Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?

Aperto da Donalduck, 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM

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Loris Bagnara

Cito Maral:

" L'origine della vita, quanto il suo fine, devono restare fuori dall'evoluzionismo scientifico, sia perché per parlare dell'origine della vita occorrerebbe innanzitutto avere chiare le idee di in che cosa consista il vivente (e quindi necessariamente assumere una posizione filosofica o mitologica a seconda dei gusti) [...] la stessa posizione che vede nelle forme viventi una sorta di aumento progressivo di complessità si dimostra fallace e piena di pregiudizi [...] e non c'è alcuna storia evolutiva continua verso una complessità continuamente crescente, quanto piuttosto una serie di adattamenti più o meno temporaneamente riusciti ai contesti ambientali che via via si sono venuti a produrre, con alternanze di periodi progresso e regresso che azzera i precedenti progressi. "
 
In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.

a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.

b) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?

green demetr

Loris Bagnara, Sgiombo, Cvc

Ci terrei a precisare che non è tanto le ipotesi avanzate dal mondo dei ricercatori a lasciarmi perplesso, quanto il fatto di prendere quelle ipotesi come acclarate certezze.

A partire persino dalle datazioni: basterebbe leggere, anche di sfuggita, come ho fatto, alcuni libri sulle tecnice gli strumente dell'archeologia per moltiplicare le questioni.

Non sarà certo l'opinione di un filosofo a cambiare le carte in tavola.

Rimane il fatto che noi non possiamo tornare indietro nel tempo, perciò per lo meno cerchiamo di avere bene in mente, che ciò che chiamiamo scientifico, è perlomeno in fase di "completamento".

Poi vedo una certa sicurezza nel sentir parlare di evoluzione.

Ci rendiamo conto che il destino della terra è per lo meno in questione? Meteoriti, eslposioni solari, e tutto il ciarpame della filmografia catastrofica, si basa su altrettante teorie, che andrebbero decisamente a inficiare qualsiasi ipotesi di evoluzione.

O forse vogliamo dire che il meteorite, le macchie solari etc... hanno una valenza "ontica" inferiore a quella umana?

Come al solito vediamo il mondo con la vecchie concezione antropocentrica, come se l'uomo fosse l'inveramento di un disegno voluto da Dio.

Questione, per quanto difficilmente intendibile da voi, eminentemente politica.

Basterebbe anche solo la storia degli archeologi interdetti dal sistema.

Quelli che presuppongono dilatazioni temporali assai superiori di quelle previste ancora oggi.
(e che fanno i pugni con le recenti scoperte archeologiche, che bypassano la censura, che proiettano l'era degli ominidi ancora più indietro).

In una sola parola il problema vero, è quale è quella forma di energia che va a creare quella complessità che noi chiamiamo vita: mi dispiace contraddirvi, ma da Bitbol ad alcuni interlocutori di Severino (non ricordo il nome) la risposta è che non ne abbiamo ancora oggi la ben che minima idea o indizio.

In questo senso lasciamo a fare alla scienza tutte le prove necessarie a ottenere qualche primo indizio al riguardo, e poi possiamo tornare a parlare di evoluzione con delle prove "scientifiche".

Per essere ancora più chiaro il Big Bang per me rimane ancora una teoria: fin quando la scienza fisica non mi dirà che abbiamo coperto almeno il 100% dello spettro del probabile scibile da loro ipotizzato, non mi fido del 20% a cui ad oggi siamo. (forse un pò di più dopo la scoperta della particella di Dio, avvenuta dopo la conferenza a cui, per chi fosse interessato alludo).

Sino ad allora smettiamo di dire che è scienza quella che altro non è che una teoria una ipotesi.

(ovviamente con i dovuti distinguo rispetto a qualsiasi ciarpame new age, nella teoria abbiamo ancora tanto da "leggere" e discutere).

Per esempio l'ipotesi della mano che libera il lobo prefrontale dell'uomo di Leroi, allora assai in auge, è oggi totalmente dimenticata.
Come dire questioni di "storiografia",
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 19 Aprile 2016, 12:43:53 PM
In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.

