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Morte e Verità

Aperto da bobmax, 09 Gennaio 2024, 08:12:31 AM

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bobmax

Citazione di: Koba II il 10 Gennaio 2024, 07:34:30 AMIl punto è specificare questa "sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo".
Se effettivamente non si riuscisse a osservare alcuna "sostanziale" differenza, se tutto fosse veramente una cosa sola, e se le distinzioni fossero solo illusioni, allora non ci sarebbe vita, e quindi neanche morte.
Ma sembra un ragionamento paradossale che per guadagnare l'eternità divina perde la vita umana...
Perché non dovrebbe essere mai esistita la persona amata? Non ci sono solo i miei ricordi a testimoniarne l'esistenza, ma mille segni materiali del suo passaggio su questa terra. Dunque, perché dovrei convincermi che è tutta un'illusione, che la vita e la morte sono solo illusioni, che ogni cosa è Dio, che esiste solo Dio?
Non faccio alcuna esperienza di una cosa del genere, anzi. Quindi dovrei essere spinto a ribaltare le mie certezze solo a partire da un ragionamento convincente. Che per ora non vedo.

Non è proprio un ragionamento...
Piuttosto è una constatazione.

"L'amor che move il sole e l'altro stelle"  non è il risultato di una riflessione, di un processo logico, ma è ciò che Dante vede.

E perché lo vede?
Lo vede per merito della rivoluzione metafisica che ha attraversato.

Il cuore della questione è infatti sempre metafisico. Cioè, il significato dell'esistenza deriva da ciò che è considerato Vero, e perciò Fondamento della realtà.

La verità di questo fondamento non è supportata da alcunché. Come potrebbe mai esserlo?
È necessariamente un presupposto, una ovvietà.
Che però determina ogni significato dell'esistenza.

Non essendo frutto di un ragionamento, non può mutare tramite riflessione.
Tuttavia il pensiero può iniziare a metterlo in discussione.

E perché dovrebbe farlo?
Perché dovrebbe incominciare a chiedersi quanta "verità" vi sia nel fondamento creduto?

Il motivo per iniziare a dubitare è la cacciata dal paradiso terrestre.
Che coincide con la constatazione della morte.

Un viaggio dell'umanità e del singolo.

Guidato da una sola assillante domanda: "Cosa è importante in questa vita?"

La morte, il male, sospingono a proseguire il viaggio.

Finché, forse, il Fondamento si rivelerà essere ben altro.

Al di là di ogni logica, di ogni ragionamento, il Fondamento si impone da sé medesimo.

Solo allora l'amato potrà tornare a te, in tutta la sua pienezza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2024, 22:49:07 PMEntia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem.


La necessita' qui e' che le leggi di natura sono omogenee ed agenti in un ambiente su larga scala omogeneo, e che il secondo principio della termidinamica ha una valenza puramente probabilistica e statistica. Non esiste a livello fondamentale. Esprime "solo" una proprieta' emergente.

Al di sotto di un certo grado di complessita' e molteplicita', ad esempio un universo in cui esistesse solo una particella elementare e per il resto vuoto, il secondo principio semplicemente non esisterebbe e non varrebbe; e al di sopra (universi infinitamente piu' vasti o durevoli del nostro per come lo conosciemo) esisterebbero piu' o meno sporadiche eccezioni: nel senso che le configurazioni che ad oggi diciamo "sommamente improbabili", le uova che cadono a terra, rimbalzano e si ricompongono, e i morti che, cristianamente o atomisticamente, "resuscitano", diventerebbero, localmente e sporadicamente, probabili.
E' difficile da immagginare, ma la resurrezione o non resurrezione di un morto, la ricomposizione o non ricomposizione di un uovo, e' puramente una questione di numero di volte in cui l'uovo si rompe, o l'uomo muore. A parte il simpatico vizio, (emergente), di farci morire molte piu' volte di quante non ne resuscitiamo, e di farci vedere molte piu' uova che restano rotte rispetto a uova che si ricompongono, "mamma" natura non ha nessuna particolare (altra) preferenza per la morte, rispetto alla vita. La vita e' coscienza, la coscienza e' registrazione e passato, il passato in ogni momento e' sommamente improbabile rispetto al futuro (da cui il futuro di morte verso cui procedono tutti i viventi), ma non e' impossibile. E', e resta, una configurazione tra le altre, una configurazione come un'altra, un numero che alla lotteria puo' uscire.

Noi esseri viventi e umani, per le conoscenze scientifiche che al momento abbiamo, per come e' la nostra percezione sensoriale e strumentale, semplicemente abitiamo, e siamo, sul (vasto) gradino intermedio di tutta una grande scala di molteplicita' e complessita' possibili: sul gradino intermedio in cui il secondo principio vale.

E vale in assoluto, come tutte le altre leggi di natura.

