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Morale e libero arbitrio

Aperto da cvc, 21 Maggio 2020, 12:54:38 PM

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viator

Saluti. Responsabilità piuttosto che causa : altro vertiginoso problema.

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Forse che occorre aprire i dizionari per distinguere il significato inesorabilmente diverso dei due termini ? "Responsabile" è colui (QUINDI SOLO PERSONA) che è chiamato a RISPONDERE (RENDERE CONTO RAZIONALMENTE, GIUDIZIALMENTE, LOGICAMENTE).

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Siamo quindi in grado di discernere i significati di ambito umano da quelli di ambito fisico ?
Oppure siam qui a creare divertenti polveroni ? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

giopap

giopap:
Nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo da costrizioni estrinseche rispetto alla sua propria intrinseca volontà.

Apeiron:
Ciao giopap,
scusami se non rispondo nel dettaglio, ma penso che il punto importante sia questo. Probabilmente ti sorprenderà ma con questo concordo  :) tuttavia, il mio sospetto è che in realtà questo 'accordo' è parziale.

Prima però di discutere questo punto, lasciami dire fare un elenco di 'definizioni' (cosa che magari potrà interessare anche ad Iano  :) ):
1) Ho sempre letto che 'determinismo' significa che ad una certa causa o un insieme di concause corrisponde sempre, inevitabilmente ad un certo effetto (questo non significa che la parola sia sempre stata utilizzata con questo significato...). Gli effetti sono perciò completamente inevitabili.
Questo se non erro è ciò che tu chiami 'determinismo forte'.
2) Per 'probabilismo' intendo la posizione per cui gli 'effetti' di una certa causa o un insieme di concause sono in realtà più di uno ma ne viene 'selezionato' uno secondo 'leggi probabilistiche'. Questo se non erro rientra nel 'determinismo debole' nella tua classificazione.

(per evitare equivoci, non sto discutendo che è 'sbagliato' usare la parola 'determinismo' con un significato diverso da quello che tu definisci 'determinismo forte'. Solo che non ho mai incontrato distinzione tra 'determinismo debole' e 'determinismo forte' altrove...)

giopap:
Solo un piccola precisazione: per me questo (il divenire ordinato i senso probabilistico - statistico) può essere inteso ad libitum tanto come determinismo debole quanto come indeterminismo altrettanto debole (Non mi interessa mettere "bandierine deterministiche" il più avanzate possibile sul terreno ontologico, ma solo spiegarmi, farmi capire e intendere, capire gli altri).


Apeiron:
3) non vi è alcuna regolarità.

Ci sono poi posizioni intermedie tra la (1) e la (2) da una parte e la (3) dall'altra. Alcune magari rientrano nel 'determinismo debole', altre no (ad esempio quelle scettiche e magari alcune 'fenomenologiche').

giopap:
La mia tesi é invece che non vi é alcuna posizione intermedia (che sia un' ipotesi) effettivamente sensata, ma solo quella che ritengo l' illusione del "libero arbitrio" come stremo rifugio del desiderio di "sacralizzare" la nostra umanità in realtà completamente desacralizzata dalle scienze naturali in quadrate nell' ottica di una filosofia razionalistica conseguente naturalistica.

E inoltre che quella probabilistica non sia che una mera coesistenza complementare fra aspetti deterministici (le proporzioni fra i casi alternativi) e aspetti indeterministici (i singoli casi) del divenire, e niente di "qualitativamente diverso" (né deterministico né indeterministico bensì qualcosa d' altro; ma invece deterministico e/o indeterministico: "e" per la "coesistenza separata" dei due aspetti, "o" per la netta distinzione - complementarità fra di essi in assenza di un reale "tertium" che non sia mera somma o "giustapposizione": non sintesi).



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Apeiron:
La mia posizione è che sia la (1) che la (2) che la (3) non riescono a 'dare un fondamento', secondo me, in modo diciamo 'completo' (?) alla responsabilità morale.

La (1) perché il determinista (forte) anche se magari direbbe (permettimi di usare le tue parole) "nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo da costrizioni estrinseche rispetto alla sua propria intrinseca volontà.", sostiene però anche la la sua 'intrinseca volontà' era anch'essa il risultato inevitabile di una o più (con)cause e che inevitabilmente produce una determinata azione.
Come dicevo, però, questo ovviamente non implica che sia 'impossibile' formulare un'etica in una 'visione delle cose' di questo tipo. Spinoza, ad esempio, era un determinista 'forte'. Per esempio, lo stesso vale, 'in pratica', anche per Schopenhauer (dico 'in pratica' perché Schopenhauer era anche un idealista trascendentale...). In ambo i casi c'è una profonda riflessione etica. Lungi da me escluderlo.

giopap:

Perché una scelta di un agente intenzionale possa essere valutata eticamente (come più o meno buona o cattiva) necessariamente bisogna che la sua 'intrinseca volontà' sia anch'essa il risultato inevitabile di una o più (con) cause e che inevitabilmente produce una determinata azione; cause costituite dalle sue qualità morali.

