Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?

Aperto da Donalduck, 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM

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Loris Bagnara

Citazione di: sgiombo il 22 Aprile 2016, 13:24:23 PM
@ Loris Bagnara

Fra l' altro "da humeiano" non posso non respingere categoricamente l' affermazione della validità assoluta del principio di causalità proposta dall' esoterismo.

L.B.: E sarei io l'irrazionalista? ;) 

Loris Bagnara ha scrtto:

Possibile che non ci si chieda mai per quale motivo esistono le leggi fisiche? Perché la realtà non è un semplice caos, privo di leggi e di forma? Perché la realtà è intelligibile?
Come si fa allora a dubitare che l'universo è intelligenza, quando è la scienza stessa a scoprire che non c'è un angolo dell'universo dove non esista un ordine?

Rispondo:

La realtà (secondo me la sola realtà materiale naturale, almeno per molti aspetti identificabile con la cartesiana res extensa e nettamente separata -trascendente- dal pensiero, la res cogitans) si può assumere indimostrabilmente (Hume) divenire secondo leggi universali e costanti, non essere un semplice caos, privo di leggi e di forma e dunque essere scientificamente conoscibile.
La domanda del perché di queste sue caratteristiche (se reali, cosa indimostrabile) secondo me é mal posta, non ha senso.
[...]
Secondo me ci sono tre possibili impostazioni filosofiche:
1) la realtà è mentale, e la materia ne è una proiezione
2) la realtà è materiale e la mente è una sua proprietà
3) la realtà materiale e quella mentale coesistono, trascendenti l'una rispetto all'altra.
Io sono per la 1, tu Sgiombo per la 3.
Tutte sono indimostrabili, e possono essere giudicate solo per la loro capacità di dare risposte senza cadere in contraddizioni.

Lo stesso Cartesio si era accorto di un'enorme difficoltà nella sua visione duale, e cioè: come fa la mente a interagire con il corpo, e viceversa? Come fa un atto di volontà dell'individuo, a produrre il movimento del suo braccio, ad esempio?
Se è vero che la res cogitans e la res extensa sono trascendenti l'una rispetto all'altra, non possono logicamente interagire.
Cartesio aveva proposto la ghiandola pineale come punto di incontro delle due realtà, ma il problema non è nel dove, ma nel come.
Per risolvere questo problema sorse la corrente di pensiero dell'occasionalismo (Malebranche, ad esempio). La soluzione era la seguente: era Dio stesso a garantire il perfetto accordo fra corpo e mente. L'uomo ha soltanto l'illusione di essere l'artefice del suo movimento, perché in realtà è Dio stesso a prendersi la briga di muovergli il braccio.
Io trovo a dir poco raccapricciante questa soluzione, ma non mi pare che ne siano uscite altre.
Tu che ne pensi?

Infine, chiudo con un sorriso. Per l'ennesima volta mi sento dire (non solo da te, ma in generale in tutti i forum che frequento) che le domande che pongo sono "mal poste". Ma come, possibile che proprio le questioni fondamentali siano sempre "domande mal poste"?
A me sinceramente non frega nulla di come l'arto si sia trasformato in ala, o di come si sia formato il sole etc. Sono tutte questioni secondarie.
Le questioni vere sono: perché esiste qualcosa anziché niente? Perché c'è ordine anziché caos? Perché c'è vita anziché non-vita? E perché ci sono io?  :(

green demetr

#61
@ Loris Bagnara

Guarda io sono in disaccordo con Sgiombo, ma per lo meno, leggo quanto scrive e intendo.

Ti hanno già spiegato che la differenza genomica tra un scimpanzè e un uomo è intorno all'uno per cento, per non parlare del maiale che è sotto l'uno per cento.

E ancora tu qui a dire che non si capisce il soma....ma BASTA!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Loris Bagnara

Citazione di: green demetr il 22 Aprile 2016, 19:34:27 PM
@ Loris Bagnara

Guarda io sono in disaccordo con Sgiombo, ma per lo meno, leggo quanto scrive e intendo.

Ti hanno già spiegato che la differenza genomica tra un scimpanzè e un uomo è intorno all'uno per cento, per non parlare del maiale che è sotto l'uno per cento.

E ancora tu qui a dire che non si capisce il soma....ma BASTA!
Quello che ho chiesto non è ancora stato detto in questo forum. Leggi meglio i post.
Se conosci la risposta, hai perso una buona occasione per farcela sapere.

Donalduck

Green Demetr ha scritto:
CitazioneIncuriosito cercando su google ho ottenuto questo risultato.
Le scienze.it
Si parla di Cluster e di organizzazione "sociale" delle cellule.
Dunque come immaginavo le prove sensibili ci sono di già, almeno per quanto riguarda il punto 1.
Ho letto l'articolo che citi. Non capisco in base a cosa sostieni che "provi" qualcosa a proposito del "punto1", ossia che provi la possibilità che una combinazione delle mutazioni genetiche e della "selezione naturale" sia in grado di generare la gran varietà delle forme di vita che conosciamo a partire dagli organismi più semplici conosciuti.
Quello che l'esperimento prova è che in determinate condizioni (generate scientemente dagli sperimentatori) delle cellule formano degli aggregati (cluster) nei quali alcune cellule si riproducono e altre muoiono, o meglio si suicidano mediante un processo chiamato apoptosi. E anche che si verifica una sorte di riproduzione multicellulare attraverso il distacco di gruppi di cellule.
Ma non c'è (almeno nell'articolo) alcuna spiegazione del perché, sotto l'azione di quali agenti causali, alcune cellule si riproducono e altre si suicidano. Quindi anche questa forma estremamente rudimentale di "organizzazione" rimane avvolta nel mistero.
Comunque sia, siamo lontani anni luce da qualsiasi forma di organizzazione, specializzazione coordinata e cooperazione.
Potrebbe essere considerata un indizio (e non una prova) un esperimento in cui, in opportune condizioni create in laboratorio ma corrispondenti a condizioni possibili senza un intervento umano, delle cellule non solo si aggragassero, ma cominciassero  a diffenziarsi nelle funzioni, a scambiarsi informazioni e a collaborare tra loro.
Ma, attenzione, non basterebbe certo l'osservazione del fenomeno, bisognerebbe anche provare che il fenomeno segue necessariamente dalle condizioni iniziali (che, ripeto, devono essere possibili anche senza intervento umano) e dall'azione delle forze conosciute (e in qualche modo misurabili) agenti nel sistema.

