materia, forma, anima e spirito.

Aperto da viator, 07 Maggio 2020, 18:02:41 PM

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iano

Citazione di: cvc il 11 Maggio 2020, 21:58:20 PM
Citazione di: viator il 11 Maggio 2020, 21:23:07 PM
Salve cvc. Citandoti : "Tanto che nel linguaggio comune ciascuno sa cosa si intende per anima, spirito, coscienza".


Lieve incidente lessicale : "Tanto che nel SENTIRE comune ciascuno CREDE DI SAPERE poichè LO SENTE, ma non CONOSCE nè E' IN GRADO DI SPIEGARE ATTRAVERSO IL LINGUAGGIO cosa egli intenda per anima, spirito, coscienza".


E' tutta qui la differenza tra le riflessioni e le ciance, così è sempre stato e sempre sarà. Amen e saluti.



Dovrebbero esserci scambi di vedute, vedo che invece alla fine prevale il carattere.


Buone cose
No , dai. Non la prenderei in questo senso.
L'osservazione di Viator mi sembra centrale.
Ci sono cose che sappiamo , ma non sappiamo dire. Una è la coscienza.
Secondo me da questa fatto condivisibile dovrebbero discendere profluvi di riflessioni filosofiche , ma di fatto non mi pare succeda.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

Citazione di: iano il 11 Maggio 2020, 17:36:21 PM

Il cervello cambia continuamente , istante per istante , la sua struttura.
Non sto dicendo nulla di nuovo , se non per sottolineare la sua estrema mutabilità.
Esso si conforma continuamente a specchio della esperienza con estrema plasticità.
Il rischio è quindi di cercare la coscienza nella struttura statica del cervello invece che nella sua dinamica .
Per le caratteristiche troppo intime e personali della coscienza l'unica speranza di comprenderla è trovare uno specchio in cui possa riflettersi.
Nella coscienza ci mettiamo la faccia, per vedere la quale occorre uno specchio, altro da noi.


La dinamica del cervello é fatta unicamente di potenziali d' azione, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche e altri fatti metabolici più aspecifici: nulla di identificabile con le esperienze fenomeniche coscienti che si attribuiscono al soggetto "titolare del cervello stesso".
Inoltre é il cervello stesso in questione, con le sue funzioni dinamiche, ad essere nella coscienza di chi lo osservi (e non alcuna coscienza in alcun cervello).

giopap

#77
Ipazia:
Tutto molto bello, ma sia pensiero, coscienza, anima, o altro tra i molteplici accidenti del calderone psichico, ancora nessuno ha proposto un'alternativa plausibile al sistema nervoso centrale, su cui invece l'esperienza empirica e le neuroscienze hanno le idee molto chiare e, soprattutto, convincenti perchè supportate da prove sperimentali: mica solo la decapitazione, anche le lesioni organiche localizzate e i fenomeni fisici e chimici indotti ad arte i cui effetti sono misurabili strumentalmente.
Concordo con le considerazioni di iano e viator su coscienza e istinto. Retrocedendo eziologicamente dalla coscienza all'istinto si arriva alla trasmissione genetica delle informazioni utili alla sopravvivenza. Anche il DNA ha un carattere teleologico visto col senno umano di poi.


La preoccupazione di cvc è sacrosanta. Quello che ci caratterizza non è la materia bruta che condividiamo col granito, ma l'emergenza duale dello "spirito". Che provenga dalla materia non possono esservi ragionevoli dubbi in ambito scientifico, ma altrettanto è vero che ha delle peculiarità autocoscienti, creative e deliberanti da renderlo sommamente interessante ed è lo "spirito" l'unico ambito in cui possiamo esercitare una qualche sovranità sulla realtà, affrancandoci dalla inesorabile legge deterministica dell'evoluzione naturale. Fattualmente, e ancor più controfattualmente, è lo "spirito" il nostro marchio nella storia dell'Universo.

giopap:
Non vorrei passare per egocentrica (probabilmente non gliene frega niente a nessuno), ma mi sembra doveroso notare che ancora una volta queste non sono obiezioni a quanto da me ripetutissimamente affermato a chiarissime lettere (salvo l' attribuzione di alcun carattere teleologico, comunque inteso, al DNA).

E che tantomeno sono dimostrazioni che la coscienza é nella testa, né che é causata dal cervello, che vi sopravviene o ne emerge (essendo invece evidente che é il cervello ad essere nella coscienza (ci chi lo percepisce).


La scienza nega che sia possibile affrancarsi dalla (violare) inesorabile legge deterministica della selezione naturale (anche la selezione artificiale (applicata ad altri animali e al limite -per me deprecabilssimamente, salvo la prevenzione di patologie- anche a noi uomini non la contraddice.



Ipazia:
Avevo già introdotto l'idea che il grado di libertà che la materia inanimata conquista col passaggio biologico ha un prezzo nella necessità di provvedere alla propria sopravvivenza pena la morte. Lo sviluppo evolutivo di una sempre più complessa (almeno su questo tipo di complessità evolutiva penso non ci siano obiezioni) centrale nervosa di coordinamento dell'organismo vivente - sia per le azioni volontarie che involontarie di supporto - svolge appunto questo compito essenziale.

Aumentando la versatilità e complessità del sistema nervoso centrale si è arrivati ad un grado elevato di autocoscienza (anche gli animali ne hanno una più o meno versatile) tale da sviluppare il pensiero; funzione cruciale per tutto l'ambaradan psichico con - nello specifico umano - inusitate capacità di analisi sull'ambiente circostante e di sintesi di forme inedite di realtà. Funzione ulteriormente rafforzata dalla sintesi simbolica nell'uso comunicativo della fonazione e nell'ulteriore stadio di materializzazzione del linguaggio in simboli grafici comunicativi facilmente trasferibili e generalizzabili. Sintesi finale cui diamo il nome: cultura.