a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.
Certo, ma se vogliamo studiarne l'origine doppiamo definire chiaramente cosa è vivo e cosa no, sembra facile dire che un gatto è vivo, mentre un sasso non lo è, ma sappiamo bene che ci sono stati tempi in cui si pensava che il vento, il cielo, la terra, il fuoco fossero vivi. Era solo perché chi li considerava tali era stupido, privo della nostra sapienza che vede le cose per come sono? Possiamo considerare la crescita di un cristallo qualcosa di almeno simile a un processo vivente? Ma anche in ambito specificatamente scientifico ci sono fenomeni di confine difficili da definire: un virus ad esempio è vivo? Come considerare un organismo che alterna periodi di vita a periodi in cui le sue funzioni vitali sono completamente sospese a seconda delle condizioni ambientali? E' vivo o no in quelle sospensioni? Un ecosistema è in se stesso vivo o solo perché in esso vi sono organismi vivi? Il pianeta terra possiamo consideralo vivo? Sì o no perché?
E' proprio cercando di capire questi fenomeni ambigui, di confine, che credo possiamo capire cosa intendiamo con il voler dare una spiegazione del vivente: cos'è quel vivente che vogliamo spiegare e magari persino riprodurre? Una protocellula? Un protobatterio? un programma al computer che li simula?
Citazioneb) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?
Purtroppo le cose più palesi sono quelle su cui ci si inganna più facilmente, ritenendole semplici ed evidenti. Pur essendo gli organismi monocellulari comunque sistemi complessi, si può ritenere che i pluricellulari siano di una complessità di ordine superiore, ma perché mai si dovrebbero intendere gli artropodi, i cordati, i vertebrati, i mammiferi via via più complessi? Un mammifero nel Cambriano, per quanto complesso, sarebbe fuori posto ancor più di un trilobita oggi. L'uomo, lo ammetto, aggiunge un ulteriore grado di complessità con la coscienza: ma siamo sicuri che questa costituisca un vantaggio e non un pericolo di prematura estinzione? Ancora oggi gli organismi che hanno di gran lunga più successo su scala planetaria sono quelli che consideriamo più semplici: i batteri e ci saranno batteri ben dopo l'estinzione di ogni essere umano e mi sa pure di ogni mammifero.
La complessità è un tema molto dibattuto e forse irrisolvibile sul piano biologico oggettivo. Gould la descrive nella sua teoria degli equilibri punteggiati: c'è un livello minimo di complessità, presso il quale si stabilisce un massimo di popolazione vivente, al di sotto di questo livello non si può scendere. Alcuni organismi (pochi) possono determinare forme più complesse, ma possono tornare indietro? Le grandi catastrofi naturali, le estinzioni di massa, ci insegnano che ciclicamente il livello di complessità del vivente si riduce e tutto ricomincia, facilitato dal vuoto che si determina, fino alla prossima estinzione.
McShea stabilisce una definizione di complessità basata sul numero delle parti e osserva come questa complessità tenda ad aumentare a un massimo in assenza di selezione naturale (zero force level), ma la selezione naturale che poi interviene tende a semplificare, cancella il ridondante, il troppo complesso, dunque nel tempo la complessità si riduce fino a un livello più o meno stabile, inferiore a quello iniziale http://sites.duke.edu/mcshearesearch/files/2014/03/Complexity-by-Subtraction-McSheaHordijk.pdf
Proprio come quel moscerino con 4 ali nel video con Minelli che presenta l'Evo devo, un moscerino con 4 ali è di sicuro più complesso di uno con solo due, ma non funziona e la selezione naturale, purtroppo per lui, punisce tragicamente la sua complessità.

Loris Bagnara

#18
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2016, 22:36:24 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Risposta di Sgiombo:

[...]
Rilevo soltanto l' evidente erroneità dell' affermazione che "Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo".
No, non è giusto: ci sono tantissime altre possibilità. Infatti il "darwinismo", se così lo vogliamo chiamare, prevede la comparsa e la conservazione di un' infinità di aspetti della vita che non si rivelano affatto di alcuna "utilità" e talora sono anzi di una qualche limitata "dannosità" per la sopravvivenza, come le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi, per citare solo due fra le più eclatanti: la selezione naturale non salva solo i "campionissimi alla Eddy Merckx", ma si limita solo a fare estinguere i "superbrocchi alla Dani Pedrosa" (chiedo scusa ad eventuali suoi ammiratori, ma in dieci anni in Honda ufficiale non ha ancora vinto un mondiale e non ne vincerà mai: sarebbe più giusto che anche altri potessero cimentarsi con una moto supercompetitiva per dimostrare se e quanto valgono); brocchi solo un po' meno penosi possono benissimo sopravvivere.
[...]
Quanto al II Principio della termodinamica, non afferma affatto che "l'entropia è necessariamente in aumento", ma solo che in un sistema termodinamicamente isolato l' entropia complessiva non diminuisce e tende ad aumentare; ma questo non impedisce affatto che in "sottosistemi" reciprocamente non isolati di esso diminuisca, alla semplice condizione di una crescita uguale o maggiore fuori da tali "sottosistemi" non isolati ma pur sempre dentro il "sistema complessivamente isolato".

La moderna teoria dell'evoluzione, come sviluppo dell'originario darwinismo, è una costruzione che si basa su due pilastri:
a) alterazioni casuali degli organismi viventi (mutazioni, evo-devo e quant'altro)
b) selezione naturale di quelle casuali alterazioni che si rivelano di qualche utilità.
Con le tue parole che ho qui riportato, Sgiombo, in pratica annulli o depotenzi molto il secondo pilastro della teoria, la selezione naturale. Resterebbe praticamente in piedi, secondo le tue parole, solo il primo pilastro, quello delle alterazioni casuali.
Ora, l'implicazione di ciò è che l'evoluzione degli organismi viventi, dalla fase pre-biotica della Terra fino all'attuale complessità della vita, sarebbe dovuta in pratica ad una sola forza: il caso.
Qualcuno trova convincente questa spiegazione?
E' scientifica questa spiegazione?
E' utile una spiegazione che non spiega nulla, ma che ci dice semplicemente che ciò che è accaduto, è accaduto per caso?
Perché nessuno di noi accetterebbe l'idea che un dipinto come la Gioconda possa essere creato da un computer che getta a caso dei pixel, mentre molti trovano accettabile e anzi ragionevole che la natura riesca a farlo?

E' qui che si inserisce il mio accenno all'entropia. E' certamente vero quello che dici, Sgiombo, sull'entropia e sui sistemi chiusi, ma quel che intendevo dire è che è molto difficile spiegare, solo con l'azione del caso, la potente inversione di direzione dell'entropia che i sistemi biologici presentano. Occorrerebbe una trattazione quantitativa della questione, che ovviamente qui non possiamo fare, quindi lasciamo pur cadere l'argomento entropia.

