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Lo spazio dell'assoluto

Aperto da Ipazia, 18 Gennaio 2020, 17:43:01 PM

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Ipazia

Citazione di: baylham il 20 Gennaio 2020, 00:11:35 AM
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2020, 17:43:01 PM
In una discussione attuale Anthonyi afferma che durante il medioevo "lo spazio per l'assoluto era già saldamente occupato da Dio" e questo creava un certo bilanciamento tra i vari poteri e interessi secolari. Io concordo con tale affermazione e porrei tale spazio dell'assoluto divino cristiano lungo l'arco di un millennio abbondante: da Teodosio all'Illuminismo. Qualche cane sciolto miscredente vi sarà pure stato, ma irrilevante di fronte allo spazio dell'assoluto vigente nella società considerata.

Tesi che non condivido affatto. L'equilibrio tra i poteri, l'assenza di un potere assoluto, è un dato di fatto di qualunque tempo proprio perché non c'è alcun assoluto, alcun dio.

Magari fosse così: avremmo già risolto il problema. L'assoluto del nostro tempo si chiama Capitale, il cui Figlio è il Denaro e lo Spirito Santo (extenso) il Mercato. Questa santissima trinità domina le nostre vite dalla culla alla tomba così come il Dio cristiano nel suoi secoli d'oro o bui che dir si voglia.

Certo gli assoluti umani, numi compresi, valgono quel che valgono e lasciano il tempo che trovano, molto lungo talvolta, ma nel loro tempo occupano uno spazio pressochè totale dell'universo antropologico ed anche le forze antagoniste non possono far finta che non vi siano e  devono soggiacere al loro valore, pena l'annichilimento.

Gli assoluti metafisici, o più propriamente ideologici, sono altra questione sul piano logico, ma non su quello fattuale, fungendo talvolta da ancelle, tal'altra da suggeritori, dell'assoluto dominante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: baylham il 20 Gennaio 2020, 00:11:35 AM
Citazione di: Ipazia il 18 Gennaio 2020, 17:43:01 PM
In una discussione attuale Anthonyi afferma che durante il medioevo "lo spazio per l'assoluto era già saldamente occupato da Dio" e questo creava un certo bilanciamento tra i vari poteri e interessi secolari. Io concordo con tale affermazione e porrei tale spazio dell'assoluto divino cristiano lungo l'arco di un millennio abbondante: da Teodosio all'Illuminismo. Qualche cane sciolto miscredente vi sarà pure stato, ma irrilevante di fronte allo spazio dell'assoluto vigente nella società considerata.

Tesi che non condivido affatto. L'equilibrio tra i poteri, l'assenza di un potere assoluto, è un dato di fatto di qualunque tempo proprio perché non c'è alcun assoluto, alcun dio.

Quindi i faraoni d'Egitto, monarchi e allo stesso tempo esseri divini cos'erano ? E i regni di Persia, tra i più assoluti che si siano conosciuti nella storia ? Certo è vero che nell'antica Grecia e a Roma vi erano originariamente meccanismi di equilibrio di potere, ma con quale livello di continuità. Nella Grecia c'è Alessando Magno che risolve l'instabilità delle più o meno democratiche città greche, a Roma conosciamo l'evoluzione dalla repubblica all'impero, nel quale, logicamente, l'imperatore si faceva considerare divino, ed era anche pontefice, cioè supremo sacerdote.

L'equilibrio che si è creato, nel medioevo, tra papato ed impero, invece, è durato oltre mille anni, per poi finire non certo con un'ulteriore accentramento del potere, ma con ulteriori redistribuzioni del potere.
La tua affermazione, poi, sull'inesistenza di Dio non è pertinente, qui si discute l'effetto sociale dell'idea di Dio.
Un saluto

Ipazia

Citazione di: paul11 il 19 Gennaio 2020, 18:22:57 PM
L'assoluto non è una legislazione, è il paradigma da cui viene poi una legislazione.
Il ruolo sussistente o insussistente dal punto di vista ontologico dell'assoluto è in funzione delle relazioni fra i domini. Se si pensa che il sensibile abbia un ruolo veritativo, allora sì che l'assoluto diventa insussistente in quanto dispositivo culturale trasformato in convenzione dichiarativa che nulla tange nelle prassi, ma proprio perché credono al valore veritativo del dominio sensibile

Se si pensa che il sensibile reale abbia un ruolo veritativo, ne deriva anche una prassi basata sulla conoscenza delle sue "leggi".

CitazioneQuindi l'ontologia diventa un intento dichiarativo privo di prassi.

No, l'ontologia reale produce techne (tecnoscientifica, etica, politica) nel rispetto ed a conferma della sua verità.

CitazioneE questo è il motivo per cui il Vaticano viene tollerato nelle prassi culturali della post-modernità, è un intento dichiarativo che nulla o poco tange nella realtà, ma serve.....Ma la stessa cosa sono i principi costituzionali, quanto la dichiarazione dei diritti umani ginevrini.......intenti che poco o nulla hanno capacità di entrare nelle prassi. E' il motivo per cui la morale è svanita e si parla solo di etiche, comportamenti nelle prassi. E il pragmatismo americano di scuola anglofona ha voluto fosse così.

Ma molto prima i greci che inventarono la techne del'ethos, che poi è il mores dei latini, per cui non farei grosse distinzioni ontologiche, che odorano di nominalismo scolastico, tra i due concetti.

