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Morale e libero arbitrio

Aperto da cvc, 21 Maggio 2020, 12:54:38 PM

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paul11

 In origine la morale non era la conseguenza di un'azione che essendo pratica sarebbe da ascrivere nell'etica: se l'etica è intesa come comportamento pratico.
La morale inizialmente era da ascrivere ai principi fondativi di una filosofia che dopo l'osservazione del cielo e della terra, del mondo fisico e naturale che appariva con un loro ordine intrinseco e
armonico fra loro dichiarava come sarebbe dovuta essere anche la società umana. Questa armonia era il bene, in quanto donava alla vita umana la possibilità di sussistere.


Il secondo passaggio morale sono le virtù che diverranno nella modernità principi di valori, importanti nelle Costituzioni degli Stati moderni .
Basta studiare i primi libri della Repubblica di Platone dove Socrate dichiara quattro virtù fondamentali per la costruzione della Città(Atene) di uno Stato.


La libertà, e questa è la mia posizione personale, aumenta man mano che l'uomo si svincola dalla natura e costruisce l'artificio organizzativo che nella pratica si esplica appunto nella costruzione sociale delle Città, degli Stati, ricalcando proprio quella repubblica di Platone, ma con un pensiero diverso, moderno e contemporaneo.
Le Città umane sono tanto più artificio del pensiero e pratica umana quanto meno natura vi domina.
Un atto di volontà libera perturba gli eventi anche naturali e fisici, in quanto l'uomo può costruire e plasmare a suo scopo fisica e natura, seppur da esso venga comunque dominato, in quanto l'uomo non può svincolarsi dagli ordini fisici e naturali che dichiarano le condizioni di vita. Questi vincoli fisico e naturali e quegli svincoli culturali, definiscono i gradi di libertà in cui l'uomo può agire secondo volontà.
L'urbanistica, quanto le  Costituzioni, seguono dei "piani" umani e per nulla naturali ,fuoriescono dalla natura  per essere invece cultura .


La Legge deve rispondere alle Costituzioni che dichiarano i principi dei valori identificativi di un popolo . Quindi ha una sua ispirazione morale se non vuole essere anti costituzionale.  I comportamenti , la legalità, la licealità, è lo spazio dei comportamenti che la Legge la scia libera per l'azione umana: questa è l'etica. La morale è teoretica, l'etica è pratica. Dalle virtù, valori, morali nascono le legislazioni e le etiche sono le pratiche comportamentali .


Se il DNA vincola il vegetale e l'animale, la morale educa gli istinti nella temperanza (una delle virtù socratiche), vale  a dire che la cultura umana decide se è congruo, armonico, quindi buono e giusto, comportasi in una data maniera. Se il codice della vita,il DNA, condiziona l'essere vivente, il codex legislativo umano in qualche modo interagisce fra natura e cultura.

giopap

#16
A me sembra che l' illusione del libero arbitrio sia l' ultimo "refugium peccatorum" dell' antropocetrismo, l' estremo, vano tentativo di riservare a noi umani il "privilegio" di occupare un posto speciale nel mondo, di conservare un impossibile "residuo di sacralità" a noi stessi nell' ambito della realtà complessiva.
(Rassicuro Bobmax; e anche Iano): non mi sono annullata, esisto ancora; e fra l' altro ho tuttora fortissime aspirazioni etiche, ideali, volontà: il mio io non risulta per nulla annichilito! La mia realtà non é andata per nulla in frantumi!).

Ma si tratta della beata illusione di un tertium che in realtà non datur fra caso e necessità deterministica.

Ha infatti senso il concetto di "libertà da costrizioni estrinseche passivamente subite", generalmente valutato positivamente, come qualcosa di auspicabile (così valutano unanimemente tutti gli intervenuti in questa discussione; e anch' io concordo).
Ma non ha invece, né logicamente può avere altro senso diverso da quello di un puro e semplice "agire del tutto fortuitamente, cioé a casaccio" la pretesa di una libertà arbitraria non condizionata dal nostro modo di essere.

Infatti in tutti i casi nei quali non siamo costretti ad agire contro la nostra volontà da cause di forza maggiore a noi estrinseche:

o agiamo conseguentemente a come siamo, essendo le nostre qualità morali ovvero etiche la causa (deterministica) del nostro agire,

oppure agiamo indipendentemente dal come siamo, non essendovi né cause a noi estrinseche né le cause a noi intrinseche costituite dalle nostre qualità morali a determinare le nostre scelte;

le quali di conseguenza non potranno che essere incausate, non determinate da causa alcuna né a noi intrinseca né a noi estrinseca, id est: casuali, fortuite.

