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METAFISICA DELL'ESSERE

Aperto da PhyroSphera, 04 Maggio 2024, 10:11:05 AM

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Ipazia

Finchè sarà l'economia a scrivere la storia la filosofia non potrà non tenerne conto. Porre steccati tra politica e morale può funzionare come pharmacon individuale, oppiaceo raffinato infelicemente inconcludente.

Dallo zoon politikon a Hegel la filosofia ha intrecciato la sua visione con la politica, ignorando il primo motore mobile che sta sotto l'ambaradan. Marx ha completato il quadro che è insieme antropologico, storico e filosofico.

Da lì si riparte correggendo gli errori della teoria e della prassi, non tornando a caricature idealistiche del mondo erette a sistema.

Legittimo turarsi il naso, esiziale bendarsi gli occhi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

PhyroSphera

Citazione di: niko il 04 Maggio 2024, 23:29:16 PML'essere non e' qualcosa fisico, e' (gia') un pensiero e un "puro" concetto, quindi, voler fare la "metafisica dell'essere", e' come voler fare l'acqua bagnata o la luce luminosa: una ridondanza.

L'essere, o e' metafisico o non e'.

Perche', per contro, la fisica dell'essere quale sarebbe?



Ci possono essere due modi di pensare il verbo metafisico: nel senso di oltre o di al di là. Il materialista assolutista pensa solo il primo e così si concentra solo sul mondo; se poi si fa totalitario, come Marx ed Engels nel loro Manifesto, allora non c'è per lui neanche Schopenhauer a poterlo salvare dal disastro. Non basta cioè passare a una rappresentazione del mondo secondo la volontà, bisognerebbe che lui torni direttamente all'Assoluto.

Mauro Pastore 

PhyroSphera

Citazione di: green demetr il 06 Maggio 2024, 23:32:17 PMovviamente non poteva che finire nel transumanesimo, dove l'uomo è il contrario del suo tempo, della sua perversione, ma diventa solo oggetto.
mero corpo morto nelle mani dei suoi carcerieri e torturatori.

[...]

Molto bene Mauro, forse dialetticamente non ti sono molto di aiuto, ho scelto da tempo: l'essere NON è l' ente.
e chiunque dica il contrario in questo caso ipazia o niko, ovvero i comunisti, è mio nemico nella teoria (e a quanto pare ultimamente anche nella pratica. CVD).
Saluti.

Certamente negando la distinzione tra essere e ente accade di pensare gli enti come fossero l'essere, smarrendo il senso dei limiti umani. Questo errore è alla base del transumanesimo contemporaneo, che affermando la libertà dell'uomo non distingue più tra eros e tanatos, così comincia a fingere che un dente artificiale sia la stessa cosa di uno naturale... E quando, come Heidegger stesso mostrava, si pretende troppo dal principio di ragione, facendo della ontologia una organizzazione dittatoriale e dimenticando l'importanza del semplice elemento ontico... Ecco che qualcuno può mettere assieme i due errori... E così si incontra chi vuol mettersi un dente artificiale senza averne motivo.
Gli errori filosofici sono smentibili, il pensiero si può correggere; in tal senso si può dire che i mezzi filosofi sbadati non trovano il loro cattivo sèguito ma sono il sèguito di qualcun altro. Se il cosiddetto transumanesimo è entrato in filosofia, è perché ce lo hanno messo con l'inganno, profittando della sbadatezza di qualcuno.
La trovata di Cacciari sulla metafisica concreta procura solo un beneficio superficiale e momentaneo; al che sarebbe necessario tornare alle distinzioni heideggeriane. Meglio sarebbe stato che molti ci avessero riflettuto meglio dall'inizio.

Mauro Pastore

bobmax

Non occorre avere pregiudizi su Heidegger.
È sufficiente leggerlo senza neppure avere idea su chi sia.

Leggendo Essere e tempo, per esempio, cresce un qual fastidio interiore o invece non si avverte nulla che non vada?

Si segue lo scritto apprezzandone i contenuti razionali, oppure ci si domanda dove sia l'umanità?
Dov'è l'afflato etico?

