Materialismo vs idealismo.

Aperto da iano, 01 Febbraio 2023, 12:31:51 PM

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daniele22

Citazione di: iano il 07 Febbraio 2023, 09:21:59 AMDirei di si, anche se l'uso del sostantivo e del discorso illecito mi confondono.
Eppure ricordo che ero bravo in analisi grammaticale. ;D

La tecnica di ripetere un discorso con parole proprie è un buon modo di comprenderlo facendolo proprio.
Quando non capisco un argomento mi  improvviso come esperto dell'argomento che cerca di spiegarlo ad altri, e superando le difficoltà del doverlo spiegare lo comprendo.
Colgo comunque l'occasione per correggermi: ''Non sono invenzioni del tutto arbitrarie'', perchè credo che anche quando riempiamo i serbatoi con la più sfrenata fantasia non riusciremo mai a sganciarci del tutto dall'attrazione gravitazionale della realtà.
Bene bravo 7+ ;) ... Ciao iano ... sono abbastanza ignorante in materia di storia della filosofia e forse non so nemmeno quale possa essere la differenza tra idealismo e materialismo. Ma essendo un eretico forse avrò da ridire su tutte e due le posizioni. Il mio ridire principale, anche se immagino che l'argomento non sia manifesto nelle due correnti di pensiero penso possa riguardare il concetto di sostantivo. Tralascio quindi l'ultimo periodo del tuo intervento ... sono comunque d'accordo con esso ... perché avrebbe a che fare con quello che io chiamo pensiero illecito e mi sembrerebbe di uscire un po' dal tema.
Tu parli di esistenze, là dove io parlo di sostantivo; ne parlo appunto perché le esistenze sono etichettate da almeno un sostantivo, e la lingua, che senz'altro esprime conoscenza, si manifesta anche per tramite di tali oggetti grammaticali. Per quel che riguarda ciò che è pubblico, chiedo: possiamo quindi dedurre che il sostantivo possa corrispondere all'unità minima di conoscenza che si abbia della realtà?
Ci si chiede poi come mai "la cosa in se", sempre etichettata da un sostantivo, non possa stare in piedi, così come anche tu e altri sostengono mi sembra. Secondo me "la cosa in se", etichetta compresa, non regge perché la cosa a cui si riferisce il sostantivo possiede diverse funzionalità che trascendono senz'altro la sua definizione razionale così come appare in un vocabolario. Queste varie funzionalità che infine tutti giungono a riconoscere verrebbero a generare per ciascun singolo individuo, dico io ineluttabilmente, una gerarchia di valori di natura affettiva che emerge dalla nostra relazione con l'oggetto, per cui il "vitello" quand'anche il "capitalismo" possono assumere diversi aspetti per ciascun individuo. Per inciso, non so se ti turba o vi turba il fatto che io abbia tirato in ballo un sostantivo (capitalismo) i cui referenti nell'ambito del discorso sono altri sostantivi, ma comunque là fuori esistono pure banche, soldi etc etc. Concludendo, queste funzionalità infine molteplici ed eventuali, conferirebbero per questo motivo una gradazione assai relativa a ciò che si pretenderebbe essere l'unità di conoscenza, ovvero il sostantivo. Ne deriva senza ombra di dubbio che nelle dispute più accese, l'affettività rivolta ad una funzione dell'oggetto abbia la meglio, nel senso che questa rende molto difficile una condivisione della soluzione di un dato problema. Le due parti solitamente non si comprendono, vedi pure qui nel forum, o forse fanno finta di non comprendersi, o forse sono portatrici di fissazioni ... e per questo la disputa si fa accesa e insoluta.
Mi fermo qui per il momento, attendo cosa ne pensi, o ne pensiate, e se hai da aggiungere. Un saluto

iano

#61
Citazione di: daniele22 il 08 Febbraio 2023, 10:47:41 AM
Ci si chiede poi come mai "la cosa in se", sempre etichettata da un sostantivo, non possa stare in piedi, così come anche tu e altri sostengono mi sembra. Secondo me "la cosa in se", etichetta compresa, non regge perché la cosa a cui si riferisce il sostantivo possiede diverse funzionalità che trascendono senz'altro la sua definizione razionale così come appare in un vocabolario. Queste varie funzionalità che infine tutti giungono a riconoscere verrebbero a generare per ciascun singolo individuo, dico io ineluttabilmente, una gerarchia di valori di natura affettiva che emerge dalla nostra relazione con l'oggetto, per cui il "vitello" quand'anche il "capitalismo" possono assumere diversi aspetti per ciascun individuo.

