Marxismo oggi in risposta ad alcune riflessione di Niko

Aperto da green demetr, 18 Giugno 2021, 15:37:16 PM

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niko

Citazione di: Ipazia il 22 Settembre 2021, 17:27:50 PM
Insomma le solite, mitiche, sorti magnifiche e progressive in cui lo Spirito hegeliano si incarna nel capitale prima e nel comunismo poi con una progressione provvidenziale semiautomatica che manco l'escatologia cristiana ha mai dipinto a tinte così trionfanti. Se non altro perché non cancella l'inferno. De te fabula narratur. Ma prescindendo dalla realtà umana, mi raccomando.




Non mi interessa, se non al limite poeticamente, ma non certo in filosofia, nessuna ossimorica e fin dall'origine divenuta (e quindi non diveniente, e quindi eterna) realtà umana. Come ho già scritto in questo senso sono postumano, ogni cosa umana mi è aliena.


Comunque il nesso tra capitale e natura non è Spirito, è struttura, che si incarna dal cielo alla terra, da un regno a un a un altro, secondo la realtà dell'analogia, unico legame conoscitivo e sociale possibile in un mondo nullo (e quindi globale), che non conosce identità; l'inferno c'era già anche ben prima del capitalismo, ed è banalissimo farne un uso ideologico.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Partire da una posizione post-umana che rivendica la sua validità (politica) nella sua ipotetica origine, fonte di tutti gli orrori genealogici, di tutti i testa-coda, uroborici (del Dio Ur), mi è aliena al massimo grado.
Poichè semplicemente raddoppia, o meglio è mimesi, dell'attuale ideologia post-umana, che verrà chiamato post-capitalismo, come tu, chissà per quale sintomatologia, capisci benissimo essere la condizione del post-comunismo contemporaneo.
In tutto questo la parola libertà suppongo che per te ha già smesso di valere alcunchè, figuriamoci la fraternità, solo una lugubre e funerea uguaglianza (sembiante ovviamente).
Del valore umano, della sua potenza di linguaggio, non c'è rimasto più niente, tutto è destinato all'utopia che schiaccia la realtà al suo simbolico.
Ma come spiegato da Cacciari, il tempo delle utopie è finito.
Ora si può iniziare a fare critica, io non credo che dalla tua posizione tu possa nemmeno farla, non la trovi una posizione che va contro la tua umanità?
La posizione è impossibile, sarà da seguire la sintomatologia (inevitabile) dell'occidente, come aveva immensamente compreso Heidegger e Nietzche, il nichilismo è semplicemente alle porte.
Mi fa ridere, non ci siamo nemmeno accorti di essere morti (idealmente).
Bisogna trovare una nuova consapevolezza.
Come dice Ipazia, manco il cristianesimo aveva simile ardire.
Ma questo è d'altronde il neo-gnosticismo.
Un Dio al posto di un altro.
No, grazie dell'intervento niko, ma non è proprio la mia direzione di pensare.
Il comunismo che tu tratteggi è esattamente il comunismo che sto cominciando a conoscere, e che voglio combattere.
Molte letture mi attendono.
Al di là del lutto della tecnica come destino dell'occidente (e dell'oriente a quanto pare).
Il pensiero diventa l'ultimo ineliminabile baluardo del pensiero vivente, del bios naturale, e non artificiale, quello della nuda vita.
La nuda vita non è più vita.
E' la parola che dà vita alla nuda vita.
La parola è il bios, è la politica, è al suo più alto grado la filosofia.

con stima tuo (nonostante tutto ;) ) green demetr
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

Citazione di: green demetr il 23 Settembre 2021, 01:15:25 AM
Partire da una posizione post-umana che rivendica la sua validità (politica) nella sua ipotetica origine, fonte di tutti gli orrori genealogici, di tutti i testa-coda, uroborici (del Dio Ur), mi è aliena al massimo grado.
Poichè semplicemente raddoppia, o meglio è mimesi, dell'attuale ideologia post-umana, che verrà chiamato post-capitalismo, come tu, chissà per quale sintomatologia, capisci benissimo essere la condizione del post-comunismo contemporaneo.
In tutto questo la parola libertà suppongo che per te ha già smesso di valere alcunchè, figuriamoci la fraternità, solo una lugubre e funerea uguaglianza (sembiante ovviamente).
Del valore umano, della sua potenza di linguaggio, non c'è rimasto più niente, tutto è destinato all'utopia che schiaccia la realtà al suo simbolico.
Ma come spiegato da Cacciari, il tempo delle utopie è finito.
Ora si può iniziare a fare critica, io non credo che dalla tua posizione tu possa nemmeno farla, non la trovi una posizione che va contro la tua umanità?
La posizione è impossibile, sarà da seguire la sintomatologia (inevitabile) dell'occidente, come aveva immensamente compreso Heidegger e Nietzche, il nichilismo è semplicemente alle porte.
Mi fa ridere, non ci siamo nemmeno accorti di essere morti (idealmente).
Bisogna trovare una nuova consapevolezza.
Come dice Ipazia, manco il cristianesimo aveva simile ardire.
Ma questo è d'altronde il neo-gnosticismo.
Un Dio al posto di un altro.
No, grazie dell'intervento niko, ma non è proprio la mia direzione di pensare.
Il comunismo che tu tratteggi è esattamente il comunismo che sto cominciando a conoscere, e che voglio combattere.
Molte letture mi attendono.
Al di là del lutto della tecnica come destino dell'occidente (e dell'oriente a quanto pare).
Il pensiero diventa l'ultimo ineliminabile baluardo del pensiero vivente, del bios naturale, e non artificiale, quello della nuda vita.
La nuda vita non è più vita.
E' la parola che dà vita alla nuda vita.
La parola è il bios, è la politica, è al suo più alto grado la filosofia.

con stima tuo (nonostante tutto ;) ) green demetr




Collocare il post-umano nel suo giusto posto, cioè nel passato, come chiave di lettura del passato, facendo saltare il banco di tutte le ideologie progressiste e futuriste secondo cui
post-umano=futuro, è comprendere la semplice verità che accettare il post-umano significa (proprio per l'uomo nella sua specificità!) accettare il passato, e in generale accettare il passato, per chiunque voglia finalmente cambiarlo questo benedetto passato, prendendolo per la corna come un toro dall'unico punto materiale e disponibile alla volontà da cui si possa fisicamente acchiapparlo, cioè dal futuro, stante la realtà sempre potenziale e appesa al filo della volontà del cerchio del tempo, (per cui il futuro non è altro che il passato ci viene incontro)non è un'opzione, è una necessità; quindi questa è la fine che fa la libertà in questo mio discorso, si riduce a quello che già è in natura, cioè a indeterminatezza; quanto alla fratellanza lasciamo perdere, preferisco di gran lunga la sorellanza.

