materia, forma, anima e spirito.

Aperto da viator, 07 Maggio 2020, 18:02:41 PM

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giopap

Davintro:
ciò che della scienza di cui si è chiamati a stabilire i limiti e le condizioni di validità l'epistemologo è tenuto a conoscere è il metodo e i termini generali dell'oggetto a cui la scienza in questione fa riferimento, mentre non si è affatto tenuti a tener conto dei risultati. Un epistemologo/gnoseologo che tenesse conto dei risultati della scienza che sottopone a vaglio critico finirebbe con l'autoimpedirsi di valutare la validità dei criteri di verità a cui la scienza fa capo con i conseguenti limiti. Per mettere in discussione qualcosa è necessario partire da criteri distinti da quelli che ciò di  cui si deve discutere applica, altrimenti l'oggetto della critica finirebbe con l'essere assolutizzato, dato che i criteri della critica coinciderebbero con quelli della scienza di cui la critica è chiamata a discutere (appunto, i suoi risultati), cosicché tale scienza finirebbe con l'essere dogmatizzata, con l'impossibilità di riconoscerne i limiti costitutivi. Ecco perché vincolare l'epistemologia ai risultati delle scienze che sottopone a vaglio critico esprime il modello scientista che dogmatizza l'ambito delle scienze naturali, impedendo alla filosofia di poter lavorare su presupposti distinti da essi, sulla base dei quali riconoscere il limite della scienza. Il compito dell'epistemologo non è discutere i risultati di una scienza entro i limiti in cui quel risultato sia legittimo in relazione al campo di attinenza della scienza in questione, ma quello di delimitare il campo entro cui un certo metodo è legittimato e un altro no. L'epistemologo è come un arbitro neutrale che deve far rispettare le regole del gioco, e che può farlo senza alcuna necessità di conoscere le qualità dei singoli giocatori, i risultati e tifare per una squadra contro un'altra. Il suo compito finisce nel momento in cui ha individuato la correlazione tra una certa metodologia scientifica e la natura dell'oggetto a cui la metodologia è adeguata, fissando i limiti entro cui la scienza applicante quella metodologia è legittimata, in termini generali, a formulare le teorie, senza bisogno di entrare nel merito sull'effettiva verità della teoria, gli basta avere gli strumenti per riconoscerne la potenziale legittimità, legittimità sulla base del metodo inteso nei suoi aspetti essenziali, cioè astraendo dal particolare livello di abilità dell'applicazione dei singoli scienziati. Per individuare la correlazione è sufficiente conoscere in termini formali e generali il metodo delle scienze e la natura del campo oggettivo corrispondente, oltre ad un'ontologia generale dell'Essere, cioè una visione generale entro cui i singoli campi scientifici (regioni dell'essere, direbbe Husserl) mostrano i loro confini e dunque i loro limiti.

giopap:
Fin qui sono perfettamente d' accordo.
Ma la filosofia non é solo epistemologia (e più in generale gnoseologgia).
E' anche ontologia, considerazione della realtà in generale, complessivamente intesa, nelle sue componenti scientificamente conoscibili e in quelle non scientificamente conoscibili.
E in quanto tale non può permettersi di ignorare la conoscenza scientifica della componente della realtà che ad essa é accessibile, quella fenomenica materiale, in quanto se la negasse ne verrebbe automaticamente falsificata (la critica epistemologica della conoscenza scientifica valuta ed evidenzia i limiti, anche di certezza, della conoscenza scientifica, ma in campo naturale materiale -fenomenico- non può trovare conoscenze più saldamente fondate di quelle scientifiche, che dunque in tale limitato ambito deve considerare come il cosiddetto "gold standard" e rispettare per non cadere nell' errore e nel falso).
Per esempio se un ontologia implicasse (in ambito fenomenico materiale) il sistema cosmologico geocentrico, automaticamente per ciò stesso sarebbe falsificata, se una filosofia della mente (parte dell' ontologia) implicasse effetti di una sostanza immateriale sulla sostanza materiale del cervello (attraverso la ghiandola pineale o suoi surrogati) sarebbe ipso facto falsificata.




Davintro:
Tutta questa tipologia di conoscenza rientra nell'ambito della visione d'essenza, cioè la visione che coglie le cose negli aspetti universalistici, sovratemporali e spaziali, per questo l'epistemologia è a tutti gli effetti una ramificazione della metafisica (cioè, della filosofia), è indipendente dalle scienze naturali, e proprio questa indipendenza le consente di non assolutizzarle, mettere in discussione i loro presupposti, e delimitarne il campo di legittimità

giopap:
Malgrado concordi che tutto, per definizione, rientra in quella che piuttosto che "metafisica" chiamerei "ontologia" (la realtà in toto complessivamente intesa, compresa la materia fisica fenomenica, oltre che il pensiero -res cogitans, psiche- fenomenico, ciò che é metafisico e ciò che é metapsichico), quindi anche la conoscenza della realtà e la sua critica razionale, credo non solo che la epistemologia debba criticare e "fondare" se possibile e nei limiti del possibile le scienze naturali e non viceversa, ma anche che l' ontlogia non possa -pena il cadere nel falso- contraddire nulla di ciò che la realtà é, in tutte le sue varie componenti, compresa quella fenomenica materiale sulla quale le scienze naturali fanno testo (pur con tutti i limiti che l' epistemologia rileva).




Davintro:
per quanto riguarda la definizione di"buona filosofia"... che si parli del platonismo come "pessima filosofia", mi rincuora un pò, perché ispirandomi in gran parte a quel modello (ovviamente, con una distanza di anni luce rispetto alla grandezza di Platone e di chi in misura maggiore o minore lo ha poi nella storia recuperato), sarei in ottima compagnia all'interno del recinto della "pessima filosofia", che però sarebbe invece del tutto rispettabile, sulla base di un diverso punto di vista.

giopap:
Immagino che a tua volta ritenga "pessimi" altri filosofi secondo me di grandezza non inferiore a Platone, come Democrtio, Epicuro, Hume, Russell e tanti altri.
E non vedo perché mai dovremmo farci attanagliare da un ipocrita irenico rispetto filosoficamente corretto nell' esprimere le nostre profonde convinzioni, del tutto"legittime" per severe che siano e per grandi e "popolari" che ne siano gli oggetti.

davintro

Citazione di: giopap il 13 Maggio 2020, 18:31:04 PM
Davintro:
ciò che della scienza di cui si è chiamati a stabilire i limiti e le condizioni di validità l'epistemologo è tenuto a conoscere è il metodo e i termini generali dell'oggetto a cui la scienza in questione fa riferimento, mentre non si è affatto tenuti a tener conto dei risultati. Un epistemologo/gnoseologo che tenesse conto dei risultati della scienza che sottopone a vaglio critico finirebbe con l'autoimpedirsi di valutare la validità dei criteri di verità a cui la scienza fa capo con i conseguenti limiti. Per mettere in discussione qualcosa è necessario partire da criteri distinti da quelli che ciò di  cui si deve discutere applica, altrimenti l'oggetto della critica finirebbe con l'essere assolutizzato, dato che i criteri della critica coinciderebbero con quelli della scienza di cui la critica è chiamata a discutere (appunto, i suoi risultati), cosicché tale scienza finirebbe con l'essere dogmatizzata, con l'impossibilità di riconoscerne i limiti costitutivi. Ecco perché vincolare l'epistemologia ai risultati delle scienze che sottopone a vaglio critico esprime il modello scientista che dogmatizza l'ambito delle scienze naturali, impedendo alla filosofia di poter lavorare su presupposti distinti da essi, sulla base dei quali riconoscere il limite della scienza. Il compito dell'epistemologo non è discutere i risultati di una scienza entro i limiti in cui quel risultato sia legittimo in relazione al campo di attinenza della scienza in questione, ma quello di delimitare il campo entro cui un certo metodo è legittimato e un altro no. L'epistemologo è come un arbitro neutrale che deve far rispettare le regole del gioco, e che può farlo senza alcuna necessità di conoscere le qualità dei singoli giocatori, i risultati e tifare per una squadra contro un'altra. Il suo compito finisce nel momento in cui ha individuato la correlazione tra una certa metodologia scientifica e la natura dell'oggetto a cui la metodologia è adeguata, fissando i limiti entro cui la scienza applicante quella metodologia è legittimata, in termini generali, a formulare le teorie, senza bisogno di entrare nel merito sull'effettiva verità della teoria, gli basta avere gli strumenti per riconoscerne la potenziale legittimità, legittimità sulla base del metodo inteso nei suoi aspetti essenziali, cioè astraendo dal particolare livello di abilità dell'applicazione dei singoli scienziati. Per individuare la correlazione è sufficiente conoscere in termini formali e generali il metodo delle scienze e la natura del campo oggettivo corrispondente, oltre ad un'ontologia generale dell'Essere, cioè una visione generale entro cui i singoli campi scientifici (regioni dell'essere, direbbe Husserl) mostrano i loro confini e dunque i loro limiti.

