Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?

Aperto da Donalduck, 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM

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anthonyi

Loris Bagnara ha scritto:
Ma parliamo anche della coscienza. Che cos'è la realtà della coscienza se non la più colossale sfida alla concezione materialista?
Come si spiega, scientificamente, l'esistenza dell'autocoscienza?
Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo.
Ma, domando io, qual è l'utilità dell'autocoscienza? Non dell'intelligenza, ma dell'autocoscienza.
Anche un computer è intelligente, perché con opportuni algoritmi è in grado di fornire risposte sensate agli stimoli dell'ambiente.
Allora l'uomo potrebbero essere semplicemente un computer biologico, e comportarsi esattamente come si comporta ora: non ne vedremmo la differenza, non ci possiamo accorgere dall'esterno che un "individuo" in realtà non è autocosciente. L'autocoscienza si percepisce solo dall'interno. Non sto dicendo nulla di nuovo, filosofi della mente hanno già detto tutto questo.
Ma, allora, se l'autocoscienza non è necessaria per reagire in maniera intelligente agli stimoli ambientali, perché l'evoluzione darwiniana l'avrebbe premiata, nell'uomo, in maniera così spettacolare?

Concordo perfettamente, quando la nostra intelligenza diventa introspezione, interiorità e non si interessa più delle realtà ambientali, ci rende più deboli sul piano evoluzionistico. Questo è uno dei tanti caratteri umani che è difficile spiegare come prodotti da una selezione naturale.
Ora supponiamo di dare per giusta la teoria Darwiniana per tutte le specie, verrebbe fuori un'eccezione, la specie umana, sarebbe solo da spiegare perché quest'ultima fa eccezione ...

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2016, 10:51:38 AM
maral, all'inizio sembri accettare come legittima l'adozione del postulato dell'agente intelligente.
Poi, evidentemente, qualcosa si ribella dentro di te e scatta il riduzionismo ( ;) ). Infatti, sintetizzando le tue parole conclusive:
- l'esistenza dell'agente intelligente è indimostrabile
- se anche esistesse, non sarebbe esplorabile.
Ergo, l'agente intelligente non esiste. O meglio, mi comporto come se non esistesse. E' questa la conclusione implicita.
Ancora una volta si ricade nella visione che esiste sono ciò che è esplorabile dalla scienza: ciò che non è esplorabile, non esiste. Ma questo sì che è un limite legato all'osservatore: la scienza è uno strumento che l'uomo si è costruito. Se cambia l'osservatore, cambia lo strumento e si allarga o restringe il perimetro del conoscibile. Qual è l'universo di un lombrico? E quale sarebbe l'universo di una creatura ancora più complessa dell'uomo?
Eppure la verità è sempre lì, identica a sé: non può certo allargarsi o restringersi in funzione del faro che tenta di illuminarla.
Quello che sostengo è che l'esistenza dell'agente intelligente è scientificamente inesplorabile e indimostrabile in quanto non è più ammissibile su un piano scientifico. Ma questa inamissibilità (che è un'inamissibilità dovuta a una coerenza prospettica) non significa per nulla negarne assolutamente l'esistenza (cosa che implicherebbe accettare il presupposto che l'esistenza è solo in ciò che la scienza può definire e spiegare nei termini e nella sintassi del suo discorso). Pertanto mi stai mettendo in bocca un riduzionismo che non mi appartiene per nulla.