Marx e Nietzsche sono i primi due rivoluzionari che non se la prendono con il passato, che non lo odiano, che non lo rifiutano, da cui il loro inevitabile educlcoramento borghese e socialmente compatibile che si ha con la psicoanalisi. Bisogna superare lo spirito di vendetta, bisogna capire che l'unico modo di cambiare il passato è volerlo, perché solo se si contempla retrospettivamente da un punto del presente il passato come oggetto di volontà la volontà può cambiare, può smettere di desiderare l'eterno e il permanente e incominciare a fare innovazione ed epoca, a volere che il voluto sia passato, e quindi che ci sia d'ora in poi un altro e differente voluto; il voluto nella sua essenza non può tornare, solo le sue cangianti e fenomeniche forme, e l'unico modo di liberarci di quello che non ci piace del passato è farne un voluto, assumersi la responsabilità in merito, affinché non possa tornare.

Non è la volontà a tornare nel tempo, ma quello che la riempie come differenza e pluralità di volontà diverse: se io amo il voluto nel tempo, amo anche il suo passare, amo questa rosa, e non le sue infinite immagini che scorrono come fotogrammi attraverso il tempo, che non costituiscono identità con l'oggetto amato, ma solo similitudine; e non c'è altro voluto reale che non quello immerso nel tempo e nel suo flusso, e che a tale flusso si riduce, quindi se amo il voluto nella sua verità, non sono sedotto dall'eternità e dalle sue ideologie, la mia permanenza è necessaria all'esperienza del godere e del gioire, non voglio un oggetto di volontà così perfetto o trascendente che una volta ottenuto mi annulli.
Perché io possa volere altro, la mia volontà deve cambiare, orientandosi a un simile e non a un uguale nella serie di ciò che il tempo e la natura produce, non basta che cambino le condizioni esterne o che ci sia un qualche tipo di educazione condizionante, e perché io possa volere altro, il voluto precedente deve avermi completamente appagato, e intendo appagato fino ad esaurire nella sua pienezza la contemplazione retrospettiva possibile stessa del tempo e rendere con ciò necessaria una differenza tra futuro e passato che non è scontata e non cade da cielo se qualcosa o qualcuno non la rende attivamente ed effettivamente possibile. Quindi c'è un'etica nella mia idea di comunismo, ma questa etica prevede che l'uomo desideri di non essere più se stesso, perché già da ora e da sempre non è, se tesso.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

paul11



@niko
Alcune riflessioni sulla posizione di Niko , che giusta o sbagliata secondo i propri metri di pensiero , la trovo interessante poiché è al tempo stesso coerente e contraddittoria; le aporie fanno bene se sono abbastanza profonde.E poi quale pensiero non è in fondo contraddittorio?


Il Capitale non è un assoluto, gli sfugge il lavoro vivo e il desiderio.
Il desiderio di infinito


La posizione di Preve è partecipe della condizione umana e non segue il dettame marxista nel concentrarsi sull'aspetto economico sociale dove affiorano semmai le critiche( il capitale non è il totem, la lotta di classe identificandosi nell'operaismo è fallito), semmai pensa che la filosofia, come luogo di riflessione, possa suggerire come essere comunista oggi, riflettendo più sui filosofi classici . Se Hegel è un riferimento , per la prassi lo è di più Fichte, per Preve.


la sofferenza non finirà mai in quanto necessaria al divenire


C'è un qualcosa anche di Schopenhauer nel tuo pensiero, mi riferisco alla volontà e al desiderio.
Quando scrivi che il desiderio deve essere profondamente intimo e quindi senza intenzione, per cui il capitalismo è da accettare  per poter essere superato.


Non so se la natura sia davvero lo slancio verso l'infinito, per certi versi è accettabile se la natura è intesa a sua volta come il prodotto delle condizioni dell'universo che è mosso in un certo modo.
Sono d'accordo che il capitalismo sia la forma migliore apparsa nella cultura umana come prodotto dell'integrazione economico sociale nell'interpretazione uomo-natura. La durata storica lo giustifica concettualmente. Ma d'altra parte qualunque forma politica economica è giustificabile e anche vi sono popoli che non sono affatto capitalisti e vivono contemporaneamente all'occidentale.
Ciò significa che il capitalismo è figlio di una concezione socio culturale tipicamente occidentale ed essendo giustificata come miglio rapporto uomo natura, la sua verità teorico pratica sta nel come l'uomo tecnico occidentale abbia concepito la prassi. Quindi è giusta, sul piano analitico, la strada intrapresa da Preve, dove non è tanto l'aspetto economico ad essere dirompente in quanto a sua volta è dipendente dall'interpretazione culturale uomo natura.


Questa sete di infinito è tipicamente occidentale, non di tutte le culture.


E' vero che la parola non esaurisce l'entità, che sia un uomo o un'orchidea. La parola, non esaurendo l'entità delimita e confina quell'entità dal resto. La parola è l'attributo che ha posto l'uomo sul piedistallo della natura, non esaurendosi più nella natura, l' uomo diventa presuntuoso.


C'è un'originalità nel tuo pensiero, che è contraddittorio ma non lo è allo stesso tempo (è un'aporia?). Se l'uomo, inteso come essere intelligente, è il prodotto del processo naturale, tutto ciò che fa l'uomo è secondo natura ,in quanto lo prosegue venendo dalla stessa origine.
Personalmente sostengo che proprio questo concetto sia lìaporia del fondamento occidentale  che è venuto alla luce nella modernità. Essendo coerente, poiché è assurdo pensare che l'uomo sia contro natura se si origina dalla natura, quella stessa intelligenza che emerge  è coerente con la natura.


Le ciclicità naturali sono dipendenti ed interne all'universo, salvo dimostrare scientificamente che anche l'universo è ciclico. La morte dell'universo sarebbe una contraddizione alle leggi attuali della termodinamica, poiché energia e materia non potrebbero svanire nel nulla.