giopap:
Fin qui sono perfettamente d' accordo.
Ma la filosofia non é solo epistemologia (e più in generale gnoseologgia).
E' anche ontologia, considerazione della realtà in generale, complessivamente intesa, nelle sue componenti scientificamente conoscibili e in quelle non scientificamente conoscibili.
E in quanto tale non può permettersi di ignorare la conoscenza scientifica della componente della realtà che ad essa é accessibile, quella fenomenica materiale, in quanto se la negasse ne verrebbe automaticamente falsificata (la critica epistemologica della conoscenza scientifica valuta ed evidenzia i limiti, anche di certezza, della conoscenza scientifica, ma in campo naturale materiale -fenomenico- non può trovare conoscenze più saldamente fondate di quelle scientifiche, che dunque in tale limitato ambito deve considerare come il cosiddetto "gold standard" e rispettare per non cadere nell' errore e nel falso).
Per esempio se un ontologia implicasse (in ambito fenomenico materiale) il sistema cosmologico geocentrico, automaticamente per ciò stesso sarebbe falsificata, se una filosofia della mente (parte dell' ontologia) implicasse effetti di una sostanza immateriale sulla sostanza materiale del cervello (attraverso la ghiandola pineale o suoi surrogati) sarebbe ipso facto falsificata.




Davintro:
Tutta questa tipologia di conoscenza rientra nell'ambito della visione d'essenza, cioè la visione che coglie le cose negli aspetti universalistici, sovratemporali e spaziali, per questo l'epistemologia è a tutti gli effetti una ramificazione della metafisica (cioè, della filosofia), è indipendente dalle scienze naturali, e proprio questa indipendenza le consente di non assolutizzarle, mettere in discussione i loro presupposti, e delimitarne il campo di legittimità

giopap:
Malgrado concordi che tutto, per definizione, rientra in quella che piuttosto che "metafisica" chiamerei "ontologia" (la realtà in toto complessivamente intesa, compresa la materia fisica fenomenica, oltre che il pensiero -res cogitans, psiche- fenomenico, ciò che é metafisico e ciò che é metapsichico), quindi anche la conoscenza della realtà e la sua critica razionale, credo non solo che la epistemologia debba criticare e "fondare" se possibile e nei limiti del possibile le scienze naturali e non viceversa, ma anche che l' ontlogia non possa -pena il cadere nel falso- contraddire nulla di ciò che la realtà é, in tutte le sue varie componenti, compresa quella fenomenica materiale sulla quale le scienze naturali fanno testo (pur con tutti i limiti che l' epistemologia rileva).




Davintro:
per quanto riguarda la definizione di"buona filosofia"... che si parli del platonismo come "pessima filosofia", mi rincuora un pò, perché ispirandomi in gran parte a quel modello (ovviamente, con una distanza di anni luce rispetto alla grandezza di Platone e di chi in misura maggiore o minore lo ha poi nella storia recuperato), sarei in ottima compagnia all'interno del recinto della "pessima filosofia", che però sarebbe invece del tutto rispettabile, sulla base di un diverso punto di vista.

giopap:
Immagino che a tua volta ritenga "pessimi" altri filosofi secondo me di grandezza non inferiore a Platone, come Democrtio, Epicuro, Hume, Russell e tanti altri.
E non vedo perché mai dovremmo farci attanagliare da un ipocrita irenico rispetto filosoficamente corretto nell' esprimere le nostre profonde convinzioni, del tutto"legittime" per severe che siano e per grandi e "popolari" che ne siano gli oggetti.




Penso la divergenza possa riguardare la definizione di "filosofia". Intendendola come una sorta di "tuttologia", come un sapere che comprende indiscriminante tutti gli aspetti possibili delle cose, comprese le proprietà fisiche degli oggetti, certamente non potrebbe ignorare le scienze naturali, in quanto i loro risultati resterebbero interni allo stesso oggetto di indagine della filosofia, che dunque dovrebbe costantemente mediare tra le sue conquiste e tali risultati. L'indipendenza che invece le riconosco è data dall'attribuirle un oggetto di indagine ben distinto da tutte le altre scienze, al di fuori del quale si fermerebbe il suo interesse (a scanso di equivoci, non sto ovviamente dicendo che un filosofo inteso come persona concreta non possa interessarsi a prospettive extrafilosofiche, la storia ne è piena, ma che l'interesse sarebbe legato a un discorso di completezza di cultura generale, e non in quanto "filosofo"). L'autonomia del suo campo sarebbe data dal fatto che questo campo può essere indagato solo dalla particolare metodologia filosofia, basata sull'analisi e sul riscontro della coerenza logica interna tra il significato generale dei concetti senza necessità di alcuna verifica empirica. Questo sistema di relazioni tra significati intelligibili sarebbe contenuto di un sapere aprioristico e universalistico indipendente dalla mutevolezza e particolarità spaziotemporale, cioè l'ambito di cui si occupano le scienze naturali. La confusione tra le due diverse accezioni di "filosofia" può nascere dal fatto che in entrambi i casi si ha che fare col concetto di "totalità", con la differenza però che nella prima accezione la totalità va intesa come totalità di ogni aspetto del reale, sensibile o intelligibile, mentre nella seconda la totalità riguarderebbe il fatto che i princìpi filosofi, essendo universali, resterebbero validi in tutte le condizioni possibili in cui le cose possono esistere, senza però esaurire in essi il complesso degli aspetti reali, lasciando così libero lo spazio delle scienze particolari, che si spartirebbero con la filosofia sfere di influenze ben distinte. Se si vuole, la differenza è un pò avvicinabile a quella che sussiste tra le espressioni "Dio è tutto" (panteismo) e "Dio è la ragion d'essere di tutto" (teismo), sostituendo "filosofia" con "Dio". Nel nostro caso la differenza sarebbe, sintetizzando le due formule, quella riscontrabile tra "la filosofia si occupa di tutto" e "la filosofia si occupa di ciò che è necessariamente valido in tutte i contesti". Insomma, penso la questione sia soprattutto terminologica