Il problema non è qual è l'universo di un lombrico, perché in quell'universo noi non entriamo per nulla  e se lo facciamo, se immaginiamo di poter cogliere la cosa per come stanno per i lombrichi, è sempre e solo dal nostro punto di vista, umanamente finalistico, che lo facciamo: è sempre e solo l'osservatore che parla e l'osservatore di cui possiamo intendere le parole come significanti siamo solo noi, comunque la pensiamo. L'unico presupposto che ritengo ragionevolmente lecito è il riconoscimento che al di fuori dei presupposti (che non scegliamo, ma da cui veniamo sempre scelti) non c'è nessuna possibilità di costruire scienze, filosofie, miti o una qualsiasi visione del mondo. E questo per il semplice motivo che la nostra esistenza di osservatori è solo nel mondo, comunque la mettiamo non ci troviamo su alcun piano panoramico sopraelevato: né la nostra scienza o la nostra filosofia o le nostre credenze religiose ci porranno mai su alcun piano sopraelevato da cui poter dire le cose stanno realmente così per tutto e per tutti, lombrichi compresi.
Il giorno che arriveremo ad accettare questo limite fondamentale che ci definisce nella nostra umana possibilità di sapere, sarà il giorno in cui si potrà davvero dialogare tentando di comprenderci (comprendere come ci troviamo gettati nel mondo, ciascuno per quello che è o crede fermamente di essere).
Citazione1) La complessità generata dagli algoritmi genetici descritti nell'articolo è ancora incomparabilmente lontana dalla complessità biologica. Può darsi che in futuro ci si arrivi (oppure no, come dici tu), ma per adesso...
E siamo d'accordo
Citazione2) Gli algoritmi genetici funzionano in modo gradualistico, cioè un piccolo passo dopo l'altro. In questo modo si potrebbe forse spiegare l'evoluzionismo graduale, che però è proprio quella soluzione che la maggioranza degli utenti di questo forum scarta, preferendo la soluzione a salti. E del resto, lo abbiamo già detto, l'evoluzione graduale è smentita dalla mancanza di prove fossili sufficienti. Quindi, in sostanza, ne ricavo che l'evoluzionismo a salti non ha ancora il benché minimo supporto dagli algoritmi genetici.
Su questo invece non sono per nulla d'accordo: come già detto, differenze minime dell'algoritmo possono determinare forme molto diverse e senza alcuna necessità che si passi per gli stadi intermedi. E' proprio la matematica (e le simulazioni al computer possono facilmente confermarlo) che lo dimostra, basti pensare alla teoria delle catastrofi. Se modifichi anche di pochissimo il valore di una variabile, in particolari situazioni, puoi ottenere in un colpo solo risultati completamente diversi, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Citazione3) L'articolo ha l'intento di spiegare come la complessità biologica sia stata ridotta dall'evoluzione, non come si sia accresciuta dall'inizio della vita: cioè, la complessità biologica è assunta come un punto di partenza del discorso, anziché come un risultato da spiegare.
Sì, questo è un punto che trovo anch'io criticabile, ma lo trovo criticabile nel senso che trovo arbitrario quell'aumento iniziale repentino di complessità iniziale. E' il concetto stesso di tendenza biologica alla complessità che trovo del tutto fuorviante, ciò che si osserva è sempre e solo un adattamento complesso di tipo interattivo della struttura biologica al contesto in cui si trova a esistere. Laddove l'ambiente non esercita alcuna pressione selettiva  le forme biologiche si svilupperanno in ogni direzione, ma è proprio questa molteplicità direzionale che, ponendole in relazione tra loro in ragione della loro coesistenza, determinerà da subito una pressione selettiva crescente che potrà prima o poi rivelarsi catastrofica.
CitazioneE quindi a cosa mai ci si potrà affidare per scoprire su quali meccanismi si basa - cioè come realmente funziona - l'evoluzionismo a salti?
L'evoluzionismo descritto dall'Evo Devo si basa sullo studio osservativo comparato della filogenesi con l'ontogenesi e sulle somiglianze che si riscontrano nelle ontogenesi degli individui di tutte le specie. Questa osservazione è scientificamente trattabile, mentre quella del disegnatore (o dell'indefinibile disegno) intelligente non lo è, anche se ci si può credere o meno e resta lecito crederci o meno, ma al di fuori di qualsiasi discorso scientifico. Resta il fatto, sul quale sono d'accordo con te, che il discorso scientifico non è l'unico modo di discorrere (o di osservare) possibile, ma non ha senso tentare di presentare come scientifico qualcosa che non può esserlo e non può esserlo nemmeno se il discorso scientifico presenta delle lacune, poiché né il creazionismo, né il disegno intelligente può dare una risposta scientificamente sensata a quelle lacune.

maral

Citazione di: HollyFabius il 24 Aprile 2016, 14:12:01 PM
Per non nascondermi dietro un paravento di molte parole io sono convinto che tutte le persone, nessuna esclusa, che criticano la teoria dell'evoluzionismo in realtà ne rifiutino l'intuizione.  
Sebbene da un punto di vista strettamente logico l'intuizione evoluzionista non neghi la possibilità di un principio creativo razionale, essa colpisce la declinazione principale della filosofia cattolica, dove al principio creativo razionale segue un percorso razionale di trasformazione della realtà basato sulla volontà della stessa natura del principio creativo.
E' per questa ragione che viene accettata la teoria del big bang, perché questa pur possedendo alcune caratteristiche evoluzioniste non mina alla base l'idea della creazione da parte di un'entità superiore razionale, anzi rafforza la tesi della complementarietà. L'evoluzionismo al contrario invade proprio la declinazione principale, proponendo non una realtà assoggettata alla ragione bensì al caso, ovvero alla non ragione.
In realtà il motivo fondamentale che separa il creazionismo dall'evoluzionismo sta proprio nel presupposto di un progetto provvidenziale che dall'esterno dovrebbe guidare l'evolversi della natura. Sappiamo quanto Darwin si sia trovato in difficoltà con il termine di evoluzione, tanto da non usarlo praticamente mai nei suoi scritti (a differenza dei suoi successori), temeva che si confondesse l'evoluzione con una sorta di progresso delle forme viventi verso un fine, ravvisando in essa un disegno teleologico, un progetto che era del tutto estranea alla sua idea di cambiamento per mutazioni generazionali.
Questa posizione corrisponde in ambito filosofico al radicale immanentismo razionale di Spinoza che lo sostiene in contrapposizione al dualismo cartesiano (che ha a lungo dominato la scienza stessa nelle sue forme più deleterie). La materia e lo spirito non sono enti autosussistenti in contrapposizione di cui si debba rivendicare la primarietà a seconda delle prospettive da cui ci si pone, ma sono semplicemente aspetti della medesima... materia: la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive.