Nello specifico, Sgiombo, hai citato le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi. Credo di poterti correggere dicendo che la natura tollera anche cose che non servono più, o che sono limitatamente dannose; ma non che permette la comparsa di aspetti che sono inutili o dannosi. Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile; in seguito potrebbe non essere più così utile, e tuttavia non essere penalizzato dalla natura. Ma solo in seguito.
Del resto, non sto inventando nulla. Riporto un breve stralcio da wikipedia:
Citazione[...] la selezione viene vista come il meccanismo di controllo a posteriori sulle varianti casuali che possono manifestarsi all'interno di una popolazione. La selezione viene considerata come meccanismo base, non sostituibile dai meccanismi scoperti successivamente (deriva genetica,flusso genico, effetto fondatore, ecc.)


Loris Bagnara

Citazione di: maral il 19 Aprile 2016, 15:33:09 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 19 Aprile 2016, 12:43:53 PM[...]
Certo, ma se vogliamo studiarne l'origine doppiamo definire chiaramente cosa è vivo e cosa no, sembra facile dire che un gatto è vivo,  [...]
Purtroppo le cose più palesi sono quelle su cui ci si inganna più facilmente, ritenendole semplici ed evidenti.
[...]
Sono d'accordo sul primo punto: definire cos'è la vita.
Secondo me il punto di partenza è semplicemente questo: la scienza dovrebbe accettare l'idea che la vita (e la coscienza con essa) è un aspetto fondamentale dell'universo, non un accidente. Se non si parte da questo, non si capirà mai cos'è la vita (e la coscienza).

Quanto al secondo punto, la complessità, be', solo con un sofisma mi puoi convincere che non c'è stato un aumento di complessità.
Prima non c'era nulla: 0.
Poi è sorta la vita: 1.
Uno è maggiore di zero. Nessun dubbio.
E quanto alla definizione di complessità, io la ricollegherei all'informazione: un organismo biologico è tanto più complesso quanto più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni. Una pura questione di bit.

Loris Bagnara

Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2016, 22:36:24 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Risposta di Sgiombo:
[...]
Peraltro quella del rapporto materia/pensiero o cervello/coscienza è un' altra e veramente interessante questione, che non ha nulla a che vedere con l' evoluzione biologica.
Per me é una questione filosofica, non scientifica, non affatto risolvibile "materialisticamente", cioè pretendendo di ridurre la mente cosciente al cervello).
Collegandola (a mio avviso indebitamente, erroneamente) alla questione dell' evoluzione biologica mi sembra che tu segua quanto proposto da Thomas Nagel in Mente e corpo. Personalmente di questo interessantissimo e acuto filosofo condivido la "pars destruens", cioè appunto la critica del monismo materialistico (del riduzionismo della mente cosciente alla materia cerebrale), ma dissento dalla "pars costruens" e in particolare dalla negazione della biologia scientifica contenuta in questa ultima opera tradotta in italiano.
Ritengo infatti che l' evoluzione biologica sia rilevante nello spiegare la comparsa dei sistemi nervosi (compreso quello umano, e nel suo ambito il cervello) e dei comportamenti che dai sistemi nervosi sono regolati; ma che non abbia nulla da dire sulla coscienza e il pensiero (e dunque anche sull' autocoscienza) per il semplice fatto che il mondo vivente sarebbe così com è e "funzionerebbe così come funziona" anche nel caso gli animali dotati di sistema nervoso non fossero provvisti di coscienza, anche se animali e uomini fossero delle sorta di zombi che si comportano come se fossero coscienti senza realmente esserlo.
I cervelli potrebbero benissimo non essere "accompagnati" dall' esperienza cosciente (e nel caso umano anche autocosciente) e nulla cambierebbe minimamente dal punto di vista della biologia: la materia biologica continuerebbe a divenire così come diviene (gli animali e gli uomini in particolare a comportarsi così come si comportano) dal momento che per la chiusura causale del mondo fisico il loro comportamento è determinato solo e unicamente dai loro cervelli e non affatto dalle loro esperienze coscienti (che secondo me ai loro cervelli non sono affatto riducibili, ma vi coesistono divenendo per così dire "parallelamente" su un piano diverso e non comunicante, trascendente.
Peraltro il corrispondente cerebrale dell' autocoscienza (nell' uomo) è stato diffuso dall' evoluzione biologica innanzitutto perché non è troppo dannoso relativamente alla sopravvivenza e alla riproduzione di chi ne è dotato (la specie umana); e questo basterebbe e avanzerebbe, ma per di più è anche di notevole utilità, consentendo di fare calcoli e previsioni e di prendere decisioni (o meglio: che accadano gli eventi fisiologici cerebrali che a calcoli e previsioni e decisioni coscienti corrispondono ma che potrebbero anche benissimo accadere senza essere accompagnati dalla coscienza di essi e in generale dall' autocoscienza) circa comportamenti futuri che, tenendo conto anche di possibili accadimenti relativamente lontani nel tempo e non immediatamente constatabili al presente, comportano maggiori chances di sopravvivenza e di riproduzione rispetto alla sua assenza.
[...]
E qui invece mi trovo perfettamente d'accordo con te, Sgiombo: la coscienza non ha nulla a che vedere con l'evoluzione biologica.
Io avevo introdotto la questione in implicita polemica con certa scienza riduzionista (affine al darwinismo più grossolano) che pretende di "spiegare" la coscienza come un prodotto dell'attività neuronale.
In realtà la coscienza usa il cervello per interfacciarsi con la realtà fisica, in maniera simile ad una trasmissione televisiva che usa l'apparecchio TV per manifestarsi ai nostri sensi.

