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Morale e libero arbitrio

Aperto da cvc, 21 Maggio 2020, 12:54:38 PM

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cvc

Più volte è capitato nelle discussioni di imbattersi in problematiche riguardo la morale. Si possono forse riassumere in due grandi temi, ossia il problema di disguere il bene dal male e l'esistenza o meno del libero arbitrio.
Cominciando direi che bene contro male è la dicotomia delle dicotomie. La visione dicotomica della realtà ha in filosofia un'ampia letteratura. Eraclito, Hegel, lo yin e yang orientale. Ma provando a fare in proprio, la prima dicotomia che mi viene in mente è vita/morte. Poi dolore/piacere, paura/coraggio, amore/odio, guerra/pace, luce/buio, caldo/freddo e chi più ne ha più ne metta. Ma, supponendo per il momento che un individuo abbia facoltà di scelta - almeno in quella parte di realtà in cui sia possibile scegliere, anche nel mondo del libero arbitrio esiste l'ineluttabile - e che si trovi dunque a dare delle preferenze che si riperquotano sulla propria vita, allora prima di tutto deve esistere un bene ed un male. Starà poi al suo raziocinio il compito di associarlo di volta in volta all'uno o all'altro termine delle varie dicotomie. Significa che in un certo caso può essere un bene la luce, in un altro il buio; in uno la pace, in un altro la guerra e così via. Ma sempre il concetto di bene e male è necessario nel mondo dove la scelta è possibile.
Ora, considerando il mondo dove il libero arbitrio non esiste, credo che valga quanto detto sopra tranne che per un particolare. Ossia, anche nel secondo modo di vedere il mondo c'è comunque da seguire, perlomeno, una morale apparente. Se anche si considerasse che sia il caso a muovere il tutto, e che ogni nostra presunta libera scelta sia appunto apparente, cionondimeno occorrerebbe mantenere lo stesso, nell'ambito della vita di tutti i giorni, un attegiamento di parvenza di decisionalità. Altrimenti ci sentiremmo tutti schiavi o automi e precipiteremmo tutti nella desolazione, nella frustrazione,  nella depressione. Deduco quindi che i due mondi del libero arbitrio (presupposto della legittimazione della morale) e del non libero arbitrio debbano funzionare in modo analogo. Eccezion fatta che nel primo caso il libero arbitrio è una cosa reale, nel secondo un'illusione necessaria (anche se forse qualcuno potrebbe obiettare sulla necessità di tale illusione, poiché potrebbe pensare che si può essere felici anche sapendo di non determinare niente con le proprie decisioni. Nel qual caso io non sarei d'accordo).
Quindi mi domando, ancor prima di stabilire se esiste, se cambia in qualche modo la nostra vita il fatto di sapere se il libero arbitrio (e con esso la morale) sia reale o un'illusione. Che poi, un'illusione necessaria non sarebbe comunque anch'essa una realtà?
Riguardo allo distinguere cosa è bene da cosa è male, credo che innanzitutto sia bene - come pensavano gli stoici - la facoltà stessa che ci permette di compiere delle scelte. E laddove di tale facoltà ci si sia presi più cura, in quel luogo si trova la scelta migliore. E questo, almeno a me, sembra essere il bene.


Saluti
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Jacopus

CitazioneRiguardo allo distinguere cosa è bene da cosa è male, credo che innanzitutto sia bene - come pensavano gli stoici - la facoltà stessa che ci permette di compiere delle scelte. E laddove di tale facoltà ci si sia presi più cura, in quel luogo si trova la scelta migliore. E questo, almeno a me, sembra essere il bene.


Sono d'accordo. Questa premessa ha una conseguenza molto importante. Ovvero che siamo sempre responsabili di ciò che facciamo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#2
Avere una morale significa aver fatto delle scelte sufficientemente stabili da poter essere rilevate dal prossimo , che ha quindi una chiave per interagire con te .