Mi pare che questo slancio verso l'infinito sia contraddittorio, al posto di infinito, termine inconsistente  trovo migliore indefinito. L'infinito non ha limiti, quando sembrerebbe che tutto nell'universo tende ad avere limiti. Ed essendo troppa l'energia e la materia nell'universo, le condizioni che definiscono morta e vita, trasformazione, sono indefinibili più che infiniti.
Un universo infinito presupporrebbe una infinita e continua creazione ex nihilo di energia e materia.
Personalmente ritengo che la natura, intesa come vita vegetale e animale è contraddittoria con il dinamismo della vita inorganica universale. La vita, per vivere, ha necessità di scambi esterni di energia, produce e secreta energia per costruire i propri costituenti interni, per cui la vita ha necessità di energie esterne a date condizioni(temperature, pressioni); ciò che un inerte, un sasso, un meteorite, una cometa, non ha necessità. Se gli inerti inorganici soggiacciono alle condizioni delle forze interagenti ( nucleari, gravità elettromagnetismo) per la vita organica le condizioni di vita aumentano e diventano problematiche nel momento in cui si differenzia e diventa ecosistema.
Per questo non ritengo assimilabile la natura all'universo ( se inteso come energia e materia), ma semmai dipendente in seconda istanza: quindi la natura è un sottoinsieme dell'universo che può apparire solo a determinate condizioni che l'universo pone; quindi la natura è a sua volta un emergere dalle forze universali che lo governano.


edonismo di un godimento cieco o allo stoicismo di un esercizio vano della virtù.
Penso che sia la condizione umana fra i due estremi, ma proprio come interpretazione della vita all'interno di uno spazio/tempo. Non esserlo semmai è acefalo e almeno per due buoni motivi che se vengono negati si entra in contraddizione. Il primo è che l'uomo è da sempre così: il secondo nasce dal fatto che se si accetta che l'emergere di un'intelligenza da parte della natura in un essere chiamato uomo è la continuità naturale, la contraddizione umana allora è parte della contraddizione della vita stessa come genesi universal, compreso l'istinto di sopravvivenza. Poichè tutto, i dipendenti sotto insiemi, sono parti dell'universo.
Il senso di infinito quindi ne sarebbe una chimera.




In un concetto accettato come naturalismo è coerente pensare al desiderio come forte motivatore per la felicità, per cui in effetti è altrettanto coerente pensare che il capitalismo ne sia la manifestazione sociale in mimesi della natura. Coerente come significato logico non come giudizio di valore. E' quindi altrettanto coerente, ma sempre privo di giudizio di valore(giusto sbagliato come impianto filosofico), pensare che essendo l'uomo originatosi della natura, l'uomo culturale tecno scientifico sia la continuazione del procedimento ,nel processo storico naturale posto dalla sessa natura essendo appunto l'uomo originario secondo natura.


La natura e la mimesi economico sociale ,il capitalismo, hanno ,come precedentemente scritto, necessità di scambi energetici continui con l'ambiente esterno : quindi sono strutture finite nel momento in cui esistono condizioni affinché possano svilupparsi così come  la vita ha necessità di sviluppo e trasformazione di energia dato un sistema ambiente in cui prolifera. Un'entità naturale non può fermarsi


Invece, se si sposa la tesi generale di quanto scrivi, guerra e competizione sono proprio il movimento necessario affinché la vita abbia continuità intesa come natura, lo è quanto la necessità di una malattia in un corpo sano. Perchè quel corpo non è nato per la vita, ma per trasformarsi in energia e materia continua al riciclo naturale rigenerativo( qui sta una delle ciclicità naturali).
Noi possiamo dire sano se esiste la malattia, possiamo dire pace, se esiste guerra, possiamo dire cooperazione se c'è competizione. I contrari esistono o non esistono proprio perché  le parole abbiano a significare qualcosa. Dico quiete se c'è anche inquietudine ( e viceversa).


La volontà di potenza umana è nel qui ed ora, non nel divenire. Se si accetta che l'uomo è totalmente natura ,è solo all'interno della propria esistenza che è necessario agire, poichè la propria finitudine è dichiarata dalla stessa natura. Che questa volontà sia inane rispetto alla ben più forte natura, perché da quest'ultima dipendente, è coerente; quindi non contraddice, ma conferma.




Non si capisce, chi accetta o inalbera il termine libertà, da dove possa originarsi se si accetta che l'origine umana sia natura? O è contraddittoria o è interna , daccapo, alla natura che ha originato l'uomo. Detto in altri termini: se l'uomo ha origine dalla natura, o l'uomo è uno scherzo di natura, in cui la natura si diverte a creare un essere intelligente contraddittorio , per cui il credere alla libertà è una fatua volontà che nulla può sulla natura che lo ha originato, oppure l'uomo non è solo natura e allora cade il capitalismo, ma insieme al marxismo.


Mi trovo d'accordo sul ragionamento che contempla il comprendere e accettare il passato per poter cambiare il futuro, è simile al pensiero di Giorgio Agamben sull'archeologia.


Penso che non vi sia nel passato nulla di totalmente appagante da smettere la volontà di potenza, questo è lo scherzo di natura del destino umano, è indeterminabile una verità tale da appagare la sete di volontà. Amare il passato ed esserne appagati, significherebbe aver scoperto la verità storica della costante naturale umana e cedervi, non farvi più inutile resistenza.


C'è ancora un forte soggettivismo di stampo moderno, un protagonimo che non può essere cedevolezza se si desidera accettare il passato e poter cambiare l'uomo in-attuale e con esso il futuro. L'uomo è fiero della sua incompiutezza, e lancia continue sfide; quindi accetta la storia passata solo come contraddizione per arrogarsi la presunzione di  essere migliore oggi rispetto al passato: esattamente il contrario di ciò che pensi.
Questo soggettivismo narcisistico e megalomane dei pensatori moderni  sarebbe una delle prime cose da debellare.

Ipazia

Povero Marx. A voi il fixing borsistico vi fa un baffo, mentre Marx ci avrebbe fatto un'edizione riveduta e corretta del Capitale. Almeno l'aveste letto: altro che magnifiche e progressive sorti con scappellamento finale a sinistra dei "padroni per il comunismo" !

Miseria dell'ideologia che si illude di volare alto mentre è racchiusa in un Truman Show di cui i padroni del mondo hanno il pieno controllo della regia. Riservando ai posteri non posti da oltreumani o transumani, ma di automi coatti che non sanno nemmeno che un tempo esisteva uno strano sapere chiamato filosofia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#80
 Se ho be capito il pensiero di Niko, per quanto i post non possono esaurire un pensiero abbastanza complesso, per quanto semplice nella sua linearità,  il marxismo è solo in seconda istanza che è possibile giudicarlo.
Ho sempre trovato contraddittorio nella sua radice filosofica il pensiero marxista, per quanto lo possa stimare come generalismo del pensiero socialista che ha al suo interno a sua volta un arcipelago di pensieri anche contrastanti.
Se la matrice filosofica del pensiero di Marx è la natura , è la tecno scienza accettata, in fondo lo è anche il capitalismo in quanto prodotto di una progressione storica naturale nella sub specie naturale che è l'uomo. Quindi essendo il capitalismo prodotto socio economico e anche politico dell'uomo che a sua volta è prodotto dalla natura ,Marx pone il comunismo come susseguente gradino del progresso storico  umano-naturale-tecnico.


