Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?

Aperto da Donalduck, 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM

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HollyFabius

Leggendo e riflettendo sugli ultimi commenti mi chiedevo se non fosse razionale, per un materialista radicale, sostenere che la coscienza esista solo a livello percettivo. Tutto sommato mi sembrerebbe una posizione equipollente al pensare, da una posizione idealista radicale, che tutta la realtà sia contenuta al livello del pensiero. E mi pare pure equivalente ad una posizione panteista. Il tutto esiste e sta immanentemente lì, mutando illusorie qualità, derivate da una unica "sostanza" che per alcuni è materia, per altri è pensiero per altri ancora è spirito o sostanza divina.





sgiombo

Citazione di: HollyFabius il 28 Aprile 2016, 14:04:40 PM
Leggendo e riflettendo sugli ultimi commenti mi chiedevo se non fosse razionale, per un materialista radicale, sostenere che la coscienza esista solo a livello percettivo. Tutto sommato mi sembrerebbe una posizione equipollente al pensare, da una posizione idealista radicale, che tutta la realtà sia contenuta al livello del pensiero. E mi pare pure equivalente ad una posizione panteista. Il tutto esiste e sta immanentemente lì, mutando illusorie qualità, derivate da una unica "sostanza" che per alcuni è materia, per altri è pensiero per altri ancora è spirito o sostanza divina.

Personalmente non sono un materialista radicale.

Inoltre ritengo che tanto la materia quanto il pensiero esistano solo a livello percettivo, ovvero siano reali unicamente in quanto percepite, costituite da collezioni o fasci  di sensazioni coesistenti/succedentisi nel tempo (esse est percipi).

Per Spinoza la sostanza non é né materia né pensiero (che ne sono "attributi" sensibili); essa è in sé e non appare (a noi uomini; per lo meno non direttamente) se non mediante questi due attributi (degli infiniti di cui é dotata); un po' come il noumeno kantiano.
E anche io personalmente (si parva licet!!!) penso che esista una realtà in sé in divenire corrispondente sia (in determinate circostanze) al pensiero, sia (in determinate altre circostanze) alla materia.
Mi sembra necessario ammetterlo per spiegare l' altrimenti per me incomprensibile (se non con una per me oscura leibniziana "armonia prestabilita", che non trovo convincente) intersoggettività del divenire materiale (indimostrabile ma necessario se é vera la conoscenza scientifica), e inoltre l' esistenza di lunghi lassi di spazio e di tempo (nell' ambito fenomenico materiale della realtà) senza organismi cui possa ragionevolmente ritenersi correlata un' esperienza fenomenica cosciente: "qualcosa" dovrà pur persistere in tali lassi di spaziotempo per spiegare la continuità del divenire materiale naturale nelle varie esperienze fenomeniche coscienti (allorché accadono) come ci dice accada la scienza .

Loris Bagnara

#107
Segue qualche commento al precedente post di Sgiombo
[questo --> Citazione da: sgiombo - Thu Apr 28 2016 12:56:12 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)]
Ne riporto solo i passi rilevanti.

Citazione[...] salvo l' affermazione "cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo" [...]
Per come io intendevo il senso delle mie parole, la volontà dell'individuo è un'espressione della mente cosciente, ma tu sembri non pensarla così.
Cosa intendi dunque per "volontà dell'individuo"?

Citazione[...] il corpo materiale e il cervello sarebbero  orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri [...]
Qui si spalancherebbe un mondo di domande... Se il corpo e il cervello sono orpelli inutili per la mente cosciente, dato che questa diviene nel suo mondo e per conto suo, per quale motivo la mente cosciente si trova ad essere "innestata", "legata" ad un pezzo di materia che non le fornisce nulla di utile per la sua evoluzione, e di cui potrebbe fare a meno? La mia è una richiesta di senso, lo so come rispondi alle mie richieste di senso, ma questa non è una domanda che riguarda il senso complessivo dell'universo, riguarda il senso di un porzione molto piccola dell'universo, di una porzione molto piccola di materia-pensiero... Se si sfugge anche in questo caso alla richiesta di senso, allora si può sfuggirne sempre, in ogni occasione e per qualunque fenomeno grande o piccolo dell'universo. Le ragioni stesse dell'atto conoscitivo verrebbero meno.
Inoltre, tu dici che la mente cosciente evolve nel suo piano. Ora, ciò che evolve, evolve da una condizione verso un'altra condizione. Nel caso della mente cosciente, qual è la condizione iniziale da cui parte e qual è la condizione finale (oppure la prossima condizione a cui arriverà, in una serie di condizioni infinite)? Ancora: è un'evoluzione che è un progresso, o è un vano girare in tondo senza meta? Naturalmente vorrei anche chiederti "perché?", ma evito...

Citazione[...] (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio").
Dici che la res cogitans non può essere oggetto di conoscenza scientifica perché non è misurabile né verificabile intersoggettivamente. Ma la misurabilità e la verificabilità intersoggettiva della res extensa avviene attraverso la mente cosciente, non per conto suo. Come mai, chiedo, la res cogitans non può compiere sul suo piano quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa? Questa domanda è legata ad un altra: qual è il rapporto fra tutte le menti coscienti che esistono nel piano della res cogitans? Sono in relazione fra loro, nel loro piano? Oppure sono monadi incomunicabili?

CitazioneL' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica).
Perché darsi tanta pena per garantire la conoscibilità del piano materiale, se il prezzo da pagare è la totale inconoscibilità del res extensa, e una assoluta mancanza di senso?
Tanto più che questa insensatezza non è una necessità, ma una precisa scelta dell'impostazione assunta: con altre impostazioni, si può dare una risposta alla richiesta di senso, senza rinunciare in nulla alla conoscibilità del tutto.

CitazioneNon vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano.
Puoi anche non chiamarla schiavitù, ma nella tua concezione la mente cosciente scende in un corpo che non controlla, assiste ad un film che non ha deciso di vedere (cioè tutte le esperienze percettive della vita) e subisce anche le eventuali conseguenze negative (punizioni) di comportamenti assunti dal corpo che la ospita. Quanto all'etica, semplicemente sparisce: se l'agire umano è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito), se il libero arbitrio non esiste... be', non c'è responsabilità morale: quel che accade, accade perché deve accadere.

CitazioneLe cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini.
Allora tanto valeva che il primo uomo che si è chiesto "Perché piove?", prendesse per buona la risposta del suo compagno: "Piove perché piove". L'uomo sarebbe ancora lì, a scheggiare pezzi di selce e a masticare pelli.

CitazioneChiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro [...]
La "totalità del reale" è un'espressione fuorviante: cosa intendi, il nostro universo osservabile?
Allora, non sappiamo se il nostro universo è la totalità del reale: è la totalità dell'osservabile, ma è una cosa ben diversa.
Potrebbero esserci altri universi, e il nostro universo potrebbe essere semplicemente una parte di una totalità maggiore, un fenomeno anch'esso. E se è un fenomeno, non vedo perché non possa chiedermi le ragioni di quel fenomeno, esattamente come per tutti gli altri fenomeni.
E poi, dire che una certa domanda non si può porre perché ti porta al di fuori della "totalità del reale", significa che tu conosci già i limiti della totalità del reale, oppure che li dai per scontati... E invece proprio l'espandersi della conoscenza potrebbe portare a ridefinire i limiti della totalità del reale.
(L'unica totalità rispetto a cui non ci può essere altro è la totalità di tutti i possibili "universi"... ma questo è il TUTTO di cui parla l'esoterismo, ad esempio il Kybalion.)