Cercare un teritum fra queste due possibilità non é che un vano annaspare fra locuzioni capziose e prive di senso: pretenziosi sproloqui autogratificanti, vera e propria "metafisica" (male) intesa in senso deteriore come favolistica a tutela di un preteso nostro ruolo sacrale nell' universo.


Ora delle due sole possibilità sensate reciprocamente alternative quella "causalista" con tutta evidenza non consente alcuna valutazione etica ovvero morale del nostro agire: se si agisce a casaccio le scelte che si compiono sono fortuite e non rivelatrici di alcuna nostra qualità morale positiva o negativa, come se dentro di noi venisse gettata una moneta e le nostre opzioni fossero legate all' esito "testa" oppure "croce" di ciascun lancio.

Morale e libero arbitrio, lungi dall' essere una coppia indissolubile sono opposti inconciliabili, reciprocamente incompatibili.

Il rapporto fra libera volontà e responsabilità morale non può essere quello fra responsabilità morale e libero arbitrio ovvero indeterminismo intrinseco (chi non possa che agire a casaccio non può essere ritenuto moralmente responsabile di ciò che fa), ma casomai fra responsabilità morale e libertà da coercizioni estrinseche, da cause di forza maggiore esterne (di forza maggiore di quella delle interiori cause deterministiche della propria intrinseca volontà di ciascuno).

Se invece il divenire nostro e del resto del mondo fosse deterministico sarebbe sensato valutare eticamente ovvero moralmente il nostro agire non estrinsecamente coartato dal momento che esso dipenderebbe (sarebbe causato, deterministicamente provocato) dalle nostre qualità morali ovvero etiche: agiremmo più o meno bene oppure più o meno male a seconda di come le nostre qualità intrinseche ci indurrebbero ad agire, ovvero a seconda delle scelte che ne sarebbero causate.

Ma anche in questo caso non dipenderebbe da noi il fatto di essere più o meno buoni moralmente, dal momento che non ci siamo autocreati come siamo (più o meno buoni), ma ci troveremmo comunque ad esserlo non per nostro merito o demerito bensì del tutto indipendentemente dalla nostra volontà, fortuitamente. E' vero che può capitare di decidere di cambiar vita; ma anche in questi casi lo si deciderebbe in quanto determinati causalmente dal come ci si trovasse ad essere non per nostra scelta nel momento della decisione stessa (ovviamente in caso di determinismo intrinseco; chè altrimenti agiremmo o del tutto a casaccio, e dunque in modo eticamente-moralmente irrilevante, oppure perché costretti da ineludibili cause di forza maggiore e dunque non per nostro merito o colpa).

Non c' é niente da fare: solo così potrebbero stare le cose; altre alternative non deterministiche né casualistiche (o comunque "miste", in parte casualistiche in parte deterministiche: determinismo ossia indeterminismo "debole" probabilistico - statistico) nemmeno sono sensatamente pensabili, ipotizzabili: il divenire della realtà e di noi nel suo ambito non avrebbe comunque potuto darsi che deterministico oppure causalistico (o in una certa misura, in determinate circostanza deterministico e in altra, complementare misura, in determinate altre circostanze casuale).
E' perfettamente inutile "girarci intorno": questo é quanto di più ovvio possa darsi (e dirsi), le cose non potrebbero stare che così!.

Dunque concordo in pieno con la citazione di Epitteto da parte di CVC:

"Ricorda che sei soltanto attore di un dramma, ed è chi lo allestisce a stabilire di quale dramma: se lo vuole breve, reciti un dramma breve; se decide che sia lungo, uno lungo; se ti riserva la parte di un mendicante, cerca di interpretarla con bravura, e così quella di uno zoppo, di un magistrato, del privato cittadino. Perché il tuo compito è questo: impersonare bene il ruolo assegnato; sceglierlo tocca ad altri."

E concordo anche con Bobmax che "Se la mia volontà non è libera, allora non sono responsabile delle mie azioni. Perché ciò che decido non sono io a deciderlo. Quindi posso lasciarmi andare ad ogni nefandezza. Visto che non essendoci libero arbitrio pure la morale è un'illusione. Nessuno è responsabile, tutti possono allora fare ciò che a loro pare!" é un' assurdità priva di senso.


