Le visioni mistiche sono illusioni soggettive?

Aperto da Carlo Pierini, 16 Maggio 2019, 13:59:16 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Carlo Pierini

Riporto lo stralcio di un'altro scambio di idee di qualche tempo fa in un altro NG:


FRANCO
Dichiara Jung (in una famosa intervista della BBC con John Freeman):

<<Tutto cio', che ho appreso nella vita, mi ha portato passo dopo passo alla convinzione incrollabile dell'esistenza di Dio. Io credo soltanto in cio' che so per ESPERIENZA. Questo mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all'esistenza di Dio per fede: io *so* che Dio esiste.>>

Mi fa meraviglia che una tale argomentazione non sia mai stata da nessuno presa in seria considerazione, se non per essere fatta addirittura oggetto di ironia. Eppure e' stringente, impostata secondo l'unica via da cui possa conseguire rigorosamente la conclusione; una via gia' tracciata dal geniale S.Agostino, per il quale, come e' noto, "Deus intimus cordi est", Dio sta nel profondo del cuore. Dio non va dunque cercato con il cervello, occorre scendere, "scavare" nell'intimo della propria coscienza, finche' scendendo dal cervello si arriva al cuore; perche' e' li' che la Verita' e' fonte di luce su tutte e di tutte le cose. Passeranno secoli, prima che con Jung, forte della scoperta della psicoanalisi e di tutto il suo parco di caterpillar scientifici, si capisse che l'opera di S.Agostino era incompleta, che occorreva scavare ancora, scendere ancora piu' nel profondo, nei fino ad allora insondati abissi della psiche umana. Jung dunque riprese l'opera interrotta, una vera e propria impresa di archeologia della psiche, validamente aiutato in questo (la menzione al merito e' d'obbligo) dal fido discepolo Pierini.
E scendendo, come era intuibile, finalmente si giunse alle viscere, la' dove Dio non e' piu' un vago concetto di astrazioni intellettuali, ne' si dimostra con esse, ma si coglie come l'inconfutabile *sapere* di  un'esperienza personale. Altro che la prova di Anselmo d'Aosta! Altro che la prova di Goedel! Altro che la *prova ontologica* di Cartesio o di Hegel! Finalmente abbiamo l'inconfutabile *prova viscerale* di Jung.
Sia gloria a Jung nel piu' alto dei cieli.

CARLO
A dire il vero, quelle di Anselmo, di Goedel, di Cartesio&Co. non erano prove, ma riflessioni logiche astratte che, alla fin fine, lasciano il tempo che trovano. Dio non è un teorema matematico, ma un'entità vivente che, per quanto ordinariamente trascendente (ente-ente-ente), non è separato in senso assoluto dall'immanenza (come predicava erroneamente Kant) ma è "onnipresente", cioè "presente" nelle profondità dell'intera immanenza: nell'inconscio dell'essere umano (e chissà, anche nell'anima-le), sia nelle profondità della realtà fisica, quasi sicuramente come Principio ultimo (imminente la dimostrazione).
Pertanto, le vere prove - intese secondo lo spirito scientifico - non possono che fondarsi su quelli che teologicamente sono chiamati i "Segni".
- Quali Segni?
- Gli archetipi.
- Dove si manifestano gli archetipi?
- Sul piano individuale, in certi sogni, nelle visioni, nelle intuizioni
  artistiche (ma anche filosofiche);
- Per esempio?
- Per esempio:
 
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/un'altra-'visione'-archetipica/

- sul piano collettivo, invece, nei contenuti della storia della cultura,
  in particolare nella storia del simbolo, del mito e delle idee religiose.
- Come sono riconoscibili?
- Per la loro presenza trasversale come modelli tipici in tutte le culture.
- Per esempio?
- Per esempio:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'archetipo-della-complementarita-l'archetipo-piu-diffuso-nella-storia-della-cu/msg21936/#msg21936

FRANCO
D'accordo che il mio post era decisamente beffardo, tuttavia penso che meriti da parte tua, da esperto di Jung, qualche considerazione nel merito, piuttosto che questa ennesima ri-frittura. E il merito sta in quel "io *so* che Dio esiste" di Jung, e lo sa "per esperienza". Cosa intendeva dire? Perche'  i casi sono due, e una cosa e' dire "io *so* che esiste la mitica Atlantide" intendendo che lo so per esperienza diretta, perche' sono stato in Atlantide; altra intendere che lo so perche' ne ho avuto indirettamente notizia, cosa che pone la questione circa la veridicita' della notizia...

CARLO
Non ti devi inventare degli esempi astrusi, quando hai degli esempi di esperienze reali. Atlandide è una località geografica che ha ben poco a che vedere col nostro discorso. Già te l'ho detto tre volte: prima le ESPERIENZE REALI, poi l'interpretazione.