Allora significa interpretare tutto ciò che emerge dalla natura umana, come attribuzione proprie e particolari, quali l'intelligenza, il sociale, l'amore, l'arte, la tecnica , insomma tutto ciò che è cultura e istituti culturali come sedime storico, come matrice naturale.
Per cui il pensiero di Nko a me pare seguire una coerenza interna, ma laddove, entrando nel marxismo, non è detto che il comunismo sia davvero il gradino progressivo natural sociale seguente al capitalismo. Prima di tutto perché il capitalismo è duro a morire, è alla sua quarta rivoluzione ed è definita dematerializzazione, e quindi non solo la sparizione fisica del denaro, sarà un futuro di  digit, sarà tutto contabilità elettronica , ma anche il passaggio dall'analisi produttiva della fabbrica analizzata da Marx, alla dematerializzazione finanziaria.
Avremo umani che si nutrono ancora, chissà fin quando, di prodotti naturali, ma in un sistema quasi opposto matericamente alla natura.
Quindi attualizzare il marxismo oggi significherebbe ridiscuterne i concetti come materialismo storico e come lotta di classe dentro un contesto quasi opposto all'epoca delle fabbriche che funzionavano quasi ancora con il vapore.
L'altro punto, sempre nell'epoca della dematerializzazione, è capire se davvero questa è attribuibile ad una natura che è tutto fuorchè impalpabile, dematerializzabile. Perchè se non lo fosse cade la filosofia naturalista come continuità e contiguità socio culturale prodotta dalla matrice naturale.
Se cade la matrice naturale rischiano di cadere una buona parte del pensiero prodotto negli ultimi cinque -sei secoli.


Se non si accetta il capitalismo come prodotto naturale, o si contrappone la cultura alla natura, allora logicamente bisogna trovare altre matrici che non è quella naturale.


A voi l'ardua sentenza.

Jacopus

Paul. Attribuire tutto alla natura ha senso fino a un certo punto. Nessuna specie animale è ad esempio in grado di distruggere in modo così potente il suo stesso ambiente. Tranne homo sapiens. Che tutto questo sia stato deterministicamente prodotto dalla natura umana, compreso il marxismo e il capitalismo, ha come conseguenza l'accettazione della natura umana,  e di tutto ciò che è e sarà. Una capriola spettacolare per due filosofie che fanno della volontà umana di emancipazione una sintesi del mutamento sociale. Se è così, lasciamoci andare alla marea cibernetica, all'intelligenza artificiale, alle procedure automatiche. Spero che non oggi ma in un futuro, l'umanità si risvegli e scopra le altre possibili direzioni che potevano essere scelte dopo l'Illuminismo.
P.s. Paul: ho capito che è una provocazione, cambiano solo le risposte ma ad entrambi questo andazzo non piace.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve jacopus. Commento inserendo mie grassettature :


"Attribuire tutto alla natura ha senso fino a un certo punto. Nessuna specie animale è ad esempio in grado di distruggere (per ora dovremmo dire MODIFICARE) in modo così potente il suo stesso ambiente. Tranne homo sapiens. (Questione di punti di vista. Secondo il mio, il modo, la pervasività l'implacabile ostinazione con la quale - ad esempio - le formiche ed altri insetti modificano, "distruggono", sfruttano, adattano alla propria specie.........l'ambiente loro circostante........è ancora più potente. Solamente che esse accettano di morire individualmente per far sopravvivere la specie, mentre noi umani ci teniamo come motto "mangia, scopa e vivi in eterno". E' proprio la nostra mania per la quale "tutti devono mangiare e nessuno dovrebbe morire" quella che sta "inguaiando" il nostro pianeta, popolato da troppi "fregnoni" da una parte e da troppi aspiranti fregnoni dall'altra). Che tutto questo sia stato deterministicamente prodotto dalla natura umana, compreso il marxismo e il capitalismo, ha come conseguenza l'accettazione (non l'accettazione, bensì la giustificazione (all'interno del significato correttamente filosofico di tale termine)della natura umana,  e di tutto ciò che è e sarà. Una capriola spettacolare per due filosofie che fanno della volontà umana di emancipazione una sintesi del mutamento sociale. Se è così, lasciamoci andare alla marea cibernetica, all'intelligenza artificiale, alle procedure automatiche. Spero che non oggi ma in un futuro, l'umanità si risvegli e scopra le altre possibili direzioni che potevano essere scelte dopo l'Illuminismo" Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Viator. Rispetto alle formiche vinciamo facile. Le formiche modificano il loro ambiente in che modo? Milioni di generazioni di formiche hanno mantenuto lo stesso habitat per milioni di anni. Se c'è modifica, è una modifica che mantiene in equilibrio ecologico il sistema. Per homo sapiens si è invece dovuta classificare una nuova era geologica, poiché i futuri esploratori geologi del pianeta terra troveranno l'impatto della nostra specie in uno strato facilmente individuabile, dove vi saranno i resti delle nostre costruzioni e dei tanti oggetti artificiali che costruiamo, un'era che si chiama antropocene. Nessun altro essere vivente ha avuto un impatto così forte. Oppure vogliamo parlare delle isole di rifiuti plastici compattati che navigano negli oceani? Ad ogni modo il termine "distruggere" non era la parola corretta. Più esattamente potremmo definirci come la prima specie che è in procinto di causare una estinzione di massa. Fra qualche centinaia di migliaia di anni, in ogni caso, Gea sarà di nuovo in forma e noi un lontano ricordo geologico.


In merito al termine "accettazione", l'ho inserito perché a mio parere il marxismo e il capitalismo potevano avere anche altri esiti, mentre invece hanno entrambi scelto la strada della tecnè. Perché ciò sia accaduto ci condurrebbe verso altre lunghe discussioni. Brevemente possiamo ridurre il discorso a due opzioni: è accaduto perché homo sapiens è "biologicamente" homo faber, artefice e costruttore di cavalli di legno oltre che ladro del segreto del fuoco. Oppure è accaduto perché la storia del capitalismo e del marxismo è la storia dell'Occidente e non di homo sapiens, e l'Occidente ha, da circa un secolo, colonizzato le menti di tutta l'umanità, sovrapponendo un dato culturale ad un dato biologico.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve jacopus : "Rispetto alle formiche vinciamo facile. Le formiche modificano il loro ambiente in che modo?".