Che tutta questa grazia di Dio (ci sia o non ci sia) abbia letteralmente dato alla testa è facilmente comprensibile e dilatandosi dal dualismo psicosomatico evolutivo naturale siamo decollati, in ogni senso, qualche millennio fa, al concetto di anima, alla trascendenza che come improvvida levatrice ha tagliato il cordone ombelicale con la madre Terra. Al cui grembo i più saggi tra i profeti ci invitano a tornare.

giopap:
Come recentemente rilevato anche da Jacopus in un' altra discussione, il grande Staphen Jay Gould e altri hanno dimostrato che non é vero che l' evoluzione (in generale; ma ciò vale in particolare anche per i cervelli e i comportamenti delle diverse specie animali) tenda verso una sempre maggiore complessità; ma che invece del tutto afinalisticamente tende a una diversificazione delle forme viventi "in tutte le direzioni", anche verso riduzioni di complessità (ovviamente all' inizio, quando le prime forme di vita erano semplicissime, la sua diversificazione aveva la possibilità di manifestarsi solo verso una tendenzialmente crescente complessità; ma questa ovvia limitazione riguarda solo i primordi dell' evoluzione biologica).

Sempre sperando di non apparire troppo egocentrica, rilevo che con tutta evidenza "Che tutta questa grazia di Dio (ci sia o non ci sia) abbia letteralmente dato alla testa" forse a qualcun altro, ma certamente non a me!




viator

#78
Salve cvc. Citandoti : "Dovrebbero esserci scambi di vedute, vedo che invece alla fine prevale il carattere".

Mi dispiace vedere che tu dai un senso diverso dal mio agli interventi che qui dentro si susseguono. So benissimo di essere assai poco colloquiale nei miei interventi, talvolta troppo netti, sempre tendenti al laconico (salvo argomenti piuttosto ostici), qualche volta urtanti delle sensibilità che io non possiedo.

Sai.....io mi considero un tipo con forse poche idee, probabilmente sbagliate ma, CERTAMENTE molto, molto chiare. Chi ci posso fare ? Diventare un educato manierista ?.


Ricordo quando, fanciullo, frequentavo catechismo ed oratorio perchè (giustamente, dal punto di vista pratico) spintovi da mia madre, la quale doveva badare anche a mie due sorelle, un marito e la conduzione di un negozietto che si rivelò comunque ostinatamente fallimentare.


Rapidamente mi accorsi di non capire una certa cosa : la ripetitività ossessiva - veramente esagerata ed implacabile - delle preghiere, della dottrina, delle cerimonie e delle prediche. Mi chiedevo perchè mai la Chiesa fosse convinta di avere a che fare con degli smemorati, dei mezzi dementi.


Io acquistai l'indipendenza di giudizio grazie all'esagerato attivismo della religione nella propaganda dei propri concetti. E continuo a praticarla. Ti saluto amichevolmente.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#79
Citazione di: giopap il 11 Maggio 2020, 22:05:04 PM
Citazione di: iano il 11 Maggio 2020, 17:36:21 PM

Il cervello cambia continuamente , istante per istante , la sua struttura.
Non sto dicendo nulla di nuovo , se non per sottolineare la sua estrema mutabilità.
Esso si conforma continuamente a specchio della esperienza con estrema plasticità.
Il rischio è quindi di cercare la coscienza nella struttura statica del cervello invece che nella sua dinamica .
Per le caratteristiche troppo intime e personali della coscienza l'unica speranza di comprenderla è trovare uno specchio in cui possa riflettersi.
Nella coscienza ci mettiamo la faccia, per vedere la quale occorre uno specchio, altro da noi.


La dinamica del cervello é fatta unicamente di potenziali d' azione, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche e altri fatti metabolici più aspecifici: nulla di identificabile con le esperienze fenomeniche coscienti che si attribuiscono al soggetto "titolare del cervello stesso".
Inoltre é il cervello stesso in questione, con le sue funzioni dinamiche, ad essere nella coscienza di chi lo osservi (e non alcuna coscienza in alcun cervello).
Non unicamente dai potenziali di azione  , ma anche dalla creazione di sempre nuovi neuroni e nuovi collegamenti fra essi con una velocità tale che azzardavo dire la struttura del cervello essere una immagine in tempo reale della nostra esperienza.
Suggerivo quindi che se qualcuno volesse cercare la coscienza nella dinamica del cervello di considerare questa in modo esteso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Volendo uscire dal chiacchericcio para-metafisico la rete offre abbondante materale via youtube che tratta di mente, coscienza, cognitività,...
Ieri mi sono imbattuta in questo video del CIMeC di Rovereto (UniTrento Centro Interdipartimentale Mente Cervello):

https://www.youtube.com/watch?v=SaeessXvyKs che riporta come presentazione:

CitazioneTitolo: Spazio per pensare. La geometria nascosta della mente, dai primi passi alla coscienza
Relatore: Roberto Bottini
Abstract: È possibile che il primo sistema nervoso si sia sviluppato per permettere il movimento nello spazio. Il tulipano di mare, un animale che possiede un rudimentale sistema nervoso, lo usa in giovane età per trovare una roccia o un ramo di corallo a cui attaccarsi per tutta la vita. Una volta trovato casa, non avendo più bisogno del suo cervello, se lo mangia. Dal tulipano di mare ai mammiferi, l'evoluzione ha fatto passi da gigante nel produrre un sistema nervoso che sia in grado di organizzare e navigare il mondo in modo sofisticato. In questa chiacchierata esploreremo l'ipotesi che i meccanismi cerebrali evoluti per navigare e organizzare lo spazio siano stati riciclati per navigare la nostra memoria e organizzare il nostro pensiero, fino forse a permettere ciò che chiamiamo coscienza.