HollyFabius

Citazione di: maral il 25 Aprile 2016, 22:52:42 PM
In realtà il motivo fondamentale che separa il creazionismo dall'evoluzionismo sta proprio nel presupposto di un progetto provvidenziale che dall'esterno dovrebbe guidare l'evolversi della natura. Sappiamo quanto Darwin si sia trovato in difficoltà con il termine di evoluzione, tanto da non usarlo praticamente mai nei suoi scritti (a differenza dei suoi successori), temeva che si confondesse l'evoluzione con una sorta di progresso delle forme viventi verso un fine, ravvisando in essa un disegno teleologico, un progetto che era del tutto estranea alla sua idea di cambiamento per mutazioni generazionali.
Questa posizione corrisponde in ambito filosofico al radicale immanentismo razionale di Spinoza che lo sostiene in contrapposizione al dualismo cartesiano (che ha a lungo dominato la scienza stessa nelle sue forme più deleterie). La materia e lo spirito non sono enti autosussistenti in contrapposizione di cui si debba rivendicare la primarietà a seconda delle prospettive da cui ci si pone, ma sono semplicemente aspetti della medesima... materia: la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive.
Forse è compatibile non solo con la posizione Spinoziana ma anche con il pensiero di Schopenhauer.
In fondo da una parte viviamo nella rappresentazione, con la nostra intelligenza che costruisce modelli connessi alla percezione e alla sensibilità e dall'altra subiamo la volontà, con la sua natura irrazionale ed imprevedibile.
I modelli evolutivi che costruiamo, in definitiva non sono che il nostro tentativo di assoggettare alla ragione le forme della rappresentazione che si mostrano mutevoli ma intellegibili; per contro l'indagine può venire negata nella sua essenza più autentica dall'imprevedibilità e dall'irrazionalità della volontà. Io credo che in definitiva non si possa negare una qualche forma di evoluzione, e non si possa neppure negare la forza del tentativo umano di comprendere la natura, si può però certamente supporre che questo operare dell'uomo sia neutrale o inutile rispetto ad una qualunque forma di salvezza.

sgiombo

Citazione di: anthonyi il 25 Aprile 2016, 19:28:17 PM
quando la nostra intelligenza diventa introspezione, interiorità e non si interessa più delle realtà ambientali, ci rende più deboli sul piano evoluzionistico. Questo è uno dei tanti caratteri umani che è difficile spiegare come prodotti da una selezione naturale.
Ora supponiamo di dare per giusta la teoria Darwiniana per tutte le specie, verrebbe fuori un'eccezione, la specie umana, sarebbe solo da spiegare perché quest'ultima fa eccezione ...


Innanzitutto é tutta da dimostare l' affermazione che "quando la nostra intelligenza diventa introspezione, interiorità e non si interessa più [immediatamente e direttamente, N.d.R.] delle realtà ambientali, ci rende più deboli sul piano evoluzionistico".



E (comunque anche ammesso e non concessdo) le corna dei cervi e di tantissimi altri mammiferi maschi???
E le piume caudali dei pavoni e di tanti altri uccelli maschi???

Nessuna eccezione, casomai la regola!

Per la quale la selezione naturale non elimina tutti tranne i "superadattatissimi" (a un ambiente che prima o poi muta rendendoli "superinadattatissimi"), ma elimina solo gli "eccessivamente inadatti".



Questo a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!

Loris Bagnara

maral ha scritto:
CitazioneIl problema non è qual è l'universo di un lombrico, perché in quell'universo noi non entriamo per nulla  e se lo facciamo, se immaginiamo di poter cogliere la cosa per come stanno per i lombrichi, è sempre e solo dal nostro punto di vista, umanamente finalistico, che lo facciamo: è sempre e solo l'osservatore che parla e l'osservatore di cui possiamo intendere le parole come significanti siamo solo noi, comunque la pensiamo. L'unico presupposto che ritengo ragionevolmente lecito è il riconoscimento che al di fuori dei presupposti (che non scegliamo, ma da cui veniamo sempre scelti) non c'è nessuna possibilità di costruire scienze, filosofie, miti o una qualsiasi visione del mondo.
Non è che ci dobbiamo mettere nella testa del lombrico, non era quello il punto. Intendevo dire che lo spazio entro cui si muove la scienza ha un perimetro che dipende dall'osservatore e, con lo stesso osservatore, cambia nel tempo. Per dirla con Popper, oggi appartengono alla scienza cose che ieri non c'erano, e domani ci saranno cose che oggi vengono escluse. La storia della scienza è la storia di una continua violazione di confini precedenti.

Se il criterio con cui si deve decidere l'ammissibilità di un'ipotesi esplicativa è il perimetro attuale della scienza, si rischia di perdere un'idea potenzialmente feconda. Vale la pena, dunque, quantomeno di tentare, ma seriamente e senza preclusioni, la possibilità di mutare il paradigma corrente e allargare di conseguenza quel perimetro.

E poi, ma chi l'ha detto che l'idea di un "disegno intelligente" è così inconciliabile con un approccio scientifico? Quando si parla di intelligenza e di coscienza di solito le posizioni cadono ai due estremi: o è un fenomeno che trascende la realtà materiale (res cogitans cartesiana) o è un epifenomeno della realtà materiale (cioè un effetto collaterale, un'illusione, qualcosa di sostanzialmente trascurabile).
Ma esiste anche una posizione intermedia, la più sensata a mio avviso: la coscienza e l'intelligenza sono uno dei principi fondamentali dell'universo UNO, al pari di materia, energia, spazio, tempo.