Ma facciamo un passo avanti. Se la coscienza non è un prodotto dell'evoluzione biologica, perché la scienza non dovrebbe domandarsi che cos'è la coscienza e da dove viene?
Inoltre: non potremmo pensare che così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo?
Perché non assumere che la coscienza è una proprietà intrinseca del "tessuto" di cui è costituito l'universo?
Perché non ammettere che tutto è coscienza, coscienza che "zampilla" dove determinate strutture fisiche lo consentono (come il corpo umano)?

Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?

sgiombo

Loris Bagnara ha scritto:
[font='Times New Roman', serif]In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.[/font][font='Times New Roman', serif]

a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.[/font]


Rispondo:
Non si può certo pretendere dalla scienza che abbia "da subito" risposte a tutti i problemi: alcuni aspetti della realtà naturale materiale li conosce molto bene, su altri presenta lacune più o meno macroscopiche; non essendo una verità rivelata bensì cercata faticosamente osservando e ragionando, e inoltre non disponendo di poteri "paranormali" non può certo ambire all' onniscienza, men che meno immediata.
Però ha già acquisito risultati notevolissimi che permettono di affermare che l' origine della vita deve essere stato qualcosa di assolutamente naturale, senza interferenze sopra- o extra- naturali; nello studiarla per l' appunto scientificamente, si devono bandire ipotesi "vitalistiche" o "provvidenzialistiche" (che infatti da gran tempo nessuno scienziatio di fatto prende più in considerazione).
Anche perché tutta la scienza si basa sul presupposto (indimostrabile: Hume!) che la realtà naturale materiale diviene ordinatamente in una concatenazione causale di eventi unicamente regolata e determinata da leggi universali e costanti (meccanicistiche o probabilistiche che siano: questo è casomai un'altra questione), senza eccezioni: se non si accetta questa premessa indimostrabile non si fa scienza direi per definizione, trattandosi di una conditio sine qua non (ne siano consapevoli o meno i ricercatori stessi, che non di rado non sono filosoficamente ferrati) della verità delle sue affermazioni.

[font='Times New Roman', serif] [/font]
Loris Bagnara ha scritto[font='Times New Roman', serif]
b) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?
[/font]

[font='Times New Roman', serif] [/font]
Rispondo :
Come ha detto bene Maral (se posso permettermi, senza presunzione: si vede che conosce molto bene Gould!), l' evoluzione della vita in generale procede parimenti dal più semplice al più complesso e dal più complesso al più semplice (per esempio da antenati dotati di vista acutissima si sono evolute specie che abitando in caverne pressocché prive di luce hanno perso quasi completamente la vista e da antenati mobilissimi, agilissimi e vivacissimi si sono evolute specie parassite la cui vita si esaurisce quasi completamente nel "succhiare nutrimento" alle vittime del loro parassitismo.
Naturalmente, poichè la vita non poteva ovviamente che comparire in forme estremamente semplici, le più semplici possibili, le sue prime differenziazioni evolutive non hanno potuto tendere anche alla maggiore semplificazione: più semplice del semplicissimo -superlativo assoluto- non può logicamente darsi; ma la tendenza generale è sempre senza finalità né "direzionalità privilegiata" alcuna, né verso una crescente complessità, né verso una crescente semplicità (cioè é verso entrambe allo stesso modo): se inizialmente di fatto non è potuta procedere verso il più semplice è soltanto perché esisteva un "argine insormontabile" a impedire che la "corrente della vita" si propagasse anche in quella direzione esattamente come nella contraria (quella verso il più complesso).
 
Loris Bagnara ha scritto:
La moderna teoria dell'evoluzione, come sviluppo dell'originario darwinismo, è una costruzione che si basa su due pilastri:
a) alterazioni casuali degli organismi viventi (mutazioni, evo-devo e quant'altro)
b) selezione naturale di quelle casuali alterazioni che si rivelano di qualche utilità.
Con le tue parole che ho qui riportato, Sgiombo, in pratica annulli o depotenzi molto il secondo pilastro della teoria, la selezione naturale. Resterebbe praticamente in piedi, secondo le tue parole, solo il primo pilastro, quello delle alterazioni casuali.


Rispondo:
No, guarda che non annullo o depotenzio proprio niente, anzi! Semplicemente correggo interpretazioni scorrette e false della teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
 
Loris Bagnara ha scritto:
 
E' qui che si inserisce il mio accenno all'entropia. E' certamente vero quello che dici, Sgiombo, sull'entropia e sui sistemi chiusi, ma quel che intendevo dire è che è molto difficile spiegare, solo con l'azione del caso, la potente inversione di direzione dell'entropia che i sistemi biologici presentano. Occorrerebbe una trattazione quantitativa della questione, che ovviamente qui non possiamo fare, quindi lasciamo pur cadere l'argomento entropia.

Rispondo:
Molto semplicemente la biosfera è un "sottosistema termodinamicamente aperto" nel sistema solare, con buona approssimazione considerabile "chiuso": non c' è proprio alcunché di misterioso o inspiegabile o men che meno non convincente nel fatto che l' entropia del primo diminuisca ricevendo energia dal secondo e aumentando almeno altrettanto l' entropia complessiva del secondo: è qualcosa di banalissimo!