Contro un diffuso pregiudizio errato e falso rilevo che il determinismo non conduce necessariamente alla "passività fatalistica": se il mio agire consegue deterministicamente a come sono fatta e a come é fatto il mondo e anche se so che il mio agire consegue deterministicamente a come sono fatta e a come é fatto il mondo, non vedo perché mai per questo dovrei (essere determinata ad) agire con minor forza di volontà di come agirei se così non fosse o di come sarei determinata ad agire se così fosse ma io non lo sapessi.

Se c' é determinismo, allora siamo determinati ad agire (più o meno volontaristicamente, mossi da una forza di volontà deterministicamente più o meno forte), esattamente come casualmente agiamo come agiamo (più o meno volontaristicamente, mossi da una forza di volontà deterministicamente più o meno forte) se c' é casualismo: nessuna differenza.
Il determinismo, esattamente come l' indeterminismo, caro Jacopus, talora é stato "una divinità rigida e alleata del Potere vigente", ma talaltra é stata determinatissimamente rivoluzionario!
E pour cause!

Pensarsi in un mondo deterministico non necessariamente ci indurrà a compiere azioni deterministiche, rafforzando la verità di quella teoria. E pensarsi in un mondo di libere volontà non necessariamente ci indurrà a compiere azioni di libera volontà, rafforzando la verità di quella teoria.
Che si pensi (veracemente o meno) di essere inseriti in un mondo deterministico o che si pensi (veracemente o meno) di essere inseriti in un mondo indeterministico, si agirà comunque esattamente così come si agisce: nel primo caso deterministicamente, nel secondo indeterministicamente si faranno comunque le stesse identiche cose.

"Se il libero arbitrio fosse illusorio nessuno potrebbe esercitare il libero arbitrio di considerarlo illusorio o meno" (Ipazia), ma lo considererebbe comunque ugualmente illusorio o meno determinsticamente (anziché liberoarbitrariamente): tutto qui!.
"il fatto che si possa porre tale domanda e che si possa rispondere in maniera diversa" non é affatto "un vulnus nella corazza deterministica" (Ipazia): lo si può fare benissimo deterministicamente, essendo determinati a farlo.
Perché mai non dovrebbe essere deterministicamente possibile (ovvero: possibile in un mondo deterministico)?
Ci sarebbe chi sia determinato a rispondere "sì" e chi sia determinato a rispondere "no", del tutto esattamente esattamente come come in caso di indeterminismo cii sarebbe chi casualmente risponda "sì" e chi casualmente risponda "no".

Ipazia

Vedo che Paul11 sposa la semantica etica/morale di viator contro la filologia ed Hegel. Mi viene da chiedermi se sotto questa apparente disputa semantica non vi sia qualcosa di più sostanziale, ontologico, tipo il voler anteporre un qualche tipo di morale (un nomos trascendente ?) all'ethos.

Altrettanto trascendente è l'idea di giopap che vi siano demiurghi deterministici che creano viventi di due tipi contrapposti (sì/no), rievocando la guerra di Troia e il teatro dei pupi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

#18
Citazione di: Ipazia il 22 Maggio 2020, 16:27:44 PM
Altrettanto trascendente è l'idea di giopap che vi siano demiurghi deterministici che creano viventi di due tipi contrapposti (sì/no), rievocando la guerra di Troia e il teatro dei pupi.


Non mi pare proprio di aver proposto l' "idea trascendente" che vi siano "demiurghi deterministici che creano viventi di due tipi contrapposti (sì/no), rievocando la guerra di Troia e il teatro dei pup


Innanzitutto non ho parlato di alcun demiurgo né di alcun creatore (che sono peraltro concetti leggermente diversi).
Inoltre non ho formulato alcun giudizio circa l' esistenza reale di due tipi di viventi contrapposti ecc., ma invece ho solo parlato ipoteticamente, sospendendo il giudizio circa la realtà del determinismo (e dunque la non realtà del libero arbitrio) o meno, per evidenziare le implicazioni necessarie di ciascuna delle due ipotesi, in particolare per quanto riguarda l' etica.