Cos'è che disturba tanto nella concezione che anche l'intelligenza e la coscienza possano essere fenomeni indagabili sperimentalmente? La nostra intelligenza individuale non è forse un fenomeno di questo universo, che si esplica in questo universo? Forse che non ne tocchiamo concretamente gli effetti nelle nostre azioni quotidiane? Che cos'è allora uno psicologo? Un operatore trascendentale?

maral ha scritto:
CitazioneSu questo invece non sono per nulla d'accordo: come già detto, differenze minime dell'algoritmo possono determinare forme molto diverse e senza alcuna necessità che si passi per gli stadi intermedi. E' proprio la matematica (e le simulazioni al computer possono facilmente confermarlo) che lo dimostra, basti pensare alla teoria delle catastrofi. Se modifichi anche di pochissimo il valore di una variabile, in particolari situazioni, puoi ottenere in un colpo solo risultati completamente diversi, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Forse non mi sono spiegato bene, accennando al gradualismo. Intendevo dire che una forma di selezione naturale può aiutare gradualmente un algoritmo genetico a produrre un ordine maggiore, una maggiore complessità, una forma più adatta al proprio ambiente. È quel che accade nella micro-evoluzione, dove non discuto il neodarwinismo.

Siamo d'accordo che piccole variazioni possono generare di colpo forme molto diverse: diverse sì, ma non più ordinate, non più complesse.
Tu usi il termine "qualitativo" (nel senso di "forme qualitativamente diverse"), che ha poco significato in fisica. Bisogna tornare al concetto di entropia dell'informazione, e l'entropia dell'informazione di un sistema ha molta più probabilità di aumentare (disordine) che di diminuire (ordine).
Se taglio un pilastro di un edificio, di colpo l'edificio crolla a terra, ma non mi aspetto che si ricostruisca sull'altro lato della strada, e non mi aspetto nemmeno che i materiali si mettano in bell'ordine: mattoni da una parte, vetro dall'altra etc. Una variazione catastrofica porta il sistema ad un nuovo punto di equilibrio che corrisponde ad un punto minimo locale dell'ordine, non ad un nuovo punto di massimo dell'ordine.

Invece la teoria dell'evoluzionismo a salti, nella macro-evoluzione, invoca tutta una serie di improbabilissime "catastrofi" che avrebbero prodotto, ogni volta, più ordine e complessità di prima (se consideriamo la totalità dell'evoluzione della vita, dall'ambiente pre-biotico ad oggi).

Come torno a ripetere, finché non si dimostra con modelli matematici che l'ordine può sorgere dal caos, l'idea della macro-evoluzione a salti resta un wishful thinking, come illustra ance l'articolo di Forastiere che ho citato in precedenza.

Loris Bagnara

#96
Sgiombo ha scritto:
CitazioneQuesto a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!
Questo si può affermare solo al prezzo di trascurare il fatto incontrovertibile che l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivo trasferimento di funzioni dal corpo alla mente, tanto che se oggi riducessimo l'intelligenza umana a quella dei nostri cugini antropoidi, la specie umana sparirebbe nel giro di poche settimane.
L'uomo ha "rinunciato" al pelo e ha perduto gran parte della sua resistenza naturale alle intemperie, perché ha imparato a vestirsi e a riscaldarsi. Ha perduto forza fisica, denti e artigli perché ha imparato a costruirsi strumenti e armi. Ha modificato la laringe per poter parlare e comunicare, divenendo così l'unico animale che può soffocare mangiando.
E la lista potrebbe continuare a lungo.

L'evoluzione umana è la prova che la coscienza e l'intelligenza non possono essere escluse dalla evoluzione biologica nella sua globalità.
A meno che non si voglia porre una distinzione fra "comportamento intelligente" e "intelligenza autocosciente" vera e propria: anche uno zombi biologico potrebbe comportarsi in maniera apparentemente intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si potrebbe in teoria affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l'intelligenza autocosciente comunque proverrebbe da un'altra dimensione e si sovrapporrebbe all'intelligenza "biologica", aderendovi perfettamente... Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano (io però non lo sono...).

anthonyi

L'idea delle due forme di intelligenza sovrapposte è interessante, io credo però che il problema sia più complesso, sono tanti i comportamenti umani in contraddizione con la logica evoluzionistica. Con contraddizione io non intendo solo comportamenti che rendono debole l'individuo o la comunità, ma comportamenti che contrastano con altri comportamenti che, nella logica evoluzionistica dovrebbero essere vincenti. L'eterno dibattito sulla reale natura umana, violenta o pacifica, approcciato con la logica Darwiniana per me non lascia scampo alla seconda ipotesi. Sappiamo che l'uomo, nel corso della sua storia biologica, è stato un animale estremamente violento e che tale propensione, nel corso degli ultimi secoli, si è profondamente ridotta, forse per effetto di quell'intelligenza sovrapposta, forse per effetto di input sociali la cui origine però non può essere attribuita all'uomo che non aveva una natura pacifica.

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 26 Aprile 2016, 11:40:41 AM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneQuesto a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!
Risposta di Loris Bagnara:

Questo si può affermare solo al prezzo di trascurare il fatto incontrovertibile che l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivo trasferimento di funzioni dal corpo alla mente, tanto che se oggi riducessimo l'intelligenza umana a quella dei nostri cugini antropoidi, la specie umana sparirebbe nel giro di poche settimane.

L'uomo ha "rinunciato" al pelo e ha perduto gran parte della sua resistenza naturale alle intemperie, perché ha imparato a vestirsi e a riscaldarsi. Ha perduto forza fisica, denti e artigli perché ha imparato a costruirsi strumenti e armi. Ha modificato la laringe per poter parlare e comunicare, divenendo così l'unico animale che può soffocare mangiando.
E la lista potrebbe continuare a lungo.