Mi sembra tu parlassi (ed io ho replicato) circa le specie che modificano l'ambiente (inteso come pianeta che li ospita) e non il PROPRIO SPECIFICO AMBIENTE SOCIALE. Altrimenti che significato avrebbe il distruggere e contemporaneamente il creare l'ambito (=ambiente sociale) in cui la specie in esame stia vivendo ??. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

green demetr

Cari amici, mi sembra che la tematica si sia spostata sull'aspetto post-umano come stato naturale dell'esserci.
Ma rispetto al dibattito universitario, come può un simile pensiero appartenere alla filosofia, quando invece fa parte di quelle tecniche, del repertorio direi in fondo della sociologia, che vorrebbe delimitare una nuova antropologia?
Mi pare che ancora non abbiamo capito la questione del soggetto, e del suo linguaggio.
Soprattutto del pensiero.
Il pensiero è vittima delle nuove antropologie, perché è vittima della logica tanatologica.
La vita naturale, sembra nelle vostre parole, un mero esercizio della sopravvivenza.
Ma io fatico a definirmi in quanto sopravvivente.
Posso tollerarlo, ma non è il mio desiderio.
In questo senso non credo affatto nel post-umano.
Vorrebbe farmi credere qualcosa che non desidero essere.
Questo stato di cose che riguarda l'oppressione dei ricchi sui poveri, non è dunque una mera consegna del cibo a casa.
Marx da come lo conosco genericamente ragiona su questo.
Ossia sulla guerra dei desideri. Sulle commodities, sui beni di consumo, che mal traduce, questa idea di surplus del desiderio.
La natura a mio modo di vedere non è soltanto la fenomenologia, indagabile scientificamente come oggetto, ma è anche e soprattutto quella che voi avete chiamato incompletezza dell'uomo, ossia il suo surplus, la sua follia rispetto al mondo meccanizzato.
Non è un caso che il razionalismo deve ammettere un genio maligno, e la gnosi si faccia paladina della distruzione di questo genio maligno.
Ma questi sono ragionamenti della tanatologia.
L'uomo ha fondato la sua civiltà democratica sui suoi valori cristiani (e in parte giudaici), se togliamo uno solo dei valori (folli) di libertà uguaglianza e fraternità, la civiltà cade.(vedi il canto 11 e 12 del paradiso Dantiano, dove si ipotizza la cordialità come riforma della chiesa).
La filosofia odierna sta cercando di elaborare questo lutto, non avendo capito niente nè di Heidegger, né soprattutto di Nietzche.
Preferisco la filosofia onesta, di chi capisce che oggi la filosofia debba essere completamente politica.
I dialoghi metafisici, oggi servono poco, non perché non siano validi, figuriamoci io sono un metafisico, ma perché la maggior parte dei discorsi metafisici pensano in maniera tanatologica.
La metafisica deve intanto capire Hegel, poi usare Kant come  pensatore analitico, come coltellino svizzero, infine approdare alla psicanalisi filosofica.
La maggior parte degli studi che seguo (Zizek) d'altronde oltre al romanticismo tedesco (Hegel, Schelling, Schopenauer), e alla psicanalisi (Lacan), si concentra sul nucleo centrale del marxismo.
Faccio fatica a scorporare il comunismo egalitario (senza libertà e senza fratellanza) dal marxismo, ma tenterò di fare uno sforzo, in tal senso di capirlo.
Siamo molto lontani dai vostri discorsi, il post-umano viene rigettato come sciocchezza e il discorso sulla natura è quantomeno sospetto (l'eugenetica è ancora qui tra noi, con la sua idea di egalitarismo, a scapito sempre di qualcuno, inutile farsi false speranza che non sia SEMPRE stato così, la storia ce lo insegna, ma come al solito ci tappiamo occhi e orecchie).
No la risposta è politica che DEVE essere all'altezza di Hegel, di Lacan, di Marx.
Ma posso soprassedere, una volta chiarita la distanza che ci separa.
Nei prossimi interventi proverò a selezionare qualcosa da dire sui vostri appunti di viaggio.

il vostro green demetr
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Provo a riscrivere secondo gli input degli ultimi interventi di niko paul jacopus.


"quindi questa è la fine che fa la libertà in questo mio discorso, si riduce a quello che già è in natura, cioè a indeterminatezza;"