Pare che all'inizio non fosse il Verbo, bensì la Mappa. Essenziale per un animale che vive in uno spazio tridimensionale. La lezione percorre molto linearmente le strutture cerebrali e le specifiche cellule neuroniche deputate alla mappatura dello spazio (monitorate via Risonanza Magnetica). Spazio che sempre più si è concettualizzato migrando in altri ricettacoli cerebrali, sviluppando le capacità astrattive che permettono l'ordinamento del pensiero in strutture logiche utili anche all'elaborazione del discorso filosofico.

Quando parlo di aumento della complessità è a questo che mi riferisco, cioè alla cpu del vivente, non alle specifiche attitudini fisiologiche che sono molto differenziate da specie a specie permettendo ad alcuni di volare, respirare con le branchie, fare salti impensabili per gli umani, ecc. La nostra superiorità evolutiva in termini di complessità è strettamente correlata al nostro cervello. E' grazie ai suoi miliardi di cellule neuroniche ultraspecializzate e versatili che siamo riusciti a volare, solcare le profondità abissali e colonizzare non solo il pianeta, ma pure lo spazio vicino, più di qualsiasi altra forma vivente, esclusi i virus, avendo pure, a differenza di loro, l'autocoscienza di ciò che stiamo facendo, oltre alla capacità di preservare la nostra specie in una integrità non solo fisiologica e genetica, ma pure culturale.

In rete si trovano anche contributi di specialisti su approcci più filosofici all'universo psichico umano, ma nessuno di essi che abbia un minimo di scientificità può prescindere dalle ricerche neuropsicoscientifiche, così come non è da una base terrapiattista che si possono progettare viaggi spaziali.

Consiglio la visione fino in fondo di questo video per capire quanta poca hybris scientistica vi sia in tale tipo di ricerche e come la filosofia stessa non possa fare a meno di questi contributi per mantenersi nel campo elettivo dell'episteme.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Citazione di: iano il 12 Maggio 2020, 02:00:54 AM
Citazione di: giopap il 11 Maggio 2020, 22:05:04 PM
Citazione di: iano il 11 Maggio 2020, 17:36:21 PM

Il cervello cambia continuamente , istante per istante , la sua struttura.
Non sto dicendo nulla di nuovo , se non per sottolineare la sua estrema mutabilità.
Esso si conforma continuamente a specchio della esperienza con estrema plasticità.
Il rischio è quindi di cercare la coscienza nella struttura statica del cervello invece che nella sua dinamica .
Per le caratteristiche troppo intime e personali della coscienza l'unica speranza di comprenderla è trovare uno specchio in cui possa riflettersi.
Nella coscienza ci mettiamo la faccia, per vedere la quale occorre uno specchio, altro da noi.


La dinamica del cervello é fatta unicamente di potenziali d' azione, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche e altri fatti metabolici più aspecifici: nulla di identificabile con le esperienze fenomeniche coscienti che si attribuiscono al soggetto "titolare del cervello stesso".
Inoltre é il cervello stesso in questione, con le sue funzioni dinamiche, ad essere nella coscienza di chi lo osservi (e non alcuna coscienza in alcun cervello).
Non unicamente dai potenziali di azione  , ma anche dalla creazione di sempre nuovi neuroni e nuovi collegamenti fra essi con una velocità tale che azzardavo dire la struttura del cervello essere una immagine in tempo reale della nostra esperienza.
Suggerivo quindi che se qualcuno volesse cercare la coscienza nella dinamica del cervello di considerare questa in modo esteso.


Ovvio che se ci sono neuroni, neuroni si devono essere formati (la formazione di nuovi neuroni, ma soprattutto il variare di numero e di "forza" delle sinapsi, sia nel senso di un incremento, sia di una diminuzione, é fra ciò che accade nei cervelli).


Ma ciò non significa affatto che la "struttura dinamica" (la dinamicità propria) del cervello, solo per essere dinamica come é dinamica anche la nostra coscienza (e tantissime altre cose che non c' entrano per niente; il comune dinamismo non consente di certo un' identificazione!), consenta di ricercarvi e men che meno di trovarvi la coscienza, dal momento che invece sono i cervelli, con la loro dinamica, a trovarsi nelle coscienze.

giopap

Ipazia:
Volendo uscire dal chiacchericcio para-metafisico

giopap:
"Chiacchiericcio" é casomai la ripetizione acritica di verità scientifiche e soprattutto la pretesa di dare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali e/o metafisici, non certo il trattamento razionale di tali problemi.




Ipazia:
la rete offre abbondante materiale via youtube che tratta di mente, coscienza, cognitività,...
Ieri mi sono imbattuta in questo video del CIMeC di Rovereto (UniTrento Centro Interdipartimentale Mente Cervello):

https://www.youtube.com/watch?v=SaeessXvyKs che riporta come presentazione:


Titolo: Spazio per pensare. La geometria nascosta della mente, dai primi passi alla coscienza
Relatore: Roberto Bottini
Abstract: È possibile che il primo sistema nervoso si sia sviluppato per permettere il movimento nello spazio. Il tulipano di mare, un animale che possiede un rudimentale sistema nervoso, lo usa in giovane età per trovare una roccia o un ramo di corallo a cui attaccarsi per tutta la vita. Una volta trovato casa, non avendo più bisogno del suo cervello, se lo mangia. Dal tulipano di mare ai mammiferi, l'evoluzione ha fatto passi da gigante nel produrre un sistema nervoso che sia in grado di organizzare e navigare il mondo in modo sofisticato. In questa chiacchierata esploreremo l'ipotesi che i meccanismi cerebrali evoluti per navigare e organizzare lo spazio siano stati riciclati per navigare la nostra memoria e organizzare il nostro pensiero, fino forse a permettere ciò che chiamiamo coscienza.