L'evoluzione umana è la prova che la coscienza e l'intelligenza non possono essere escluse dalla evoluzione biologica nella sua globalità.
A meno che non si voglia porre una distinzione fra "comportamento intelligente" e "intelligenza autocosciente" vera e propria: anche uno zombi biologico potrebbe comportarsi in maniera apparentemente intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si potrebbe in teoria affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l'intelligenza autocosciente comunque proverrebbe da un'altra dimensione e si sovrapporrebbe all'intelligenza "biologica", aderendovi perfettamente... Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano.
CitazioneReplica di Sgiombo:

Per me il fatto che "l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivo
trasferimento di funzioni dal corpo alla mente" lungi dall' essere incontrovertibile è falso.
La biologia, in quanto scienza naturale, si occupa del divenire del mondo materiale – naturale e non dei rapporti fra mondo materiale – naturale, e in particolare sistemi nervosi centrali nel suo ambito, da una parte, ed esperienze coscienti ai sistemi nervosi centrali "correlate" e biunivocamente corrispondenti nel loro divenire dall' altra, che è un problema letteralmente "eccedente le scienze naturali", filosofico (nota bene: é filosofico e non scientifico il problema dei rapporti o relazioni ontologiche fra di essi, quello dell' "interpretazione" o "comprensione della natura" di tali corrispondenze, non quello dell' individuazione delle loro corrispondenze così come di fatto accadono e si verificano: invece quest' ultimo é un problema scientifico per lo meno "in avanzato stato di risoluzione").

Nell' evoluzione della specie umana si potrà casomai osservare (fra l' altro, non unicamente) un progressivo trasferimento di funzioni dal resto del corpo al cervello, che dirige i comportamenti umani e non all' esperienza cosciente; la qualeaccompagna il funzionamento del cervello (quest' ultimo reale all' interno di altre, diverse esperienze coscienti, anche se per lo più solo potenzialmente o indirettamente); cervello e comportamento da esso diretto che sarebbero del tutto indistinguibili da quelli che sono anche se non fossero accompagnati dall' esperienza cosciente (la quale, contrariamente al cervello e al suo funzionamento, e ai comportamenti che ne sono diretti, governati, é per l' appunto del tutto irrilevante per l' evoluzione biologica, non c' entra per nulla).

Infatti sono due cose reciprocamente distinguibili (e che in linea di principio potrebbero anche non "andare di pari passo") il "comportamento intelligente" e l' "autocoscienza intelligente" vera e propria: anche uno zombi biologicopotrebbe comportarsi in maniera intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si può (e si deve) affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto (ed ha prodotto) il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l' intelligenza autocosciente comunque no. In un certo senso si può dire che essa appartiene a un'altra dimensione (preferisco dire "piano ontologico" o "ambito della realtà"; ma comunque non contano le parole ma i significati che vi si attribuiscono di comune accordo convenzionalmente) che coesiste (-rebbe) all' intelligenza "biologica", trascendendola (non comunicando e interagendo con essa) e corrispondendovi perfettamente...

Chiedi: "Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano".

Alzo la mano!
E non pretendo che altri lo siano, mi basta illustrare loro le mie convinzioni.
Anche se domando a mia volta: chi ha altre proposte altrettanto o più compatibili con la chiusura causale del mondo fisico (indispensabile alla conoscenza scientifica) e con la corrispondenza che le neuroscienze dimostrano sempre più convincentemente fra determinati stati funzionali di determinati cervelli e determinati stati di coscienza nell' ambito di determinate esperienze fenomeniche coscienti (diverse da quelle degli osservatori di tali cervelli) me lo faccia sapere.
 

sgiombo

Citazione di: maral il 25 Aprile 2016, 22:52:42 PM


Questa posizione corrisponde in ambito filosofico al radicale immanentismo razionale di Spinoza che lo sostiene in contrapposizione al dualismo cartesiano (che ha a lungo dominato la scienza stessa nelle sue forme più deleterie). La materia e lo spirito non sono enti autosussistenti in contrapposizione di cui si debba rivendicare la primarietà a seconda delle prospettive da cui ci si pone, ma sono semplicemente aspetti della medesima... materia: la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive.
Ritengo insostenibile il dualismo di tipo "cartesiano" in quanto implica interazioni causali fra materia e pensiero cosciente violando la chiusura causale del modo fisico che é imprescindibile dalla conoscenza scientifica (non é coerentemente sostenibile un dualismo "cartesiano" in concomitanza con la credenza nella conoscenza scientifica; alla quale non mi sento di rinunciare).

La concezione spinoziana del "pluralismo degli attributi (pensiero e materia, fra gli infiniti altri), monismo della sostanza (divina)" può naturalmente essere interpretato in più di un modo.

Personalmente non ritengo sostenibile (e nemmeno troppo fedelmente "spinoziana" ) la tesi per la quale "la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive"; per lo meno per come riesco a intenderla io (salvo eventuali ulteriori spiegazioni da parte tua).
Infatti per me i meccanismi corporei (neurofisiologici) non possono al loro interno contenere la coscienza: il cervello di uno che stia vedendo un bell' albero verdeggiante o che sia innamorato non contiene nessun albero (nulla di verde), né sentimento amoroso alcuno, ma solo determinati processi neurofisiologici (interessanti soprattutto il lobo occipitale nel primo caso; più diffusi e di localizzazione meno nota nel secondo) alla visione dell' albero o al sentimento di amore corrispondenti ma costituiti da tutt' altro: trasmissioni di impulsi lungo assoni di neuroni e attraverso sinapsi (macroscopicamente "roba grigio-rosea molliccia o gelatinosa"; microscopicamente molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, ecc.).
La coscienza corrispondente (biunivocamente) ai processi neurofisiologici (e al loro divenire deterministico, in accordo con Spinoza) deve essere "da qualche altra parte", in un diverso "ambito ontologico"