Altrimenti sarebbe solo una scelta casuale, come quella di chi sfamasse il povero non perché moralmente buono, generoso, magnanimo, ma perché casualmente avesse perso il portafoglio pieno di denaro e questo fosse stato trovato dal bisognoso: un' azione eticamente del tutto irrilevante!


Perché non obietti a questo esempio illuminante, che a mio avviso taglia la testa al toro (dimostrandomi che invece non la taglia)?


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Apeiron:
La (2), il probabilismo 'ontologico', secondo me non riesce a dare una completa 'base' per la responsabilità morale perché l'effetto della 'intrinseca volontà' sarebbe probabilistico. Non funziona secondo me anche una combinazione della (1) e della (2) perché o si arriva a dire che l''intriseca volontà' è un risultato probabilistico e che l'azione causata dalla 'volontà intrinseca' è inevitabile (o l'inverso).
La (3) ovviamente è la peggiore in assoluto, in un certo senso. Perché tutti gli eventi in questione sarebbero senza alcuna regolarità.

Il 'libero arbitrio' si distingue da tutte queste tre posizioni. Inoltre, si può anche pensare che non si riduca ad una posizione alternativa, ma che ce ne siano più di una compatibili con il 'libero arbitrio'. Il problema è che sono difficili da formulare.

giopap:

Secondo me non si tratta di difficoltà ma di vera e propria impossibilità logica tout court.
Non é altro che un' illusione, un malinteso.

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Apeiron:
Per esempio, posso pensare che la 'volontà intrinseca' sia essa stessa un effetto inevitabile di processi 'fortemente' deterministici, ma che essa abbia una certa autonomia a 'selezionare' un'azione anziché un'altra. Oppure che essa sia un effetto di processi 'ontologicamente' probabilistici ma che, nuovamente, abbia una certa 'autonomia' nella scelta/selezione dell'azione. Chiaramente, se accettiamo questa 'autonomia' nella scelta dell'azione, ne seguirebbe, secondo me, che una descrizione completa dei movimenti del nostro corpo non possa essere descritta né in modo 'fortemente' deterministico né in modo probabilistico (da qui la 'libera azione', nel senso che l'azione viene selezionata con un certo grado di autonomia da quel 'qualcosa' che la causa, che nel tuo 'gergo' è 'volontà intrinseca', se non ti fraintendo).Una questione interessante che rimane è: si può conciliare questa autonomia con altre posizioni, ammesso che esse ci siano? Forse sì, per esempio un qualche tipo di 'determinismo debole' può aiutare (es: non si negano le regolarità dei processi fisici, ma questi non 'seguono' sempre 'leggi fortemente deterministice' o 'leggi probabilistiche').

giopap:
Un "effetto inevitabile di processi 'fortemente' deterministici, ma che [...] abbia una certa autonomia a 'selezionare' un'azione anziché un'altra" e "un effetto di processi 'ontologicamente' probabilistici ma che, nuovamente, abbia una certa 'autonomia' nella scelta/selezione dell'azione" sono mere contraddizioni, sequenze di caratteri tipografiche senza senso.

Inoltre nessun divenire ordinato, neppure il determinismo debole-indeterminismo debole probabilistico può per definizione, non autocontraddittoriamente, essere compatibile con alcuna forma di "autonomia" di agenti intenzionali che ne violino le leggi ("deterministiche forti a là Laplace" oppure "deterministiche ovverosia indeterministiche deboli ossia probabilistiche" che siano).

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bobmax:
Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa. È la causa la responsabile dell'evento.

Apeiron:
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

giopap:
In che senso?

A me apre perfettamente appropriato nel suo significato letterale.

Apeiron:
Dal dizionario online 'Treccani':
Citazioneresponsàbile (ant. risponsàbile) agg. e s. m. e f. [der. del lat. responsum, supino di respondēre «rispondere» (propr. «che può essere chiamato a rispondere di certi atti»), sull'esempio del fr. responsable]. – 1. agg. e s. m. e f. a. Che risponde delle proprie azioni e dei proprî comportamenti, rendendone ragione e subendone le conseguenze......b. Che risponde personalmente dell'esecuzione dei compiti e delle mansioni affidatigli, dell'andamento del settore di attività cui è preposto......2. agg. Che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso......

Quindi sembra che l'aggettivo responsabile nella frase riportata di bobmax era 'metaforico'. So benissimo che lo si usa moltissimo. Si dice, per esempio, che "il bacillo di Koch è il batterio responsabile della tubercolosi", nel senso che è la causa della malattia. Tuttavia, (1) da quanto si legge dalla citazione di cui sopra sembra essere una generalizzazione metaforica del significato '1a' e (2) il contesto era la discussione dell'etica/morale. Se ho frainteso, chiedo venia  :)

giopap:
Secondo me le definizioni confermano che chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).
E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Infatti chi per esempio non rispetta la precedenza di un' altro utente della strada causandone la morte, nè é responsabile (anche legalmente).

giopap

Citazione di: viator il 30 Maggio 2020, 13:02:10 PM
Saluti. Responsabilità piuttosto che causa : altro vertiginoso problema.