Perché qui vi è la differenza sostanziale tra i due filosofi della Filosofia della esistenza: Jaspers e Heidegger.
Ed è una differenza abissale.

I termini utilizzati sono pressoché gli stessi, ma in Jaspers vi è fede nella Verità, mentre in Heidegger solo vuoto raziocinio.

Non riuscivo a farmi una ragione della repulsione che provavo ogni volta che mi approcciavo a Heidegger.
Finché comparve un articolo su MicroMega di uno stralcio pubblicato postumo della autobiografia di Jaspers.
Postumo per lo scrupolo di Jaspers.
E lì ho capito il perché del mio rigetto verso Heidegger!

H. aveva scopiazzato malamente da Jaspers le sue idee, per utilizzarle per la propria fama, ma senza davvero farle sue. Era un'opera puramente cerebrale.

H. è un corruttore. Che attira il lettore, che si convince sempre più di aver capito! Perché il percorso che offre è logico. E così non particolarmente difficile.
Ma in realtà soddisfa solo la volontà di potenza cerebrale.
È senz'anima.

Per rendersene conto bisognerebbe leggere Jaspers. Ma qui si fa difficile. Perché in definitiva semplice, è infatti l'anima che parla.
In Jaspers pulsa la vita, in H. vi è la morte.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

PhyroSphera

Citazione di: green demetr il 06 Maggio 2024, 23:32:17 PMSono totalmente dentro il tuo discorso.
Compreso quello dei passerotti che gorgheggiano spensierati, mentre mi perdo nella nebulosa di hegel.
Ah ah, è proprio vero, anch'io mi sono divertito a pensare quanto la vita, nel qui ed ora, e lontana dagli universali, sia semplice e profonda nello stesso tempo.
Cari passerotti, che mi insozzano il giardino.

Sai in un altra vita, prima cioè di aprire i minima moralia di Adorno, cercavo disperatamente qualche segno di apertura alla metafisica che ritengo grande, ossia quella di Heidegger.
Ma Cacciari è l'ennesimo prodotto pre-confezionato dell'industria culturale, insieme agli altri due filosofi che più vendono, ossia Galimberti e Sini.
La loro è una filosofia che chiude gli orizzonti.

Purtroppo la filosofia oggi si può pensare in quel breve lasso di tempo che parte da Hume-Kant, viene ri-elaborato dall'idealismo, e sfocia, di fatto finendo con Heidegger.
Accanto a loro tre autori incommensurabili, Leopardi, Kierkegaard e Nietzche.
Hai detto benissimo tu, sono questi autori che pensano la differenza.
Cosa è ente e cosa è essere?
Preciso che non sono le tue le mie parole su questi tre autori.

Mauro Pastore 

Ipazia

La differenza tra Jaspers e Heidegger è che il primo ci crede alla differenza tra ontico e ontologico, il secondo no. E quindi in lui risuona falsa. Doppiamente falsa perchè priva pure del noumeno kantiano, fuori tempo massimo, che poteva ancora dare un minimo di realtà all'ontologia dell'essere.

Nella visione heideggeriana non può esserci etica perchè il confronto è con l'epistème scientifica, nell'estremo tentativo di salvare un'ontologia metafisica sempre più in difficoltà di fronte alla sua "ontizzazione" scientifica. E pure tecnica, ma qui siamo già nel campo dell'etica e dell'esistenziale umano. La tecnoscienza o è una categoria etica o è aria fritta.

Resta filosoficamente valido il campo "ontico" dell'esserci delle cose, per le quali è sufficiente la lezione fenomenologica di Husserl. La metafisica concreta riannoda qui il discorso filosofico, al quale resta lo spazio epistemologico connesso alla ricerca scientifica, e soprattutto l'ambito esclusivo etico, per far valere le sue ragioni.

(liberando la natura dall'etica, l'epistème scientifica ha regalato molto più spazio alla filosofia)

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Citazione di: PhyroSphera il 08 Maggio 2024, 08:53:45 AMCi possono essere due modi di pensare il verbo metafisico: nel senso di oltre o di al di là. Il materialista assolutista pensa solo il primo e così si concentra solo sul mondo; se poi si fa totalitario, come Marx ed Engels nel loro Manifesto, allora non c'è per lui neanche Schopenhauer a poterlo salvare dal disastro. Non basta cioè passare a una rappresentazione del mondo secondo la volontà, bisognerebbe che lui torni direttamente all'Assoluto.

