materialismo storico e morale

Aperto da davintro, 23 Febbraio 2018, 18:42:42 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

davintro

Volevo sottoporre un quesito riguardo ad un'eventuale argomento che mi pare possa essere visto in opposizione all'idea di un materialismo storico rigidamente inteso, base teorica del marxismo. Premetto che l'argomento è, quantomeno apparentemente, banale e semplicista, e personalmente sono anche ostacolato dal fatto di avere una conoscenza ancora abbastanza vaga dal marxismo. Tuttavia non sempre la semplicità è fattore invalidante a livello teoretico un'argomentazione, e una tesi, proprio in quanto affrancata da condizionamenti legati al timore reverenziale, che ci spinge a "non credere ai nostri occhi" di fronte alla possibilità che anche giganti della storia del pensiero possano aver compiuti errori evidenti e grossolani, può essere in grado di cogliere tali errori. Il bambino che nel suo candore e nella sua semplicità ha avuto nella favola il coraggio di gridare "il re è nudo" in fondo diceva la verità.

 

Il fatto che Marx, e molti altri seguaci (come anche ai giorni nostri) provenissero da ceti sociali benestanti e borghesi, non potrebbe essere sintomo dell'errore di impostazione della dialettica materialistica per la quale la struttura (interesse economico) determina la sovrastruttura (tutto ciò che a che fare con lo "spirito", morale, religione, diritto ecc.)? Nel caso di Marx e dei tanti marxisti borghesi di origine appare del tutto evidente come questo schema dialettico appaia invalidato: la "sovrastruttura", la loro coscienza morale, la loro concezione (condivisibile o meno) di giustizia, di anelito verso una società senza più sfruttati e sfruttatori, li ha spinti a elaborare e diffondere una filosofia chiaramente sovversiva finalizzata alla promozione di una coscienza di classe proletaria, che avrebbe nel tempo condotto all'estinzione del dominio sociale della borghesia, vale a dire del loro ceto di origine. Dunque agendo contro gli interessi della loro classe di appartenenza, i marxisti borghesi mostrano di aver anteposto i loro ideali etici-politici (sovrastruttura) rispetto al loro interesse di classe, che avrebbe dovuto mirare a non fare nulla che potesse incrinare l'egemonia borghese nella società (struttura). Come appare evidente, tutto ciò dovrebbe essere impossibile tenendo per valido lo schema materialistico della sovrastruttura del tutto vincolata alla struttura, in quanto la possibilità di individui pensanti ed agenti in contrapposizione agli interessi economici della loro classe, mostra un margine di autonomia della "sovrastruttura", la coscienza morale capace di condurre l'individuo a contrapporsi ai propri interessi economici particolari in nome di valori universali, rispetto alla "struttura", consistente nella figura del borghese che difende i suoi interessi, e così chiama in causa un'antropologia non schiacciata sul materialismo, un'idea di coscienza umana che, alla luce di una dimensione spirituale, seppur immanente quanto si voglia, sappia porre come valore assoluto un'ideale di giustizia, al di là degli interessi di parte, che la porta a svincolarsi dal condizionamento classista ed economicista. La coscienza di un borghese che pensa ed agisce nella storia sulla base di un ideale che contrasta gli interessi della borghesia, non può più essere definita "coscienza borghese", ma solo "coscienza umana". Ne discenderebbe una visione della storia, dove il motore degli eventi non può più identificarsi unilateralmente con gli interessi economici, le lotte fra classi, la "coscienza di classe", ma dove i fattori economici (ovviamente sempre fondamentali) agiscono nell'interazione con fattori non economici come un'intenzionalità morale, che porta gli individui a perseguire dei concetti di "bene" e "giustizia", anche quando questo implica il sacrificio degli interessi economici della classe sociale a cui appartengono. Si può dire che l'esempio di marxisti non proletari da un lato nobilitano una visione della storia a cui viene restituito quel carattere di complessità che rischiava di venir perso in un eccessiva rigidità materialistica determinista, per la quale ogni espressione dello spirito umano andava interpretata sulla base della "classe", ma dall'altro sembrerebbe porli di fronte ad una contraddizione, o almeno ad un paradosso teoretico, meritevole di riflessione e autocritica.

Sarebbe interessante invitare chi conosce molto meglio di me il marxismo, le sue evoluzioni storico-filosofiche, a chiarire questo punto, chiedendo scusa per le inevitabili cantonate a cui in virtù delle mie superficiali conoscenze di questo tema, sarò andato incontro nell'esposizione della questione.

green demetr

Non sono un esperto.

Ma provo a dirne qualcosa rispetto a "dove sono arrivato".

A mio parere Marx intende l'economia come una scienza, e precisamente nella scienza della politica economica.
Come più volte precisato da Preve, ma anche dal suo avversario Negri, la questione è inerente la lotta di classe, in quanto lotta di produzione.

Il materialismo storico è invece un altro mondo: si tratta del modo di intendere la politica che gestisce l'inevitabile corsa del capitalismo verso la sua fine. E che nel deliro di Marx porta alla abrogazione della proprietà privata.

Ossia come gestire la lotta di classe in ottica della terra promessa: la dissoluzione del capitalismo.
In questo senso io sono a favore dell'ottica terzo-internazionalista, ossia alla necessità di creare una istituzione internazionale in attesa della dissoluzione degli Stati. Un organo a cui i manifestanti di tutto il Mondo potessero guardare.

Un organo, e qui veniamo alla tua domanda, guidato dalla borghesia, e dai suoi rappresentanti politici.

