Metafisica del coronavirus

Aperto da Ipazia, 23 Marzo 2020, 19:58:13 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Ipazia

Citazione di: Freedom il 26 Marzo 2020, 13:10:33 PM
Non ho scritto che è la filosofia ma è la Metafisica che sta nell'Iperuranio.

Neppure questo è vero, perchè:

"Secondo Platone l'Iperuranio è quella zona al di là del cielo (da cui il nome) dove risiedono le idee. Dunque l'iperuranio è quel mondo oltre la volta celeste che è sempre esistito in cui vi sono le idee immutabili e perfette, raggiungibile solo dall'intelletto, non tangibile dagli enti terreni e corruttibili. (WP)"

Ora noi sappiamo invece che le idee, mutabili e imperfette, stanno all'interno di un cielo racchiuso dalla volta cranica, per cui anche la metafisica non può risiedere che lì. Migrando al massimo in altre volte craniche che ne condividono gli enunciati e le rappresentazioni.

A @Hlodowig rammento le norme ministeriali sul distanziamento.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

[Nota linguistico-concettuale]
Le perplessità di Gyta, Freedom e iano (più il sottoscritto) riguardo la pertinenza della metafisica in campo virale, è ragionevole finché si rispetta la prospettiva della metafisica classica: probabilmente tutti i filosofi metafisici avrebbero alzato un sopracciglio o corrugato la fronte leggendo che una malattia, contingenza fisica per eccellenza, ha scomodato la somma teoresi sull'universale e il necessario (e in base a questo improvvido accostamento avrebbero magari giudicato la nostra profondità culturale...). Tuttavia, qui ed ora, ovvero fuori dalle accademie e in epoca anche postmetafisica, la maggioranza dei parlanti intende «metafisica» in senso meramente etimologico, ovvero come ragionamento sull'astratto, che in filosofia non può che essere genericamente il senso (non sensoriale) nelle sue varie declinazioni, dall'esistenzialismo alla politica, come già ricordato da Ipazia.
La buona fede, filosofica e filologica, di chi (come il quartetto citato prima) riconosce ancora alcune finalità teoretiche come denotative della metafisica (al di là di come le si interpreti), si scontra con l'uso discinto, postmoderno e mediatico, in cui «metafisica» torna ad essere ironicamente sinonimo di «filosofia» quasi come la intendeva Aristotele (metafisica come filosofia "prima", per valore); solamente che né la metafisica-filosofia, né il sapere in generale, sono più gli stessi di tre millenni fa.
Nel "frammento" che segue è infatti possibile (oltre che più sensato, direbbe un metafisico) sostituire la parola «metafisica» con «filosofia»:
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 11:09:40 AM
Che la relazione della res cogitans con la res extensa, della mente umana con la natura, sia fin da subito metafisica, ce lo ricorda l'ossessivo "perchè ?" dei nostri cuccioli. La scienza è metafisica naturale, arte ed estetica sono metafisica del piacere, la religione è metafisica dell'immaginario, la filosofia è meta-metafisica, metafisica pura. E' interrogazione sul senso del domandarsi il senso delle cose,
[...]
P.S.
(Dimenticanza imperdonabile: l'etica. Che è metafisica del vivere..
Potrà sembrare una sterile questione di definizioni linguistiche, eppure, secondo me, iniziare a usare con approssimazione il linguaggio è il primo passo per ragionare in modo altrettanto approssimativo; non che in questo forum siano in gioco le sorti dell'umanità o vengano redatte pietre miliari del pensiero umano, nondimeno limitare le ambiguità può giovare anche alla comunicazione e riflessione amatoriale.

davintro

Citazione di: Ipazia il 25 Marzo 2020, 13:43:13 PM
Citazione di: Gyta il 25 Marzo 2020, 13:33:24 PM
Esatto. Ecco perché è importante – a mio avviso- evitare letture pseudo (e sottolineo pseudo) filosofiche in un momento che chiede completa consapevolezza e non il girare la questione altrove. Qui l'unica filosofia da adoperarsi è quella che miri alla presa di coscienza della gestione di fronte alle emergenze, l'analisi alla situazione economica che manovra, inerente la filosofia politica

La vedo dura se è vero che:

Citazione... le lotte e le coscienze deste non si ergono da strumentalizzazioni tout court...