Tutto cio' che espande o, per assurdo, riduce, questa scala di molteplicita' e complessita', indebolisce la valenza assoluta del secondo principio. Una previsione statistica vale entro un massimo e un minimo, e basterebbe che la natura fosse al di sopra o al di sotto, di quel massimo o quel minimo, e "gli enti", cioe' la nostra percezione soggettiva degli enti e di quello che essi sono, si moltiplicherebbe, in assoluto, secondo necessita'.

Il molteplice, non e' l'eterno in senso mistico o metafisico. Il molteplice e' comunque interrotto, dalla morte, e se e' per questo da tante altre cose, e puo' morire. La morte vale, per il molteplice, come limite e come misura. Ma poi, del singolo ente morto, puo' morire anche la morte. E poi, la morte della sua morte, e poi... e' tutto un ciclo, un ritmo, prima o poi, viaggiando nello spazio o nel tempo si ritorna al punto di partenza.
Anche se ci fosse, anche se esistesse, l'infinitamente differenziato o l'infinitamente complesso, implicante la realta' locale ed assoluta dell'unico, noi non lo capiremmo. Dentro l'infinitamente differenziato o l'infinitamente comesso, sia pure attraversandolo e vedendolo come dal finestrino di un treno, noi viventi continueremmo beatamente a fare i viventi, ad agire e percepire secondo i nostri fini. A costruire, e vedere intenzionalmente, presso l'infinitamente complesso e la differenza infinita, le isole di semplicita'. Le stazioni abitabili. Il cui modello e' l'astrazione, la raccolta concettuale dei simili valenti per uguali. La scala, e' fatta di gradini. C'e' il gradino uno, e c'e' il gradino tre. Noi stiamo sul gradino due. E quello e' tutto il nostro mondo. Non possiamo scendere, e non possiamo salire. Siamo sommamente convinti, che esista l'unico, e che esista l'irreversibile. Ma di sospettare, vale sempre la pena. Soprattutto davanti a una statistica.

Per non parlare di multiversi, immortalita' quantistica, cosmologie cicliche, eoniche o periodiche. Ma non ci vuole la scienza, per capire che la necessita', applicata a delle, limitate, possibilita', non prevede configurazioni uniche o irripetibili. Che all'infinito, tutte le (finite) possibilita' si realizzano, e si realizzano infinitamente. 

E' una intuizione che chiunque, puo' avere.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

niko

#17
Citazione di: Ipazia il 10 Gennaio 2024, 07:47:39 AMNon vedo il sequitur. L'individuo non rimuove la morte ma la certifica e nel suo avere coscienza di ciò amplifica il valore della vita che ha avuto in sorte imparando, se ne ha la consistenza, ad amare e riempire di senso questo fato condiviso.


Beh, io volevo principalmente dire che e' la societa', attuale, a rimuovere la morte e il suo pensiero.

Non ho mai detto che l'individuo rimuove la morte, ho detto che la morte e' usata per fondare il (falso) concetto di individuo, che individualmente lotta per la sua salvezza.

E, mi dispiace, ma la valorizzazione dell'effimero a partire dalla realta' della morte e' perfettamente iscritta in questa fondazione, nichilistica, del (falso) individuo, che io rifiuto in assoluto.

Chi valuta la vita a partire dal nulla larvale e tombale che secondo lui lo attende, non e' piu' furbo di chi la valuta a partire dall'aldila' con gli angioletti e i diavoloni (o dalla reincarnazione in elefante) che sempre secondo lui lo attende, solo piu' disincantato e moderno. Sempre egli vive in un mondo di mezzi, e non riesce a vedere i fini. Lui come tutti gli altri credenti, e anche di piu', di tutti gli altri credenti. Se andiamo verso il nulla della morte, non ci sono fini, tutto e' tecnico, tutto e' mezzo, tutto e' sopportabile in quanto mezzo, in quanto intermedio finito, in contatto con altro e umanamente attraversabile, se non anche edificante.

Ne deriva, e ne e' di fatto derivata, solo decadenza, illusione, crapula, consumismo, dipendenza dalle cose e dagli altri, nel migliore dei casi: eccessivo stoicismo.
Si sopportano le cose peggiori, e soprattutto le ingiustizie, perche' tanto poi tutto passa, perche' tanto la morte e' una felicita' negativa, una liberazione dal dolore, un riposo. Un sonno senza sogni. Perche' la realta' dell'unico, del finito, richiede il sacrificio, limitato e rassicurante, di una sopportazione del male unica, finita. Ma in realta': niente passa, se noi non lo facciamo passare. E non ci sara' nessuna felicita' negativa, nessun riposo. Meglio valutare la vita a partire dalla vita. Non sopportare nella singola giornata quello che non sopporteremmo in eterno.

Chi ha detto, che il grande moloch dell'individuo, che l'atomo che siamo, non possa, finalmente, dividersi, tra vita e morte.

