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Morale e libero arbitrio

Aperto da cvc, 21 Maggio 2020, 12:54:38 PM

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bobmax

Giopap, non si può tirare in ballo Spinoza senza considerare su cosa si fonda la sua Etica.

Solo allora si potrebbe forse afferrare l'assurdità di pretendere una dimostrazione di ciò che permette ogni possibile dimostrazione.

Tra l'altro questa idiosincrasia per il termine Dio è alquanto limitante.

È stata una parola certamente abusata, ma essere ancora fermi ad attributi come onnipotenza ecc... che sono solo fuorvianti, significa non essere dissimili dai credenti meno illuminati.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

Citazione di: bobmax il 26 Maggio 2020, 10:34:31 AM
Giopap, non si può tirare in ballo Spinoza senza considerare su cosa si fonda la sua Etica.

Solo allora si potrebbe forse afferrare l'assurdità di pretendere una dimostrazione di ciò che permette ogni possibile dimostrazione.

Tra l'altro questa idiosincrasia per il termine Dio è alquanto limitante.

È stata una parola certamente abusata, ma essere ancora fermi ad attributi come onnipotenza ecc... che sono solo fuorvianti, significa non essere dissimili dai credenti meno illuminati.


No, scusa, guarda che in democrazia si può "tirare in ballo" chiunque da parte di chiunque in qualsiasi modo (non offensivo).
Non esiste nessuna autorità costituita che dia a chi le pare e alle condizioni che le pare il diritto di citare, criticare, approvare o disapprovare il pensiero e l' opera di qualunque autore.

Di Spinoza in particolare ho una grande ammirazione per la profondità veramente geniale del pensiero e per la vita dell' uomo e le vicende che ha onestamente, coraggiosamente e degnamente vissuto.
Anche se non ne condivido gran parte delle tesi filosofiche

Infatti la sua etica secondo me pretenderebbe impossibilmente di fondarsi deduttivamente a priori, "more geometrico", su una impossibile deduzione a priori, "more geometrico", della conoscenza ontologica della realtà: il prodotto di due impossibilità, ovvero un' impossibilità al quadrato!

Perché i giudizi analitici a priori possono solo dirci come un costrutto mentale debba essere pensato, sintatticamente articolato, a prescindere dalla realtà eccedente il pensiero stesso, per potere essere un discorso coerente, logicamente corretto e dunque sensato; mentre non possono dirci nulla di che cosa realmente accade o meno.

E infatti il "fondamento strutturale" di tutta la sua costruzione teorica é la cosiddetta "prova ontologica" dell' esistenza di Dio; la quale per me costituisce un paralogismo, indebitamente pretendendo di passare dal piano logico, delle "cose pensate", al piano della realtà quale accade anche indipendentemente dal' eventuale fatto che inoltre la si pensi o meno: passaggio indebito, logicamente scorretto, falso dal piano logico al piano ontologico.
Solo e unicamente nell' ambito del piano logico, nell' ambito delle cose reali unicamente in quanto oggetti di pensiero Dio necessariamente deve essere caratterizzato dalla caratteristica di essere reale; solo in quanto "cosa pensata", mero "oggetto o contenuto di pensiero" (e basta: nient' altro).
Ovvero: non si può correttamente, sensatamente pensare Dio se non in quanto esistente nell' ambito del pensiero e non della realtà eccedente il pensiero stesso, se non come realmente esistente in quanto concetto, oggetto di pensiero "e basta"); esattamente allo stesso modo nel quale un triangolo euclideo necessariamente deve essere caratterizzato dall' avere angoli interni la cui somma é uguale a un angolo piatto: necessità vigente soltanto nell' ambito delle cose reali unicamente in quanto pensate e non nell' ambito delle cose che sono realmente esistenti-accadenti indipendentemente dall' essere eventualmente anche pensate (oggetti di pensiero) o meno. E infatti a voler misurare gli angoli di qualsiasi reale oggetto triangolare piano, per "perfettamente disegnato che sia", mai si otterranno esattamente 180° 00' 00", ma sempre qualcosa di più o qualcosa di meno.

Su questo errore, su questa falsità pretende poi di dedurre il dover essere dall' essere, il bene (e il male) dal reale, cosa altrettanto logicamente scorretta, errata, falsa.

Un' impossibile ed errata dimostrazione "more geometrico" dell' etica su un' ontologia a sua volta (pretesa essere) impossibilmente ed erroneamente dimostrata "more geometrico" sulla logica.

Solo i grandi geni possono compiere errori geniali.

giopap

...Che anche ai poveri sprovveduti (per lo meno in proporzione ai grandi geni stessi) é concesso di poter criticare.

bobmax

Giopap, non si può tirare in ballo Spinoza, con la determinazione che è una negazione, senza considerare che questa stessa constatazione deriva da ciò che fonda la sua Etica.

E ciò che la fonda è Dio. Negazione della negazione!

Per criticare Spinoza non basta non essere d'accordo.
Occorre mostrare dove sbaglia.

Se però non si accetta il suo postulato iniziale, meglio sarebbe evitare di riferirsi al suo concetto di determinazione che ne deriva.

Se invece lo si accetta, dove cadrebbe in errore?
A mio avviso una critica potrebbe essergli fatta solo riguardo alle idee inadeguate...

Riguardo all'amore, è un dato di fatto che sia impossibile voler amare.

O si ama o non si ama, non dipende da noi.

Ed essendo "l'amor che move il sole e l'altre stelle" ne consegue che l'unica libertà è nello stesso amore.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Riguardo alla prova ontologica, se ci riferiamo ad Anselmo, questa "prova" non ha a che fare con la logica.
Perché non è una dimostrazione.