(Resto fermo nel rifiuto già motivato in precedenza di prendere in considerazione le negazioni aprioristiche e infondate della teoria scientifica dell' evoluzione biologica; però scusa ma l' affermazione che nell' evoluzione della vita "Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile" è una bufala troppo colossale: qualsiasi novità si conserva purché non sia troppo dannosa perché l' individuo che la presenta possa sopravvivere fino a riprodursi; e infatti la tua citazione di Wikipedia –per quel che può valere- non afferma affatto una simile sciocchezza!).
 
***************

A Green Demetr in gran parte ho già risposto negli ultimi interventi prima di questo: ribadisco che non ritengo proficuamente praticabile in un forum come questo una discussione fra chi accetta la scientificità dell' evoluzione biologica (fra l' altro per me c' è un' abisso fra la fondatezza scientifica dell' evoluzione biologica e la per lo meno scarsa fondatezza -per me- della teoria del "Big bang") e chi pretende di negarla, e che non ho alcuna intenzione di cimentarmici ulteriormente: ognuno ha i suoi interessi che legittimamente coltiva e altri che legittimamente non coltiva).

sgiombo

Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 19:39:12 PME qui invece mi trovo perfettamente d'accordo con te, Sgiombo: la coscienza non ha nulla a che vedere con l'evoluzione biologica.
Io avevo introdotto la questione in implicita polemica con certa scienza riduzionista (affine al darwinismo più grossolano) che pretende di "spiegare" la coscienza come un prodotto dell'attività neuronale.
In realtà la coscienza usa il cervello per interfacciarsi con la realtà fisica, in maniera simile ad una trasmissione televisiva che usa l'apparecchio TV per manifestarsi ai nostri sensi.

Ma facciamo un passo avanti. Se la coscienza non è un prodotto dell'evoluzione biologica, perché la scienza non dovrebbe domandarsi che cos'è la coscienza e da dove viene?
Inoltre: non potremmo pensare che così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo?
Perché non assumere che la coscienza è una proprietà intrinseca del "tessuto" di cui è costituito l'universo?
Perché non ammettere che tutto è coscienza, coscienza che "zampilla" dove determinate strutture fisiche lo consentono (come il corpo umano)?

Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?

Premesso che per me di grossolano l' autentico "darwinismo" non ha nulla, ma di grossolano ci sono solo certe deformazioni e fraintendimenti pseudodarwiniani (in realtà antidarwiniani), discuto molto volentieri sul problema dei rapporti cervello/coscienza (o materia/pensiero).

La metafora della TV non l' ho capita
Per me la coscienza contiene i cervelli (almeno potenzialmente) delle persone e degli animali che si frequentano.
E al divenire dei cervelli (vivi e funzionanti) corrispondono biunivocamente, "per filo e per segno" altrettante esperienze coscienti diverse da quelle degli "osservatori di tali cervelli".

Per me la scienza può e deve porsi il problema del "che cosa sono e da dove vengono" i cervelli i quali con il loro funzionamento dirigono il comportamento degli animali e dell' uomo e corrispondono (in parte del loro funzionamento: esiste anche il sonno senza sogni!) all' esperienza cosciente.
E la teoria dell' evoluzione biologica lo spiega egregiamente.
Invece quello dei rapporti cervello/coscenza é un problema che, coinvolgendo anche la "res cogitans" non misurabile né intersoggettiva, "va oltre", "eccede" la scienza": é un problema letteralmente "metafisico".

Francamente non trovo alcun interesse per l' ipotesi che "così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo".

Per me tutto é coscienza nel senso berkeleyano (ma soprattutto humeiano) che "esse est percipi": sia la materia che il pensiero sono eventi fenomenici coscienti reali unicamente in quanto tali e fin tanto che accadono.
Ma l' universo fisico (l' insieme delle percezioni "res extensa") é ben distino e non comunicante, trascendente (casomai diveniente "parallelamente, in una corrispondenza biunivoca su un diverso piano ontologico") dalla "res cogitans".

Non vedo alcun nesso fra l' affermazione (che condivido) che tutto ciò che possiamo conoscere (per lo meno direttamente, per esperienza diretta é fenomeno, coscienza) e "l' idea [ipotetica] di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo".

Loris Bagnara

CitazioneSgiombo ha scritto:

[...] però scusa ma l' affermazione che nell' evoluzione della vita "Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile" è una bufala troppo colossale: qualsiasi novità si conserva purché non sia troppo dannosa perché l' individuo che la presenta possa sopravvivere fino a riprodursi; e infatti la tua citazione di Wikipedia –per quel che può valere- non afferma affatto una simile sciocchezza!).
Putroppo, Sgiombo, la bufala non l'ho scritta io: se prosegui nella lettura di Wikipedia, alla voce "Selezione naturale", linkata da quella che ho precedentemente riportato, puoi leggere:
CitazioneLa selezione naturale agisce sui fenotipi, favorendo quelli più adatti e conferendo loro un vantaggio sia di sopravvivenza sia riproduttivo. La selezione naturale agisce indistintamente sia sulla componente ereditaria sia su quella non ereditaria dei caratteri, ma è solo sulla prima, vale a dire sul genotipo, che si manifestano i suoi effetti, poiché è solo questa che è trasmessa alla progenie.
Tutto l'articolo di wikipedia conferma ed espande quello che ho riassunto io (banalmente) in poche parole.
E purtroppo in questo articolo non c'è la minima traccia di quello che tu dici, nemmeno come peregrina ipotesi avanzata da qualche scienziato di frontiera: cioè, che la selezione naturale si debba intendere come tolleranza della natura nei confronti delle variazioni non troppo dannose.
Può essere un principio valido in casi circoscritti, può spiegare alcuni aspetti secondari, ma non ha certo validità generale: Darwin non l'ha mai detto, e io non l'ho mai trovato scritto da nessun'altra parte. Lo leggo ora per la prima volta in questo forum.
Tu puoi ritenere valida questa interpretazione, ma sia chiaro che si tratta di una tua personale interpretazione, che non ha il supporto del mondo scientifico.