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 27 Aprile 2016, 10:26:19 AM
B) Nell'ambito della macro-evoluzione, dove non è possibile evidentemente condurre esperimenti di laboratorio, la situazione è ben diversa, e una parte non disprezzabile della comunità scientifica ravvede numerosi problemi irrisolti. La paleontologia offre una documentazione relativamente scarsa, e ovviamente non replicabile in laboratorio. Le ricostruzioni filogenetiche, pertanto, si basano su pochi e controversi elementi, e le lacune sono integrate con abbondante wishful thinking; così come, del resto, la descrizione dei meccanismi che produrrebbero la macro-evoluzione. Non esistono modellazioni matematiche che supportino i meccanismi evolutivi invocati; peraltro si rileva, nei sostenitori della teoria, una sostanziale insensibilità al problema della verosimiglianza dei meccanismi invocati, tanto che il problema di una seria e rigorosa verifica matematica e statistica è poco (o per nulla) sentito. Si ha l'impressione che, per i sostenitori della teoria, la verifica matematica non sia necessaria, forse perché si ritiene esauriente la descrizione dei meccanismi, oppure perché la teoria non può che essere vera (poiché non ve ne sono altre accettabili), e prima o poi le prove arriveranno.
Non è che non esistano modellazioni matematiche, di tentativi ce ne sono fin troppi. Il problema sta nel fatto che in campo macro evolutivo l'attendibilità di queste modellazioni resta assai discutibile e la domanda fondamentale è se davvero la biologia possa essere affrontata adeguatamente con strumenti matematici che tra l'altro di sicuro oggi non abbiamo se non per casi molto semplici e strettamente casuali, come la deriva genetica.
Certamente tutto il discorso è retto da tematiche filosofiche che appartengono ad ambiti culturali e sono proprio questi ambiti culturali che ormai hanno reso l'idea del disegno intelligente di fatto ben poco proponibile in termini scientifici.
Come abbiamo visto lo studio comparato di evoluzione e sviluppo (filogenesi e ontogenesi) sta ormai superando il neo darwinismo classico che faceva dipendere tutto dal genoma, è un approccio nato da poco che a mio avviso potrà portare a sviluppi molto interessanti.
Quanto al problema della coscienza, vista come aspetto evolutivo, essa credo che potrà benissimo venire descritta in termini di funzionamento fisiologico (ad esempio nei termini di continue reiterazioni tra diversi livelli neuronali che funzionano a specchio rendendosi di reciproco stimolo), non con la pretesa di dire cosa è in sé, ma per tentare di stabilire come funziona nell'ambito dell'attività del sistema nervoso senza introdurre misteriosi fluidi trascendenti. Che poi il cosiddetto libero arbitrio sia il prodotto di una necessità di cui il soggetto con le sue volizioni è solo espressione mi pare sia ormai evidente, ma questo non annulla il problema etico, lo sposta semplicemente dall'illusoria pretesa di essere l'artefice autonomo delle proprie scelte, alla piena assunzione della responsabilità di se stessi per quello che si è, per come ci si viene rivelando nel proprio agire.



sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 28 Aprile 2016, 20:02:46 PMRe:Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?
« Risposta #107 il: Oggi alle 20:02:46 »
 
Loris Bagnara ha scritto:

Per come io intendevo il senso delle mie parole, la volontà dell'individuo è un'espressione della mente cosciente, ma tu sembri non pensarla così.
Cosa intendi dunque per "volontà dell'individuo"?

Rispondo:

Per volontà dell' individuo (umano) intendo ciò che l' individuo cosciente vuole (res cogitans). E che non causa le sue azioni; queste sono infatti causate dal suo cervello, precisamente da determinati stati funzionali del suo cervello (res extensa) che causano i movimenti volontari dei suoi muscoli; e che per l' appunto corrispondono biunivocamente alle sue volizioni, ma non vi si identificano.
 
 
 

Loris Bagnara ha scritto:
 
Citazione
"[...] il corpo materiale e il cervello sarebbero  orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri [...]" (Sgiombo)
Qui si spalancherebbe un mondo di domande... Se il corpo e il cervello sono orpelli inutili per la mente cosciente, dato che questa diviene nel suo mondo e per conto suo, per quale motivo la mente cosciente si trova ad essere "innestata", "legata" ad un pezzo di materia che non le fornisce nulla di utile per la sua evoluzione, e di cui potrebbe fare a meno?

Rispondo:

Semplicemente perché (secondo questa tesi; non scientifica ma filosofica; e indimostrabile) così stanno le cose (e ovviamente la res cogitans non è per nulla pertinente rispetto alla res extensa, in particolare all' evoluzione biologica).
Naturalmente la lettera della mia asserzione non fa che riprendere polemicamente le tue parole invertendone il significato (dal rapporto fra res cogitans e res extensa anziché viceversa; o meglio: oltre che e nella stesso senso che viceversa); non è (in assoluto, "fuori dalla polemica") un modo molto felice (è un po' troppo caricaturale) di esprimere la mia convinzione, anche se non ne tradisce la sostanza.
 
 
 

Loris Bagnara ha scritto:

La mia è una richiesta di senso, lo so come rispondi alle mie richieste di senso, ma questa non è una domanda che riguarda il senso complessivo dell'universo, riguarda il senso di un porzione molto piccola dell'universo, di una porzione molto piccola di materia-pensiero... Se si sfugge anche in questo caso alla richiesta di senso, allora si può sfuggirne sempre, in ogni occasione e per qualunque fenomeno grande o piccolo dell'universo. Le ragioni stesse dell'atto conoscitivo verrebbero meno.

Rispondo:

Questo riguarda in generale i rapporti fra res cogitans e res extensa, è un aspetto fondamentale della (mia personale) ontologia, che può spiegare e spiega molte cose particolari ma non ha (né necessita di) spiegazioni (proprio come nell' ambito della res extensa le leggi fisiche spiegano i fatti particolari senza essere spiegate, né necessitare di essere spiegate da alcunché: "Hypotheses non fingo", Newton).
Ma la non pertinenza del concetto di "spiegazione", "ragione" o "senso" al contesto generale non impedisce affatto l' identificabilità di "spiegazioni", "ragioni" o "sensi" dei fatti particolari (che infatti sono offerti per l' appunto dal contesto generale, se non caotico, ma ordinato o "regolato").
 
 

 
Loris Bagnara ha scritto:
 
Inoltre, tu dici che la mente cosciente evolve nel suo piano. Ora, ciò che evolve, evolve da una condizione verso un'altra condizione. Nel caso della mente cosciente, qual è la condizione iniziale da cui parte e qual è la condizione finale (oppure la prossima condizione a cui arriverà, in una serie di condizioni infinite)? Ancora: è un'evoluzione che è un progresso, o è un vano girare in tondo senza meta? Naturalmente vorrei anche chiederti "perché?", ma evito...

Rispondo:

E fai bene!