Può essere intesa come prova solo nel senso di sperimentare. Quindi provare sulla propria pelle.
Implica il nostro immergerci nella questione, il nostro farne parte integrante.

Perché non vi è qualcosa da dimostrare.

Il Tutto non è un qualcosa!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

bobmax:
Giopap, non si può tirare in ballo Spinoza, con la determinazione che è una negazione, senza considerare che questa stessa constatazione deriva da ciò che fonda la sua Etica.

E ciò che la fonda è Dio. Negazione della negazione!

giopap:

Ho letto, con grande soddisfazione, l' Etica e non ricordo di avervi trovato la geniale constatazione che "omnis determinatio est negatio", cioé ogni concetto che possiamo pensare (compreso quello di "Dio") non possiamo non pensarlo relativamente ad altri concetti e non affatto "come un assoluto".
E infatti WP mi dice che "Il concetto venne riportato per la prima volta in una lettera di Spinoza a Jarig Jelles del 2 giugno 1674 ("Quia ergo figura non aliud, quam determinatio, et determinatio negatio est" / "Poiché la figura non è altro che la determinazione, e la determinazione è una negazione") e si diffuse ampiamente attraverso le opere di Hegel".

Dunque l' etica d Spinoza non si fonda su questa geniale constatazione, ma invece, come ho affermato e criticato nella risposta #61, sulla cosiddetta "prova ontologica dell' esistenza di Dio".



bobmax:
Per criticare Spinoza non basta non essere d'accordo.
Occorre mostrare dove sbaglia.
Se invece lo si accetta, dove cadrebbe in errore?

giopap:
E infatti l' ho fatto nella risposta #61.



bobmax:
Se però non si accetta il suo postulato iniziale, meglio sarebbe evitare di riferirsi al suo concetto di determinazione che ne deriva.

giopap:
Come ho illustrato qui sopra, l' Etica spinoziana non é demonstrata ordine geometrico a partire dal principio semeiologico che "omnis determinatio est negatio", ma invece a partire dalla scorretta, falsa "prova onotlogica".
E poiché l' acutissimo e più che corretto principio semiologico non deriva dalla scorretta e falsa "prova ontologica", mi ci riferisco convintamente ed entusiaticamente.



bobmax:
Riguardo all'amore, è un dato di fatto che sia impossibile voler amare.

O si ama o non si ama, non dipende da noi.

Ed essendo "l'amor che move il sole e l'altre stelle" ne consegue che l'unica libertà è nello stesso amore.

giopap:
Voler amare é assurdo, ma non volere amare e conseguentemente non amare anziché amare é possibilssimo.
Se é vero il determinismo intrinseco di ciascuno di noi (come credo, senza che sia possibile dimostrarlo), allora soddisfare il desiedrio, l' aspirazione all' amore o meno (cercando di spegnerlo in noi e comuqnue eventualmente "tenendocelo insoddisfatto dentro di noi") dipende da noi, dalle nostre qualità morali.

Per esempio se si é onesti si evita di amare un' altra persona (si "mette a tacere" o comunque si lascia insoddisfatto il proprio amore) anziché raccontarle falsamente di non amare nessun altro (o comunque di non avere più o meno analoghe relazioni sentimentali più o meno sincere con nessun altro) per carpirle falsamente, disonestamente di essere ricambiati contro la sua reale volontà, in quanto non lo farebbe se sapesse la verità (con una violenza che per essere non fisica ma psicologica -un inganno- non é meno immorale e spregevole di un vero e proprio stupro).

Se invece si é disonesti si lascia libero di realizzarsi anche un amore la cui "corrispondenza" sia carpibile e di fatto carpita con quella miserabile violenza (psicologica) che é l' inganno.



bobmax:
Riguardo alla prova ontologica, se ci riferiamo ad Anselmo, questa "prova" non ha a che fare con la logica.
Perché non è una dimostrazione.

Può essere intesa come prova solo nel senso di sperimentare. Quindi provare sulla propria pelle.
Implica il nostro immergerci nella questione, il nostro farne parte integrante.

Perché non vi è qualcosa da dimostrare.

Il Tutto non è un qualcosa!

giopap:
La "prova ontologica" fu proposta per primo da Anselmo e poi ripresa da Cartesio, Spinoza e altri.
Come ho argomentato nella risposta #61, é un giudizio analitico a priori, una deduzione, una dimostrazione "more geometrico" simile a quella di un teorema matematico; inficiata dalla errata pretesa di attribuire alla realtà quale é indipendentemente dal fatto di essere eventualmente anche pensata o meno caratteristiche che sono unicamente di (quel caso particolare di realtà che é, quando si pensa) il pensiero quale é indipendentemente dal fatto di essere eventualmente (ipotesi che sarebbe da dimostrarsi e non dimostrata!) pensiero di qualcosa di reale o meno.
Quindi non ha proprio nulla a che vedere con le prove empiriche, le "prove nel senso di sperimentare".

Che "qualcosa" é concetto diverso da "tutto" é ovvio.
Ma che Dio esista (e conseguentemente tutto ciò che ne deduce Spinoza) é tutto da dimostrare.

bobmax

Giopap, ciò che fonda l'Etica è l'Uno in quanto causa sui.
La considerazione che la determinazione è una negazione "deriva" necessariamente da questa premessa.
Non ne è il fondamento!
Chi lo ha mai detto?

Il fondamento non può essere dimostrato.

La dimostrazione di Spinoza riguarda il mondo.
Premesso Dio, ne segue necessariamente la dimostrazione di cosa sia la Natura.
Appunto, Dio stesso.