CitazioneL'assoluto è un involucro oggi che serve quanto il sogno americano, quanto uno slogan di marketing, ma serve ancora per identificare la comunità, quindi a tenerla unita dagli individualismi delle pratiche che la cultura post moderna ha battezzato come fondamento sociale.
E questo problema ,piaccia o non piaccia, nasce da Bacone e si trasmette strumentalmente nel trio Gaileo-Newton-Darwin. Strumentalmente in quanto se n'è fatto ideologia ad uopo proprio contro l'assoluto.

O forse si è tolto il velo a quella Maia e si è visto che non c'era nulla. Attivandone subito delle altre.

CitazioneIl paradigma non è manipolabile; o si cambiano gli enunciati, postulati, assiomi o non è possibile costruire ,se non contraddittoriamente, segni, signifcati, dichiarazioni, argomentazioni.
Semmai è quì la differenza fra cristianesimo e chiesa. Se la chiesa, intesa come prassi e interpretazione(ermeneutica) del pensiero  dentro la storia, è ancora fautrice del pensiero originario cristiano e quanto e come se ne discosta contraddittoriamente.
La stessa cosa accade con tutti i pensieri sociali quando diventano storia come il marxismo-leninismo ad esempio.

Tutto è manipolabile, inclusi i paradigmi, finchè non divengono del tutto inservibili. Anzi è proprio la manipolazione che permette di tenerli in vita e riempire di gente i templi (sacri e profani, fisici e metafisici). E i manipolatori sono bravi a manipolare appena cala l'indice di gradimento.

Più rigorosi i paradigmi della scienza che si sono ritagliati il loro equo spazio di assoluto nel nostro mondo, parametrando razionalmente pure il passaggio di testimone. Successo dovuto pure all'opera di falsificazione di paradigmi ontologici arcaici, di cui hanno occupato lo spazio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Per me lo spazio dell'assoluto è semplicemente lo spazio, l'infinito contenitore in-contenuto di tutti i corpi e la grande sintesi di tutte le relazioni intercorrenti tra i corpi, corpi che sono essi stessi spazio concentrato e uniche realtà che esistono.

Spazio spinoziano che deve essere infinito in quanto attributo di Dio, spazio che col suo esistere fa esistere altri spazi: l'infinita pensabilità ne implica l'infinita estensione.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

paul11

Citazione di: Ipazia il 20 Gennaio 2020, 11:02:17 AM
Citazione di: paul11 il 19 Gennaio 2020, 18:22:57 PM
L'assoluto non è una legislazione, è il paradigma da cui viene poi una legislazione.
Il ruolo sussistente o insussistente dal punto di vista ontologico dell'assoluto è in funzione delle relazioni fra i domini. Se si pensa che il sensibile abbia un ruolo veritativo, allora sì che l'assoluto diventa insussistente in quanto dispositivo culturale trasformato in convenzione dichiarativa che nulla tange nelle prassi, ma proprio perché credono al valore veritativo del dominio sensibile

Se si pensa che il sensibile reale abbia un ruolo veritativo, ne deriva anche una prassi basata sulla conoscenza delle sue "leggi".

CitazioneQuindi l'ontologia diventa un intento dichiarativo privo di prassi.

No, l'ontologia reale produce techne (tecnoscientifica, etica, politica) nel rispetto ed a conferma della sua verità.

CitazioneE questo è il motivo per cui il Vaticano viene tollerato nelle prassi culturali della post-modernità, è un intento dichiarativo che nulla o poco tange nella realtà, ma serve.....Ma la stessa cosa sono i principi costituzionali, quanto la dichiarazione dei diritti umani ginevrini.......intenti che poco o nulla hanno capacità di entrare nelle prassi. E' il motivo per cui la morale è svanita e si parla solo di etiche, comportamenti nelle prassi. E il pragmatismo americano di scuola anglofona ha voluto fosse così.

Ma molto prima i greci che inventarono la techne del'ethos, che poi è il mores dei latini, per cui non farei grosse distinzioni ontologiche, che odorano di nominalismo scolastico, tra i due concetti.

CitazioneL'assoluto è un involucro oggi che serve quanto il sogno americano, quanto uno slogan di marketing, ma serve ancora per identificare la comunità, quindi a tenerla unita dagli individualismi delle pratiche che la cultura post moderna ha battezzato come fondamento sociale.
E questo problema ,piaccia o non piaccia, nasce da Bacone e si trasmette strumentalmente nel trio Gaileo-Newton-Darwin. Strumentalmente in quanto se n'è fatto ideologia ad uopo proprio contro l'assoluto.

O forse si è tolto il velo a quella Maia e si è visto che non c'era nulla. Attivandone subito delle altre.

CitazioneIl paradigma non è manipolabile; o si cambiano gli enunciati, postulati, assiomi o non è possibile costruire ,se non contraddittoriamente, segni, signifcati, dichiarazioni, argomentazioni.
Semmai è quì la differenza fra cristianesimo e chiesa. Se la chiesa, intesa come prassi e interpretazione(ermeneutica) del pensiero  dentro la storia, è ancora fautrice del pensiero originario cristiano e quanto e come se ne discosta contraddittoriamente.
La stessa cosa accade con tutti i pensieri sociali quando diventano storia come il marxismo-leninismo ad esempio.

Tutto è manipolabile, inclusi i paradigmi, finchè non divengono del tutto inservibili. Anzi è proprio la manipolazione che permette di tenerli in vita e riempire di gente i templi (sacri e profani, fisici e metafisici). E i manipolatori sono bravi a manipolare appena cala l'indice di gradimento.