@davintro

Riflessione importante la tua che allarga la prospettiva di questa discussione.

Concordo pienamente ponendoti un quesito: com'è che laddove "si rispetta meno la libertà degli individui" si sono adottate strategie più efficenti nella salvaguardia della loro vita e dove invece si ciancia alla grande di libertà individuali li si è lasciati liberi ... di morire e infettare, teorizzandone persino l'ineluttabilità ?

Fatta la tara degli estremi della gaussiana tra dove li si sono lasciati morire in carcere coi familiari (Italia) e dove li si sono salvati efficacemente incarcerando meno popolazione possibile (Corea del Sud, Taiwan, Giappone)
.





credo che un regime totalitario finisca con l'essere, riguardo la gestione di emergenze, un'arma a doppio taglio. L'accentramento di poteri nelle mani del governo, sia esso incarnato dalla figura personalistica del dittatore, o della dirigenza del partito unico di turno, determina un sovraccarico di responsabilità nei confronti dell'autorità, e le doti personali del dittatore/burocrazia del partito unico divengono decisive ad un livello eccessivo rispetto al principio prudenziale, che indicherebbe l'opportunità di distribuire e delegare il peso delle responsabilità a largo raggio, per evitare che i difetti di un singolo centro di potere produca danni non sopperibili dall'intervento di autorità alternative di controllo presenti nei paesi liberi (es. libero parlamento, corte costituzionale, comunità scientifica...). Se da un lato un regime autoritario avrebbe molti più poteri di controllo e sanzioni al fine di far rispettare i provvedimenti dai cittadini, come appunto nell'esempio cinese, dall'altro la censura di ogni voce critica e divergente inibisce lo stimolo per un regime a rivedere le lacune e gli spazi di inefficacia, inevitabilmente sempre presenti in ogni misura legale, cosicché un più rigoroso rispetto di provvedimenti inadeguati o contropruducenti finirebbe con il peggiorare la situazione complessiva. Come è ovvio, in ogni società il rispetto delle regole è apprezzabile solo nella misura in cui quelle regole sono quelle giuste e adeguate. Tenendo conto del principio prudenziale di cui sopra, l'imperfezione della natura umana dovrebbe indicarci il rischio della concentrazione del potere in un singolo centro, che poi si rivelerebbe inadeguato, e come invece la dispersione del potere decisionale e delle possibilità di espressione della critica tra diversi soggetti di diritto accresce i margini per un miglioramento delle linee di intervento, che possono giovarsi del responso e del contributo plurale di diverse posizioni, sia di stampo politico che scientifico, libere e distinte fra loro. All'aumentare dei punti di vista da considerare aumentano anche la possibilità di giungere a una sintesi ottimale. Ecco perché, in linea generale, al netto dei singoli casi, ritengo una società aperta e democratica come opzione preferibile rispetto a un modello dittatoriale o totalitario, anche per quanto riguarda l'aspetto di gestione emergenziale

Ipazia

#48
@davintro

Il tuo paradigma è deduttivamente plausibile ed induttivamente verificato, ma ben lungi da essere a prova di cigni neri. Il caso italiano è un cigno nero particolarmente ingombrante, in cui il pluralismo delle opinioni ha avuto un esito pessimale, soccombendo di fronte al virus e allo stesso tempo incarcerando la popolazione a livello di un regime poliziesco, con punte d'isteria collettiva contro untori improbabili e cecità assoluta nei confronti degli untori veri nelle fabbriche e comunicazioni padane e negli ospedali e medici di base sprovvisti del minimo di sicurezza lavorativa.