Ed essendo Dio negazione della negazione, ne segue... che ogni determinazione è negazione!
E poiché ogni negazione è annullata in Dio, unica realtà, ogni determinazione è illusoria.

Invece ci si ferma al concetto logico: "Che bello!".
Senza accorgersi di ciò che lo fonda.
Negazione della negazione, sempre presente, anche se implicita.
Così come in Anselmo o in Cusano.

Ormai l'ho detto in tutte le salse.
Mi fermo qui.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

bobmax:
Giopap, ciò che fonda l'Etica è l'Uno in quanto causa sui.
La considerazione che la determinazione è una negazione "deriva" necessariamente da questa premessa.
Non ne è il fondamento!
Chi lo ha mai detto?

giopap:
Nella tua risposta #63 affermi:

"Giopap, non si può tirare in ballo Spinoza, con la determinazione che è una negazione, senza considerare che questa stessa constatazione deriva da ciò che fonda la sua Etica. E ciò che la fonda è Dio. Negazione della negazione!".

Se l' etica é fondata da Dio (erroneamente, attraverso un illogico passaggio dal dover essere all' essere; dopo che Dio stesso era stato a sua volta fondato erroneamente sulla "prova ontologica"). E se Dio é "negazione della negazione" (affermazione che peraltro non mi sembra attribuibile a Spinoza, oltre che essere tutta da dimostrare), allora é la negazione (in particolare della negazione) a fondare l' etica.


Ma a me pare che Spinoza fondi l' etica semplicemente su Dio, attribuendogli indimostratamente, nell' ambito delle infinite "perfezioni", la bontà infinita; dopo aver fondato (erroneamente) l' esistenza di Dio sulla "prova ontologica".



bobmax:
Il fondamento non può essere dimostrato.

La dimostrazione di Spinoza riguarda il mondo.
Premesso Dio, ne segue necessariamente la dimostrazione di cosa sia la Natura.
Appunto, Dio stesso.


giopap:
Ma invece Spinoza, all' inizio dell' Etica, pretende di fondare (dimostrare) Dio:" Proposizione VII, alla natura della sostanza appartiene di esistere", la cui immediatamente successiva Dimostrazione é la celeberrima "prova ontologica".



bobmax:
Ed essendo Dio negazione della negazione, ne segue... che ogni determinazione è negazione!
E poiché ogni negazione è annullata in Dio, unica realtà, ogni determinazione è illusoria.

giopap:
Ripeto che l' affermazione che Dio sarebbe la negazione della negazione (nonché la "conesguenza" che ogni determinazione é una negazione) non ricordo di averla trovata in Spinoza (e mi sembra più hegeliana che spinoziana, pur conoscendo Hegel pochissimo e solo indirettamente, da quel che ne dice Engles).



bobmax:
Invece ci si ferma al concetto logico: "Che bello!".
Senza accorgersi di ciò che lo fonda.
Negazione della negazione, sempre presente, anche se implicita.
Così come in Anselmo o in Cusano.

Ormai l'ho detto in tutte le salse.
Mi fermo qui.

giopap:
L' avrai anche detto in tutte le salse, ma a me non sembra nemmeno "implicita" in Spinoza [/size](e comunque anche in questo caso sarebbe per lo meno discutibile che lo fosse: se é un concetto così importante nell' ambito del suo pensiero perché mai avrebbe dovuto lasciarlo implicito?).

Apeiron

Citazione di: giopap il 24 Maggio 2020, 21:50:08 PM


giopap:
E questo é, metaforicamente, il caso del determinismo intrinseco, della negazione del libero arbitrio ovvero indeterminismo (pur nell' imprevedibilità "gnoseologica" dei risultati, il lancio dei dadi, truccati o meno, é un evento senza alcun dubbio ontologicamente deterministico): se sono eticamente buona faccio come il primo dado, deterministicamente agisco bene nel 95% dei casi; se sono cattiva faccio come il secondo dado: agisco male nel 95% dei casi.

....

Se noi agiamo allo stesso modo dei dadi, cioé deterministicamente (in ovvia libertà - assenza di coercizioni estrinseche della nostre scelte), le nostre azioni in una certa percentuale di casi buone oppure cattive dipendentemente dalle nostre tendenze deterministiche ad agire, e il nostro modo di essere fonda senza alcun problema o elemento di incertezza la nostra responsabilità (nei limiti nei quali é fondabile; senza cioé togliere che non essendoci autocreati così come siamo a nostra discrezione, il nostro trovarci ad essere più o meno buoni oppure malvagi non può ovviamente dipendere da noi; ma almeno ciò che facciamo sì).
Non così sarebbe in caso di libero arbitrio, ergo di non determinismo da parte delle nostre intrinseche qualità morali (che allora sarebbero infatti inesorabilmente da radersi con Ockam, in quanto non necessarie a determinare né a spiegare alcunché): in quest' altro caso infatti le nostre azioni non sarebbero ontologicamente causate da (ed eticamente valutabili per) nulla, ma invece incausate, letteralmente aleatorie (mentre i lanci dei dadi sono in realtà deterministici), cioé avverrebbero a casaccio e non per nostra responsabilità (ma casomai per nostra sorte).


@giopap,

il problema, secondo me, di questo ragionamento è che se non si ammette una certa autonomia, la distinzione tra 'cause intrinseche' e 'cause estrinseche' diventa però discutibile. Cosa si intende per 'causa intrinseca'?