Ottima osservazione.
Credo che l'identificazione fra oggetto e sostantivo sia alla base del nostro ''senso di realtà'', per cui io ricordo bene quel che pensavo da bambino, e cioè che il tavolo era il nome dell'oggetto, e non l'oggetto, ma credevo al contempo che esso non avrebbe potuto chiamarsi altrimenti che ''tavolo''.
Quindi c'era comunque una certa identificazione apparentemente ''afunzionale''  fra sostantivo ed oggetto, che nel tempo si è allentata ovviamente , con un graduale ''disaffezionamento'', ma non del tutto completato se ancora possiedo un senso di realtà.
Non credo si possa vivere senza un senso di realtà, ma eviterei di affezionarmi troppo ad esso, tenendomi pronto alla bisogna a cambiarlo.
Con il sostantivo il soggetto si limita ad indicare l'oggetto, secondo una convenzionale etichettatura, ma questa operazione così banale nella sua descrizione puramente matematica, viene sporcata da una possibile parziale identificazione fra soggetto, oggetto e sostantivo, a seconda del grado di senso di realtà che ci abbisogna per sopravvivere, per cui ciò che realtà non è, viene assunto come tale, senza averne necessaria consapevolezza.
Si può cambiare il proprio senso di realtà ponendolo a confronto con quello degli altri, ma la discussione sarà tanto più violenta quanto alta è l'identificazione del soggetto con il sostantivo/oggetto.
In altri termini non possiamo vivere senza raccontarci balle, tanto che a volte è meglio non sapere nemmeno che ce le raccontiamo, e potremmo restare di ciò per sempre inconsapevoli, senza alcun danno, se non fosse che arriva sempre il momento di doversi raccontare nuove balle al posto delle vecchie, perchè il nostro senso di realtà è legato comunque alla nostra esperienza condivisa che muta nel tempo.
Le balle quindi hanno una loro funzione vitale, specie quelle che ci raccontiamo da soli, e non sono quindi un peccato, a meno che non si creda nella verità.
Credo, nella verità, che a sua volta non è un peccato, perchè ha una sua funzione nel creare il senso di realtà, ma diventa un ostacolo quando abbiamo l'esigenza di svecchiare le nostre balle.
Il grado di evidenza del tavolo, la sua verità, dipende dal grado variabile di identificazione fra soggetto, sostantivo ed oggetto.
Se oggi sembra imperare il nichilismo è perchè la distanza fra una esigenza e l'altra di svecchiare le balle non si misura più in generazioni, perchè una sola generazione sperimenta più di una volta tale esigenza, per cui possiamo avere la sensazione che  la verità, intesa come potente colla identificativa funzionale al senso di realtà, inizi ad alcuni stare un po' sulle ''balle''.
Così forte diventa la tentazione di poterla accantonare, se non fosse che non dipende tutto dalla nostra consapevole volontà.
Senza inconsapevolezza non esisterebbe senso di realtà, infatti il motivo per cui certe moderne teorie fisiche ci sembrano stare fuori dalla realtà pur descrivendola in modo così efficace, è perchè di esse abbiamo, almeno potenzialmente, totale consapevolezza.
Quindi, nella misura in cui le ignoriamo, o meglio ci raccontiamo la balla di conoscerle, riusciamo a farle rientrare ancora almeno in parte nel nostro senso di realtà, riuscendo ancora a vederle per quanto ci possiamo scordare di poterle ricondurre ad evidenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Il tentativo di questa mia discussione è di svecchiare la balla dell'opposizione fra fra materialismo e idealismo, ma senza illudersi di poterla sostituire con altra che non sia però più attuale rispetto alla nostra esperienza. Un tentativo di svecchiamento in senso funzionale, di modo che ciò che nella nostra attuale esperienza risulti alienante tale più non sia.
Tutto ruota secondo me sul gioco delle parti fra consapevolezza e inconsapevolezza, dove ognuna di esse può servire e nessuna di esse è necessaria in forma esclusiva.
In questo senso possiamo considerare che la nostra mancanza di controllo sull'intelligenza artificiale (preoccupazione che nasce da una predilezione esclusiva non giustificata per la consapevolezza) nella misura in tenderemo a considerarla sempre più parte irrinunciabile di noi, entrerà appunto a far parte di noi in quanto ''inconsapevolezza'', che come abbiamo detto in sè non è peccato, entrando solo come parte di noi nel gioco delle parti.
Magari riusciremo anche ad evitare di dover più giustificare con tripli salti mortali dialettici ''l'essere in sè'' che per per essere tale nostra fin troppi gradi e sfumature secondo la nostra corrente esperienza.
Tutto dipende da quanto questo essere in se si sia profondamente identificato con l'essere che siamo, tenendo conto che non è l'identificazione in sè ad essere sbagliata, ma al massimo la sua sopravvenuta inadeguatezza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Qualsiasi atto o pensiero poniamo in essere e' un tentativo di gestione. La realta' e' questo tentativo di gestione generato da cio' che si DEVE gestire , etichettare e dividere e' un nonsense ed una illusione (se onesti) o una mistificazione (se strumentale). Ce ne libereremo liberandoci dal gestore ossia , per quanto mi riguarda , me medesimo. Insomma in po' come tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie.