Mauro Pastore



Io tutta 'sta differenza tra "oltre" e "al di la' " non la vedo: cio' che sta ad di la' sta sempre oltre, e cio' che sta oltre, sta sempre al di la', direi.

Piu' che altro, anche la dimensione della sola materia o sola immanenza, e' una dimensione di per se' gia' molto "orizzontata" e molto "liminare", intendo, gia' dotata di un limite e di un orizzonte intrinseco per la prospettiva umana che la abita anche al netto di ogni metafisica che vorrebbe completamente oltrepassarla.
Perche' l'uomo, che conosce lo spazio, il tempo,la materia, certo non per questo conosce tutto lo spazio, tutto il tempo, o tutta la materia. La gran parete resta celata. Anche l'immanente, anche la posizione materiale umana, ha in se' un sacco di misconosciuti e inconoscibili.

Il nostro modo di abitare la materia e l'immanenza, e' gia' liminare e orizzontato, e' gia' in un certo senso necessariamente "scettico", necessitante una sospensione del giudizio, anche prima di ogni propria e compiuta metafisica.

Ecco che per me, la miglior metafisica, e' quella, diciamo cosi', "metacognitiva", cioe' quella che prova ad andare oltre l'orizzonte del noto, senza dimenticare e mettere da parte l'entro, cioe' quello che gia', essendo sperimentato e risaputo, e' noto.

Oltre lo spazio, il tempo e la materia, io personalmente sono assolutamente, e se vogliamo irrazionalmente, sicuro che, "viaggiando", oltre tutte le linee possibili in ogni modo e in ogni senso possibile, noi troveremo altro spazio, altro tempo e altra materia.

Non spiriti, dei, idee.

In questo senso, magari, il mio "oltre" non e', in senso proprio, un aldila'. Del resto, come potrebbe mai esserlo, senza contraddire la mia esperienza dell' "entro", e quindi, senza risultarmi inaccettabile?

Ma non e' detto che lo spazio, il tempo e la materia oltre il nostro orizzonte cognitivo, la nostra (non) metafisica secondo me umanamente "migliore" in quanto metacognitiva, non risponda, e magari pure meglio, ai problemi umani a cui oggi, risponde la metafisica (in generale).

Insomma, non c'e' un vero motivo per cui le umane inquietudini (chi siamo? Dove andiamo? Perche' ci andiamo? C'e' un senso?) debbano essere placate con quello che sta metafisicamente e radicalmente oltre, nel senso di sempre e per definizione del tutto al di la', dell'orizzonte, e cioe' le verita' ultime ed eterne della metafisica, e non, invece, dal paesaggio semplicemente non raggiunto ma teoricamente raggiungibile, quello che sta "oltre" un orizzonte (solo) cognitivo e sensoriale; insomma, con quello che sta "oltre" qualcosa che fa da limite e da orizzonte fisicamente e materialmente, o, che e' quasi lo stesso, cognitivamente ed esperienzialmente. 

L'al di la' "relativo" che e' e rimane al di la', al di la' di un orizzonte cognitivo intendo, solo finche' uno... non viaggia e non cammina, raggiungendolo. 
E guadagna un po' di nuovo mondo sotto l'orizzonte. 
Magari al costo di perderne un po' di altro, perche', quando di "smuove" l'orizzonte, sempre qualcosa si guadagna e qualcos'altro, si perde, nel novero del noto delle cose note.

Magari e' la materia, la storia e il paesaggio (temporaneamente) oltre l'orizzonte, che risponde, o rispondera', alle domande esistenziali, e non Dio o l'uomo-Dio.