Ma soprattutto ho rilevato il carattere ideologico dell' illusione del libero arbitrio in quanto preteso tertium fra determinismo e indeterminismo, interpretandolo come come estremo ma vano tentativo di "salvare" per noi umani un preteso carattere oggettivamente speciale, "sacrale" nell' ambito del mondo reale.


L' ho fatto rilevando che tra determinismo e indeterminismo tertium non datur; determinismo e indeterminismo sia pure eventualmente anche coesistenti complementarmente ma "ben distintamente", senza alcuna sensata "via di mezzo" (qualcosa di metaforicamente paragonabile a una sospensione in un liquido fra due diverse sostanze chimiche e non a un composto fra due elementi conseguente a una reazione chimica).

Il preteso "tertium" sarebbe appunto il libero arbitrio come modo di agire né deterministico né causale, ma invece giustificato da tendenze comportamentali realmente consistenti eppure non cogenti

Ora per confutare le mie affermazioni, invece che espressioni retoriche come la rievocazione della guerra di Troia e del teatro dei pupi, occorrerebbero argomentazioni che dimostrassero che cosa sensatamente potesse intendersi per tale "tertium", in che cosa potesse consistere questo preteso nostro divenire (decidere come agire; o meno; non causato da da coercizioni estrinseche) che:

a)          non fosse determinato causalmente dal nostro modo di essere (eticamente più o meno buono oppure più o meno cattivo);

b)         non fosse casuale, non determinato da alcunché.

In che altro modo potrebbe essere "condizionato non causalmente"?

In proposito mi sembrano vane acrobazie verbali senza reale contenuto semantico eventuali pretese invocazioni di "ragioni" o "motivazioni" che non fossero puramente e semplicemente identificabili con "causazioni".
Infatti non basta coniare un termine per far sì che esista, oltre ad una sua connotazione o intensione concettuale, anche un suo denotato o estensione reale. Bisogna anche dimostrarne logicamente o empiricamente la reale esistenza, differenziandolo da altri enti ed eventi reali.
Altrimenti anche le sirene, come tertium fra donne e pesci, sarebbero reali.


Dunque invito tutti gli illusi nel libero arbitrio non a mostrarmi determinate azioni umane etichettandole arbitrariamente come "liberoarbitrarie", ma invece a dimostrare che non sono dovute a concatenazioni causali deterministiche oppure a sequenze casuali, fortuite di eventi.
Preliminarmente dimostrando logicamente che qualcosa (una sequenza di eventi) può accadere (anche solo come ipotesi sensatamente pensabile) non per una ordinata successione deterministica di cause effetti ovvero come conseguente inderogabilmente a leggi necessitanti del divenire (e a delle condizioni "iniziali"), e nemmeno per un mutamento caotico della realtà che non rispetti alcun ordine o non segua "regole determinate" del cambiamento stesso, bensì in un altro modo. Intendendosi per tale "altro modo" non la mera successione di queste due parole arbitrariamente appiccicate a qualcosa di reale (in particolare appiccicarlo al comportamento umano sarebbe puramente e semplicemente una petizione di principio, il pretendere di usare per dimostrare una tesi ciò che invece dovrebbe essere dimostrato), ma invece qualcosa di reale che tali concetti possano connotare o intendere e che non ricada in nessuna delle altre due modalità).

viator

Salve Ipazia. Citandoti : "Vedo che Paul11 sposa la semantica etica/morale di viator contro la filologia ed Hegel. Mi viene da chiedermi se sotto questa apparente disputa semantica non vi sia qualcosa di più sostanziale, ontologico, tipo il voler anteporre un qualche tipo di morale (un nomos trascendente ?) all'ethos".


Da parte di Viator certamente NO. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Se vogliamo regredire fino al bigbang per dimostrare che tutto è deterministico si vince facile, ma mi pare una metafisica da quattro soldi. Altrettanto escludente ogni possibilità di discussione è l'idea di un'anima immortale che esercita il libero arbitrio rendendosi totalmente responsabile delle proprie azioni. Entrambe queste posizioni sono insindacabili e la discussione finirebbe qui.