Il punto che solleva Paul è fondamentale, secondo me: nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo. Ovvero che in tali situazioni si assume un 'peso morale' inferiore è proprio il fatto che le azioni erano 'fortemente guidate' in un senso e che quindi per l'individuo che ha agito in un determinato modo non c'era molta possibilità di agire diversamente.
Nello scenario determinista, questo non è vero solo nei casi eccezionali in cui il comportamento è fortemente compromesso, ma anche nei casi 'normali' visto che l''apparente' 'libertà' nelle azioni è dovuta solo ad una limitata conoscenza. Se conoscessimo alla perfezione, le azioni nelle circostanze 'normali' sarebbero tanto 'inevitabili' quanto in quelle in cui il comportamente è fortemente 'compromesso' (certo, il modo in cui le azioni sono determinate è diverso ovviamente. Ma non cambia il fatto che sono determinate...).

In breve, il problema è che anche le azioni 'libere' in un mondo deterministico sono in realtà completamente determinate. Quello che cambia ed è importante nel determinismo, da quello che mi sembra di capire, sono le cause che portano inevitabilmente ad esse (ovviamente questa differenza sembra essere alla base dei sistemi etici nelle filosofie deterministiche...).

Non capisco, poi, perché secondo te 'negazione del determinismo' = 'a casaccio'. Nemmeno processi che seguono un andamento probabilistico possono essere definiti avvenimenti 'a casaccio', perché le le regole probabilistiche con cui vengono descritti possono essere ben precise. 'A casaccio' sembra una descrizione della situazione in cui qualcosa avviene senza alcuna regolarità, senza motivo ecc. Non credo che i sostenitori del 'libero arbitrio' in genere affermano una cosa simile... :) La 'libera azione' richiede per esempio che ci sia un certo tipo di 'causalità', seppur di natura diversa (e difficilmente formulabile in modo 'rigoroso')...


Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AMCiao Apeiron

Occorre secondo me procedere per gradi. Perché se affrontiamo una questione come questa, squisitamente esistenziale, presupponendo delle "prospettive" non ne veniamo a capo.

Escludiamo perciò ogni possibile conclusione, che se data come premessa compromette inevitabilmente la ricerca.

La prima domanda che dovremmo porci è se l'etica dipende dal libero arbitrio.
Cioè, senza libero arbitrio non vi può essere etica? Oppure l'etica ne prescinde?
Vi è il male solo perché c'è libertà? Oppure il male prescinde dall'eventuale libertà?
Ciao bobmax,

Più che per dare un fondamento alla distinzione 'bene-male', la libertà serve, secondo me, a dare per lo meno una maggiore giustificazione alla responsabilità, nel senso che ritengo che la distinzione bene-male è condizione necessaria per la responsabilità, ma non sufficiente (ovviamente se per 'male' intendiamo 'malvagità', le cose cambiano...ma resterei su qualcosa di più generico).

Come dicevo a giopap, ritengo che si può formulare un'etica anche in un sistema che non prevede la libertà. Il problema avviene quando ci si domanda cosa 'associa' la responsabilità all'azione.

Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AMLa risposta può venire solo da noi stessi.

Se rispondiamo che senza libertà non può esservi etica, cosa stiamo dicendo in sostanza?
Che la valutazione del bene e del male dipende in fondo solo da noi stessi!
E allora non ha alcun senso parlare di responsabilità.
Responsabilità di che?
Su questo in realtà dissento. Non credo che se la 'base' dell'etica è 'in' noi stessi allora non ci possono essere valori universali (e che quindi non possiamo andare 'oltre' noi stessi in un certo senso), se è questo che intendi. Quello che ritengo io è che ci sono, invece, per così dire delle 'proprietà' (trovare le parole a volte è difficile  :-[ ) 'in' noi stessi che condividiamo, anche se magari non ce ne rendiamo conto. E su questa 'somiglianza' si fonda (una buona parte dell')etica.

Non credo nemmeno che si possa dire che non c'è responsabilità. Anche rispetto a noi stessi c'è responsabilità, nelle nostre azioni.

Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AM

Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa.
È la causa la responsabile dell'evento.
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AMLasciamo perdere determinismo e indeterminismo! Che qui non c'entrano nulla.
Concordo! Qui si sta cercando il fondamento della distinzione tra 'bene e male'...

Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AMOra, se accettiamo che il libero arbitrio non esista, in che situazione ci troviamo?

Che vi è l'etica, cioè vi è il male.
Male, significa essenzialmente che non dovrebbe esserci!
E vi è la responsabilità di questo male. Senza però nessuno a cui attribuirne la colpa...
Non capisco. Per quanto si è detto sopra, mi sembrava che il libero arbitrio non implicava la presena o meno del 'male' (e del 'bene')...
Ma se il 'male' rimane e il male è qualcosa che 'non dovrebbe esserci', il problema rimane. Non c'è una vera 'liberazione'.


Citazione di: bobmax il 25 Maggio 2020, 10:38:46 AM
...
Possiamo allora essere colti dalla compassione.
...
Personalmente, ritengo che la compassione derivi dal vedere l'analogia/somiglianza tra sé stessi e gli altri e che tale somiglianza riguarda qualcosa di 'fondamentale' e quindi vedersi 'nei panni', 'rispecchiati' negli altri. 
Intendi dire che la compassione nasce quando non si 'condanna' più?

Citazione di: paul11 il 25 Maggio 2020, 21:51:32 PM

Apeiron,
...