Più rigorosi i paradigmi della scienza che si sono ritagliati il loro equo spazio di assoluto nel nostro mondo, parametrando razionalmente pure il passaggio di testimone. Successo dovuto pure all'opera di falsificazione di paradigmi ontologici arcaici, di cui hanno occupato lo spazio.
Dal punto di vista filosofico il reale non è nel fisico ,è nel meta-fisico.
E la scienza moderna è coerente nell'affermare, dal suo punto di vista epistemologico, la relatività delle leggi scientifiche e l'opinabilità.
In quanto la verità è inaccessibile solo nel dominio fisico.

L'ontologia non ha prodotto la tecnica, lo ha prodotta una certa  interpretazione gnoseologica.


Confondere le diverse correnti filosofiche greche significa fare un minestrone qualunquistico.

Il diritto romano è  focalizzato sulla domus, sui diritti famigliari, di proprietà, di transazioni economiche; non è più la polis greca.
Muta il paradigma originario filosfico politico.

Cosa ha stabilito che ci fosse "nulla"nella metafisica? La filosfia moderna non ha affatto superato la metafisca antica.Ha solo spostato il focus sulla prassi, creando aborti filosofici di cui la contemporaneità non sa che farsene.E questo spostamento sulla pratica, sui comportamenti umani, animali, dei corpi fisici e naturali, ha giustificato il capitalismo stesso, con buona pace di chi crede il contrario e non sa come uscirne.

La beatificazione di una comunista verso la scienza, è un tuo problema da cui non uscirai mai. Fu lo stesso errore in Engels che beatificò il darwinismo, fu il medesimo errore di Marx che beatificò il materialismo. Ma tutte le ideologie, che sono morte , erano contraddittorie,
Perchè avevano accettato il sogno egocentrico umanistico occidentale di porre l'uomo al di sopra di tutto, per cui tutti accettarono la tecnica e l'idea di progresso esponenziale e se ne servirono, dai nazisti ai liberali, dai fascisti ai comunisti, dai democratici ai dittatori.E dal sogno egocentrico umanistico l'unico concetto coerente e sopravvissuto come un virus mutagenico è proprio la tecnica con il capitalismo.
La tecnica come modello culturale materialistico  e il capitalismo come prassi naturale

viator

Salve Paul11. Citandoti, approvo profondamente : "La beatificazione di una comunista verso la scienza, è un tuo problema da cui non uscirai mai. Fu lo stesso errore in Engels che beatificò il darwinismo, fu il medesimo errore di Marx che beatificò il materialismo. Ma tutte le ideologie, che sono morte , erano contraddittorie,
Perchè avevano accettato il sogno egocentrico umanistico occidentale di porre l'uomo al di sopra di tutto, per cui tutti accettarono la tecnica e l'idea di progresso esponenziale e se ne servirono, dai nazisti ai liberali, dai fascisti ai comunisti, dai democratici ai dittatori.E dal sogno egocentrico umanistico l'unico concetto coerente e sopravvissuto come un virus mutagenico è proprio la tecnica con il capitalismo.
La tecnica come modello culturale materialistico  e il capitalismo come prassi naturale".
Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 20 Gennaio 2020, 16:30:13 PM
Dal punto di vista filosofico il reale non è nel fisico ,è nel meta-fisico.

Dipende quale filosofia (vorremo mica fare un minestrone qualunquistico  :) ). Per la filosofia realistica il reale sta nel fisico, non nel metafisico

CitazioneE la scienza moderna è coerente nell'affermare, dal suo punto di vista epistemologico, la relatività delle leggi scientifiche e l'opinabilità. In quanto la verità è inaccessibile solo nel dominio fisico.

Opinabilità mica tanto. Bisogna passare prima per l'experimentum crucis. E se si passa non è più opinione. La verità è accessibile solo nel dominio fisico perchè non c'è un mondo dietro il mondo.

CitazioneL'ontologia non ha prodotto la tecnica, lo ha prodotta una certa interpretazione gnoseologica.

L'ontologia considera lo spazio degli oggetti reali, dai quali solo si può produrre tecnica.

CitazioneConfondere le diverse correnti filosofiche greche significa fare un minestrone qualunquistico.
Il diritto romano è  focalizzato sulla domus, sui diritti famigliari, di proprietà, di transazioni economiche; non è più la polis greca. Muta il paradigma originario filosfico politico.

Non ho mai confuso le diverse correnti filosofiche greche e neppure le correnti filosofiche moderne che da quelle filosofie si sono evolute. L'ethos classico non era invece così diverso: adoravano gli stessi dei, vivevano sul lavoro degli schiavi e trovavano insensate le guerre di religione avendo chiara la distinzione tra politica e religione, per quanto i preti si dessero molto da fare anche da loro. Per evitare seccature, alla Enrico VIII, unificarono tutto sotto il re-imperatore. E non fu certo peggio delle teocrazie, perchè morto un dio se ne faceva un altro.

CitazioneCosa ha stabilito che ci fosse "nulla" nella metafisica?

Non nella metafisica, bensì nella trascendenza. Nello spazio "assoluto" occupato dalla religione.

CitazioneLa filosofia moderna non ha affatto superato la metafisca antica. Ha solo spostato il focus sulla prassi, creando aborti filosofici di cui la contemporaneità non sa che farsene. E questo spostamento sulla pratica, sui , ha giustificato il capitalismo stesso, con buona pace di chi crede il contrario e non sa come uscirne.

Il capitalismo non aveva bisogno di essere giustificato da nessuna filosofia, perchè la sua filosofia l'ha prodotta, e continua a produrla, in proprio. E non riguarda tanto i "comportamenti umani, animali, dei corpi fisici e naturali" quanto il loro valore di mercato.