FRANCO
1) Se Jung lo intende nel primo senso, ha avuto esperienza diretta di Dio, allora la sua e' un'esperienza mistica che lo assimila a santa Teresa d'Avila; esperienza in se' di qualcosa di alieno rispetto alla natura umana. Cosa che sarebbe certamente un "segno", anzi un "Segno";

CARLO
Qualcosa di <<alieno alla natura umana>> non può essere oggetto di esperienza, non può essere un "segno" né un "Segno". Quindi è ora che cominci a dialettizzare il tuo rigido e univoco concetto di trascendenza (ereditato da Kant), che fa molto comodo agli agnostici e a certi mistici dell'ineffabilità, ma che è falso, in quanto non conforme all'esperienza. Scientia docet.
Scrive Jung:

<<L'ipotesi dell'esistenza di un Dio al di là di ogni esperienza umana, mi lascia indifferente; né io agisco su di lui, né lui su di me. Se invece so che Egli è un possente impulso nella mia anima o uno stato psichico, mi limito a compiere una asserzione su ciò che è conoscibile, e non invece su quanto è inconoscibile, intorno al quale non potremmo affermare assolutamente nulla>>. [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.63]

E dovrai dia-lettizzare anche il tuo rigido e univoco concetto di "psiche", sdoppiandolo in "coscienza" e "inconscio" e prendendo atto che lo <<stato psichico>> a cui allude Jung non è un "pensiero" o una "fantasia" che si origina nell'Io, ma un contenuto che SI IMPONE all'Io ed è quindi PERCEPITA dall'Io, in modo del tutto analogo all'imporsi di un'immagine visiva proveniente dal mondo esterno.

FRANCO
2) Ma non penso che Jung intendesse questo, se diamo per scontato che non avesse in corpo un bicchiere di troppo; perche' dice prima: <<...mi ha portato passo dopo passo alla convinzione incrollabile dell'esistenza di Dio>>. Questo "passo dopo passo" dice che non ha avuto esperienza diretta di Dio, quanto invece esperienza diretta dei *segni* che lo hanno via via portato a quella incrollabile "certezza".

CARLO
Io non so esattamente se lui abbia avuto esperienza "diretta" di Dio, anzi dubito che qualcuno possa avere esperienze "dirette", dal momento che ciò che irrompe improvvisamente alla coscienza sono contenuti archetipici "numinosi", cioè carichi di un "significato" talmente speciale che risuona contemporaneamente con tutte le facoltà della psiche e le rende percettive: intelletto (idee), sentimento (amore, stupore, timore, ecc.), immaginazione visiva (visione plastica), uditiva (sentire una voce), olfattiva (odore ...di santità) e persino tattile. Una sorta di raggio di luce che è unico, ma che si scompone in tanti "colori" quante sono le facoltà dell'Io. E il significato di ciascun "colore" è inaspettatamente vivo, intelligente e complementare al significato di tutti gli altri colori, proprio come se si trattasse di un'esperienza esterna che coinvolga tutti i sensi, ma i cui significati trasmessi sono significati nuovi e sconosciuti che non appartengono al proprio vissuto personale; ciononostante, recano in sé il "marchio" inconfondibile dell'esser veri. Col senno di poi, si scopre che essi appartengono al vissuto filosofico-religioso della ...specie umana e sono legati ad esso in una relazione di profonda complementarità (non di identità), come se si trattasse di una rivisitazione originale e rinnovata di motivi arcaici universali.
Se vuoi capire meglio, devi rileggerti i resoconti di quelle due o tre visioni che ho pubblicato.

FRANCO
Perche' avere esperienza dei *segni* di qualcosa lascia impregiudicato *di che cosa* siano segni: di qualcosa di veramente reale ed alieno dalla natura umana, o di qualcosa di puramente soggettivo come espressione di un'illusione umana?

CARLO
Si tratta di segni straordinari di una presenza vivente in noi, ma che è ALTRO da noi. Di un'intelligenza, di una Grande Mente Amica dal linguaggio enigmatico (ma non alieno) la cui comparsa fugace, ma intensissima, ha il potere di risvegliare-illuminare ogni angolo della nostra interiorità e che proprio per questo vi lascia una traccia incancellabile.  
Tuttavia, la logica di questi "segni" non è affatto complicata.  Se ciò che improvvisamente percepisco è:

1 - una sequenza di immagini che culmina nella figura di un simbolo arcaico (percezione visiva);
2 - una voce chiarissima che proviene da uno degli elementi dell'immagine (percezione uditiva di un'idea "filosofica");
3 - la sensazione di una iniezione (percezione tattile);
4 - un gusto e un odore di essenze vegetali (percezione gustativa-olfattiva)...

...si tratta sicuramente di un'esperienza in piena regola. Ma se nella realtà oggettiva non c'è nulla che possa essere percepito in questo modo, devo dedurre che si tratta di un'esperienza interiore NON ORDINARIA, cioè, rivolta verso un'ALTRA realtà; e se le mie percezioni sensoriali testimoniano l'esistenza della realtà ordinaria, non ho motivi per negare la loro stessa testimonianza di un'altra realtà.

Se poi scopro che quel simbolo è una variante originale di un simbolo presente da almeno 4 mila anni nella storia della cultura umana più o meno in ogni luogo geografico (Cina, India, Grecia, Mesopomamia, Egitto, ecc.), devo dedurre allora che l'ALTRA realtà non è una MIA realtà soggettiva, ma che esiste da sempre e che è percepibile dovunque.

E se poi scopriamo che fin dalle sue origini l'homo sapiens non solo ha testimoniato l'esistenza di una tale misteriosa ed enigmatica realtà (e che l'ha chiamata "trascendente" per distinguerla da quella ordinaria "immanente"), ma che ha anche eletto i "messaggi" proventi da essa a oggetto di devozione e che su di essi ha edificato le più grandi civiltà, ...allora per quale ragione "logica" dovrei gettare la mia esperienza nel cestino delle superstizioni, delle "allucinazioni", o delle illusioni? Perché non dovrei considerare illusione, invece, quella di chi crede nella SOLA esistenza della realtà ordinaria?