"La mente "evolve" nel senso che muta, diviene: ora è occupata da un ragionamento deduttivo, ora dalla rievocazione di un ricordo, ora da una fantasia o una immaginazione creativa, artistica, ora da un desiderio, un sentimento, uno stato d' animo, ecc.
In un certo senso "è un vano girare in tondo senza meta (oggettiva, dimostrabile essere giusta o buona; men che meno soprannaturalmente impostale da chichessia)"; ovvero al perseguimento di mete arbitrariamente assunte, avvertite irrazionalmente, fatto che personalmente mi è da grande soddisfazione.
 
 

 
Loris Bagnara ha scritto:

Citazione
"[...] (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio")" (Sgiombo). 
Dici che la res cogitans non può essere oggetto di conoscenza scientifica perché non è misurabile né verificabile intersoggettivamente. Ma la misurabilità e la verificabilità intersoggettiva della res extensa avviene attraverso la mente cosciente, non per conto suo. Come mai, chiedo, la res cogitans non può compiere sul suo piano quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa? Questa domanda è legata ad un altra: qual è il rapporto fra tutte le menti coscienti che esistono nel piano della res cogitans? Sono in relazione fra loro, nel loro piano? Oppure sono monadi incomunicabili?

Rispondo:

Che la verificabilità intersoggettiva della res extensa avvenga attraverso la mente cosciente, e non "per conto suo" mi pare del tutto ovvio.
Ed altrettanto che la res cogitans non possa compiere a proposito di se stessa quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa: se io e te andiamo a Courtmaieur e guardiamo entrambi verso nord-ovest vediamo entrambi il monte Bianco; ma hai un bel guadare verso la mia testa e anche dentro, e mai vedrai in essa i miei pensieri, ma solo il mio cervello e le sue parti, e viceversa da parte mia verso di te.

Ritengo che una realtà in sé o noumeno (a la Kant; o "sostanza", a la Spinoza) sia necessaria proprio per spiegarlo: a determinati enti e/o eventi nel noumeno corrispondono determinate esperienze coscienti, in modo tale che ogni volta che una di tali entità o eventualità è in determinati rapporti con se stessa allora nella corrispettiva esperienza fenomenica cosciente accadono determinate sensazioni mentali (res cogitans), e ogni volta che una di tali entità o eventualità è indeterminati rapporti con altre, da sé diverse entità o eventualità (pure del noumeno) allora nella corrispettiva esperienza fenomenica cosciente accadono determinate sensazioni materiali (res extensa).
Per esempio se io (nell' ambito della mia esperienza cosciente) sto pensando a mia moglie e/o mio figlio (res cogitans) tu puoi (in teoria) constatare (nell' ambito della tua esperienza cosciente) che il mio cervello (res extensa) si trova in un determinato stato funzionale: alla stessa "entità noumenica con correlata coscienza" (per esempio  a me) corrisponde nella "sua" rispettiva esperienza cosciente una determinata res cogitans, nell' esperienza cosciente di un' altra, diversa di tali peculiari "entità noumeniche con correlata coscienza" corrisponde una determinata res extensa (un determinato stato funzionale cerebrale).
 
 
 

Loris Bagnara ha scritto:
 
Citazione
"L' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica)" (sgiombo)
Perché darsi tanta pena per garantire la conoscibilità del piano materiale, se il prezzo da pagare è la totale inconoscibilità del res extensa, e una assoluta mancanza di senso?
Tanto più che questa insensatezza non è una necessità, ma una precisa scelta dell'impostazione assunta: con altre impostazioni, si può dare una risposta alla richiesta di senso, senza rinunciare in nulla alla conoscibilità del tutto.

Rispondo:

(Penso che si tratti di un lapsus e tu intenda la "non conoscibilità della res cogitans").

Perché a quanto pare agli uomini (in generale e a me personalmente in particolare) piace (anche) conoscere scientificamente la res extensa (disinteressatamente, come fine a se stessa, e inoltre per le possibili applicazioni tecniche come mezzi per conseguire fini; limitati e realistici, ovviamente). E a quanto pare questo genere di conoscenza non è possibile della res cogitans.
 
E' logicamente impossibile (non c'è possibile scelta di "impostazione" che tenga!) attribuire un senso alla realtà in toto (non esistendo per definizione alcunché d' altro oltre di essa, dunque in particolare "qualcosa che ne possa costituire il "senso"); si può attribuire un senso solo a una parte della realtà se essa è complessivamente ordinata e non caotica: il senso essendo la collocazione della parte nell' ambito dell' ordine complessivo, le sue "relazioni determinate (nell' ambito dell' ordine complessivo) con altre parti" che spiegano per l' appunto la sua "collocazione" (non necessariamente intesa in senso fisico – topografico, eventualmente anche in senso logico).
 

 
 
Loris Bagnara ha scritto

Citazione
"Non vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano" (Sgiombo).
Puoi anche non chiamarla schiavitù, ma nella tua concezione la mente cosciente scende in un corpo che non controlla, assiste ad un film che non ha deciso di vedere (cioè tutte le esperienze percettive della vita) e subisce anche le eventuali conseguenze negative (punizioni) di comportamenti assunti dal corpo che la ospita. Quanto all'etica, semplicemente sparisce: se l'agire umano è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito), se il libero arbitrio non esiste... be', non c'è responsabilità morale: quel che accade, accade perché deve accadere.
 
Rispondo:

Perché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!
 
Se l'agire umano (libero da condizionamenti estrinseci: da non confondere con condizionamenti intrinseci: tutt' altra cosa!) è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito) dal modo in cui si è (più o meno buoni oppure cattivi), se il libero arbitrio non esiste... be' è proprio per questo che c' è responsabilità morale: quel che si fa, lo si fa perché si hanno determinate qualità morali (più o meno buone o cattive; che dal modo di agire sono appunto dimostrate).
Se invece esiste il libero arbitrio, cioè il nostro agire non è determinato da come si è (caratterizzati da qualità morali più o meno buone o cattive) allora esso è (per definizione) casuale, fortuito: è conseguenza di come (e dimostra che) siamo più o meno fortunati o sfortunati, non più o meno buoni o cattivi; è eticamente irrilevante, insignificante
 
 
 

Loris Bagnara ha scritto

Citazione
"Le cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini" (Sgiombo).
Allora tanto valeva che il primo uomo che si è chiesto "Perché piove?", prendesse per buona la risposta del suo compagno: "Piove perché piove". L'uomo sarebbe ancora lì, a scheggiare pezzi di selce e a masticare pelli.

Rispondo:

Ma è proprio perché le cose stanno (o meglio: divengono) in generale nei termini in cui stanno che si possono spiegare i particolari, per esempio il fatto che piova.
 

 
 
Loris Bagnara ha scritto

Citazione
"Chiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro [...]" (Sgiombo)
La "totalità del reale" è un'espressione fuorviante: cosa intendi, il nostro universo osservabile?
Allora, non sappiamo se il nostro universo è la totalità del reale: è la totalità dell'osservabile, ma è una cosa ben diversa.
Potrebbero esserci altri universi, e il nostro universo potrebbe essere semplicemente una parte di una totalità maggiore, un fenomeno anch''esso. E se è un fenomeno, non vedo perché non possa chiedermi le ragioni di quel fenomeno, esattamente come per tutti gli altri fenomeni.
(L'unica totalità rispetto a cui non ci può essere altro è la totalità di tutti i possibili "universi"... ma questo è il TUTTO di cui parla l'esoterismo, ad esempio il Kybalion.)