CitazioneSgiombo ha scritto:

No, guarda che non annullo o depotenzio proprio niente, anzi! Semplicemente correggo interpretazioni scorrette e false della teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
Non basta dichiarare che non depotenzi il meccanismo della selezione naturale, quando sono le tue stesse parole a implicare tale depotenziamento. Mi spiego.
Prendiamo i due criteri di selezione:
a) selezione del più forte (criterio classico)
b) tolleranza nei confronti del non-troppo-disadatto (criterio di Sgiombo)
E' chiaro come il sole che il primo criterio è più restrittivo, più selettivo appunto, e per questo più "costruttiv"o del secondo. Il secondo criterio, meno restrittivo, lascia molto maggiore spazio al caso, e allora sta a te, Sgiombo, dimostrare che con il caso riesci a "costruire" le strutture biologiche che osserviamo.

Ad esempio, tornando al problema citato da Donalduck all'inizio e a cui NESSUNO ha dato ancora una risposta: come si è formata l'ala a partire da un arto? Bene, io chiedo ancora una volta che chi la sa la risposta, la dia. Le alternative sono:
a) l'ala è sorta all'improvviso, da una generazione all'altra, senza passaggi intermedi.
b) l'ala è sorta come modificazione progressiva di un arto, nel corso di numerose generazioni.
Entrambe le possibilità, però, presentano difficoltà enormi.
La prima possibilità si scontra con la gigantesca improbabilità di un simile evento.
La seconda possibilità si scontra con il problema del "né-arto-né-ala" ben descritto da Donalduck, oltre che con l'assoluta mancanza di reperti fossili che documentino la transizione.
Bene, confesso la mia ignoranza. Qualche evoluzionista ortodosso conosce la risposta? Se è così, la scriva, per cortesia, perché farebbe un piacere a me e probabilmente a qualcun altro.

CitazioneSgiombo ha scritto:

[...]  Naturalmente, poichè la vita non poteva ovviamente che comparire in forme estremamente semplici, le più semplici possibili, le sue prime differenziazioni evolutive non hanno potuto tendere anche alla maggiore semplificazione: più semplice del semplicissimo -superlativo assoluto- non può logicamente darsi; [...]
"La vita non poteva che comparire in forme estremamente semplici" e "più semplice del semplicissimo non può logicamente darsi"...
Certo che poteva darsi: la vita poteva semplicemente non comparire. Più semplice di così. L'assenza della vita era la cosa più semplice e naturale che potesse verificarsi. Cosa c'è di più adatto alla vita di una roccia che può resistere milioni o miliardi di anni? Nessun organismo vivente può fare altrettanto. Ad un certo punto il regno minerale ha fatto il salto nel regno vegetale/animale: un gradino immenso, che troppo riduttivamente hai liquidato, Sgiombo, con "la vita non poteva che comparire in forme estremamente semplici".

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 19 Aprile 2016, 16:10:15 PM
Sono d'accordo sul primo punto: definire cos'è la vita.
Secondo me il punto di partenza è semplicemente questo: la scienza dovrebbe accettare l'idea che la vita (e la coscienza con essa) è un aspetto fondamentale dell'universo, non un accidente. Se non si parte da questo, non si capirà mai cos'è la vita (e la coscienza).

Quanto al secondo punto, la complessità, be', solo con un sofisma mi puoi convincere che non c'è stato un aumento di complessità.
Prima non c'era nulla: 0.
Poi è sorta la vita: 1.
Uno è maggiore di zero. Nessun dubbio.
E quanto alla definizione di complessità, io la ricollegherei all'informazione: un organismo biologico è tanto più complesso quanto più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni. Una pura questione di bit.
Definire la vita è tutt'altro ce semplice, c'è sempre qualcosa che non convince in ogni definizione. D'altra parte se non la si definisce come possiamo stabilire che prima di un certo momento non c'era nulla (di vivente). Per chi considera vivo il fuoco questo prima probabilmente non c'è mai stato, non c'è mai stato lo 0.
Inizialmente vivo era considerata qualsiasi cosa in grado di muoversi spontaneamente, poi ci si è aggiunta la proprietà di alimentarsi e riprodursi. Più recentemente, una definizione di vita che mi convince molto, è quella che la intende come l'attività autopoietica di un'unità complessa finalizzata solo alla conservazione biostatica di questa stessa unità. Finché la biostasi ciclica funziona la vita si mantiene, quando cessa di funzionare l'unità vivente si disintegra. C'è chi identifica questa unità con il DNA, ma a mio avviso è un'assunzione troppo riduttiva e arbitraria. Una cosa tuttavia mi pare evidente, non si può parlare di vita senza considerarla dal punto di vista interattivo con l'ambiente: la vita è un adattamento al variare del contesto e ogni condizione di contesto esige forme diverse di complessità (come dice minelli ricordando la frase della Regina Rossa nella fiaba di Alice: evoluzione significa correre continuamente per poter restare dove si è). Se un organismo è tanto più complesso quante più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni, è anche vero che l'aumento di questa complessità non è in genere premiante: il trionfo della forma vivente batterica lo dimostra ampiamente, se è vero che i batteri possiamo considerarli più semplici dei dinosauri, dei mammiferi e dei tanti ominidi andati estinti e penso abbiano prospettive molto migliori dello stesso homo sapiens che, per quanto si consideri al vertice del creato, senza di loro, come ogni altra forma vivente, neanche potrebbe sopravvivere.
Ma è vero La coscienza è un'altra questione fondamentale, che non può prescindere dalla vita, poiché qualsiasi cosa ne diciamo, la si può dire solo dal nostro punto di vista cosciente. Solo noi, esseri coscienti, forse sappiamo di essere vivi, poiché sappiamo di dover morire. Solo la coscienza ammette l'osservatore che è colui che tenta di definire la vita. E la coscienza anch'io non credo che sia riducibile a una semplice attività neuronale, anche se questa attività è strettamente collegata e istituisce una sorta di scambio continuo di informazioni rappresentative tra le cellule del midollo allungato e quelle dell'area corticale, in una sorta di continui rimandi reciproci ove le une stimolano le altre, come in un gioco di specchi continuamente reiterato.