CitazioneLa beatificazione di una comunista verso la scienza, è un tuo problema da cui non uscirai mai. Fu lo stesso errore in Engels che beatificò il darwinismo, fu il medesimo errore di Marx che beatificò il materialismo. Ma tutte le ideologie, che sono morte , erano contraddittorie,

Gli atei non beatificano nulla. Danno a Cesare quello che è di Cesare. E si disinteressano di quello che è di Dio.

CitazionePerchè avevano accettato il sogno egocentrico umanistico occidentale di porre l'uomo al di sopra di tutto, per cui tutti accettarono la tecnica e l'idea di progresso esponenziale e se ne servirono, dai nazisti ai liberali, dai fascisti ai comunisti, dai democratici ai dittatori. E dal sogno egocentrico umanistico l'unico concetto coerente e sopravvissuto come un virus mutagenico è proprio la tecnica con il capitalismo.
La tecnica come modello culturale materialistico e il capitalismo come prassi naturale

E chi dovevano porre al di sopra di tutto ? Gli dei falsi e bugiardi ? La tecnica è destino umano, quello che ci permettere di proteggere i nostri cuccioli e le nostre vite dai predatori. Essa non è sussumibile al capitalismo, che semmai la sussume ai suoi scopi. La prassi naturale è la sopravvivenza umana, anche nelle epoche buie in cui si pensava di sconfiggere le pestilenze con le processioni. Uno spazio dell'assoluto davvero vuoto. A perdere.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Se il presunto "posto vuoto" dell'assoluto, ovvero la possibile assenza di uno "spazio" ulteriore rispetto alla (ri)strettezza della contingenza umana in cui non c'è traccia dell'assoluto come sostantivo (e tanto più come sostanza, semmai solo come aggettivo), è la disincantata e schietta "scoperta" perpetrata da alcune proposte filosofiche contemporanee, allora rifiutare l'elaborazione culturale di tale assenza, preservandosi dal pensare senza assoluti(smi), non mantiene aperto maldestramente il discorso onto(teo)logico dopo averne ormai compromesso le fondamenta (e la loro sedicente assolutezza)?
Chiesto in altro modo (fra psicoanalisi e maieutica): perché nel pensiero contemporaneo si avverte il bisogno (de)ontologico di trovare comunque un posto all'assoluto (sostantivo e "sostanziale") quando per sua stessa "auto-presentazione" esso non ha posto calzante se non nell'iperuranio dei concetti tautologicamente postulati come tali (meta-fisici cioè ultra-terreni), e quindi relativi al pensiero che così li postula?

La stessa domanda riguarda lo "spiritualismo" (di cui si parla in altro topic) e sia per «spirito» che «assoluto» è fondamentale intendersi sul loro fantomatico referente: la polisemia del termine «assoluto» (proprio come quella di «spirito»), aggravata dal suo prestarsi a metafore, non facilita il discorso (che rischia di disperdersi fra misticismo, scienza, storia, poesia, etc.).

Collegandomi ad altro topic affine, riguardo l'approccio postecclesiastico alla "spiritualità"1 e alla dialettica individuo/società, osserverei che è stata la struttura organizzativa dell'immanenza secolare a forgiare, o almeno ispirare, quella ecclesiale; la chiesa in fondo non è altro che l'ennesima organizzazione piramidale, come lo è quella di un qualunque branco, qualunque società, qualunque azienda, qualunque stato, etc. ognuno fondato su norme (anche consuetudini, etc.) strutturanti le interazioni fra i suoi membri. Che tali regole abbiano fondamento nel cielo, nella terra, nel mercato, nell'istinto animale o nelle tradizioni, è rilevante solo a livello giustificativo-persuasivo o di analisi del fondamento, ma non a livello funzionale e archi-tettonico (arché incluso).
L'esigenza di un ordine verticale (con l'inevitabile conseguente discriminazione di ruoli, differenti ricompense e carichi di lavoro, etc.) per essere più efficienti e "in salute", è un'astuzia pragmatica da sempre chiara anche agli animali, nessuna chiesa o altra organizzazione sociale, soprattutto se molto numerosa, avrebbe ragionevole motivo di fare eccezione. Eccezione che semmai spetterebbe ad una posizione di pensiero che abbia intenzione di non proporsi come organizzazione, struttura, comunità, "piramide": ad esempio, il pensare ateo non è di per sé atto fondativo di una chiesa, quanto piuttosto una "postura esistenziale" (come credo intenda baylham), postura "gobba" se vogliamo (che guarda alla terra dove mette i piedi e dove può verificare le sue tesi, al netto di sofismi, fallacie e bias). Tuttavia se, nel fatale oblio di muoversi nel campo della infalsificabilità delle tesi antagoniste (e non in quello della verità), tale postura indulge nel catechizzarsi, ecumenizzarsi, sentendosi "in missione di conversione nel mondo" (cattolicesimo docet), la sua militanza non potrà che essere percepita comunemente in modo simile all'apparente autocontraddizione programmatica rilevata da myfriend (a cui Ipazia ha ragionevolmente ricordato la pluralità degli ateismi, anche se sarebbe bastata anche solo la pluralità degli atei).