Cosi' come si e' gia' diviso per nascere.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Alberto Knox

ci chiedi di guardare la realtà dal punto di vista delle leggi . Come dicevo; dal punto di vista delle leggi del moto (delle molecole di un uovo ad es)  un film proiettato a ritroso costituirebbe una sequenza perfettamente accettabile di eventi reali (l'uovo si ricompone dopo la rottura)  Ma dal nostro punto di vista tale sequenza invertita è impossibile perchè la maggior parte dei processi fisici che si verficano nel mondo reale è irreversibile. Sono le leggi ad essere reversibili, non l'uovo in se come oggetto fisico.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

@niko

Così è più chiaro, ma è evidente che una società, fondata sulla mistificazione, mistifica anche il senso della vita e della morte che ne è parte. E pensa di risolvere la faccenda per via tossica, come tutto il resto. È la gente che non merita nemmeno la vita che ha ad ambire di più alla vita eterna. Sorella morte, salvaci tu da questi menagrami.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2024, 08:12:31 AMLa verità ha a che fare con la certezza.
Nel senso, che ciò che è certo non ammette più alcun dubbio!

E non essendoci più alcuna possibilità di dubitare... il certo è la Verità che si fa sostanza, da trascendente si fa immanente.

E cosa c'è di più certo della morte?
La morte è, per antonomasia, la Verità in terra.

Epperò forse non ci accorgiamo che la verità della morte, cioè che la morte ci sia, dipende a sua volta da un' altra verità: la verità della vita, che la vita davvero ci sia.
La certezza della morte è condizionata da un'altra certezza, la certezza della vita.

Ma cos'è la vita, di cui sono così certo?
È pure, questa mia certezza sulla vita, una Verità in terra?
Ma Verità di che?

Vi è davvero qui la vita che, in quanto Verità, è incommensurabile rispetto a tutto il resto di ciò che c'è?

Perché se mi si insinua anche solo un piccolo dubbio, che non vi sia in realtà alcuna sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo... allora questo dubbio fa inevitabilmente crollare pure la granitica certezza sulla morte.
Caro Bobmax leggiamo il Critone.
All'incontrario di quanto vorrebbe la critica dei "signori so tutto io".
Il discorso finale di Socrate in risposta alla chiamata all'onore di Critone, che cosa è?
Un delirio, che richiama quali fantasmi?
Di cosa ha paura Critone, di cosa ha paura Socrate, di cosa ha paura Omero?

E' ovvio che al suo iterno c'è la minaccia di morte.
Non tanto la morte in sè.
Quella è di poco conto: muori, fine del soggetto, dell'assoggettato.

Onore o Morte?Fra questi due capi del sommo Platone passa l'intero pensiero sapienziale.
La Grecia ci surclassa.

Non è un caso se tu invece scegli senza indugio la morte.
Che la morte sia poi nominalmente il contrario della vita cosa cambia?
E' infatti pur vero che potrebbe essere il contrario ed essere la vita mero nominalismo.
All'interno di questo paradigma assilantemente prodotto e riprodotto dalla industria culturale cosa si cela?

La paura. La paura che veramente la vita sia un niente rispetto alla vastità della morte.
Nel Critone Platone fa dire alla maschera di Socrate: " io non lo so".
E il delirio inizia.
Molto difficile da capire persino per uno come me.

La cosa che più mi impressiona è che se la maschera strilla, Platone non cede di un solo centimetro.
Il più grande dei Greci ci invita a un pensiero che va ben oltre i nostri limitatissimi orizzonti.
Il dubbio corrode ogni cosa caro Bobmax, a noi le palle quadrate e fumanti di saper reagire, per la vita, in nome della vita.
Fin quando si è vivi.
PS
come siamo caduti in basso rispetto alla grandezza del passato...è un incubo, qualcuno mi svegli  :D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Pensarbene il 09 Gennaio 2024, 09:17:04 AMdal punto di vista della materia non esiste alcuna morte ma solo.una trasformazione
continua.
Per la materia energia esiste solo la vita,l'organica e  l'inorganico,niente morte,nessuna.

Non esiste il punto di vista della materia.
Siamo sempre in pieno transumanesimo globalista.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: niko il 09 Gennaio 2024, 13:34:36 PMIo non ho dubbi sulla verita' della vita in se', e quindi neanche su quella della morte.