Quello che non capisco è la concezione della natura.
Se diciamo che il post-umano, è già l'uomo tecnico, l'uomo preistorico, ossia l'homo abilis da cui poi l'homo faber e infine l'homo sapiens, stiamo dicendo che l'uomo è esattamente il suo formarsi nella relazione trasformativa verso la natura.
Il che ci determina come specie, ma in quanto uomini, ossia in quanto sapiens sapiens, sappiamo di sapere.
E nonostante tutto qualcosa ci spinge a trasformarci ancora.
Questo qualcosa è ancora natura?
Se sì, dunque io parlo di inconscio.
Ma se no, io faccio fatica ad accettare l'idea che esista un Dio, quindi un determinismo, una progressione ideale, al di fuori dell'uomo e della natura.
Sono con te se parliamo di indeterminatezza.
Ma l'essere uomo in quanto razionale tende a ordinare il suo habitat naturale. Tenta cioè di ridurre l'entropia del suo ambiente.
Ma anche qui siamo nell'ordine della specie, cioè della tassonomia rispetto al mondo naturale che invece entropico è non animato.
Ma tutto ciò non dice proprio nulla di come noi viviamo la vita, delle nostre aspirazioni, della nostra volontà di potenza. Questo è il punto.
La tassonomia è semplicemente un modo di fermare il mondo e il tempo.
E' un modo di dire, ecco noi siamo questa cosa qui, fermatevi e non pensate più.
Ma l'uomo pensa, e pensa soprattutto a se stesso piuttosto che al suo ambiente.
L'ambiente viene strutturato perché di questa struttura l'uomo poi possa pensare.
Vi è dunque la particolarità della riflessione, del pensare al suo stesso agire, e al suo stesso essere (perchè chiamarla vanità?).
Per questo siamo sapiens e non faber.
L'ordinazione del mondo fa parte dell'uomo ma non lo esaurisce minimamente.
Il pensiero politico, è quello che conta.
Il post-umano è semplicemente una pigrizia del pensiero, un oziare pagato, un rispecchiare, un ideologizzare come immutabile ciò che da sempre ci contraddistingue come specie, ma non come uomini.
E' proprio dunque come viene citato, nella sua indeterminatezza, nel suo fluire storico che l'uomo si interroga.
La libertà è quella funzione del pensiero, all'interno della quale l'uomo si può riposizionare rispetto al proprio rapporto con gli altri, e il suo stesso habitat.
E' lo spazio necessario al pensiero, la questione della libertà.
Ma nello spazio tassonomico e burocratico del già detto, già saputo, già ordinato, si pretende, e dunque si fa politica, che la storia sia sempre la stessa cosa, un continuo riordinamento dello spazio delle interazioni con metodo unico. Ossia come prevaricazione tassonomica ordinativa dell'uno sull'altro. Ed è questo che viene taciuto.
Il post-umano invece finge di non sapere di questo polemos.
Ritiene l'uomo una semplice homo faber, una macchina al servizio di se stessa.
Il che non è falso, ma non è completo.
L'uomo è molto di più, e questo surplus lo trova nella liberazione del tempo della sua produzione.
Naturalmente il capitalismo ha provveduto a questo margine di pensiero del di più.
Ma questo di più non è stato soltato il di più delle commodities, ma è stato anche il di più del pensiero che riflette sulla completezza dell'uomo.
Che ragiona sulla concordia piuttosto che sul disprezzo, insomma di tutto ciò che è valsa la civiltà occidentale, ossia la sua democrazia rappresentativa.
Questo ha voluto dire pensare anzitutto alla guerra.
Oggi come oggi lo spazio interattivo vuole essere dismesso.
Oggi come oggi nessuno vuole sentir parlare di guerra.
La libertà non è più necessaria.
Si va verso un nuovo matrimonio fra capitalismo e autoritarismo.
Si va verso dunque un mondo egalitario, dove il pensiero unico domina, e la dissidenza (pacifica, intellettuale) viene eliminata con la forza.
Ma è proprio nella dissidenza che nascono le idee nuove, perchè la dissidenza è anzitutto la capacità di diversificaze degli inconsci di ognuno, la dissidenza è la capacità di ripensare l'uomo per ciascuno, e le relazioni con i pensieri dissidenti ci portano ad esplorare altrettante regioni inesplorate dell'essere uomini.
Si va verso un mondo di commodities, che certamente ci arricchiscono, ma nello stesso tempo ci alienano, perchè l'uomo è altro dai suoi oggetti.
Perennemente altro. Per questo scambiamo l'indeterminatezza con il progresso.
Ma questo spazio per il pensiero dissidente e non, disordinante e ordinante, è (dovrebbe essere) sacro.
E viene chiamata libertà.
In un mondo che invece vuole ordinare anche laddove regna il disordine, si sta facendo il grossolano errore, di non capire che l'uomo benchè contraddistinto come specie dall'ordine ha in sè un grande disordine.
L'ideologia dell'ordinamento autoritario del comunismo futuro, e già presente, ci toglie parecchie fette di auto-determinazione, di esplorazione delle nostre potenzialità non attinenti alla relazione uomo-ambiente, uomo-natura.
Il post-umano è dunque solo una ideologia, un dire dell'ovvietà.
Ecco non capire che dietro questa volontà ordinatrice vi sia il politico è voler essere ciechi.
Spero di aver rilanciato qualcosa nei vostri pensieri.
Dell'inutilità di soffermarsi sul post-umano.
Sopratutto rilanciare pensieri sulla parola libertà che in futuro sarà la parola più sospetta di tutti.
Ragionare sul valore di civiltà (lasciare spazio alle dissidenze laddove proprio non possibile), e della fratellanza (lasciare libertà di pensiero intellettuale e di filosofia, che poi è quello che più ci preme).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

#87
 @Jacopus, Green....e il forum tutto


Non è il livello di potenza distruttiva che decide fra un virus o una balenottera azzurra, chi rimarrà come specie fra diecimila anni, anzi presumo che vinca il virus.
La questione dirimente, anche nella cultura, è il sorgere dell'intelligenza umana e di un linguaggio in un ominide che è del tutto particolare ed eccezionale. In quel preciso momento si pensa che la storia umana lentamente ,ma continuamente, procederà in termini dicotomici rispetto alla natura , se non addirittura opposti con il passare del tempo.
Ma allora bisogna dare uno statuto ontologico all'intelligenza e al linguaggio, se non sono originate dalla matrice naturale ,da dove vengono e perché sorgono? Intendo dire che un'apparecchiatura la più tecnologicamente avanzata costruita dall'uomo è comunque fatta di elementi materici fisici, un cervello umano può far emergere  un'intelligenza, necessaria alle forme viventi che deambulano , ma così sviluppata da diventare altro rispetto alla matrice naturale?  E' una chiara aporia .
E' un'aporia per chi ritiene che l'origine umana, leggesi evoluzionismo, darwinismo, sia totalmente di matrice naturale. Dire che un organismo intelligente, per i prodigi che produce questa intelligenza, si distacca dalla natura è qualcosa di contraddittorio.
Per questo scrivevo che Niko è coerente sul piano logico discorsivo. Tutta la produzione umana, cultura, scienza, tecnica,  essendo l'uomo a sua volta originato dalla matrice naturale, non può che essere a sua volta natura. Diversamente bisogna dare uno statuto ontologico diverso dalla matrice naturale all' intelligenza. Questa non è una provocazione, questa è l'aporia della modernità, che accetta la tesi naturalistica  ma non vuole percorrerla fino in fondo, producendo una serie infinita di contraddizioni culturali esistenti.


L'errore è di pensare che visto che il percorso naturale è un destino ineluttabile, allora è più giusta la posizione passiva, per cui verrebbe accettato tutto. Ma è l'uomo che produce intelligenza artificiale, automi, disoccupazione,  così come potrebbe produrre un meraviglioso sistema in cui tutti stiamo bene. Quindi è esattamente l'opposto della passività, chi vince in natura è perché è prassi, pratico nel fare, nell'adattarsi nel costruire tattiche e strategie vincenti. Nietzsche a suo modo e Marx in un altro modo, lo avevano capito.
Diciamolo in un altro modo. Non potendo essere imputato un comportamento ad un Dio referente, cadono tutte le vestigie culturali non attinenti allo statuto della matrice naturale: non c'è morale, c'è solo rapporto di forze, ci sono condizioni fisiche e naturali che decidono se e come la natura con tutte le sue parti possa proseguire ad esistere. Ne risulterebbe un determinismo abbastanza stretto, da cui l'uomo potrebbe essere assunto come irresponsabile, in quanto non riconducibile ad un principio morale, ma semmai a convenienze, utilità, opportunità, nell'esercizio più puro del principio fondante naturale: istinto di sopravvivenza.
Ne risulterebbe che quella coscienza di sé, prodotta da intelligenza e linguaggio, è fortemente ambigua, in quanto può da una parte costituire il fondamento per costruzioni di conoscenze tecno scientifiche seguendo lo schema della matrice naturale, oppure perdersi in concetti non di matrice naturale, come creare un dio, una morale, stregoneria, misteriche.