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Forse che occorre aprire i dizionari per distinguere il significato inesorabilmente diverso dei due termini ? "Responsabile" è colui (QUINDI SOLO PERSONA) che è chiamato a RISPONDERE (RENDERE CONTO RAZIONALMENTE, GIUDIZIALMENTE, LOGICAMENTE).

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Siamo quindi in grado di discernere i significati di ambito umano da quelli di ambito fisico ?
Oppure siam qui a creare divertenti polveroni ? Saluti.


Infatti una causa (o più cause) determina sempre (in generale) un evento (o più eventi) che nè é (sono) effetto -i per definizione.
E se la causa é (in particolare) il comportamento di un agente intenzionale, allora costui ne porta (in particolare) la responsabilità (etica, politica, penale, civile, ecc. a seconda dei casi).


Come vedi, sono perfettamente in grado di discernere i significati dei concetti utilizzati in ambito umano da quelli usati in ambito fisico, senza dunque creare alcun polverone più o meno divertente (che potrebbe casomai essere sollevato da pignolissime interpretazioni capziose di quanto da me sostenuto).


Saluti doverosamente ricambiati.

Apeiron

Citazione di: viator il 30 Maggio 2020, 13:02:10 PM
Saluti. Responsabilità piuttosto che causa : altro vertiginoso problema.

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Forse che occorre aprire i dizionari per distinguere il significato inesorabilmente diverso dei due termini ? "Responsabile" è colui (QUINDI SOLO PERSONA) che è chiamato a RISPONDERE (RENDERE CONTO RAZIONALMENTE, GIUDIZIALMENTE, LOGICAMENTE).

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Siamo quindi in grado di discernere i significati di ambito umano da quelli di ambito fisico ?
Oppure siam qui a creare divertenti polveroni ? Saluti.
@viator, non intendevo creare alcun polverone. Mi spiace aver dato quell'idea...
Saluti!


"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM

giopap:
La mia tesi é invece che non vi é alcuna posizione intermedia (che sia un' ipotesi) effettivamente sensata...
@giopap,Secondo me, il problema è proprio che non riesco a trovare una definizione sufficientemente rigorosa. Non è qualcosa di banale, anzi. Infatti, riconosco che ciò può essere in effetti un'obiezione alla posizione del 'libero arbitrio', nel senso che può essere come dici tu che ciò sia dovuto al fatto che non ci sia una posizione 'alternativa' realmente sensate a quella 'negazionista'.
Personalmente, invece, non credo che tale obiezione sia 'definitiva'. 
Siccome, però, non credo di riuscire a trovare un modo migliore per formulare il concetto di 'autonomia' né a trovare argomentazioni migliori di quelle che ho trovato, credo che si debba constatare il dissenso  :)

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM

giopap:

Perché una scelta di un agente intenzionale possa essere valutata eticamente (come più o meno buona o cattiva) necessariamente bisogna che la sua 'intrinseca volontà' sia anch'essa il risultato inevitabile di una o più (con) cause e che inevitabilmente produce una determinata azione; cause costituite dalle sue qualità morali.
Qui ci sono due nessi causali, non uno.
(A) concause di varia natura -> 'intrinseca volontà'(B) 'intrinseca volontà' (+ eventuali altre concause) -> 'azione'
Se l''intrinseca volontà' è un effetto inevitabile dell''intrinseca volontà' in (A), secondo me non implica che in (B) l''azione' sia un effetto inevitabile.
Allo stesso modo se l''intrinseca volontà' sia un effetto dovuto ad un processo probabilistico in (A), secondo me non implica che in (B) l''azione' sia un effetto probabilistico. 

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PMAltrimenti sarebbe solo una scelta casuale, come quella di chi sfamasse il povero non perché moralmente buono, generoso, magnanimo, ma perché casualmente avesse perso il portafoglio pieno di denaro e questo fosse stato trovato dal bisognoso: un' azione eticamente del tutto irrilevante!

Perché non obietti a questo esempio illuminante, che a mio avviso taglia la testa al toro (dimostrandomi che invece non la taglia)?



Perché, sinceramente, non vedo il collegamento con la questione del 'libero arbitrio' (ovviamente concordo che nel primo caso si ha un'azione virtuosa, nel secondo caso invece è casuale).   


Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM
bobmax:
Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa. È la causa la responsabile dell'evento.

Apeiron:
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

giopap:
In che senso?

A me apre perfettamente appropriato nel suo significato letterale.

Apeiron:
Dal dizionario online 'Treccani':
Citazioneresponsàbile (ant. risponsàbile) agg. e s. m. e f. [der. del lat. responsum, supino di respondēre «rispondere» (propr. «che può essere chiamato a rispondere di certi atti»), sull'esempio del fr. responsable]. – 1. agg. e s. m. e f. a. Che risponde delle proprie azioni e dei proprî comportamenti, rendendone ragione e subendone le conseguenze......b. Che risponde personalmente dell'esecuzione dei compiti e delle mansioni affidatigli, dell'andamento del settore di attività cui è preposto......2. agg. Che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso......