bobmax

Citazione di: atomista non pentito il 08 Febbraio 2023, 14:27:28 PMQualsiasi atto o pensiero poniamo in essere e' un tentativo di gestione. La realta' e' questo tentativo di gestione generato da cio' che si DEVE gestire , etichettare e dividere e' un nonsense ed una illusione (se onesti) o una mistificazione (se strumentale). Ce ne libereremo liberandoci dal gestore ossia , per quanto mi riguarda , me medesimo. Insomma in po' come tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie.

Non penso sia un "tentativo" di gestione.
Ritengo invece che vi sia una effettiva gestione.

Soltanto che... tu non sei il gestore.

Tu in quanto individuo.

Vi è una volontà che vuole gestire.
Soltanto che, quella volontà prescinde da te. In quanto singolo individuo.

Pur tuttavia, tutto ciò che avviene non dipende forse da te?
Da chi se no?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#65
Citazione di: bobmax il 08 Febbraio 2023, 14:49:42 PMNon penso sia un "tentativo" di gestione.
Ritengo invece che vi sia una effettiva gestione.

Soltanto che... tu non sei il gestore.

Tu in quanto individuo.

Vi è una volontà che vuole gestire.
Soltanto che, quella volontà prescinde da te. In quanto singolo individuo.

Pur tuttavia, tutto ciò che avviene non dipende forse da te?
Da chi se no?
A me sembra che ''Atomomista non pentito'' abbia fatto una sintesi perfetta.
Un tentativo di gestione è comunque una gestione, e nella misura in cui il tentativo è un lavoro in corso e li lavoro non si arresta mai, una gestione resta un tentativo di gestione.
Possiamo anche sorvolare sulla volontà , ma non sul fatto che questa gestione passa per l'individuo, divenendo efficace quando condivisa, quando cioè da tentativo del singolo diventa progetto di lavoro comune, amplificando così la propria efficacia.
E quindi certo che dipende da me e da te.
E da chi sennò?
Cosa stiamo qui a discutere se non per provare ad entrare in risonanza per suonare come un unico strumento?
Il punto semmai è che il suono viene emesso dai singoli strumenti, ma la comprensibile ingenuità che commettiamo è di individuare gli strumenti in base al loro confine spaziale, e non in base alla loro funzione.
Avremmo parimenti diritto di considerare ogni corda del violino come singolo strumento, perchè ogni corda emette suono, e volendo anche ogni suo segmento parte.
Ma l'importante non è cosa sia strumento e cosa non lo sia, ma importante è mettersi d'accordo su cosa ci conviene considerare tale e cosa no, senza restare nel vago che una cosa è, e al, contempo non è , solo perchè potenzialmente può essere come non essere, se la sua esistenza dipende da una convenzione.
Poi posso ben complimentarmi coi singoli strumentisti dicendogli che la loro orchestra suona ''come un unico strumento''. Ma questo è il punto di arrivo, come il violino è il punto di arrivo dei liutai, il cui scopo è far suonare tante corde come una sola, ciò che ci suggerisce di dare all'insieme di corde un nome solo di strumento, come a fare un complimento ai liutai.
Uno strumento poi può caratterizzarsi con un confine fisico, ma non è necessariamente vero il contrario.