Invece io perseguo la terza via della libertà possibile e della sua correlazione con la morale, laddove si pongano delle scelte di vita tra varie opzioni. Questo livello di libertà è alla nostra portata ed a questo livello del reale antropologico si gioca la partita etico/morale con le aperture e le chiusure del contesto storico ed esistenziale in cui essa avviene. 
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Citazione di: Ipazia il 22 Maggio 2020, 16:27:44 PM
Vedo che Paul11 sposa la semantica etica/morale di viator contro la filologia ed Hegel. Mi viene da chiedermi se sotto questa apparente disputa semantica non vi sia qualcosa di più sostanziale, ontologico, tipo il voler anteporre un qualche tipo di morale (un nomos trascendente ?) all'ethos.



Non mi pare che Viator pensi le stesse definizioni date dalle mie.
La morale è sintassi prima di essere semantica. Senza sintassi è fondata sul nulla. per questo ha necessità di una filosofia, o di una sacra scrittura.


Spiegami la filologia (quale filologia?) che dichiara l'opposto


Ho impiegato un anno a studiarmi Fenomenologia dello spirito di Hegel?
Secondo  te come arriverebbe allo spirito Hegel?


Cosa significa "anteporre una morale"? Secondo te come vengono costruite le legislazioni, che cosa le ispira?




Citazione di: Ipazia il 22 Maggio 2020, 22:07:22 PM[/size]
Invece io perseguo la terza via della libertà possibile e della sua correlazione con la morale, laddove si pongano delle scelte di vita tra varie opzioni. Questo livello di libertà è alla nostra portata ed a questo livello del reale antropologico si gioca la partita etico/morale con le aperture e le chiusure del contesto storico ed esistenziale in cui essa avviene. 
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condivisibile

bobmax

Concordo, Giopap, con l'impostazione della tua analisi.
Così come con la tua critica all'inconsistenza delle ragioni addotte dagli strenui difensori del libero arbitrio.

Vorrei però osservare che l'alternativa non è tanto tra determinato e indeterminato, quanto tra necessario e casuale.

Il determinismo richiede infatti che si possano determinare gli eventi. Ossia da una causa determinare l'effetto.
Mentre l'indeterminismo contempla l'impossibilità di determinare.
Ma entrambi danno per scontato che vi sia una causa.

Rientrano entrambi nella necessità.
Il caso, invece, è la negazione della necessità.

Riguardo poi all'io...
Una volta constatata l'inesistenza del libero arbitrio, vissuta per davvero però, e non solo come conclusione razionale, dovrebbe essere naturale chiedersi allora "Chi sono io?"

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

giopap

#23
Citazione di: Ipazia il 22 Maggio 2020, 22:07:22 PM
Se vogliamo regredire fino al bigbang per dimostrare che tutto è deterministico si vince facile, ma mi pare una metafisica da quattro soldi. Altrettanto escludente ogni possibilità di discussione è l'idea di un'anima immortale che esercita il libero arbitrio rendendosi totalmente responsabile delle proprie azioni. Entrambe queste posizioni sono insindacabili e la discussione finirebbe qui.

Invece io perseguo la terza via della libertà possibile e della sua correlazione con la morale, laddove si pongano delle scelte di vita tra varie opzioni. Questo livello di libertà è alla nostra portata ed a questo livello del reale antropologico si gioca la partita etico/morale con le aperture e le chiusure del contesto storico ed esistenziale in cui essa avviene.


Ma chi mai in questa discussione avrebbe preteso di regredire fino al bigbang per dimostrare che tutto è deterministico?

Di certo non io, che, oltre a non aver mai preteso di dimostrare il determinismo (ho anzi più volte negato a chiarissime lettere che sia dimostrabile tanto il determinismo quanto il casualismo), nemmeno credo che l' universo abbia avuto un inizio!

(Ma non mi pare nemmeno alcun altro).



Resto in paziente attesa di dimostrazione che effettivamente esiste (e anche che effettivamente é pensabile, é sensata come ipotesi) l' esistenza della terza via della libertà possibile e della sua correlazione con la morale, laddove si pongano delle scelte di vita tra varie opzioni. Livello di libertà che sarebbe alla nostra portata ed al quale livello del reale antropologico si giocherebbe la partita etico/morale con le aperture e le chiusure del contesto storico ed esistenziale in cui essa avviene.

Almeno il "buon vecchio Dio", come religioso fondamento della sacralità umana, non era nè dimostrabile esistere, né non esistere...