Una morale definita determina un agire non imprevedibile , non caotico, potenzialmente sociale , ma non deve  essere tanto monolitica da non poter essere scalfita dal rapporto sociale , perché un rapporto sociale privo di conseguenza morale non può dirsi tale.
Viene difficile infatti credere che una morale monolitica non sia frutto di una inerte eredità culturale priva di ogni potenzialità dinamica sociale , effetto di una qualche patologia inquietante.
Se uno concede di poter cambiare idea da' quantomeno l'impressione che la sua morale sia frutto di scelte sufficientemente personali.
Se pure non esistesse il libero arbitrio , pure gli uomini si dividono fra chi si comporta come l'avesse e chi si conforma a prova vivente della sua inesistenza , e questi ultimi , per quanto possano risultare socialmente rassicuranti , sono un triste spettacolo.
Se pure si avesse l'impressione che essi agiscano per il bene,è insopprimibile l'impressione che essi non agiscano per il proprio bene ,in quanto non può essere bene essersi ridotti ad automi , che quanto più hanno aspetto umano , tanto più appaiono inquietanti.
Se il libero arbitrio fosse un illusione , come succede che alcuni sembrano esserne privi , tanto è prevedibile il loro agire ?
Un imperativo morale che sopprime il libero arbitrio non può essere suo effetto.
Ma se la morale è effetto del libero arbitrio non è il libero arbitrio del singolo, ma dei tanti che agiscono socialmente .
In questo modo la morale media nella scelta del libero arbitrio , che per ciò non è mai immediatamente tale.
Sono pensieri sparsi , spero non troppo incoerenti .
In effetti è la prima volta che provo a riflettere su questo problema.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve a tutti. Via col vento, partiamo in tromba con la MORALE (da MORES = costume, usanza, cioè l'insieme delle regole collettive che una qualsiasi COMUNITA' finisce per darsi per raggiungere un equilibrio che le permetta di continuare ad essere una PLURALITA').....................mentre invece ciò che concerne i criteri di BENE e di MALE altro non è che l'ETICA (=COMPORTAMENTO) che ciascuno di noi sceglie INDIVIDUALMENTE di assumere di fronte alle proprie scelte e convinzioni. Ennesimo vano sforzo di appropriata distinzione. Saluti
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

L'ipotesi che il libero arbitrio non esista, una volta presa in considerazione non può più essere tratta come "ipotesi".

Perché coinvolge direttamente l'ipotizzante, annullandolo!

O si considera per davvero la possibilità dell'inesistenza del libero arbitrio, oppure si fa solo finta e si entra così in un circolo di contraddizioni.

Se invece lo si considera per davvero... l'io ne risulta annichilito.

Di modo che non ha alcun senso concludere che saremmo automi, schiavi dell'altrui volontà...
E che allora sarebbe comunque meglio vivere fingendo di possedere il libero arbitrio...

Tutte considerazioni per salvare capre e cavoli che derivano dal non aver fatto davvero propria l'inesistenza del libero arbitrio.

Perché questa constatazione è un fulmine a ciel sereno! Che manda in frantumi la nostra realtà. Così come siamo soliti intenderla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Per Viator. La filosofia classica tedesca adotta un significato invertito rispetto al tuo, e in quanto a precisione filosofica i tedeschi non scherzano. Basta mettersi d'accordo. Anche il.termine etica, etimologicamente, rimanda alla morale intersoggettiva.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

Una azione che sia pura espressione di libero arbitrio soggettivo ,che possa cioè astrarsi dal contesto sociale , deve considerarsi evento raro, se togliamo quelle che intendono dimostrarlo.
Tuttavia è difficile pensare il libero arbitrio come un illusione se si esamina la sua distribuzione ,comunque  non omogenea,  fra gli umani.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Se il libero arbitrio fosse illusorio nessuno potrebbe esercitare il libero arbitrio di considerarlo illusorio o meno. Già il fatto che si possa porre tale domanda e che si possa rispondere in maniera diversa è un vulnus nella corazza deterministica. Se poi consideriamo che pure all'atto pratico si risponde in maniera diversa - e da ciò nacque anche la più severa delle arti classiche: la tragedia - risulta che morale e libero arbitrio sono una coppia indissolubile.