Colgo l'occasione per notare che nell'articolo si parla di "emergere di alcuni tratti distintivi della cooperazione". La frase rimanda a un termine assai problematico (uno di quei termini usati da certi operatori scientifici per far finta di conoscere qualcosa appiccicandogli un'etichetta), quallo di qualità emergente. Di cosa si tratta? Il suo uso a proposito della coscienza è forse l'esempio più chiaro. I biologi notano che in organismi con un grado di complessità e organizzazione elevati "compare" il fenomeno della coscienza. Questa coscienza da alcuni, in modo totalmente arbitrario, viene considerato un "effetto collaterale" privo di "capacità d'agire", riservata, chissà perché alle sole forze del "modello standard". Il termine ha la non evidente implicazione (nel contesto in cui viene utilizzato) che il fenomeno così etichettato non è altro che la conseguenza, accidentale o no, ma comunque derivante meccanicamente da altri fenomeni guidati dalle solite "forze cieche". E assai spesso il termine viene utilizzato per mascherare l'assoluta ignoranza sulla natura e il funzionamento di certi fenomeni, e la totale arbitrarietà del considerarli conseguenze (e non magari cause) di altri fenomeni che ricadono nel "rassicurante" (perché illusoriamente "conosciuto") mondo del riduzionismo materialista.
In sostanza parlare di emergenza di caratteri o fenomeni finisce col sottointendere (senza affermarlo ma dandolo per scontato) che questi sono determinati meccanicisticamente da fenomeni che non mettono in gioco altro che le "forze cieche".

Cosi, se confrontiamo olismo e riduzionismo, mentre un punto di vista olistico sostiene che un sistema organizzato non è riducibile alla somma delle sue parti, il riduzionista sostiene che l'organizzazione è una qualità emergente di un sistema complesso (riducibile alla somma delle sue parti), pretendendo di risolvere il problema con giochi di parole senza significato, che non rendono conto minimamente del perché l'"emersione" avvenga e di come un sistema si crei e come divenga complesso.
Così, la tesi riduzionista sulla vita si può esprimere dicendo che "La vita è una qualità emergente di un sistema complesso", che in sostanza è equivalente a dire che a vita è qualcosa la cui origine e natura è del tutto sconosciuta, ma facendo finta di saperla lunga...

green demetr

@DONALDUCK E A @LORIS BAGNARA

Il perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).

Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Andando con procedimenti logici per cui dovremmo aprire 3d specifici, alla vessata questio del circolo ermeneutico.(dove la domanda va all'infinito indietro di un grado).
La cosa bizzarra è che non vi accorgete che state chiedeno questioni che non sono dello stesso grado veritativo del reale. Un conto è il veritativo tra laboratorio e reale, che ha nome scienza, e un conto, è il veritativo del discorso.
Se io chiedessi la veritatività del circolo ermeneutico al reale, sarei un pazzo, in quanto il reale non ci risponde.
La veritatività del discorso scientifico invece risiede nella sua ideologia (Scientismo), non mi interessa qui dire se sia olista o riduttivista (infatti, in entrambi i casi, nella scienza si tratta solo di mezzi di argomentazione, non di pratica).
Se voi (non so se vi conoscete, o se avete lo stesso problema) indicate la questione della prassi come non veritativa, è solo perchè la vostra ideologia o ragiona per contrasto, scetticismo, o semplicemete si nasconde dietro l'omertà, dichiarandosi strategia pur di non mostrarsi (e subire i medesimi attacchi ideologici delle parti opposte o antagoniste).
Nell'attesa che siate voi a decidere se siate scettici o di altra ideologia.

A me non rimane che trarre l'ultimo ragionamento possibile allo stato delle cose.

E cioè il vostro continuo e mi permetto di dire ottuso (non) argomentare, risiede nel fatto che non avete la benchè minima idea di come funzioniono le pratiche della scienza.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: anthonyi il 22 Aprile 2016, 17:37:09 PMAnthonyi ha scritto:

Quando io parlo di finalismo io mi riferisco a leggi astratte, non a comportamenti e credo di essere formalmente coerente, ti spiego perché.
La relatività di Einstein E=mC2 è una formula vera perché gli esperimenti fatti la dimostrano, non perché questa legge è scritta su un qualche supporto fisico, essa è cioè, per definizione astratta, immateriale. Allo stesso modo una legge finalistica immateriale può essere accettata se confermata da tanti fatti reali.
Il principio universale che unifica le due categorie di leggi è il Rasoio di Occam, il principio cioè per il quale un'argomentazione è tanto più vera quanto più riesce a spiegare fenomeni reali usando il numero minimo di argomenti.
Banalizzare poi i residui non spiegati che la legge di Darwin lascia nella specie umana come marginali mi sembra inaccettabile.
Naturalmente la specie umana ha sviluppato, in quanto animale dominatore del territorio, una forte spinta alla violenza. Tale spinta, tutt'oggi risulta sostanzialmente annichilita e questo è inspiegabile sulla base della logica Darwiniana.
La natura sociale della specie umana ha predisposto la stessa, per ragioni di equilibrio interno alla comunità, ad accettare e costruire rigorosi rapporti di autorità. Tale predisposizione studiata per i primati in generale e anche per l'uomo, contrasta con quei meccanismi culturali che hanno prodotto la democrazia e più in generale l'idea che noi uomini siamo tutti uguali.
Non violenza ed uguaglianza sono i fondamenti della nostra società moderna, ma contrastano(non posso dilungarmi c'è comunque un paper esaustivo al riguardo https://www.academia.edu/20428344/Il_disegno_della_civilt%C3%A0 ) con le leggi evoluzionistiche.
Preciso che con concetti come culturale o sociale io intendo sintetizzare qualcosa che non per questo è spiegato, l'uso è, cioè, puramente tautologico, per cui non interpretare le mie descrizioni come spiegazioni di qualcosa che oggi non è spiegabile.


Rispondo:

La relatività speciale (che non si limita all' equazione di trasformazione massa/energia) è un fatto verificabile e verificato, certo; ipotizzato e non letto ovviamente su nessun supporto fisico (prima che Einstein ci pensasse e lo pubblicasse su una rivista scientifica) e sottoposto appunto a verifica empirica.
Invece una "legge fisica finalistica immateriale" potrebbe essere accettata se confermata da fatti reali; ma così non è.
Ma mentre un comportamento finalistico, come gran parte dell' agire umano e una parte minore dell'agire animale, è compatibile, anche il linea teorica o ipotetica, con la conoscenza scientifica purché non ne violi il (presupposto necessariamente; e indimostrabile: Hume!) divenire ordinato secondo concatenazioni causali espresse da leggi causali (per lo meno probabilistiche; e infatti se ne hanno molteplici conferme empiriche), una "legge finalistica" non capisco come potrebbe essere compatibile, anche in linea teorica o ipotetica, con siffatto modo causale di divenire della natura materiale (e infatti non se ne vede traccia da nessuna parte).
 
Il rasoio di Ockam è un principio razionalistico per il quale è preferibile un' ipotesi (o una teoria da confermare empiricamente, per lo meno se appena possibile) implicante un minor numero di asserzioni indimostrate rispetto a un' altra che ne implichi un numero maggiore, ma non afferma affatto che la prima è necessariamente vera e che la seconda necessariamente falsa; è (anche) un principio euristico, che può guidare (preferibilmente, da un punto di vista razionalistico) la ricerca, ma non ne determina affatto necessariamente l' esito né in positivo, né in negativo (in linea di principio potrebbe anche darsi che la verifica empirica falsifichi una teoria più "economica" e non un' altra più "dispendiosa".
 