giopap:
La coscienza non ha nulla a che vedere (se non il fatto di coesistervi, ma senza punto interferirvi) con il comportamento degli animali; il quale ultimo é regolato ai rispettivi sistemi nervosi, più o meno complessi (e conseguentemente più o meno complesso é il comportamento animale) in conseguenza delle mutazioni genetiche casuali e della selezione naturale.
Tutti i comportamenti animali e i sistemi nervosi che li dirigono potrebbero infatti benissimo accadere senza che li accompagni alcuna esperienza cosciente: qualcuno o in teoria anche tutti gli animali oltre a ciascuno di noi potrebbero benissimo essere delle specie di zombi privi di coscienza e nulla nel mondo materiale naturale cambierebbe, e non ci sarebbe alcun modo di accorgersene, "nemmeno (per parlare antropomorficamente) da parte della selezione naturale".




Ipazia:
Pare che all'inizio non fosse il Verbo, bensì la Mappa. Essenziale per un animale che vive in uno spazio tridimensionale. La lezione percorre molto linearmente le strutture cerebrali e le specifiche cellule neuroniche deputate alla mappatura dello spazio (monitorate via Risonanza Magnetica). Spazio che sempre più si è concettualizzato migrando in altri ricettacoli cerebrali, sviluppando le capacità astrattive che permettono l'ordinamento del pensiero in strutture logiche utili anche all'elaborazione del discorso filosofico.

giopap:
Pare che in nessun sistema nervoso di alcun animale, per quanto complesso, si sia mai trovato alcun concetto, più o meno astratto, né alcun pensiero o elaborazione filosofica; ma invece solo neuroni, sinapsi (e -per Iano- formazioni di nuovi neuroni e nuove sinapsi, oltre ovviamente all' eliminazione di altri).




Ipazia:
Quando parlo di aumento della complessità è a questo che mi riferisco, cioè alla cpu del vivente, non alle specifiche attitudini fisiologiche che sono molto differenziate da specie a specie permettendo ad alcuni di volare, respirare con le branchie, fare salti impensabili per gli umani, ecc. La nostra superiorità evolutiva in termini di complessità è strettamente correlata al nostro cervello. E' grazie ai suoi miliardi di cellule neuroniche ultraspecializzate e versatili che siamo riusciti a volare, solcare le profondità abissali e colonizzare non solo il pianeta, ma pure lo spazio vicino, più di qualsiasi altra forma vivente, esclusi i virus, avendo pure, a differenza di loro, l'autocoscienza di ciò che stiamo facendo, oltre alla capacità di preservare la nostra specie in una integrità non solo fisiologica e genetica, ma pure culturale.

giopap:
In natura (contrariamente che nelle teologie e religioni e altre filosofie irrazionalistiche e soggettivisticamente antropocentriche) non esiste alcuna "superiorità" o "inferiorità" evolutiva; solo diversità (anche la cultura umana nè é espressione, ne é un caso particolare fra gli atlri, almeno per chi non creda che Dio ha creato il mondo per noi).




Ipazia:
In rete si trovano anche contributi di specialisti su approcci più filosofici all'universo psichico umano, ma nessuno di essi che abbia un minimo di scientificità può prescindere dalle ricerche neuropsicoscientifiche, così come non è da una base terrapiattista che si possono progettare viaggi spaziali.

Consiglio la visione fino in fondo di questo video per capire quanta poca hybris scientistica vi sia in tale tipo di ricerche e come la filosofia stessa non possa fare a meno di questi contributi per mantenersi nel campo elettivo dell'episteme.


giopap:
Mi sembra del tutto evidente che le mie convinzioni qui esposte non prescindono affatto dalle ricerche neuropsicoscientifiche, che anzi ben comprendono e spiegano, così come che "terrapiattista" sarà casomai qualcun altro che non me.

Una buona filosofia (come, senza falsa modestia é la mia) non ignora la scienza, ma non può certamente limitarsi a pretendere erroneamente di cercare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali o metafisici, né esimersi da sottoporre a serrata critica razionale (anche) le conoscenze scientifiche.


Peraltro la filosofia, pur non essendole necessaria in assoluto, di fatto é molto utile e di gran giovamento, se coltivata con umile rispetto, anche alla ricerca scientifica.

davintro

Giopap scrive:


"Una buona filosofia (come, senza falsa modestia é la mia) non ignora la scienza, ma non può certamente limitarsi a pretendere erroneamente di cercare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali o metafisici, né esimersi da sottoporre a serrata critica razionale (anche) le conoscenze scientifiche."[/size]





Al di là del fatto che la filosofia è di per sé una scienza, solo che a differenza delle scienze naturali, non si occupa della realtà fisica, contingente, ma dei princìpi primi, delle verità universali, a cui il sapere empirico non può accedere, e che dunque penso avrebbe senso raffrontarla con le scienze naturali, ma non con la "scienza" in generale, dato che, intendendo per scienza qualunque discorso suffragato da argomenti razionali, la filosofia rientrerebbe al massimo livello, troverei più sensato dire che, eventualmente, non si condivide un certo modo di fare filosofia che ritenga di fare a meno della scienza, ma non di porre tale modo come "non buono" (stando alla lingua italiana, sotto il livello "buono" ci sarebbero i mediocri e gli incompetenti...) Sarebbe del tutto legittimo non condividere l'idea spiritualista, di matrice prima di tutto platonica, della filosofia come sapere che ricerca il puro intelligibile astraendo dal condizionamento dell'esperienza sensibile, e dunque ponendola come indipendente dalle scienze, sulla base della distinzione dei piani di indagine, ma non credo lo sia etichettare tutti i filosofi che si ispirano a questo modello, i vari Agostino, Cartesio, Rosmini, Gentile, come pensatori mediocri e incompetenti. Oppure pensiamo a esistenzialisti cristiani alla Kierkegaard, tutti protesi all'indagine sull'interiorità personale, dove il richiamo alle scienze naturali sembra assente o quasi. Ripeto, si può non condividerli argomentando nel merito i punti di dissenso, ma non negandone la grandezza o la significanza degli stimoli apportati alla riflessione. Vincolando la "buona filosofia" alla dipendenza con i risultati delle scienze naturali, in pratica la si limiterebbe all'empirismo e alla varie forme di materialismo positivista, il che mi sembrerebbe molto sminuente. Sono decisamente critico verso molte tendenze filosofiche, ma personalmente preferisco sempre limitarmi a parlare di dissenso teorico, ma non a considerarle come espressioni di "cattiva filosofia", perché i dissensi non precludono la possibilità di scorgervi un certo grado di acutezza e anche, limitatamente, possibili punti di accordo