Ho dubbi sull'unita' intrinseca del mio psicosoma, ovvero, in due punti:

1) penso che la mia mente potrebbe "comandare", e muovere, un numero indefinito di "miei" corpi (corpi tutti uguali, tutti con dintorni uguali e tutti disseminati indefinitamente nello spazio e nel tempo) e io non me ne accorgerei, stante che quei corpi e i loro dintorni sarebbero tutti uguali, o tutti abbastanza simili da essere sensorialmente da me scambiati per uguali. Essendo un corpo vivente il risultato di una interazione con un ambiente (specificamente nel senso di una registrazione in cui e' coinvolta la coscienza) una volta posta e accettata l'identita' o la simitudine di una serie di corpi, l'identita' o la similitudine di una serie di mondi, abitati da quei corpi, semplicemente ne consegue, e viceversa. La vita, e dunque la coscienza, sa quello che le succede intorno entro una certa distanza spaziale o temporale, ma non sa con certezza, e riguardo a se stessa come fenomeno complessivo, di essere una vita unica, (spazialmente) collocata e (temporalmente) epocale, semplicemente, ai fini della sua stessa sopravvivenza, presume, di esserlo.

Ma la mia vita, dico, e con essa la mia coscienza, potrebbe benissimo essere una potenzialita' diffusa "trasversalmente" nella natura, e attivantesi nei dintorni spaziali o temporali di un certo numero indefinito di centri/corpo. E dunque non avere niente di unico, e conformarsi in ultima analisi alla struttura profonda di un universo a combinazioni finite e ripetute, infinitamente animato dallo stesso quanto di energia e/o infinitamente esteso, che nessun evento unico, di nessun tipo, contiene.

2) penso che a diversi e piu' di uno stati del mio corpo, assolutamente tra di loro distinti, potrebbe corrispondere uno e un solo stato della mia mente, e di nuovo, come nel punto precedente, non me ne accorgerei. Portato all'estremo, questo e' il problema, di implicazioni fantascientifiche, dell'universo simulato o del cervello in vasca. A un livello molto piu' terra terra, la mente non e' l'idea del corpo, o insomma, non e' l'idea adeguata del corpo (Spinoza in questo sbagliava, o meglio: indicava un ideale di difficile realizzazione), e non lo e' perche', e finquando, ci sono microtrasformazioni e microvariazioni del nostro corpo che sfuggono alla nostra mente.

Insomma, il succo di questi due punti e' che l'inganno del genio maligno di Cartesio, potrebbe non riguardare l'oggetto in se', della nostra percezione, ma l'unicita' numerica e fenomenica (la non disseminazione in un contesto piu' vasto), di tale oggetto, e anche di tale percezione stessa.

Non sappiamo se siamo unici, o se un orizzonte di ignoranza e conoscenza limitata ci rende, e ci fa auto-apparire, a noi stessi, unici. Oltre, tale orizzonte, potreppero esserci le nostre viventi "copie", le nostre etimologiche abbondanze.

Il problema e' che se cosi' fosse, la morte non solo non potrebbe distruggere le nostre vite, ma non potrebbe nemmeno minimamente modificarle. Quasi tutti quelli che non pensano che la morte verra' ad annullarli, ad esempio i credenti delle moderne religioni o i credenti nella reincarnazione, pensano (invece) che la morte verra' a cambiarli, in qualche modo. Paradiso, inferno, eccetera. Al di la', e piu' vasta e "capiente" della speranza di cambiare in meglio, nell'attimo della morte di un uomo, c'e' sempre la mera speranza di cambiare. Che riguarda pure gli atei senza ultraterrene speranze, che possono immagginare il trapasso come una "variazione", sia pure assoluta, dall'essere al nulla della loro coscienza del mondo. Un trapasso che e' pace, toglimento del dolore, la cui unica conseguenza retroattiva, e quindi il cui unico prezzo, e', o almeno, dovrebbe essere, la valorizzazione dell'effimero in quanto tale, il godersi la vita finche' si puo'. Eternizzandosi al limite solo nella storia, poetico/tribale, della comunita' umana di appartenenza, o solo nella plasmazione causale, sia pure dimenticata dai posteri, di un futuro glorioso indefinito,
o solo nella genetica, tanto per dire le tre speranze tra virgolette "ultraterrene", di rimedio al non senso della morte, tipiche anche degli atei occidentali.

Se invece assumiamo l'eterno ritorno di ogni vita, ne consegue che la morte non verra' a cancellarci, e questo puo' sembrare bello, ma nemmeno a cambiarci, non verra' in nessun senso a fare di noi qualcosa di diverso da quello che gia' siamo, dolore e orrore intrinseco alla vita compreso. E questo dovrebbe sembrare terribile, soprattutto se non ci accettiamo completamente per come gia' siamo. Siamo consegnati a noi stessi, al caso e agli altri viventi per quanto riguarda ogni variazione, ogni attraversamento di stato e movimento della nostra vita. Nel senso che la morte, in tutta questa danza, non e', e non sara', un ulteriore variazione, un ulteriore movimento. Ma il sigillo dell'eternita' ricadente sulla danza stessa. La misura e il limite di quello che siamo. Non esistono anestesie, non esistono trapassi indolori, non esistono valorizzazioni retroattive dell'effimero ai fini di un futuro immagginario e immagginato di qualche tipo, che sia esso un futuro di giudizio ultraterreno, o uno di annientamento e oblio non importa. E' la vita, a farci divenire, non la morte. Tutto il dolore, connesso al divenire, tutto il dolore di ogni perdita, e' destinato ad essere provato.