Scrivo nudo e crudo e non ipocritamente come ha fatto ,fa e farà la stragrande maggioranza degli intellettuali ipocriti. A grandi linee questo è il pensiero di Nietzsche: piaccia o non piaccia, ma ha una sua coerenza interna fino all'estremo.
In UTU Nietzsche dichiara apertamente che la natura è determinismo e l'uomo è irresponsabile. Quindi sono inutili paturnie morali, crisi di coscienza . La bestia bionda rappresenta il guerriero di matrice naturale che vuol decidere con volontà di potenza del proprio destino .


Adatto che il sottoscritto è invece credente, non sono un naturalista, in quanto ritengo l'uomo costituito da una parte fisica e di matrice naturale e dall'altra da qualità spirituali che influiscono sull'intelligenza, sulla costruzione di una coscienza che non è solo di matrice naturale.
Semmai per me l'uomo è ontologicamente ambiguo essendo composto da due parti che possono armonizzarsi o collidere. Ma questo è il mio pensiero.


Filosoficamente la linea di senso, dettata da una coerenza del pensiero argomentativo, non può farmi escludere a priori, pregiudizialmente, che invece potremmo essere organismi totalmente inscritti nella matrice naturale, ma questo apre l'argomentazione su esposta e dai precedenti post.


Cosa influisce  nel sistema socio politico  la concezione naturalistica?
Che Marx sbaglia a edulcorare con termini sentimentali valoriali quello che è solo e semplicemente lotta  per utilità, opportunità, convenienza. Per questo Nietzsche che è più coerente è lontano anche per questo, ma non solo per questo, dal pensiero socialista e marxista in particolare.
La lotta di classe non è  la lotta del bene sul male, o del perché il pensiero socialista è più umano, è solo e semplicemente una lotta di volontà di potenze opposte, uno scontro, una guerra, per affermare la propria volontà sugli altri e quindi secondo l'analisi marxista, è più facile tatticamente e strategicamente porla in atto, quando il ciclo economico entra in crisi e si riversa nella crisi sociale aumentando non la coscienza di classe, ma la rabbia di coloro che subiscono di più la crisi.
Tant'è che i deboli, gli ultimi, hanno forza solo se si uniscono come un corpo unico .
Non c'entra niente il materialismo storico, questo è solo stato di natura  e un gatto attacca agli occhi se messo in un angolo. Sono le reazioni a stati condizionanti di disperazione per sopravvivere che possono indurre ogni organismo vivente a difendersi attaccando .
Quindi nel tempo della dematerializzazione culturale  di una parte di mondo, il materico ( lasciamo stare il materialismo) sussiste perché mangiare, prolificare rimarranno come dettame della matrice naturale. Ma i disperati ,come gli animali, migrano, non fanno lotte di classe. Non c'è mai stato un rovesciamento di un ordinamento per semplice lotta di classe, dove un sistema è diventato comunista, vi sono stati colpi di Stato, governati, zar, dittatori, inetti nell'amministrazione creando miseria e povertà diffusa, e quindi disperazione e la disperazione è qualcosa di non differibile nel tempo, al contrario della speranza che induce a spostare nel futuro i propri desideri. La realtà e la natura non hanno futuro, hanno sempre un presente di volontà  di potenza.


Questo post-umano, ennesima moda intellettualistica, è l'idea tutto cultural umana, intanto la natura se la ride delle illusioni umane, di costruire una filogenesi tutta umana che man mano ,nel tempo, diventa  chissà cosa. Io invece penso a strade asfaltate, a paesaggi post catastrofici , che la natura si riappropria, come il post umano . Ma come siamo bravi a credere in un uomo sempre più ipertecnologico , forse ogni tanto una pandemia ci fa rimettere i piedi a terra e dichiarare le nostre fragilità umane di fornite alla matrice naturale. Se l'uomo si avvicina a thanatos è perché si sente sempre più a disagio in una cultura che tende a difformarsi dall'esigenza naturale, culla dell'uomo che appena può fugge dalle metropoli a respirare aria di campagna, marina o montana, lontana dalle mefitiche ipocrisie culturali dei luoghi comuni. Chissà perché un po' di sole sulla pelle, gli occhi pieni dei colori dei paesaggi naturali ci danno armonia. Per cui credo poco o niente alle fesserie intellettualoidi attuali per vendere libri e riempire sale convegni con parole che dicono niente.


Una civiltà regge se nella pratica riesce a dare sicurezza interna dai problemi esterni .Per questo nascono fortificazioni, confini geografici di Stati, è quell'istinto di territorialità che nella cultura umana diventa il confine catastale, il filo spinato della proprietà privata , il masso roccioso che delimita i confini di proprietà nei campi, un ruscello.


Sono d'accordo che alla fine la filosofia è politica, in quanto se la filosofia è anche cultura influisce sugli statuti istituzionali che regolano e gli ordinamenti della società degli uomini. Quindi se la società e con essa la politica è malata, qualcosa è sicuramente da addebitare alla filosofia del mainstream.


L'eugenetica è prodotta naturalmente dalle parti della matrice naturale, attraverso la selezione, alle leggi genetiche di dominanza dei caratteri , alle malattie genetiche che predispongono un organismo. Tutta la cultura è artefatto, un copiare e carpire i segreti fisico naturali , tentando di appropriarsi di energie e materie trasformative ai nostri scopi di volontà.


La natura ha una forza: ci lascia pensare e fare compatibilmente alle sue condizioni che dettano sempre i nostri destini . Sorrido quando il tam tam mediatico pone il problema dei cambiamenti climatici. Basta studiarsi le glaciazioni del passato per poter dire che non è un problema della natura, è un problema nostro come organismi dentro la matrice naturale che sempre detta un nostro destino. Quando noi con la nostra volontà di potenza ci allontaniamo dalle compatibilità delle regole naturali , arriva sempre qualche avvertimento dalla natura sotto forma di catastrofi . Qualunque progresso tecnico scientifico  potremo produrre, rimarrà sempre il limite naturale ad avvisarci che oltre non sarà la natura a perire, ma noi.