O magari nessuno.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2024, 12:18:12 PMNella visione heideggeriana non può esserci etica perchè il confronto è con l'epistème scientifica
Affermazione che non credo renda giustizia ad Heidegger; limitandosi ad «Essere e tempo»: il con-Esserci, l'essere-per-gli-altri, aver-cura vs prendersi-cura, l'inautentico, etc. meriterebbero considerazione, prima di precipitose conclusioni. Se ci si aspetta un breviario con comandamenti da (e)seguire o prediche sul paradigma da usare per distinguere il Bene dal Male, si resterà ovviamente delusi; se invece si apprezzano riflessioni sui fondamenti ontologici dell'etica, c'è molto da leggere (e da interpretare).

iano

#23
Citazione di: niko il 08 Maggio 2024, 15:04:50 PMIo tutta 'sta differenza tra "oltre" e "al di la' " non la vedo: cio' che sta ad di la' sta sempre oltre, e cio' che sta oltre, sta sempre al di la', direi.




L'oltre è contiguo, l'al di là non lo è.
L'al di la sembra messo in una posizione difficile da raggiungere, perchè c'è ben più di un confine comune da superare.
Alla tua metafisica quindi si adatta meglio l'oltre, credo.
Oltre il confine è terra di conquista per come mi pare la vedi tu.
Con l'al di là c'è una separazione non liminare.
Anch'io vedo la questione in termini di conquista, ma non basta nel mio caso superare un confine.
Per me la metafisica è il fondamento non visibile dell'edificio fisico, la cui immanenza è garantita finché non trovi le fondamenta nascoste, condizione necessaria per poterlo abbattere e poi eventualmente ricostruirlo.
La fisica è cioè un giocattolo che funziona finché non lo rompi per vedere come è fatto, che perciò appare esistere fuori dal tempo.
Una volta che lo hai rotto , dopo aver capito come si costruiscono i giocattoli, diventi un giocattolaio che costruisce giocattoli sempre più versatili, come ad esempio la meccanica quantistica, ma privi di immanenza.
Di fatto secondo me l'immanenza equivale all'ignoranza del come sia stato costruito l'edificio fisico.
Questa mancanza di immanenza potrebbe dare l'impressione di aver invaso il campo della metafisica, andando oltre il confine, laddove tutto appare più astratto, ma l'essenza della metafisica non è l'astrazione e se ti guardi indietro, il paesaggio che hai lasciato non è più lo stesso, per cui è come se hai guadagnato qualcosa pendendo qualcos'altro.
Ma di fatto hai ridefinito tutto ciò che stava al di qua e al di la.
Il nuovo paesaggio adesso sembra un ibrido dove rispetto alla vecchia fisica ciò che era astratto si è materializzato, e ciò che era solido sembra adesso più sfumato, un pò come se il solido e l'astratto fossero fatti della stessa sostanza, differenti solo per una forma che possiamo riplasmare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Vattimo era un estimatore di Heidegger.
Ho avuto modo di avere un lungo confronto epistolare con lui.
Era in buona fede.

Qualche dubbio gli era alla fine venuto.
Ma è difficile accettare di essersi sbagliati a dar credito a un inganno così a lungo.
Sembra di rinnegare noi stessi. Sebbene sia invece proprio il contrario: è il riconoscimento dell'errore a farci fare un passo avanti.

D'altronde per Vattimo, fautore del pensiero debole, il fascino del pensiero forte di H. doveva essere irresistibile. Sebbene fosse una sola.

Non stupisce che tra chi apprezza H., e addirittura riesce a interpretarne un fondo etico, vi sia chi nega la Verità e consideri l'etica secondaria alla logica.

Che poi, gli autentici logici non possono che pensarla viceversa.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Proprio come fatto giorni fa con Hegel (e circa un mese fa con Wittgenstein), oggi con Heidegger ho chiamato in causa un testo. Non una sua interpretazione personale, ma il testo in ciò che dice, anche piuttosto chiaramente (ho citato parole e concetti presenti nel testo). "Moviola in campo": in tutti e tre i casi qualcuno, prima di me, ha citato quegli autori; di cui poi ho richiamato i testi, per evitare che se ne parlasse troppo a spanne; e in tutti e tre i casi ciò stava di fatto accadendo, come dimostrano i testi.
In fondo, i feedback che mi rimandano gli altri dopo aver letto ciò che ho scritto, sono sempre uno spunto interessante; probabilmente anche agli autori del passato piacerebbe, ma a quanto pare non hanno sempre la mia stessa fortuna; non mi resta dunque che, aldilà di ogni fraintendimento, sentirmi quasi privilegiato.