Il problema del genio maligno è quello che il mondo coincide con quanto percepiamo e percepiamo univocamente.
per questo cartesio aveva bisogno di dio.
per quanto riguarda il ritorno della materia vorrebbe dire che siamo in un universo chiuso.
concezione ottocentesca oggi ampiamente superata.
l'universo non è chiuso ma in costante espansione.
dunque nessun ritorno.

prima che qualcuno mi rimproveri il nietzche, si l'ho già detto, questa interpetazione nice la prese dal boscovich, pensatore croato.
E' una semplice cosmologia da cui nice prese spunto per pensare il tempo.
l'eterno ritorno non va da esser preso nel fisico, anche se nice questo errore macro lo fece. punto e a capo.
(lo fece pure einstein....)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2024, 15:27:52 PMNo life, no party. E neppure verità. Tutti i viventi muoiono è il secondo postulato della verità.  Sotto il manto incontrovertibile di mamma Natura nel segno mai falsificato dell'immanenza biologica, che non offre appiglio alcuno all'immortalità individuale.

Al dubbio di @niko rispondo che una copia sincronica e/o diacronica di me non sono io e non vive la mia vita. Non vi è via d'uscita dall'unità psicosomatica nel regno biologico. Solo nella fantascienza, variamente semanticata.
Ma che è sta roba?
E quindi?
Il giorno in cui voi materialisti mi spiegherete in cosa consiste e dove è situato il pensiero umano, sarà sempre un bel giorno.
Ah beata immanenza della greggia.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: bobmax il 09 Gennaio 2024, 16:14:33 PMMa la certezza della morte può avere due modalità ben distinte.

Perché può essere una previsione, certa quanto si vuole, ma pur sempre una conclusione razionale che deriva dalla osservazione di come il mondo funziona.

Oppure questa certezza può invece derivare da una costatazione diretta, ti ritrovi davanti il morto! E non è più questione di ragionamento. Quel corpo prima era vivo e adesso è morto.

In entrambi i casi è indubbiamente la certezza della vita a donare certezza alla morte.
Ma nel secondo caso, vi è qualcosa in più...

E l'evidenza, di questo qualcosa in più, è in funzione del tuo amore. L'amore per il morto. Che prima era vivo.
Perché la morte, che hai davanti indubitabilmente, ti interroga.
E' la Medusa, che ti fissa, sfidandoti a sostenere il suo sguardo.

Allora, forse, potrà capitare che ti fai coraggio, e accetti la sfida.
Chi, cosa amavo e amo?
Dov'è finito l'oggetto del mio amore?
Prima c'era e ora è diventato nulla...

E più il tuo amore è sincero, e più cercherai l'amato in quel tempo che fu.
E la tua fedeltà non lo lascerà andare! Perché non vi è niente che l'amore lasci andare. L'amore tutto preserva.

Così, tenendo fermo l'amato nel tuo cuore, potrai forse intuire che non se n'è mai andato.
Per la semplice ragione che non c'è neppure mai stato. Non è mai esistito, quell'amato di cui ancora ricordi mille tipicità.

Vi è infatti, e vi è sempre stato, ben di più.
Quel Nulla, che traspare dietro la vita e la morte.
E quel Nulla è Dio.

A parte che questo nulla è il tutto, vale sempre ricordarlo ai non addetti al linguaggio blumaxiano.

Si e aggiungo che il corpo davanti a me, come nella lezione di tolstoj, non ci appare mai come lo STESSO CORPO che fino ad un attimo prima era abitato dal soffio divino.
Dove è andato quel soffio?
E' andato via come un vento che passa sul deserto che siamo, e che torneremo ad essere una volta morti.
Ma vivi, ed è quello che conta, è che siamo un deserto comunicante spazzato via dai venti e dalle tempeste del DIO, o meglio degli DEI.
Nietzche docet quello che l'ebraismo docet.
E ultimora ultimora quello che l'orfismo docet.
A presto verso nuovi poetici NULLA (plurale).