Dunque quale salus extra ecclesiam? La più percorribile mi pare quella che intende salus non come salvezza spirituale (perché, venuta meno la dottrina dell'ecclesia, non c'è uno spirito da salvare e sia lo zeitgeist che lo Spirito hegeliano non hanno bisogno di salvezza, essendone semmai forieri), ma semplicemente come salute, quella banalmente trattata da medici, psicologi e simili (e se sembra troppo poco, le porte delle spiritualità restano fiduciosamente aperte, per quanto l'ossimorica "spiritualità sine ecclesiam", corteggiata del pensatore ateo, può essere rintracciata perlopiù nel dissimulato misoneismo o nel compiaciuto "riciclo customizzato" di altarini votivi... è davvero ancora spiritualità?).


Qual'è la fruibilità, estetica discorsiva a parte, del riappropriarsi metaforicamente di categorie non nate per essere solo una metafora («assoluto» come sostantivo, «spirito» e altri lemmi del dizionario metafisico), perché utilizzare termini già sovraccarichi di storia e di significati, ingolfandoli di altri sensi, nel tentativo di attualizzarli o nel rifiuto (psicologico prima che metodologico) di rinunciare alla loro "sacralità" speculativa?
Attualizzare la riflessione filosofica, aggiornando i significati ma senza voler aggiornare i significanti, rischia secondo me di essere un gesto "incauto" similmente all'usare un capitello corinzio come incudine: magari funziona, ma né rende giustizia al valore storico-estetico del capitello, né garantisce di essere efficace a lungo termine (essendo il capitello fatto per reggere il peso di un'architrave, non per essere preso a martellate).

davintro

lo spazio dell'assoluto, da cui l'assoluto non potrà mai essere sradicato, è quello dei presupposti fondativi a partire da cui ogni discorso, ogni opinione, comprese quelle di stampo relativistico, che negano l'esistenza o la possibilità di una conoscenza razionale dell'assoluto, legittima le sue pretese di verità. Fintanto che un criterio di giudizio non assume i caratteri dell'assoluto, di ciò che è sciolto da legami, e resta contingente, vincolato a condizioni ad esso estrinseche, la tesi che ne deriva si troverà impossibilitata a render ragion di se stessa, perché priva di argomenti che possano tutelarla da obiezioni miranti a metterla in dubbio, e che potrebbero far leva sul negare l'esistenza delle condizioni a cui la validità del criterio non assolutistico sarebbe vincolata. Solo poggiando su criteri di verità assoluti, autoevidenti e autonomi, un discorso avrebbe gli strumenti per poter razionalmente opporsi alle obiezioni, potendo appunto rivendicare il fondamento indiscusso su cui poggia, indiscusso proprio perché universalmente valido, cioè "assoluto". E se anche alla necessità di questo criterio assoluto, funzionale a che un discorso sappia in modo razionale tutelarsi dai dubbi, si volesse opporre, come fa lo scetticismo, l'impossibilità di una convalida pienamente razionale e certa di ogni giudizio, accettando la dubitabilità come orizzonte invalicabile del pensiero, pensando in questo modo, facendo cadere la necessità della certezza razionale, di far cadere anche la necessità della fondazione assoluta, fondativa di questa certezza, le cose non cambierebbero. Infatti, anche formulando il giudizio "tutto è dubitabile" resterebbe il fatto che tale giudizio implichi la posizione di un limite della conoscenza umana nei confronti della realtà oggettiva, e che dunque la dubitabilità non può essere negatrice dell'esistenza reale di un assoluto, ma solo l'ammissione di incapacità del pensiero, il limite appunto, nei confronti di questa realtà e della verità, verità, che, ricorda Tommaso d'Aquino, è tale sempre come adeguazione alla realtà. L'incapacità del pensiero umano di poter convenire su delle certezze non toglie il fatto che nella realtà oggettiva ogni verità, che la si riconosca o meno, può essere tale solo se fondata su una verità assoluta, che è tale in quanto corrisponde a una realtà assoluta. Dunque l'assoluto non è solo una necessità logica di garanzia di verità del discorso, ma proprio in virtù di ciò, è anche principio reale ontologico. La rottura del nesso dialettico tra logica e ontologia, nesso sintetizzabile nella formula tommasiana "la verità è adeguazione dell'intelletto alla cosa" è l'errore alla base di tutti i pensiero-debolismi e irrazionalismi vari che infestano la filosofia contemporanea. Il compito di un'autentica filosofia sta nella speculare circa le corrette implicazioni logiche discendenti da quest'idea di assoluto, di per sé ancora generica e informale, in modo coerente e consequenziale.  E quanto più si specula, tanto più inevitabilmente si allarga il margine degli errori, delle imprecisioni, dei pregiudizi irrazionali, e dunque anche il margine delle variabili con cui "materialmente" riempiamo la forma logica dell'assoluto con le diverse visioni filosofiche o teologiche che si susseguono nella storia. Ma al netto di tali varianti, l'idea di assoluto resta in se stessa sempre presente come presupposto, anche quando implicito ed esplicitamente rigettato, perché sempre richiesto dalla forma logica del discorso. Quindi non assocerei la tutela dello spazio dell'assoluto in modo esclusivo ad alcuna particolare egemonia storica di una visione rispetto alle altre, anche se si parla di un'egemonia, quella della teologia cristiana medioevale, in cui la necessità dell'assoluto era certamente più esplicita rispetto ad altre egemonie culturali, compresa quella odierna in occidente.

Ipazia

Citazione di: Phil il 21 Gennaio 2020, 15:13:17 PM
1 Qual'è la fruibilità, estetica discorsiva a parte, del riappropriarsi metaforicamente di categorie non nate per essere solo una metafora («assoluto» come sostantivo, «spirito» e altri lemmi del dizionario metafisico), perché utilizzare termini già sovraccarichi di storia e di significati, ingolfandoli di altri sensi, nel tentativo di attualizzarli o nel rifiuto (psicologico prima che metodologico) di rinunciare alla loro "sacralità" speculativa?