Il problema si spostò presto dal fare politica economica al fare politica punto e basta.
E questo fu il problema vero. Invece che accompagnare per mano, divenne la solita corsa al potere dei vertici.
Anche se è vero che fu proprio l'etica del borghese a spingere a fare da capo e non da accompagnatore.
Come mi pare tu suggerisca di fondo alla tuo 3d.

Ora non so se esista una etica che dica e sia in grado di mantenere le promesse, comunista (ma non solo)
La storia ha già detto di no. Tutte gli stati comunisti sono anti-liberali.

E' questione di etica, o non è forse l'etica nella sua ideologia a spacciarsi per tale, e essere invece sempre fascismo?

In attesa che Sgiombo faccia un pò più di chiarezza e mostri qualche motivo endogeno alla ideologia o politca che sia.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

l'origine è Hegel per capire Marx.
Hegel pone centrale la coscienza, come luogo mediatore di conoscenza, in cui il concetto, inteso come ragionamento razionale unisce l'astratto e il concreto, lo spirito e la materia.Se si capisce questo si intuisce che la coscienza è una dinamica di narrazione individuale così come per l'umanità è la dinamica storia e quella coscienza con il concetto razionale arriva allo spirito come "fenomenologia".
Non è l'estrazione di classe dalla quale si perviene il determinante, bensì la coscienza individuale e che socialmente con la lotta di classe diventa coscienza sociale del proprio sfruttamento, in cui quest'ultimo doveva essere spiegato nella scienza economica con la teoria del plusvalore, il quale incorpora il valore lavoro e con l'alienazione.,
La scientificità teorica doveva servire a capire i momenti in cui il ciclo economico capitalistico è più debole, nel senso che costruisce "rabbia" sociale negli sfruttati da veicolari appunto con la coscienza di classe contro il "padrone borghese".
Quindi c'è un doppio binario: studio economico del ciclo e dall'altra sollecitare ,rendere cosciente lo sfruttamento affinchè il proletariato fosse pronto a rivoluzionare i detentori dei mezzi di produzione e quindi del potere economico.
Non so se ho risposto alla domanda.

Altro ancora sarebbe dove e come l'ideologia comunista è a sua volta "debole".E quì penso che Davintro si sia avvicinato.
Non basta "buttare giù un sistema", bisogna aver chiaro come ad esempio nei "soviet" della società russsa di Lenin sarebbero dovuti essere gestiti:il proletario può essere l'agente rivoluzionario ,ma gestire e governare non è come rivoluzionare, rinascono le contraddizioni..............

baylham

Considero Marx un economista, politico, filosofo importante, imprescindibile, sebbene non sia marxista.

La contraddizione rilevata da davintro non intacca lo schema marxista di analisi del processo storico per due motivi:

nel processo storico l'individuo non conta, conta la classe, definita dai conflittuali rapporti sociali di produzione, determinati dallo sviluppo delle forze produttive. Per Marx era rilevante la struttura economica-sociale, considerava irrilevante il singolo individuo.

Il cambiamento dei rapporti sociali di produzione con la formazione di nuove classi, non può che venire dalla disgregazione, rivoluzione dei precedenti assetti di classe. Il capitalista e il proletario sono categorie che appartengono ad una fase dello sviluppo delle forze produttive, nella quale emergono soggetti che prefigurano la formazione delle nuove classi.

Condivido il secondo motivo, sono in parziale disaccordo sul primo: le differenze individuali contano, rendono imprevedibile la storia.




sgiombo

Citazione di: green demetr il 23 Febbraio 2018, 19:48:32 PM

In attesa che Sgiombo faccia un pò più di chiarezza e mostri qualche motivo endogeno alla ideologia o politca che sia.

Grazie della fiducia, Green, ma ovviamente non posso che proporre la mia propria (non certo insindacabile) interpretazione del materialismo storico.

(Sono stato assente per molto tempo da questo magnifico forum perché affetto da una grave forma di influenza con complicazione batterica che molto mi ha provato e credo molto mi abbia insegnato, anche in campo strettamente filosofico: la vita vissuta può insegnare anche molto di più della mera teoria!
Cercherò di riassumere questa esperienza e ciò che mi suggerisce aprendo una discussione in proposito i prossimi giorni).

Riassumo qui di seguito "nei minimi termini" la mia concezione del materialismo storico obiettando soprattutto alle interessanti critiche e osservazioni di Davintro.

La fondamentale tesi marxista (materialistica storica) che "la struttura economica determina (ma solo in ultima istanza, attraverso complesse mediazioni) la sovrastruttura della società (tutto ciò che a che fare con lo "spirito", morale, religione, diritto, politica, ecc.)" non va intesa semplicisticamente, meccanicisticamente come una sorta di semplice, diretta, immediata causazione: questa ne é stata "da subito" un' evidente incomprensione e deformazione caricaturale, dai suoi fondatori stessi prontamente denunciata e severamente criticata.
In generale le scienze umane non vanno (fra-) intese nella maniera in cui sono invece da considerare le scienze naturali (e in particolare le "scienze esatte").
Così il fatto stesso che i due fondatori del materialismo storico stesso, Fiedrich Engels e Karl Marx, appartenessero a benestanti famiglie borghesi non può essere correttamente inteso come la pretesa (palesemente smentita dai fatti, lapalissianamente assurda!) che essi dovessero avere avessero necessariamente convinzioni conservatrici o magari reazionarie; ma invece nel senso più complesso e mediato che lo sviluppo delle forze produttive sociali in epoca capitalistica, con l' inevitabile palesarsi dei limiti, contraddizioni, ingiustizie, miserie, tragedie, ecc. che inevitabilmente lo caratterizzano –vedi la splendida opera giovanile di Engels "la condizione della classe operaia in Inghiltezza"- tendeva (fra l' altro; compreso anche il contrariamente altro!) a favorire potentemente nelle persone dotate di sufficiente intelligenza, sensibilità, cultura, senso della giustizia, come erano loro due, la scelta di collocarsi soggettivamente dalla parte degli sfruttati –anche contro la propria stessa classe sociale!- e la capacità di comprendere le fondamentali dinamiche oggettive della società stessa.
Non si tratta né di "coscienza borghese", né di "coscienza (genericamente) umana", ma di "coscienza proletaria", cioè oggettivamente propria (per lo meno potenzialmente; ma di fatto anche attualmente, proprio a partire da Engels e Marx) di quella classe il cui proprio interesse viene di fatto a coincidere oggettivamente con l' interesse dell' umanità intera (come fra l' altro il di molto successivo evidenziarsi dei problemi posti dalla limitatezza delle risorse materiali oggettivamente, di fatto –e non: fantascientificamente!- disponibili all' umanità avrebbe ulteriormente palesato e confermato).

