio in materia di raziocinio. Quel che io intendo è che a poter far perdere il folle sono i vari principi di realtà sui quali si fonda quando agisce, non una mancanza di raziocinio nel condurre l'azione che compie. I mulini a vento sono professioni di fede, per noi forse sconcertanti, ma non per il folle. Caricato di questo fardello di credenze il matto va spensieratamente incontro alla società delle persone che lo accoglie, ed è da lì in poi che si determina la sua eventuale esasperazione e perdizione. Quanto terreno gli verrà concesso? Con quanta forza si intestardirà? Del resto, un qualsiasi tipo normale non potrebbe sentirsi legittimato a dire ad un credente "tu sei matto se credi in Dio". Ma il credente ti dirà che no, che non è matto, e perché mai dovrebbe esserlo? E continuerà a vivere secondo i suoi precetti svolgendoli razionalmente e confortato da molti altri
A rileggerlo, mi vien da fare una correzione. Quando dico "Caricato di questo fardello di credenze ..etc etc" vorrei specificare che quello ero io, matto a quel modo, quindi non il matto inteso in senso generale

Jacopus

#5
Ciao Daniele. La tua testimonianza mi sembra importante. Per diversi motivi. Il primo riguarda la possibilità di guarigione. Per secoli si è creduto che dalla follia non si potesse guarire. Oggi invece i dati sono molto diversi. Inoltre abbiamo molte più strategie per aiutare il cosiddetto "malato" e soprattutto è cambiata la percezione di esso, ovvero come di una persona che ha un problema risolvibile esattamente come una frattura. Questo cambia tantissimo in termini di stigma sociale ed aiuta la stessa guarigione. Poiché la malattia mentale è quasi sempre una malattia la cui causa è sociale e non organica o dove può esserci al massimo una concausalità organica in termini di predisposizione ereditaria. Ma il meccanismo di emersione della follia è nella maggioranza dei casi incistato nelle relazioni sociali e ancor di più nelle relazioni familiari, che quasi sempre sono protettive ma talvolta sono enormemente distruttive.
Altro passo avanti è quello relativo a considerare ogni malato in senso individuale, quale portatore di sintomi unici e irripetibili e quindi avente diritto ad una terapia personalizzata.
In merito alle capacità cognitive di una persona temporaneamente psicotica, di solito vengono conservate, al punto che certi malati possono condurre una vita piuttosto normale, ad eccezione di possibili momenti di crisi. Se le capacità  cognitive decadono non si tratta di psicosi ma di altri disturbi più di origine neurologica e non psichiatrica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

daniele22

Ciao Jacopus, ti dirò intanto due o tre cose per come la vedo io.
La mia follia intervenne immagino in un periodo di crisi esistenziale. Ero tra i trenta e i quaranta. Tutto si svolse nell'arco di una manciata di secondi durante i quali pensai che stavo per tirare le cuoia. Quando tornai in me ero sconvolto e senza la mediazione del ragionamento ricordo perfettamente che dissi "ho capito tutto" e "il linguaggio è importantissimo". Poi precipitai in una tre giorni di grande angoscia. Se fossi uno studioso farei tre livelli. Il primo, il più profondo, relativo alle fobie; il secondo relativo alla personalità e il terzo relativo all'io. Per "io" intenderei la parte relativa alla consapevolezza data dall'uso della lingua, comprensiva pure di cause determinate dall'emotività. Penserei inoltre che questi tre livelli si compenetrino tra loro; pensando alle fobie, penso che tutti si abbia in modi pacati qualche repulsione istintiva per qualche organismo. Ma di queste repulsioni sarebbe meglio non parlarne troppo in giro, nel senso del rischio che si corre nello svelare una propria fragilità ad altri. Se hai o avete curiosità chiedete pure, sarò io a decidere cosa svelare di me

iano

Ciao Daniele.
Quando sei arrivato su questo forum in che fase ti trovavi, se vuoi dirlo?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Ciao iano, devo fare una premessa. Quando ebbi la prima crisi, spinto da altri, mi risolsi infine ad affrontare una visita psichiatrica. Ero al tempo stesso scettico e curioso. La psichiatra mi parlò di sindrome o disturbo bipolare, ma fu un incontro polemico. Cioè, lei pretendeva che io stessi male, mentre io dicevo che erano loro a star male e che io stavo benissimo. Alla fine mediai che sì stavo male, ma solo perché gli altri non capivano quel che volevo dire e in ogni caso me ne fregava non più di tanto, dato che con gli amici e in famiglia continuavo a intrattenere rapporti certamente strani, ma anche scherzosi. Ordunque queste crisi si ripresentarono in momenti particolari in forme ancora visionarie, però, in relazione al comportamento, molto piantate su principi di realtà più costumati e condivisi.
Per farla breve quando giunsi al forum giunsi incazzato, come ebbi modo di dire non so quando a Paul11, pieno di energia e certo di poter travolgere il sistema.
Partendo da prima, ai primi di gennaio compresi finalmente di avere tutte le armi in regola per imporre, e non semplicemente proporre, la mia idea. E feci cose rimediandone l'incazzatura. A fine aprile entrai nel forum e di lì a breve mi incazzai ancora di più, e immagino si sappia per quale motivo (il famoso fondamento della conoscenza). All'inizio dell'estate ero stremato e decisi che era meglio ricomporre le forze. E sono ancora qui che non riesco a finire