Devo confessare che l' approvazione di almeno un interlocutore, bobmax, mi ha fatto piacere (potrebbe essere interessante l' apertura di un' ulteriore discussione sulle sottili differenze fra "determinismo - indeterminismo" e "necessità - possibilità").
Ero convinta che sarei stata
subissata da scandalizzate (ma infondate!) accuse di nichilismo

E' infatti ovvio che vanificare quell' estremo tentativo di preservare a noi umanità il privilegio di una pretesa posizione "speciale" nel mondo, quell' "ultimo rifugio del sacro" che é l' illusione del libero arbitrio sarebbe stato per molti difficilissimo da accettare: altro che i proclami altisonanti di quel dissacratore da operetta profondamente reazionario che risponde al nome di Friederich Nietzche!

(Lo so già, la modestia non é la maggiore delle mie poche virtù, e dunque non mi perito di dire apertis verbis quel che penso anche dei filosofi più diffusamente apprezzati; ad ulteriore dimostrazione, fra l' altro, che il credere nell' indeterminismo -id est: libero arbitrio- non é affatto una necessaria conditio sine qua non dell' anticonformismo, dell' originalità di pensiero, del senso critico, né tantomeno del coraggio intellettuale e della forza di volontà di dire pane al pane e vino al vino senza timori reverenziali verso nessuna autorità, più o meno "costituita" che sia, magari nella pretesa negazione di qualsiasi -altra- autorità da parte sua propria).

sapa

Da ignorante di filosofia, mi permetto di intervenire in questa bella discussione sul libero arbitrio e sulla morale, per sottolineare quella che a me sembra una delle più belle pagine di letteratura sull'argomento: il destino del Pelide Achille narrato da Omero nell'Iliade e che tutti conosciamo. L' eroe semi-divino, infatti, è consapevole del suo Fato, potrebbe starsene comodamente irato presso le concave navi, o addirittura trarle in mare e far vela verso casa, ma sa che non è quella la sua strada, gli toccherà scendere di nuovo per l'ultima volta in campo per dar man forte agli Achei e al disprezzato Atride. Il suo percorso, infatti, è scritto, il libero arbitrio per lui si riduce unicamente alla scelta del momento per dargli compimento, quello cioè che gli aprirà meglio la strada per la Gloria imperitura e per l'ingresso nell'Epica. Sbranare Ettore, facendone scempio del cadavere, decretando la fine di Ilio sacra e poi morire. Quindi, un libero arbitrio fittizio, angusto, ma comune a tutti, eroi e semplici comparse. Quale morale, in ciò? Probabilmente, la tensione verso l' alto: non scriviamo noi la nostra storia, ma possiamo scegliere se darle colore o viverla in bianco e nero.

Apeiron

#25
Personalmente, non sono mai riuscito a capire come si può fondare il concetto di 'responsabilità morale' senza il 'libero arbitrio'.
Però anziché usare l'espressione 'libero arbitrio' in questo contesto, parlerei di 'libera volontà' e 'libera azione'. Con la prima espressione intendo la possibilità di volere autonomanente, ovvero una certa autonomia nell'intenzionalità. Ovvero, intendendo qui la volontà qualcosa di puramente 'mentale' la contrasterei con la 'libera azione', ovvero la possibilità di avere un certo livello di autonomia nelle azioni 'fisiche' (parola, movimento del corpo ecc). Concettualmente, credo che possa aiutare questa separazione.

Come altra premessa, direi anche che, appunto, onde evitare fraintendimenti direi che è importante sottolineare il fatto che si deve paralre di un 'certo livello di autonomia' e non di una autonomia, diciamo, 'assoluta'.

Il motivo per cui, personalmente, non riesco a capire come si fonda la 'responsabilità morale' in assenza di una certa autonomia/libertà di volontà e azione è che, in genere, si dice che, per esempio, una determinata azione ha un 'peso' morale quando si poteva agire in modo diverso. 

Se il mondo fisico fosse completamente 'deterministico', è ben chiaro che anche le azioni umane sarebbero completamente inevitabili. Ogni singola azione, infatti, sarebbe il risultato di processi interamente deterministici e quindi inevitabili. Ma se è così, come si può pensare di 'aver potuto' agire diversamente? Certo, si può pensare, ovviamente, che anche in un mondo fisico completamente deterministico si potrebbe differenziare tra azioni 'buone' e azioni 'cattive', però d'altra parte rimarrebbe il fatto che tali azioni sarebbero sempre e comunque inevitabili. Se, per esempio, cerco di convincere una persona ad agire in un determinato modo anziché un altro, la sua eventuale reazione a tale mio tentativo sarebbe certamente inevitabile.