Così il fatto che "la possibilità di individui pensanti ed agenti in contrapposizione agli interessi economici della loro classe, mostra un margine di autonomia della "sovrastruttura", la coscienza morale capace di condurre l'individuo a contrapporsi ai propri interessi economici particolari in nome di valori universali, rispetto alla "struttura", consistente nella figura del borghese che difende i suoi interessi" non dimostra altro, a mio modesto parere, che quella che va considerata come la corretta accezione del materialismo storico, così come precisata da Engels, nella celebre lettera a Bloch del 1990 con queste inequivocabili parole:

"secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell'affermazione in modo che il momento economico risulti essere l'unicodeterminante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura - le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa - costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. - le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. È un'azione reciproca tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un'enorme quantità di fatti casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario, applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe certo piú facile che risolvere una semplice equazione di primo grado.
Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma anche quelli politici, ecc, anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva. Lo Stato prussiano è nato e si è sviluppato anche per motivi storici, in ultima istanza economici. Ma sarebbe pressoché impossibile non cadere nella pedanteria affermando che tra i molti staterelli della Germania settentrionale proprio il Brandeburgo era destinato per una necessità economica e non anche per altri fattori (primo fra tutti il fatto di esser coinvolto, tramite il possesso della Prussia, con la Polonia e, attraverso questa, con tutta la situazione politica internazionale - la quale è certo decisiva anche nella formazione dei possedimenti privati della dinastia austriaca) a diventare quella grande potenza in cui si sarebbe incarnata la differenza economica, linguistica, e a partire dalla Riforma anche religiosa, tra nord e sud. Difficile sarebbe non rendersi ridicoli spiegando economicamente l'esistenza di ogni staterello tedesco del passato e del presente, o l'origine della rotazione consonantica altotedesca, che ha fatto della barriera formata dalle montagne dai Sudeti al Tauno una vera e propria frattura che attraversa la Germania.
Ma in secondo luogo la storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da cui scaturisce una risultante - l'avvenimento storico - che a sua volta può esser considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo non coscientee non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed essenzialmente è soggetta anche alle stesse leggi di movimento. Ma dal fatto che le singole volontà - ognuna delle quali vuole ciò a cui la spinge la sua costituzione fisica e le circostanze esterne, in ultima istanza economiche (le sue proprie personali o quelle generali e sociali) - non raggiungono ciò che vogliono, ma si fondono in una media complessiva, in una risultante comune, da questo fatto non si può comunque dedurre che esse vadano poste = 0. Al contrario, ognuna contribuisce alla risultante, e in questa misura è compresa in essa.

(Omissis)
Del fatto che da parte dei più giovani si attribuisca talvolta al lato economico più rilevanza di quanta convenga, siamo in parte responsabili anche Marx ed io. Di fronte agli avversari dovevamo accentuare il principio fondamentale, che essi negavano, e non sempre c'era il tempo, il luogo e l'occasione di riconoscere quel che spettava agli altri fattori che entrano nell'azione reciproca. Ma appena si arrivava alla descrizione di un periodo storico, e perciò a un'applicazione pratica, le cose cambiavano, e nessun errore era qui possibile. Ma purtroppo è fin troppo frequente che si creda di aver capito a fondo una nuova teoria e di poterne senz'altro fare uso non appena ci si sia impadroniti dei suoi principi fondamentali, e anche questo non sempre in modo corretto. E questo rimprovero non posso risparmiarlo neanche a qualcuno dei recenti "marxisti", e ne è venuta fuori anche della roba incredibile".


Mi pare del tutto evidente che ne discenda "una visione della storia, dove il motore degli eventi non può più identificarsi unilateralmente con gli interessi economici, le lotte fra classi, la "coscienza di classe", ma dove i fattori economici (ovviamente sempre fondamentali) agiscono nell'interazione con fattori non economici come un'intenzionalità morale, che porta gli individui a perseguire dei concetti di "bene" e "giustizia", anche quando questo implica il sacrificio degli interessi economici della classe sociale a cui appartengono".
E che ne venga "restituito" alla "visione della storia" marxista "quel carattere di complessità che rischiava di venir perso in un' eccessiva rigidità materialistica determinista, per la quale ogni espressione dello spirito umano andava interpretata sulla base della "classe", piuttosto che "porli di fronte ad una contraddizione, o almeno ad un paradosso teoretico", sia pur "meritevole di riflessione e autocritica".