non mi sento di considerare pessimo o "non buono" nessun filosofo/filosofia, non per ipocrisia o politically correct, ma perché, al netto dei dissensi, mi sembrerebbe molto improbabile non poter trovare punti di condivisione o almeno di interesse con ciascuno di essi, tali da legittimare il riconoscimento comunque di un certo valore teorico. Tra gli autori citati ricordo con piacere che, da piccolo, quando cominciavo a imbattermi nei primissimi rudimenti di storia della filosofia, avevo eletto Epicuro a mio filosofo preferito, per via della centralità del valore della tranquillità nella sua etica, e continuo ancora ad apprezzarlo per quel punto, al di là della non condivisione della sua cosmologia tutta fisicalista (non atea, però). Così come pur contestando l'ateismo di Russell nonché lo pseudoargomento della credibilità della teiera e degli spaghetti volanti come analogia con la credibilità di Dio, apprezzo alcune idee politiche sul primato della libertà individuale o anche, in sede epistemologica, la denuncia della fallibilità del metodo induttivo tramite l'argomento del tacchino e del giorno del Ringraziamento

giopap

Citazione di: davintro il 13 Maggio 2020, 22:49:29 PM

Penso la divergenza possa riguardare la definizione di "filosofia". Intendendola come una sorta di "tuttologia", come un sapere che comprende indiscriminante tutti gli aspetti possibili delle cose, comprese le proprietà fisiche degli oggetti, certamente non potrebbe ignorare le scienze naturali, in quanto i loro risultati resterebbero interni allo stesso oggetto di indagine della filosofia, che dunque dovrebbe costantemente mediare tra le sue conquiste e tali risultati. L'indipendenza che invece le riconosco è data dall'attribuirle un oggetto di indagine ben distinto da tutte le altre scienze, al di fuori del quale si fermerebbe il suo interesse (a scanso di equivoci, non sto ovviamente dicendo che un filosofo inteso come persona concreta non possa interessarsi a prospettive extrafilosofiche, la storia ne è piena, ma che l'interesse sarebbe legato a un discorso di completezza di cultura generale, e non in quanto "filosofo"). L'autonomia del suo campo sarebbe data dal fatto che questo campo può essere indagato solo dalla particolare metodologia filosofia, basata sull'analisi e sul riscontro della coerenza logica interna tra il significato generale dei concetti senza necessità di alcuna verifica empirica. Questo sistema di relazioni tra significati intelligibili sarebbe contenuto di un sapere aprioristico e universalistico indipendente dalla mutevolezza e particolarità spaziotemporale, cioè l'ambito di cui si occupano le scienze naturali. La confusione tra le due diverse accezioni di "filosofia" può nascere dal fatto che in entrambi i casi si ha che fare col concetto di "totalità", con la differenza però che nella prima accezione la totalità va intesa come totalità di ogni aspetto del reale, sensibile o intelligibile, mentre nella seconda la totalità riguarderebbe il fatto che i princìpi filosofi, essendo universali, resterebbero validi in tutte le condizioni possibili in cui le cose possono esistere, senza però esaurire in essi il complesso degli aspetti reali, lasciando così libero lo spazio delle scienze particolari, che si spartirebbero con la filosofia sfere di influenze ben distinte. Se si vuole, la differenza è un pò avvicinabile a quella che sussiste tra le espressioni "Dio è tutto" (panteismo) e "Dio è la ragion d'essere di tutto" (teismo), sostituendo "filosofia" con "Dio". Nel nostro caso la differenza sarebbe, sintetizzando le due formule, quella riscontrabile tra "la filosofia si occupa di tutto" e "la filosofia si occupa di ciò che è necessariamente valido in tutte i contesti". Insomma, penso la questione sia soprattutto terminologica

non mi sento di considerare pessimo o "non buono" nessun filosofo/filosofia, non per ipocrisia o politically correct, ma perché, al netto dei dissensi, mi sembrerebbe molto improbabile non poter trovare punti di condivisione o almeno di interesse con ciascuno di essi, tali da legittimare il riconoscimento comunque di un certo valore teorico. Tra gli autori citati ricordo con piacere che, da piccolo, quando cominciavo a imbattermi nei primissimi rudimenti di storia della filosofia, avevo eletto Epicuro a mio filosofo preferito, per via della centralità del valore della tranquillità nella sua etica, e continuo ancora ad apprezzarlo per quel punto, al di là della non condivisione della sua cosmologia tutta fisicalista (non atea, però). Così come pur contestando l'ateismo di Russell nonché lo pseudoargomento della credibilità della teiera e degli spaghetti volanti come analogia con la credibilità di Dio, apprezzo alcune idee politiche sul primato della libertà individuale o anche, in sede epistemologica, la denuncia della fallibilità del metodo induttivo tramite l'argomento del tacchino e del giorno del Ringraziamento

Per ontologia (come parte della filosofia; non l' unica) non intendo affatto una sorta di anodina "tuttologia", una mera somma aritmetica di conoscenze semplicemente giustapposte o "accatastate acriticamente" le une alle altre.
Ma invece la comprensione (o almeno il tentativo di ottenerla) generale della realtà intesa nel suo complesso e non semplicemente la conoscenza irrelata dei singoli particolari o dettagli di essa
In questo senso concordo che "la filosofia non si occupa di tutto" ma che "la filosofia si occupa di ciò che è necessariamente valido in tutti i contesti".

Ma della realtà nel suo complesso fa parte anche il mondo fenomenico materiale naturale, e dunque ciò che è necessariamente valido in tutti i contesti non lo può ignorare
E sulla conoscenza del mondo fenomenico materiale le scienze naturali (a certe condizioni, in un certo senso ed entro certi limiti indagati e stabiliti dalla filosofia; in particolare la gnoseologia, più in particolare ancora l' epistemologia) sono quanto di più fondato e credibile possa darsi.
Per questo se una ontologia implica (fra l' altro; eventualmente anche fra il tantissimo altro) la negazione di verità scientifiche circa il mondo fenomenico materiale (tipo l' eliocentrismo o interferenza di "volontà" immateriali sulla materia cerebrale) é ipso facto destituita di ogni fondamento (necessita per lo meno di inderogabili correzioni per essere fondatamente, ragionevolmente credibile essere vera, se non addirittura di essere rigettata in toto).
Dico "ragionevolmente creduta essere vera" perché secondo me (secondo le mie convinzioni gnoseologiche) lo scetticismo non é superabile e ci si deve accontentare solo di conoscenze "ragionevolmente" credibili essere vere, e non certamente vere oltre ogni possibile dubbio; in ontologia e in fisica-scienze naturali).

Un "sapere aprioristico e universalistico" non può che essere costituito da giudizi analitici a priori che nulla dicono circa il come é o meno la realtà, che non può essere quello dell' ontologia, la quale invece richiede giudizi sintetici a posteriori, ma casomai quello della logica - matematica pura).
Ontologia che ovviamente non é limitata alla sola mutevolezza e particolarità spaziotemporale, cioè all'ambito del reale di cui si occupano le scienze naturali (il mondo fenomenico materiale naturale), ma si estende necessariamente anche alla res cogitans, al mondo fenomenico mentale, che é mutevole ma non nello spazio (e secondo me anche alle cose in sé, al noumeno Kantiano, sia pure debitamente emendato).

So bene che nessuno é perfetto, nemmeno nel male (perfino Hitler avrà pur fatto qualche buona azione).
Ma di alcuni filosofi ritengo che il pochissimo di buono che inevitabilmente hanno non sminuisca minimamente il loro carattere complessivamente "pessimo" (per esempio Nietzche, ma anche Platone, non foss' altro per il fatto che cercò -in evidente carenza di validi argomenti- di accaparrarsi tutte le copie esistenti degli scritti di Democrito per bruciarli: un degno precursore degli odierni pretesi censori politicamente corretti, sedicenti "cacciatori di bufale" o "debunkers").
Ritengo per parte mia correttissima e inconfutabile l' argomentazione russelliana della "teiera interplanetaria"; invece di lui dissento, almeno in buona misura (senza arrivare a scomodare Nietzche o Heidegger, c'é ben di peggio!) proprio dalle idee politiche liberali.

Ti saluto con sincera stima e cordialtà.