Quindi sembra che l'aggettivo responsabile nella frase riportata di bobmax era 'metaforico'. So benissimo che lo si usa moltissimo. Si dice, per esempio, che "il bacillo di Koch è il batterio responsabile della tubercolosi", nel senso che è la causa della malattia. Tuttavia, (1) da quanto si legge dalla citazione di cui sopra sembra essere una generalizzazione metaforica del significato '1a' e (2) il contesto era la discussione dell'etica/morale. Se ho frainteso, chiedo venia  :)

giopap:
Secondo me le definizioni confermano che chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).
E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Infatti chi per esempio non rispetta la precedenza di un' altro utente della strada causandone la morte, nè é responsabile (anche legalmente).

Quindi in realtà anche tu concordi che la 'responsabilità' non si riduce alla sola causalità (che era quello che intendevo io...)  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

bobmax

Citazione di: Apeiron il 27 Maggio 2020, 22:54:35 PM
Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AMOra, se accettiamo che il libero arbitrio non esista, in che situazione ci troviamo?

Che vi è l'etica, cioè vi è il male.
Male, significa essenzialmente che non dovrebbe esserci!
E vi è la responsabilità di questo male. Senza però nessuno a cui attribuirne la colpa...
Non capisco. Per quanto si è detto sopra, mi sembrava che il libero arbitrio non implicava la presena o meno del 'male' (e del 'bene')...
Ma se il 'male' rimane e il male è qualcosa che 'non dovrebbe esserci', il problema rimane. Non c'è una vera 'liberazione'.
Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AM
...
Possiamo allora essere colti dalla compassione.
...
Personalmente, ritengo che la compassione derivi dal vedere l'analogia/somiglianza tra sé stessi e gli altri e che tale somiglianza riguarda qualcosa di 'fondamentale' e quindi vedersi 'nei panni', 'rispecchiati' negli altri. 
Intendi dire che la compassione nasce quando non si 'condanna' più?

Ciao Apeiron

Sì, quando non si condanna più.

Ma non si condanna più per quale motivo?

Secondo me, perché nella ricerca della Verità, si viene prima a sospettare e poi a concludere che nessuno è mai davvero colpevole!
Almeno nessun altro, se non me stesso...

La cosa è in effetti strana.

Perché riguardo agli altri, se sono sincero con me stesso, scorgo inevitabilmente qui e là dei motivi che giustificano il loro operare erroneo. Motivi che prescindono da loro stessi.

Viceversa, ciò fa invece fatica ad avvenire se la mia indagine si rivolge su me stesso.
Vi è una qual resistenza, a trovare giustificazioni, se il male proviene da me stesso.

Mentre gli altri, in fin dei conti, non sono davvero responsabili, io lo sono.

E' come se il male fosse una mia esclusività.
Ma questa non è neppure solo un'impressione, è una certezza.
Perché io sì che avrei potuto scegliere diversamente, ma non lo feci.

Di modo che il libero arbitrio risulta in effetti inesistente negli altri.
Ma per quel che invece mi riguarda, e esclusivamente riguardo alla mia colpa... vi è un'eccezione!

Di più... perché il male, che non è solo in me ma pure nel mondo, con il dolore e la disperazione che porta con sé, mi chiamano in causa direttamente!

Può allora succedere che davanti a tanta desolazione venga da piangere.
Mentre mi invade la compassione per il dolore del mondo. Dove ogni essere è amato totalmente nella sua nullità preziosa.

Allora, forse, questa stessa compassione può infine rivolgersi pure verso me stesso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve amico Apeiron :"@viator, non intendevo creare alcun polverone. Mi spiace aver dato quell'idea..."

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Ma cosa dici ! Non era certamente mia intenzione rimproverare qualcuno ! (a parte l'impertinenza che avrei in tal modo commesso). MEN CHE MENO TE ! I "divertenti" (soggettivo) "polveroni" (pittoresco ma credo oggettivo) sono a mio parere la linfa dell'ambiente in cui scriviamo ! Se non si facessero lungaggini, prolissità, confusioni volontarie od involontarie, contestazioni su ciò che è essenziale od addirittura (spesso, secondo me) infantilmente chiaribile.....................Logos chiuderebbe in una settimana, mentre il 93% dei Forum del pianeta chiuderebbero in mezz'ora. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

giopap

#82
Citazione di: Apeiron il 31 Maggio 2020, 15:45:30 PM
Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM

giopap:
La mia tesi é invece che non vi é alcuna posizione intermedia (che sia un' ipotesi) effettivamente sensata...
@giopap,Secondo me, il problema è proprio che non riesco a trovare una definizione sufficientemente rigorosa. Non è qualcosa di banale, anzi. Infatti, riconosco che ciò può essere in effetti un'obiezione alla posizione del 'libero arbitrio', nel senso che può essere come dici tu che ciò sia dovuto al fatto che non ci sia una posizione 'alternativa' realmente sensate a quella 'negazionista'.
Personalmente, invece, non credo che tale obiezione sia 'definitiva'. 
Siccome, però, non credo di riuscire a trovare un modo migliore per formulare il concetto di 'autonomia' né a trovare argomentazioni migliori di quelle che ho trovato, credo che si debba constatare il dissenso  :) 