A baylham vorrei dire che a mio parere anche una la totale, assoluta svalutazione del pur limitato e non aasoluto ruolo della personalità della storia sia una deformazione erronea del marxismo, come a mio parere brillantemente mostrato da Plekhanov.

baylham

L'importanza filosofica e politica di Marx è legata al materialismo storico e dialettico.

L'Ideologia tedesca, soprattutto la sua prefazione, contengono il nucleo di questa concezione della storia, dove è chiaramente espresso che è la struttura economica-sociale a determinare la sovrastruttura ideologica.

Se non erro nella parte dell'Ideologia tedesca che esprime questa nuova teoria non c'è alcun riferimento ad un individuo storico: non c'è un politico, un militare, un re, un religioso, uno scienziato, un filosofo citato. Si trovano soltanto la società umana, la sua produzione e riproduzione, lo sviluppo delle forze produttive, le classi, la loro nascita, il loro conflitto e la loro dissoluzione. Nel Capitale si trovano modelli economici basati sulle classi. Anche nel Manifesto del partito comunista non c'è alcun riferimento ad individui, eccetto i diretti concorrenti socialisti (Proudhon, Fourier, Saint Simon) comunque rappresentativi di classi sociali.
L'irrilevanza del singolo individuo non è una distorsione del marxismo, ma la sua caratteristica principale. Per Marx è la società che determina la coscienza dell'individuo: quest'ultima non è indagabile scientificamente mentre lo è la struttura delle relazioni sociali materiali.

Se si tolgono questi capisaldi, la concezione materialistica storica e dialettica perde ogni significato, diventa uno schema di lettura economica sociale tra i tanti della storia umana.

stefano

Potrei dire tutto il peggio possibile del comunismo nel quale un tempo ingenuamente 
ho creduto come motore del progresso sociale nel mondo ma qui siamo in un forum filosofico 
e non vado oltre.In realtà io credo che il vero motore di progresso sia stato e sia nel
nostro mondo il messaggio cristiano vero messaggio di uguaglianza e solidarietà umana.
Le contraddizioni di cui parla Davintro purtroppo sono molto molto importanti e direi 
fondamentali per capire la storia del comunismo e del suo fallimento o se vogliamo del
suo trionfo nel mondo (per es.la cosiddetta repubblica popolare cinese).
La domanda è: perche io che sono benestante dovrei essere a favore della rivoluzione
proletaria? Ma è naturale,dice il comunista, il capitalismo crollerà e noi costruiremo
una società migliore...umanita,solidarietà,uguaglianza,il capitalismo è un ostacolo alla
vera umanità,che siamo noi,perche l'uomo nasce comunista,poi arriva il capitalismo
con le sue sovrastrutture e corrompe tutto,qui c'è un libro,materialismo storico,
c'è scritto tutto,è scientifico!...
In realtà forse c'è una cosa che non è stata prevista dai teorici del materialismo
storico: quei sentimenti (io li chiamo cosi) fratellanza,solidarieta,uguaglianza 
devono essere autentici.La storia del comunismo dimostra che non basta aderire a un movimento 
rivoluzionario per cambiare la propria natura umana, perche di questo si tratta,perche io ho 
molti dubbi che la natura umana sia cosi propensa alla giustizia sociale,anzi io credo da quello 
che vedo che non lo sia affatto,non per induzione,non per le famose sovrastrutture ma direi 
proprio per natura.Cosi io credo che ci voglia qualcosa di molto piu profondo per cambiare questa 
natura umana cosi incline all'egoismo al razzismo al desiderio di possesso,ci vuole un 
messaggio autentico e questo è io credo il messaggio cristiano,quel semplice messaggio cristiano 
senza il quale il comunismo non sarebbe nemmeno esistito.
Quindi secondo me tu Divintro hai perfettamente ragione a dire che non esiste "coscenza borghese"
o "coscenza proletaria" ma solo coscenza umana perche fratellanza uguaglianza solidarieta non sono 
monopolio di nessuno e nessuna teoria sociale per quanto "scientifica" puo assicurarne
l'attuazione a meno che non si preveda l'uso della dittatura proletaria o dei campi di
rieducazione come la triste storia del comunismo insegna.

PS Mi rendo conto che questo post ha un carattere polemico che forse non si addice a un forum
filosofico.Io non sono un esperto di marxismo ma solo porto qui la mia esperienza personale
,quello che ho visto e appreso nella mia vita rispetto al processo storico del comunismo,
e anche questo credo possa portare un contributo alla indagine filosofica.

sgiombo

Citazione di: baylham il 28 Febbraio 2018, 10:44:15 AM
L'importanza filosofica e politica di Marx è legata al materialismo storico e dialettico.

L'Ideologia tedesca, soprattutto la sua prefazione, contengono il nucleo di questa concezione della storia, dove è chiaramente espresso che è la struttura economica-sociale a determinare la sovrastruttura ideologica.

Se non erro nella parte dell'Ideologia tedesca che esprime questa nuova teoria non c'è alcun riferimento ad un individuo storico: non c'è un politico, un militare, un re, un religioso, uno scienziato, un filosofo citato. Si trovano soltanto la società umana, la sua produzione e riproduzione, lo sviluppo delle forze produttive, le classi, la loro nascita, il loro conflitto e la loro dissoluzione. Nel Capitale si trovano modelli economici basati sulle classi. Anche nel Manifesto del partito comunista non c'è alcun riferimento ad individui, eccetto i diretti concorrenti socialisti (Proudhon, Fourier, Saint Simon) comunque rappresentativi di classi sociali.
L'irrilevanza del singolo individuo non è una distorsione del marxismo, ma la sua caratteristica principale. Per Marx è la società che determina la coscienza dell'individuo: quest'ultima non è indagabile scientificamente mentre lo è la struttura delle relazioni sociali materiali.