D'altra parte, qualcuno potrebbe dire che, in effetti, in alcune interpretazioni della meccanica quantistica si afferma che alcuni processi fisici non sono 'deterministici' ma 'probabilistici'. Questo non significa che tali processi avvengano senza alcuna 'regolarità', ma che sembrano appunto probabilistici. D'altra parte, è anche vero che dal punto di vista della 'libera azione' cambierebbe poco. Infatti, se tali azioni fossero il risultato di processi probabilistici allora comunque non ci sarebbe autonomia. Infatti, anche se eventuali processi probabilistici non danno risultati 'inevitabili' e ha perfettamente senso, in questo caso, immaginare a risultati diversi, rimane comunque il problema che la (parziale) autonomia dell'azione richiederebbe un certo controllo. Questo 'controllo' farebbe in modo di 'guidare' le azioni e quindi di 'selezionare' un determinato risultato anziché un altro in modo che chiaramente non è 'casuale'.

Ovviamente, per arrivare ad una 'libera azione' non 'basterebbe' nemmeno una combinazione tra processi probabilistici e deterministici, visto che i problemi di cui sopra rimarrebbero (ovviamente, anche la possibilità in cui tali azioni non seguono alcuna regolarità non va bene...ipotesi tra l'altro incompatibile anche con il 'probabilismo', oltre che il 'determinismo').
A questo punto ci si può chiedere se possiamo 'fondare' la morale con la sola 'libera volontà', ovvero con un semplice fattore 'mentale'. Tuttavia, la responsabilità morale si basa anche sulle azioni stesse (oltre che sulle 'intenzioni') e quindi anche questa alternativa è per me incomprensibile.   

Quindi, mentre quello che sappiamo ora dalla fisica sembra escludere la possibilità della 'libertà di azione' se non si ammette la presenza di una forma di 'dualismo' (prospettiva che non è certamente 'popolare' oggi), è anche vero che la nostra esperienza sembra invece suggerirci che un certo 'controllo' lo abbiamo. Quindi si potrebbe obiettare che la nostra esperienza potrebbe darci sufficiente evidenza per la presenza di una 'libertà di azione'. Ma è anche vero che talvolta l'esperienza può darci illusioni.

Infine, si potrebbe anche pensare che in realtà la fisica non descrive esattamente le regolarità dei processi, ma che le 'leggi' che vengono trovate sono di natura statistica. Se così fosse, allora si potrebbe forse pensare che un certo spazio per una limitata 'autonomia' si può trovare (rimarrebbe però, per esempio, il problema, se si adotta una prospettiva 'fisicalista', di come spiegare l''emergenza' dell'esperienza cosciente...con questo non voglio dire che tale prospettiva è 'necessariamente falsa'). Ma si riesce davvero a giustificare l'autonomia della volontà con questa assunzione sulle 'leggi'? Chissà.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

bobmax

Apeiron,
la responsabilità morale individuale è imprescindibile dal libero arbitrio.

Ma appunto in quanto il libero arbitrio implica la responsabilità individuale.
Che però non ha nulla che vedere con l'etica in quanto tale.

Vi è forse bisogno di una responsabilità individuale per distinguere il bene dal male?

Inoltre, neppure la responsabilità di per se stessa deriva dal libero arbitrio. Può derivarne solo se individuale.

Di modo che può esservi responsabilità morale in assenza di libero arbitrio.

Di chi è allora la responsabilità se il libero arbitrio è un'illusione?