Ipazia

Una filosofia che pretenda di competere con la scienza sul piano ontologico naturale è destinata alla disfatta. Anche sui principi astratti generali, le scienze umane - logica, semantica, psicologia -, hanno più argomenti nella loro faretra. La filosofia può fare epistemologia, pressando la scienza sulla congruità e fallacia dei suoi assunti. Ma bisogna saperne molto di scienza per fare buona epistemologia. E può infine spaziare nel vasto mondo dell'etica e delle scienze morali e giuridiche che rientrano nello spazio semantico etico. E' l'unico dominio in cui la scienza ha poco da dire, ma quel poco assai importante, perchè costituisce il fondamento epistemico imprescindibile su cui il discorso etico misura se stesso: fattualmente e controfattualmente. Nel quale ultimo caso la filosofia morale gioca la sua partita più importante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Citazione di: davintro il 12 Maggio 2020, 10:52:47 AM
Giopap scrive:


"Una buona filosofia (come, senza falsa modestia é la mia) non ignora la scienza, ma non può certamente limitarsi a pretendere erroneamente di cercare soluzioni scientifiche a problemi ontologici generali o metafisici, né esimersi da sottoporre a serrata critica razionale (anche) le conoscenze scientifiche."





Al di là del fatto che la filosofia è di per sé una scienza, solo che a differenza delle scienze naturali, non si occupa della realtà fisica, contingente, ma dei princìpi primi, delle verità universali, a cui il sapere empirico non può accedere, e che dunque penso avrebbe senso raffrontarla con le scienze naturali, ma non con la "scienza" in generale, dato che, intendendo per scienza qualunque discorso suffragato da argomenti razionali, la filosofia rientrerebbe al massimo livello, troverei più sensato dire che, eventualmente, non si condivide un certo modo di fare filosofia che ritenga di fare a meno della scienza, ma non di porre tale modo come "non buono" (stando alla lingua italiana, sotto il livello "buono" ci sarebbero i mediocri e gli incompetenti...) Sarebbe del tutto legittimo non condividere l'idea spiritualista, di matrice prima di tutto platonica, della filosofia come sapere che ricerca il puro intelligibile astraendo dal condizionamento dell'esperienza sensibile, e dunque ponendola come indipendente dalle scienze, sulla base della distinzione dei piani di indagine, ma non credo lo sia etichettare tutti i filosofi che si ispirano a questo modello, i vari Agostino, Cartesio, Rosmini, Gentile, come pensatori mediocri e incompetenti. Oppure pensiamo a esistenzialisti cristiani alla Kierkegaard, tutti protesi all'indagine sull'interiorità personale, dove il richiamo alle scienze naturali sembra assente o quasi. Ripeto, si può non condividerli argomentando nel merito i punti di dissenso, ma non negandone la grandezza o la significanza degli stimoli apportati alla riflessione. Vincolando la "buona filosofia" alla dipendenza con i risultati delle scienze naturali, in pratica la si limiterebbe all'empirismo e alla varie forme di materialismo positivista, il che mi sembrerebbe molto sminuente. Sono decisamente critico verso molte tendenze filosofiche, ma personalmente preferisco sempre limitarmi a parlare di dissenso teorico, ma non a considerarle come espressioni di "cattiva filosofia", perché i dissensi non precludono la possibilità di scorgervi un certo grado di acutezza e anche, limitatamente, possibili punti di accordo


Quello di chiamare "scienza" anche la filosofia" (ma precisando in che cosa si differenzia dalle scienze naturali) o di affermare che non é una scienza (nel senso di quelle naturali; e per quali ragioni) é un' arbitraria scelta semantica.
Ciò che conta é stabilire che cosa ha in comune e che cosa la differenzia dalle scienze naturali.

Ma una buona filosofia che contraddica quanto la scienza conosce (per esempio che affermasse la terra essere al centro dell' universo) per me non può essere una buona filosofia (ovviamente altri possono avere in proposito opinioni diverse dalla mia, che non per questo altrettanto ovviamente non é del tutto "legittima").