Io credo che, aldilà delle sovrastrutture politiche, contino le competenze poste in essere per salvaguardare la vita umana e, volendo avere la botte piena e il marito ubriaco, preferisco coniugare competenza con libertà, con un discreto bias a favore della prima, come insegna l'Atene di Pericle, la Firenze di Lorenzo e, per quanto riguarda il coronavirus, la Cina comunista.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Concordo e riparto dalla domanda di Ipazia: nella dialettica servo/padrone, per il padrone non c'è nulla di più importante della vita (e salute) del servo, prerequisito fondamentale per abilitarne lo sfruttamento. Un'economia basata sulla quantità di lavoratori e sulla quantità del loro lavoro (più che sul margine di guadagno per singola vendita/export), non può permettersi che tale quantità venga decimata. Come insegnavano gli antichi, una schiavo che "vale", va frustrato ma non ucciso (o lasciato morire): è l'idea di fondo per cui lo sciopero della fame o lo schiavo che non teme la morte spaventano il padrone (soprattutto se il valore è, appunto, una mera questione di quantità di lavoratori/produzione).
Se invece l'economia è più frammentata, più "imprenditoriale" («sei l'imprenditore di te stesso», dicono gli imbonitori), più qualitativa che quantitativa, non essendoci troppi "schiavi" (checché se ne dica basandosi sui nostri abulici e metaforici parametri democratico-occidentali), la gestione dell'ingerenza del virus sull'economia risulta "spontaneamente" in un'esitazione decisionale maggiore, come sempre succede quando sono in tanti ad avere voce in capitolo e a sedersi al tavolo delle scelte e dei compromessi (o ad influenzarlo comunque a distanza). In una parola: democrazia; nel bene e nel male.
Questa "lentezza" è uno dei prezzi da pagare per una società complessa (nonostante il semplicismo degli "allenatori del lunedì" o dei profeti ingenui) in cui si considera la popolazione non solo capitale umano e in cui l'economia, con più attori e mediatori, grandi e piccoli, è di tipo differente da quella massiccia e massificata del sol levante (e non "del nostro avvenir", spero).

Ovviamente, in una situazione di emergenza sociale, che richiede coordinazione serrata fra direttive e loro esecuzione, fra emanazione norme e loro rispetto impeccabile, le pur preziose libertà di azione, di obiezione (e meno preziosa e lusinghiera, ma innegabilmente fattuale, quella di svicolamento in stile "io speriamo che che me la cavo"), oltre che un importante traguardo sociale e un valore etico, possono diventare un potenziale ostacolo fisico e sociale alla guarigione e al contenimento del contagio.
Forse ci si vorrebbe trasferire in Cina all'innesco di un virus per poi ritornare in Italia quando si tratta di lavorare o di farsi curare (o navigare sul web o molte altre attività), me temo che nemmeno con la doppia cittadinanza si potrebbe essere facilmente così "opportunisticamente zingari". Non resta che ammettere "banalmente" che ogni regime ha i suoi pro e contro, a seconda della situazione (come ben sanno i vecchi ferrovieri italiani... intendiamoci, lo dico per amor di battuta, senza nostalgie). Giudicare una forma e una classe politica dalla gestione dei casi di emergenza è sicuramente un test importante, ma per me non andrebbe comunque dimenticato com'è viverci anche nelle situazioni non emergenziali (con ciò non intendo affatto nascondere le carenze italiche, né in tempo di salute, né in tempo di malattia).

Ipazia

Citazione di: Phil il 26 Marzo 2020, 15:42:57 PM
[Nota linguistico-concettuale]
Le perplessità di Gyta, Freedom e iano (più il sottoscritto) riguardo la pertinenza della metafisica in campo virale, è ragionevole finché si rispetta la prospettiva della metafisica classica: probabilmente tutti i filosofi metafisici avrebbero alzato un sopracciglio o corrugato la fronte leggendo che una malattia, contingenza fisica per eccellenza, ha scomodato la somma teoresi sull'universale e il necessario (e in base a questo improvvido accostamento avrebbero magari giudicato la nostra profondità culturale...). Tuttavia, qui ed ora, ovvero fuori dalle accademie e in epoca anche postmetafisica, la maggioranza dei parlanti intende «metafisica» in senso meramente etimologico, ovvero come ragionamento sull'astratto, che in filosofia non può che essere genericamente il senso (non sensoriale) nelle sue varie declinazioni, dall'esistenzialismo alla politica, come già ricordato da Ipazia.

Operazione che ha una sua liceità filologica dopo che l'iperuranio ha rivelato la sua natura e l'astratto è tornato di pertinenza totalmente antropologica. Stessa sorte per il concetto di anima/psiche, legge/nomos, necessità/dike, ...