Ipazia

#93
Citazione di: giopap il 13 Maggio 2020, 17:49:28 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2020, 11:01:24 AM
Citazione di: giopap il 13 Maggio 2020, 09:46:10 AM
La scienza non può pretendere di risolvere problemi ontologici generali (non solo quelli etici!), come quello dei rapporti materia-coscienza, dal momento che implicano fra l' altro la realtà mentale, di pensiero che non fa parte del mondo (fenomenico) materiale naturale che delle scienze naturali é il terreno di indagine e conoscenza (conoscenza da criticare razionalmente da parte della filosofia: gnoseologia, in particolare epistemologia).

E chi altro può risolverli ? Sulla base di quali postulati e paradigmi ? Cos'è una "realtà mentale" e qual'è la sua eziologia ?

Sono questioni di ontologia generale, filosofiche; non scientifiche.

Cominciamo subito col disaccordo  ;) L'ontologia è lo studio degli enti (ta onta), che intesi secondo un'epistemologia attuale sono dati da oggetti+processi, quindi pertinenti alle questioni scientifiche. Inclusa la "realtà mentale" per le sue connessioni con la fisiologia somatica che la nutre e ne permette l'esistenza in vita. Oltre a questa ontologia naturale vi è un'ontologia "immaginaria" di tipo astratto prodotta dalla "realtà mentale", la quale è questione filosofica. Ontologia generale diventa allora la sommatoria del concreto, materico e dell'astratto, immaginifico. A soldoni, perchè le interazione psico-somatiche ci sono e interessano tanto l'ambito scientifico che quello filosofico.

CitazioneFaccio appello a una grande pazienza da parte tua, e ovviamente anche di auspicabili altri interessati, nel seguirmi perché devo fare ragionamenti lunghi e non semplicissimi; sperando da parte mia di non abusare troppo delle parentesi.
Sempre che vi interessi ragionare criticamente sulla realtà in cui viviamo in generale e su noi stessi, dal momento che solo chi abbia interessi filosofici potrebbe trovarli interessanti. Magari per criticarli; cosa che però ovviamente richiede un preliminare sforzo di comprensione: chissà se qualcuno ritiene che ne valga la pena? Pur essendo questo un forum dichiaratamente "di filosofia", ho qualche dubbio in proposito.
Ma tentar non nuoce...


Le scienza naturali ricercano la conoscenza nell' ambito della realtà fenomenica materiale, presupponendo (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori e fruitori; lo rileva una critica razionale filosofica, gnoseologica delle scienze naturali stesse) alcune conditiones sine qua non della verità delle su affermazioni in proposito.
Che dunque non possono essere dimostrate dalla scienza stessa (sarebbe una petizione di principio), ma analizzate e criticate razionalmente dalla filosofia.

In particolare:

1 l' esistenza, oltre alla propria immediatamente esperita, anche di altre esperienze fenomeniche coscienti.

2 L' intersoggettività della componente materiale delle varie esperienze fenomeniche coscienti, cioé la verificabilità degli eventi costituenti questa componente, ed in particolare dei rapporti quantitativi numericamente esprimibili (ovvero delle misure) nel suo ambito, da parte di chiunque, di qualsiasi soggetto di esse "che si collochi nelle opportune condizioni di osservazione" (componente materiale delle esperienze fenomeniche coscienti che non é l' unica, essendoci anche una componente mentale non intersoggetiva e non misurabile, come ci dice, sempre in ambito filosofico, di ontologia, un' analisi critica razionale dell' esperienza cosciente propria, l' unica immediatamente constatabile empiricamente: oltre a vedere e altrimenti sentire il nostro corpo e gli oggetti che ci circondano, con la medesima, identica certezza di constatazioni immediate malgrado la loro non-intersoggettività, sentiamo desideri, soddisfazioni, insoddisfazioni, ricordi, immaginazioni, pensieri, ragionamenti, ecc.).

Anche qui la vedo molto diversamente. La scienza empirica procede per evidenze asseverate attraverso un confronto intersoggettivo. Qui non c'è nulla da dimostrare: siamo di fronte a dati di fatto. Entrambi sbattendo la testa contro il muro ci facciamo male: il muro esiste e non è una mia esclusiva impressione soggettiva. Passando dalla fase immediatamente percettiva a più sofisticati metodi di indagine si arriva a giudizi sempre più approfonditi sulla realtà circostanze sempre dimostrati attraverso procedure induttive/deduttive che chiamiamo metodo scientifico. Il perfezionamento dell'armamentario tecnoscientifico ha reso sempre più oggettive le dimostrazioni e consistenti i paradigmi grazie al supporto alla percezione umana da parte di percezioni non-umane di tipo strumentale.

All'inizio della scienza moderna questo comportò un autentico shock per i sapienti dell'epoca ancorati alla traballante episteme intersoggettiva umana. Guardando dentro il telescopio di Galileo essi se lo giravano sottosopra convinti che quello che vedevano fosse dentro lo strumento. Ancora più terrificante fu il passaggio dal vago concetto di riproducibilità degli antichi amanuensi alla riproducibilità perfetta dei caratteri a stampa che suscitò in loro un autentico horror tecnoscientifico evocante il maligno. Atteggiamento che si dilunga nel tempo fino ai nostri giorni. La riproducibilità, divenuta oggi canone epistemologico, nacque, e non poteva essere diversamente, tra i sussurri e le grida della veterometafisica che si ritrovò così violentemente spiazzata.

(La riproducibilità non ha risparmiato neppure l'aura sacra dell'arte. Aura che, istintivamente, suscitò veridici filosofici conati di vomito in Nietzsche, segnando una brusca sterzata nella sua filosofia, dopo la vacua consacrazione dell'opera d'arte di Wagner all'inaugurazione di Bayreuth)

Citazione3 Il divenire ordinato, secondo modalità o leggi universali e costanti generali astratte (astraibili da parte del pensiero dagli eventi particolari concreti), della medesima componete materiale delle esperienze fenomeniche coscienti (che per questi due ultimi motivi, rispondendo a queste due ultime conditiones sine qua non, sono scientificamente conoscibili, contrariamente a quelle mentali o di pensiero).

Anche questo è ben spiegato nella lezione di neuroscienza dell'università di Trento da me linkata sopra, che vi invito a vedere e ragionarci. Il misurare, calcolare, già intuito da Protagora, e sviluppato dagli scienziati di tutte le epoche, appartiene alla natura del vivente, radicato nella parte più antica della sua cpu nervosa e mentale. E non poteva che essere così per un essere vivente costretto a districarsi in uno spazio tridimensionale temporalizzato (In principio era la Mappa  :D ) ...

CitazioneLa critica razionale filosofica ci dice anche che queste conditiones sine qua non della conoscenza scientifica dei fenomeni materiali (naturali) non sono né dimostrabili logicamente né provabili empiricamente; si possono credere vere, e lo si deve fare se si vuole credere alla verità delle conoscenze scientifiche (delle scienze naturali) e non cadere (negandole) in una contraddizione logica, solo arbitrariamente, letteralmente "per fede".


... Quindi è tutto dimostrabile e di una semplicità evolutiva sorprendente una volta che le neuroscienze ce lo mostrino passetto dopo passetto. Infatti:

CitazioneLa realtà mentale, esattamente come quella materiale (entrambe fenomeniche! Costituite solo e unicamente di sensazioni reali esclusivamente in quanto -se e quando- accadono come tali: "contenuti o eventi di coscienza") é immediatamente data, puramente e semplicemente (si constata empiricamente che) accade.

...si limita ad accadere. Non abbiamo che prenderne atto e usare i potenti mezzi tecnoscientifici per indagarne i modi e le origini...