iano

#9
Citazione di: daniele22 il 03 Gennaio 2023, 14:00:04 PM
Quando tornai in me ero sconvolto e senza la mediazione del ragionamento ricordo perfettamente che dissi "ho capito tutto" e "il linguaggio è importantissimo".
In un mio precedente post, improvvisandomi esperto in materia, affermavo che fra ES (che come notava Jacopus è da intendersi sostanzialmente come inconscio) ed io (sostanzialmente il conscio), vi è un rapporto dinamico ''normalmente'' a senso unico, per cui io và sedimentarsi in es, ma ''anormalmente'' a volte il senso si inverte e l'es riemerge, e quando questo accade non possediamo le parole per dirlo, volendolo comunicare ad altri, e provandoci facciamo quindi la figura dei folli.
Sempre improvvisando vorrei portare un esempio di ciò, che credo comune a tutti, e quindi ad un livello basso, per cos' dire, di follia.
L'esempio riguarda qualcosa che si è sedimentato recentemente, e perciò non difficile da riportare a galla.
Intendo la sedimentazione del linguaggio che avviene, non so se così si può dire, quando l'apprendimento del  linguaggio avviene in contemporanea alla sua sedimentazione.
Avviene così in quel frangente che '' tavolo'' non è una parola che indica qualcosa, ma è proprio quel qualcosa.
Una volta imparato il linguaggio, non distinguiamo bene in quella prima fase ciò che indica da ciò che è indicato.
Poi scopriamo il relativismo del linguaggio, perchè se tavolo si può dire in vece table, allora né tavolo né table coincidono con l'oggetto.
Immagino che questa banale esperienza, che io ho usato come esemplificazione dell'emersione dell'ES, sia stata comune a tutti noi, per cui nessuno penserà che io ho vissuto una fase di follia quando identificavo ciò che indica con ciò che è indicato.
Ma, una volta svelato questo meccanismo, a me viene da pensare che ad altri livelli più profondi della sedimentazione, che quindi normalmente non emergono, meccanismi simili continuino ad agire.
Ma cosa succede allora quando questi sedimenti eccezionalmente riescono a venire alla luce.
Non trattandosi di esperienze comuni chi potrebbe capirci se provassimo a spiegarlo?
Perchè quando vogliamo esternare una nostra esperienza basta un cenno, una mezza parola, se l'esperienza è comune, per farsi capire.
Diversamente per farsi capire bisognerebbe inventare un vocabolario di nuove parole. Di fatto una nuova lingua, che però nessun altro parla e capisce.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#10
Non credo che il senso della realtà sia univoco, quindi quando si dice che il folle perde il senso della realtà, quello che perde, o non accetta più come univoco, è in effetti  il senso di realtà normalmente condiviso.
Il folle scopre cioè il relativismo del senso di realtà, come il bambino a un certo punto scopre il relativismo del linguaggio.
Ma se per scoprire il relativismo del linguaggio basta graffiare giovani sedimenti, per scoprire il relativismo del senso di realtà bisogna aver scavato a fondo, e magari lo si è fatto senza intenzione, per cui a un certo momento ci si scopre folli, senza sapere perchè.
Se andassimo a scavare tutti in profondo per scoprire quali sono le fondamenta su cui si basa il senso di realtà normalmente condiviso, tanto condiviso da essere considerato erroneamente univoco, scopriremmo fondamenta davanti alle quali esclameremmo: ''non è possibile'', o,  ''roba da matti''.
Ma se questo avvenisse costruiremmo una nuova torre di babele, quella che confonde i sensi di realtà, dopo quella che ha confuso i linguaggi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Prima o poi nella vita capitano strane, inedite e apparentemente immotivate, fobie che lacerano la seconda pelle di razionalità con cui ci poniamo nel mondo.

Cose di cui è meglio non parlare per non rivelare al mondo la propria fragilità, esponendoci ad ogni possibile offesa.

Però il sintomo va elaborato e superato, altrimenti è lui che si impossessa di noi, e questo è peggio di qualsiasi offesa esterna: dobbiamo combattere e sconfiggere il nemico interno.