Mi permetterei però anche di ribadire che in questo modo ci si aggrappa disperatamente (non
riuscendo a trovare un modo sensato per formulare il concetto di 'autonomia' in alternativa a 'determinismo' e 'indeterminismo') ad un estremo tentativo si salvare qualcosa di "sacro" che "elevi" l' umanità "sopra" il resto della natura (ma evitarlo razionalisticamente non significa certo disprezzare l' umanità, ma casomai apprezzarla debitamente e sobriamente, come tanti hanno fatto a cominciare da Epicuro e anche da prima).



Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM

giopap:

Perché una scelta di un agente intenzionale possa essere valutata eticamente (come più o meno buona o cattiva) necessariamente bisogna che la sua 'intrinseca volontà' sia anch'essa il risultato inevitabile di una o più (con) cause e che inevitabilmente produce una determinata azione; cause costituite dalle sue qualità morali.

Apeiron:
Qui ci sono due nessi causali, non uno.
(A) concause di varia natura -> 'intrinseca volontà'(B) 'intrinseca volontà' (+ eventuali altre concause) -> 'azione'
Se l''intrinseca volontà' è un effetto inevitabile dell''intrinseca volontà' in (A), secondo me non implica che in (B) l''azione' sia un effetto inevitabile.
Allo stesso modo se l''intrinseca volontà' sia un effetto dovuto ad un processo probabilistico in (A), secondo me non implica che in (B) l''azione' sia un effetto probabilistico. 


L' agire del soggetto intenzionale ovviamente interferisce col resto del mondo e con il suo determinismo causale; ma questo é, oltre ovvio, del tutto irrilevante.
La questione dirimente é se l' agire del soggetto intenzionale che col resto del mondo deterministicamente interferisce sia liberoarbitrario (=casuale, aleatorio) oppure deterministico: nel primo caso non ha alcuna valenza etica (come la "pseudo-buona azione" dello sfamare il povero semplicemente per l' accidente fortuito del perdere involontariamente il portafogli), nel secondo é conseguenza ontologica (effetto di causa) e gnoseologica (explanandum di spiegazione) delle sue qualità morali (come il consapevolmente decidere di donare del denaro a un indigente che ne ha bisogno).




Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM[/size]giopap:La mia tesi é invece che non vi é alcuna posizione intermedia (che sia un' ipotesi) effettivamente sensata...

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PMAltrimenti sarebbe solo una scelta casuale, come quella di chi sfamasse il povero non perché moralmente buono, generoso, magnanimo, ma perché casualmente avesse perso il portafoglio pieno di denaro e questo fosse stato trovato dal bisognoso: un' azione eticamente del tutto irrilevante!

Perché non obietti a questo esempio illuminante, che a mio avviso taglia la testa al toro (dimostrandomi che invece non la taglia)?




Perché, sinceramente, non vedo il collegamento con la questione del 'libero arbitrio' (ovviamente concordo che nel primo caso si ha un'azione virtuosa, nel secondo caso invece è casuale).   


Ma come fai a non vedere il nesso?


L' unica differenza fra il primo caso e il secondo (che fa del primo un caso di azione virtuosa e del secondo un' azione fortuita, eticamente del tutto irrilevante) é quella fra il determinismo intrinseco del primo caso (la virtù dell' agente come causa deterministica del suo comportamento) e l' indeterminismo intrinseco del secondo (l' assenza di una causa deterministica costituita dalle generosità personale propria dell' agente che lo "costringa" a fare quello che fa, che causi la sua azione, la quale proprio per questo e non per altro sarebbe viceversa stata virtuosa; del tutto esattamente, precisamente, "al 100%" come nel caso del libero arbitrio).

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM
bobmax:

Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa. È la causa la responsabile dell'evento.

Apeiron:
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

giopap:
In che senso?

A me apre perfettamente appropriato nel suo significato letterale.

Apeiron:
Dal dizionario online 'Treccani':
Citazioneresponsàbile (ant. risponsàbile) agg. e s. m. e f. [der. del lat. responsum, supino di respondēre «rispondere» (propr. «che può essere chiamato a rispondere di certi atti»), sull'esempio del fr. responsable]. – 1. agg. e s. m. e f. a. Che risponde delle proprie azioni e dei proprî comportamenti, rendendone ragione e subendone le conseguenze......b. Che risponde personalmente dell'esecuzione dei compiti e delle mansioni affidatigli, dell'andamento del settore di attività cui è preposto......2. agg. Che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso......