Ipazia

Citazione di: Carlo Pierini il 16 Maggio 2019, 13:59:16 PM
E se poi scopriamo che fin dalle sue origini l'homo sapiens non solo ha testimoniato l'esistenza di una tale misteriosa ed enigmatica realtà (e che l'ha chiamata "trascendente" per distinguerla da quella ordinaria "immanente"), ma che ha anche eletto i "messaggi" proventi da essa a oggetto di devozione e che su di essi ha edificato le più grandi civiltà, ...allora per quale ragione "logica" dovrei gettare la mia esperienza nel cestino delle superstizioni, delle "allucinazioni", o delle illusioni?

Un filosofo tedesco rispose così:
CitazioneChe in qualche caso la fede renda beati, che la beatitudine non basti a fare di un'idea fissa un'idea vera, che la fede non smuova le montagne, ma certo le ponga dove non sono: una rapida visita a un manicomio sarebbe abbastanza chiarificatrice al riguardo.

Citazione di: Carlo Pierini il 16 Maggio 2019, 13:59:16 PM
Perché non dovrei considerare illusione, invece, quella di chi crede nella SOLA esistenza della realtà ordinaria?

Perchè quella è certa. L'altra opinabile, e le prove che sia illusionale maggiori di quelle che, malgrado la millenaria montagna di retorica, la difendono.

Un sulfureo esperto di psicologia di massa a tal proposito disse:
CitazioneRipetete una menzogna cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità

Moltiplica per migliaia di anni e stai a vedere l'effetto che fa  ::)


pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

concordo con l'assunto per cui, una volta squalificata la possibilità di ammettere la verità di un'esperienza spirituale, come la mistica, si dovrebbe coerentemente squalificare anche la verità dell'esperienza sensibile, tramite cui percepiamo la presenza di oggetti fisici, e dunque la verità delle scienze naturali. Sia che si parli di spirito che di materia, l'apprensione degli oggetti è un'esperienza soggettiva, che solo un atto di fede potrebbe garantirne la corrispondenza con la realtà oggettiva, pensare che i sensi corporei debbano consistere in un canale privilegiato verso l'apprensione della realtà oggettiva riguardo una extracorporea è un pregiudizio materialista, che aprioristicamente pone la realtà materiale, correlata ai sensi come l'unica possibile, tesi che non è la conseguenza di un argomentazione, ma la premessa tramite cui l'esperienza spirituale viene vista come maggiormente inadeguata rispetto a quella fisica. E penso che questi pregiudizi condizionino la gnoseologia kantiana, portandola a ridurre il materiale della scienza a quello delle intuizioni sensibili, relegando quelle intellettuali al coglimento di vuote forme e schemi ordinatrici del materiale sensibile, cadendo così nella contraddizione di dover negare la qualifica di scienza alla sua critica stessa, che si riferisce alle condizioni trascendentali della conoscenza, quindi a quel materiale intelligibile a cui egli stesso nega l'applicabilità della scienza. In realtà l'atto di fede tramite cui considero le percezioni sensibili come manifestazione di una realtà oggettiva non ha nulla di meno dogmatico di quello tramite cui il mistico ritiene la propria visione manifestante tale realtà, in entrambi i casi non viene considerata l'ipotesi dell'allucinazione, che può colpire i sensi corporei nella stessa misura per i quali può colpire l'esperienza di realtà spirituali. Ma la razionalità filosofica, anche accettando l'ipotesi dell'esperienza soggettiva come proiezione arbitraria, può, deve, comunque prenderla in considerazione, sospendendo a livello metodologico (non negando) le sue pretese ingenue di corrispondenza con la realtà oggettiva, per focalizzarla nell'immanenza del suo darsi come vissuto cosciente (che se è dubitabile rispecchi la realtà extramentale, resta indubitabile nel suo fatto di averne un'esperienza in noi stessi che possiamo analizzare e coglierne le strutture essenziali). La visione mistica si presenta spesso alla coscienza come modalità di esperienza vissuta con una propria peculiarità che la differenzia dalle percezioni sensibili, non si tratta solo di un diversa gradazione quantitativa dell'esperienza sensibile, ma di un salto qualitativo, che porta il mistico ad avvertire al presenza di realtà spirituali, sovrasensibili. Il mistico non avverte il suo vissuto come un "vedere più intenso" un "sentire più intenso" riferito però alla stessa tipologia di esperienza del vedere e del sentire fisico, se così non fosse Giovanni della Croce non parlerebbe di un "notte", la notte dei sensi e delle facoltà mentali naturale, che vengono annullati per rendere l'anima vuota e disponibile ad accogliere le visioni divine, non è una sensibilità diversa, ma un salto qualitativo rispetto ad essa, una nuova tipologia di apprensione della realtà, non più, volendo usare un linguaggio kantiano, intuizione sensibile, ma intuizione intellettuale, adeguata al coglimento di fenomeni immateriali. Anche rigettando un realismo ingenuo, per il quale tutte le proprietà caratterizzanti la visione mistica soggettiva dovrebbero corrispondere alla realtà oggettiva, anche dubitando di tale corrispondenza, resta il dato indubitabile di una coscienza capace di atti qualitativamente distinti rispetto  a quelli adeguati all'apprensione di realtà materiale, quindi una coscienza che esperisce un contenuto che, essendo qualitativamente distinto da quello fisico (spirituale per definizione, non è una materia "meno materiale" del resto della materiale, ma negazione della materia), non potrebbe essere un raffinamento secondario e derivato dall'esperienza di realtà fisica, ma qualcosa che si riceve da una dimensione del tutto "altra" da quella fisica, senza tale ricezione sarebbe impossibile ogni esperienza di un'alterità rispetto al fisico, che senso avrebbe che una realtà fisica sia capace di produrre in noi l'esperienza di qualcosa di essenzialmente di diverso dal fisico, vorrebbe dire ammettere assurdamente nell'effetto qualcosa di non contenuto nella causa? La mistica resta pur sempre qualcosa di umano, quindi qualcosa nel quale l'esperienza oggettivo dello spirituale è costantemente mescolato a elementi storici arbitrari legati al particolare contesto culturale in cui il mistico come "uomo" vive, ma ciò non toglie un certo margine di autonomia dell'esperienza mistica, nella sua essenza rispetto alla storicità, ricordo un pensiero di Simone Weil (che ho appreso citato da Marco Vannini, il principale studioso italiano di mistica) per cui se le religioni dividono e differiscono, la mistica unisce, e le varie mistiche, nelle varie tradizioni, si assomigliano tutte, fino a sfiorare l'identità, e questo sarebbe un ulteriore segno della presenza di un "nocciolo transculturale", per il quale una spirituale realtà oggettiva, al di fuori delle varie interpretazioni viene a manifestarsi in certe anime