CitazioneSulla loro "eziologia" é innanzitutto doveroso precisare che il termine può essere qui usato solo in un senso (leggermente?) diverso da quello delle scienze naturali, in quanto non riferito alle modalità di un divenire ordinato e intersoggettivamente verificabile di eventi misurabili; divenire postulato essere ordinato secondo leggi generali astratte (ed esprimibili mediante equazioni matematiche), cosa possibile solo nell' ambito dei fenomeni materiali e non estensibile, per lo meno nel suo preciso significato letterale, a quelli mentali, né alle eventuali "eziologie" (ai fattori eziologici) di ciascuno di essi (le cause essendo diverse cose che gli effetti).
Qui siamo sempre sul terreno filosofico dell' ontologia (generale; e non su quello scientifico o naturale o fisico della realtà fenomenica materiale); e non si possono compiere verifiche sperimentali (valide, nel solo mondo naturale o fisico ed esclusivamente alla condizione indimostrabile della verità delle suddette condizioni indimostrabili).

... Anche qui è tutto dimostrabile e siamo sempre sul terreno scientifico. Basta aggiornarsi sull'ABC di come è fatta la nostra cabina neuronica di comando della "realtà mentale".

CitazioneIo proporrei alcune ipotesi esplicative non dimostrabili; ma nemmeno rasabili con Ockam (anche ammesso, cosa che propendo peraltro a fare, che il suo celebre rasoio sia applicable anche all' ontologia generale e non solo alle scienze naturali), per il fatto che sono necessarie a spiegare le relazioni fra fenomeni inclusi in determinate esperienze coscienti ed esperienze coscienti "attribuibili" o "correlabili" a determinati cervelli nel loro ambito: "entia non multplicanda sunt preter necessitatem".

In particolare, in necessario accordo con le conoscenze scientifiche (neurofisiologiche; come da me energicamente affermato contro Davintro), credo che si ossa ipotizzare (in ambito filosofico, ontologico; in particolare metafisico e anche metapsichico) l' esistenza di un' ulteriore realtà in sé o noumeno, correlatamente al divenire di determinate "entità" nell' ambito della quale (soggetti di esperienza cosciente) accadano determinate esperienze coscienti; per l' appunto "loro proprie" (proprie di tali entità in sé soggetti di esperienza).
E che nel caso in cui una di queste peculiari entità reali in sé (che sono) soggetti di coscienza si trova in determinate circostanze, allora nell' ambito della sua propria esperienza cosciente accadono determinati fenomeni; e precisamente: determinati fenomeni materiali dipendentemente dalle relazioni "estrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con altre da loro diverse entità o eventualità reali in sé, che sono in questi casi gli oggetti di tale esperienza cosciente (di qui la loro intersoggettività; non dimostrabile ma postulabile); e determinati fenomeni mentali dipendentemente dalle relazioni "intrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con se stessi, in qualità riflessivamente anche di oggetti, oltre che di soggetti della loro esperienza fenomenica cosciente in questi ultimi determinati casi (di qui la mera soggettività e non postulabile intersoggettività di quest' ultimo tipo, mentale, di fenomeni).

In effetti tutto questo accade ma non c'è nulla di filosofico in ciò e neppure l'obbligo di un accrocchio metafisico come il noumeno per reggere la questione mentale. A meno che, scappando a gambe levate dalla (vetero)metafisica dell'assoluto, non intendiamo la cosà in sè mentale come un insieme di processi fisiologici psicosomatici, creati dall'evoluzione naturale con un grado di autonomia tale da potersi pensare. Quindi nulla di metafisicamente inconoscibile, ma di scientificamente descrivibile e indagabile.

CitazioneCosì quando qualcuno esperisse (di fatto quasi sempre indirettamente) determinati eventi neurofisiologici in un determinato cervello sarebbe perché questo qualcuno, e cioé il soggetto (reale in sé) di queste sensazioni empiriche (della constatazione empirica di questo cervello), si trova in determinate relazioni "estrinseche" con un analogo ma diverso, con un altro, soggetto reale in sé di coscienza; il quale ultimo si trova a sua volta in determinate relazioni "estrinseche" con altre cose in sé e/o "intrinseche" con se stesso, alle quali corrispondono gli eventi fenomenici della sua propria esperienza cosciente (non di quell' altra che é propria dell' osservatore del suo cervello); ed é ben per questa corrispondenza biunivoca di entrambi i gruppi di fenomeni considerati con i medesimi enti ed eventi in sé (accadenti, nell' ambito del noumeno o realtà in sé, al secondo dei soggetti in sé di esperienza fenomenica cosciente considerati, l' osservato e non l' osservatore del cervello in questione) che -transitivamente- gli eventi neurofisiologici del cervello considerato (eventi coscienti di osservatori) corrispondono biunivocamente agli eventi di coscienza del suo per così dire "titolare" (osservato).
Gli stessi, medesimi, unici eventi in sé si "manifestano fenomenicamente" estrinsecamente come determinati eventi neurofisiologici cerebrali nelle esperienze coscienti di osservatori (soggetti reali in sé) da essi diversi; e inoltre come ulteriore, diversa esperienza cosciente (materiale estrinseca e/o mentale intrinseca) a tali eventi neurofisiologici cerebrali biunivocamente corrispondente.
In perfetta armonia con quanto ci dicono le neuroscienze: se qualcuno osservasse il mio cervello mentre ho determinate esperienze coscienti e non altre vi rileverebbe necessariamente determinati eventi neurofisiologici e non altri; che sono due ben diversi insiemi - successioni di "cose fenomeniche", anche se corrispondenti alle (o "manifestazioni delle") medesime "cose in sé".

Anche qui mi spiace deluderti, ma la realtà mentale è molto più semplice e se avessi visto il video avresti avuto risposte anche al presunto irraggiungibile solipsismo mentale. Mica vedo solo segnali elettrici nel tuo cervello, ma pure Jennifer Aniston nel neurone che sto monitorando. Siamo ben oltre la "macchina della verità". Altro che Bibbie stampate: è tutto l'universo tecnoscientifico che ormai sa di zolfo  :D Solforoso universo che appartiene lui sì alla filosofia, proprio per l'autonomia che l'evoluzione naturale, improvvidamente, ha concesso al nostro immaginifico snc. Ma anche lei, come i nostri politici, l'ha fatto a sua totale insaputa.

CitazioneMi scuso, ma più succinta e chiara nell' esposizione non sono riuscita ad essere.
E ringrazio di cuore tutti coloro (-?- A volte il mio sfrenato ottimismo della volontà mi stupisce!) che, come me non ritenendo pregiudizialmente che la filosofia consti necessariamente di banali chiacchiere astruse buone solo a passare onanisticamente il tempo in mancanza di meglio, avessero compiuto l' encomiabile (almeno da parte mia) sforzo di seguirmi fin qui.