Concordo e ha parecchia importanza nel giudizio delle scienze forensi e giuridiche.
Quando dicano che una persona è "legalmente interdetta" necessita o di un curatore o di una patria potestà, in quanto la firma dell'interdetto non vale nulla. E' ritenuto privo di una volontà responsabile.
Altro aspetto inerente sono gli avvocati che chiedono pene inferiori in processo per il loro cliente, "in quanto incapace di intendere e di volere" durante ad esempio un atto criminoso.
Significa che il livello di responsabilità, che è anche formulabile come "conseguenza di un'azione",si abbassa tanto più si abbassa la consapevolezza in un momento di ira, di pulsioni psichiche schizofreniche ,psicopatiche, ecc.
Si è arrivato, e questo a mio parere è pericoloso, a stabilire che gli alleli genetici (utilizzate un motore di ricerca con : "alleli genetici sentenze tribunale") sono quella tendenza da te descritta.
@Paul,concordo!
Nel caso del determinismo sembra che quello che importa non è il fatto che una azione sia 'inevitabile' o meno, bensì le cause che portano ad essa. Secondo me, non è sufficiente come 'base' per la responsabilità.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

#69
x Paul


Dunque se l'etica è presa di forza di condurre una popolazione alla sua forma virtuosa, a quale erranza la possiamo attribuire?
Direi allo spirito di vendetta (invidia). Ossia alla tecnica del fantasma del complesso di castrazione.
E dove risiede questa traumatica? Direi proprio nella impossibilità di vedere la virtù che pure alberga in ognuno di noi, e di cui Socrate crede di esserne la levatrice.
Ma di queste virtù cosa accade nel discorso civile?Ecco forse può essere una lettura di Platone.
Per parte mia ho iniziato l'introduzione del Teeteto, che si dice osannato in america, per via del fatto che non esiste alcun discorso esoterico sotteso, e che parla di analitica.
Ecco fatto due bei nemici storici, da leggere con cuore sereno.
Eh sì! perchè in effetti il nichilismo dell'impossibilità di scelta del bene, è proprio correlata al fatto di non vedere questo bene.

Paul non ho tempo di guardare, ma il discorso delle 4 virtù dove si tiene, in che libro?
Sinceramente a queste tematiche non ci avevo mai pensato.

Ovviamente nella tradizione ebraica non vi è alcun Dio, quando si riferisce al bene, si riferisce alla capacità di vedere il bene.Cioè il bene risiede nella capacità di ascolto delle tragedie che la Bibbia ci consegna come monito.(in questo consiste la scemà dell'esoterismo ebraico, non a caso l'influenza platonica o neoplatonica più probabilmente è evidente)
Comunque espongo un passo da antologia dei maestri del rabbinismo.
R.Zutra bar Tobiah disse "La terra (l'essere umano) è stato pensata con 10 virtù potenziali.
1. La saggezza (Il chumash, quello che apre il targum aramaico)
2. La comprensione (Proverbi 3:19,20)
3. La ragione
4. La forza (temperanza)  (Salmi 65:7)
5. Il rimprovero (maieutica) (Giobbe 26:11)
6. La potenza (l'immaginazione) (Salmi 89:19)
7. La giustizia (legislazione)
8. Giudizio (capacità di giudicare l'altro, di riconoscerlo)
9. Amore (essere gentili verso l'altro)
10. Compassione ( il piegarsi verso l'altro) (Salmi 25:6)
Ossia
Proverbi 3
19 Il Signore ha fondato la terra con la sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza;

20 dalla sua scienza sono stati aperti gli abissi
Salmi 65
7 Egli placa il fragore dei mari,
   il fragore dei loro flutti,
   e il tumulto dei popoli.
Giobbe 26
11 Le colonne del cielo sono scosse,
     tremano alla sua minaccia.
Salmo 89
19 Tu parlasti allora in visione al tuo diletto,
     e dicesti: «Ho portato aiuto a un prode,
     ho innalzato un eletto fra il popolo.
Salmi 25
6 Ricòrdati, sii benedetto, delle tue compassioni e della tua bontà,
   perché sono eterne.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

giopap

giopap:
Se noi agiamo allo stesso modo dei dadi, cioé deterministicamente (in ovvia libertà - assenza di coercizioni estrinseche della nostre scelte), le nostre azioni in una certa percentuale di casi buone oppure cattive dipendentemente dalle nostre tendenze deterministiche ad agire, e il nostro modo di essere fonda senza alcun problema o elemento di incertezza la nostra responsabilità (nei limiti nei quali é fondabile; senza cioé togliere che non essendoci autocreati così come siamo a nostra discrezione, il nostro trovarci ad essere più o meno buoni oppure malvagi non può ovviamente dipendere da noi; ma almeno ciò che facciamo sì).
Non così sarebbe in caso di libero arbitrio, ergo di non determinismo da parte delle nostre intrinseche qualità morali (che allora sarebbero infatti inesorabilmente da radersi con Ockam, in quanto non necessarie a determinare né a spiegare alcunché): in quest' altro caso infatti le nostre azioni non sarebbero ontologicamente causate da (ed eticamente valutabili per) nulla, ma invece incausate, letteralmente aleatorie (mentre i lanci dei dadi sono in realtà deterministici), cioé avverrebbero a casaccio e non per nostra responsabilità (ma casomai per nostra sorte).
[/size]

Apeiron:

il problema, secondo me, di questo ragionamento è che se non si ammette una certa autonomia, la distinzione tra 'cause intrinseche' e 'cause estrinseche' diventa però discutibile. Cosa si intende per 'causa intrinseca'?

Il punto che solleva Paul è fondamentale, secondo me: nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo. Ovvero che in tali situazioni si assume un 'peso morale' inferiore è proprio il fatto che le azioni erano 'fortemente guidate' in un senso e che quindi per l'individuo che ha agito in un determinato modo non c'era molta possibilità di agire diversamente.


giopap:
Dissento.

Nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo da costrizioni estrinseche rispetto alla sua propria intrinseca volontà.