Tralasciando i mulini a vento semantici, restiamo fermi alla traducibilità di ethos e mores e tiriamo avanti nella questione che li connette al libero arbitrio, o meglio alla libertà, visto che di arbitrario c'è ben poco nell'universo e tutto, se non una causa, ha quantomeno una giustificazione. Magari farlocca, ma mai arbitraria, parlando di vita reale. L'unico arbitrio arbitrario che mi sento di sottoscrivere riguarda le scienze matematiche e in ispecial modo la geometria.

L'umano, no. La sua morale, per quanto apparentemente arbitraria ha una storicità genetica e culturale che lo orienta verso un range di opzioni sulle quali può esercitare il suo grado di libertà. Il cui massimo viene raggiunto quando si contrappone coraggiosamente ad un potere dispotico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Il libero arbitrio (che come giustiamente fa notare Ipazia non dovrebbe chiamarsi così, ma libera volontà), ha ed ha avuto dei nemici formidabili ed anche dei "false friends". Il primo grande nemico è stato l'avvento del metodo scientifico. Dal 600 in poi, l'uomo ha trasformato il mondo attraverso di esso ed una delle sue dichiarazioni, anzi il suo grido di battaglia è sempre stato, che tutto ha una causa e che al massimo non la conosciamo con gli strumenti a nostra disposizione. Descartes, Leibniz, Spinoza, Hobbes, al principio del mondo moderno si sono molto prodigati in questo senso, per non parlare dei filosofi-scienziati, Galilei, Newton, Bacone. Ora ancora viviamo sotto quella luce lontana.
Pensare alla libera volontà inoltre schiude il campo alla possibilità. Se nulla è già scritto, tutto si può scrivere. Non esistono sistemi "naturali". Esiste ciò che l'uomo può fare di sè, sapendo che può fare A-B-C e che ogni azione comporterà l'apertura di altri sentieri che si biforcano e che nulla è senza prezzo e che tutto è sotto la nostra responsabilità di agenti vivi. Tutto ciò è pericoloso per ogni potere che deve autoconservarsi. E così la teocrazia si fonda sulla naturale propensione a Dio, la democrazia, sulla naturale propensione al Popolo, il capitalismo, sul naturale istinto all'arricchimento e così via, di giustificazione naturale e predeterminata in giustificazione naturale e predeterminata. Morto Dio, il Determinismo è diventata una divinità altrettanto rigida e alleata del Potere vigente.