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 26 Aprile 2016, 10:08:16 AM
Intendevo dire che lo spazio entro cui si muove la scienza ha un perimetro che dipende dall'osservatore e, con lo stesso osservatore, cambia nel tempo. Per dirla con Popper, oggi appartengono alla scienza cose che ieri non c'erano, e domani ci saranno cose che oggi vengono escluse. La storia della scienza è la storia di una continua violazione di confini precedenti.
Certo, ma l'idea del disegno intelligente era definita entro i confini di una visione precedente che è stata superata in relazione alle sue trascendenti indefinibili implicazioni che non ne permettono alcuna valutazione scientifica, poiché qualsiasi osservatore che volesse dire qualcosa sul disegno intelligente sarebbe un elemento di quello stesso disegno che pretende di definire. In questo senso il progetto resta fuori da ogni portata di indagine scientifica. Per questo esso rappresenta un'idea scientificamente superata e non certo una novità da venire esplorata.

Quando si parla di intelligenza e di coscienza di solito le posizioni cadono ai due estremi: o è un fenomeno che trascende la realtà materiale (res cogitans cartesiana) o è un epifenomeno della realtà materiale (cioè un effetto collaterale, un'illusione, qualcosa di sostanzialmente trascurabile).
Ma esiste anche una posizione intermedia, la più sensata a mio avviso: la coscienza e l'intelligenza sono uno dei principi fondamentali dell'universo UNO, al pari di materia, energia, spazio, tempo.[/quote]
Ma è proprio alla luce di questa unità che non ha senso considerare la materia separata dalla coscienza o la coscienza come una sorta di spiritualità del tutto immateriale che dal di fuori ordina la materia. Non c'è nulla di più spirituale della materia, non occorre andare oltre essa per trovare un fantomatico spirito che la governa e la plasma. Non vi è dubbio che nell'universo c'è intelligenza e coscienza, ma questa intelligenza e questa coscienza sono nel modo di presentarsi interagendo della materia dell'universo stesso, è il modo con cui noi, esseri coscienti, materialmente funzioniamo ed è il modo con cui l'universo conosce se stesso, ma non come totalità unitaria, bensì come molteplicità di parti che accadono interagendo. Quindi non c'è alcun progetto predefinito che rappresenterebbe un punto di arrivo ultimo e definitivo, ma solo una continua trasformazione nella quale gli osservatori tentano di trovare il senso perdurante di se stessi. Non ci vedo nessuna intelligenza o coscienza che dall'alto regola ogni cosa, ma solo l'intelligenza e la coscienza di questi osservatori che tentano di conservare la propria stabile identità dinamica da ciò con cui interagiscono evitando per quanto possibile di disintegrarsi, guidati dalla medesima necessità a esistere che è propria di ogni evento.

CitazioneCos'è che disturba tanto nella concezione che anche l'intelligenza e la coscienza possano essere fenomeni indagabili sperimentalmente? La nostra intelligenza individuale non è forse un fenomeno di questo universo, che si esplica in questo universo? Forse che non ne tocchiamo concretamente gli effetti nelle nostre azioni quotidiane? Che cos'è allora uno psicologo? Un operatore trascendentale?
E non vengono forse indagati sperimentalmente? C'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.
CitazioneForse non mi sono spiegato bene, accennando al gradualismo. Intendevo dire che una forma di selezione naturale può aiutare gradualmente un algoritmo genetico a produrre un ordine maggiore, una maggiore complessità, una forma più adatta al proprio ambiente. È quel che accade nella micro-evoluzione, dove non discuto il neodarwinismo.
Siamo d'accordo che piccole variazioni possono generare di colpo forme molto diverse: diverse sì, ma non più ordinate, non più complesse.
Tu usi il termine "qualitativo" (nel senso di "forme qualitativamente diverse"), che ha poco significato in fisica. Bisogna tornare al concetto di entropia dell'informazione, e l'entropia dell'informazione di un sistema ha molta più probabilità di aumentare (disordine) che di diminuire (ordine).
Se taglio un pilastro di un edificio, di colpo l'edificio crolla a terra, ma non mi aspetto che si ricostruisca sull'altro lato della strada, e non mi aspetto nemmeno che i materiali si mettano in bell'ordine: mattoni da una parte, vetro dall'altra etc. Una variazione catastrofica porta il sistema ad un nuovo punto di equilibrio che corrisponde ad un punto minimo locale dell'ordine, non ad un nuovo punto di massimo dell'ordine.