Per riprendersi l'anima che l'avversario ha sequestrato in un territorio di sua esclusiva pertinenza e che continua a fungere, come la pietra nera, da polo di attrazione in grado di garantire una rendita non meritata.

Ma anche per la soddisfazione filosofica di sezionare un concetto e mostrarne la composizione naturale e non sovrannaturale. Neppure troppo ingobbita, visto che tra gli spiriti riconquistati vi sono pure quelli celesti.

CitazioneAttualizzare la riflessione filosofica, aggiornando i significati ma senza voler aggiornare i significanti, rischia secondo me di essere un gesto "incauto" similmente all'usare un capitello corinzio come incudine: magari funziona, ma né rende giustizia al valore storico-estetico del capitello, né garantisce di essere efficace a lungo termine (essendo il capitello fatto per reggere il peso di un'architrave, non per essere preso a martellate)

Il significato val bene un significante. E poi in questa piccola comunità al massimo si pestano i tasti. Il significante aggiornato esiste ed è pure molto studiato da varie discipline: si chiama psiche e contiene tutto, qualsiasi cosa esso sia, lo spirituale umano 1. Ricompattare il tutto (spirito, mente, anima, psiche,...) ritengo sia opera dovuta indipendentemente dall'ortodossia semantica. Che non esiste, come possono confermare i linguisti di tutte le scuole.

(1)
Vedi come suona male: "lo psicologico umano". Non è nemmeno una banale questione estetica, ma è proprio lo spettro semantico che ci soffre. Sarà pure un'abitudine feticistica, ma "spirituale" funziona meglio. Temo che una neolingua dovrà attendere a lungo prima di rimpiazzarlo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 21 Gennaio 2020, 22:54:39 PM
Per riprendersi l'anima che l'avversario ha sequestrato in un territorio di sua esclusiva pertinenza e che continua a fungere, come la pietra nera, da polo di attrazione in grado di garantire una rendita non meritata.
Per "riprenderci l'anima", intesa metaforicamente suppongo, rischiamo di ritrovarci a parlare, da atei, di ricerca dell'anima (ricordo che il divino è infalsificabile), in senso meno metaforico di quanto siamo consapevoli; ovvero (uso un'immagine di guerra in omaggio al tuo spirito pugnace), ritirando dentro le mura il "cavallo di Troia" dello spiritualismo, dobbiamo poi fare i conti con lo "spirito" che esso inevitabilmente "contiene", e non solo etimologicamente. Come chiedevo altrove: da cosa nasce questo bisogno(?) di non lasciarlo al suo posto (da chi glielo concede) e, ancor un passo indietro, cosa intendiamo (parlando da ateo ad atea) davvero per «spirito»?

Se
Citazione di: Ipazia il 21 Gennaio 2020, 22:54:39 PM
Ricompattare il tutto (spirito, mente, anima, psiche,...) ritengo sia opera dovuta indipendentemente dall'ortodossia semantica.
tale ricompattare (in che senso "dovuto"?) non tiene presente le peculiarità distintive delle discipline che coinvolge e le sacrifica, non rendendole sacre, ma ammutinandole (e mutilandole) drasticamente. Sebbene gli ambiti indubbiamente si intersechino, la ricerca spirituale non è la ricerca psicologistica che non è la ricerca esistenziale; il maestro spirituale non è il docente di psicologia (né lo psicologo) che non è il consulente filosofico; un problema spirituale non è un problema psicologico che non è un problema esistenziale, etc.
Qual'è dunque il "valore aggiunto" di chiamare «spirituale» qualcosa che non ha a che fare con lo spirito, se non allegoricamente (cioè, se non ho frainteso, chiamando «spirito» il famigerato «senso della vita»)? Si tratta di un'escamotage per adescare i delusi delle ecclesiae e gli agnostici, emulando la strategia di McDonalds quando dice «anche da noi si mangia vegano»? Qual'è l'etica del discorso dietro questa "rivincita" che mira a prendere in ostaggio lo spirito per negare alla concorrenza una «rendita non meritata»?

Mi pare che quanto più ci si addentri in una questione, in un campo di indagine, tanto più il linguaggio debba essere conseguentemente "decompattato", calibrato, analitico, preciso, etc. perché più restiamo nel generale e più diventa "povera" la mappa con cui ci orientiamo (non a caso ogni disciplina ha sviluppato nei secoli il proprio linguaggio settoriale: oggi la psiche non è lo pneuma che non è il chi orientale che non è lo spiritus, etc.).
Anche se (tanto più se) siamo «una piccola comunità in cui si pestano i tasti»(cit.), non credo questo sia un alibi per poter, seguendo un trend che mi pare in crescita anche fuori da questa comunità, sinonimizzare parole vagamente affini per licenzioso amor di babeliche allusioni e dissoluta "trasversalità": se (non mi riferisco a te) «filosofia» è sinonimo di «ragionamento senza empiria», «etico» è sinonimo di «sociale», «metafisico» è sinonimo di «astratto», «assoluto» è sinonimo di «oggettivo», «spirituale» è sinonimo di «esistenziale», etc. significa che siamo già in ritardo per il funerale della possibilità (buon'anima) di parlare di filosofia e spiritualità con un minimo di (a)cura(tezza). Capisco l'esigenza divulgativa della "filosofia per tutti" a prescindere dalla storia diacronica delle parole chiave, tuttavia se confondiamo viti, chiodi e bulloni perché in fondo tutti loro penetrano e reggono, non sono sicuro che riusciremmo a montare nemmeno un mobile Ikea.