Rispondo:

Innanzitutto "totalità" e "parzialità" sono concetti ben diversi da "noumeno" e "fenomeni".
 
La totalità del nostro universo fisico osservabile è la totalità della res extensa; che non è la totalità del reale da noi conoscibile, perché questa include anche la res cogitans (e secondo me anche la cosa in sé).

La totalità di ciò che a noi è consocibile non è detto sia la totalità del reale: potrebbe esser reale (anche se non possiamo intendere compiutamente il senso di queste parole, inevitabilmente "oscure") anche altro di non conoscibile, analogamente a come si è rivelato esere reale (successivamente) altro (precedentemente ignorato) da ciò che precedentemente conoscevamo.

Per chiederti le ragioni del nostro "universo" (termine improprio perché letteralmente significa "il tutto") nell' ambito del metauniverso dovresti conoscere che esiste e come è il metauniverso (non mi pare proprio...); e allora (ammesso e non concesso), se il metauniverso fosse ordinato, potresti identificare le ragioni in esso del nostro "universo".
Ma allora non avrebbe alcun senso chiedersi il "perché?" (ricercare un senso, le ragioni) del "metauniverso" (la vera totalità del reale)...
 
Di esoterismo sono completamente digiuno (sono razionalista).

Loris Bagnara

Segue qualche commento al precedente post di maral
[questo --> Citazione da: maral - Tue Apr 26 2016 22:27:42 GMT+0200]
Ne riporto solo i passi rilevanti.

Citazione[...] l'idea del disegno intelligente era definita entro i confini di una visione precedente che è stata superata in relazione alle sue trascendenti indefinibili implicazioni che non ne permettono alcuna valutazione scientifica, poiché qualsiasi osservatore che volesse dire qualcosa sul disegno intelligente sarebbe un elemento di quello stesso disegno che pretende di definire. 
Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni. Ad un certo punto si è stabilito che dovesse valere quella che Sgiombo ben definisce la "chiusura causale": i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo. Ma lo si è stabilito "a tavolino", come assioma. Un assioma che ti porta all'arcinota contraddizione della causa prima: ossia, dopo aver risalito la catena delle cause fino all'origine (diciamo fino al Big Bang), qui la catena si deve interrompere, perché prima non c'era l'universo e quindi non c'era una causa a cui far attribuire l'inizio dell'universo stesso. Oppure bisogna postulare la causa incausata, l'aristotelico motore immobile... concetto poco scientifico, no?

No, nessuno ha verificato l'ipotesi del disegno intelligente... Benché la moderna fisica quantistica sia arrivata a concepire un universo dove non esistono parti (che sono illusioni), ma solo un TUTTO strettamente interrelato. in questo senso la fisica quantistica è arrivata a capire quello che la philosophia perennis dice da sempre (migliaia e migliaia d'anni). Il fenomeno dell'entanglement è la base su cui avviare una nuova comprensione dell'universo come l'antica Anima Mundi.

E poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo rivelasse? Rivelazione - termine passato di moda, vero? - Certo, nei limiti della nostra comprensione, ma sempre meglio che il non-senso del nulla.
Comunque non procedo oltre col disegno intelligente, perché non è propriamente la soluzione a cui io penso. E' solo per far comprendere che vi è una preclusione ideologica nei suoi confronti.

CitazioneMa è proprio alla luce di questa unità che non ha senso considerare la materia separata dalla coscienza o la coscienza come una sorta di spiritualità del tutto immateriale che dal di fuori ordina la materia.
Infatti, sono d'accordo. Io sono un assoluto monista. Lo spirito e la materia sono i due poli di una stessa sostanza non-manifesta (Para Brahman può essere uno dei suoi nomi). Però io credo che questa sostanza non manifesta emani da se stessa l'aspetto materia (Prakrti) come veicolo e strumento dell'aspetto spirito (Purusha), anch'esso emanato dalla sostanza non-manifesta.

CitazioneC'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.
Io intendevo dire che il fenomeno della coscienza non viene oggi inteso come parte attiva nell'universo, né pertanto indagato come tale. Viene inteso riduttivamente nel modo che hai detto tu. Io, sinceramente, provo quasi compassione per questi tentativi, per queste menti peraltro brillanti che credono di poter spiegare l'origine della coscienza in questo modo. In poche righe si può dimostrare che la coscienza non può venire fuori in quel modo.

Vi è un esperienza interiore che tutti possono fare, ed è quella del proprio perdurare come io-sono aldilà dei mutevoli contenuti che attraversano l'io-sono.
Ora, se l'io-sono perdura costantemente, e se è vero che esso è generato dal corpo, si deve trovare qualcosa nel corpo che perdura.
Ma vi è qualcosa nel corpo che perdura? Assolutamente no. Perfino nel cervello non c'è nulla che sia immutabile: i neuroni (benché propriamente non muoiano) comunque scambiano molecole, energia, cambiano potenziale elettrico etc.
Non c'è nulla che resti uguale a se stesso nel corpo umano, e dunque nulla a cui agganciare quell'io-sono che noi sentiamo indubitabilmente essere sempre uguale a se stesso.

Loris Bagnara

Sgiombo, replico solo a un paio di cose del tuo ultimo messaggio.
Per il resto ho compreso la tua concezione, quel tanto che basta per starne alla larga (detto con simpatia  ;)).

CitazionePerché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!
E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto.
Reincarnazione e karma, questi sono i concetti chiave. L'evoluzione della vita è un processo letteralmente infinito che porta ogni atomo a divenire un Dio (concetto che sarebbe da chiarire...), e a sua volta un creatore di universi.
E' questo lo scopo per cui siamo qui.

CitazioneDi esoterismo sono completamente digiuno (sono razionalista).
L'esoterismo e la teosofia sono assolutamente razionali, benché includano anche la comprensione di stati di coscienza sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere.
C'è molta più razionalità nella concezione teosofica che nella tua, dove ravvedo (ma è una mia opinione) una razionalità fredda, artificiosa, inutilmente complicata, un po' sofistica, troppo disinteressata alle vere domande che l'uomo si pone. E dove l'amore e la fratellanza umana sembrano quasi parole prive di senso.
(Sempre con simpatia, mi raccomando...  ;D)

sgiombo

CitazioneLoris Bagnara ha scritto:


"Perché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!". (Sgiombo).

 
E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto.
Reincarnazione karma, questi sono i concetti chiave. L'evoluzione della vita è un processo letteralmente infinito che porta ogni atomo a divenire un Dio (concetto che sarebbe da chiarire...), e a sua volta un creatore di universi.
E' questo lo scopo per cui siamo qui.

 
Rispondo:


Capisco a mia volta quanto basta per tenermici altrettanto simpaticamente alla larga!

(Curioso!).
 
 



Loris Bagnara ha scritto:


L'esoterismo e la teosofia sono assolutamente razionali, benché includano anche la comprensione di stati di coscienza sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere.
C'è molta più razionalità nella concezione teosofica che nella tua, dove ravvedo (ma è una mia opinione) una razionalità fredda, artificiosa, inutilmente complicata, un po' sofistica, troppo disinteressata alle vere domande che l'uomo si pone. E dove l'amore e la fratellanza umana sembrano quasi parole prive di senso.