Purché quest' ultima sia "strutturata" sulla sua natura di individuo più o meno buono oppure malvagio, purché sia conseguenza reale (e dunque spiegazione, dimostrazione epistemica) delle sue qualità etiche (positive o negative), e non qualcosa di fortuito, di casuale, e dunque eticamente irrilevante.

Se faccio del bene casualmente, per esempio sono ricco sfondato e mi cade involontariamente il portafoglio pieno di soldi su una strada dove poco dopo passa un povero che può prenderlo e così sfamare sé e la sua famiglia non sono affatto (e non dimostro affatto di essere) buono, ma solo fortunato (posso essere considerato tale se sono generoso e magnanimo) oppure sfortunato (se invece sono un gretto e meschino taccagno).

Invece è solo se il mio dono é volontario, deterministicamente causato dalla mia generosità e non indeterminato (==liberoarbitrario = fortuito) che (si dimostra che) il mio comportamento é eticamente buono.


******************************************************************************************************


Apeiron:
Nello scenario determinista, questo non è vero solo nei casi eccezionali in cui il comportamento è fortemente compromesso, ma anche nei casi 'normali' visto che l''apparente' 'libertà' nelle azioni è dovuta solo ad una limitata conoscenza. Se conoscessimo alla perfezione, le azioni nelle circostanze 'normali' sarebbero tanto 'inevitabili' quanto in quelle in cui il comportamente è fortemente 'compromesso' (certo, il modo in cui le azioni sono determinate è diverso ovviamente. Ma non cambia il fatto che sono determinate...).

In breve, il problema è che anche le azioni 'libere' in un mondo deterministico sono in realtà completamente determinate. Quello che cambia ed è importante nel determinismo, da quello che mi sembra di capire, sono le cause che portano inevitabilmente ad esse (ovviamente questa differenza sembra essere alla base dei sistemi etici nelle filosofie deterministiche...).


giopap:
E che problema c' é?

Forse il gesto di San Martino é meno buono o virtuoso per il fatto che chi lo avesse conosciuto bene, sapendolo altruista, avrebbe facilmente previsto il suo comportamento generoso (avrebbe vinto qualsiasi scommessa in proposito)?

Anzi, questo ne avrebbe casomai rinforzato il carattere eticamente positivo, fugando eventuali dubbi su secondi fini (che ne so? Carpire la benevolenza del povero in vista di una candidatura a un' elezione...).

E' proprio il diverso modo (intrinseco, responsabile, oppure estrinseco, coercitivo, non responsabile) del determinismo delle azioni che condiziona o meno la loro significanza etica (inesistente in caso di casualità, come anche in caso di costrizione subita estrinsecamente contro la propria intrinseca volontà; deterministica o meno che sia).

E' proprio per il fatto che le azioni libere da coercizioni estrinseche in un mondo deterministico sono in realtà completamente determinate dalle qualità morali di chi le compie a conferire loro una valenza etica: se non lo fossero sarebbero moralmente insignificanti, né buone né cattive ma casomai fortunate o sfortunate, come quella del "donare" fortuitamente il portafoglio pieno al povero.


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Apeiron:
Non capisco, poi, perché secondo te 'negazione del determinismo' = 'a casaccio'. Nemmeno processi che seguono un andamento probabilistico possono essere definiti avvenimenti 'a casaccio', perché le le regole probabilistiche con cui vengono descritti possono essere ben precise. 'A casaccio' sembra una descrizione della situazione in cui qualcosa avviene senza alcuna regolarità, senza motivo ecc. Non credo che i sostenitori del 'libero arbitrio' in genere affermano una cosa simile...

La 'libera azione' richiede per esempio che ci sia un certo tipo di 'causalità', seppur di natura diversa (e difficilmente formulabile in modo 'rigoroso')...

giopap:
I sostenitori del libero arbitrio si illudono di non affermare che chi agisce non deterministicamente non agisce a casaccio.

Infatti mai nessuno di loro é riuscito a dimostrare (essendo indimostrabile) che fra determinismo e indeterminismo un possibile tertium "liberoarbitrario" esiste.



Mi sembrava che in precedenti tuoi interventi considerassi non dirimente la questione del probabilismo, che a seconda dei gusti può essere considerato tanto un determinismo quanto un indeterminismo "debole".

In realtà esso é puramente e semplicemente indeterminismo dei singoli casi, determinismo delle proporzioni fra i casi complessivi.

A parte il fatto che un probabilismo ontologico (un probabilismo meramente epistemico come quello del lancio di una moneta o di dadi ricadrebbe in realtà nel determinismo "forte") può darsi negli eventi quantistici ma non si direbbe proprio negli eventi neurofisiologici cerebrali che determinano i comportamenti umani, se anche così invece fosse, allora i comportamenti umani stessi sarebbero:

casuali singolarmente (e dunque non considerabili eticamente rilevanti in quanto tali: da un singolo atto di generosità o di grettezza non si potrebbe stabilire se il suo soggetto sia eticamente buono o malvagio):

e deterministici nel complesso (e dunque considerabili eticamente rilevanti in quanto tali: tanto più le azioni complessive di un soggetto sono in prevalenza generose tanto più eticamente buono sarà il soggetto stesso, quanto meno tanto più sarà eticamente malvagio).

Il che, considerato che nessuno é perfetto, né nel bene né nel male, non é poi tanto diverso dal determinismo forte.


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bobmax:
Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa. È la causa la responsabile dell'evento.

Apeiron:
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

giopap:
In che senso?