InVerno

C'è anche chi propone di considerare la coscienza come una dimensione, con annesse unità di misura. Non sono particolarmente convinto delle loro argomentazioni, ne degli ambienti dove usualmente questa tesi si presenta.. Tuttavia ammetto che l'ipotesi ha un certo fascino di per se, non risponde alle classiche domande, ma cambia radicalmente come esse sono poste, che male non è.

sgiombo

Loris Bagnara ha scritto:
Putroppo, Sgiombo, la bufala non l'ho scritta io: se prosegui nella lettura di Wikipedia, alla voce "Selezione naturale", linkata da quella che ho precedentemente riportato, puoi leggere:
Citazione
"La selezione naturale agisce sui fenotipi, favorendo quelli più adatti e conferendo loro un vantaggio sia di sopravvivenza sia riproduttivo. La selezione naturale agisce indistintamente sia sulla componente ereditaria sia su quella non ereditaria dei caratteri, ma è solo sulla prima, vale a dire sul genotipo, che si manifestano i suoi effetti, poiché è solo questa che è trasmessa alla progenie".

Rispondo:
Purtroppo, Loris Bagnara, "favorire ciò che é utile" é ben altra cosa dal "favorire ciò che é più adatto" ed entrambe le cose sono ben altro che consentire la riproduzione unicamente di ciò che é utile, eliminanto tutto ciò che non é utile.



Loris Bagnara ha scritto:
Tutto l'articolo di wikipedia conferma ed espande quello che ho riassunto io (banalmente) in poche parole.
E purtroppo in questo articolo non c'è la minima traccia di quello che tu dici, nemmeno come peregrina ipotesi avanzata da qualche scienziato di frontiera: cioè, che la selezione naturale si debba intendere come tolleranza della natura nei confronti delle variazioni non troppo dannose.


Rispondo:
SE é così, allora purtroppo mi dispiace tanto per quell' articolo.



Loris Bagnara ha scritto:
Può essere un principio valido in casi circoscritti, può spiegare alcuni aspetti secondari, ma non ha certo validità generale: Darwin non l'ha mai detto, e io non l'ho mai trovato scritto da nessun'altra parte. Lo leggo ora per la prima volta in questo forum.
Tu puoi ritenere valida questa interpretazione, ma sia chiaro che si tratta di una tua personale interpretazione, che non ha il supporto del mondo scientifico.

Rispondo:
E' un princpio valido universalmente, e Darwin (che oltre a non averlo mai affermato nemmeno l' ha mai negato) non é una sorta di papa infallibile.
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Loris Bagnara ha scritto:
Non basta dichiarare che non depotenzi il meccanismo della selezione naturale, quando sono le tue stesse parole a implicare tale depotenziamento. Mi spiego.
Prendiamo i due criteri di selezione:
a) selezione del più forte (criterio classico)
b) tolleranza nei confronti del non-troppo-disadatto (criterio di Sgiombo)
E' chiaro come il sole che il primo criterio è più restrittivo, più selettivo appunto, e per questo più "costruttiv"o del secondo. Il secondo criterio, meno restrittivo, lascia molto maggiore spazio al caso, e allora sta a te, Sgiombo, dimostrare che con il caso riesci a "costruire" le strutture biologiche che osserviamo.

Rispondo:
Non basta attribuirmi negazioni di aspetti della teoria scientifica della evoluzione biologica quando non li nego affatto.

Il caso e la selezoione naturale spiegano egregiamente l' evoluzione biologica.

°°°°°°°°°

Alle pure e semplici pretese negazioni aprioristiche non argomentate della teoria scientifica della selezione naturale tengo fede al proposito di non rispondere .

Donalduck

Speravo di riuscire ad avviare una discussione seria sul tema in questione, ma non sono stupito dal sostanziale insuccesso, almeno per ora.
Purtroppo il conformismo cieco, in campo scientifico come altrove, è una delle forze più potenti che agiscono a livello individuale e sociale.
Così, il risultato più probabile del mettere in discussione dogmi consolidati, qui confermato, è provocare reazioni isteriche da chi vede contestate le Sacre Scritture, che si concretizzano in post denigratori, pieni di supponente quanto gratuito sarcasmo o addirittura insultanti e comunque privi di qualunque sia pur debole argomento.