Quanto ai veri o presunti "residui non spiegati" che la "legge di Darwin" lascerebbe nell' evoluzione della specie umana (e di qualsiasi altra specie), ribadisco la mia indisponibilità a discuterne: in particolare per i pregiudizi apparentemente insuperabili che "il fronte antidarwiniano" ha dimostrato e continuamente dimostra di coltivare pervicacemente, oltre che in generale per l' eccessiva distanza delle rispettive posizioni che rende praticamente impossibile un confronto costruttivo in una sede come questo forum (cose delle quali leggicchiando senza impegno qua e là altri interventi mi convinco sempre di più).
E se qualcuno si ostina a ritenere illusoriamente che questo dimostri l' infondatezza della moderna scienza biologica, non so proprio cosa farci: porterò pazienza! Sarebbe come se qualcuno che non sa quasi nulla della storia dell' Impero Romano pretendesse che gli venisse narrata per filo e per segno -in un forum telematico!- per credere che l' impero romano sia esistito per una quindicina di secoli, contando anche quello d' Oriente).
 
Faccio finta di non aver letto che la "forte spinta (naturale?) alla violenza nella specie umana" sarebbe stata "oggi totalmente annichilita" (dalla cultura?); e che "Non violenza ed uguaglianza" sarebbero "i fondamenti della nostra società moderna", ma "contrasterebbero con le leggi evoluzionistiche".



Green Demetr ha scritto:

Ora non ho tempo/voglia di controllare (se è ancora così, parlo di 10 anni fa) la questione del motore interattivo tra genoma e ambiente: rimango all'impasse che non era un fenomeno chimico (non almeno direttamente, benchè osservabile come tale, infatti mancavano i fattori di scatenamento: semplicemente ad un certo punto il citoplasma "si apre" a contatto con enzimi, mi sembra, ma quale siano le informazioni tra enzima e citoplasma scambiate questo rimane un mistero), e quindi dovendosi trattare di un fenomeno fisico, richiama possibilità tecniche di controllo atomico che non so se siamo ancora in grado di fare.

Se qualcuno corregge, magari tu Sgiombo, se avete letto qualcosa di simile, o di nuovo, grazie.

Rispondo:

In realtà è empiricamente provato che la sintesi delle proteine per interazione genoma-ambiente (innanzitutto intracellulare) e la sua regolazione (diversificata nei diversi tessuti e nelle diverse circostanze) avviene per meccanismi puramente fisico-chimici (interazioni enzimatiche), in parecchi casi ben conosciute dettagliatamente nei particolari.
  
Ma non esageriamo; ognuno di noi ha interessi diversi e credo che non sia dovere di nessuno (che non sia un ricercatore di professione) leggere di scienza almeno ogni due mesi.
 


Loris Bagnara
ha scritto:

(Sgiombo afferma che) Fra l' altro "da humeiano" non posso non respingere categoricamente l' affermazione della validità assoluta del principio di causalità proposta dall' esoterismo.L.B.: E sarei io l'irrazionalista?

Rispondo:

Beh, mi sembra evidente che chi crede "assolutamente valido" un principio indimostrato (e indimostrabile) sia molto più irrazionalista di chi si rende conto della sua infondatezza, del suo non essere dimostrato (né dimostrabile); e casomai si comporta come se ne avesse certezza, come fanno tutte le persona sane di mente (la stragrande maggioranza delle quali ne ha effettivamente infondata, irrazionale certezza).
 
 

Loris Bagnara ha scritto:

Secondo me ci sono tre possibili impostazioni filosofiche:
1) la realtà è mentale, e la materia ne è una proiezione
2) la realtà è materiale e la mente è una sua proprietà
3) la realtà materiale e quella mentale coesistono, trascendenti l'una rispetto all'altra.
Io sono per la 1, tu Sgiombo per la 3.
Tutte sono indimostrabili, e possono essere giudicate solo per la loro capacità di dare risposte senza cadere in contraddizioni.

Rispondo:

Sono sostanzialmente d' accordo.
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:

Lo stesso Cartesio si era accorto di un'enorme difficoltà nella sua visione duale, e cioè: come fa la mente a interagire con il corpo, e viceversa? Come fa un atto di volontà dell'individuo, a produrre il movimento del suo braccio, ad esempio?
Se è vero che la res cogitans e la res extensa sono trascendenti l'una rispetto all'altra, non possono logicamente interagire.
Cartesio aveva proposto la ghiandola pineale come punto di incontro delle due realtà, ma il problema non è nel dove, ma nel come.
Per risolvere questo problema sorse la corrente di pensiero dell'occasionalismo (Malebranche, ad esempio). La soluzione era la seguente: era Dio stesso a garantire il perfetto accordo fra corpo e mente. L'uomo ha soltanto l'illusione di essere l'artefice del suo movimento, perché in realtà è Dio stesso a prendersi la briga di muovergli il braccio.
Io trovo a dir poco raccapricciante questa soluzione, ma non mi pare che ne siano uscite altre.
Tu che ne pensi?

Rispondo:

Non trovo "raccapricciante" l' occasionalismo" ma solo falso (c' è ben di peggio nella storia della filosofia!).

Spinoza ha teorizzato che un' unica sostanza (divina) si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti in divenire "per così dire (sono parole mie, non di Spinoza; e ti prego di tener conto che per forza di cose, oltre che per limiti miei personali,  "sto lavorando grossolanamente di accetta"; mentre Baruch era "un virtuoso del bisturi") parallelo, di pari passo su diversi piani o in diversi ambiti del reale incomunicanti ma reciprocamente correlati"; e che due di questi attributi sono le cartesiane res extensa e res cogitans.
Salvo applicare da parte mia il rasoio di Ockam agli altri infinti -2 attributi, lo trovo molto convincente.
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
 
Infine, chiudo con un sorriso. Per l'ennesima volta mi sento dire (non solo da te, ma in generale in tutti i forum che frequento) che le domande che pongo sono "mal poste". Ma come, possibile che proprio le questioni fondamentali siano sempre "domande mal poste"?
A me sinceramente non frega nulla di come l'arto si sia trasformato in ala, o di come si sia formato il sole etc. Sono tutte questioni secondarie.
Le questioni vere sono: perché esiste qualcosa anziché niente? Perché c'è ordine anziché caos? Perché c'è vita anziché non-vita? E perché ci sono io?  

Rispondo:

Credo di averti già risposto nel precedente intervento che qui critichi.