(Sempre con simpatia, mi raccomando...).
 
Rispondo:


Beh se per te l' autocontraddizione e il credere del tutto acriticamente alle più sfrenate fantasie è "razionalismo" (vedi appena sopra), se alla razionalità ritieni si possa rinfacciare di essere troppo "fredda" (o anche "calda") anziché troppo poco coerente e conseguente, allora con questa parola intendiamo concetti radicalmente diversi, anzi diametralmente opposti!
Ma autocontraddittorio (per come intendo io il concetto assolutamente irrazionale) è anche (pretendere di) affermare che la razionalità consentirebbe "anche la comprensione di stati di coscienza sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere".
 
Amore e fratellanza umana sono sentimenti, non ragionamenti.
Non sono in relazione né di affinità né di incompatibilità con la ragione ma casomai vi è fra essi e la razionalità un rapporto di (possibile; e per me auspicabile) complementarietà: si può benissimo essere irrazionalistissimi e superstiziosissimi e al contempo sentimentalmente aridissimi, grettissimi e meschinissimi; e si può essere razionalistissimi e al contempo generosissimi e magnanimissimi.
(Personalmente, non senza una buona dose di presunzione, mi sono sempre definito "un razionalista sentimentale").
 
Simpatia a parte, sono comunque per me interessanti alcune tue obiezioni a Maral, alle quali cercherò di rispondere con la dovuta calma appena ne avrò il tempo.

sgiombo

#113
Loris Bagnara ha scritto:

Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni. Ad un certo punto si è stabilito che dovesse valere quella che Sgiombo ben definisce la "chiusura causale": i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo. Ma lo si è stabilito "a tavolino", come assioma. Un assioma che ti porta all'arcinota contraddizione della causa prima: ossia, dopo aver risalito la catena delle cause fino all'origine (diciamo fino al Big Bang), qui la catena si deve interrompere, perché prima non c'era l'universo e quindi non c'era una causa a cui far attribuire l'inizio dell'universo stesso. Oppure bisogna postulare la causa incausata, l'aristotelico motore immobile... concetto poco scientifico, no?

Rispondo:

Non é che si é arbitrariamente stabilito "per capriccio" o per "biechi motivi ideologici" di "abolire Dio dalla natura" e "stabilire la chiusura causale del mondo fisico".
Semplicemente si é constatato che per credere vero ciò che ci dice la conoscenza scientifica (e per contunuare a fare ricerca scientifica) é necessario postulare che Dio, se anche c' é, non interferisca (da dopo la creazione fino all' apocalissi) col divenire naturale, così come nient' altro di non naturale: bisgna che il divenire naturale sia regolato secondo modalità universali e costanti e questo non consente l' irrompere in esso di elementi di disordine, che falsificherebbe ogni e qualsiasi legge fisica conosciuta o immaginabile; per esempio non é vero che e = m (c al quadrato), se Dio o chi per esso può, volendo, annichilire qualche corpo massivo senza trasformarlo nella quantità prevista di energia oppure far comparire un corpo massivo non "a spese" della quantità corrispondente di energia; sarà casomai vero che a volte, quando Dio si astiene dal mettere il naso nel mondo, saltuariamente e = m (c al quadrato), altre volte no, ovvero che il mutamento naturale é caotico e non conoscibile scientificamente. Tertium non datur.
E' sulla base di questo presupposto ineludibile che si possono mettere alla prova delle osservazioni empiriche le ipotesi scientifiche.

Se l' universo fisico ha avuto un inizio (e magari avrà una fine) bisogna ammettere che l' universalità e costanza delle leggi fisiche non sono propriamente tali, ma solo limitatamente alla durata dell' universo.
Non é detto che questo sia meno verosimle rispetto all' ipotesi di durata infinita; semplicemente crederlo é meno razoinalistico per il rasoio di Ockam (richiede di ammettere almeno due affermazioni indimostrabili: che la natura diviene secondo le leggi fisiche dal B.b. all' apocalisse -1- e che prima ed eventualmente dopo non era/sarà così -2- contro un' unica affermazione indimostrabile: "la natura diviene secondo le leggi fisiche", che senza ultriori determinazioni significa "per sempre e dovunque").
Se fossero più filosoficamente ferrati i ricercatori "mainstream" (o, come preferisco dire, conformisti) ne sarebbero indotti non ad abbandonare, ma almeno ad accettare meno acriticamente la teoria del B.b. ed impiegare risorse economiche anche per esplorare ipotesi alternative.




Loris Bagnara ha scritto:

No, nessuno ha verificato l'ipotesi del disegno intelligente... Benché la moderna fisica quantistica sia arrivata a concepire un universo dove non esistono parti (che sono illusioni), ma solo un TUTTO strettamente interrelato. in questo senso la fisica quantistica è arrivata a capire quello che laphilosophia perennis dice da sempre (migliaia e migliaia d'anni). Il fenomeno dell'entanglement è la base su cui avviare una nuova comprensione dell'universo come l'antica Anima Mundi.


E poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo rivelasse?

Rispondo:

L' entanglement quantistico non ha nulla di "misterioso", é una regolarità del divenire naturale come le altre, solo "un po' inaspettata" al momento in cui é stata scoperta.
E' fra l' altro perfettamente inquadrabile in un' interpretazione epistemica, ontologicamente deterministica "a variabili nascoste", dell' indeterminismo quantistico, quella di Bohm, (per quanto questa interpretazione non piaccia ai ricercatori conformisti, scarsamente ferrati in filosofia e indulgenti verso l' irrazionalismo come sono).


Resto in paziente, anche se scettica, attesa di rivelazioni divine...





Maral ha scritto:

C'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.

E Loris Bagnara ha risposto:

Io intendevo dire che il fenomeno della coscienza non viene oggi inteso come parte attiva nell'universo, né pertanto indagato come tale. Viene inteso riduttivamente nel modo che hai detto tu. Io, sinceramente, provo quasi compassione per questi tentativi, per queste menti peraltro brillanti che credono di poter spiegare l'origine della coscienza in questo modo. In poche righe si può dimostrare che la coscienza non può venire fuori in quel modo.

Rispondo a mia volta:

Stavolta sono sostanzialmente d' accordo con Loris (tranne però circa la coscienza intesa come parte attiva nell'universo fisico).

Il dualismo "interazionista" cartesiano, palesemente insostenibile, non é l' unico possibile dualismo.
E altrettanto insostenibile é, a mio parre, il monismo materialistico.

La neurofisiologia può solo conoscere tendenzialmente sempre meglio i meccanismi fisiologici cerebrali e stabilire le corrispondenze fra determinati meccanismi nurofisiologici e determinati stati di coscienza; può anche studiarne gli aspetti funzionali e pure algoritmici; ma non può pretendere di identificare le due ben diverse, anche se "strettamente correlate" cose: trasmissioni di potenziali di azione in fibre nervose e attraverso sinapsi (in ultima analisi molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forze), e anche elaborazioni algoritmiche su di esse implementate (e riproducibili in linea di principio su altri hardwares) da una parte e sensazioni, sentimenti, ricordi, ragionamenti, ecc. dall' altra.