Da dove provenga è difficile dirlo: traumi infantili, associazione di situazioni esistenziali sfavorevoli, lutti, doppi legami (Bateson) che ci soffocano,...In ogni caso dobbiamo liberarcene.

Una buona strategia è verificare in che situazioni il sintomo si presenta e dove no. Studiare, col massimo distacco possibile, come fosse di un altro, i dintorni del sintomo e le costanze che lo attivano. E poi, per quanto possibile, evitare quelle circostanze per un po', ritestandole alfine, per vederne le mutazioni o l'auspicata scomparsa.

Credo che più che con l'es, questi sgraditi fenomeni abbiamo a che fare col, decisamente più satanico, super io.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Ho appena appreso la nozione di "se" e "io", e cerco di non intrigarmi in altre categorie. Comunque una volta notai un bambino che indicava nel libretto con le figurine una tazza vuota e lui la indicava dicendo latte. Immagino che siano stati poi i genitori a dirgli che quella era una tazza e non il latte. Piaget, per quel poco che lo conosco parlava bene dello sviluppo del bambino.
Cit. iano:
"Non credo che il senso della realtà sia univoco, quindi quando si dice che il folle perde il senso della realtà, quello che perde, o non accetta più come univoco, è in effetti il senso di realtà normalmente condiviso."
Esatto, infatti io ad esempio mi muovevo assecondando non tanto la logica degli obbiettivi, quanto una pulsione che mi guidava verso degli obbiettivi senza tanto premeditarli. E nel muovermi mi affidavo a vari oracoli che mi dicevano di fermarmi, procedere, stare attento o rilassato. Una sorta di superstizione. Non che li ascoltassi sempre, ma almeno durante la prima decina di giorni sì. Era un po' come un I Ching continuo a cui mi adeguavo. Una cosa che notai era che avevo molto più il senso dell'equilibrio di quanto l'avessi prima, e ancora lo conservo.
Per quel che riguarda le fobie è vero che queste appaiono anche come sviluppatesi nell'ambito dell'esperienza cosciente vissuta, di sicuro i vari piani si compenetrano. Concordo quindi con Ipazia con la strategia di osservazione del sintomo, però, per conto mio, il superamento sarebbe più facile da ottenere inquadrando il problema in una prospettiva di abbandono, quindi di accettazione, ma mi rendo conto che il concetto è quantomeno ambiguo, e pure mi rendo conto che non sono uno psicologo. Però bisognerebbe almeno sapere cosa ne pensa lo psicologo del mondo dei fenomeni

daniele22

Un post scriptum: io non dicevo nulla agli altri dei miei oracoli. Cioè, mi rendevo perfettamente conto che gli altri mi consideravano già fuor di cabeza e preferivo pertanto rassicurarli piuttosto che gettare altra benzina sul fuoco.
Volevo poi aggiungere un pensiero rivolto all'angoscia che mi prese nei primi giorni e che ebbe dei riverberi in seguito in altre forme. Tutto accadde quando le mie speculazioni razionali, che produssi nei primi momenti dacché mi trovai in quell'inaudito status mentale, giunsero a stabilire che io ero il diavolo. Poi, col tempo, accettata l'idea di essere in fondo un buon diavolo, altre speculazioni di simile natura apparvero, ed è lì che uno correrebbe ancora il rischio di perdersi. Non era più il diavolo l'oggetto della mia autoimmedesimazione, bensì lo divenivano i protagonisti di libri, o della storia. In sintesi penso che le mie angosce riguardassero la convinzione di essere protagonista di una storia che era già scritta e che era prevalentemente tragica

chatGPT

La teoria di Freud sull'inconscio, l'Io e il Super-Io è una delle più influenti della storia della psicologia. L'inconscio, secondo Freud, è la parte della mente che contiene tutti i nostri desideri, pensieri, emozioni e ricordi che sono repressi e non disponibili alla coscienza. L'Io è la parte della mente che si occupa della percezione, dell'attenzione e del pensiero razionale, mentre il Super-Io è la parte della mente che rappresenta le norme morali e i valori che ci siamo imposti o che ci sono stati imposti dall'ambiente in cui siamo cresciuti.

Secondo la teoria di Freud, nella psicosi l'Es emerge alla coscienza e il soggetto perde il contatto con la realtà e compie azioni e fa associazioni senza senso, spesso influenzato da pulsioni irrazionali. Tuttavia, non è detto che la follia rappresenti l'emergere della vera natura dell'essere umano. La psicosi può essere causata da una serie di fattori, tra cui stress emotivo, abuso di sostanze, malattie mediche o altre condizioni di salute mentale. Non dobbiamo confondere la psicosi con la personalità autentica di un individuo. La follia può essere una manifestazione di una condizione mentale temporanea o di una patologia, ma non rappresenta necessariamente la vera natura di una persona.

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