Donalduck

#66
Green Demertr ha scitto:
CitazioneIl perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).
Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Peccato, finora c'era un barlume di logica in quello che scrivevi, ora siamo scivolati nell'irrazionalità pura.
Mi tocca tornare all'ABC, ma a quanto pare è necessario.
La scienza non si limita affatto a descrivere come accadono i fenomeni, ma si occupa soprattutto di scoprire le relazioni tra i fenomeni, soprattutto quelle di causa ed effetto.
E chiaro che chiunque può descrivere un corpo che cade, e come cade, ma la scienza spiega la caduta come l'azione della forza di gravità su corpi dotati di massa.
Nel caso specifico, non la scienza, ma una corrente pseudoscientifica della biologia, ritiene che la causa di fenomeni osservati (dall'aggregazione e organizzazione di cellule in cluster all'incredibilmente complessa organizzazione e funzionalità degli esseri viventi più evoluti) sia l'azione di forze cieche (nel caso dell'evoluzione, combinata con la selezione naturale, anch'essa comunque risultante dalle stesse forze cieche).
E' questo che è assolutamente gratuito e arbitrario e non ha traccia di dimostrazione alcuna. Per dimostrare anche solo la possibilità non basta certo mostrare che il fenomeno accade (e chi ne dubita?) ma bisogna ricostruire tutta la catena di relazioni causa-effetto (e naturalmente tutti i diversi fenomeni legati da queste relazioni) che portano, prima di tutto dalla materia inanimata a un essere vivente, poi da un essere vivente unicellulare a un organismo complesso, il tutto sempre soltanto sotto l'azione di forze cieche che agiscono sulla base di leggi "meccaniche" e fisse.
Se ti decidessi a riflettere seriamente, ti potresti forse rendere conto dell'enorme differenza che c'è tra descrivere come accadono i fenomeni e attribuire cause fantasiose, arbitrarie e inverosimili agli stessi, per poi sostenere spavaldamente che sono "fatti" (non i fenomeni, ma le relazioni di causalità).
Per quanto riguarda l'"agente intelligente" (senza attributi di sorta, se non quelli dell'intelligenza per come la conosciamo: capacità di ordinare e organizzare, di conseguire un fine, eccetera), ribadisco che, posto che non abbiamo nessuna certezza, resta l'unica ipotesi razionale allo stato attuale delle conoscenze, l'unica che permette almeno di immaginare una sequenza di fenomeni legati tra loro da relazioni definibili, che possano portare ai fenomeni che osserviamo.
Ma bisogna anche riconoscere che siamo in un territorio al limite delle possibilità del pensiero che, non dimentichiamo, è soltanto un sistema di simboli (e il linguaggio, sua manifestazione, è un serpente che si morde la coda) e che non ha alcuna possibilità di raggiungere nessuna "causa ultima" o "verità ultima". Son cose che gli scienziati seri evitano di trattare, se non togliendosi il cappello dello scienziato e mettendosi quello del filosofo o del semplice pensatore (almeno finché la scienza non avrà, se mai potrà avere, i mezzi per andare al di là dei suoi limiti).

maral

Perdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?

Loris Bagnara

Ho insistito più volte sulla necessità di mettere alla prova matematicamente la plausibilità del neodarwinismo e dell'evo-devo.
Ho trovato che esiste un indirizzo di ricerca che dovrebbe fare al caso, ed è quello che si occupa di algoritmi genetici applicati alla biologia. C'è qualcuno di voi che conosce qualche risultato interessante in questo campo, a conferma o a smentita delle teorie suddette?
Io non ho nessuna mia teoria da difendere, e nessun pregiudizio su neodarwinismo e evo-devo: sono apertissimo a farle mie, purché se ne dimostri la plausibilità statistica.

Citazione di: green demetr il 22 Aprile 2016, 21:42:09 PM
@DONALDUCK E A @LORIS BAGNARA

Il perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).

Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Andando con procedimenti logici per cui dovremmo aprire 3d specifici, alla vessata questio del circolo ermeneutico.(dove la domanda va all'infinito indietro di un grado).
La cosa bizzarra è che non vi accorgete che state chiedeno questioni che non sono dello stesso grado veritativo del reale. Un conto è il veritativo tra laboratorio e reale, che ha nome scienza, e un conto, è il veritativo del discorso.
Se io chiedessi la veritatività del circolo ermeneutico al reale, sarei un pazzo, in quanto il reale non ci risponde.
La veritatività del discorso scientifico invece risiede nella sua ideologia (Scientismo), non mi interessa qui dire se sia olista o riduttivista (infatti, in entrambi i casi, nella scienza si tratta solo di mezzi di argomentazione, non di pratica).
Se voi (non so se vi conoscete, o se avete lo stesso problema) indicate la questione della prassi come non veritativa, è solo perchè la vostra ideologia o ragiona per contrasto, scetticismo, o semplicemete si nasconde dietro l'omertà, dichiarandosi strategia pur di non mostrarsi (e subire i medesimi attacchi ideologici delle parti opposte o antagoniste).
Nell'attesa che siate voi a decidere se siate scettici o di altra ideologia.

A me non rimane che trarre l'ultimo ragionamento possibile allo stato delle cose.

E cioè il vostro continuo e mi permetto di dire ottuso (non) argomentare, risiede nel fatto che non avete la benchè minima idea di come funzioniono le pratiche della scienza.
Il post di green demetr mi lascia esterrefatto. Ringrazio Donalduck (non ci conosciamo personalmente) per avergli già risposto nel merito, anche se mi rendo sempre più conto che l'impresa è disperata.
"Ottuso (non) argomentare" ? Sono state presentate chili di argomentazioni che in gran parte sono state semplicemente ignorate.
in ogni caso, green demetr, quando scrivi fa almeno lo sforzo di renderti comprensibile: non so se per un tuo difetto di pensiero o di linguaggio, è veramente difficile, a volte, ricavare un senso dai tuoi post.

Loris Bagnara

Sgiombo ha scritto:
CitazioneSpinoza ha teorizzato che un' unica sostanza (divina) si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti in divenire "per così dire (sono parole mie, non di Spinoza; e ti prego di tener conto che per forza di cose, oltre che per limiti miei personali,  "sto lavorando grossolanamente di accetta"; mentre Baruch era "un virtuoso del bisturi") parallelo, di pari passo su diversi piani o in diversi ambiti del reale incomunicanti ma reciprocamente correlati"; e che due di questi attributi sono le cartesiane res extensa e res cogitans.
Salvo applicare da parte mia il rasoio di Ockam agli altri infinti -2 attributi, lo trovo molto convincente.
Premetto che non intendo esporre una critica esterna, ma fare solo un ragionamento sulla coerenza interna di quanto sopra riportato.

A) Si afferma l'esistenza di "un'unica sostanza divina". Parola chiave: unica.
B) Poi si dice che questa sostanza "si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti". Parola chiave: trascendenti.
Le due affermazioni non stanno insieme.
Se si afferma che la realtà è unica, la molteplicità della manifestazione è illusoria e non sussiste trascendenza di una parte rispetto all'altra.
Se si afferma invece che esistono realtà trascendenti, allora non sussiste una realtà ultima unica.