Perchè è ovvio e la filosofia sapienziale lo sa, che noi stessi siamo parte di quel soffio (non l'unico, ma uno degli infiniti soffi)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Koba II il 10 Gennaio 2024, 07:34:30 AMIl punto è specificare questa "sostanziale differenza tra ogni cosa del mondo".
Se effettivamente non si riuscisse a osservare alcuna "sostanziale" differenza, se tutto fosse veramente una cosa sola, e se le distinzioni fossero solo illusioni, allora non ci sarebbe vita, e quindi neanche morte.
Ma sembra un ragionamento paradossale che per guadagnare l'eternità divina perde la vita umana...
Perché non dovrebbe essere mai esistita la persona amata? Non ci sono solo i miei ricordi a testimoniarne l'esistenza, ma mille segni materiali del suo passaggio su questa terra. Dunque, perché dovrei convincermi che è tutta un'illusione, che la vita e la morte sono solo illusioni, che ogni cosa è Dio, che esiste solo Dio?
Non faccio alcuna esperienza di una cosa del genere, anzi. Quindi dovrei essere spinto a ribaltare le mie certezze solo a partire da un ragionamento convincente. Che per ora non vedo.
Qui credo che sia anche colpa del linguaggio blumaxiano.

Io ho interpretato l'esatto opposto. Ossia che l'amore persiste anche da morti.

Come dice Montale "avevamo inventato un fischio per riconoscerci da morti"

anche il soffio dell'amore è uno degli infiniti soffi

la materia non c'entra niente
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 10 Gennaio 2024, 07:47:39 AMNon vedo il sequitur. L'individuo non rimuove la morte ma la certifica e nel suo avere coscienza di ciò amplifica il valore della vita che ha avuto in sorte imparando, se ne ha la consistenza, ad amare e riempire di senso questo fato condiviso.

La morte blocca! cara Ipazia, bizzarro che ancora non l'hai capito.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

Citazione di: green demetr il 11 Gennaio 2024, 00:57:30 AMIl problema del genio maligno è quello che il mondo coincide con quanto percepiamo e percepiamo univocamente.
per questo cartesio aveva bisogno di dio.
per quanto riguarda il ritorno della materia vorrebbe dire che siamo in un universo chiuso.
concezione ottocentesca oggi ampiamente superata.
l'universo non è chiuso ma in costante espansione.
dunque nessun ritorno.

prima che qualcuno mi rimproveri il nietzche, si l'ho già detto, questa interpetazione nice la prese dal boscovich, pensatore croato.
E' una semplice cosmologia da cui nice prese spunto per pensare il tempo.
l'eterno ritorno non va da esser preso nel fisico, anche se nice questo errore macro lo fece. punto e a capo.
(lo fece pure einstein....)


L'universo non e' chiso, e' piatto su larga scala.

Il fatto che il risultato sperimentale osservato della "piattezza" sia "sorprendente", cioe' statisticamente improbabile di per se' rispetto a tutta una piu' ampia gamma di risultati attesi teoricamente possibili e assolutamente diversi dal risultato effettivo della piattezza, depone a favolre delle teorie dell'inflazione, che spiegano la ragione della piattezza al di la' della sua apparente improbabilita'.

L'espansione (che non e' la stessa cosa dell'inflazione) non e' (affatto) di per se' un'argomento contro una cosmologia ciclica, semmai una certa qualita'/durevolezza/velocita' dell'espansione, che ne implica la durata eterna, lo e'.

Ma esistono cosmologie cicliche anche in presenza di espanzione o inflazione eterna, cambia solo la qualita' e la natura dell'elemento ciclico, non piu' "seminale", o "ritmico" (mondi che si contraggono e si espandono), cioe', ma diffuso (mondi simili ad altri mondi, e quindi potenzialmente e localmente uguali) o palingenetico (strutture in cui estremo passato ed estremo futuro dell'universo sono contigui e si toccano, essendo con cio' il contrario esatto, di due estremi possibili e distanti di una dimensione o di un ritmo).

L'eterno ritorno deriva dalla premessa che ci siano possibilita' finite in un tempo infinito, non e' una teoria che necessita di chissa' quale pezza d'appoggio scientifica. 

E' pure matematicamente sbagliato, come concezione, Nietzsche non poteva saperlo, perche' anche rimescolando combinazioni finite di elementi discreti indistruttibili per un tempo infinito, non si ottiene mai la periodicita' della stessa identica sequenza, ma (solo) un caos di sequenze identiche tra loro arbitrariamente lunghe, proprio come nelle cifre dopo la virgola dei numeri irrazionali. L'effetto sulla vita pero' sarebbe identico, perche' noi abitiamo spazi arbitariamente vasti ma non infiniti, e tempi, arbitrariamenze lunghi non infiniti. Non necessitiamo percio' di nessuna mistica e inequivoca seguenza definita periodica, per essere riprodotti e reintegrati nel nostro corpo e nella nostra vita, solo di una serie di sequenze galleggianti nel caos abbastanza vaste da farci stare comodi, nei nostri, relativi, ritorni. 
Il punto e' sempre, e solo, e semplicemente, che la vita prodotta dalle sequenze entro certi limito ritornanti, non avrebbe memoria, di essere o non essere "nostra", la nostra vita o quella di un altro, perche' gia' da ora, non ha la qualita' intrinseca di essere o non essere "nostra". E' una vita e basta. E' quello che succede quando certe cause, producono certe conseguenze. 
La domanda "dove?" E "quando?" queste cause, le cause insomma della vita in generale e della nostra vita, producano queste consequenze, insomma l'effettualita' della nostra vita come vita vissuta, non ha proprio senso, perche' e' un "dove" e un "quando" di circostanze materiali favorevoli, non di punti su una mappa o date su un calendario. Quindi, quando ci si interroga sulla collocazione di una vita, compresa la nostra, di vita, bisogna solo chiedersi "a quali condizioni" non dove, e non quando. 
La "collocazione", non e' una vera collocazione, ma un generica potenzialita' della natura, trasversale alla natura stessa. E se le possibilita' sono finite e il tempo infinito, la vita e' infinitamente ritornante, pur non dipendendo (affatto) da un eterno ritorno strettamente eonico, cioe' matematicamente esatto nel suo essere periodico. Ci sono le isole di abitabilita' nel mare del caos, e la vita e' direttamente l'insieme delle isole, a distanza finita e variabile tra di loro, l'arcipelago/costellazione.