odradek

La neo-corteccia ha uno spessore medio di 2,5 cm -quanto meno questo è il "valore" che viene usato nei "calcoli"- ed una volta dispiegati i suoi "ripiegamenti", la sua superficie assomma a 220.000 mm quadrati, quindi possiamo "visualizzare" la neo-corteccia come uno strato gelatinoso della superficie di un fazzolettino di carta avente lo spessore di 3 centimetri.

Di questo parliamo.

Questa neo-corteccia, schematicamente, viene intesa come rete neurale.
Sempre schematicamente parlando, questa rete neurale è "percorsa" da potenziali elettrici, governati da "pompe ioniche" (e da altro, ma stiamo parlando schematicamente) che modulano l'attività (principalmente dendritica, nella neo-corteccia, ma questo è ancora un altro discorso) attraverso cui le connessioni dendritiche si organizzano (non comunicano, si organizzano e si attivano, che poi comunichino, e cosa e come, sono altri discorsi ancora) in "cluster" -raggruppamenti-.
Questi sono i dati di fatto.

Il "fatto" di non avere visioni mistiche o di non partecipare in alcun modo ad "esperienze religiose" significa soltanto (nella mia concezione) che l' emisfero laterale destro (od un area prossima a quei dintorni) di un ateo abbia un livello di "complessità" minore di un cervello "mistico" o predisposto alla "mistica", o che sia "attraversato" da differenze di potenziale elettrico quantitativamente inferiori.

Pretendere che questi "microcablaggi" e queste microintensità siano "letti" ed "interpretati" dalla attuale strumentazione sarebbe pretendere troppo; gli "apparati tecnici" non hanno e forse non avranno quella finezza di lettura e possono solamente "interpretare" fenomeni patologici, come le "scariche epilettiche", o disfunzioni nella distribuzione del potenziale elettrico all'interno del cervello, o le note variazioni di intensità delle "onde cerebrali" durante gli stati di sonno, che sono "eventi" piuttosto massicci e quindi individuati dagli "apparati tecnici".

Una minima variazione (metti che domani cado da cavallo come Pascal, oppure una disfunzione genetica "ad orologieria" fosse dietro l'angolo che mi aspetta e mi scombini impercettibilmente la ricezione sinaptica -e solo limitatamente all'emisfero laterale destro frontale- di un qualche ormone impronunciabile per un paio di ore al giorno) nell' equilibrio chimico del nostro amato cervello e qualsiasi ateo sarà felice di unirsi al coro parrocchiale del Te Deum sostenendo di aver visto le sue chiare visioni.

Sariputra

Ma...se, per esempio, tutti i cavalli vedessero unicorni alati nel cielo, la loro percezione oggettiva della realtà darebbe per certa la presenza di questi e nessun cavallo dubiterebbe della realtà degli unicorni alati, mentre per noi ovviamente non esistono unicorni alati.
Ovviamente i cavalli non potrebbero comunicarci la realtà (per loro) degli unicorni alati e noi non possiamo conoscere la loro realtà "oggettiva" percettiva.
Se oggettivo è ciò che è intersoggettivo comune, l'unicorno alato visto da tutti i cavalli sarebbe considerato certo e oggettivo dai cavalli.
Noi non vediamo unicorni alati nel cielo e siamo perciò certi, intersoggettivamente, che non esistono.
Ma tutto ciò di cui possiamo essere certi è ciò che percepiamo intersoggettivamente come esseri umani, ma non in assoluto.
Perciò dire che una data realtà percepita è "certa" e non ve ne sono altre è un postulato di fede.
Manca quello che chiamo "il garante esterno" della nostra oggettività percettiva, come ho dimostrato nell'esempio del mangiatori di funghi...
Pertanto, nel caso in questione delle cosiddette 'visioni mistiche', abbiamo numerosi individui che, nel corso della storia umana, hanno un certo tipo di percezione di "archetipi" (Carlo dice multisensoriale...), che non sono comuni nella grande maggioranza , ma sui quali bisognerebbe sospendere il giudizio in quanto non dimostrabili 'oggettivamente' (in quanto non sono intersoggettivi comuni...)ma abbastanza numerosi e coerenti fra loro, attarverso tutte le epoche,  da potersi configurare come 'possibilità limite' della 'mente'...
L'esperienza spirituale detta 'mistica' è sempre un vissuto soggettivo, ma lo è anche la percezione della cosiddetta 'realtà'... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Carlo Pierini