CitazioneLa buona fede, filosofica e filologica, di chi (come il quartetto citato prima) riconosce ancora alcune finalità teoretiche come denotative della metafisica (al di là di come le si interpreti), si scontra con l'uso discinto, postmoderno e mediatico, in cui «metafisica» torna ad essere ironicamente sinonimo di «filosofia» quasi come la intendeva Aristotele (metafisica come filosofia "prima", per valore); solamente che né la metafisica-filosofia, né il sapere in generale, sono più gli stessi di tre millenni fa.
Nel "frammento" che segue è infatti possibile (oltre che più sensato, direbbe un metafisico) sostituire la parola «metafisica» con «filosofia»:

Ormai i due concetti si sovrappongono ed essendo ogni fisica fonte di riflessioni meta-fisiche, di ciò si occupa la filosofia. Sul valore "prima" mi pare che ci sia poco da spartire con Aristotele, posto che ogni valore, comunque lo si intenda, si innesta sulla fisica e non viceversa. Semmai più lecita è la versione narrata sull'ordinamento delle opere di Aristotele, che pone la metafisica "dopo" la fisica. Il che è anche filogeneticamente più plausibile, senza scomodare classificazioni valoriali, quindi etiche.

CitazionePotrà sembrare una sterile questione di definizioni linguistiche, eppure, secondo me, iniziare a usare con approssimazione il linguaggio è il primo passo per ragionare in modo altrettanto approssimativo; non che in questo forum siano in gioco le sorti dell'umanità o vengano redatte pietre miliari del pensiero umano, nondimeno limitare le ambiguità può giovare anche alla comunicazione e riflessione amatoriale.

No, la questione è sostanziale ed ha a che fare con l'evoluzione del pensiero che ad un certo punto del suo percorso ha ricondotto la metafisica alla sua origine filosofica, ovvero di riflessione sul mondo. Tutto. Inclusi i virus. Non lasciandoli solo al punto di vista deterministico della filosofia (o metafisica) naturale. Questa sì operazione approssimativa e (dis)secante, gravida di pericoli non solo per la riflessione amatoriale.

P.S.
Se uno intende espungere il filosofico dal reale, relegandolo nell'archeologia iperuranica non ha che da dirlo. Nel vasto mondo della filosofia c'è posto anche per questa metafisica. Ma toccherà a qualcun altro indagarla per quello che è e non sa di essere.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Phil il 26 Marzo 2020, 16:28:31 PM
Concordo e riparto dalla domanda di Ipazia: nella dialettica servo/padrone, per il padrone non c'è nulla di più importante della vita (e salute) del servo, prerequisito fondamentale per abilitarne lo sfruttamento. ... Giudicare una forma e una classe politica dalla gestione dei casi di emergenza è sicuramente un test importante, ma per me non andrebbe comunque dimenticato com'è viverci anche nelle situazioni non emergenziali (con ciò non intendo affatto nascondere le carenze italiche, né in tempo di salute, né in tempo di malattia).

Mi paiono due argomentazioni certamente da pensiero debole, ma troppo.

Nella prima si è puntato piuttosto ad una veloce spending review biologica della spesa sanitaria e previdenziale tagliando i non-più lavoratori (immunità di gregge e amenità liberal-liberiste varie: prima il PIL), poi sfuggita di mano perchè si sono fatti i conti senza l'oste (il virus) tant'è che alla fine ha dovuto intervenire il guru santificato Goldman Sax, Mario Draghi, per dire al mondo occidentale: costa troppo non salvare le vite umane e lasciare correre il virus.

La seconda è che purtroppo le defaillances tragiche nella macroemergenza pandemica, lo sono in proporzione pure nelle microemergenze quotidiane (crimine organizzato, evasione fiscale, corruzione, inettitudine amministrativa, iniquità sociale) per cui alla fine il differenziale di libertà si azzera fino a negativizzarsi nello scontro quotidiano con la struttura classista e pasticciona del sistema.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Freedom

Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 15:35:44 PM
Citazione di: Freedom il 26 Marzo 2020, 13:10:33 PM
Non ho scritto che è la filosofia ma è la Metafisica che sta nell'Iperuranio.