Per la gioia dell'individuo, e delle morali dell'unico e dell'effimero, che hanno sostituito il Dio nietzscheanamente morto. Tenendo saldo l'egoismo "animico", cioe' psicosomatico, degli eterni "fedeli" alla ricerca della loro "salvezza". Che non troveranno mai, perche' la concepiscono come una possibilita', (mi devo salvare) invece che come una dura e disantropica necessita' (mi devo salvare, dalla salvezza e nonostante la salvezza. Che e' certa, e che riguarda anche il dolore, l'assurdo e il male). Nessuno, si deve salvare, se non nel senso di abitare dignitosamente l'eternita' della sua propria vita.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

niko

Citazione di: Alberto Knox il 10 Gennaio 2024, 13:07:03 PMci chiedi di guardare la realtà dal punto di vista delle leggi . Come dicevo; dal punto di vista delle leggi del moto (delle molecole di un uovo ad es)  un film proiettato a ritroso costituirebbe una sequenza perfettamente accettabile di eventi reali (l'uovo si ricompone dopo la rottura)  Ma dal nostro punto di vista tale sequenza invertita è impossibile perchè la maggior parte dei processi fisici che si verficano nel mondo reale è irreversibile. Sono le leggi ad essere reversibili, non l'uovo in se come oggetto fisico.


Le cose, sono irreversibili, perche' per essere quello che sono, sono composte da troppe parti, che devono assemblarsi  in sequenza ordinata e necessaria.

La legge della natura, che pur domina le singole parti, non ricompone la cosa.

Un mondo con meno parti, del nostro, con meno possibili combinazioni, sarebbe piu' facilmente reversibile.

E uno con con piu' parti anche, sarebbe in assoluto piu' caotico del nostro ai fini di un'aquila che lo sorvolasse o di un dio che lo vedesse dall'alto, ma piu' facilmente revesibile ai fini del poco che, in quanto piccoli ometti viventi, ci riguarda, che e' sempre una super-parte concettuale di parti, circondata da intervalli arbitrariamente caotici.

L'irreversibilita', come anche prima ho detto, e' un intermedio di una scala.

C'e' chi ci crede, che esista insuperabilmente solo tale intermedio, e chi no.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Citazione di: niko il 11 Gennaio 2024, 15:35:49 PML'universo non e' chiso, e' piatto su larga scala.

Il fatto che il risultato sperimentale osservato della "piattezza" sia "sorprendente", cioe' statisticamente improbabile di per se' rispetto a tutta una piu' ampia gamma di risultati attesi teoricamente possibili e assolutamente diversi dal risultato effettivo della piattezza, depone a favolre delle teorie dell'inflazione, che spiegano la ragione della piattezza al di la' della sua apparente improbabilita'.

L'espansione (che non e' la stessa cosa dell'inflazione) non e' (affatto) di per se' un'argomento contro una cosmologia ciclica, semmai una certa qualita'/durevolezza/velocita' dell'espansione, che ne implica la durata eterna, lo e'.

Ma esistono cosmologie cicliche anche in presenza di espanzione o inflazione eterna, cambia solo la qualita' e la natura dell'elemento ciclico, non piu' "seminale", o "ritmico" (mondi che si contraggono e si espandono), cioe', ma diffuso (mondi simili ad altri mondi, e quindi potenzialmente e localmente uguali) o palingenetico (strutture in cui estremo passato ed estremo futuro dell'universo sono contigui e si toccano, essendo con cio' il contrario esatto, di due estremi possibili e distanti di una dimensione o di un ritmo).

L'eterno ritorno deriva dalla premessa che ci siano possibilita' finite in un tempo infinito, non e' una teoria che necessita di chissa' quale pezza d'appoggio scientifica.