#5
Cit. CARLO
E se poi scopriamo che fin dalle sue origini l'homo sapiens non solo ha testimoniato l'esistenza di una tale misteriosa ed enigmatica realtà (e che l'ha chiamata "trascendente" per distinguerla da quella ordinaria "immanente"), ma che ha anche eletto i "messaggi" proventi da essa a oggetto di devozione e che su di essi ha edificato le più grandi civiltà, ...allora per quale ragione "logica" dovrei gettare la mia esperienza nel cestino delle superstizioni, delle "allucinazioni", o delle illusioni?

IPAZIA
Un filosofo tedesco rispose così:
<<Che in qualche caso la fede renda beati, che la beatitudine non basti a fare di un'idea fissa un'idea vera, che la fede non smuova le montagne, ma certo le ponga dove non sono: una rapida visita a un manicomio sarebbe abbastanza chiarificatrice al riguardo>>.

CARLO
Conosco i deliri del "caro" Friedrich, <<l'immoralista>>, <<il distruttore parexcellence >>, le cui idee gli hanno davvero distrutto la mente e lo hanno mandato davvero al manicomio. Lui stesso è la dimostrazione della falsità delle idee che predicava.
I cibi avariati avvelenano l'organismo; le idee malate avvelenano l'intelletto.

Cit. CARLO
Perché non dovrei considerare illusione, invece, quella di chi crede nella SOLA esistenza della realtà ordinaria?

IPAZIA
Perchè quella è certa. L'altra opinabile, e le prove che sia illusionale sono maggiori di quelle che, malgrado la millenaria montagna di retorica, la difendono.

CARLO
E quali sarebbero le prove della sua "illusionalità"?.
Io non ho parlato di fede, ma di ciò che hanno percepito le mie cinque facoltà sensoriali. La mia è un'esperienza reale, il tuo è dogma. Sei tu che devi spiegarmi perché dovrei considerarla una falsa esperienza, un'illusione. E dovresti anche spiegarmi le ragioni della profonda complementarità tra le "immagini" percepite e molte delle figurazioni simboliche e delle idee appartenenti alla tradizione simbolico mitico-religiosa della specie homo sapiens.

Insomma, il tuo dogmatico scetticismo è giustificato solo da una cosa: probabilmente non hai mai vissuto delle esperienze simili. ...Ma come diceva qualcuno: <<Bussate, e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto>>.
Evidentemente tu non hai bisogno di bussare, a te basta quello che ti dicono la Scienza e la ragione. Non hai ancora capito che la Scienza e la ragione rappresentano solo LA META' della verità. Per conoscere l'ALTRA META', devi bussare!

IPAZIA
Un sulfureo esperto di psicologia di massa a tal proposito disse:
<<Ripetete una menzogna cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità>>.

CARLO
Nemmeno Joseph Goebbels rappresenta il mio modello ideale di saggezza. Invece vedo che tu hai un gusto molto raffinato nella scelta dei tuoi "mentori".

IPAZIA
Moltiplica per migliaia di anni e stai a vedere l'effetto che fa                    

CARLO
Questo vale per tutte le credenze, anche per le tue. Le mie, invece, non sono credenze, ma esperienze dirette.

odradek

CARLO
Questo vale per tutte le credenze, anche per le tue. Le mie, invece, non sono credenze, ma esperienze dirette.

Quindi se io esperisco Mumbo-Jumbo che mi assicura che l'ateismo è la verita sono giustificato a propalare per il mondo la mia incontestabile verità, o arrivi tu a dirmi che sono scemo mentre non posso farlo io con le visioni religiose ?

Carlo Pierini

Citazione di: odradek il 16 Maggio 2019, 18:38:55 PM
La neo-corteccia ha uno spessore medio di 2,5 cm -quanto meno questo è il "valore" che viene usato nei "calcoli"- ed una volta dispiegati i suoi "ripiegamenti", la sua superficie assomma a 220.000 mm quadrati, quindi possiamo "visualizzare" la neo-corteccia come uno strato gelatinoso della superficie di un fazzolettino di carta avente lo spessore di 3 centimetri.

Di questo parliamo.

Questa neo-corteccia, schematicamente, viene intesa come rete neurale.
Sempre schematicamente parlando, questa rete neurale è "percorsa" da potenziali elettrici, governati da "pompe ioniche" (e da altro, ma stiamo parlando schematicamente) che modulano l'attività (principalmente dendritica, nella neo-corteccia, ma questo è ancora un altro discorso) attraverso cui le connessioni dendritiche si organizzano (non comunicano, si organizzano e si attivano, che poi comunichino, e cosa e come, sono altri discorsi ancora) in "cluster" -raggruppamenti-.
Questi sono i dati di fatto.