Poi osservo che, sostanzialmente, anche questa soluzione derivata da Spinoza non si discosta dall'occasionalismo: è pur sempre Dio a farsi garante della coerenza reciproca degli infiniti attributi trascendenti.

Infine, osservo questo. Se si giunge ad ammettere l'esistenza di un'unica sostanza divina, per quale motivo essere poi fermamente contrari a qualunque idea di un ordine universale, di un finalismo, di un "disegno intelligente"? Che ci sta a fare la sostanza divina? A quel punto si può fare tranquillamente a meno di tale ipotesi. Tutto sommato, mi parrebbe più coerente (ma non la condivido) l'ipotesi secondo cui esiste solo la materia, e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia.

maral ha scritto:
CitazionePerdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?
Riporto queste parole di maral, ma mi richiamo in generale a tutta la diatriba in corso fra razionalisti e irrazionalisti.
Ha poco senso una discussione in questi termini. In primo luogo perché occorrerebbe prima intendersi sul significato delle parole stesse, poiché probabilmente ciascuno di noi intende il razionale e l'irrazionale un po' diversamente dagli altri. E poi, oltre al significato, c'è il connotato: spesso il termine "irrazionalista" viene lanciato in senso dispregiativo, come se tale qualifica dovesse inficiare la qualità di quel pensiero. In verità qualcuno potrebbe perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista, e in certi periodi storici è stato proprio così.
Quindi lasciamo stare quella diatriba e andiamo al nocciolo della questione, che secondo me sta come segue.

Se siamo su questo forum vuol dire che tutti siamo interessati alla verità, no?
E credo che siamo tutti d'accordo che la scienza (intesa in senso tradizionale) può indagare solo in parte la Verità; cioè, esistono parti della Verità che la scienza può illuminare solo debolmente oppure per nulla.
Quindi, esistono due porzioni della Verità: una accessibile alla scienza, l'altra no.

Ora, i ricercatori della Verità (cioè tutti noi) si dividono in due categorie: quelli che si limitano alla prima porzione, e quelli che aspirano a tutta la Verità. Tutto qui. L'unica differenza vera è che i secondi hanno necessità di un senso, di un perché; i primi no, i primi questa esigenza non la sentono.
E' chiaro che i secondi, per coronare le proprie aspirazioni, dovranno utilizzare altri strumenti, che non sono quelli propri della scienza; ma non si può fare diversamente, se si vuole illuminare tutta la Verità.

Non c'è nulla di male in questa divisione. Ognuno si comporta e pensa sulla base di quello che sente nel suo intimo.
Tuttavia, accade spesso che i primi, quelli che restano nei confini illuminati dalla scienza, si costruiscono dei paradigmi mentali in base quali qualunque domanda che miri a indagare la porzione della verità nascosta, "è mal posta", "è priva di senso" ecc. Quando semplicemente è che a tale domanda essi non sanno dare risposta con i propri strumenti. Dovrebbero semplicemente dire: "non so rispondere". O anche: "questa parte della Verità non mi interessa".

Io credo che la finezza di un intelletto si vede ancor più nella capacità di sentire l'urgenza di certe domande, di dubitare, che nella capacità di dare risposte.

Donalduck

#70
Citazione di: maral il 23 Aprile 2016, 12:48:07 PM
Perdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?
Innanzi tutto, cosa significa "scientificamente razionale"? Io ho parlato di razionalità, e la razionalità non è certo un'invenzione della scienza, casomai ne è alla base, ma la scienza non esaurisce di certo il campo di applicazione della razionalità.
Quello che sostengo è che di fronte a un fenomeno come la vita, non è affatto ragionevole supporre che sia originata e governata da forze cieche. E' evidente che non esiste nessun fatto che lo attesti in nessun modo, e neppure qualche debole indizio. L'intelligenza è qualcosa che conosciamo bene e che agisce a stretto contatto con la coscienza, e sappiamo che ha tutte le caratteristiche necessarie per ordinare, organizzare, congegnare, pianificare, adattarsi alle più diverse situazioni, eccetera. Che è quello che fa ogni essere vivente, in misura maggiore o minore, con diversi gradi di complessità ed efficacia. E la struttura stessa e il funzionamento degli esseri viventi si spiegano benissimo presupponendo una progettazione e un'attività ordinatrice di un "agente X", mentre le forze cieche non c'è modo di stabilire (e neppure di creare una rappresentazione immaginaria coerente e verosimile) come possano portare quest'ordine e questa organizzazione.

In base a che cosa dovremmo decidere che l'intelligenza è "nostra", come dici tu? Quello che so è che l'intelligenza agisce nello scenario della mia coscienza, e dall'osservazione degli altri uomini posso constatare che il loro comportamento ha tutte le caratteristiche dell'intelligenza, e che quindi anche loro hanno una coscienza simile alla mia in cui agisce l'intelligenza.
Dal momento che nella struttura stessa degli esseri viventi (ma a ben guardare nell'esistenza nel suo insieme) vedo ordine, coordinamento, cooperazione, progettazione (cos'altro è il codice genetico?), insomma tutte le caratteristiche dell'intelligenza, ritengo che l'unica ipotesi razionale, per analogia (che è uno degli strumenti più potenti del pensiero), è formulare l'ipotesi che l'intelligenza sia una componente intrinseca dell'esistenza, che si manifesta nella nostra coscienza individuale, ma non ha affato lì la sua sede, cosi come la forza di gravità si manifesta in tutti i corpi dotati di massa, ma non ha "sede" in nessuno di essi.

Ma tutto questo campo speculativo, secondo me sta totalmente al di fuori delle possibilità di indagine della scienza per come è attualmente, con i mezzi che usa, che permettono solo di osservare i fenomeni "materiali" in maniera sempre più dettagliata e di stabilire relazioni tra i fenomeni, relazioni di cui può riusciere a formulare delle "leggi" in base alle quali si possono predire, anche con molta precisione, gli esiti e le conseguenze di queste relazioni.
Ogni volta che gli scienziati cercano di andare al di là di questo, sconfinano nella metafisica, in un campo in cui sono anche, in generale, piuttosto sprovveduti.
Quindi non sto presentando nessuna "teoria scientifica" del "disegno intelligente", dico solo che l'ipotesi che l'intelligenza sia un fattore intrinseco e fondante dell'esistenza, pur lasciando intatti misteri che sono al di là delle possibilità del pensiero stesso, prospetta uno scenario concepibile, anche se in maniera molto parziale, mentre quella riduzionista, meccanicistica, non è neanche lontanamente rappresentabile razionalmente.
E dico che comunque siamo in un campo in cui la scienza non ha i mezzi né la competenza per indagare e farebbe assai bene a non pronunciarsi in alcun modo, soprattutto non infilando fantasie ascientifiche in mezzo a discipline che invece sono scientifiche a tutti gli effetti, utilizzando il prestigio della scienza per dare un'illusoria credibilità a vere e proprie "bufale pseudoscientifiche" alimentate unicamente da fattori ideologici e irrazionali.