Loris Bagnara

Una questione tira l'altra...
Cito ancora qua e là da Sgiombo, e commento.

CitazioneE' logicamente impossibile (non c'è possibile scelta di "impostazione" che tenga!) attribuire un senso alla realtà in toto (non esistendo per definizione alcunché d' altro oltre di essa, dunque in particolare "qualcosa che ne possa costituire il "senso");
Infatti, sono d'accordo. Proprio perché è vero quel che dici, l'unica soluzione logicamente sensata è che la totalità del reale sia il TUTTO: il TUTTO è ciò che include in sé tutte le possibili cause, tutti i possibili effetti e tutti i possibili sensi. Gli universi manifestati sono solo espressioni contingenti del TUTTO.

CitazioneSemplicemente si é constatato che per credere vero ciò che ci dice la conoscenza scientifica (e per contunuare a fare ricerca scientifica) é necessario postulare che Dio, se anche c' é, non interferisca (da dopo la creazione fino all' apocalissi) col divenire naturale, così come nient' altro di non naturale: bisgna che il divenire naturale sia regolato secondo modalità universali e costanti e questo non consente l' irrompere in esso di elementi di disordine, che falsificherebbe ogni e qualsiasi legge fisica conosciuta o immaginabile; [...]
Ora ho finalmente capito cos'è che disturba tanto nell'idea del disegno intelligente. Se si intende la versione riportata da Sgiombo, sono perfettamente d'accordo anch'io: un Dio "interventista" è qualcosa che mi fa letteralmente ribrezzo. Questa sì che è una visione superata, ma superata non solo dalla scienza, anche dalla filosofia. Superata e ingenua.
Quel che si deve intendere, quando si parla di disegno intelligente, è qualcosa di più sottile.

Supponiamo che Dio esista. Se esiste, e se decide di creare un universo, ha naturalmente carta bianca: può stabilire le leggi fisiche che crede e bilanciarle come crede; ha a disposizione tutta la materia che vuole, materia da lavorare come più gli aggrada; ha tutto lo spazio che serve per sistemare quella materia e ha anche tutto il tempo necessario da dare a quell'universo per evolvere. Giusto? Ora, però, converrete che se Dio decide di creare un universo, non lo fa tanto per fare, ma per uno scopo, giusto?

E allora immaginiamo Dio come il più felice degli ingegneri che può progettare una macchina industriale avendo completa carta bianca su tutto, dalle leggi fisiche ai materiali. Non penserete certo che quell'ingegnere realizzerà una macchina insensata che non produce nulla? Assurdo, no? Quell'ingegnere realizzerà certamente un macchina che, una volta avviata, produrrà esattamente quello che l'ingegnere si prefigge, senza alcun bisogno di interventi straordinari.

La concezione, più seria, del disegno intelligente è questa: il disegno intelligente è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse. Semmai, potrebbe restare stupito della straordinaria finezza della sua regolazione, tanto che se il cosmo fosse regolato diversamente, anche di pochissimo, lui non sarebbe lì a stupirsi di tanta meraviglia... E' il principio antropico: l'universo sembra essere regolato per poter dare luogo alla vita e alla vita intelligente.

CitazioneL' entanglement quantistico non ha nulla di "misterioso", é una regolarità del divenire naturale come le altre, solo "un po' inaspettata" al momento in cui é stata scoperta.
Infatti io non invoco nulla di misterioso. Tutto ciò che accade nell'universo è naturale. Anche i fenomeni psi, come la telepatia, che potrebbero trovare una spiegazione nel fenomeno dell'entanglement.

Concludo chiedendo a Sgiombo una cosa che mi sono dimenticato di chiedere prima.
Nella tua concezione, la mente cosciente è mortale o immortale? Esiste prima di congiungersi al corpo materiale? Se sì, qual è la sua condizione? E dopo la morte del corpo materiale, continua a esistere la mente cosciente? E se sì, qual è la sua condizione?
Visto che colleghi la mente cosciente al piano ontologico della res cogitans, mi viene da pensare, per coerenza, che tu la ritenga immortale.

sgiombo

Citazione
Re:Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?

« Risposta #107 il: Oggi alle 20:02:46 »

Loris Bagnara ha scritto:

Infatti, sono d'accordo. Proprio perché è vero quel che dici, l'unica soluzione logicamente sensata è che la totalità del reale sia il TUTTO: il TUTTO è ciò che include in sé tutte le possibili cause, tutti i possibili effetti e tutti i possibili sensi. Gli universi manifestati sono solo espressioni contingenti del TUTTO.

Rispondo:

Ma questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale.  



 Loris Bagnara ha scritto:

Ora ho finalmente capito cos'è che disturba tanto nell'idea del disegno intelligente. Se si intende la versione riportata da Sgiombo, sono perfettamente d'accordo anch'io: un Dio "interventista" è qualcosa che mi fa letteralmente ribrezzo. Questa sì che è una visione superata, ma superata non solo dalla scienza, anche dalla filosofia. Superata e ingenua.
Quel che si deve intendere, quando si parla di disegno intelligente, è qualcosa di più sottile.

Supponiamo che Dio esista. Se esiste, e se decide di creare un universo, ha naturalmente carta bianca: può stabilire le leggi fisiche che crede e bilanciarle come crede; ha a disposizione tutta la materia che vuole, materia da lavorare come più gli aggrada; ha tutto lo spazio che serve per sistemare quella materia e ha anche tutto il tempo necessario da dare a quell'universo per evolvere. Giusto? Ora, però, converrete che se Dio decide di creare un universo, non lo fa tanto per fare, ma per uno scopo, giusto?

E allora immaginiamo Dio come il più felice degli ingegneri che può progettare una macchina industriale avendo completa carta bianca su tutto, dalle leggi fisiche ai materiali. Non penserete certo che quell'ingegnere realizzerà una macchina insensata che non produce nulla? Assurdo, no? Quell'ingegnere realizzerà certamente un macchina che, una volta avviata, produrrà esattamente quello che l'ingegnere si prefigge, senza alcun bisogno di interventi straordinari.

La concezione, più seria, del disegno intelligente è questa: il disegno intelligente è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse. Semmai, potrebbe restare stupito della straordinaria finezza della sua regolazione, tanto che se il cosmo fosse regolato diversamente, anche di pochissimo, lui non sarebbe lì a stupirsi di tanta meraviglia... E' il 
principio antropico: l'universo sembra essere regolato per poter dare luogo alla vita e alla vita intelligente.

Rispondo:

Se il disegno intelligente "è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse", allora spiega l' evoluzione biologica unicamente con cause naturali. E infatti questo è prprio ciò che effettivamente fanno tutti i non pochi scienziati seri credenti: la spiegano con le mutazioni genetiche casuali e la selezione naturale.

Il principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse.
Allo stesso modo che se dell' acqua è calda, allora bisogna per forza che o si è formata calda, per liquefazione del vapore, oppure che sia stata scaldata: la celeberrima "scoperta dell' acqua calda"!   
 


Loris Bagnara ha scritto:

Infatti io non invoco nulla di misterioso. Tutto ciò che accade nell'universo è naturale. Anche i fenomeni psi, come la telepatia, che potrebbero trovare una spiegazione nel fenomeno dell'entanglement.