P.s.
Citazione di: davintro il 21 Gennaio 2020, 17:49:28 PM
Dunque l'assoluto non è solo una necessità logica di garanzia di verità del discorso, ma proprio in virtù di ciò, è anche principio reale ontologico.
La forma logica presuppone regole e principi formali; definirli assoluti (aggettivo) non aggiunge né toglie nulla alla loro funzionalità e al fatto che ognuno di essi è "assoluto" (aggettivo) solo relativamente al sistema logico (e al discorso) di riferimento.
Di assoluti (sostantivo) ontologici, che non siano le leggi della natura (di cui non credo si occupi la speculazione filosofica e che, in quanto leggi, non hanno bisogno del ridondante appellativo di «assolute»), se ne possono congetturare molti, come sono molti i discorsi che fanno duellare i rispettivi assoluti (sostantivo).
Se
Citazione di: davintro il 21 Gennaio 2020, 17:49:28 PM
Il compito di un'autentica filosofia sta nella speculare circa le corrette implicazioni logiche discendenti da quest'idea di assoluto, di per sé ancora generica e informale, in modo coerente e consequenziale.
conseguentemente non fanno «autentica filosofia» quei pensatori che non presuppongono assoluti (sostantivo); l'elenco dei nomi è già lungo, scandito da coloro che non pongono le proprie riflessioni nell'ambito del "veritativo trascendente" (monistico, metafisico, etc.), ma piuttosto nell'interpretativo, nel contingente, nel possibile, etc. senza nessuna pretesa di giungere a (la) verità, a valori o sistemi assoluti, né ad assoluti intesi in senso non metaforico.
Qual'è, ad esempio, l'assoluto (sostantivo) degli ermeneuti come Gadamer, dei decostruzionisti come Derrida, degli epistemologi come Putnam, etc.? Direi che oggi "non di soli assoluti vive la filosofia".
Da notare che il chiedersi se costoro pretendano di dire una verità assoluta (o addirittura dicano l'assoluto), è ironico sintomo di un domandargli circa un orizzonte ad essi estraneo, e quindi significa applicargli categorie non pertinenti in quanto da essi stessi inutilizzate (un po' come chiedersi come mai un un pittore surrealista non faccia una rappresentazione fotografica della realtà). Parimenti, la sensatezza di riflessioni che invece si occupano di assoluti, etc. non viene minimamente intaccata (né tantomeno falsificata) da coloro che non se ne occupano.

viator

Salve Phil. "....... cosa intendiamo (parlando da ateo ad atea) davvero per «spirito» ?.
Così per ridere........proviamo con "lo spirito consiste in un'anima dotata della capacità di volere (o - se lo preferiamo, vista la quasi coincidenza concettuale - di coscienza)".
Poi circa l'"anima".....direi di continuare la risata con "l'anima è la forma intrinseca".......e, quasi infine, la "forma" sarebbe "l'insieme delle relazioni che permettono ad una struttura di svolgere una funzione"............certo, resta nel vago la coscienza (paradossalmente ma non troppo trovo difficoltoso per una coscienza il riuscire a definire sè stessa).
Per struttura e funzione vanno bene le definizioni da dizionario (al quale non è che io sia SISTEMATICAMENTE contrario..............) Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Dello spirituale ateo si parla in un'altra discussione. Ma sarebbe più corretto chiamarlo: spirituale archeo, che nasce per tutti col "famigerato" domandarsi "il senso della vita" ben prima che i numi rispondessero all'appello.  Da quella domanda nasce pure lo "spazio dell'assoluto", spazio cosmogonico e totalizzante (Tutto, Uno, Essere, Dio,...). Questo in sintesi. Analiticamente questi attributi dell'autocoscienza si possono disaggregare in sezioni specialistiche di studio e azione. Ma quando pretendono di occupare uno spazio di assoluto è su quel terreno che si sposta la dialettica, e quindi l'approccio sintetico è il più cogente.

Possiamo anche lasciar perdere il confronto e isolarci nelle nostre cellette specialistiche, ma a quel punto non dobbiamo lamentarci se l'horror vacui si riempie di contenuti poco gradevoli, non accurati, ma che muovono il mondo nostro malgrado.

Lo spazio dell'assoluto possiamo negarlo metafisicamente seguendo lo spirito le correnti dei tempi, ma ricompare sempre con le sue forme, o meglio formazioni, sociali dominanti che risucchiano il reale nel buco nero delle loro dogmatiche e paradigmatiche. Anche oggi vince chi riesce ad occupare lo "spazio dell'assoluto" nell'immaginario collettivo, che è una sommatoria di immaginari individuali ben sincronizzati dallo "spirito" dei tempi.

La partita resta aperta e le rendite dei vincitori crescono.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2020, 19:17:25 PM
Analiticamente questi attributi dell'autocoscienza si possono disaggregare in sezioni specialistiche di studio e azione. Ma quando pretendono di occupare uno spazio di assoluto è su quel terreno che si sposta la dialettica, e quindi l'approccio sintetico è il più cogente.

Possiamo anche lasciar perdere il confronto e isolarci nelle nostre cellette specialistiche, ma a quel punto non dobbiamo lamentarci se l'horror vacui si riempie di contenuti poco gradevoli, non accurati, ma che muovono il mondo nostro malgrado.
Rispettare le semantiche dei differenti approcci al medesimo problema non credo comporti isolarsi in cellette specialistiche; tale rispetto settoriale è piuttosto garanzia che la suddetta sintesi venga fatta in modo accurato, senza intorbidare le acque da cui ogni disciplina pesca i propri risultati (e ben venga se i differenti risultati vengono poi accuratamente accostati come i pezzi di un puzzle complessivo).