Invece la teoria dell'evoluzionismo a salti, nella macro-evoluzione, invoca tutta una serie di improbabilissime "catastrofi" che avrebbero prodotto, ogni volta, più ordine e complessità di prima (se consideriamo la totalità dell'evoluzione della vita, dall'ambiente pre-biotico ad oggi).
Ma non è che l'evoluzione (intesa in senso darwiniano) generi forme migliori, come un ingegnere che progetta edifici che reggano sempre meglio alla forza gravitazionale, semplicemente si determinano forme secondo certe regole che possono o meno reggere in rapporto ai contesti in cui si vengono a trovare. Possono pure essere forme di nicchia, del tutto trascurabili rispetto ad altre forme del mutamento che prevalgono, come lo erano i mammiferi nel Giurassico rispetto ai rettili. Poi accade un mutamento improvviso del contesto e quelle forme di nicchia, fino ad allora svantaggiate, si moltiplicano, mentre i rettili si trovano a loro volta del tutto svantaggiati, se non in altri contesti di nicchia che a loro volta possono trovare modo di affermarsi (come gli uccelli). Non c'è un percorso progressivamente anti entropico, ma il mantenimento costante della  autopoiesi nelle condizioni di adattamento richieste. I mammiferi prevalgono sui grandi rettili non perché rappresentino una forma migliore, più efficiente, ma perché un caso cosmico è stato l'artefice della loro fortuna,  non certo un progetto preordinato (sempre a meno di non pensare che quel meteorite sia stato il progettista a scagliarlo di sua volontà sul pianeta, ma qui, lo capisci bene, si esce da ogni possibilità scientifica di analisi).
Le grandi catastrofi che periodicamente si sono abbattute sul globo terrestre sono state il vero motore evolutivo che svolge la sua azione non nel premiare chi sempre meglio contrasta la tendenza entropica, ma nel determinare la necessità di instaurare adattamenti sempre diversi per conservare una soglia minima di resistenza temporanea alla disgregazione entropica in contesti più o meno estesi, necessità che talvolta comporta una serie così vasta di cambiamenti quantitativi morfologici da rappresentare una repentina variazione qualitativa.  
Si corre per poter restare dove si è, questo è la frase che più di ogni altra dà il senso del quadro evolutivo in termini darwiniani.

maral

Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2016, 19:40:14 PM
Personalmente non ritengo sostenibile (e nemmeno troppo fedelmente "spinoziana" ) la tesi per la quale "la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive"; per lo meno per come riesco a intenderla io (salvo eventuali ulteriori spiegazioni da parte tua).
Infatti per me i meccanismi corporei (neurofisiologici) non possono al loro interno contenere la coscienza: il cervello di uno che stia vedendo un bell' albero verdeggiante o che sia innamorato non contiene nessun albero (nulla di verde), né sentimento amoroso alcuno, ma solo determinati processi neurofisiologici (interessanti soprattutto il lobo occipitale nel primo caso; più diffusi e di localizzazione meno nota nel secondo) alla visione dell' albero o al sentimento di amore corrispondenti ma costituiti da tutt' altro: trasmissioni di impulsi lungo assoni di neuroni e attraverso sinapsi (macroscopicamente "roba grigio-rosea molliccia o gelatinosa"; microscopicamente molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, ecc.).
La coscienza corrispondente (biunivocamente) ai processi neurofisiologici (e al loro divenire deterministico, in accordo con Spinoza) deve essere "da qualche altra parte", in un diverso "ambito ontologico"
Sono d'accordo con te, mi premeva solo sottolineare la radicale visione monistica di Spinoza sintetizzata nel suo "Deus sive natura" in contrapposizione a quel dualismo cartesiano sul quale, che lo si voglia o meno, ha trovato fondamento la scienza moderna. La coscienza non è nemmeno a mio avviso riducibile a un fenomeno trattabile in termini biochimici, pur tuttavia non parlerei di ontologia diversa, quanto piuttosto di una descrizione secondo linguaggi diversi (e diversamente esplicativi) di un medesimo fenomeno e di un'unica ontologia. La scienza utilizza un linguaggio che le permette di vedere alcuni aspetti della faccenda, ma questi aspetti da soli non danno di sicuro ragione esaustiva (e nemmeno preminente) del fenomeno per come effettivamente si manifesta. Ed è qui che, a mio avviso, una analisi transdisciplinare del fenomeno coscienza, libero da pretese pregiudiziali e sorretto da un modo di pensare filosofico capace di coglierne i sensi, potrebbe risultare di grande utilità.

Loris Bagnara

#102
Dopo un centinaio di post in questo 3D, vorrei fare il punto della situazione.

La questione iniziale era: la moderna sintesi dell'evoluzione, o neodarwinismo, è davvero in grado di spiegare tutto? È una teoria scientifica sufficientemente comprovata? Oppure no, e allora criticarla non è retrogrado, ma semmai un'operazione necessaria e costruttiva?
In base alle informazioni che ho potuto leggere qui, e altrove sul web, mi pare si possa dire quanto segue.

A) Nell'ambito della micro-evoluzione, la teoria è convincente e comprovata (anche se magari migliorabile, come tutte le teorie), come dimostrano numerosissimi esperimenti in laboratorio.

B) Nell'ambito della macro-evoluzione, dove non è possibile evidentemente condurre esperimenti di laboratorio, la situazione è ben diversa, e una parte non disprezzabile della comunità scientifica ravvede numerosi problemi irrisolti. La paleontologia offre una documentazione relativamente scarsa, e ovviamente non replicabile in laboratorio. Le ricostruzioni filogenetiche, pertanto, si basano su pochi e controversi elementi, e le lacune sono integrate con abbondante wishful thinking; così come, del resto, la descrizione dei meccanismi che produrrebbero la macro-evoluzione. Non esistono modellazioni matematiche che supportino i meccanismi evolutivi invocati; peraltro si rileva, nei sostenitori della teoria, una sostanziale insensibilità al problema della verosimiglianza dei meccanismi invocati, tanto che il problema di una seria e rigorosa verifica matematica e statistica è poco (o per nulla) sentito. Si ha l'impressione che, per i sostenitori della teoria, la verifica matematica non sia necessaria, forse perché si ritiene esauriente la descrizione dei meccanismi, oppure perché la teoria non può che essere vera (poiché non ve ne sono altre accettabili), e prima o poi le prove arriveranno.