Rispondo:

Beh se ritieni reale la telepatia e i fenomeni "paranormali" (credo intenda questo con "psi" -?-), allora vale lo stesso discorso del definire "razionale" l' autocontraddirsi: parliamo lingue diverse e non intertraducibili!
Per usare una tua felice espressione, ci conviene stare reciprocamente alla larga!  



Loris Bagnara ha scritto:

Concludo chiedendo a Sgiombo una cosa che mi sono dimenticato di chiedere prima.
Nella tua concezione, la mente cosciente è 
mortale immortale? Esiste prima di congiungersi al corpo materiale? Se sì, qual è la sua condizione? E dopo la morte del corpo materiale, continua a esistere la mente cosciente? E se sì, qual è la sua condizione?
Visto che colleghi la mente cosciente al piano ontologico della res cogitans, mi viene da pensare, per coerenza, che tu la ritenga immortale.

Rispondo:

Per quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine).
Ma certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire...

maral

Citazione di: Loris Bagnara il 28 Aprile 2016, 23:07:47 PM
Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni.

Non c'è dubbio che vi siano ragioni culturali e filosofiche a monte, sviluppatesi a partire dalle stesse precedenti storie delle trascendenze che ora vengono negate, ragioni che vanno ben oltre la stretta verificabilità scientifica, ma questo non accade ad arbitrio. Non è che
CitazioneAd un certo punto (a tavolino) si è stabilito che ... i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo
ma che ogni pretesa di leggere la trascendenza nei fenomeni è venuta a cadere per una necessità culturale che appartiene alla storia del pensiero occidentale fin dalle sue origini mitiche, e questo divenire in sé autosufficiente potrà certamente essere messa filosoficamente in dubbio, ma non si può cancellarla in nome di un ritorno ai felici vecchi tempi quando la mitologia delle rivelazioni da parte del progettista o da chi si proclamava autorizzato a parlare in nome suo potevano ancora essere intese come credibili.
Qualsiasi discorso sull'origine, che non si appelli a una pretesa mitica arbitraria, è contraddittorio, poiché niente può apparire prima dell'origine della coscienza interpretante che è pur tuttavia il prodotto di questa origine, può solo venire immaginato, l'osservatore non può porsi al di sopra di ciò che vede ritenendo così di godere la visione oggettiva delle cose per come stanno, non può esimere dal dubbio nessuna rivelazione, c'è dentro in ogni caso, anche quando immagina di riceverle dall'alto.
L'entanglement quantistico non esula per nulla dal punto di vista assunto dall'osservatore e resta comunque legato alla probabilità, a un fattore del tutto immanente e casuale, una probabilità che assume addirittura un significato ontologico e autoreferente da cui ogni progetto è radicalmente escluso. Se in essa alcuni avvertono un sapore (ad alcuni gradito ad altri no) di un  misticismo olistico, è comunque un misticismo del tutto immanente alla materia stessa e alla perfetta casualità che determina ogni sua forma.  

CitazioneE poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo rivelasse? Rivelazione - termine passato di moda, vero? - Certo, nei limiti della nostra comprensione, ma sempre meglio che il non-senso del nulla.
Comunque non procedo oltre col disegno intelligente, perché non è propriamente la soluzione a cui io penso. E' solo per far comprendere che vi è una preclusione ideologica nei suoi confronti.
Il problema non è quello delle preclusioni ideologiche alle rivelazioni, ma che una rivelazione può essere accettata solo per fede. Occorre cioè credere a priori nelle rivelazioni per poter dire di averne ricevuta una e ci sarà sempre qualcun altro che quella rivelazione non la trova per nulla degna di fede. La scienza attuale non può basarsi sulle rivelazioni dall'alto, dato che comunque pretende di poter dare una ragione oggettiva del mondo, in grado di reggersi da sola. La scienza pone la fede solo nel suo metodo che le consente di mostrare a chiunque lo applichi che funziona, che sia musulmano, politeista, cristiano, ateo, buddista e via dicendo. E funziona al punto che oggi che lo si voglia o no, che si creda o no alla formulazione tecnico scientifica del mondo, nessuno può e sa farne a meno.
CitazioneVi è un esperienza interiore che tutti possono fare, ed è quella del proprio perdurare come io-sono aldilà dei mutevoli contenuti che attraversano l'io-sono.
Ora, se l'io-sono perdura costantemente, e se è vero che esso è generato dal corpo, si deve trovare qualcosa nel corpo che perdura.
Ma vi è qualcosa nel corpo che perdura? Assolutamente no. Perfino nel cervello non c'è nulla che sia immutabile: i neuroni (benché propriamente non muoiano) comunque scambiano molecole, energia, cambiano potenziale elettrico etc.
Non c'è nulla che resti uguale a se stesso nel corpo umano, e dunque nulla a cui agganciare quell'io-sono che noi sentiamo indubitabilmente essere sempre uguale a se stesso.
E' vero, il senso dell'io è sempre presente alla coscienza, ma il contenuto di esso varia continuamente e quindi varia il cosa io sono a partire da ciò che ora sono. L'io infatti non è una cosa con una sua permanenza oggettiva, ma il modo di darsi di una relazione che accade ripetendosi nel mondo in rapporto a ciò che non sono. L'io non è in nessun modo un assoluto, ma un evento relativo che si ripete mutando continuamente di significato pur conservando la propria complessiva identità di segno. Certo, Damasio e altri neurologi tentano di dare un senso a questo accadere nei termini che consente il linguaggio scientifico di cui sono esperti e questo non è cero sbagliato, se lo si intende come una particolare prospettiva che tenta di individuare nella fisiologia il modo di costruirsi di questa  relazione, è sbagliato invece se questa prospettiva la si intende come l'unico modo esaustivo ed essenziale di dare ragione del proprio essere coscienti di sé.

Loris Bagnara

#117
Citazioni da Sgiombo:
CitazioneMa questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale.
La tautologia è tutta e solo in quella frase, in cui il concetto di TUTTO è stato svuotato (intenzionalmente) di ogni significato.
Eppure è un concetto antico quanto la filosofia: il finito è contingente, solo l'infinito è assoluto.
Evidentemente non lo si è compreso. Nel Kybalion si dice:
"Non appena l'allievo sarà pronto per la Verità, questo libro giungerà a lui."

CitazioneIl principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse.
Questa sì che è una tautologia: si afferma che "l'universo è così perché è così". E questo vale non solo col "perché", ma anche col "come" e col "quanto". Ha senso chiedersi com'è o quant'è l'universo, se l'universo è quel che è e non poteva essere diversamente, e non ci sono nemmeno termini di riferimento per confrontarlo?

CitazionePer quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine).
E con questo si compie l'apoteosi dell'insensatezza. Abbiamo il noumeno, una realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, da cui dipendono due precari piani ontologici che non sussistono di per sé, che non sono nemmeno in grado di interagire l'uno con l'altro, e i cui contenuti fluttuano nell'impermanenza. La mente cosciente sorge dal nulla e sparisce nel nulla, senza spiegare come avvenga il mistero dell'individuazione, cioè come avvenga che io (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sia apparso "qui e ora", e non in un altro qualsiasi "qui e ora". Dov'è l'incoerenza? Non era necessario postulare un piano ontologico proprio per la coscienza: se la l'idea che la mente cosciente è comunque legata all'esistenza corporea, tanto vale risolvere il problema restando nel piano ontologico della materia (e risparmio un piano: rasoio di Occam). Quanto alla realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, sembra proprio avere tutte le prerogative di Dio, senza però che lo si possa nominare tale: l'ideologia materialista non lo consente.