Quindi sembra che l'aggettivo responsabile nella frase riportata di bobmax era 'metaforico'. So benissimo che lo si usa moltissimo. Si dice, per esempio, che "il bacillo di Koch è il batterio responsabile della tubercolosi", nel senso che è la causa della malattia. Tuttavia, (1) da quanto si legge dalla citazione di cui sopra sembra essere una generalizzazione metaforica del significato '1a' e (2) il contesto era la discussione dell'etica/morale. Se ho frainteso, chiedo venia  :)

giopap:

Secondo me le definizioni confermano che chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).
E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Infatti chi per esempio non rispetta la precedenza di un' altro utente della strada causandone la morte, nè é responsabile (anche legalmente).


Apeiron:
Quindi in realtà anche tu concordi che la 'responsabilità' non si riduce alla sola causalità (che era quello che intendevo io...)  :)


Ma da dove salterebbe mai fuori questo presunto fatto (che destituisco ipso facto di ogni fondamento!) che io concorderei che la responsabilità non si ridurrebbe alla sola causalità (deterministica intrinseca all' agente considerato e non coartata da estrinseche cause "di forza maggiore") ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ?


In realtà ho affermato a chiarissime lettere l' esatto contrario; ossia che:

chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Ma stimo parlando forse due diverse lingue?

Apeiron

#83
Ciao Viator,grazie mille del chiarimento!  :) perdona l'equivoco!

Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 15:46:18 PM
Citazione di: Apeiron il 27 Maggio 2020, 22:54:35 PM
Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AMOra, se accettiamo che il libero arbitrio non esista, in che situazione ci troviamo?

Che vi è l'etica, cioè vi è il male.
Male, significa essenzialmente che non dovrebbe esserci!
E vi è la responsabilità di questo male. Senza però nessuno a cui attribuirne la colpa...
Non capisco. Per quanto si è detto sopra, mi sembrava che il libero arbitrio non implicava la presena o meno del 'male' (e del 'bene')...
Ma se il 'male' rimane e il male è qualcosa che 'non dovrebbe esserci', il problema rimane. Non c'è una vera 'liberazione'.
Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AM
...
Possiamo allora essere colti dalla compassione.
...
Personalmente, ritengo che la compassione derivi dal vedere l'analogia/somiglianza tra sé stessi e gli altri e che tale somiglianza riguarda qualcosa di 'fondamentale' e quindi vedersi 'nei panni', 'rispecchiati' negli altri. 
Intendi dire che la compassione nasce quando non si 'condanna' più?

Ciao Apeiron

Sì, quando non si condanna più.

Ma non si condanna più per quale motivo?

Secondo me, perché nella ricerca della Verità, si viene prima a sospettare e poi a concludere che nessuno è mai davvero colpevole!
Almeno nessun altro, se non me stesso...

La cosa è in effetti strana.

Perché riguardo agli altri, se sono sincero con me stesso, scorgo inevitabilmente qui e là dei motivi che giustificano il loro operare erroneo. Motivi che prescindono da loro stessi.
(sottolineatura mia)


Ciao @bobmax,il paragrafo sottolineato mi ricorda un po' una citazione attribuita a Marco Aurelio "sii tollerante con gli altri e severo con sé stesso". E questo secondo me è una conseguenza di tendere al bene, alla virtù e nello stesso tempo nel vedersi 'rispecchiati' negli altri. La tensione al bene, alla virtù invita a sforzasi di evitare di agire in modo erroneo, a cercare di evitare gli errori, anche quelli 'minimi' ecc. D'altra pate, per esempio quando il vedere che questa 'lotta' è difficile, è faticosa ecc, sembra portare all'essere più comprensivi e più inclini a perdonare...la tendenza a perdonare. Ma il perdono secondo me richiede la consapevolezza dell'errore. Non credo che si potrebbe parlare di 'perdono' per una determinata azione se si pensa che prescindeva da chi l'ha compiuta... :)

Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 15:46:18 PM
Viceversa, ciò fa invece fatica ad avvenire se la mia indagine si rivolge su me stesso.
Vi è una qual resistenza, a trovare giustificazioni, se il male proviene da me stesso.
....

Penso di capire a cosa ti riferisci, anche se forse dissentiamo sulla spiegazione.



Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 15:46:18 PM
Di più... perché il male, che non è solo in me ma pure nel mondo, con il dolore e la disperazione che porta con sé, mi chiamano in causa direttamente!

Può allora succedere che davanti a tanta desolazione venga da piangere.
Mentre mi invade la compassione per il dolore del mondo. Dove ogni essere è amato totalmente nella sua nullità preziosa.

Allora, forse, questa stessa compassione può infine rivolgersi pure verso me stesso.

Con questo in linea di massima concordo (il 'rispecchiarsi' ecc)  :)





@giopap,ti rispondo solo all'ultima parte dove ahimé c'è stato un equivoco.

Nel messaggio scrivevi:
CitazioneSecondo me le definizioni confermano che chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).
E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Infatti chi per esempio non rispetta la precedenza di un' altro utente della strada causandone la morte, nè é responsabile (anche legalmente).

mi sembra che i due concetti in un caso molto specifico... :) lo dici anche in quest'ultimo:
Citazione
chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.
"...se è un agente intenzionale non coartato..."