A me apre perfettamente appropriato nel suo significato letterale.

paul11

 Ciao Green,
a scanso di equivoci, avendo letto tutti i dialoghi socratici ed essendo arrivato alla "Repubblica" di Platone, dove Socrate enuclea le quattro virtù che dovrebbero sorreggere il rapporto popolo e Città (Atene), ciò che emerge è semmai il carattere molto "empirico" ,terra-terra e poco o niente iperuranio come certa critica  ha voluto fare.
Infatti i sofisti come Zenone(non quello della scuola eleatica di Parmenide) e Crisippo furono grandissimi estimatori di Socrate ed erano assai "empirici" e molto meno metafisici.


I ragionamenti di Socrate sono di tipo osservativo e riflessivo su come le persone e la città vive, cercando di capire attraverso i dialoghi cosa e come determina comportamenti atti a costruire soddisfazione, giustizia nelle persone e nella città. Vede che le persone "stanno bene", così come la città, quando le virtù prevalgono sui vizi. Se vuoi Socrate individua le virtù nell'anima e i vizi nel corpo fisico, questo può essere metafisico.


Il Teeteto è un dialogo sulla scienza.


Nelle virtù ebraiche vi sono anche quelle socratiche.
Per almeno completare un poco aggiungerei quelle del cristianesimo:
4 cardinali: prudenza, giustizia,fortezza, temperanza (molto simile a quelle socratiche)
3 teologali: fede, speranza, carità


Le virtù teologali non possono essere date solo per sforzo umano,come quelle cardinali,
bensì per grazia divina.

iano

#72
Mamma mia.....non ci capisco .
Proviamo a ripartire semplificando.
La conoscenza è causa che ha come effetto azioni.
Essa è causa ,in quando parte della natura ,diversamente confinata , in diverse ( detto magari con termini impropri ma pur inequivocabili) menti.
Se ci fosse una mente unica , da ciò non nascerebbe alcun idea di etica o morale che dir si voglia.

La condizione perché nasca questa idea è una pluralità di menti dislocate nello spazio e nel tempo, dov'è queste menti cambiano , si moltiplicano ed evolvono , anche ,fra le altre ,per causa degli stessi effetti che provocano.
In questo quadro un bene inteso in senso assoluto può essere qualcosa a cui si tenda , ma che in pratica non è mai dato. Non è mai precisamente definibile.
Al massimo ipotizzabile se si rilevasse una tendenza di lungo periodo nell'agire  umano , che a me non sembra comunque di vedere, se non forse nel crescere della conoscenza.
Esiste poi un giudizio sulle azioni causate dalla conoscenza ,che è certamente pertinente al discorso sull'etica/ morale, giudizio che a sua volta entra  nel gioco di cause ed effetti.
In un mondo perfettamente deterministico ogni cosa deve stare al gioco infatti.
Se il libero arbitrio esistesse anche esso entrerebbe nel gioco , se ciò non fosse contraddittorio ad un perfetto determinismo.
Non si può negare che nei fatti che libero arbitrio e determinismo , magari , mettiamo , non perfetti, entrino sempre in gioco.
Nella misura ancora in cui il libero arbitrio possa assimilarsi al caso la fisica ci conferma che esso convive nei fatti col determinismo.
Non possiamo negare un determinismo perfetto , ma solo come componente del nostro accumulo di conoscenze , e quindi innegabilmente configurabile come potenziale causa di azioni.
Non possiamo parimenti negare l'etica, che parimenti è potenziale causa , come giudizio\valutazione delle nostre azioni.
limitandoci al mondo fisico, e intendo quello che non contiene convenzionalmente i centri
di accumulo della conoscenza , possiamo convenire credo tutti che avremmo fatto volentieri a meno del caso.
Ma è parimenti pensabile di poter  fare ameno del libero arbitrio quando allarghiamo il mondo a includere i centri dinamici di accumulo di conoscenza ?
Abbiamo detto all'inizio che la morale/ etica scaturisce dalla molteplicità di questi centri.
La morale\ etica intesa in senso assoluto , tenderebbe a ricondurre il comportamento di questi centri diversi all'unità comportamentale di un unica mente, di fatto.
La perfetta morale etica equivarrebbe dunque all'annullamento del suo fondamento con perdita di significato.
Se i centri di conoscenza fossero particelle l'etica / morale sarebbe la forza che li governa.
Ora si vorrebbe che particelle non caratterizzate univocamente dalle loro proprietà ( come effettivamente si pretende nel mondo "puramente" fisico", pena la mancata definizione delle particelle stesse ) fossero governate da una forza univoca definita da leggi precise e immutabili.
Questa forza esiste ma è mutevole in quanto strettamente legata alle mutevoli particelle che governa.
Ciò non è in contraddizione con la fisica classica , dove precise forze immutabili governano solo ben precisate particelle .
Nella misura in cui  questa definizione non è mai così precisa come si vorrebbe , diventa improprio parlare di perfetto determinismo associato a perfette palle da biliardo , ciò che pure esiste , ma confinato , e con precisa funzione , solo nelle nostre menti , in forma di conoscenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Il determinismo è un idea che funziona , come possiamo liberamente sperimentare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Apeiron

#74
Citazione di: giopap il 28 Maggio 2020, 09:26:56 AM


giopap:


Nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo da costrizioni estrinseche rispetto alla sua propria intrinseca volontà.
Ciao giopap,
scusami se non rispondo nel dettaglio, ma penso che il punto importante sia questo. Probabilmente ti sorprenderà ma con questo concordo  :) tuttavia, il mio sospetto è che in realtà questo 'accordo' è parziale.