Ma c'è di più. Un equivoco estremamente diffuso è che i concetti della scienza e quelli della "realtà" ossia della nostra esperienza cosciente, siano la stessa cosa. Il "peso", per fare un esempio, in fisica non è altro che un'entità concettuale (definita sulla base della massa e della forza gravitazionale) che serve a definire delle relazioni tra entità teoriche che, applicate a "corrispondenti" entità percettive della nostra realtà sensibile "funzionano" e rendono possibili predizioni esatte e azioni efficaci. Ma non è affatto lo stesso concetto che esprime la nostra esperienza del peso. La "curvatura dello spaziotempo" di Einstein è un esempio ancora migliore. Rispetto alla nostra realtà sensibile è un termine senza significato, mentre nell'ambito della teoria ha un significato e un ruolo precisi. Ma questo non significa affatto che "in realtà" ci sia un spaziotempo che possa curvarsi, anche perché lo stesso fenomeno potrebbe essere interpretato (sempre a partire da relazioni matematiche nell'ambito di una teoria) in un altro modo. Del resto questo concetto di "curvatura" è semplicemente un'altra interpretazione della "forza di gravità" che, dal punto di vista immaginativo (e analogico rispetto alla geometria), può render meglio ragione di recenti rilevazioni in disaccordo con le leggi di Newton.
E anche dire che "in realtà" quello che a noi appare come un oggetto tangibile è "solo" la combinazione di molecole, che a loro volta sono "solo"degli insiemi di atomi, e così via, ritengo che sia una mistificazione. In base a che cosa dovremmo considerare gli atomi o le  sue particelle "più reali" di un sasso o un bicchiere di cui sono componenti? Sono entrambi reali, con "modalità di realtà" differenti, così come è ancora differente la "modalità di realtà" dei pensieri e delle emozioni. Come del resto il "peso" della fisica e il "peso" della nostra realtà sensibile sono entrambi "reali", ma con modalità diverse.
Invece troppo spesso, certi scienziati fanno confusione tra teorie scientifiche e "realtà" (una supposta "unica realtà"). E la divulgazione scientifica si dà molto da fare per fissare nella mente di ognuno questo travisamento, che induce tra l'altro a pensare che la scienza possa penetrare effettivamente i "misteri dell'esistenza".

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 17:05:09 PMLoris Bagnara ha scritto:
Premetto che non intendo esporre una critica esterna, ma fare solo un ragionamento sulla coerenza interna di quanto sopra riportato.

A) Si afferma l'esistenza di "un'unica sostanza divina". Parola chiave: unica.
B) Poi si dice che questa sostanza "si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti". Parola chiave: trascendenti.
Le due affermazioni non stanno insieme.
Se si afferma che la realtà è unica, la molteplicità della manifestazione è illusoria e non sussiste trascendenza di una parte rispetto all'altra.
Se si afferma invece che esistono realtà trascendenti, allora non sussiste una realtà ultima unica.

Poi osservo che, sostanzialmente, anche questa soluzione derivata da Spinoza non si discosta dall'occasionalismo: è pur sempre Dio a farsi garante della coerenza reciproca degli infiniti attributi trascendenti.

Infine, osservo questo. Se si giunge ad ammettere l'esistenza di un'unica sostanza divina, per quale motivo essere poi fermamente contrari a qualunque idea di un ordine universale, di un finalismo, di un "disegno intelligente"? Che ci sta a fare la sostanza divina? A quel punto si può fare tranquillamente a meno di tale ipotesi. Tutto sommato, mi parrebbe più coerente (ma non la condivido) l'ipotesi secondo cui esiste solo la materia, e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia.


Rispondo:


Scrivendo che Salvo applicare da parte mia il rasoio di Ockam agli altri infinti -2 attributi, lo trovo molto convincente sono forse stato un po' troppo nel vago e "filospinoziano" e ti ringrazio perché con il tuo intervento mi dai occasione di fare alcune precisazioni.
Pur essendo comunque un grande ammiratore (fra gli altri) di Spinoza, non sono uno "spinoziano".
Lo citavo, insieme agli occasionalisti, semplicemente per segnalare che una considerazione della res extensa e della res cogitans come reciprocamente separate e trascendenti e divenienti per così dire "in parallelo" su diversi piani (diversamente dal classico dualismo "interazionista" cartesiano facilmente criticato da tutti i monisti materialisti) non è qualcosa di strampalato e ha illustri precedenti.
Per me esiste una realtà "in sé", non percepibile e non percepita, che spiega la relativa costanza del divenire dei fenomeni (realtà sensibile) mentali e materiali malgrado la loro discontinuità (posso evocare ripetutamente svariati ricordi a distanza di tempo nel quale non ci penso; e a tratti –sonno senza sogni- il divenire dei miei pensieri e delle mie sensazioni materiali è per così dire "sospeso"; ma tra una pausa e l' altra ha un andamento discretamente coerente: come una casa che vedo discontinuamente perché c' davanti una torre, ma c' é una continuità reale fra le due parti che percepisco come reciprocamente discontinue); nonché l' intersoggettività (indimostrabile ma necessaria alla conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali. Per me questa realtà congetturabile ma non sensibile (alla greca e a la Kant "noumeno") non è certo "divina" (è noumenica –congetturabile- e non fenomenica –apparente, sensibile- "e basta").
Ma anche il panteismo di Spinoza e il carattere "divino" della sua "sostanza" (col quale non concordo) sono qualcosa di ben diverso di una banale credenza in un Dio personale e dotato di libero arbitrio (libero arbitrio da lui fra l' altro chiaramente e fermamente negato).
 
Venendo a ciò che più conta, non vedo come non possano stare insieme con perfetta coerenza una realtà congetturabile e non scientifica unica e due realtà apparenti o sensibili, fenomeniche, tutte reciprocamente trascendenti e in divenire "parallelo", biunivocamente corrispondente "su diversi piani".
Se si afferma che la realtà in sè è unica, la molteplicità della manifestazioni fenomeniche è un' altra "cosa", ha una "valenza ontologica" semplicemente diversa (apparente ma non necessariamente illusoria; certamente non nel senso di "non reale": è casomai diversamente reale) e può benissimo e anzi deve sussistere trascendenza dell' una rispetto alle altre.
Se si afferma che esistono (ambiti della) realtà reciprocamente trascendenti (uno congetturabile, reale in sé, e altri due sensibili, reali in quanto insiemi e successioni di fenomeni coscienti), allora sussiste una realtà unica ("ultima"? Non saprei che senso dare a questo aggettivo) costituita dalla (o intesa come) loro somma o insieme o "congiunzione" o "totalità".