E nemmeno può ignorarla quando tratta questioni come quelle dei rapporti materia-coscienza (ovvero la "filosofia della mente"), dal momento che deve stabilire relazioni fra la coscienza (in generale; e in particolare la mente) e la materia (il "mondo fisico"), sulla quale la scienza ha l' ultima parola (é per esempio del tutto evidente -secondo me di un' evidenza lapalissiana- che non possono essere considerate "buona filosofia" delle filosofie della mente che ignorino i correlati -ben altra cosa che una pretesa, inesistente identità!- fra dati di coscienza ed eventi neurofisiologici cerebrali; conoscere i quali ovviamente non basta a risolvere il problema eminentemente filosofico, ontologico e non scientifico).
Il che non vuol dire che tutti quei filosofi che citi (in particolare secondo me per niente affatto Cartesio) siano pessimi filosofi (ma almeno in qualche misura buona parte di loro per me sì che lo sono).
Per parte mia vincolo necessariamente alla scienza una filosofia che possa dirsi "buona" allorché, come nel caso tratti della filosofia della mente, necessita di conoscere anche (non solo!) aspetti e caratteristiche del mondo fisico materiale. Il che non significa affatto limitare la buona filosofia all' empirismo, al materialismo (e infatti io sono fieramente dualista!) e men che meno al positivismo o scientismo, contro i quali non smetto mai di polemizzare aspramente ritenendoli pessime filosofie irrazionalistiche.
Ritengo peraltro buona cosa, che non può che giovare, in generale il conoscere le scienze naturali per la filosofia, esattamente come il conoscere la filosofia per le scienze naturali.

Non mi piace il buonismo filosoficamente (oltre che quello politicamente) corretto e non esito a prendermi la licenza di dichiarare apertis verbis che considero pessimi filosofi come Platone o Nietzche.

giopap

Citazione di: Ipazia il 12 Maggio 2020, 14:03:37 PM
Una filosofia che pretenda di competere con la scienza sul piano ontologico naturale è destinata alla disfatta. Anche sui principi astratti generali, le scienze umane - logica, semantica, psicologia -, hanno più argomenti nella loro faretra. La filosofia può fare epistemologia, pressando la scienza sulla congruità e fallacia dei suoi assunti. Ma bisogna saperne molto di scienza per fare buona epistemologia. E può infine spaziare nel vasto mondo dell'etica e delle scienze morali e giuridiche che rientrano nello spazio semantico etico. E' l'unico dominio in cui la scienza ha poco da dire, ma quel poco assai importante, perchè costituisce il fondamento epistemico imprescindibile su cui il discorso etico misura se stesso: fattualmente e controfattualmente. Nel quale ultimo caso la filosofia morale gioca la sua partita più importante.


Nessuna buona filosofia razionalistica si potrebbe proporre di far concorrenza con le scienze naturali sul terreno proprio di queste, ma invece di sottoporre a "spietata" critica razionale (anche) le scienze naturali (cioé di fare epistemologia; che però non ne é certo l' unico argomento di indagine. Infatti i buoni filosofi, per lo meno quelli che si occupano di gnoseologia, sanno molto e bene di scienze naturali; purtroppo per loro oggi é difficile poter dire il reciproco della stragrande maggioranza degli scienziati).
La scienza non può vincere battaglie che non accadano realmente.
Potrebbe eventualmente solo ridicolmente vantarsi di vincere battaglie immaginarie (contro buone filosofie razionalistiche che non si sono mai sognate di combatterle); o battaglie autenticamente reali, ma solo ma contro nemici debolissimi e superatissimi quali filosofie irrazionalistiche e idealistiche: vittorie contro autentiche "schiappe".


Lo stesso dicasi delle scienze umane (quelle diverse dalla filosofia).


La scienza non può pretendere di risolvere problemi ontologici generali (non solo quelli etici!), come quello dei rapporti materia-coscienza, dal momento che implicano fra l' altro la realtà mentale, di pensiero che non fa parte del mondo (fenomenico) materiale naturale che delle scienze naturali é il terreno di indagine e conoscenza (conoscenza da criticare razionalmente da parte della filosofia: gnoseologia, in particolare epistemologia).

Ipazia

Citazione di: giopap il 13 Maggio 2020, 09:46:10 AM
La scienza non può pretendere di risolvere problemi ontologici generali (non solo quelli etici!), come quello dei rapporti materia-coscienza, dal momento che implicano fra l' altro la realtà mentale, di pensiero che non fa parte del mondo (fenomenico) materiale naturale che delle scienze naturali é il terreno di indagine e conoscenza (conoscenza da criticare razionalmente da parte della filosofia: gnoseologia, in particolare epistemologia).

E chi altro può risolverli ? Sulla base di quali postulati e paradigmi ? Cos'è una "realtà mentale" e qual'è la sua eziologia ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

#88
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2020, 11:01:24 AM
Citazione di: giopap il 13 Maggio 2020, 09:46:10 AM
La scienza non può pretendere di risolvere problemi ontologici generali (non solo quelli etici!), come quello dei rapporti materia-coscienza, dal momento che implicano fra l' altro la realtà mentale, di pensiero che non fa parte del mondo (fenomenico) materiale naturale che delle scienze naturali é il terreno di indagine e conoscenza (conoscenza da criticare razionalmente da parte della filosofia: gnoseologia, in particolare epistemologia).

E chi altro può risolverli ? Sulla base di quali postulati e paradigmi ? Cos'è una "realtà mentale" e qual'è la sua eziologia ?


Sono questioni di ontologia generale, filosofiche; non scientifiche.

Faccio appello a una grande pazienza da parte tua, e ovviamente anche di auspicabili altri interessati, nel seguirmi perché devo fare ragionamenti lunghi e non semplicissimi; sperando da parte mia di non abusare troppo delle parentesi.
Sempre che vi interessi ragionare criticamente sulla realtà in cui viviamo in generale e su noi stessi, dal momento che solo chi abbia interessi filosofici potrebbe trovarli interessanti. Magari per criticarli; cosa che però ovviamente richiede un preliminare sforzo di comprensione: chissà se qualcuno ritiene che ne valga la pena? Pur essendo questo un forum dichiaratamente "di filosofia", ho qualche dubbio in proposito.
Ma tentar non nuoce...