Prima però di discutere questo punto, lasciami dire fare un elenco di 'definizioni' (cosa che magari potrà interessare anche ad Iano  :) ):
1) Ho sempre letto che 'determinismo' significa che ad una certa causa o un insieme di concause corrisponde sempre, inevitabilmente ad un certo effetto (questo non significa che la parola sia sempre stata utilizzata con questo significato...). Gli effetti sono perciò completamente inevitabili.
Questo se non erro è ciò che tu chiami 'determinismo forte'.
2) Per 'probabilismo' intendo la posizione per cui gli 'effetti' di una certa causa o un insieme di concause sono in realtà più di uno ma ne viene 'selezionato' uno secondo 'leggi probabilistiche'. Questo se non erro rientra nel 'determinismo debole' nella tua classificazione.

(per evitare equivoci, non sto discutendo che è 'sbagliato' usare la parola 'determinismo' con un singificato divero da quello che tu definisci 'determinismo forte'. Solo che non ho mai incontrato distinzione tra 'determinismo debole' e 'determinismo forte' altrove...)

3) non vi è alcuna regolarità.

Ci sono poi posizioni intermedie tra la (1) e la (2) da una parte e la (3) dall'altra. Alcune magari rientrano nel 'determinismo debole', altre no (ad esempio quelle scettiche e magari alcune 'fenomenologiche').

La mia posizione è che sia la (1) che la (2) che la (3) non riescono a 'dare un fondamento', secondo me, in modo diciamo 'completo' (?) alla responsabilità morale.

La (1) perché il determinista (forte) anche se magari direbbe (permettimi di usare le tue parole) "nel valutare il 'peso morale' di un'azione prendiamo in considerazione la possibilità che l'individuo che l'ha compiuta poteva fare diversamente e che non era 'fortemente condizionato' a farlo da costrizioni estrinseche rispetto alla sua propria intrinseca volontà.", sostiene però anche la la sua 'intrinseca volontà' era anch'essa il risultato inevitabile di una o più (con)cause e che inevitabilmente produce una determinata azione.
Come dicevo, però, questo ovviamente non implica che sia 'impossibile' formulare un'etica in una 'visione delle cose' di questo tipo. Spinoza, ad esempio, era un determinista 'forte'. Per esempio, lo stesso vale, 'in pratica', anche per Schopenhauer (dico 'in pratica' perché Schopenhauer era anche un idealista trascendentale...). In ambo i casi c'è una profonda riflessione etica. Lungi da me escluderlo.

La (2), il probabilismo 'ontologico', secondo me non riesce a dare una completa 'base' per la responsabilità morale perché l'effetto della 'intrinseca volontà' sarebbe probabilistico. Non funziona secondo me anche una combinazione della (1) e della (2) perché o si arriva a dire che l''intriseca volontà' è un risultato probabilistico e che l'azione causata dalla 'volontà intrinseca' è inevitabile (o l'inverso).
La (3) ovviamente è la peggiore in assoluto, in un certo senso. Perché tutti gli eventi in questione sarebbero senza alcuna regolarità.

Il 'libero arbitrio' si distingue da tutte queste tre posizioni. Inoltre, si può anche pensare che non si riduca ad una posizione alternativa, ma che ce ne siano più di una compatibili con il 'libero arbitrio'. Il problema è che sono difficili da formulare.

Per esempio, posso pensare che la 'volontà intrinseca' sia essa stessa un effetto inevitabile di processi 'fortemente' deterministici, ma che essa abbia una certa autonomia a 'selezionare' un'azione anziché un'altra. Oppure che essa sia un effetto di processi 'ontologicamente' probabilistici ma che, nuovamente, abbia una certa 'autonomia' nella scelta/selezione dell'azione. Chiaramente, se accettiamo questa 'autonomia' nella scelta dell'azione, ne seguirebbe, secondo me, che una descrizione completa dei movimenti del nostro corpo non possa essere descritta né in modo 'fortemente' deterministico né in modo probabilistico (da qui la 'libera azione', nel senso che l'azione viene selezionata con un certo grado di autonomia da quel 'qualcosa' che la causa, che nel tuo 'gergo' è 'volontà intrinseca', se non ti fraintendo).Una questione interessante che rimane è: si può conciliare questa autonomia con altre posizioni, ammesso che esse ci siano? Forse sì, per esempio un qualche tipo di 'determinismo debole' può aiutare (es: non si negano le regolarità dei processi fisici, ma questi non 'seguono' sempre 'leggi fortemente deterministice' o 'leggi probabilistiche').

In altre parole, concordo con la frase citata. E concordo che   

Citazione di: giopap il 28 Maggio 2020, 09:26:56 AM
bobmax:
Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa. È la causa la responsabile dell'evento.

Apeiron:
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

giopap:
In che senso?

A me apre perfettamente appropriato nel suo significato letterale.
Dal dizionario online 'Treccani':
Citazioneresponsàbile (ant. risponsàbile) agg. e s. m. e f. [der. del lat. responsum, supino di respondēre «rispondere» (propr. «che può essere chiamato a rispondere di certi atti»), sull'esempio del fr. responsable]. – 1. agg. e s. m. e f. a. Che risponde delle proprie azioni e dei proprî comportamenti, rendendone ragione e subendone le conseguenze......b. Che risponde personalmente dell'esecuzione dei compiti e delle mansioni affidatigli, dell'andamento del settore di attività cui è preposto......2. agg. Che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso......


Quindi sembra che l'aggettivo responsabile nella frase riportata di bobmax era 'metaforico'. So benissimo che lo si usa moltissimo. Si dice, per esempio, che "il bacillo di Koch è il batterio responsabile della tubercolosi", nel senso che è la causa della malattia. Tuttavia, (1) da quanto si legge dalla citazione di cui sopra sembra essere una generalizzazione metaforica del significato '1a' e (2) il contesto era la discussione dell'etica/morale. Se ho frainteso, chiedo venia  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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