Per me il mondo, molto in sintesi, è mosso (oltre che dai bisogni primari dei singoli) dalle differenti culture (fedi religiose incluse); personalmente non ci trovo nulla di sgradevole, almeno tanto quanto non trovo sgradevole che i corpi tendano a precipitare verso il basso secondo leggi ben note.

Sull'"assoluto" inteso come metafora, come totem culturale, come dissimulato aggettivo riferito ad altro da sé, come denominatore comune dell'immaginario collettivo, etc. prendo nota che non è l'assoluto dei filosofi ma dei sociologi (e sicuramente è più utile come chiave di lettura dei nostri tempi, senza offesa per l'ontologia).


P.s.
Citazione di: viator il 22 Gennaio 2020, 17:47:19 PM
Salve Phil. "....... cosa intendiamo (parlando da ateo ad atea) davvero per «spirito» ?.
Così per ridere........proviamo con "lo spirito consiste in un'anima dotata della capacità di volere (o - se lo preferiamo, vista la quasi coincidenza concettuale - di coscienza)".
Poi circa l'"anima".....direi di continuare la risata con "l'anima è la forma intrinseca".......e, quasi infine, la "forma" sarebbe "l'insieme delle relazioni che permettono ad una struttura di svolgere una funzione"............certo, resta nel vago la coscienza (paradossalmente ma non troppo trovo difficoltoso per una coscienza il riuscire a definire sè stessa).
Per struttura e funzione vanno bene le definizioni da dizionario (al quale non è che io sia SISTEMATICAMENTE contrario..............) Saluti.
Accorpando le definizioni, se non ho sbagliato, lo «spirito» consisterebbe quindi nell'"insieme intrinseco, dotato della capacità di volere, delle relazioni che permettono alla struttura in questione di svolgere la sua funzione".
Partendo da questa definizione, definire conseguentemente lo «spiritualismo» non credo ci porterebbe né verso il "senso della vita", né verso la spiritualità religiosa, quanto apparentemente verso la biopsichiatria (che studia le relazioni fra le varie strutture neurologiche che svolgono funzioni connesse anche alla capacità di volere dell'individuo). Strada sicuramente percorribile e squisitamente neuro-scientifica eppure, (mi) rimane la domanda: qual'è il vantaggio (comunicativo o altro) di etichettare tale strada con una parola, «spirito» o «spiritualismo», già (ab)usata da tanti significati, tante tradizioni, tante discipline e che spesso diventa il pomo della discordia (o solo del fraintendimento) fra paradigmi che talvolta, qui lo dico e qui lo nego, potrebbero persino farne a meno e/o rimpiazzarlo?

Ipazia

Citazione di: Phil il 22 Gennaio 2020, 22:37:42 PM
Citazione di: Ipazia il 22 Gennaio 2020, 19:17:25 PM
Analiticamente questi attributi dell'autocoscienza si possono disaggregare in sezioni specialistiche di studio e azione. Ma quando pretendono di occupare uno spazio di assoluto è su quel terreno che si sposta la dialettica, e quindi l'approccio sintetico è il più cogente.

Possiamo anche lasciar perdere il confronto e isolarci nelle nostre cellette specialistiche, ma a quel punto non dobbiamo lamentarci se l'horror vacui si riempie di contenuti poco gradevoli, non accurati, ma che muovono il mondo nostro malgrado.
Rispettare le semantiche dei differenti approcci al medesimo problema non credo comporti isolarsi in cellette specialistiche; tale rispetto settoriale è piuttosto garanzia che la suddetta sintesi venga fatta in modo accurato, senza intorbidare le acque da cui ogni disciplina pesca i propri risultati (e ben venga se i differenti risultati vengono poi accuratamente accostati come i pezzi di un puzzle complessivo).

Certamente. E da tale sintesi emergeranno, pian piano, altre semantiche coi loro spettri più (ac)curati. Ma nel frattempo ci si trova a nuotare in acque torbide, prendendo atto che ...

CitazionePer me il mondo, molto in sintesi, è mosso (oltre che dai bisogni primari dei singoli) dalle differenti culture (fedi religiose incluse); personalmente non ci trovo nulla di sgradevole, almeno tanto quanto non trovo sgradevole che i corpi tendano a precipitare verso il basso secondo leggi ben note.

... le differenti culture non hanno la condivisa incontrovertibilità dei bisogni primari, nè l'equità della loro distribuzione. E tale differenza fa sì che il precipizio verso il basso segue leggi di natura ben diversa da quelle "ben note". Del resto ne prendi atto anche tu:

CitazioneSull'"assoluto" inteso come metafora, come totem culturale, come dissimulato aggettivo riferito ad altro da sé, come denominatore comune dell'immaginario collettivo, etc. prendo nota che non è l'assoluto dei filosofi ma dei sociologi (e sicuramente è più utile come chiave di lettura dei nostri tempi, senza offesa per l'ontologia).

I sociologi (ma anche antropologi, linguisti, scienziati,...) sono i filosofi dell'immanenza. Dell'unico spazio assoluto onto-logicamente condivisibile e gestibile urbi et orbi. Dopo di che ognuno può costruirsi i suoi spazi assoluti individuali (ideali), riempiendoli di ciò che desidera inclusa la Gioia, augurando a Severino di aver trovato, finalmente, la sua.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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