Oggi i musicisti compongono e suonano in collegamento telematico da ogni parte della terra, ma non perciò troviamo utile dire che la terra è un orchestra che suona, a meno che il nostro scopo non sia intrattenere l'uditorio con giochi di parole.
Non che in sè sia cosa sbagliata, anzi.
il mazzo è uno, ma le carte sono tante, e rimescolandole si possono giocare sempre nuove partite.
Ma il mazzo sempre uno rimane, non è allo stesso tempo  tanti...mazzi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 08 Febbraio 2023, 16:16:24 PMUn tentativo di gestione è comunque una gestione, e nella misura in cui il tentativo è un lavoro in corso e li lavoro non si arresta mai, una gestione resta un tentativo di gestione.
Possiamo anche sorvolare sulla volontà , ma non sul fatto che questa gestione passa per l'individuo, divenendo efficace quando condivisa, quando cioè da tentativo del singolo diventa progetto di lavoro comune, amplificando così la propria efficacia.
E quindi certo che dipende da me e da te.
E da chi sennò?
Cosa stiamo qui a discutere se non per provare ad entrare in risonanza per suonare come un unico strumento?

Non si può sorvolare sulla volontà. Perché tu, in quanto individuo, sei la tua stessa volontà. Che altro mai saresti?

Soltanto che... questa tua volontà non è proprio "tua". In quanto individuo distinto da tutto il resto.

Perché questa volontà è la medesima che fa girare la Terra attorno al Sole. Non vi è nessuna differenza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#67
Citazione di: bobmax il 08 Febbraio 2023, 16:32:21 PMNon si può sorvolare sulla volontà. Perché tu, in quanto individuo, sei la tua stessa volontà. Che altro mai saresti?

Soltanto che... questa tua volontà non è proprio "tua". In quanto individuo distinto da tutto il resto.

Perché questa volontà è la medesima che fa girare la Terra attorno al Sole. Non vi è nessuna differenza.
La volontà è ciò che distingue ciò che è vivo da ciò che non lo è, ma ciò a cui attribuire questa volontà, l'individuo, rimane cosa aperta, se diamo importanza alla funzione dell'individuo e non alla sua spazialità.
Se vuoi è una distinzione convenzionale, e infatti lo è.
Ciò che conta è che funzioni, nel senso che ognuno può applicarla con basso margine di errore.
Tutta la difficoltà nasce quando la volontà viene usata per distinguere i vivi dai vivi, per cui si può dire che la volontà distingua l'uomo ad esempio, aumentando però il margine di errore, se a ben guardare anche gli scimpanzé sembrano esprimerla a modo loro.
Quindi dovremmo distinguere diversi gradi di volontà, cosa utile solo a chi artificiosamente dalla complicazione estrae il mistero col quale si esalta, e in quanto mistero può divenire motore di ogni cosa che gli pare.
Il mistero comunque rimarrà, senza bisogno di alimentarlo con miracolose moltiplicazioni.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 08 Febbraio 2023, 17:01:45 PMLa volontà è ciò che distingue ciò che è vivo da ciò che non lo è

Può sembrare che la volontà distingua il vivo da ciò che non lo è...
Ma questa distinzione si basa sul presupposto che il vivo potrebbe volere diversamente. Mentre il non vivo no.
Perciò con "volontà" si intende proprio questa stessa possibilità di volere diversamente da ciò che si vuole.