Neppure questo è vero, perchè:

"Secondo Platone l'Iperuranio è quella zona al di là del cielo (da cui il nome) dove risiedono le idee. Dunque l'iperuranio è quel mondo oltre la volta celeste che è sempre esistito in cui vi sono le idee immutabili e perfette, raggiungibile solo dall'intelletto, non tangibile dagli enti terreni e corruttibili. (WP)"

Ora noi sappiamo invece che le idee, mutabili e imperfette, stanno all'interno di un cielo racchiuso dalla volta cranica, per cui anche la metafisica non può risiedere che lì. Migrando al massimo in altre volte craniche che ne condividono gli enunciati e le rappresentazioni.

Oddio, personalmente considero un arricchimento mio e del Forum ogni tesi, ogni punto di vista.


Però all'esegesi del pensiero di Aristotele e Platone non credevo ci potessimo arrivare. Vedo invece che hai deciso di piegare la Metafisica e l'Iperuranio alla tua interpretazione.


Ne prendo atto. Non prima però di permettermi, umilmente ma fermamente, di rammentare e dunque ribadire a noi tutti che l'Iperuranio e le idee, e dunque la Metafisica, secondo Platone, stanno al di là del mondo sensibile. Laddove, naturalmente, anche la fantasia, l'immaginazione e le idee, per così dire umane (quelle cioè che, come giustamente dici, stanno dentro la scatola cranica) NON sono le idee umane (a paternità umana). Ma un pallido riflesso di quelle iperuraniche. Le idee (iperuraniche) infatti sono la realtà compiuta, l'essere in sé e per sé, e sono perciò assolute perché sussistono autonomamente e indipendentemente dagli oggetti del mondo fenomenico; questi ultimi invece esistono solo "in relazione" alle idee, e sono pertanto relativi, essendo mescolati al non-essere.


Agostino, rifacendosi al pensiero biblico, affermò che Dio aveva creato il mondo dal nulla. Però, prima di creare il mondo, le idee esistevano già nella Sua mente. Le idee platoniche quindi erano in Dio, e in tal modo Agostino poté conciliare la creazione cristiana con le idee eterne.

Potrei andare avanti ma tu, al di là della seccatura emotiva di dover fare marcia indietro pubblicamente, (che tuttavia è sinonimo di grandezza intellettuale) lo sai bene che le cose stanno così. Poi, per carità, ci conosciamo da lungo tempo e so bene che tu la pensi diversamente rispetto alle idee: tu stai con Cartesio e ritieni, come lui, che le idee stanno nella ragione, insomma nell'uomo.
Insomma lungi da me il voler dar e ragione a Platone e Agostino e torto a te e Cartesio non è questo il punto.

Il punto è, come ho tentato di dimostrare, mi pare riuscendoci, che la Metafisica  è la disciplina che ricerca le Cause prime. E risiede al di là, al di fuori dell'esperienza sensibile.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Sariputra

Interessante la discussione. La sto seguendo facendo nel frattempo la raccolta delle autocertificazioni. Sembra che , con la quarta uscita, ci sia in regalo anche il pratico raccoglitore... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

viator

Salve. Citando dall'intervento di freedom : "Agostino, rifacendosi al pensiero biblico, affermò che Dio aveva creato il mondo dal nulla. Però, prima di creare il mondo, le idee esistevano già nella Sua mente. Le idee platoniche quindi erano in Dio, e in tal modo Agostino poté conciliare la creazione cristiana con le idee eterne"
-----------
Anche S.Agostino era fatto di carne e, presumendo che non fosse un obeso, gli riuscì di fare i salti mortali necessari per far quadrare i cerchi richiesti dalle circostanze. D'altra parte le Giurie dei suoi tempi erano assai totteranti verso certe idee.-----------
Penso che le idee platoniche stessero nella mente di Platone ed il fatto che stessero o fossero state anche in altre menti rappresenta appunto un salto mortale.-----------
Le probabilità del fatto che Dio abbia creato qualcosa dal nulla a me risultano perfettamente equivalenti a quelle per cui sia stato il Nulla (cioè un concetto assoluto avente la stessa "incorporalità" dell'Assoluto) a trarre da sè il concetto (o, come preferite, la realtà) di Dio. Obiezioni ?.Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

@Ipazia
Qualche disambiguazione (e perdona la puntigliosità):
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 17:04:58 PM
Ormai i due concetti si sovrappongono ed essendo ogni fisica fonte di riflessioni meta-fisiche, di ciò si occupa la filosofia.
Ormai si sovrappongono fuori dall'ambito settoriale-disciplinare, che questo forum infatti non è; si tratta tuttavia di un'ingiustizia esegetica, prima che ermeneutica, che mi sembrava necessario segnalare e magari "contenere" (come già detto, sono di un'altra parrocchia, eppure non me la sento di "inquinare" l'identità e la portata storica del pensiero metafisico classico).

Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 17:04:58 PM
Sul valore "prima" mi pare che ci sia poco da spartire con Aristotele, posto che ogni valore, comunque lo si intenda, si innesta sulla fisica e non viceversa. Semmai più lecita è la versione narrata sull'ordinamento delle opere di Aristotele, che pone la metafisica "dopo" la fisica. Il che è anche filogeneticamente più plausibile, senza scomodare classificazioni valoriali, quindi etiche.
Era Aristotele stesso a chiamarla «filosofia prima» (se non ricordo male), intendendo "prima" per valore rispetto alle altre filosofie e alle altre discipline (non era una mia reverenziale "valorizzazione" della metafisica).
Citazione di: Ipazia il 26 Marzo 2020, 17:04:58 PM
Se uno intende espungere il filosofico dal reale, relegandolo nell'archeologia iperuranica non ha che da dirlo. Nel vasto mondo della filosofia c'è posto anche per questa metafisica. Ma toccherà a qualcun altro indagarla per quello che è e non sa di essere.
La filosofia del reale, della scienza, del mondo della vita, delle domande esistenziali, degli orizzonti di senso, della politica, dell'arte, etc. è quanto di più attuale (e interessante) ci possa essere; suggerivo di chiamarla «filosofia», lasciando che «la metafisica» resti rispettabilmente «la metafisica» (come spesso ci ricordano alcuni utenti, che oltre ad aver ben chiara la distinzione, ne condividono il "progetto"). La cultura postmoderna spiccia ne svilisce la storia e l'anelito perché non ne condivide l'impostazione, ma piuttosto che farla diventare impropriamente sinonimo di «filosofia», credo sia più corretto smettere di usare tale parola o usarla solo quando è pertinente (salvaguardandola dall'«ognuno la definisce a modo suo», pratica ancor più goffa se attuata fra i "non addetti ai lavori"; non mi riferisco a nessuno in particolare).

Passando al secondo post:
- quando parlavo di «dialettica servo/padrone» mi riferivo al sol levante, dove è meno metafora di quanto dicano i termini (e credo che un sindacalista concorderebbe);
- sulla tua osservazione del "differenziale negativo della libertà" in Italia (almeno se non ho frainteso), resto piuttosto perplesso; tuttavia ammetto di non aver mai vissuto in Cina per "vedere l'effetto che fa" (oppure è una sconsolata sfida al ribasso, a chi ce l'ha più negativo?).


@Sariputra
Ai tempi della prima versione, ormai desueta come un incunabolo, non era obbligatorio averla già pronta (anche se caldamente consigliato) perché ne erano fornite le forze dell'ordine; ora non so se si sia passati all'obbligo di aver già pronto il lascia-passare... penso a chi ha una certa età, vive da solo e non sa cosa sia una stampante (e magari l'ultima volta che ha usato una penna era in verità un pennino con affianco un calamaio).

Ipazia

Citazione di: Freedom il 26 Marzo 2020, 18:02:21 PM
Il punto è, come ho tentato di dimostrare, mi pare riuscendoci, che la Metafisica  è la disciplina che ricerca le Cause prime. E risiede al di là, al di fuori dell'esperienza sensibile.

Anche la metafisica naturale ricerca le cause prime e purtroppo anche questa ricerca risiede al di fuori dell'esperienza sensibile, ma il cogito s'ingegna di varcare l'abisso. Talvolta riuscendoci e confermando sperimentalmente il suo salto oltre il mistero.