niko

Citazione di: iano il 08 Maggio 2024, 16:54:44 PML'oltre è contiguo, l'al di là non lo è.
L'al di la sembra messo in una posizione difficile da raggiungere, perchè c'è ben più di un confine comune da superare.
Alla tua metafisica quindi si adatta meglio l'oltre, credo.
Oltre il confine è terra di conquista per come mi pare la vedi tu.
Con l'al di là c'è una separazione non liminare.
Anch'io vedo la questione in termini di conquista, ma non basta nel mio caso superare un confine.
Per me la metafisica è il fondamento non visibile dell'edificio fisico, la cui immanenza è garantita finché non trovi le fondamenta nascoste, condizione necessaria per poterlo abbattere e poi eventualmente ricostruirlo.
La fisica è cioè un giocattolo che funziona finché non lo rompi per vedere come è fatto, che perciò appare esistere fuori dal tempo.
Una volta che lo hai rotto , dopo aver capito come si costruiscono i giocattoli, diventi un giocattolaio che costruisce giocattoli sempre più versatili, come ad esempio la meccanica quantistica, ma privi di immanenza.
Di fatto secondo me l'immanenza equivale all'ignoranza del come sia stato costruito l'edificio fisico.
Questa mancanza di immanenza potrebbe dare l'impressione di aver invaso il campo della metafisica, andando oltre il confine, laddove tutto appare più astratto, ma l'essenza della metafisica non è l'astrazione e se ti guardi indietro, il paesaggio che hai lasciato non è più lo stesso, per cui è come se hai guadagnato qualcosa pendendo qualcos'altro.
Ma di fatto hai ridefinito tutto ciò che stava al di qua e al di la.
Il nuovo paesaggio adesso sembra un ibrido dove rispetto alla vecchia fisica ciò che era astratto si è materializzato, e ciò che era solido sembra adesso più sfumato, un pò come se il solido e l'astratto fossero fatti della stessa sostanza, differenti solo per una forma che possiamo riplasmare.


Si' allora, per me l'oltre, per come lo hai descritto tu, e' necessario e sincero, l'aldila' non sincero, e anche un po' superfluo.

Tutto e' terra di conquista, cognitiva intendo, non certo militare o altro.

Tutto e' oltre, e niente e' aldila'.

Il viaggio reale, il viaggio dell'eroe e dell'esploratore, risponde, e rispondera', a molte piu' domande di quelle a cui risponde la metafisica.

Spesso la risposta e' oltre l'orizzonte, ma non e' detto che sia sempre e comunque irragiungibile.

Spesso e' un dettaglio o un elemento ben entro l'orizzonte, ma troppo sottile da essere notato.

Proprio perche' siamo esseri orizzontati, non solo non possiamo sapere tutto, ma spesso ci troviamo in situazioni "limite" in cui non possiamo aggiungere conoscenta nuova, senza perdere conoscenza vecchia.
Il che e' appunto, la situazione e la metafora tipica di un "orizzonte".

Quindi, anche i cambi di paradigmi scientifici c'entrano, ma non solo quelli.

La sacrosanta possibilita', umana, di andare a "dare un'occhiata", oltre alcuni orizzonti, rende la (buona) metafisica "metacognitiva", cioe' congetturale e immagginifica.

La scienza, e' uno dei frutti migliori, della metafisica.

L'immagginazione e il mito, ne sono uno dei "semi", migliori, nel senso che logicamente e cronologicamente la precedono, valendo spesso molto di piu' di essa.






Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Citazione di: PhyroSphera il 08 Maggio 2024, 09:23:39 AMCertamente negando la distinzione tra essere e ente accade di pensare gli enti come fossero l'essere, smarrendo il senso dei limiti umani. Questo errore è alla base del transumanesimo contemporaneo, che affermando la libertà dell'uomo non distingue più tra eros e tanatos, così comincia a fingere che un dente artificiale sia la stessa cosa di uno naturale... E quando, come Heidegger stesso mostrava, si pretende troppo dal principio di ragione, facendo della ontologia una organizzazione dittatoriale e dimenticando l'importanza del semplice elemento ontico... Ecco che qualcuno può mettere assieme i due errori... E così si incontra chi vuol mettersi un dente artificiale senza averne motivo.
Gli errori filosofici sono smentibili, il pensiero si può correggere; in tal senso si può dire che i mezzi filosofi sbadati non trovano il loro cattivo sèguito ma sono il sèguito di qualcun altro. Se il cosiddetto transumanesimo è entrato in filosofia, è perché ce lo hanno messo con l'inganno, profittando della sbadatezza di qualcuno.
La trovata di Cacciari sulla metafisica concreta procura solo un beneficio superficiale e momentaneo; al che sarebbe necessario tornare alle distinzioni heideggeriane. Meglio sarebbe stato che molti ci avessero riflettuto meglio dall'inizio.

Mauro Pastore

Il problema ontico nell'Heidegger di Essere e Tempo, fa tutta la differenza negativa in questo mondo.
In questo senso io la prima parte di Essere e Tempo l'ho dimenticata in fretta.
Come dice Phil Heidegger è anche il filosofo della differenza dell'Essere, in quanto essere indimostrabile, tanto che per distinguerlo dal veccho Essere teologico, lo scrive barrandolo (mitiche le urla di sdegno di Volpi, che ovviamente non aveva capito niente).

Chi pensa che l'ESSERE heideggeriano sia l'essente, non ha capito nulla.
Però capisco anche la difficoltà, andiamo ad enunciarla.

In Essere e Tempo, si dice che l'ente umano (ossia il puro essente del genere astratto umano) non è altro che la sua medianità.
E' stra-evidente che si riferisce ad HEGEL.
Ed esattamente come Hegel ritiene che lo spirito sia dunque all'apparenza ente.
Ma sono solo giochi di parole, poichè questa apparenza pensa.
E dunque evidente che in Heidegger non ci si sposti di una virgola dall'ente aristotelico.
Se l'apparenza pensa, allora il suo sostrato è l'ente.
Cacciari queste cose le capisce bene, sia chiaro.

Il punto di loop di Heidegger non è però tanto questo. Ma il fatto che in Heidegger questa apparenza che "aspetta" che l'ente si manifesti, si confronta con ciò che questa apparenza evidentemente NEGA (come in Hegel).
Ma cosa è che nega? Noi DOBBIAMO notare che in Heidegger la domanda "CHE COSA" permane.
Ebbene ciò che nega non è tanto l'autoscienza di hegeliana memoria e che stiamo trattando in questi giorni nella mia discussione, quanto IL TEMPO.
Io vorrei ricordare come mi sono arrestato a lungo nel proseguire la lettura della FDS di Hegel, perchè Hegel NON risponde alla domanda su che cosa è il tempo.
In heidegger il tempo NON è un ENTE.
(o meglio preciseremo poi la sua ambiguità su questa cosa IMPORTANTISSIMA).
Infatti Heidegger come Hegel ragiona sul DILEGUARE delle cose.
Ma ciò che dilegua, può dileguarsi solo perchè esiste il tempo.
Il fatto che noi possiamo dire che esista qualcosa è solo perchè noi siamo dentro al tempo.
O come direbbe kant, siamo PRECEDUTI dal tempo.
Ma Heidegger risolve in quel meraviglioso libretto "che è cosa è tempo?" che il tempo non è che ci precede, semplicemente NOI SIAMO IL TEMPO.
Certo questa intuizione è la famosa meteora che fa campo bruciato, non è rimasto più nessuno ad ascoltare per DAVVERO.

Se noi siamo pura temporalità A MIO AVVISO noi non siamo un ENTE.
Mi pare talmente auto-evidente che faccio fatica a spiegarlo diversamente.

Ma Heidegger LO DEVE SPIEGARE (da bravo aristotelico).
E così arriva l'incontro con Nietzche, il crollo nervoso, e poi finalmente LA SVOLTA.

E va bene a tempo debito ne parleremo.

Ma cosa abbiamo lasciato indietro?

La medietà dell'essente, che sta autocoscientemente tra la domanda su "che cosa è che sta dietro l'apparenza", e "cosa è l'ESSERE".