Se si tolgono questi capisaldi, la concezione materialistica storica e dialettica perde ogni significato, diventa uno schema di lettura economica sociale tra i tanti della storia umana.
CitazioneCiò non significa che la storia accade impersonalmente, senza alcuno ruolo degli individui.
Significa invece che determinanti in ultima analisi sono lo sviluppo delle forze produttive e le relazioni mutevoli fra queste e i rapporti di produzione e la lotta di classe.

sgiombo

Citazione di: stefano il 28 Febbraio 2018, 11:51:43 AM
Potrei dire tutto il peggio possibile del comunismo nel quale un tempo ingenuamente
ho creduto come motore del progresso sociale nel mondo ma qui siamo in un forum filosofico
e non vado oltre.

CitazionePer lo stesso motivo vado oltre anch' io, che invece potrei dirne tutto il meglio possibile.


In realtà io credo che il vero motore di progresso sia stato e sia nel
nostro mondo il messaggio cristiano vero messaggio di uguaglianza e solidarietà umana.
Le contraddizioni di cui parla Davintro purtroppo sono molto molto importanti e direi
fondamentali per capire la storia del comunismo e del suo fallimento o se vogliamo del
suo trionfo nel mondo (per es.la cosiddetta repubblica popolare cinese).
La domanda è: perche io che sono benestante dovrei essere a favore della rivoluzione
proletaria? Ma è naturale,dice il comunista, il capitalismo crollerà e noi costruiremo
una società migliore...
umanita,solidarietà,uguaglianza,il capitalismo è un ostacolo alla
vera umanità,che siamo noi,perche l'uomo nasce comunista,poi arriva il capitalismo
con le sue sovrastrutture e corrompe tutto,qui c'è un libro,materialismo storico,
c'è scritto tutto,è scientifico!...

CitazioneQuesta é solo una deformazione caricaturale del socialismo scientifico (e il fatto che abbia avuto anche sostenitori in buona fede fra i comunisti, non ne cambia la natura).



In realtà forse c'è una cosa che non è stata prevista dai teorici del materialismo
storico: quei sentimenti (io li chiamo cosi) fratellanza,solidarieta,uguaglianza
devono essere autentici.La storia del comunismo dimostra che non basta aderire a un movimento
rivoluzionario per cambiare la propria natura umana, perche di questo si tratta,perche io ho
molti dubbi che la natura umana sia cosi propensa alla giustizia sociale,anzi io credo da quello
che vedo che non lo sia affatto,non per induzione,non per le famose sovrastrutture ma direi
proprio per natura.Cosi io credo che ci voglia qualcosa di molto piu profondo per cambiare questa
natura umana cosi incline all'egoismo al razzismo al desiderio di possesso,ci vuole un
messaggio autentico e questo è io credo il messaggio cristiano,quel semplice messaggio cristiano
senza il quale il comunismo non sarebbe nemmeno esistito.

CitazioneDissento completamente.
Secondo me la scienza biologica non dimostra affatto che l' egoismo sarebbe il destino ineluttabile della specie umana.

Mentre credo che la storia umana confermi (verifichi) la teoria marxista del carattere in ultima analisi decisivo della struttura economica della società nelle dinamiche che la caratterizzano.

(Esattamente come fai tu, mi limito ad esporre telegtaficamente le mie profonde convinzioni senza pretendere di dimostrarle, il che richiederebbe ben altro tempo e spazio che quello ragionevolmente consentito da questa discussione nel forum).


baylham

a stefano

Considero la parabola del seminatore contenuta nei Vangeli un esempio involontario di materialismo storico e dialettico: puoi seminare le teorie, i valori, le idee che preferisci, i semi, la loro realizzazione, il loro sviluppo dipende dalla base, struttura materiale, il terreno. L'autenticità o la natura umana non sono cose che la coscienza umana possa controllare o determinare, dipendono dal sistema.



Aggiungo due riflessioni personali coerenti col materialismo storico e dialettico: il comunismo non è la fase finale della storia umana e del conflitto tra classi, la fine si ha con l'estinzione della specie umana. La classe proletaria, il proletariato esiste col capitalismo, la fine del capitalismo sarà quindi il risultato dell'emergere di una nuova classe dominante.

Apprezzo il materialismo storico e dialettico perché mi appare una teoria e una prassi sistemica: la società è certamente formata dagli individui, ma non è l'individuo a determinare e produrre il sistema sociale, sono le relazioni sociali tra individui e le loro trasformazioni a determinare le dinamiche, i processi del sistema sociale. In questo senso il sistema sociale è effettivamente impersonale.

stefano

Citazione di: baylham il 28 Febbraio 2018, 16:36:28 PMa stefano Considero la parabola del seminatore contenuta nei Vangeli un esempio involontario di materialismo storico e dialettico: puoi seminare le teorie, i valori, le idee che preferisci, i semi, la loro realizzazione, il loro sviluppo dipende dalla base, struttura materiale, il terreno. L'autenticità o la natura umana non sono cose che la coscienza umana possa controllare o determinare, dipendono dal sistema. Aggiungo due riflessioni personali coerenti col materialismo storico e dialettico: il comunismo non è la fase finale della storia umana e del conflitto tra classi, la fine si ha con l'estinzione della specie umana. La classe proletaria, il proletariato esiste col capitalismo, la fine del capitalismo sarà quindi il risultato dell'emergere di una nuova classe dominante. Apprezzo il materialismo storico e dialettico perché mi appare una teoria e una prassi sistemica: la società è certamente formata dagli individui, ma non è l'individuo a determinare e produrre il sistema sociale, sono le relazioni sociali tra individui e le loro trasformazioni a determinare le dinamiche, i processi del sistema sociale. In questo senso il sistema sociale è effettivamente impersonale.