Le scienza naturali ricercano la conoscenza nell' ambito della realtà fenomenica materiale, presupponendo (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori e fruitori; lo rileva una critica razionale filosofica, gnoseologica delle scienze naturali stesse) alcune conditiones sine qua non della verità delle su affermazioni in proposito.
Che dunque non possono essere dimostrate dalla scienza stessa (sarebbe una petizione di principio), ma analizzate e criticate razionalmente dalla filosofia.

In particolare:

1 l' esistenza, oltre alla propria immediatamente esperita, anche di altre esperienze fenomeniche coscienti.

2 L' intersoggettività della componente materiale delle varie esperienze fenomeniche coscienti, cioé la verificabilità degli eventi costituenti questa componente, ed in particolare dei rapporti quantitativi numericamente esprimibili (ovvero delle misure) nel suo ambito, da parte di chiunque, di qualsiasi soggetto di esse "che si collochi nelle opportune condizioni di osservazione" (componente materiale delle esperienze fenomeniche coscienti che non é l' unica, essendoci anche una componente mentale non intersoggetiva e non misurabile, come ci dice, sempre in ambito filosofico, di ontologia, un' analisi critica razionale dell' esperienza cosciente propria, l' unica immediatamente constatabile empiricamente: oltre a vedere e altrimenti sentire il nostro corpo e gli oggetti che ci circondano, con la medesima, identica certezza di constatazioni immediate malgrado la loro non-intersoggettività, sentiamo desideri, soddisfazioni, insoddisfazioni, ricordi, immaginazioni, pensieri, ragionamenti, ecc.).

3 Il divenire ordinato, secondo modalità o leggi universali e costanti generali astratte (astraibili da parte del pensiero dagli eventi particolari concreti), della medesima componete materiale delle esperienze fenomeniche coscienti (che per questi due ultimi motivi, rispondendo a queste due ultime conditiones sine qua non, sono scientificamente conoscibili, contrariamente a quelle mentali o di pensiero).

La critica razionale filosofica ci dice anche che queste conditiones sine qua non della conoscenza scientifica dei fenomeni materiali (naturali) non sono né dimostrabili logicamente né provabili empiricamente; si possono credere vere, e lo si deve fare se si vuole credere alla verità delle conoscenze scientifiche (delle scienze naturali) e non cadere (negandole) in una contraddizione logica, solo arbitrariamente, letteralmente "per fede".

La realtà mentale, esattamente come quella materiale (entrambe fenomeniche! Costituite solo e unicamente di sensazioni reali esclusivamente in quanto -se e quando- accadono come tali: "contenuti o eventi di coscienza") é immediatamente data, puramente e semplicemente (si constata empiricamente che) accade.

Sulla loro "eziologia" é innanzitutto doveroso precisare che il termine può essere qui usato solo in un senso (leggermente?) diverso da quello delle scienze naturali, in quanto non riferito alle modalità di un divenire ordinato e intersoggettivamente verificabile di eventi misurabili; divenire postulato essere ordinato secondo leggi generali astratte (ed esprimibili mediante equazioni matematiche), cosa possibile solo nell' ambito dei fenomeni materiali e non estensibile, per lo meno nel suo preciso significato letterale, a quelli mentali, né alle eventuali "eziologie" (ai fattori eziologici) di ciascuno di essi (le cause essendo diverse cose che gli effetti).
Qui siamo sempre sul terreno filosofico dell' ontologia (generale; e non su quello scientifico o naturale o fisico della realtà fenomenica materiale); e non si possono compiere verifiche sperimentali (valide, nel solo mondo naturale o fisico ed esclusivamente alla condizione indimostrabile della verità delle suddette condizioni indimostrabili).

Io proporrei alcune ipotesi esplicative non dimostrabili; ma nemmeno rasabili con Ockam (anche ammesso, cosa che propendo peraltro a fare, che il suo celebre rasoio sia applicable anche all' ontologia generale e non solo alle scienze naturali), per il fatto che sono necessarie a spiegare le relazioni fra fenomeni inclusi in determinate esperienze coscienti ed esperienze coscienti "attribuibili" o "correlabili" a determinati cervelli nel loro ambito: "entia non multplicanda sunt preter necessitatem".

In particolare, in necessario accordo con le conoscenze scientifiche (neurofisiologiche; come da me energicamente affermato contro Davintro), credo che si ossa ipotizzare (in ambito filosofico, ontologico; in particolare metafisico e anche metapsichico) l' esistenza di un' ulteriore realtà in sé o noumeno, correlatamente al divenire di determinate "entità" nell' ambito della quale (soggetti di esperienza cosciente) accadano determinate esperienze coscienti; per l' appunto "loro proprie" (proprie di tali entità in sé soggetti di esperienza).
E che nel caso in cui una di queste peculiari entità reali in sé (che sono) soggetti di coscienza si trova in determinate circostanze, allora nell' ambito della sua propria esperienza cosciente accadono determinati fenomeni; e precisamente: determinati fenomeni materiali dipendentemente dalle relazioni "estrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con altre da loro diverse entità o eventualità reali in sé, che sono in questi casi gli oggetti di tale esperienza cosciente (di qui la loro intersoggettività; non dimostrabile ma postulabile); e determinati fenomeni mentali dipendentemente dalle relazioni "intrinseche" di questi soggetti (reali in sé) con se stessi, in qualità riflessivamente anche di oggetti, oltre che di soggetti della loro esperienza fenomenica cosciente in questi ultimi determinati casi (di qui la mera soggettività e non postulabile intersoggettività di quest' ultimo tipo, mentale, di fenomeni).