Stando così le cose, le due "fazioni" hanno ben poco da discutere. La sensibilità alla verosimiglianza non si può imporre, né si può rimuovere da chi la avverte. Solo elementi nuovi potrebbero riavviare fruttuosamente la discussione. In mancanza di questi, io personalmente mi astengo da ulteriori interventi sul tema specifico (sul piano filosofico, invece, si può dire ancora molto).

In conclusione, l'opinione non solo mia, ma anche di una parte della comunità scientifica, è che il neodarwinismo sia in parte comprovato, ma in parte no; e per quest'ultima parte, il neodarwinismo è solo un'ipotesi come altre ipotesi da verificare. Non sembra motivata, quindi, alcuna forma di preclusione e di chiusura (ai limiti dell'anatema...) nei confronti di altre ipotesi.

Loris Bagnara

#103
Sgiombo ha scritto:

CitazioneIn proposito è anche mia convinzione che nonesiste solo ciò che è esplorabile dalla scienza e che non è vero che ciò che non è esplorabile, non esiste.
Ma (non essendo monista, contrariamente a te) credo che comunque nell'ambito materiale naturale della realtà esiste (e diviene) solo ciò che è esplorabile dalla scienza: la materia.
Secondo me la mente cosciente è reale su un altro "piano ontologico" e non interferisce con la res extensa: esplorando la natura materiale non la si incontra come sua componente o parte integrante (assumendo l' atteggiamento di dubbio metodico cartesiano non si può non ammettere che alcuni o anche tutti gli uomini e animali che ciascuno di noi percepisce, con i loro comportamenti più o meno intelligenti, potrebbero anche essere dei meri zombi privi di coscienza senza che nulla cambi nel mondo naturale materiale, senza alcuna possibilità di accorgercene).

Vorrei approfondire le implicazioni di quanto affermi.

Se è vero che la mente cosciente non interferisce con la res extensa, cioè con il piano materiale, allora le azioni che un individuo compie non dipendono dalla mente cosciente, cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo. Il nostro corpo, allora, agirebbe e si muoverebbe solo per conseguenza di altre cause che stanno nel piano materiale. Il libero arbitrio non esisterebbe. In altri termini, la mente cosciente dell'essere umano sarebbe solo il prigioniero testimone di un robot biologico, vivendo nell'illusione di poterne controllare (almeno in parte) le azioni.
Ne segue anche questa riflessione: la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali.

Anche altrove hai parlato di "chiusura causale " del piano materiale: cioè, secondo tale assioma, tutto quanto avviene sul piano materiale ha una causa che sta nello stesso piano. E' l'assioma che porterebbe ad escludere ogni "disegno intelligente".

La mia conclusione, ovviamente, è una domanda: perché la mente cosciente dovrebbe scendere sul piano materiale ed essere sottoposta a questa sorta di impotente, ingannevole schiavitù?
Qualunque risposta è accettabile, tranne "la domanda è mal posta"...  ;)

sgiombo

Loris Bagnara ha scritto:

Vorrei approfondire le implicazioni di quanto affermi.

Se è vero che la mente cosciente non interferisce con la res extensa, cioè con il piano materiale, allora le azioni che un individuo compie non dipendono dalla mente cosciente, cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo. Il nostro corpo, allora, agirebbe e si muoverebbe solo per conseguenza di altre cause che stanno nel piano materiale. Il libero arbitrio non esisterebbe.

Rispondo:

Fin qui, salvo l' affermazione "cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo", per il resto sono perfettamente d' accordo (cioé hai esposto impeccabilmente quanto io personalmente -non tu ovviamente- penso).




Loris Bagnara ha scritto:

In altri termini, la mente cosciente dell'essere umano sarebbe solo il prigioniero testimone di un robot biologico, vivendo nell'illusione di poterne controllare (almeno in parte) le azioni.

Ne segue anche questa riflessione: la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali.

Rispondo:

La descrizione del primo capoverso non mi piace, anche se potrebbe essere probabilmente compatibile con le mie convinzioni ("soggettivamente interpretate" non da me).

Quanto alla seconda affermazione, la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile rispetto al cervello, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali, esattamente quanto il corpo materiale e il cervello sarebbero  orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio").




Loris Bagnara ha scritto:

Anche altrove hai parlato di "chiusura causale " del piano materiale: cioè, secondo tale assioma, tutto quanto avviene sul piano materiale ha una causa che sta nello stesso piano. E' l'assioma che porterebbe ad escludere ogni "disegno intelligente".

La mia conclusione, ovviamente, è una domanda: perché la mente cosciente dovrebbe scendere sul piano materiale ed essere sottoposta a questa sorta di impotente, ingannevole schiavitù?
Qualunque risposta è accettabile, tranne "la domanda è mal posta"...

Rispondo:

L' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica).

La res extensa non é sotto (né sopra) alla res cogitans; entrambe sono e divengono nell' ambito delle esperienze coscienti.

Non vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano.

In questo senso, mi spaice tanto ma ritengo proprio che la domanda sia mal posta (vi ho comunque risposto).

Le cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini.
Chiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro (in particolare dunque nemmeno una spiegazione di essa) per definizione; ci si può chiedere il "perché" di qualche parte del reale, se esso diviene ordinatamente secondo leggi causali.


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