Credo che la tua interpretazione della parabola Baylham sia forzata e forse un po provocatoria
Dipende da cosa si intende per "terreno".Io per esempio lo intendo semplicemante come individuo,
credo che ogni individuo rifletta una visione tutta particolare,unica del momento storico
che sta vivendo,cioe,non c'è una Storia ma milioni miliardi di storie completamente
differenti l'una dall'altra.L'ambiente che lo circonda (o il sistema come tu lo chiami) 
lo condiziona si ma mai allo stesso modo, ognuno reagisce all'ambiente
in maniera del tutto originale, unica,da qui l'importanza che il cristianesimo da all'uomo,
ad ogni singolo uomo.Ognuno è importante e non sta a noi stabilire chi lo sia di piu o
di meno.Questo lo considero un vero insegnamento di uguaglianza.Percio sono molto lontano
da considerare il sistema o la sovrastruttura ideologica il fattore determinante della
nostra vita.Se poi si parla di sistema capitalistico non riesco a capire, a me il capitalismo
sembra solo un evoluzione moderna e tecnologica del vecchio e tenace desiderio di potere
e di possesso che da sempre ha caratterizzato la natura umana.Quindi se si parla di sovrastruttura
direi che sostanzialmente è la stessa da secoli.E'la legge del mercato,la legge del piu forte,
e l'uomo da sempre è costretto a seguire questa legge che lui stesso si è creato.
La vera novità della storia è stato il messaggio cristiano che ha spezzato le catene di
questo circolo vizioso e ridato a ciascuno il suo posto nel mondo.E con ciò vorrei rispondere
anche a Sgiombo.Anch'io un tempo credevo nell'ottimismo scientifico del socialismo
ma poi ho capito che era una trappola: l'uomo crede fermamente nella giustezza e nella bontà
della natura umana e la rivendica contro un sistema che però lui stesso ha creato.
Succederà che il sistema verrà abbattuto e nascerà un nuovo sistema contro il quale 
l'uomo si ribellerà.E cosi all'infinito.L'uomo da solo sembra eternamente ribellarsi
contro se stesso.Ci vuole qualcosa che vada oltre,Dio forse? E' quello che sempre mi chiedo

sgiombo

Citazione di: stefano il 02 Marzo 2018, 10:02:14 AMAnch'io un tempo credevo nell'ottimismo scientifico del socialismo
ma poi ho capito che era una trappola: l'uomo crede fermamente nella giustezza e nella bontà
della natura umana e la rivendica contro un sistema che però lui stesso ha creato.
Succederà che il sistema verrà abbattuto e nascerà un nuovo sistema contro il quale
l'uomo si ribellerà.E cosi all'infinito.L'uomo da solo sembra eternamente ribellarsi
contro se stesso.Ci vuole qualcosa che vada oltre,Dio forse? E' quello che sempre mi chiedo

CitazioneAl di là delle credenze umane (che sono molto varie: purtroppo molti credono -del tutto falsamente- che l' uomo sia irrimediabilmente egoista: e infatti questa é l' ideologia delle classi dominanti, dunque quella tendenzialmente dominante nella nostra società, fortunatamente non incontrastata da controtendenze), la biologia scientifica dimostra che l' altruismo, nell' uomo come in altre specie animali sociali, non é meno diffuso come potenziale tendenza comportamentale, dell' egoismo, in quanto non meno adattivo, anzi!

Ma contrariamente ad ogni altra specie animale, l' uomo é caratterizzato da un' enorme plasticità, variabilità, "non mera stereotipata istintualità", creatività di comportamento.
E a me pare evidente che i fatti verifichino la tesi materialistica storica che per lo meno a livello di scelte collettive-sociali (non necessariamente di scelte individuali) determinati nell' attuazione, in varia misura, delle une o delle altre fra le variabilissime potenzialità comportamentali umane siano in ultima istanza (e non semplicisticamente, meccanicisticamente) le relazioni fra sviluppo delle forze produttive e rapporti sociali di produzione e la lotta di classe.

Peraltro oggi l' umanità si trova drammaticamente di fronte a un bivio decisivo per il suo futuro.
Poiché (Manifesto del Partito Comunista del 1847 di Marx ed Engels) non é destino ineluttabile che i periodi rivoluzionari esitino nell' instaurazione rivoluzionaria di più civili rapporti di produzione ma in alternativa si può avere anche la "rovina comune delle classi in lotta", o si realizzeranno per tempo "superiori rapporti di produzione comunistici", oppure quelli capitalistici attualmente dominanti determineranno la distruzione irreversibile -già in fase di avanzata attuazione- delle risorse naturali necessarie alla sopravvivenza umana e l' estinzione "prematura e di sua propria mano" (Sebastiano Timpanaro) della nostra specie (e di tantissime altre).

...e in questo malaugurato caso nessun Dio ci potrà salvare.

davintro

ringrazio tutti per l'attenzione e le delucidazioni.