Un augurio: simplex sigillum veri. Non sempre funziona, ma quasi.
...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

cvc

#94
Guardando un bastone immerso nell'acqua, per via di un'illusione ottica, sembra spezzato. Eppure si sa che quel bastone è dritto. In questo caso la prima percezione fornita dai sensi è quella del bastone spezzato, ma poi l'esperienza, ossia la sintesi di dati sensoriali e razionalità, mi dice correttamente che il bastone è dritto. Perciò, qual'è il senso della dicotomia fra ragione ed esperienza? Nell'esperienza c'è già la ragione e la ragione lavora per forza sui dati forniti dai sensi. Oppure si va nella metafisica. Ma rimanendo nella non metafisica, anche la visione del bastone spezzato ha una sua realtà. Ingannevole. E se i sensi ingannano per una cosa così banale, chissà in quanti altri casi ci ingannano nella vita! Perciò la maggior parte della filosofia antica è basata sulla ragione e disprezzava il sensibile. Ma la nostra coscienza, come diceva Jung, ha la capacità di fare come se. Quindi anche il bastone spezzato può avere la sua realtà. Ora bisogna stabilire se quel "fare come se" abbia una funzione utole o sia un bug del pensiero umano. Se non è solo un bug, il fare come se indica uno sdoppiamento della realtà per quanto si voglia ricondurla all'unica matrice fisica. Anche una volta che la scienza abbia spiegato e dimostrato tutto lo scibile umano, ci sarà sempre un qualcosa che ci farà pensare che la realtà può essere un'altra. Pure se in quel tempo i filosofi si saranno estinti per selezione naturale.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Ipazia

Maddai, non si può scomodare la metafisica per queste cose: basta la fisica. E quando ti guardi allo specchio cos'è ? Sdoppiamento di personalità ?!? Oppure: "qualcosa che ci farà pensare che la realtà può essere un'altra" ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

cvc

Citazione di: Ipazia il 14 Maggio 2020, 16:21:17 PM
Maddai, non si può scomodare la metafisica per queste cose: basta la fisica. E quando ti guardi allo specchio cos'è ? Sdoppiamento di personalità ?!? Oppure: "qualcosa che ci farà pensare che la realtà può essere un'altra" ?
Per crearsi l'illusione di vivere esclusivamente in una realtà oggettiva, pensare che il mondo fisico sia l'unica realtà esistente è sufficiente.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

giopap

#97
Ipazia:
Coaminciamo subito col disaccordo                      L'ontologia è lo studio degli enti (ta onta), che intesi secondo un'epistemologia attuale sono dati da oggetti+processi, quindi pertinenti alle questioni scientifiche. Inclusa la "realtà mentale" per le sue connessioni con la fisiologia somatica che la nutre e ne permette l'esistenza in vita. Oltre a questa ontologia naturale vi è un'ontologia "immaginaria" di tipo astratto prodotta dalla "realtà mentale", la quale è questione filosofica. Ontologia generale diventa allora la sommatoria del concreto, materico e dell'astratto, immaginifico. A soldoni, perchè le interazione psico-somatiche ci sono e interessano tanto l'ambito scientifico che quello filosofico.

giopap:

Quella che chiami "epistemologia attuale" non é che  fiducia acritica nella conoscenza scientifica ed ed errata sopravvalutazione, sempre acritica, della conoscenza scientifica come l' unica possibile dell' unica realtà esistente e/o conoscibile, cioé secondo me pessima filosofia irrazionalistica positivistica, scientistica .

Le interazioni psicosomatiche o sono interazioni interamente somatiche, cerebrali e fra cervello ed organismo, e allora nulla hanno a che vedere col problema dei rapporti materia - coscienza, oppure sono pretese violazioni da parte della mente della chiusura causale del mondo fisico, incompatibili con la conoscenza scientifica di quest' ultimo.




giopap:
Le scienza naturali ricercano la conoscenza nell' ambito della realtà fenomenica materiale, presupponendo (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori e fruitori; lo rileva una critica razionale filosofica, gnoseologica delle scienze naturali stesse) alcune conditiones sine qua non della verità delle su affermazioni in proposito.
Che dunque non possono essere dimostrate dalla scienza stessa (sarebbe una petizione di principio), ma analizzate e criticate razionalmente dalla filosofia.

In particolare:

1 l' esistenza, oltre alla propria immediatamente esperita, anche di altre esperienze fenomeniche coscienti.

2 L' intersoggettività della componente materiale delle varie esperienze fenomeniche coscienti, cioé la verificabilità degli eventi costituenti questa componente, ed in particolare dei rapporti quantitativi numericamente esprimibili (ovvero delle misure) nel suo ambito, da parte di chiunque, di qualsiasi soggetto di esse "che si collochi nelle opportune condizioni di osservazione" (componente materiale delle esperienze fenomeniche coscienti che non é l' unica, essendoci anche una componente mentale non intersoggetiva e non misurabile, come ci dice, sempre in ambito filosofico, di ontologia, un' analisi critica razionale dell' esperienza cosciente propria, l' unica immediatamente constatabile empiricamente: oltre a vedere e altrimenti sentire il nostro corpo e gli oggetti che ci circondano, con la medesima, identica certezza di constatazioni immediate malgrado la loro non-intersoggettività, sentiamo desideri, soddisfazioni, insoddisfazioni, ricordi, immaginazioni, pensieri, ragionamenti, ecc.).

Ipazia:
Anche qui la vedo molto diversamente. La scienza empirica procede per evidenze asseverate attraverso un confronto intersoggettivo. Qui non c'è nulla da dimostrare: siamo di fronte a dati di fatto. Entrambi sbattendo la testa contro il muro ci facciamo male: il muro esiste e non è una mia esclusiva impressione soggettiva. Passando dalla fase immediatamente percettiva a più sofisticati metodi di indagine si arriva a giudizi sempre più approfonditi sulla realtà circostanze sempre dimostrati attraverso procedure induttive/deduttive che chiamiamo metodo scientifico. Il perfezionamento dell'armamentario tecnoscientifico ha reso sempre più oggettive le dimostrazioni e consistenti i paradigmi grazie al supporto alla percezione umana da parte di percezioni non-umane di tipo strumentale.

giopap:

Non é affatto così:
che "Entrambi sbattendo la testa contro il muro ci facciamo male: il muro esiste e non è una mia esclusiva impressione soggettiva" é (sarebbe) tutto da dimostrare.
E non é affatto dimostrabile, come dimostra una gnoseologia razionale: di immediatamente evidente oltre ogni dubbio teorico, finché é esperienza presentemente in atto, c' é solo l' immediata esperienza di ciascuna di noi (se ci siamo entrambe, che non é certo) per lei stessa.

Il resto, tutto ciò che eccede questa immediata evidenza presente in atto, compresa tutta la conoscenza scientifica non é indenne da dubitabilità teorica, non é teoricamente certo, é creduto solo arbitrariamente, letteralmente "per fede". Che se ne sia consapevoli o che si coltivino pie illusioni in proposito.





Ipazia:

All'inizio della scienza moderna questo comportò un autentico shock per i sapienti dell'epoca ancorati alla traballante episteme intersoggettiva umana. Guardando dentro il telescopio di Galileo essi se lo giravano sottosopra convinti che quello che vedevano fosse dentro lo strumento. Ancora più terrificante fu il passaggio dal vago concetto di riproducibilità degli antichi amanuensi alla riproducibilità perfetta dei caratteri a stampa che suscitò in loro un autentico horror tecnoscientifico evocante il maligno. Atteggiamento che si dilunga nel tempo fino ai nostri giorni. La riproducibilità, divenuta oggi canone epistemologico, nacque, e non poteva essere diversamente, tra i sussurri e le grida della veterometafisica che si ritrovò così violentemente spiazzata.

giopap:
Perché io avrei mai affermato il contrario?
Ma questo atteggiamento ai nostri giorni é proprio di una sparuta pattuglia di nostalgici del passato.
Mio non l' é mai stato!




giopap:
3 Il divenire ordinato, secondo modalità o leggi universali e costanti generali astratte (astraibili da parte del pensiero dagli eventi particolari concreti), della medesima componete materiale delle esperienze fenomeniche coscienti (che per questi due ultimi motivi, rispondendo a queste due ultime conditiones sine qua non, sono scientificamente conoscibili, contrariamente a quelle mentali o di pensiero).

Ipazia:
Anche questo è ben spiegato nella lezione di neuroscienza dell'università di Trento da me linkata sopra, che vi invito a vedere e ragionarci. Il misurare, calcolare, già intuito da Protagora, e sviluppato dagli scienziati di tutte le epoche, appartiene alla natura del vivente, radicato nella parte più antica della sua cpu nervosa e mentale. E non poteva che essere così per un essere vivente costretto a districarsi in uno spazio tridimensionale temporalizzato (In principio era la Mappa  :D ) ...

giopap:

Nemmeno per sogno.

la neurofisiologia evolutiva con la gnoseologia c' entra come i cavoli a merenda.
L' una descrive come (se sono vere le premesse indimostrabili necessarie della conoscenza scientifica) si sono sviluppati i sistemi nervosi animali e le rispettive funzioni di regolazione comportamentale, la seconda critica la conoscenza e ne cerca fondamenti, condizioni, natura, significato, grado di certezza. ecc.: problemi completamente diversi, da non confondersi.