È mia, ma non in quanto individuo.
Ed è una responsabilità Totale.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#27
Posto che libera volontà e libera azione siano illusioni, e il mondo sia solo deterministico, allora la descrizione del determinismo andrebbe completata alla luce di ciò, includendo anzitutto le descrizioni nel gioco di cause ed effetti.
La descrizione stessa del determinismo entrerebbe in questo gioco.
Dovremmo distinguere quindi due tipi di cause , una naturale e una culturale.
Il modo in cui si organizzano le cause naturali in forma di conoscenza , diventa una causa.
I modo in cui si organizzano queste forme , sia che tendano ad una forma assoluta ,una teoria del tutto , oppure no , hanno una loro dinamica che fa' parte del gioco.
Se quanto sopra espresso possa stare in piedi dipenderà dalla possibilità di dare risposte a domande che da quanto sopra possono emergere.
Potremmo chiederci allora , posto che non siamo giunti ancora alla teoria del tutto , e che la realtà è soggetta deterministicamente a teorie ancora parziali , cosa cambierebbe nella realtà una volta giunti alla teoria unica del tutto?
Ad oggi la realtà, oltre ad essere soggetta a teorie parziali ,incomplete nel migliore dei casi , è soggetta anche a teorie in tutto o in parte errate.
La conoscenza infatti  procede per prove ed errori ,come sappiamo.
Qualcuno più ferrato di me potrebbe provare a incastrare in questo quadro morale ed etica , per vedere l'effetto che fa'.
A prima vista da questo quadro emergerebbe quello che ben sappiamo.
Male e bene sono legati in modo inestricabile e si può giungere al bene solo sperimentando il male.
L'imperativo morale sarebbe quello di non ripetere gli stessi errori , e sarebbe bello se tutto fosse così semplice.
Troppo semplice per essere vero.
Non poter tornare sui propri passi potrebbe essere un limite alla libertà di sbagliare, cioè porre un limite a quel solo  motore di ricerca che ci è dato.
Se questo limite è da porre occorrono buoni e convincenti motivi ,e ciò in parte è frustrato dal fatto che l'esperienza , cioè là libertà di sbagliare, è un fatto personale.
Chi organizza la conoscenza,in forma di potenziale causa , è l'essere vivente , e il determinismo non sembra essere in contraddizione con la vita , però esso è rimarrà' sempre solo una descrizione in divenire col divenire della vita.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve giopap : Citandoti : "(potrebbe essere interessante l' apertura di un' ulteriore discussione sulle sottili differenze fra "determinismo - indeterminismo" e "necessità - possibilità")".

Da parte mia non trovo implicazioni particolarmente sottili.

Il DETERMINISMO IMPLICA L'ONNIPRESENZA DI UNA O PIU NECESSITA' CONCOMITANTI (NOTE O CONOSCIBILI) CHE RISULTINO CONNESSE A CIASCUN EVENTO.


L'INDETERMINISMO IMPLICA LA PRESENZA DI NECESSITA' (NOTE O CONOSCIBILI PER GENERE MA IGNOTE PER QUANTITA') SOLO ALCUNE DELLE QUALI (POSSIBILISTICAMENTE) SONO CONNESSE ALL'EVENTO. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Posto che determinismo e indeterminismo sono concetti metafisici, poco ci azzeccano con una sezione del reale, l'universo antropologico, per sua natura relativistico e fondato, come l'acuto Schopenauer colse, su volontà e rappresentazione, che sono appunto gli ingredienti di morale e libero arbitrio, più o meno libera, volontà.

Dobbiamo pertanto escludere il rumore di fondo delle leggi naturali e degli assoluti metafisici se vogliamo stanare il ragno morale che la natura ignora del tutto, potendosi dire di essa tutto fuorchè l'essere morale o immorale. Perfino definirla amorale sarebbe farle un torto, come voler a tutti i costi definire un umano come non-volatile.

Volatile è invece la volontà umana e i suoi artefatti metafisici, sociali e materiali. Non a caso gli antichi che più ci capivano coniugarono fin da subito il sociale umano all'artificio nella ethikè, politikè, arti del comportamento e del governo della polis.

Se vogliamo inoltrarci in questa discussione dobbiamo ragionare praticamente, perchè la etica/morale, come insegna il buon padre Kant, è essenzialmente ragion pratica. E le pratiche, si sa, cambiano con l'ambiente su cui vanno ad esercitarsi ed agire, per cui se ne fanno un baffo degli assoluti metafisici e tengono invece conto delle leggi naturali (da lì non si scappa), ma adattandole ai bisogni e desideri umani, fattualmente e, come osservano davintro e chiunque non abbia il prosciutto metafisico negli occhi, più spesso, controfattualmente.

Il controfattuale è il cuore della questione etica (su ciò anche l'immoralista FN ha zoppicato cercando etiche fondative nella natura toutcourt) e proprio in quanto controfattuale necessita di solide pezze di appoggio per passare l'esame della persuasività. Pezze d'appoggio autoreferenzialmente etiche. Basate cioè sulla volontà di rappresentare il mondo (umano) in un certo modo, piuttosto che in un altro.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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