 

Ciò che mi verrebbe ora da osservare è la possibilità di considerare come un interessante fattore, l'idea di come l'assunzione di un'accezione rigidamente materialista del marxismo, nella quale la struttura (economia) pare presentarsi come principio assoluto e autosufficiente degli eventi storici, vada contestualizzata nell'epoca in cui Marx ed Engles vissero, l'ottocento culturalmente dominato dall'egemonia filosofia del positivismo, con la sua visione della storia per la quale i fattori naturalistici, studiabili dulla base delle scienze utilizzanti il linguaggio quantitativo e matematizzante  finiscono col determinare l'esistenza della dimensione qualitativa-spirituale, privata così di una effettiva autonomia. Sarebbe cioè possibile che alcune sfumature o modalità interpretative insite nel marxismo possano essere state motivate dal clima ideologico dell'epoca in cui sorse. Controprova di ciò potrebbe essere identificata nel fatto che nel secolo successivo, con la crisi del paradigma positivistico(anche sulla base dei nuovi indirizzi epistemologici, penso in particolare al falsificazionismo popperiano), sorsero letture del marxismo nelle quali, al di là delle varie differenze, tratto comune era il presentare la teoria come sempre più svincolata dall'appiattimento verso un rigido determinismo economicistico avente pretese di scientificità, e sempre maggiore ambiti di autonomia alla coscienza soggettiva e individuale venivano riconosciuti nell'opera di costruzione della dinamica storica (penso all'esistenzialismo sartriano, o alla scuola di Francoforte o a Gramsci che si rifacevano in larga misura a correnti filosofiche dalle premesse teoriche per certi aspetti antitetici al positivismo, come l'idealismo hegeliano o il neoidealismo gentiliano): insomma, un marxismo umanistico, che effettivamente sembra molto più in linea, con i chiarimenti, che qua in particolare Sgiombo ha portato. In questo senso si renderebbe ben maggiormente ragione di questa visione della storia nella quale gli interessi economici non determinano in modo meccanicistico la "sovrastruttura", ma dove lo "spirito", comprendente anche il senso morale individuale e l'idea di giustizia di ciascuno interagiscono attivamente con le dinamiche economiche, senza ridursi a effetto passivo di queste ultime.

Connesso a tutto ciò sarebbe interessante lasciar emergere un'altra questione, cioè se l'impianto materialistico anche nel senso ontologico (ateismo e definizione della religione come "oppio dei popoli) possa cessare di essere visto come elemento necessario del marxismo, ma solo sua possibilità accidentale, mentre la sua necessità, sarebbe solo un'apparenza effetto del clima materialistico tipico dell'ottocento positivista (considerando per "religione" non necessariamente aderenza a una determinata confessione storica organizzata, ma anche un generico senso della trascendenza spirituale).

sgiombo

A Davintro

Condivido la valutazione complessiva sullo sviluppo storico del marxismo nell' '800 e nel '900.

Quanto alla considerazione conclusiva sulla filosofia (materialistica ed ateistica) del marxismo, accenno brevemente al mio personale atteggiamento in proposito.

Contrariamente ad altri (per esempio Preve e il suo "discepolo-successore" Fusaro) ritengo che il marxismo (già da Marx ed Engels) comprenda una filosofia materialistica ("dialettica"), una concezione scientifica (sia pure nel senso "debole" o "ampio" delle "scienze umane") della storia (il materialismo storico), un' analisi economica scientifica in senso più stretto del capitalismo e per certi aspetti in generale della produzione-scambio nel suo storico mutare e negli aspetti più astratti e più generalmente diffusi e  permanenti, e una teoria politica (sviluppata, dopo alcuni fondamenti engelsiani e marxiani, soprattutto nel '900 da Lenin, Gramsci ed altri).

Personalmente non ho mai aderito alla filosofia del materialismo dialettico (pur ritenendola molto interessante e intelligente, contrariamente a tanti facili liquidatori, e pur essendo ateo), né ad alcun altro monismo materialistico (ma con Sebastiano Timpanaro ritengo più coerente il "vecchio" materialismo settecentesco, detto anche talora "volgare", e considero la "dialettica" in M. ed E. un mero residuo, non "capovolgibile materialisticamente" e sostanzialmente non "valorizzabile",  della loro giovanile adesione all' hegelismo).

Mentre ritengo sostanzialmente verificato dai fatti (anche successivi, sebbene da sviluppare e per certi aspetti correggere, in particolare attraverso un' accezione non meramente quantitativa del concetto di "sviluppo delle forze produttive", ineludibile col venire al pettine novecentesco dei limiti delle risorse naturali realisticamente impiegabili per produzioni e consumi) il materialismo storico; come anche per lo meno in gran parte la critica marxiana dell' economia politica e le (peraltro non univoche) successive teorie politiche "marxiste" (e leniniste, staliniste, gramscianee, ecc.).

Ipazia

#14
Un rosso minaccioso messaggio mi consiglia di aprire una nuova discussione, ma non lo faccio perchè questa mi sembra quella giusta per chiarire la contrapposizione tra me e Lou & Ox sul rapporto tra struttura, sovrastruttura, materia vs. Oggetto-Soggetto. Ma ancora più giusta perchè è il luogo idoneo per un approfondimento di quella filosofia della prassi di cui il marxismo fin dalle origini (Tesi su Feuerbach) si fa promotore. Filosofia della prassi significa sostanzialmente etica/morale.

Il primo post di Sgiompo afferma il carattere etico e antimeccanicista del marxismo come risulta dalla lettera di Engels. La replica all'iniziatore della discussione (chissà se la leggerà ...?) è opportuna per iniziare a sviluppare il mio discorso.