Il grande "false friend" è stato il cristianesimo. Il libero arbitrio serviva più a dividere i malvagi dai buoni e a manlevare Dio di ogni responsabilità sulle sue creature. In questo, il cristianesimo ha dovuto spesso fare i salti mortali per mettere insieme il potere assoluto di Dio e la libertà degli uomini. Tuttavia, il cristianesimo, a differenza del pensiero protestante "medio", ha mantenuto una sua umanità di fondo, permettendo a tutti di pentirsi e di ritrovare la propria anima. L'Innominato non avrebbe posto a Wittemberg.
Resta il fatto che la libera volontà o libero arbitrio, nel cristianesimo è piegato ad una necessità teologica che lo vizia in modo non rimediabile.
Anche qui ha ragione Ipazia quando accenna alla tragedia greca, come luogo della scoperta della libera volontà, che oggi diventa riscoperta, in molto mutati rapporti di potere. L'Ulisse di oggi non avrebbe bisogno dell'astuzia per scappare da Polifemo. Sarebbe bastato un missile Stinger. Ed è in questo senso che subentra il rapporto fra libera volontà e responsabilità. Solo attraverso questo nesso la libera volontà assume tutta la sua forza.
Senza dimenticare un ultima passaggio estremamente rilevante. Pensarsi in un mondo deterministico ci indurrà a compiere azioni deterministiche, rafforzando la verità di quella teoria. Pensarsi in un mondo di libere volontà ci indurrà a compiere azioni di libera volontà, rafforzando la verità di quella teoria. Ovvero non siamo l'entomologo che studia l'insetto. Noi siamo l'insetto che studia sè stesso.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#9
Gli ultimi due post di questa discussione , che a me sembrano notevoli , fanno pensare.
Ma credo che il libero arbitrio o libera volontà del singolo non abbia alcun effetto in senso deterministico,se non quello di far muovere la società, alla quale quell'effetto può attribuirsi,così come non ha effetto sulla figura finale di interferenza il singolo fotone che passa per le due fenditure.
Se ci fermiamo al singolo fotone non troviamo la causa del perché abbia colpito un punto  preciso , ma se consideriamo la successione dei fotoni allora la doppia fenditura diventa la causa della figura di interferenza .
I fotoni non si influenzano a vicenda perché sparati in tempi diversi.
Ma diremmo che si comportano all'unisono come una cosa sola , se volessimo salvare il determinismo.
Per salvare ancora il determinismo potremmo dire  che il fotone non ha un percorso.
Per salvare il determinismo potremmo dire che non c'è un individuo fotone che va' dove gli pare , anche se ciò appare.
Per salvare il determinismo l'individuo come unità fisica nello spazio e nel tempo entra in crisi.
L'individuo sociale non vive nel presente , ma nella cultura e non occupa un punto ma uno spazio sociale.
A quanto pare non c'è un solo modo di determinare il determinismo, che comunque va' salvato se si vuol dare un senso alla libera volontà.
Se cerchiamo le cause che muovono una società non fatichiamo a trovarle in modo deterministico.
Ma perché la società si muova deve possedere una volontà , che però non ha e a cui sopperisce l'individuo.
Se la società fosse un individuo si chiederebbe in quale suo organo risieda la sua volontà , restando incerta sulla risposta.
Non la trova perché per trovarla dovrebbe negare la sua unità fisica e temporale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

cvc

Citazione di: Ipazia il 21 Maggio 2020, 20:30:40 PM
L'unico arbitrio arbitrario che mi sento di sottoscrivere riguarda le scienze matematiche e in ispecial modo la geometria.

L'umano, no. La sua morale, per quanto apparentemente arbitraria ha una storicità genetica e culturale che lo orienta verso un range di opzioni sulle quali può esercitare il suo grado di libertà. Il cui massimo viene raggiunto quando si contrappone coraggiosamente ad un potere dispotico.


"Ricorda che sei soltanto attore di un dramma, ed è chi lo allestisce a stabilire di quale dramma: se lo vuole breve, reciti un dramma breve; se decide che sia lungo, uno lungo; se ti riserva la parte di un mendicante, cerca di interpretarla con bravura, e così quella di uno zoppo, di un magistrato, del privato cittadino. Perché il tuo compito è questo: impersonare bene il ruolo assegnato; sceglierlo tocca ad altri."
Epitteto definisce così questo grado di libertà. Poi c'è chi ci vede in questo una libertà insignificante e chi ci vede dentro un mondo. La meta del saggio stoico di vivere serenamente in qualunque condizione di sorte è considerata da Nietzsche, ad esempio, come mediocrità. Bisogna essere autori del proprio destino ma, paradossalmente, la volontà di potenza diventa la peggiore - o la più dispotica - delle schiavitù. Come aveva intuito Schopenhauer, non poter smettere di volere è la condanna all'infelicità. Libero arbitrio non significa piegare il mondo alla propria volontà, ma avere la possibilità di scegliere.

Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Ipazia

Le iperboli hanno un carattere paradossale che condanna l'utopia alla distopia. La morale ha invece un carattere parabolico, anche in senso evangelico, e le stelle danzano all'apice di una parabola sorretta da invisibili trame di forze gravitazionali senza le quali il caos non avrebbe fatto nascere nulla.

Contrapporre la libera volontà, felicemente declinata da jacopus, e il suo complemento etico, la volontà della libertà alla volontà di potenza è forse mediocritas, ma di lega aurea, non destinata ad infrangersi tra Auschwitz e Stalingrado.