Ma se con volere intendiamo invece, più correttamente, il desiderio rivolto al futuro, allora questo desiderio, questa forza, questa volontà, è onnipresente.

La volontà è alla origine del divenire.
Mi fa scrivere ciò che sto scrivendo, così come muove la Luna attorno alla Terra.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#69
Citazione di: bobmax il 09 Febbraio 2023, 11:00:59 AMPuò sembrare che la volontà distingua il vivo da ciò che non lo è...
Ma questa distinzione si basa sul presupposto che il vivo potrebbe volere diversamente. Mentre il non vivo no.
Perciò con "volontà" si intende proprio questa stessa possibilità di volere diversamente da ciò che si vuole.


Intendo manifestazione di volontà come criterio semplice per classificare l'esistente.
 Non è che può sembrare, ma è, se ci accordiamo che lo sia.
In questa semplificazione convenzionale non ci importa chi sia il gestore, ma chi ci appare che lo sia, fidando in un basso margine di errore.
In pratica esprime volontà tutto ciò che non sembra limitarsi a sottostare alle leggi fisiche.
Tu credi già di sapere cosa è vivo, ma se io ne avessi una idea diversa come facciamo ad accordarci?
Io ti offro comunque un criterio semplice che non è giusto né sbagliato, ma condivisibile o non condivisibile.
Tu non è chiaro cosa offri.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 09 Febbraio 2023, 12:01:36 PMIntendo manifestazione di volontà come criterio semplice per classificare l'esistente.
 Non è che può sembrare, ma è, se ci accordiamo che lo sia.
In questa semplificazione convenzionale non ci importa chi sia il gestore, ma chi ci appare che lo sia, fidando in un basso margine di errore.
In pratica esprime volontà tutto ciò che non sembra limitarsi a sottostare alle leggi fisiche.
Tu credi già di sapere cosa è vivo, ma se io ne avessi una idea diversa come facciamo ad accordarci?
Io ti offro comunque un criterio semplice che non è giusto né sbagliato, ma condivisibile o non condivisibile.
Tu non è chiaro cosa offri.

Scusami Iano, sarà senz'altro per un mio limite, ma ho difficoltà a comprendere ciò che scrivi.

Ho l'impressione che questo sia un dialogo tra sordi.
Una confusione che non può condurre, secondo me, da nessuna parte.


Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Vedo che la discussione sta prendendo una piega penosamente idealistica da iperuranio de noantri in salsa psicologistica.

Il materialismo si preoccupa invece di dare ai fatti (cose in divenire) il posto preminente che occupano nella realtà.

La cosa in sé ha meriti storici e metafisici che non vanno negati e che, epistemologicamente, si configurano come approssimazione alla (verita della) realtà.

Il grande merito di tale impostazione metodologica si pesa con secoli di progresso scientifico che hanno portato dalla magia alla scienza, rendendo espliciti una miriade di fenomeni, e relative "sostanze", fisici, chimici, biologici, e di storia naturale.

Il superamento della cosa in sè metafisica è stato ripagato dalla conoscenza di una miriade di cose in sé fenomenologiche che popolano tutti i costrutti della tecnoscienza. Relativi, come lo sono i moti della meccanica relativistica, ma altrettanto funzionanti e funzionali nella fabbrica del sapere.