Citazione di: davintro il 08 Marzo 2018, 23:56:56 PM

Ciò che mi verrebbe ora da osservare è la possibilità di considerare come un interessante fattore, l'idea di come l'assunzione di un'accezione rigidamente materialista del marxismo, nella quale la struttura (economia) pare presentarsi come principio assoluto e autosufficiente degli eventi storici, vada contestualizzata nell'epoca in cui Marx ed Engles vissero, l'ottocento culturalmente dominato dall'egemonia filosofia del positivismo, con la sua visione della storia per la quale i fattori naturalistici, studiabili dulla base delle scienze utilizzanti il linguaggio quantitativo e matematizzante  finiscono col determinare l'esistenza della dimensione qualitativa-spirituale, privata così di una effettiva autonomia. Sarebbe cioè possibile che alcune sfumature o modalità interpretative insite nel marxismo possano essere state motivate dal clima ideologico dell'epoca in cui sorse. Controprova di ciò potrebbe essere identificata nel fatto che nel secolo successivo, con la crisi del paradigma positivistico (anche sulla base dei nuovi indirizzi epistemologici, penso in particolare al falsificazionismo popperiano), sorsero letture del marxismo nelle quali, al di là delle varie differenze, tratto comune era il presentare la teoria come sempre più svincolata dall'appiattimento verso un rigido determinismo economicistico avente pretese di scientificità, e sempre maggiore ambiti di autonomia alla coscienza soggettiva e individuale venivano riconosciuti nell'opera di costruzione della dinamica storica (penso all'esistenzialismo sartriano, o alla scuola di Francoforte o a Gramsci che si rifacevano in larga misura a correnti filosofiche dalle premesse teoriche per certi aspetti antitetici al positivismo, come l'idealismo hegeliano o il neoidealismo gentiliano): insomma, un marxismo umanistico, che effettivamente sembra molto più in linea, con i chiarimenti, che qua in particolare Sgiombo ha portato. In questo senso si renderebbe ben maggiormente ragione di questa visione della storia nella quale gli interessi economici non determinano in modo meccanicistico la "sovrastruttura", ma dove lo "spirito", comprendente anche il senso morale individuale e l'idea di giustizia di ciascuno interagiscono attivamente con le dinamiche economiche, senza ridursi a effetto passivo di queste ultime.

Non solo, ma proprio la struttura stessa viene ricondotta alla sua occultata natura di relazione tra uomini, mistificata in relazione tra cose. L'oggettività della struttura è antropologicamente vincolante, ma metafisicamente/ontologicamente falsa, e la critica marxista riesce a destrutturarne la falsità oggettiva negli interessi soggettivi che l'hanno fondata. Tale falsificazione è inevitabile in qualsiasi società classista. Aristotele riteneva gli schiavi per loro natura degli oggetti animati perchè l'attributo umano nel bios-polis era la capacità di agire liberamente, ovviamente preclusa allo schiavo:

(Aristotele, Politica I, 4-5)

La dissimulazione ontologica prosegue, e si ingigantisce in quanto falsa coscienza sovrastrutturale, nella società liberal-borghese che, mentre proclamava il diritto alla felicità e si abbeverava a Rousseau, si faceva servire nei campi, officine e a letto da schiavi africani. Tale  mistificazione idealistica continua nelle forme attuali del lavoro salariato (e dei mostrusi surrogati del globalismo finanziarizzato), dove tutta la soggettività del cittadino cessa nel momento in cui, timbrato il cartellino, diventa un oggetto tra i fattori della produzione e dell'accumulazione. Col vantaggio, che non facendo parte del capitale fisso, può essere sacrificato in qualsiasi momento senza alcuna perdita del valore aziendale. Come spiegò magistralmente Marlon Brando in Queimada, confrontando la moglie con la prostituta.

La critica marxista mostra nel suo pieno disvelarsi il collasso della funzione d'onda dell'ideologia liberal-borghese, scissa tra un'onda libertaria e una materia schiavistica, indeterminabili - alla Heisemberg - nello stesso istante. Questa divaricazione di falsa coscienza, di doppia verità, è quella che ancora regola i rapporti politico-economici della modernità.

In conclusione, ben lungi dal deificare la struttura, superati gli ultimi sprazzi di positivismo, la filosofia della prassi marxista la decostruisce nei suoi aspetti soggettivi di mera violenza e dominio di classe. A cui non risponde in termini di automatismi meccanicistici, che ci riporterebbero alla cattiva oggettivazione, ma attraverso la soggettività di un processo rivoluzionario delle classi subalterne, sempre cosificate dall'ideologia, filosofia e storia dominanti.

Il materialismo storico è lo strumento teorico di destrutturazione di struttura e sovrastruttura nel cui procedimento ermeneutico l'oggetto idealizzato (stato, proprietà, mercato, capitale) si annulla, disvelando la reale contrapposizione di soggetti portatori di interessi contrapposti.

Citazione di: davintro il 08 Marzo 2018, 23:56:56 PM

Connesso a tutto ciò sarebbe interessante lasciar emergere un'altra questione, cioè se l'impianto materialistico anche nel senso ontologico (ateismo e definizione della religione come "oppio dei popoli) possa cessare di essere visto come elemento necessario del marxismo, ma solo sua possibilità accidentale, mentre la sua necessità, sarebbe solo un'apparenza effetto del clima materialistico tipico dell'ottocento positivista (considerando per "religione" non necessariamente aderenza a una determinata confessione storica organizzata, ma anche un generico senso della trascendenza spirituale).

Nell'Introduzione alla "Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico" il giovane Marx scrive (1843)

Il fondamento della critica irreligiosa è: l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale.

La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo.

Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola.

La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.

E' dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. E' innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica.


Col senno di poi direi che l'oppio non può essere abolito per decreto, ma esso non è un gran problema: va legalizzato e tenuto sotto controllo perchè non faccia troppi danni, in attesa che la verità - ovvero la storia - ce ne liberi del tutto dalla sfera civile, lasciandolo solo al regno incontrovertibile - ampio e creativo - della fantasia umana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Discussioni simili (5)