La morale nasce dalla contraddizione, non dall'affermazione. Essa è dialettica, non epica, anche se un'epica fluttuante si coglie nell'andamento dei suoi risultati conoscitivi, epistemici. Non a caso i più lungimiranti tra gli antichi intesero la morale in forma tecnica, ovvero artistica, come sagace governo dell'ethos a partire dal suo stato originario e belluino tra eros, polemos e thanatos. Cibo, tana, riproduzione e morte: materiale scarso per una volontà di potenza tout court (malgrado tutte le giravolte ideologiche para- meta- e post-darwiniane a supporto). Ma plasmabile saggiamente lungo un percorso etico capace di edificare una libertà possibile mediando tra pretese morali sorte dal caos nello scontro tra diverse, fondate sui bisogni ma generalmente illusorie nei desideri, volontà di potenza.

Hai ragione cvc: "la volontà di potenza diventa la peggiore - o la più dispotica - delle schiavitù", perchè fa cadere dalla padella della morale degli schiavi alla brace della morale dei signori. L'iperbole (im)moralista non avendo progettato il suo massimo, precipita non appena esurito l'impeto iniziale, perchè nessuna solida trama invisibile di tipo etico la sorregge al punto massimo della sua ascesa. Cadono gli dei e la morale degli schiavi travolge i signori, schiavizzandoli a loro volta. A loro insaputa: al servizio di rinnovati vitelli d'oro. Come accade alle tragedie farlocche destinate inesorabilmente alla farsa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Esempio di non pensiero:

"Se la mia volontà non è libera, allora non sono responsabile delle mie azioni. Perché ciò che decido non sono io a deciderlo. Quindi posso lasciarmi andare ad ogni nefandezza. Visto che non essendoci libero arbitrio pure la morale è un'illusione. Nessuno è responsabile, tutti possono allora fare ciò che a loro pare!"

Questo non pensiero è purtroppo diffuso.
Ipotizza la non esistenza del libero arbitrio per poi valutarne le conseguenze di chi "liberamente" se ne rende conto e altrettanto "liberamente" decide quindi di potersi comportare.

È così difficile notarne l'assurdità?

Invece si condisce il tutto con una necessaria interdipendenza tra libero arbitrio e morale...
Dando per scontato che il bene e il male dipendono dalla libertà...

E non che ciò che è bene e ciò che è male prescinde da qualsiasi libertà!
Come effettivamente è!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Bobmax. Per favore rispondimi sulla questione senza svicolare.
Definire "non pensiero" il pensiero espresso precedentemente da qualcun altro, al di là del concordare o meno con esso, è bene o male? E se è male perché lo hai commesso? E se è bene, come può essere un bene umiliare il pensiero di quella persona e la persona stessa? Ti ringrazio per l'attenzione.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Jacopus, non mi sembra di essere uso a svicolare. Nel caso, sarei felice se me lo si facesse notare,
dimostrandolo.

Non era mia intenzione offendere nessuno.
Anche perché il non pensiero è probabilmente più diffuso del pensiero.
La mia stessa mente è in continua lotta con sé stessa, nello sforzo di superare l'onnipresente non pensiero.
Tant'è vero che mi sgrido in continuazione.

Se ti senti offeso me ne scuso.
Non era certo mia intenzione.

Ciò che conta è infatti la ricerca della Verità. E questo implica polemos.
Ma ciò non riguarda la persona in sé, che è segno del divino, riguarda soltanto la ricerca.

Tu mi chiedi se il mio post sia stato un bene oppure un male...

Questa domanda è cruciale.

Perché in sostanza non ho una risposta definitiva.

Quando l'ho scritto pensavo fosse bene scriverlo.

Poi leggo la tua reazione e inizio a dubitare della sua bontà: avrei fatto forse meglio a non scrivere?

Ora che però rispondo, nel vorticare delle ipotesi mi chiedo, se pur nel disagio causato, vi possa essere in ciò che scrissi comunque un futuro bene...

Insomma non lo so!
Non ho certezza in nulla.
Eppure con queste "certezze" instabili mi tocca procedere...

E perché procedere?
Ecco, in nome della Verità, che appare come Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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