In ogni momento si dà una certa determinata "situazione " del noumeno (per dirlo a la kant); e in una certa parte del tempo di esistenza del noumeno si dà una certa determinata situazione dei fenomeni materiali e solo quella e/o una una certa determinata situazione dei fenomeni mentali e di coscienza  e solo quella.

 
Più precisamente ritengo che:
a)   si danno in determinate condizioni determinate "entità noumeniche" a ciascuna delle quali corrisponde un' esperienza fenomenica cosciente;
b)   allorché una di tali "entità noumeniche correlate a coscienze" si trova in certi determinati rapporti con altre "entità noumeniche" da essa diverse nella rispettiva esperienza cosciente accadono certe determinate sensazioni materiali e solo quelle.
c)   allorché una di tali "entità noumeniche correlate a coscienze" si trova in certi determinati rapporti con se stessa nella rispettiva esperienza cosciente accadono certe determinate sensazioni mentali o di pensiero e solo quelle.
Così, allorché per esempio tu vedi (di fatto solo potenzialmente o indirettamente tramite l' imaging neurologico) il mio cervello in un certo determinato stato funzionale l' entità noumenica che corrisponde ad esso è in una certa determinata relazione con l' entità noumenica corrispondente al tuo cervello tale che nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente correlata ad essa (la "tua") accadono le sensazioni materiali costituenti il mio cervello in tale determinato stato funzionale e viceversa; stato funzionale al quale corrisponde quel certo determinato stato della mia esperienza cosciente che corrisponde biunivocamente al certo determinato stato dell' entità noumenica corrispondente cui è correlata (che corrisponde a sua volta alla percezione del mio cervello nell' ambito della tua esperienza cosciente): determinate sensazioni materiali se questa entità noumenica (in pratica io, la mia persona) è in determinati rapporti con enti ed eventi noumenici da essa diversa e/o determinate sensazioni mentali se questa entità noumenica (in pratica io, la mia persona) è in determinati rapporti con se stessa.
 
Naturalmente scrivo queste precisazioni senza la pretesa di convincere te o chiunque altro (anche se non si sa mai...), ma per illustrare a te e agli altri le mie convinzioni, nella speranza che le troviate almeno interessanti, oltre che con l' intento di dimostrartene la intrinseca coerenza.

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 16:22:00 PM
Ho insistito più volte sulla necessità di mettere alla prova matematicamente la plausibilità del neodarwinismo e dell'evo-devo.
Ho trovato che esiste un indirizzo di ricerca che dovrebbe fare al caso, ed è quello che si occupa di algoritmi genetici applicati alla biologia. C'è qualcuno di voi che conosce qualche risultato interessante in questo campo, a conferma o a smentita delle teorie suddette?
Io non ho nessuna mia teoria da difendere, e nessun pregiudizio su neodarwinismo e evo-devo: sono apertissimo a farle mie, purché se ne dimostri la plausibilità statistica.
E' da tempo che la biologia utilizza gli algoritmi genetici sia per costruire modelli matematici che possano dare ragione del manifestarsi di organismi viventi, sia della loro evoluzione. Ne trovi un esempio proprio nell'articolo di McShea che ho linkato nella seconda pagina di questa discussione, se avrai la pazienza di leggerlo. McShea introduce gli esempi computazionali su cui verte la dimostrazione della sua "Zero force evolutionary law" con queste parole:
Citazione di: McSheaThe following examples are drawn from the Evolving Cellular Automata (EvCA) project (Hordijk 2013). In this project, a genetic algorithm was used to evolve cellular automata to perform a non-trivial computational task, with the aim of answering the general question: ''How does evolution produce sophisticated emergent computation in systems composed of simple components limited to local
interactions?

Personalmente comunque sono molto scettico sul fatto di poter costruire modelli matematici coerenti a quanto accade biologicamente in natura: penso che la biologia non è e non sarà mai ascrivibile alla fisica e men che meno alla matematica, se non in ambiti assai circoscritti.
Un'applicazione molto interessante del calcolo statistico in biologia è stata fatta da Cavalli Sforza per studiare i fenomeni in cui l'evoluzione è determinata essenzialmente dalla sola deriva genetica (quindi da una casualità pura che è, proprio in quanto rispondente alle sole leggi statistiche del caso, ben più facilmente modellabile di un'evoluzione determinata dalla selezione)

Citazione di: Loris Bagnara Riporto queste parole di maral, ma mi richiamo in generale a tutta la diatriba in corso fra razionalisti e irrazionalisti.
Ha poco senso una discussione in questi termini. In primo luogo perché occorrerebbe prima intendersi sul significato delle parole stesse, poiché probabilmente ciascuno di noi intende il razionale e l'irrazionale un po' diversamente dagli altri. E poi, oltre al significato, c'è il connotato: spesso il termine "irrazionalista" viene lanciato in senso dispregiativo, come se tale qualifica dovesse inficiare la qualità di quel pensiero. In verità qualcuno potrebbe perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista, e in certi periodi storici è stato proprio così.
Veramente ho risposto citando la razionalità scientifica in risposta a Donalduck che in risposta a Green tira in ballo l'irrazionalità scrivendo:
CitazionePeccato, finora c'era un barlume di logica in quello che scrivevi, ora siamo scivolati nell'irrazionalità pura
. Evidentemente il tema dei disegni e dei progettisti intelligenti suscita sempre le più irrazionali passioni, sia da parte di chi li sostiene che di chi li nega e portano facilmente a scambiarsi reciproche accuse di irrazionalità.
La razionalità sta nel vedere la correttezza delle implicazioni di un discorso e vale per qualsiasi discorso argomentativo, ma non serve per stabilire i presupposti da cui muovono i discorsi. Razionalmente si può solo verificare se questi presupposti non sono negati dalle conclusioni a cui si perviene.
Sono perfettamente d'accordo sul fatto che la verità scientifica non è (né intende essere, se effettivamente è scientifica e non prodotto di un fideismo scientifico) alcuna verità assoluta. Esistono molti modi di presentarsi della verità, ma non ha senso tentare di dare una parvenza scientifica a presupposti che non possono appartenere alla scienza (e in questo sta l'irrazionale), esattamente come non ha senso razionale il contrario. E il disegno (e ancor meno il disegnatore) intelligente è uno di questi casi.

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 17:05:09 PMHa poco senso una discussione in questi termini. In primo luogo perché occorrerebbe prima intendersi sul significato delle parole stesse, poiché probabilmente ciascuno di noi intende il razionale e l'irrazionale un po' diversamente dagli altri. E poi, oltre al significato, c'è il connotato: spesso il termine "irrazionalista" viene lanciato in senso dispregiativo, come se tale qualifica dovesse inficiare la qualità di quel pensiero. In verità qualcuno potrebbe perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista, e in certi periodi storici è stato proprio così.
Quindi lasciamo stare quella diatriba e andiamo al nocciolo della questione, che secondo me sta come segue.