E altrettanto c' entra con il problema dei rapporti materia - coscienza.





giopap:
La critica razionale filosofica ci dice anche che queste conditiones sine qua non della conoscenza scientifica dei fenomeni materiali (naturali) non sono né dimostrabili logicamente né provabili empiricamente; si possono credere vere, e lo si deve fare se si vuole credere alla verità delle conoscenze scientifiche (delle scienze naturali) e non cadere (negandole) in una contraddizione logica, solo arbitrariamente, letteralmente "per fede".

Ipazia:
... Quindi è tutto dimostrabile e di una semplicità evolutiva sorprendente una volta che le neuroscienze ce lo mostrino passetto dopo passetto. Infatti:

La realtà mentale, esattamente come quella materiale (entrambe fenomeniche! Costituite solo e unicamente di sensazioni reali esclusivamente in quanto -se e quando- accadono come tali: "contenuti o eventi di coscienza") é immediatamente data, puramente e semplicemente (si constata empiricamente che) accade.

...si limita ad accadere. Non abbiamo che prenderne atto e usare i potenti mezzi tecnoscientifici per indagarne i modi e le origini...

giopap:
"Quindi una beata fava! (scusa il francesismo): evoluzione biologica e neuroscienze nulla ci dicono (non é il loro campo di indagine) sulla natura ontologica della realtà fenomenica.

Se poi non ti interessa per nulla una valutazione critica della realtà in cui vivi e della sua conoscenza ma solo una acritica esaltazione della conoscenza scientifica e la pregiudiziale pretesa che sia l' unica conoscenza possibile dell' unica realtà accessibile, sei liberissima di coltivare gli interessi tuoi, ovviamente.
Basta dirlo, e così non mi fai perdere tempo a cercare di farti capire ciò di cui non te ne può fregare di meno: mica sono una "testimone di Geova della filosofia"!





giopap:
Sulla loro "eziologia" é innanzitutto doveroso precisare che il termine può essere qui usato solo in un senso (leggermente?) diverso da quello delle scienze naturali, in quanto non riferito alle modalità di un divenire ordinato e intersoggettivamente verificabile di eventi misurabili; divenire postulato essere ordinato secondo leggi generali astratte (ed esprimibili mediante equazioni matematiche), cosa possibile solo nell' ambito dei fenomeni materiali e non estensibile, per lo meno nel suo preciso significato letterale, a quelli mentali, né alle eventuali "eziologie" (ai fattori eziologici) di ciascuno di essi (le cause essendo diverse cose che gli effetti).
Qui siamo sempre sul terreno filosofico dell' ontologia (generale; e non su quello scientifico o naturale o fisico della realtà fenomenica materiale); e non si possono compiere verifiche sperimentali (valide, nel solo mondo naturale o fisico ed esclusivamente alla condizione indimostrabile della verità delle suddette condizioni indimostrabili).

Ipazia:
... Anche qui è tutto dimostrabile e siamo sempre sul terreno scientifico. Basta aggiornarsi sull'ABC di come è fatta la nostra cabina neuronica di comando della "realtà mentale".

giopap:
Se é vera la conoscenza scientifica, allora, per la chiusura causale del mondo fisico, non esiste nessuna pretesa "nostra cabina neuronica di comando della realtà mentale", dato che la realtà mentale con i fisicissimi neuroni non può in alcun modo interferire causalmente.




giopap:

Io proporrei alcune ipotesi esplicative non dimostrabili; ma nemmeno rasabili con Ockam (anche ammesso, cosa che propendo peraltro a fare, che il suo celebre rasoio sia applicable anche all' ontologia generale e non solo alle scienze naturali), per il fatto che sono necessarie a spiegare le relazioni fra fenomeni inclusi in determinate esperienze coscienti ed esperienze coscienti "attribuibili" o "correlabili" a determinati cervelli nel loro ambito: "entia non multplicanda sunt preter necessitatem".

In particolare, in necessario accordo con le conoscenze scientifiche (neurofisiologiche; come da me energicamente affermato contro Davintro), credo che si ossa ipotizzare (in ambito filosofico, ontologico; in particolare metafisico e anche metapsichico) l' esistenza di un' ulteriore realtà in sé o noumeno, correlatamente al divenire di determinate "entità" nell' ambito della quale (soggetti di esperienza cosciente) accadano determinate esperienze coscienti; per l' appunto "loro proprie" (proprie di tali entità in sé soggetti di esperienza).
E che nel caso in cui una di queste peculiari entità reali in sé (che sono) soggetti di coscienza si trova in determinate circostanze, allora nell' ambito della sua propria esperienza cosciente accadono determinati fenomeni; e precisamente: determinati fenomeni materiali dipendentemente dalle relazioni "estrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con altre da loro diverse entità o eventualità reali in sé, che sono in questi casi gli oggetti di tale esperienza cosciente (di qui la loro intersoggettività; non dimostrabile ma postulabile); e determinati fenomeni mentali dipendentemente dalle relazioni "intrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con se stessi, in qualità riflessivamente anche di oggetti, oltre che di soggetti della loro esperienza fenomenica cosciente in questi ultimi determinati casi (di qui la mera soggettività e non postulabile intersoggettività di quest' ultimo tipo, mentale, di fenomeni).

Ipazia:

In effetti tutto questo accade ma non c'è nulla di filosofico in ciò e neppure l'obbligo di un accrocchio metafisico come il noumeno per reggere la questione mentale. A meno che, scappando a gambe levate dalla (vetero)metafisica dell'assoluto, non intendiamo la cosà in sè mentale come un insieme di processi fisiologici psicosomatici, creati dall'evoluzione naturale con un grado di autonomia tale da potersi pensare. Quindi nulla di metafisicamente inconoscibile, ma di scientificamente descrivibile e indagabile.

giopap:
C é con tutta evidenza bisogno di ragionamenti ontologici per evitare di cadere nella errata e falsa confusione fra realtà mentale e insieme di processi fisiologici psicosomatici, creati dall'evoluzione naturale con un grado di autonomia tale da potersi pensare: quindi tutto da sottoporre a severa critica razionale ontologica per evitare simili grossolani abbagli!





giopap:
Così quando qualcuno esperisse (di fatto quasi sempre indirettamente) determinati eventi neurofisiologici in un determinato cervello sarebbe perché questo qualcuno, e cioé il soggetto (reale in sé) di queste sensazioni empiriche (della constatazione empirica di questo cervello), si trova in determinate relazioni "estrinseche" con un analogo ma diverso, con un altro, soggetto reale in sé di coscienza; il quale ultimo si trova a sua volta in determinate relazioni "estrinseche" con altre cose in sé e/o "intrinseche" con se stesso, alle quali corrispondono gli eventi fenomenici della sua propria esperienza cosciente (non di quell' altra che é propria dell' osservatore del suo cervello); ed é ben per questa corrispondenza biunivoca di entrambi i gruppi di fenomeni considerati con i medesimi enti ed eventi in sé (accadenti, nell' ambito del noumeno o realtà in sé, al secondo dei soggetti in sé di esperienza fenomenica cosciente considerati, l' osservato e non l' osservatore del cervello in questione) che -transitivamente- gli eventi neurofisiologici del cervello considerato (eventi coscienti di osservatori) corrispondono biunivocamente agli eventi di coscienza del suo per così dire "titolare" (osservato).
Gli stessi, medesimi, unici eventi in sé si "manifestano fenomenicamente" estrinsecamente come determinati eventi neurofisiologici cerebrali nelle esperienze coscienti di osservatori (soggetti reali in sé) da essi diversi; e inoltre come ulteriore, diversa esperienza cosciente (materiale estrinseca e/o mentale intrinseca) a tali eventi neurofisiologici cerebrali biunivocamente corrispondente.[/size]
In perfetta armonia con quanto ci dicono le neuroscienze: se qualcuno osservasse il mio cervello mentre ho determinate esperienze coscienti e non altre vi rileverebbe necessariamente determinati eventi neurofisiologici e non altri; che sono due ben diversi insiemi - successioni di "cose fenomeniche", anche se corrispondenti alle (o "manifestazioni delle") medesime "cose in sé".