E' pure matematicamente sbagliato, come concezione, Nietzsche non poteva saperlo, perche' anche rimescolando combinazioni finite di elementi discreti indistruttibili per un tempo infinito, non si ottiene mai la periodicita' della stessa identica sequenza, ma (solo) un caos di sequenze identiche tra loro arbitrariamente lunghe, proprio come nelle cifre dopo la virgola dei numeri irrazionali. L'effetto sulla vita pero' sarebbe identico, perche' noi abitiamo spazi arbitariamente vasti ma non infiniti, e tempi, arbitrariamenze lunghi non infiniti. Non necessitiamo percio' di nessuna mistica e inequivoca seguenza definita periodica, per essere riprodotti e reintegrati nel nostro corpo e nella nostra vita, solo di una serie di sequenze galleggianti nel caos abbastanza vaste da farci stare comodi, nei nostri, relativi, ritorni.
Il punto e' sempre, e solo, e semplicemente, che la vita prodotta dalle sequenze entro certi limito ritornanti, non avrebbe memoria, di essere o non essere "nostra", la nostra vita o quella di un altro, perche' gia' da ora, non ha la qualita' intrinseca di essere o non essere "nostra". E' una vita e basta. E' quello che succede quando certe cause, producono certe conseguenze.
La domanda "dove?" E "quando?" queste cause, le cause insomma della vita in generale e della nostra vita, producano queste consequenze, insomma l'effettualita' della nostra vita come vita vissuta, non ha proprio senso, perche' e' un "dove" e un "quando" di circostanze materiali favorevoli, non di punti su una mappa o date su un calendario. Quindi, quando ci si interroga sulla collocazione di una vita, compresa la nostra, di vita, bisogna solo chiedersi "a quali condizioni" non dove, e non quando.
La "collocazione", non e' una vera collocazione, ma un generica potenzialita' della natura, trasversale alla natura stessa. E se le possibilita' sono finite e il tempo infinito, la vita e' infinitamente ritornante, pur non dipendendo (affatto) da un eterno ritorno strettamente eonico, cioe' matematicamente esatto nel suo essere periodico. Ci sono le isole di abitabilita' nel mare del caos, e la vita e' direttamente l'insieme delle isole, a distanza finita e variabile tra di loro, l'arcipelago/costellazione.

Per la gioia dell'individuo, e delle morali dell'unico e dell'effimero, che hanno sostituito il Dio nietzscheanamente morto. Tenendo saldo l'egoismo "animico", cioe' psicosomatico, degli eterni "fedeli" alla ricerca della loro "salvezza". Che non troveranno mai, perche' la concepiscono come una possibilita', (mi devo salvare) invece che come una dura e disantropica necessita' (mi devo salvare, dalla salvezza e nonostante la salvezza. Che e' certa, e che riguarda anche il dolore, l'assurdo e il male). Nessuno, si deve salvare, se non nel senso di abitare dignitosamente l'eternita' della sua propria vita.



Nel tuo ragionamento che ho seguito con qualche difficoltà, dai per certo la conoscenza del tempo.
Inoltre fai il solito errore dei materialisti scientisti di pensare a un punto di vista assoluto, quando la stessa scienza ammette che non esiste alcun punto assoluto.
Mi accontento di smantellare filosoficamente l'assunto temporale, a cui rimando ad altre discussioni su Nietzche e su Heidegger che da 15 anni porto avanti a strappi e brusche frenate.
Rimando sopratutto alla mia discussione sulla fenomenologia dello spirito, a mio modo di vedere ancora oggi l'unica base vera di partenza per poter pensare alla salvezza dello spirito, ossia dell'anima, ossia dell'io, ossia del nostro punto di vista decentrato dal soggetto che SEMPRE SIAMO.

Il problema della scienza contemporanea è che essa ritiene di poter far a meno del pensiero individuale, e FORZATAMENTE, con la FORZA BRUTA non fa che annichilire il mondo, come abbiamo già visto con la PANDEMENZA, i virus di laboratorio secretati dalle forze americane, per non parlare dei progetti senza alcun controllo che la CINA fa sui proprio sottoprolet, 1miliardo di topi da laboratorio da torturare a piacimento.

E' questo il punto della scienza delle isole felici che non implodono e che per questo fatto (DELIRIO TUTTO TUO) SPIEGANO IL MALE NEL MONDO. (dando a cina e usa la possibilità delle torture infinite).

No grazie io torno a nice, alle sue palle fumanti, alla sua capacità di guardare l'abisso del tempo, e di sputarci contro, in una fiammata di pazia EPICA AMOROSA E DESTINALE

salvo poi venire sbranato dalle sue stesse paure...e che paure deve aver destato. :))
No niko, le soluzioni "semplici" del mathema e della scienza non mi convinceranno MAI. 8)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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