Ho detto onestamente quello che penso, né più e né meno, e ho ottenuto in risposta sproloqui supponenti e insulti gratuiti. Ma questo, si sa, è il metodo usato da sempre (in primo luogo dalle religioni) da chi si rifiuta di discutere su dogmi che messi in discussione mostrerebbero tutta la loro inconsistenza: dal momento che non sei minimamente in grado di controbattere, gridi al sacrilegio e rigetti le argomentazioni come talmente assurde da non meritare risposta, sottraendoti a un dibattito che non sapresti sostenere. E, contemporaneamente, scoraggi ogni dubbio in proposito cercando di convincere chi ti ascolta che il metterli in discussione è di per sé segno di ignoranza e stupidità. Ed è principalmente con questi mezzucci squallidi (e fortemente dannosi per la scienza e per il pensiero in generale) che le tesi neodarwiniane che contesto son state tenute artificalmente in vita per tanto tempo e continuano ad essere considerate un pilastro incrollabile della biologia. Emarginando con ogni mezzo, non importa quanto sleale, tutti gli "eretici" (che non sono mai mancati e non mancaro tuttora, e in quantità) per motivi esclusivamente ideologici.

Comunque, steso un velo pietoso sugli interventi da talk-show televisivo (che non meritano una citazione diretta), vedo che la discussione è deviata su altri argomenti non meno interessanti che però sono secondari rispetto alla questione posta e richiederebbero una discussione a parte, soprattutto quello relativo alla coscienza.
Vorrei rinnovare l'invito, se alle volte ci fosse qualche sostenitore delle teorie neodarwiniane capace di discuterne, a prendere in considerazione il mio post iniziale (e i successivi chiarimenti), e a seguire quel filo. Ho messo una varietà di stimoli proprio per dare la possibilità di affrontare l'argomento da diversi fronti. Ad esempio ho chiesto di fornire anche un solo esempio di prova a sostegno della teoria della mutazione-selezione (finora, naturalmente, nessuno ha raccolto l'invito). Oppure sarebbe apprezzabile ribattere in maniera puntuale a qualcuna delle mie argomentazioni (anche su questo fronte, finora, niente di niente).

maral

Citazione di: Donalduck il 20 Aprile 2016, 13:52:00 PM
Ho detto onestamente quello che penso, né più e né meno, e ho ottenuto in risposta sproloqui supponenti e insulti gratuiti... Ed è principalmente con questi mezzucci squallidi (e fortemente dannosi per la scienza e per il pensiero in generale) che le tesi neodarwiniane che contesto son state tenute artificalmente in vita per tanto tempo e continuano ad essere considerate un pilastro incrollabile della biologia. Emarginando con ogni mezzo, non importa quanto sleale, tutti gli "eretici" (che non sono mai mancati e non mancaro tuttora, e in quantità) per motivi esclusivamente ideologici.
Donalduck: a quali insulti ti riferisci? Sei stato personalmente insultato in questa discussione? Se è così segnala dove e quando e il caso sarà valutato dalla moderazione.
Il punto è che una discussione sull'argomento "evoluzione" è retto sempre, da una parte e dall'altra da enormi impostazioni pregiudiziali ed ideologiche e non credo che nemmeno tu ne sia esente, come non ne sono esente io che, tra l'altro, sono sempre stato assai critico sulle tesi degli evoluzionisti (soprattutto quando sul principio della selezione naturale, giusto o sbagliato che sia, si vuole giustificare la pratica della selezione bio-sociale). Ma riconosco che, per essere efficacemente critici occorre conoscere bene il campo in cui ci si muove e invece, molti critici, spesso si muovono a lume di naso, con scarsissima competenza di ciò che vanno a criticare, si fermano sulle posizioni di principio in nome delle quali non si può che litigare.
Ad esempio, lo ripeto ancora, è una balla colossale (e dire che è una balla colossale non è un insulto) che la teoria evolutiva attuale (quella che va per la maggiore) sostenga che l'evoluzione non avviene per sbalzi, è da tempo che anche i darwinisti più convinti non sostengono più questa tesi, dunque non ha alcun senso ormai criticarla, già la scienza evolutiva lo riconosce: l'evoluzione si manifesta per sbalzi nella morfologia dei viventi (sbalzi a cui possono corrispondere limitatissime variazioni genomiche).

Loris Bagnara

#29
Citazione
CitazioneMaral ha scritto:
Se un organismo è tanto più complesso quante più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni, è anche vero che l'aumento di questa complessità non è in genere premiante: il trionfo della forma vivente batterica lo dimostra ampiamente, se è vero che i batteri possiamo considerarli più semplici dei dinosauri, dei mammiferi e dei tanti ominidi andati estinti e penso abbiano prospettive molto migliori dello stesso homo sapiens che, per quanto si consideri al vertice del creato, senza di loro, come ogni altra forma vivente, neanche potrebbe sopravvivere.
Sì, è vero, l'aumento di complessità significa anche aumento della precarietà, della fragilità di quell'organismo.
Ma, mi viene da pensare, questa osservazione complica ancora di più il problema: se è vero che i batteri sono più vincenti degli organismi complessi, che cosa spinge la natura a creare anche forme complesse, che come tali sono molto più improbabili delle forme più semplici?
E, come ho già scritto, che cosa spinge la natura a compiere il salto oltre il regno dei minerali, che sono certamente ancora più semplici e ancora più vincenti dei batteri?

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