Il "fatto" di non avere visioni mistiche o di non partecipare in alcun modo ad "esperienze religiose" significa soltanto (nella mia concezione) che l' emisfero laterale destro (od un area prossima a quei dintorni) di un ateo abbia un livello di "complessità" minore di un cervello "mistico" o predisposto alla "mistica", o che sia "attraversato" da differenze di potenziale elettrico quantitativamente inferiori.

CARLO
Se vuoi parlare di "fatti" scientifici, cioè di entità fisiche misurabili, lascia perdere "la mistica", che non è oggetto di scienza. Almeno fin quando non sarà dimostrato che le esperienze religiose sono secrezioni di tessuti nervosi

Carlo Pierini

Citazione di: odradek il 16 Maggio 2019, 18:59:37 PM
CARLO
Questo vale per tutte le credenze, anche per le tue. Le mie, invece, non sono credenze, ma esperienze dirette.

ODRADEK
Quindi se io esperisco Mumbo-Jumbo che mi assicura che l'ateismo è la verita sono giustificato a propalare per il mondo la mia incontestabile verità, o arrivi tu a dirmi che sono scemo mentre non posso farlo io con le visioni religiose ?

CARLO
Quando lo esperirai davvero, e se esso presenterà profonde corrispondenze-complementarità con analoghe figure simboliche universalmente diffuse nella storia della cultura umana, allora ne riparleremo. Perché con i "se" non si fa la storia.

Ipazia

Citazione di: Sariputra il 16 Maggio 2019, 18:39:51 PM
Se oggettivo è ciò che è intersoggettivo comune, l'unicorno alato visto da tutti i cavalli sarebbe considerato certo e oggettivo dai cavalli. Noi non vediamo unicorni alati nel cielo e siamo perciò certi, intersoggettivamente, che non esistono. Ma tutto ciò di cui possiamo essere certi è ciò che percepiamo intersoggettivamente come esseri umani, ma non in assoluto. Perciò dire che una data realtà percepita è "certa" e non ve ne sono altre è un postulato di fede. ...
L'esperienza spirituale detta 'mistica' è sempre un vissuto soggettivo, ma lo è anche la percezione della cosiddetta 'realtà'... :)

Sì, ma su quest'ultima possiamo costruire un sapere condiviso con caratteristiche effettuali, sul misticismo no. La realtà intersoggettivamente condivisa è certa, ma non esclude altre esperienze soggettive (perchè mai dovrebbe ?). Se io prendo LSD ho delle visioni, ma non posso pretendere di riscrivere su queste visioni le leggi della fisica e neppure quelle della fisiologia. Le "possibilità limite" della mente rimangono soggettive finchè non si riesce a tradurle in conoscenza condivisibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: Ipazia il 16 Maggio 2019, 19:38:47 PM
Citazione di: Sariputra il 16 Maggio 2019, 18:39:51 PM
Se oggettivo è ciò che è intersoggettivo comune, l'unicorno alato visto da tutti i cavalli sarebbe considerato certo e oggettivo dai cavalli. Noi non vediamo unicorni alati nel cielo e siamo perciò certi, intersoggettivamente, che non esistono. Ma tutto ciò di cui possiamo essere certi è ciò che percepiamo intersoggettivamente come esseri umani, ma non in assoluto. Perciò dire che una data realtà percepita è "certa" e non ve ne sono altre è un postulato di fede. ...
L'esperienza spirituale detta 'mistica' è sempre un vissuto soggettivo, ma lo è anche la percezione della cosiddetta 'realtà'... :)

IPAZIA
Sì, ma su quest'ultima possiamo costruire un sapere condiviso con caratteristiche effettuali, sul misticismo no. La realtà intersoggettivamente condivisa è certa, ma non esclude altre esperienze soggettive (perchè mai dovrebbe ?). Se io prendo LSD ho delle visioni, ma non posso pretendere di riscrivere su queste visioni le leggi della fisica e neppure quelle della fisiologia. Le "possibilità limite" della mente rimangono soggettive finchè non si riesce a tradurle in conoscenza condivisibile.
CARLO
Qual è il numero di persone necessario per costituire una valida <<intersoggettività>>? 
Chi ha mai preteso di riscrivere le leggi della fisica dopo aver aver avuto delle visioni? In cosa contraddicono le leggi della fisica le esperienze di cui ho parlato?

Ipazia

#11
Levitazione, telepatia, voci, statue piangenti, esperienze esp, dissociazione di coscienza, viaggi e contatti ufo, e chi più ne ha più ne metta.. Difficilmente su queste esperienze si possono costruire valide intersoggettività. Al massimo si arriva a fenomeni allucinatori da psicologia di massa.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

odradek

CARLO
Se vuoi parlare di "fatti" scientifici, cioè di entità fisiche misurabili, lascia perdere "la mistica", che non è oggetto di scienza. Almeno fin quando non sarà dimostrato che le esperienze religiose sono secrezioni di tessuti nervosi

mi parli di visioni e poi dici a me di lasciar perdere la mistica che non è oggetto di scienza.
Non è oggetto di scienza perchè non hanno mai messo in testa un elettroencefalogramma a Santa Teresa d' Avila quando comunicava con Dio (in termini che ognuno può leggere e darsene conto..); avessero potuto farlo sarebbe stato curioso quando lontano dalla "sanità" sarebbe stata, Lei e tutti i mistici, di cui la psichiatria ha già abbondantemente trattato.