Qualunque formulazione evolutiva  umana vogliamo darci, perché il problema dei nomi linguistici è  solo nostro, il post-umano è quindi ancora natura e se sparirà l'uomo le parti della natura si riapproprieranno dei nostri territori e fatue presenze.


La parte politica ritengo sia esclusività umana, ma  sempre dentro istanze dei limiti dettati dalle condizioni naturali. Se l'uomo ha capito che l'adattamento della vita organica è in funzione di efficacia ed efficienza, altrettanto la vita sociale degli umani se vuol funzionare deve seguire la regola generale. Un sistema perditempo, che opera tardivamente, che non decide, che è confusionario nel suo interno, nella regola delal competizione delle risorse, vince chi tatticamente e strategicamente decide più in fretta ed è più operativo . Un organismo vivente riceve impulsi dall'ambiente e quindi la reazione alle condizioni ambientali o sono repentine, nell'attacco e difesa, o muore. E qui si aprirebbe una discussione se la forma di governo democratica sia la migliore.


Non esiste in natura la tregua di pace o giustizia, la vita è un brulicare di organismi che sono in simbiosi e allo steso tempo combattono fra loro . Ribadisco, la strategia e tattica che fa sì che un lichene sia formato da un fungo e un alga, o del  batterio azotofissatore che sta nelle radici delle leguminose ,vige su un rapporto costante e continuo del io ti dò se tu mi dai , e la continuità dichiara una cooperazione simbiotica , la diversità diventa unità di scambio energetico di nutrienti . Tutto è in funzione di risorse di interscambi , proprio come l'economia, e come l'economia si ristruttura e si riconverte in funzione di una maggiore efficacia ed efficienza.


Per finire, è bene ribadire il mio pensiero. Per me il naturalismo non esaurisce affatto l'uomo, perché non è la matrice naturale suprema nel principio dell determinazione dell'universo, la vita e con esso natura nasce dall'inorganico , per composizione di particolari elementi chimico fisici a date condizioni (cosa si pensa ipoteticamente, essendo la vita una indimostrabile scientificamente).
Intendo dire che la matrice naturale  è a sua volta  in subordine ai principi universali e chi ha dettato la creazione dell'universo, non è quindi la natura. Per questo sono metafisico .
Il dominio organico naturale è a sua volta parte di quello universale, ed è mio pensiero che la creazione sia data da un'entità divina. Quindi ritengo che l'uomo sia gran parte di matrice naturale, ma anche spirituale. Ma questo era solo un chiarimento sul come la penso, non voglio uscire dal seminato della discussione presente.

Ipazia

Non nominare il nome della Natura invano. Marx certamente non lo fa. L'evoluzione e lotta per la sopravvivenza naturale si regge su zanne, artigli, rostri, muscoli, velocità.  Al massimo della complessità evolutiva troviamo mimetismo e veleno. Il veleno è arma primordiale di selezione, separando i salvati aerobici dai sommersi, nelle parti meno nobili dell'evoluzione, anaerobici.

Questo è tutto ciò che compete alla natura, che non avrebbe mai posto debosciati, paranoici, preti, padroni, capitalisti ai vertici della catena alimentare,
il cui successo è dovuto al processo antinaturalistico che Marx cita fin dagli esordi della sua riflessione antropologica:

Citazione di: Marx-Engels - Manifesto del partito comunista - 1848Capitolo I - BORGHESI E PROLETARI
La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotta di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o
con la rovina comune delle classi in lotta.

Processo storico che ha ben poco da spartire con l'evoluzione naturale.

Il perno centrale della teoria marxista è l'alienazione manu militari di risorse naturali e tempo di vita dei soccombenti. Alienazione che assume aspetti ancora meno naturalistici nell'ideologia e tecnoscienza delle classi dominanti.

In ragione di ciò non è possibile stabilire alcuna continuità evolutiva, nemmeno di tipo antropologico, tra capitalismo e comunismo, perché il primo si regge sul principio di alienazione che il secondo intende nullificare. In tale nullificazione si svolge tutta la teoresi marxiana, che si limita a prendere dal capitalismo, così come dai poemi omerici, ciò che è antropologicamente riutilizzabile anche in una società di umani liberiati dalle catene della loro storia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Green Demetr. Citandoti : "Ma l'essere uomo in quanto razionale tende a ordinare il suo habitat naturale. Tenta cioè di ridurre l'entropia del suo ambiente".



Mettiamoci d'accordo : l'uomo tende a mettere "ordine" nella natura in cui vive immerso o tende a farlo all'interno dell'ambiente umano (cioè di ambito soggettivo ed immensamente più ristretto rispetto all'interezza della natura) ??.



Arcisicuramente la realtà riguarda la seconda interpretazione delle due.



Anzitutto il concetto di ordine è quanto di più umanamente relativo si possa concepire. Infatti esso rappresenta escogitazione unicamente umana e per di più completamente interpretabile (anche attraverso prassi del tutto opposte tra di loro!).




Al di fuori dei nostri crani...................non esiste alcun ordine od ordinamento ! Infatti l'uomo si dà da fare per cercare di diminuire l'entropia derivante dai propri atti ma (poveri beoti che siamo !) ma qualsiasi cosa si faccia è noto che non può che far invece aumentare continuamente la diffusione entropica dell'energia all'interno dell'universo.




Lo saprai benissimo che una delle fonti del surriscaldamento del Pianeta è imputabile alla pazzesca diffusione di ciò che dovrebbe rinfrescare gli ambienti UMANI (condizionatori e frigoriferi), no?.




Curioso come noi si stia assistendo ad una specie di "roulette russa" che abbiamo "scelto" di inaugurare e che non sappiamo se ci farà sue vittime : da una parte cerchiamo di fare in modo - attraverso il "progresso" e "l'ordine umanamente interpretato" - che tutti abbiano da mangiare e che nessuno muoia.....................dall'altra parte non sappiamo sino a quale punto potrà spingerci il nostro egoistico concetto di progresso...................prima di raggiungere il punto di non-ritorno (a noi perfettamente ignoto) oltre il quale gli equilibri del VERO "ORDINE" NATURALE si romperanno AD ESCLISIVO DANNO DEL NOSTRO PRETESO "ORDINE". Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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