Heidegger se la porta dietro come una palla al piede.
Non la risolve in alcuna maniera (o almeno abbiate pietà, rispetto alle decine di conferenze che ho ascoltato...a che se era una vita fa...oggi so che quelle conferenze erano dentro l'indusria culturale, e quindi non erano interessate a rispondere a niente. Le domande dei prof, degli esperti etc...era mera fuffa. Persino Volpi è mera fuffa. Parlare di NIENTE).

La filosofia si fa attraverso la problematicità dei Temi rispondendo ad essi e non al loro semplice elenco a pappagallo...ma va bè vi consiglio Adorno che ha una penna magistrale e cattivissima, io non devo aggiungere niente rispetto ai Minima Moralia).

Sicuramente aprirà gdl su di lui, ma già vi dico, che non potendo citare i testi (credo sia ancora sotto diritto d'autore) ne uscirà qualcosa di molto più prosaico e nojoso.

Ecco secondo me l'ambiguità (l'ha capita molto bene Severino nelle conferenze dell'esprit, oggi purtroppo ritirate.) sta nel fatto che Heidegger per tutta la vita oscilli fra la verità dell'essere barrato e la verità dell'essente dell'essere barrato, ossia l'essente uomo.
Essente uomo in quanto STORIA.

Ovviamente è lì l'errore, talmente ridicolo come errore, che a volte non me ne capacito.
Il suo è un messianesimo d'accatto, aspettare che l'essere barrato (che si manifesta SOLO nel qui e ora, rispetto a quello che noi siamo, ossia pura TEMPORALITA' puro QUI E ORA) si manifesti INVECE nella storia.

Ma perchè Heidegger necessitava di questo passaggio successivo: perchè la storia?
Perchè proprio la Germania?

Ecco che di nuovo bisogna andare ad ascoltare Volpi, che sono d'accordo nel dire come il maggior heideggeriano italiano e forse chi sà anche di più).

L'Heidegger che pensa la medietà, come se questa esistesse! e' QUESTO CHE NON SOPPORTO DI MARTIN, che poi si passano anni e anni a disambiguare qualcosa che poi una volta fatto: A chi o a che giova?

Il suo pensiero più importante è invece quello che domanda della barratura dell'essere, è quello che ripensa la filosofia come quell'errore originario di non pensare più l'essere.
E' l'heidegger che nega persino la barrazione (perchè la barrazione sarebbe una volontà di potenza umana! e ora, pensiamo a come invece non ha pensato a come il credere che l'uomo sia medietà tra CIELO e TERRA, quale pazzesca MANIA si è rivelata da sempre nella storia.
Ma come ha fatto a pensare così tanto all'essere? e così poco all'essente?
Queste sono cose che richiedono calma.

Perchè come dicevo anche Heidegger conosceva Scmitt!


Quando si dice che Heidegger è uno gnostico, putroppo per chi lo studia e deve stare lì una vita a spiegare perchè nonostante questo, è ancora un grande autore....quanto tempo sprecato!
Ma fino ad oggi solo pappagalli!

Quindi Phil sì e no. In parte ha ragione Ipazia voglio dire.
C'è tutto questa premessa di heidegger, che va tenuta di conto!

Poi certo i grandi temi di heidegger non possono valere una somma bocciatura.

Sul fatto di leggere alla lettera un autore: si ok, ma è più un lavoro da filologi che da filosofi, almeno questo è quello che penso.
Poi certo che la filolofia ha un peso determinante.

Purtroppo non sono un tale erudito e mi soffermo sulla problematicità MIA che riguarda la lettura di Heidegger, ossia il suo pensiero.

Frattanto ho appena iniziato Kierkegaard giù il cappello!
E' veramente molto strano che ho di lui un ricordo terribile. BOH!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Il Kierkegaard di Aut Aut è un narratore eccezionale. Se bastasse la narrazione per creare la realtà nessuna teologia potrebbe competere col Dio di Kierkegaard. 
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

PhyroSphera

#29
Citazione di: bobmax il 08 Maggio 2024, 09:27:31 AMNon occorre avere pregiudizi su Heidegger.
È sufficiente leggerlo senza neppure avere idea su chi sia.