Sulla semantica della metafisica mi rendo conto di appartenere ad una scuola diversa dalla tua, ma anche la mia ha i suoi quarti di antichità risalendo ad Andronico di Rodi. Mi scuso fin d'ora per la sgradevole convivenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

and1972rea

È interessante notare come il fenomeno fisico a cui stiamo assistendo coinvolga globalmente e quasi sincronicamente l'intera specie umana, che fino ad ora , né  guerre, né  carestie riuscirono a colpire in modo così assoluto e universale; il terrore che serpeggia fra le persone , quindi, sembra andare oltre il limite fisico di una pandemia , la quale si limiterebbe di per sé a coinvolgere una parte relativamente ridotta dell'intera popolazione mondiale . Pensate che la sola probabilità di essere colpiti da una grave neoplasia durante il corso della nostra vita  rimane molto più elevata di quella di essere infettati sintomatologicamente da questo morbo nel giro dei prossimi mesi, e la stessa mortalità per cancro interessa numeri più grandi per fasce della popolazione di gran lunga più estese; eppure , questa evidenza fenomenica , questa limitazione logica e fisica della virulenza del morbo non è bastata a farci accettare stoicamente e razionalmente il pericolo. Le rivendite di tabacchi rimangono aperte e disciplinate per legge , con gli avvertimenti divenuti vani e le atroci immagini sui loro prodotti ormai indecifrabili, mentre una colonna di mezzi militari trasformati in carri funebri sparge enorme quanto dovuto sgomento. Ebbene, sembra  davvero esserci, a mio avviso, un qualche principio metafisico, un qualche archetipo nell'inconscio collettivo che va oltre l'evidenza fisica e razionale del fenomeno.

Ipazia

Un chiarimento per il titolo da me dato alla discussione.

Per metafisica del coronavirus intendo tutti i corollari non squisitamente biologici o medici relativi all'epidemia. Tutte le sovrastrutture ideologiche, psicologiche, sociologiche, politiche, economiche, variamente ermeneutiche, che si sviluppano da un'esperienza storicamente inedita per il primo mondo contemporaneo, tanto per l'estensione che per l'intensità del fenomeno. Un evento storico che i medici di Bergamo, che ne hanno un costante incontro ravvicinato, hanno definito ebola dei ricchi. Già questa definizione mi pare abbia un indubbio carattere metafisico filosofico.

Usando tale termine intendo tutto ciò che va oltre la "fisica" dell'epidemia, nel rispetto dell'intenzione di Andronico nell'ordinare la materia aristotelica. Peraltro mi pare che anche Agostino e la metafisica cristiana abbia messo il cappello iperuranico su un concetto che il dualismo pensiero-natura può legittimamente trattare secondo paradigmi diversi. Fin dai tempi antichi e dalle sue cosmogonie.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve and1972rea. Nella attuale situazione "covid19" secondo me non c'è nulla di OGGETTIVAMENTE sconvolgente. Nulla di diverso di quanto già noto dalla storia o dalla cronaca appena men che recente.Pestilenze, lutti, tragedie individuali, guerre, impoverimenti, declini di civilità.............tutti avvenimenti che fanno parte dell'andamento naturale del mondo ed ai quali alcuni luoghi o generazioni erano o sono già avvezzi............

L'unica novità oggettiva sarebbe che oggi e qui (Primo Mondo) abbiamo molto di più da perdere perchè abbiamo riempito le nostre esistenze di complicazioni di dubbia efficacia esistenziale.

Per il resto, esiste invece la nostra SOGGETTIVA percezione dei fatti e delle loro prospettive future, ma essa è appunto "creatura" solo nostra che è stata generata sociologicamente dalla GLOBALIZZAZIONE della quale fan parte L'ECCESSIVA FACILITA' DI SPOSTAMENTO e - soprattutto - L'ECCESSIVA FACILITA' E LA MARTELLANTE "NECESSITA'" DI COMUNICARE.

Ma ci rendiamo conto di quale percentuale degli attuali volumi comunicativi consistano nell'ossessiva reiterazione di notizie che tutti (pubblico e strumenti di informazione) sono "costretti" a comunicare di continuo perchè............................il virus che la nostra civiltà teme veramente non è il Covid19............è IL SILENZIO !

E' quindi l'eccesso di comunicazione quello che crea le nostre psicosi, quegli stati ansiosi ed ansiogeni che colgono la maggioranza di noi se veniamo privati di quel mix di novità, propaganda, fandonie, promemoria, futilità, allettamenti, oscenità che entrano ed escono dai nostri strumenti multimediali. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Discussioni simili (5)