Se siamo su questo forum vuol dire che tutti siamo interessati alla verità, no?
E credo che siamo tutti d'accordo che la scienza (intesa in senso tradizionale) può indagare solo in parte la Verità; cioè, esistono parti della Verità che la scienza può illuminare solo debolmente oppure per nulla.
Quindi, esistono due porzioni della Verità: una accessibile alla scienza, l'altra no.

Ora, i ricercatori della Verità (cioè tutti noi) si dividono in due categorie: quelli che si limitano alla prima porzione, e quelli che aspirano a tutta la Verità. Tutto qui. L'unica differenza vera è che i secondi hanno necessità di un senso, di un perché; i primi no, i primi questa esigenza non la sentono.
E' chiaro che i secondi, per coronare le proprie aspirazioni, dovranno utilizzare altri strumenti, che non sono quelli propri della scienza; ma non si può fare diversamente, se si vuole illuminare tutta la Verità.

Non c'è nulla di male in questa divisione. Ognuno si comporta e pensa sulla base di quello che sente nel suo intimo.
Tuttavia, accade spesso che i primi, quelli che restano nei confini illuminati dalla scienza, si costruiscono dei paradigmi mentali in base quali qualunque domanda che miri a indagare la porzione della verità nascosta, "è mal posta", "è priva di senso" ecc. Quando semplicemente è che a tale domanda essi non sanno dare risposta con i propri strumenti. Dovrebbero semplicemente dire: "non so rispondere". O anche: "questa parte della Verità non mi interessa".

Io credo che la finezza di un intelletto si vede ancor più nella capacità di sentire l'urgenza di certe domande, di dubitare, che nella capacità di dare risposte.

Si, qualcuno potrebbe del tutto legittimamente perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista; e invece qualcun altro potrebbe del tutto legittimamente perfino andare fiero di esprimere un pensiero razionalista, anziché "angustamente" irrazionalista: questo secondo é il mo caso.

Personalmente sono convinto che la scienza può indagare solo in parte la verità; cioè, esistono verità che la scienza non può illuminare per nulla (quelle relative alla "res extensa" e ai suoi rapporti con la "res cogitans").
Ma c' é anche chi (a mio parere sbagliando) ritiene che esistano solo le verità scientifiche (ovvero che siano possibili soltanto le conoscenze vere ottenute dalla scienza).

Non mi pare di avere costruito nessun artificioso "paradigma mentale" per dimostrare che la domanda (che anche io mi sono posto a mio tempo) sul "perché la realtà (in toto) sia così com' é (includente, fra l' altro, la mia esistenza) e non diversamente (magari costituita da nulla) é mal posta, senza senso; ma invece solo un sobrio e pacato ragionamento che lo dimostra (nella risposta # 54 di questa discussione). Puoi naturalmente non condividerlo, ma non negarne l' esistenza, né attribuirmi il fatto di non sapervi rispondere (sia pure magari scorrettamente, erroneamente secondo il tuo parere ) o il fatto che "questa parte della verità non mi interessa".

Io credo che la finezza di un intelletto si vede a volte ancor più nella capacità di sentire l'urgenza di certe domande, di dubitare, che nella capacità di dare risposte, altre volte nella capacità di dare risposte corrette.

maral

Citazione di: Donalduck il 23 Aprile 2016, 17:26:17 PM
Innanzi tutto, cosa significa "scientificamente razionale"? Io ho parlato di razionalità, e la razionalità non è certo un'invenzione della scienza, casomai ne è alla base, ma la scienza non esaurisce di certo il campo di applicazione della razionalità.
Significa coerente con i presupposti di un discorso scientifico, che tu poi dica che i presupposti del discorso scientifico attuale non ti convincono, che li trovi assurdi, nulla lo vieta, ma non è rimanendo su un piano scientifico che puoi farlo.
CitazioneQuello che sostengo è che di fronte a un fenomeno come la vita, non è affatto ragionevole supporre che sia originata e governata da forze cieche. E' evidente che non esiste nessun fatto che lo attesti in nessun modo, e neppure qualche debole indizio. L'intelligenza è qualcosa che conosciamo bene e che agisce a stretto contatto con la coscienza, e sappiamo che ha tutte le caratteristiche necessarie per ordinare, organizzare, congegnare, pianificare, adattarsi alle più diverse situazioni, eccetera. Che è quello che fa ogni essere vivente, in misura maggiore o minore, con diversi gradi di complessità ed efficacia. E la struttura stessa e il funzionamento degli esseri viventi si spiegano benissimo presupponendo una progettazione e un'attività ordinatrice di un "agente X", mentre le forze cieche non c'è modo di stabilire (e neppure di creare una rappresentazione immaginaria coerente e verosimile) come possano portare quest'ordine e questa organizzazione.
Ma non è vero che le forze cieche del caso non determinino alcun ordine. La deriva genetica in campo evolutivo ne è la dimostrazione. Anzi, è assai più difficile prevedere un ordine quando ad agire sono delle intenzionalità e soprattutto quando queste intenzionalità manco si riescono a definire: dove sta l'intenzione finale dell'evoluzione naturale? In che cosa consiste il suo progetto?
Sei libero di credere in un intelligenza cosmica che fa funzionare le cose, la materia, ma dove la collochi? Come la spieghi?
Tu dici il puro meccanicismo non è razionale e hai ragione, ma non è razionale solo in quanto lo si vuole assolutizzare, prendendolo a spiegazione di qualsiasi cosa.
L'intelligenza a che cosa corrisponde: a una capacità adattativa, a un saper funzionare in relazione ai contesti mantenendo integra la propria entità organizzativa? Capisci che quello che sembra tanto evidente e banale (c'è intelligenza nel cosmo) non lo è per nulla? E anche che di quello che percepisci con i tuoi sensi non è assolutamente facile dare ragione? Che pure quell'ordine, cooperazione, progettazione non implica per nulla l'esistenza di una volontà ordinante, progettante e cooperante? C'è solo l'uomo, per quanto ne sappiamo, che in tutto l'universo può progettare e può parlare di progetti o di mancanza di progetti e la natura include l'uomo, ma non lo include come suo progetto, ma come un semplice evento naturale. 


CitazioneInvece troppo spesso, certi scienziati fanno confusione tra teorie scientifiche e "realtà" (una supposta "unica realtà"). E la divulgazione scientifica si dà molto da fare per fissare nella mente di ognuno questo travisamento, che induce tra l'altro a pensare che la scienza possa penetrare effettivamente i "misteri dell'esistenza".
Senza dubbio, ma questo non toglie che la scienza ci mostra una via di accesso alla realtà, una via di accesso che non è unica ed esaustiva, ma a cui non possiamo comunque rinunciarvi, ma al contrario, va compresa per quanto ci mostra.

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