Leggendo Essere e tempo, per esempio, cresce un qual fastidio interiore o invece non si avverte nulla che non vada?

Si segue lo scritto apprezzandone i contenuti razionali, oppure ci si domanda dove sia l'umanità?
Dov'è l'afflato etico?

Perché qui vi è la differenza sostanziale tra i due filosofi della Filosofia della esistenza: Jaspers e Heidegger.
Ed è una differenza abissale.

I termini utilizzati sono pressoché gli stessi, ma in Jaspers vi è fede nella Verità, mentre in Heidegger solo vuoto raziocinio.

Non riuscivo a farmi una ragione della repulsione che provavo ogni volta che mi approcciavo a Heidegger.
Finché comparve un articolo su MicroMega di uno stralcio pubblicato postumo della autobiografia di Jaspers.
Postumo per lo scrupolo di Jaspers.
E lì ho capito il perché del mio rigetto verso Heidegger!

H. aveva scopiazzato malamente da Jaspers le sue idee, per utilizzarle per la propria fama, ma senza davvero farle sue. Era un'opera puramente cerebrale.

H. è un corruttore. Che attira il lettore, che si convince sempre più di aver capito! Perché il percorso che offre è logico. E così non particolarmente difficile.
Ma in realtà soddisfa solo la volontà di potenza cerebrale.
È senz'anima.

Per rendersene conto bisognerebbe leggere Jaspers. Ma qui si fa difficile. Perché in definitiva semplice, è infatti l'anima che parla.
In Jaspers pulsa la vita, in H. vi è la morte.

Volendo mettere in luce anche gli aspetti negativi, non solo quelli positivi, si può dire che Heidegger pretese troppo dalle proprie ricerche e gettò tanto caos nel mondo accademico; si può anche dire in un certo senso che Jaspers faceva bene a inoltrare alla filosofia perenne, in mezzo alla crisi dei valori cui Heidegger non sapeva rimediare anzi cui aveva contribuito, disastrosamente per certi versi; ma quello di Jaspers era un riferimento che lui stesso non praticò alla fine. Di un'opera filosofica bisogna saper cogliere quello che di buono rimane e ciò che di buono aveva rappresentato e ciò vale pure per Heidegger. A voler essere critici, nei lavori di Jaspers non si trova soltanto qualcosa di grave su cui ridire ma delle vere e proprie intrusioni. Generalmente, una intrusione del negativismo, senza badare ai contesti; sicché finanche il linguaggio poetico di cui è cosparsa la sua opera suona inautentico, trasposto da un'altra cultura. Heidegger notò la più che sospetta insistenza di Jaspers, che formalmente era anche medico e psicologo, in una concezione sorpassata della mente e delle malattie mentali... In principio della pubblicazione di "Genio e follia" Jaspers tratta la schizofrenia come l'intruso e il nemico imbattibile e inconoscibile, reiterando un pregiudizio che è anche una perniciosa superstizione popolare, a dispetto degli studi scientifici della psicologia del profondo che sono anche e realmente medici... Sembra addirittura che certe metafore poetiche Jaspers le avesse rubate dai pazienti perseguitati nei manicomi; e se ad Heidegger molti imputarono la momentanea perdita dei valori culturali, a Jaspers si devono imputare direttamente delle intrusioni. Non a caso i criminali nazisti non vollero mai arrestarlo mentre Heidegger, tentando di dirigerli e illuso di scongiurarne la violenza estrema e gli errori, subì da loro anche torture... Jaspers non lasciò neppure propriamente un'opera, ma un insieme di pensieri presi da altri contesti. Nel caso per esempio del concetto di "Tutto avvolgente" Jaspers aveva saccheggiato la filosofia mistica ebraica della Cabala senza esprimerla adeguatamente. Tanto di buono si trova nei suoi libri ma se lo si prende altrimenti da come lui faceva, stando attenti a rifiutare le estraneità che lui intrometteva; estraneità ad un autentico itinerario filosofico, che non significa offrire una panoramica di concetti rimediati qua e là, e presentati come in un grande triste ricettario.

Mauro Pastore

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