CitazioneMa certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire...
La coerenza logica delle concezioni altrui di solito la si verifica partendo dalle premesse altrui, non dalle proprie.
Io ho fatto così con le concezioni di altri, ma non ho visto fare altrettanto con le mie.

Loris Bagnara

#118
maral ha scritto:
CitazioneL'io infatti non è una cosa con una sua permanenza oggettiva, ma il modo di darsi di una relazione che accade ripetendosi nel mondo in rapporto a ciò che non sono.
Si cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
Come si può affermare che l'io non ha una "permanenza oggettiva"? E' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.

La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà. E invece la mente materialista ribalta la situazione, affermando la realtà della materia e l'inconsistenza dell'io, e costruisce su questa base l'edificio della scienza... Una base che si fonda su un postulato arbitrario e contrario all'esperienza soggettiva. Straordinaria esempio di logica e coerenza. E poi per arrivare a cosa? A non spiegare nulla di rilevante. Ad alzare le mani di fronte ad ogni domanda che non sia un "come" o un "quanto".

Non è fede, questa? E in virtù di cosa si crede all'esistenza degli elettroni, dei protoni, degli atomi e di tutto il resto? Ciascuno di noi li ha personalmente verificati? Ha costruito gli strumenti necessari? Ha elaborato gli strumenti matematici e le teorie necessarie per interpretare i dati? Certamente no. Ci si fida del lavoro di altri ritenuti degni di fiducia, e anche gli scienziati lo fanno: qual è lo scienziato che ha personalmente verificato tutto il "materiale" che gli serve per portare il suo piccolo contributo alla conoscenza? Nessuno, ovviamente: non basterebbero cento vite. La scienza procede perché vi è una comunità di persone ritenute degne di fiducia che convalida risultati ritenuti degni di ficucia.

Ma se applichiamo questo principio ad altri aspetti della realtà, scopriamo di poter espandere la nostra visione della realtà stessa.
Dovremmo prendere atto che da quando esiste l'uomo vi sono stati migliaia, forse milioni di individui che hanno dichiarato di poter vedere una realtà "sottile", esattamente con la stessa certezza con cui ciascuno di noi vede la realtà "grossolana". E fra queste persone, evidentemente dotate di qualche facoltà superiore alla media, esattamente come qualcuno è più intelligente di altri, vi erano e vi sono persone spiritualmente straordinarie, maestri spirituali il cui unico scopo nella vita era ed è aiutare gli altri; persone straordinarie, attorniate da cerchie di persone animate dallo stesso spirito e che hanno portato diretta testimonianza dei loro maestri. Non faccio nomi, ce n'è un'infinità, grandi e piccoli, noti e meno noti. E quel che dicono tutte queste persone, riguardo alla realtà "sottile", è esattamente la stessa cosa. Tutti descrivono in essenza la stessa realtà, con una concordia che non si ritrova neanche nella comunità scientifica.
Perché allora non prestare a queste persone - che non hanno mai mostrato di voler ingannare, anzi il contrario - la stessa fiducia che accordiamo alla comunità scientifica? (Per inciso, è questo ciò che intendevo con "rivelazione", quando ne ho accennato in un post precedente.)

La risposta è semplice: farlo significherebbe minare alla radice la mente materialista, a cui evidentemente si è tanto affezionati.
Ne Il paese dei chiechi, Wells illustra bene come sia impossibile convincere un cieco che esiste una realtà che lui non riesce vedere; e colui che vede, è solo un pazzo.

sgiombo

Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Ma questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale." (Sgiombo)
La tautologia è tutta e solo in queste parole, in cui il concetto di TUTTO è stato svuotato (intenzionalmente) di ogni significato.
Eppure è un concetto antico quanto la filosofia: il finito è contingente, solo l'infinito è assoluto.
Nel Kybalion si dice:
"Non appena l'allievo sarà pronto per la Verità, questo libro giungerà a lui."

Rispondo:
Io ho impiegato il concetto di "tutto" nel suo significato letterale, quale si può trovare nei comuni vocabolari (non svuotandolo di esso)!

Mi sa che per quanto mi riguarda Kybalion e il suo libro dovranno aspettare a lungo; anzi: all' infiniti-assoluto, e dunque invano!


Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Il principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse" (Sgiombo).
Questa sì che è una tautologia: si afferma che "l'universo è così perché è così". E questo vale non solo col "perché", ma anche col "come" e col "quanto". Ha senso chiedersi com'è o quant'è l'universo, se l'universo è quel che è e non poteva essere diversamente, e non ci sono nemmeno termini di riferimento per confrontarlo?

Rispondo:
La risposta a questa domanda é ovviamente NO!

Infatti ovviamente se l' universo contiene la vita intelligente non c' é bisogno di alcun presunto "principio antropico" perché debba essere fatto in modo da contenere la vita intelligente: é già logicamente necessario in quanto tautologico.


Universo = "tutto ciò che é reale" ovvero "oltre al quale non esiste null' altro (con cui si possa confrontarlo)": dunque "confrontarlo" non ha senso.




Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Per quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine)" (Sgiombo).
E con questo si compie l'apoteosi dell'insensatezza. Abbiamo il noumeno, una realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, da cui dipendono due precari piani ontologici che non sussistono di per sé, che non sono nemmeno in grado di interagirel'uno con l'altro, e i cui contenuti fluttuano nell'impermanenza. La mente cosciente sorge dal nulla e sparisce nel nulla, senza spiegare come avvenga il mistero dell'individuazione, cioè come avvenga che io (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sia apparso "qui e ora", e non in un altro qualsiasi "qui e ora". Dov'è l'incoerenza? Non era necessario postulare un piano ontologico proprio per la coscienza: se la l'idea che la mente cosciente è comunque legata all'esistenza corporea, tanto vale risolvere il problema restando nel piano ontologico della materia (e risparmio un piano: rasoio di Occam).



Rispondo:
Non ci vedo proprio nulla di insensato (autocontraddittorio): altro che "apoteosi"!

Io (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sono comparso qui e ora: e perché mai sarei dovuto comparire là e allora?!?!?!

Se constato empiricamente due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti ed entrambi in mutamento più o meno continuo non posso certo appellarmi (indebitamente) al rasoio di Ockam per eliminarne uno o entrambi!
Mica sono ipotesi, sono realtà empiricamente constate!


Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Ma certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire..." (Sgiombo)
La coerenza logica delle concezioni altrui di solito la si verifica partendo dalle premesse altrui, non dalle proprie.
Io ho fatto così con le concezioni di altri, ma non ho visto fare altrettanto con le mie.


Rispondo:
Infatti sei tu che alla mia domanda "Credi forse di essere al mondo (così come sei) per tua libera scelta antecedente alla tua esistenza stessa" mi hai risposto che le cose stanno proprio cosi!

La coerenza logica di una conclusione la si valuta relativamente (é relativa) alle sue premesse, di chiunque siano (come puoi ben constatare ho fatto io in questa discussione).

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