Anche il materialismo ha dovuto rivedere i suoi paradigmi in senso relativistico e dinamico, rinunciando alla metafisica della cosa in sè, fissa e immutabile, del materialismo d'antan.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Cit: iano
Con il sostantivo il soggetto si limita ad indicare l'oggetto, secondo una convenzionale etichettatura, ma questa operazione così banale nella sua descrizione puramente matematica, viene sporcata da una possibile parziale identificazione fra soggetto, oggetto e sostantivo, a seconda del grado di senso di realtà che ci abbisogna per sopravvivere, per cui ciò che realtà non è, viene assunto come tale, senza averne necessaria consapevolezza.
Si può cambiare il proprio senso di realtà ponendolo a confronto con quello degli altri, ma la discussione sarà tanto più violenta quanto alta è l'identificazione del soggetto con il sostantivo/oggetto.
Tramite il sostantivo il soggetto parla dell'oggetto cui si riferisce e l'identificazione di cui parli è solo un caso particolare dell'affettività di cui parlo io. Ovvero, il caso in cui ad esempio io mi identifico con l'oggetto dicendo ad esempio "io sono un ateo". Ma difficilmente potrò identificarmi con un barile di petrolio o con un terremoto. Potrò al limite essere empatico, cercare di identificarmi con un essere vivente, ma l'identificazione tiene poco conto degli aspetti repulsivi che sono invece impliciti nelle affettività (paure, desideri). In ogni caso, se il fine è quello di superare l'opposizione tra materialismo e idealismo occorrerebbe probabilmente trovare il difetto che sta in loro, o almeno in una delle due posizioni. Se l'idealismo postula un intelletto puro creatore del mondo materiale, per come la vedo io sarebbe quasi ovvio che si troverebbe in difetto, proprio perché quello che ci fa parlare esponendo delle idee sarebbe subordinato alle affettività di fondo (paure e desideri, oltre alle pulsioni) in cui l'individuo si trova costantemente immerso. Ovvero la ragione sarebbe subordinata e non pura. Ed è proprio per questo motivo che la dialettica è necessaria, avendo la possibilità di offrire due punti di vista leciti per un dato fatto che possono anche essere opposti. Saranno quindi due affettività opposte a disputare su quello che in fondo risulta essere l'interesse maggiore dei contendenti, cioè come si agirà per regolare la disputa. A rigore di raziocinio sarebbe quindi lecito all'idealismo porre l'idea come principio primo per generare un mondo, ma queste sue generazioni sarebbero lecite nella misura in cui ci si rende conto che queste corrispondono ad una mera proiezione delle proprie affettività di fondo. Vi sarebbe dunque un chiaro confine a rendere lecite o no le speculazioni dell'idealismo. L'idea cioè, non essendo di per se stessa illecita, può però trovare la non liceità nelle articolazioni di ordine logico razionale che la reggono. Nella logica della dialettica la parte che si oppone all'idea di turno deve perciò concentrarsi nei presupposti dell'idea e nelle opinioni che cercano di tenerla in piedi, tutto al fine di conferirle o no almeno la dignità di esistenza. Ma per compiere questa operazione dovrebbe avvalersi delle regole imposte dal pensiero puro, cioè quello mondato della sua parte affettiva. Fondamentale al fine che ciò possa compiersi, l'idea oggetto di contesa deve inscriversi in una storia, serve cioè la storia dell'idea, che non può però partire da una supposizione o da un postulato non condivisi, bensì da fatti certificabili o al limite ampiamente condivisi