Ipazia:

Anche qui mi spiace deluderti, ma la realtà mentale è molto più semplice e se avessi visto il video avresti avuto risposte anche al presunto irraggiungibile solipsismo mentale. Mica vedo solo segnali elettrici nel tuo cervello, ma pure Jennifer Aniston nel neurone che sto monitorando. Siamo ben oltre la "macchina della verità". Altro che Bibbie stampate: è tutto l'universo tecnoscientifico che ormai sa di zolfo   Solforoso universo che appartiene lui sì alla filosofia, proprio per l'autonomia che l'evoluzione naturale, improvvidamente, ha concesso al nostro immaginifico snc. Ma anche lei, come i nostri politici, l'ha fatto a sua totale insaputa.

immaginifico snc. Ma anche lei, come i nostri politici, l'ha fatto a sua totale insaputa.

giopap:
Ma quale "solipsismo mentale!
Mi dispiace deluderti, ma c' é una bella differenza fra consapevolezza razionale dell' ***indimostrabilità dell'e sistenza reale*** di altro oltre la propria esperienza fenomenica cosciente (in alternativa a ridicolissime e pie illusioni) e il solipsimo (***negazione dell' esistenza reale*** di altro oltre la propria esperienza fenomenica cosciente)!

Se nel neurone che stai monitorando vedi Jennifer Aniston ti consiglio vivamente di rivolgerti a un bravo psichiatra, esperto di allucinazioni.

Sciocchezze  fantasiose e (tantomeno) politicantismo, al solito, con le mie argomentazioni razionali c' entrano come i cavoli a merenda.

Molto comodo costruirsi un fantoccio di interlocutore a proprio piacimento per poterlo sbugiardare senza difficoltà, anziché discutere con interlocutori reali!




giopap:
Mi scuso, ma più succinta e chiara nell' esposizione non sono riuscita ad essere.
E ringrazio di cuore tutti coloro (-?- A volte il mio sfrenato ottimismo della volontà mi stupisce!) che, come me non ritenendo pregiudizialmente che la filosofia consti necessariamente di banali chiacchiere astruse buone solo a passare onanisticamente il tempo in mancanza di meglio, avessero compiuto l' encomiabile (almeno da parte mia) sforzo di seguirmi fin qui.

Ipazia:
Un augurio: simplex sigillum veri. Non sempre funziona, ma quasi.

giopap:
Per i sempliciotti funziona sempre.
...Ma io modestamente non la sono.

Ipazia

Vabbè: tu segui Hume e Kant, io l'epistemologia e le neuropsicoscienze. Tale divaricazione è già una dimostrazione della libertà di pensiero raggiunta dall'evoluzione naturale. Il link non l'hai visto e mi dispiace perchè almeno avresti cominciato a capire come la coscienza evolve a partire da strutture neuroniche atte alla mappatura del territorio per arrivare al neurone che memorizza Jennifer Aniston.

Quanto alla chiusura causale del mondo fisico essa non vale per la psiche che è sempre in progress, non chiude mai, se non con la morte. Essa interagisce col mondo fisico, modificandolo attraverso il mondo e le leggi fisiche medesime. Queste si chiuse: come il muro contro cui, sin-paticamente, le teste condividono esperienze intersoggettive sempre riproducibili e ugualmente sgradevoli, fino a falsificazione che non arriva mai, arrivando prima il decesso e la chiusura causale.

Nel suo piccolo e circoscritto luogo del reale, la cosa in sè esiste, si mostra e agisce. E la scienza, cassetto per cassetto, mappa per mappa, ce la racconta.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Citazione di: Ipazia il 14 Maggio 2020, 18:35:15 PM
Vabbè: tu segui Hume e Kant, io l'epistemologia e le neuropsicoscienze. Tale divaricazione è già una dimostrazione della libertà di pensiero raggiunta dall'evoluzione naturale. Il link non l'hai visto e mi dispiace perchè almeno avresti cominciato a capire come la coscienza evolve a partire da strutture neuroniche atte alla mappatura del territorio per arrivare al neurone che memorizza Jennifer Aniston.

Quanto alla chiusura causale del mondo fisico essa non vale per la psiche che è sempre in progress, non chiude mai, se non con la morte. Essa interagisce col mondo fisico, modificandolo attraverso il mondo e le leggi fisiche medesime. Queste si chiuse: come il muro contro cui, sin-paticamente, le teste condividono esperienze intersoggettive sempre riproducibili e ugualmente sgradevoli, fino a falsificazione che non arriva mai, arrivando prima il decesso e la chiusura causale.

Nel suo piccolo e circoscritto luogo del reale, la cosa in sè esiste, si mostra e agisce. E la scienza, cassetto per cassetto, mappa per mappa, ce la racconta.


No, cara Ipazia, io seguo Hume e Kant (ed altri filosofi), certo! Ma anche l' epistemologia contemporanea e le neuroscienze, e ho anche la presunzione di affermare probabilmente non meno e non peggio di te (la modestia non é fra le mie poche virtù).

Per questo, conoscendo molto bene la materia, non ho letto quanto da te suggeritomi (se avrò tempo lo farò; ma credo di avere davvero poco o più probabilmente nulla da imparare, visto l' abstract che hai utilmente copiato-incollato).

Quello di "psiche" é un concetto che trovo vago, variamente declinato in psicologia, antropologia, neurologia, scienze cognitive e altri campi di ricerca, e anche fra diversi autori nell' ambito di ciascuna disciplina.
Ma per il comportamento umano e il cervello che lo regola (se é questo che intendi) vale assolutamente tutto inderogabilmente ciò che concerne la natura inorganica, che non può essere minimamente negato o "violato" né dalla materia vivente, né dalla cultura umana.
E ovviamente (se intendevi quest' altra cosa) i rapporti della natura fisica materiale, che é ben altro che funzionalità cerebrale e conseguente comportamento animale e in particolare umano, con la coscienza la rispettano inderogabilmente anch' essi: lo dobbiamo credere se vogliamo credere alle scienze naturali senza cadere in contraddizione affermando -anzi: pretendendo di affermare- cose insensate.

Come ci ammonisce il buon Engels (con straordinaria lungimiranza: già un secolo e mezzo fa!), l' uomo (in quanto soma materiale che ne fa parte, N.d.R) interagisce col mondo materiale modificandolo, ma solo attraverso l' assoluto rispetto -applicazione finalizzata ove e come possibile, delle leggi del divenire di quest' ultimo: le leggi fisiche; che non sono minimamente eludibili, ma possono essere dall' uomo conosciute attraverso le scienze naturali; e subendo immancabilmente "effetti collaterali" imprevisti e più o meno indesiderati di tali applicazioni intenzionali realistiche e non superomistiche o da "volontà di potenza", né fantascientifiche.

La scienza può conoscere e raccontare solo i fenomeni materiali e non certo la cosa in sé, la quale non é passibile di verifica/falsificazione empirica per definizione.

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