Le esperienze religiose non solo son secrezioni di tessuti nervosi, ma son pure malfunzionamenti delle secrezioni nervose.
Dire che gli uomini han sempre dato fede al sopranaturale è come dire che le scimmie han paura dei serpenti, non giustifica nient'altro che una fede, un istinto (nel migliore dei casi, ma non è nemmeno un istinto è qualcosa di meno ancora) di cui, ognuno di noi ne fa quel che vuole, dialetticamente ontologicamente e qualunquemente uno possa pensarne.
Dio, e le visioni di Dio e le sue rivelazioni sono problemi di chi li deve gestire (visioni e rivelazioni sopratutto) ma che su queste si possa imbastire una filosofia, o semplicemente un discorso ragionevole è grottesco.

davintro

Citazione di: odradek il 16 Maggio 2019, 20:38:26 PMCARLO Se vuoi parlare di "fatti" scientifici, cioè di entità fisiche misurabili, lascia perdere "la mistica", che non è oggetto di scienza. Almeno fin quando non sarà dimostrato che le esperienze religiose sono secrezioni di tessuti nervosi mi parli di visioni e poi dici a me di lasciar perdere la mistica che non è oggetto di scienza. Non è oggetto di scienza perchè non hanno mai messo in testa un elettroencefalogramma a Santa Teresa d' Avila quando comunicava con Dio (in termini che ognuno può leggere e darsene conto..); avessero potuto farlo sarebbe stato curioso quando lontano dalla "sanità" sarebbe stata, Lei e tutti i mistici, di cui la psichiatria ha già abbondantemente trattato. Le esperienze religiose non solo son secrezioni di tessuti nervosi, ma son pure malfunzionamenti delle secrezioni nervose. Dire che gli uomini han sempre dato fede al sopranaturale è come dire che le scimmie han paura dei serpenti, non giustifica nient'altro che una fede, un istinto (nel migliore dei casi, ma non è nemmeno un istinto è qualcosa di meno ancora) di cui, ognuno di noi ne fa quel che vuole, dialetticamente ontologicamente e qualunquemente uno possa pensarne. Dio, e le visioni di Dio e le sue rivelazioni sono problemi di chi li deve gestire (visioni e rivelazioni sopratutto) ma che su queste si possa imbastire una filosofia, o semplicemente un discorso ragionevole è grottesco.


quale sarebbe il criterio scientifico in base a cui una determinata condizione neurologica dovrebbe essere "benfunzionante" e quindi funzionale a garantire la veridicità delle sue esperienze in contrasto con un "malfunzionamento" della condizione mistica che porterebbe a errare e a mostrare cose che non ci sono? Le scienze naturali si basano sull'esperienza dei sensi corporei, ma quale criterio determinerebbe una maggiore oggettività di tale esperienza rispetto quelle tramite cui si ritiene di poter entrare a contatto con la spiritualità? Cioè quale criterio epistemologico garantirebbe che la percezione visiva e tattile del Pc fisico da cui sto scrivendo (stessa tipologia percettiva tramite cui le scienze naturali comprese le neuroscienze raccolgono dati) non sia un'allucinazione, mentre sarebbero tali quelle dei mistici? Il criterio di tal genere altro non potrebbe essere che quello di affermare che l'unica realtà possibile è quella fisica, adeguata ad essere appresa sensibilmente, mentre non esisterebbe nessuna realtà spirituale/metafisica. Peccato però che questa sia proprio la stessa tesi che il materialismo intende sostenere, per negare la verità delle esperienze spirituali, non solo mistica, ma anche metafisica razionale, e in questo modo si cada in un evidente circolo vizioso. Si squalifica l'esperienza spirituale sulla base dei risultati delle scienze poggianti su una diversa modalità di apprensione (sensibile anziché intelligibile), modalità che vengono presentate come le uniche adeguate a rispecchiare la realtà, affermando nella premessa metodologica la stessa tesi che si vuol sostenere, cioè un pregiudizio ontologico materialista. Questa la trovo una dogmatizzazione scientista. Se si intende razionalmente contestare la pretese di validità di un'esperienza spirituale bisognerebbe mostrarne dialetticamente le contraddizioni accettando in via metodologica le premesse, cioè ammettere in via almeno provvisoria la possibilità di tale esperienza e valutarne internamente i risultati. Invece, qui sta la dogmaticità dello scientismo, si parte dando già per scontato che ogni contenuto che fuoriesca dall'esperienza dei sensi sia falsa, ed in questo modo la critica resta del tutto estrinseca e pregiudiziale, la negazione della verità spirituale viene portata avanti utilizzando un metodo per definizione inadeguato a condurci a quel tipo di esperienza spirituale (lo spirituale, per definizione non è fisico, quindi è del tutto illogico valutarne la presenza sulla base di ciò che è adeguato solo all'apprensione del fisico), e questo metodo viene arbitrariamente concepito come l'unico possibile. Ma che titolo avrebbe l'esperienza sensibile ad affermare che tutto ciò che fuoriesce dal contenuto a cui essa è adeguata non potrebbe esistere, se tale esperienza è solo esperienza di enti individuali, senza alcuna pretesa di universalità?

odradek

a Davintro

citazione:
concordo con l'assunto per cui, una volta squalificata la possibilità di ammettere la verità di un'esperienza spirituale, come la mistica, si dovrebbe coerentemente squalificare anche la verità dell'esperienza sensibile, tramite cui percepiamo la presenza di oggetti fisici, e dunque la verità delle scienze naturali.