iano

#73
@Daniele.
La ragione sarà sempre subordinata, ma non perciò impura come dici, intendendola impura immagino in quanto non esclusiva.
Materialismo en idealismo sono due fasi dello stesso processo, che possono mettersi in opposizione, in quanto distinte, se sfugge il processo nella sua unità.
Si può essere utilmente materialisti, come Ipazia ha ben sintetizzato nel suo precedente post, e parimenti utilmente idealisti.
Resta da aggiungere la consapevolezza di essere operai dentro una catena di montaggio, e questo intendo per superamento della contrapposizione.
Un ulteriore step piò essere riconsiderare la suddivisione del processo, eliminando le fasi materialista e idealista, ma senza illudersi di creare fasi nuove di sostanza essenzialmente diversa.
Si tratta come sempre di rendersi conto dell'acqua in cui nuotiamo, consapevolezza che per alcuni equivale al nichilismo, e di fatto lo è se non si contempla la possibilità di ''porre in essere'' nuove categorie che caratterizzino l'intero processo, allo stesso modo che materialismo e idealismo lo hanno caratterizzato finora.
La possibilità di evolversi come vita sulla terra ferma.
E' un errore comprensibile privilegiare un aspetto su un altro, possedendo la visuale in genere di una sola parte della catena di montaggio.
Pensare che tutto debba sottostare a ragione, o al suo contrario, pur avendo buoni motivi per sostenerlo, è un errore.
Ma gli errori faranno sempre parte di noi, innocui finché non vengono come nodi al pettine, invitandoci a considerare la possibilità di sbrogliarli.
In tal senso intendo che materialismo e idealismo siano un errore, perchè lo vedo col senno di poi, ma non mi illudo di sostituirli con cose nuove che non siano fatte della stessa sostanza.
Urge una suddivisione nuova, non più giusta, ma più attuale, più congruente ai nuovi fatti.
Intendediamoci, gli scienziati ci stanno dimostrando che il materialismo è capace di continuare a procedere sulle sue sole gambe, ma sarebbe un peccato lasciarglielo fare.
Di sicuro non è con una vuota opposizione che interromperemo il suo cammino.
Tutto dipende se vogliamo che il nostro cammino continui ad essere accompagnato da una visione, oppure no.
Non potrà più essere però una visione iperuranica, miracolistica, e simili.
Non è facile, perchè è un pò come per un pesce immaginare di vivere sulla terra, dopo aver scoperto di vivere in acqua.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Da quando entrai nel forum, e ancor oggi, il mio intento non è mai stato quello di mettere in mostra il mio punto di vista circa un determinato tema, bensì quello di dare una soluzione al tema cercando di imporre il mio punto di vista al fine che possa diventare condivisibile. Se a me fosse chiaro che l'intento fosse semplicemente quello di esporre il proprio punto di vista non esiterei un istante a far valigia come recentemente fatto dall'illustrissimo viator. Questo concetto già lo espressi l'altr'anno riferendomi all'apertura a raffica di temi che secondo me aveva un sapore vagamente compulsivo.
In riferimento ad un tema, quello che fa l'individuo in tutti i talk show televisivi con qualche eccezione, sui social network con qualche eccezione e pure in questo forum con qualche eccezione è quello di parlarsi addosso, di magnificare se stesso in opposizione ad altri magnificanti se stessi. Il trend è quello di parlare giustamente partendo dal proprio punto di vista, e qui son buoni tutti, poi, visto che la matassa non si sbroglia si comincia ad argomentare, sempre però riferendosi al proprio punto di vista che però non corrisponde a quello dell'oppositore, ovviamente. A me non è chiaro se il motivo sia di ordine psicologico o ascrivibile ad interessi vari anche di ordine spirituale. Se parlo quindi di ragione subordinata e di ragione pura (libera) è perché ritengo che quest'ultima sia la sola a poter svolgere il compito di soluzionare una determinata questione. E' altresì chiaro che la ragione pura sarà di parte, nel senso che tenderà ad appoggiare sempre il proprio punto di vista. Ma nel suo essere di parte, nell'ambito di un discorso argomentativo in opposizione, il suo contenuto dovrà essere necessariamente condiviso dalle due parti in eventuale contesa, altrimenti continuerà ad essere un muro contro muro, ancora ovviamente. Concludendo, in tutto questo discorso che ho fatto non mi sembra che ci siano chissà quali novità da digerire. Sono cioè cose note da un bel mucchio di secoli, e ancora una volta ovvie quando ci si rifletta un momento. Va da se che tutte le correnti di pensiero se non si conformano a questa banalità possono pure andare benissimo per la loro strada, anzi, che ci vadano pure dato che questo è il nocciolo della questione. Questa sarebbe per me l'unica via ragionevole e semplice che riporta alla riconciliazione tra le idee e ad una riduzione dei conflitti di tutte le specie. Comunque, pur criticando aspramente tutti, a volte ci casco anch'io e solo dopo, o nel mentre, me ne rendo conto. Un saluto

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