Intendevo semplicemente questo quando ho scritto: "Quindi in realtà anche tu concordi che la 'responsabilità' non si riduce alla sola causalità (che era quello che intendevo io...)".

comunque chiedo venia se ti fraintendo.

"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

giopap

Veramente continuo a non capire.


Io ho sempre sostenuto che l' agente la cui volontà non coartata da cause di forza maggiore causa (deterministicamente) un evento é responsabile dell' evento stesso (in particolare moralmente, e proprio per questo determinismo intrinseco al suo agire, e per nient altro); mentre tu, al contrario, che affinché chi agisce sia responsabile delle sue azioni deve farlo liberoarbitrariamente, cioé indeterministicamente, casualmente, fortuitamente.

Ipazia

Restare sulla linea di contrapposizioni dicotomiche non porta da nessuna parte perchè la relazione tra morale e libero arbitrio libera volontà è assai più complessa di una monodimensionalità sillogistica.

Volendo si può iniziare ad affrontarla dalla coercizione, implicita o esplicita, del discorso di giopap: l'asse x, frontale, e più appariscente di tutta la questione. Siamo indubbiamente condizionati dalle coercizioni implicite nella nostra materia vivente e specie umana: non possiamo volare, respirare sott'acqua,...

Le coercizione esplicita è già più complessa ed implica l'attivazione di una seconda dimensione, l'asse y della consapevolezza, che un animale autocosciente sociale acquisisce fin dai primi anni di vita attraverso le cure parentali che insegnano al piccolo l'uso del grado di libertà concessogli dall'evoluzione naturale della sua specie. Nella specie umana la consapevolezza contiene anche una serie di aspetti et(olog)ici che ci avvicinano alla materia della discussione.

La consapevolezza ha un carattere passivo, di apprendimento dei limiti, per gestire e oltrepassare i quali è necessaria la terza dimensione, l'asse z dell'universo antropologico, la volontà. Volontà consapevole, ovvero ben formata, è il transito obbligato verso un "libero arbitrio" non arbitrario, ma motivato nelle sue decisioni, contestualizzate all'universo antropologico nel suo livello evolutivo, complesso come una matrice a tre dimensione, fin qui analizzato.

Ma non ci si ferma qui. Il fattore tempo- il divenire - inteso come storia evolutiva umana, rappresenta la quarta dimensione del nostro universo esistenziale spingendo la volontà consapevole delle coercizioni e della loro natura a progettarne l'armonizzazione e superamento. Si tratta di una progettualità già maturamente etica in cui si prefigurano - nella rappresentazione - i modelli gnoseoloci ed esistenziali, evidenziando il carattere trascendentale, teleologico ed escatologico del prodotto evolutivo umano.

Su questi quattro assi dello spaziotempo antropologico bisogna muoversi per fare un discorso etico compiuto e poter giudicare con cognizione di causa proposizioni e proposte. In tale approccio gnoseologico/epistemologico non c'è nulla di semplice e scontato; la complessità è di casa generando, lungo le infinite direttrici possibili, la babele etica e metafisica cui solitamente conduce questa speculazione autoriflessiva.

Che la materia sia complessa lo sapevano anche i più precoci tra gli umani che affidarono alla somma sapienza oracolare la chiave di lettura: γνῶθι σαυτόν.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Ma secondo me nella ricerca della verità si deve essere disposti ad esplorare l' orizzonte a 360°, non ci si deve autoimporre limiti pregiudiziali, come quello per il quale "Restare sulla linea di contrapposizioni dicotomiche non porta da nessuna parte perchè la relazione tra morale e libero arbitrio libera volontà è assai più complessa di una monodimensionalità sillogistica".

Questo va casomai dimostrato, non assunto pregiudizialmente (non la cmplessità della questione, ma la pretesa conseguenza inevitabilmente "antidicotomica").

...E in proposito sono sempre in paziente attesa che qualcuno mi illustri la differenza fra i presunto tertium liberoarbitrario liberovolontaristico e il secundum indetrministico-casualistico-caotico (il primum essendo deterministico; o viceversa se si preferisce).
Tertium che non può di certo identificarsi con il carattere estremamente complesso del determinismo: un determinismo non sarà mai tanto complesso da diventare ...indeterministico (ma casomai da non apparire tale "a prima vista" e invece da richiedere un' analisi laboriosa, magari del tutto impossibile di fatto, stante l' insuperabile imperfezione umana, per poter essere adeguatamente "squadernato", riconosciuto nei minimi dettagli).

Che esistano molteplici condizionamenti materiali (fisici e biologici) é per me ovvio ma non é l' aspetto centrale della questione.
Che invece é (anche, ma non solo, a voler considerare la cosa in astratto, a prescindere da tali ovvi condizionamenti) la inevitabile insignificanza etica di un agire (libero da condizionamenti estrinseci, ovviamente) indeterministico, e dunque anche liberoarbitrario ovvero liberovolontaristico.