Non mi sembra granchè come passaggio logico, anzi mi sembra proprio un paralogismo bello e buono.
Se si squalifica la verità di una esperienza spirituale come la mistica -e addirittura la mistica (!)-  http://www.formazionepsichiatrica.it/vol.2.pdf
conseguentemente si deve anche squalificare l'esperienza sensibile. Quindi dai lo stesso valore ad una esperienza mistica che ad un esperienza del reale, come vedere, toccare annusare, guarda che salti mortali tocca fare.


citazione:
Sia che si parli di spirito che di materia, l'apprensione degli oggetti è un'esperienza soggettiva, che solo un atto di fede potrebbe garantirne la corrispondenza con la realtà oggettiva, pensare che i sensi corporei debbano consistere in un canale privilegiato verso l'apprensione della realtà oggettiva riguardo una extracorporea è un pregiudizio materialista, che aprioristicamente pone la realtà materiale, correlata ai sensi come l'unica possibile, tesi che non è la conseguenza di un argomentazione, ma la premessa tramite cui l'esperienza spirituale viene vista come maggiormente inadeguata rispetto a quella fisica.

Ma se parli di spirito già assumi che esista mentre invece lo spirito non esiste se non per fede.
Non solo è inadeguata, è pure risibile ed inconsistente. Negando spirito ed anima si nega tutto; di bene in meglio.  Sulla spinta del buon Pierini i veri metafisici evidenziano la "vera" origine del loro pensiero.
Kant fa schifo, diciamocelo finalmente e l'unica verità è quella rivelata, e se per far questo si disintegra Kant fa lo stesso, un estasi mistica val bene Kant.


 In realtà l'atto di fede tramite cui considero le percezioni sensibili come manifestazione di una realtà oggettiva non ha nulla di meno dogmatico di quello tramite cui il mistico ritiene la propria visione manifestante tale realtà,

almeno non e patologico e non è frutto di delirio, come la psichiatria ha chiaramente mostrato.
E meno male che si poteva impostare un discorso filosofico razionale.  Se consideri gli atti percettivi un atto di fede dogmatico per giustificare i tuoi atti di fede dogmatici, pazienza, è un altro dei problemi che i dogmatici devono risolvere.

in entrambi i casi non viene considerata l'ipotesi dell'allucinazione, che può colpire i sensi corporei nella stessa misura per i quali può colpire l'esperienza di realtà spirituali.

pure tutti scemi come i mistici dovremmo essere: ovvio, è semplicemente consequenziale. O siamo tutti mistici o siamo tutti scemi; è logica di quella solida.

Ma la razionalità filosofica, anche accettando l'ipotesi dell'esperienza soggettiva come proiezione arbitraria, può, deve, comunque prenderla in considerazione, sospendendo a livello metodologico (non negando) le sue pretese ingenue di corrispondenza con la realtà oggettiva, per focalizzarla nell'immanenza del suo darsi come vissuto cosciente (che se è dubitabile rispecchi la realtà extramentale, resta indubitabile nel suo fatto di averne un'esperienza in noi stessi che possiamo analizzare e coglierne le strutture essenziali).

Lo abbiamo visto cosa significa razionalità filosofica: assumere equivalenti le "esperienze spirituali" a quelle sensibili;attribuirgli lo stesso valore.

La visione mistica si presenta spesso alla coscienza come modalità di esperienza vissuta con una propria peculiarità che la differenzia dalle percezioni sensibili,

infatti fa parte del delirio pieno e certificato.

 Il mistico non avverte il suo vissuto come un "vedere più intenso" un "sentire più intenso" riferito però alla stessa tipologia di esperienza del vedere e del sentire fisico, se così non fosse Giovanni della Croce non parlerebbe di un "notte", la notte dei sensi e delle facoltà mentali naturale, che vengono annullati per rendere l'anima vuota e disponibile ad accogliere le visioni divine, non è una sensibilità diversa, ma un salto qualitativo rispetto ad essa, una nuova tipologia di apprensione della realtà, non più, volendo usare un linguaggio kantiano, intuizione sensibile, ma intuizione intellettuale,

il delirio mistico diventa un salto qualitativo, di bene in meglio.
Quando mi riferivo ad incomunicabilità mi riferivo a questo che è venuto fuori ora; prima era solo mascherato da concetti fumosi, ora è chiaro ed evidente.

. Anche rigettando un realismo ingenuo, per il quale tutte le proprietà caratterizzanti la visione mistica soggettiva dovrebbero corrispondere alla realtà oggettiva, anche dubitando di tale corrispondenza, resta il dato indubitabile di una coscienza capace di atti qualitativamente distinti rispetto  a quelli adeguati all'apprensione di realtà materiale

e certo, si tratta del delirio di un quasi demente.  Il realismo ingenuo e lo spiritualismo "scafato". Anche questa è simpatica.

, quindi una coscienza che esperisce un contenuto che, essendo qualitativamente distinto da quello fisico (spirituale per definizione, non è una materia "meno materiale" del resto della materiale, ma negazione della materia), non potrebbe essere un raffinamento secondario e derivato dall'esperienza di realtà fisica, ma qualcosa che si riceve da una dimensione del tutto "altra" da quella fisica,

non a caso i dementi erano considerati dai primitivi dei "toccati da Dio", c'erano arrivati prima di me. In ogni caso, avevo ragione  ;D  ;
non è possibile alcun discorso con queste premesse.

Discussioni simili (5)