Così quando qualcuno esperisse (di fatto quasi sempre indirettamente) determinati eventi neurofisiologici in un determinato cervello sarebbe perché questo qualcuno, e cioé il soggetto (reale in sé) di queste sensazioni empiriche (della constatazione empirica di questo cervello), si trova in determinate relazioni "estrinseche" con un analogo ma diverso, con un altro, soggetto reale in sé di coscienza; il quale ultimo si trova a sua volta in determinate relazioni "estrinseche" con altre cose in sé e/o "intrinseche" con se stesso, alle quali corrispondono gli eventi fenomenici della sua propria esperienza cosciente (non di quell' altra che é propria dell' osservatore del suo cervello); ed é ben per questa corrispondenza biunivoca di entrambi i gruppi di fenomeni considerati con i medesimi enti ed eventi in sé (accadenti, nell' ambito del noumeno o realtà in sé, al secondo dei soggetti in sé di esperienza fenomenica cosciente considerati, l' osservato e non l' osservatore del cervello in questione) che -transitivamente- gli eventi neurofisiologici del cervello considerato (eventi coscienti di osservatori) corrispondono biunivocamente agli eventi di coscienza del suo per così dire "titolare" (osservato).
Gli stessi, medesimi, unici eventi in sé si "manifestano fenomenicamente" estrinsecamente come determinati eventi neurofisiologici cerebrali nelle esperienze coscienti di osservatori (soggetti reali in sé) da essi diversi; e inoltre come ulteriore, diversa esperienza cosciente (materiale estrinseca e/o mentale intrinseca) a tali eventi neurofisiologici cerebrali biunivocamente corrispondente.
In perfetta armonia con quanto ci dicono le neuroscienze: se qualcuno osservasse il mio cervello mentre ho determinate esperienze coscienti e non altre vi rileverebbe necessariamente determinati eventi neurofisiologici e non altri; che sono due ben diversi insiemi - successioni di "cose fenomeniche", anche se corrispondenti alle (o "manifestazioni delle") medesime "cose in sé".


Mi scuso, ma più succinta e chiara nell' esposizione non sono riuscita ad essere.
E ringrazio di cuore tutti coloro (-?- A volte il mio sfrenato ottimismo della volontà mi stupisce!) che, come me non ritenendo pregiudizialmente che la filosofia consti necessariamente di banali chiacchiere astruse buone solo a passare onanisticamente il tempo in mancanza di meglio, avessero compiuto l' encomiabile (almeno da parte mia) sforzo di seguirmi fin qui.

davintro

#89
ciò che della scienza di cui si è chiamati a stabilire i limiti e le condizioni di validità l'epistemologo è tenuto a conoscere è il metodo e i termini generali dell'oggetto a cui la scienza in questione fa riferimento, mentre non si è affatto tenuti a tener conto dei risultati. Un epistemologo/gnoseologo che tenesse conto dei risultati della scienza che sottopone a vaglio critico finirebbe con l'autoimpedirsi di valutare la validità dei criteri di verità a cui la scienza fa capo con i conseguenti limiti. Per mettere in discussione qualcosa è necessario partire da criteri distinti da quelli che ciò di  cui si deve discutere applica, altrimenti l'oggetto della critica finirebbe con l'essere assolutizzato, dato che i criteri della critica coinciderebbero con quelli della scienza di cui la critica è chiamata a discutere (appunto, i suoi risultati), cosicché tale scienza finirebbe con l'essere dogmatizzata, con l'impossibilità di riconoscerne i limiti costitutivi. Ecco perché vincolare l'epistemologia ai risultati delle scienze che sottopone a vaglio critico esprime il modello scientista che dogmatizza l'ambito delle scienze naturali, impedendo alla filosofia di poter lavorare su presupposti distinti da esse, sulla base dei quali riconoscere il limite della scienza. Il compito dell'epistemologo non è discutere i risultati di una scienza entro i limiti in cui quel risultato sia legittimo in relazione al campo di attinenza della scienza in questione, ma quello di delimitare il campo entro cui un certo metodo è legittimato e un altro no. L'epistemologo è come un arbitro neutrale che deve far rispettare le regole del gioco, e che può farlo senza alcuna necessità di conoscere le qualità dei singoli giocatori, i risultati e tifare per una squadra contro un'altra. Il suo compito finisce nel momento in cui ha individuato la correlazione tra una certa metodologia scientifica e la natura dell'oggetto a cui la metodologia è adeguata, fissando i limiti entro cui la scienza applicante quella metodologia è legittimata, in termini generali, a formulare le teorie, senza bisogno di entrare nel merito sull'effettiva verità della teoria, gli basta avere gli strumenti per riconoscerne la potenziale legittimità, legittimità sulla base del metodo inteso nei suoi aspetti essenziali, cioè astraendo dal particolare livello di abilità dell'applicazione dei singoli scienziati. Per individuare la correlazione è sufficiente conoscere in termini formali e generali il metodo delle scienze e la natura del campo oggettivo corrispondente, oltre ad un'ontologia generale dell'Essere, cioè una visione generale entro cui i singoli campi scientifici (regioni dell'essere, direbbe Husserl) mostrano i loro confini e dunque i loro limiti. Tutta questa tipologia di conoscenza rientra nell'ambito della visione d'essenza, cioè la visione che coglie le cose negli aspetti universalistici, sovratemporali e spaziali, per questo l'epistemologia è a tutti gli effetti una ramificazione della metafisica (cioè, della filosofia), è indipendente dalle scienze naturali, e proprio questa indipendenza le consente di non assolutizzarle, mettere in discussione i loro presupposti, e delimitarne il campo di legittimità


per quanto riguarda la definizione di"buona filosofia"... che si parli del platonismo come "pessima filosofia", mi rincuora un pò, perché ispirandomi in gran parte a quel modello (ovviamente, con una distanza di anni luce rispetto alla grandezza di Platone e di chi in misura maggiore o minore lo ha poi nella storia recuperato), sarei in ottima compagnia all'interno del recinto della "pessima filosofia", che però sarebbe invece del tutto rispettabile, sulla base di un diverso punto di vista

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