Un "libero arbitrio" non arbitrario, ma motivato nelle sue decisioni, contestualizzate all'universo antropologico nel suo livello evolutivo, complesso come una matrice a tre dimensione, fin qui analizzato, se non é del tutto arbitrario ovvero indeterministico, allora inevitabilmente é (anche tenuto ovviamente conto del complesso contesto antropologico, evolutivo, ecc.) deterministicamente condizionato intrinsecamente nelle sue decisioni da qualcosa; qualcosa é costituito dalle qualità morali del suo titolare; e se non lo é, allora: o é integralmente condizionato dal contesto, oppure é incondizionato, ossia casuale.

Ipazia

La dimostrazione del tertium datur tra la dicotomia manichea determinismo-indeterminismo é empirica e banale come il superamento della tartaruga da parte di Achille, contro la sofistica avversa: la libera volontà umana viene esperita in ogni atto di volizione, nei limiti che trascendono il determinismo evolutivo.

Il problema etico non è l'esistenza della libera volontà bensì la sua modalità di estrinsecazione, la consistenza dei suoi fondamenti motivazionali (contrariamente al determinismo naturalistico la causalità antropologica é orientata verso il fine, non potendo incidere sull'origine deterministicamente data, detta causa efficiente) e infine l'efficacia razionalistica, persuasività filosofica nell'accezione parmenidea, dei costrutti etici realizzati.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#88
Sono estremamente in accordo con te, Ipazia. La "libera volontà" insiste e sussiste anche quando non puó incidere sugli eventi, o meglio, sull'esito (non so se possiamo intendere a "causa di forza maggiore" come descrive e intende giopap).  Celebre è l'evento della caduta del ponte di Scoto: il soggetto è in caduta libera e l'esito è lo stamparsi al suolo per la causalità deterministica delle leggi che regolano l'universo, eppure egli sperimenta la volizione di non schiantarsi al suolo. Ora ció pone due questioni ( almeno ):
- la volontà del soggetto nella sua causalità di intervenire sul destino degli eventi è parziale, sebbene goda di un certo grado di autonomia, perció in questa accezione puó dirsi " libera" da cause estrinseche?
- A parte soggetto, quali sono le cause intrinseche che condizionano e limitano la volontà? Motivazioni, credenze, desideri, istinti, bisogni?
Tutto ció senza sondare il punto che stiamo, a premessa, accettando l'idea che la volontà di un soggetto, per quanto parziale possa incidere causalmente sugli eventi. Ció non è del tutto pacifica come assunzione, e Apeiron, per quello che ho inteso, in una certa misura lo fa notare.
Una volontà che si sottrae alla causalità, intrinseca o estrinseca che sia, esiste?
Tutto soggiace al principio di causalità, anche la morale? O c'è un margine non causale?

"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

giopap

Carissime, a parte il fatto che io in questa dscussione ponevo non il problema dell' esistenza o meno del libero arbitrio ma invece quello un tantino diverso della sua compatibilità o meno con l' etica, affermare che "La dimostrazione del tertium datur tra la dicotomia [secca (e non "manichea"), N.d.R] determinismo-indeterminismo é empirica e banale come il superamento della tartaruga da parte di Achille, contro la sofistica avversa: la libera volontà umana viene esperita in ogni atto di volizione, nei limiti che trascendono il determinismo evolutivo" significa attribuire una pretesa certezza dimostrativa ad una interpretazione dell' evidenza empirica che istintivamente si tende a dare ma che é assolutamente degna di dubbio (ovvero necessitante di dimostrazione).

E se ne può empiricamente dimostrare molto facilmente la falsità.

Infatti ciò che immediatamente si esperisce in realtà é (quando la si esperisce) la libertà della propria volontà di realizzarsi in assenza di estrinseche cause di forza maggiore: si esperisce: "voglio fare X (e basta)", e "nessuno mi impedisce di fare X".E non affatto "voglio indeterministicamente (né deterministicamente) fare X", e "nessuno mi impedisce di fare X".
Si può magari anche esperire: "mi piacerebbe anche avere Y (e basta), ma questo é incompatibile col fare X; e poiché preferisco (e basta) non avere Y e fare X che viceversa, farò X (e basta)".
Ma certamente non affatto: "mi piacerebbe anche indeterministicamente (né deterministicamente) avere Y, ma questo é incompatibile col fare X; e poiché preferisco indeterministicamente (né deterministicamente) non avere Y e fare X che viceversa, indeterministicamente (né deterministicamente) farò X".

E infatti anche nell' esempio di Duns Scoto quello che sta cadendo in realtà non sperimenta affatto la volontà indeterministica (né deterministica; ma invece la volontà "e basta") di non schiantarsi al suolo.


Diverso é il caso i paradossi di Zenone, che invece sono pretese confutazioni logiche (l' esatto che le pretese conferme empiriche) di una credenza istintiva (quella del divenire); facilmente smontabili come meri paralogismi.

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