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Lati oscuri

Aperto da Roberto89, 10 Gennaio 2018, 23:17:48 PM

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Roberto89

Ciao a tutti, spero sia la sezione giusta per questo argomento.

È un po' che medito sul contrasto fra bene e male, in particolare su una questione: può capitare, non so quanto di frequente, che una persona senta dentro di sé il richiamo al male. Nel mio ragionamento semplifico la cosa con tre gruppi di persone: quelli che resistono (vuoi per un motivo o per un altro) sapendo di avere quella seconda natura ma anche di poterla tenere in gabbia, quelli che lottano di continuo e non sanno da un giorno all'altro se resisteranno ancora o meno, e quelli che cedono.
Ora il primo e il terzo gruppo sono 'facilmente' schematizzabili: uno è buono, l'altro cattivo. Ciò che mi interessa è come considerare la via di mezzo: pensatelo come un potenziale serial killer, pedofilo, ladro "compulsivo", ecc. Ripeto, mi riferisco a una persona che ha sempre resistito al suo "lato malvagio", ma non è certo di poterlo fare in modo continuo; insomma, alti e bassi.
Il punto è che questa persona può sia considerarsi buona che cattiva: in base al suo carattere potrà giustificarsi con sé stesso o temere il suo lato oscuro. Visto che tutti viviamo in una società, come dovrebbe agire una persona del genere?

Finora sono dell'opinione che la cosa migliore per questa persona sarebbe cercare di farsi curare, ma questa scelta presenta diversi 'nei': una simile scelta richiede, ad esempio, che la persona parli di ciò che sente dentro, lo analizzi, lo affronti, perciò dovrà guardare dentro sé stesso col rischio di farsi più male che bene.

Che ne pensate? Se in qualcosa non sono chiaro, chiedete pure.

Jacopus

C'e' uno psicologo, R. Simon, che ha scritto un libro su questo argomento che si intitola "i cattivi lo fanno e i buoni lo pensano". Tutti i cosiddetti buoni pensano di vendicarsi, di non pagare, di stuprare ma poi si controllano e non lo fanno. C'e' chi usa poca energia per controllarsi e chi invece ne deve usare tanta perche' e' sempre al limite di agire diciamo "contro le regole sociali".
Questi ultimi devono capire se riescono a farcela con le loro forze o se hanno bisogno di aiuto. Si tratta di solito di persone fragili, frammentate, che, nel momento in cui subiscono un forte dispiacere possono attivarsi in modo negativo.
Tieni presente inoltre che biologicamente funzioniamo attraverso codici di comportamento ripetitivi ( pattern) e quindi se iniziamo una certa pratica, comprese quelle "devianti", sara' piu' facile per noi continuare a praticarla, tacitando il ns senso morale. Ad ogni modo l'uomo e' sempre attraversato da una duplice istanza perche' ls ns natura e' duplice: egoismo e altruismo sono dentro ognuno di noi. E ognuno di noi deve attrezzarsi per resistere alle sirene della violenza e dell'antisocialita'.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Roberto89

Grazie Jacopus, il libro che hai citato sembra interessante. Ho letto qualche recensione e ho deciso di prenderlo per vedere come affronta l'argomento. Ho già visto, come anche tu hai citato, su che posizione sta l'autore, vedrò cosa dice nel particolare.
Nel frattempo, la mia "tesi" resta la stessa, ovvero se facendosi aiutare non si rischi di svegliare ancora di più il richiamo a quel comportamento deviante.

Kobayashi

Se la persona in questione fosse posseduta veramente da qualcosa di mostruoso, anche se è sempre stata in grado di trattenersi dal passaggio all'atto, e se dovesse decidersi a intraprendere un percorso psicoanalitico per capire meglio da dove venga quell'elemento demoniaco, io temo che il rischio non sia tanto quello di "liberare il mostro", ma di dover accettare che alla domanda "chi sono?" la risposta possa essere: uno stupratore, un pedofilo, un assassino, etc. (anche se solo potenziale).
La questione è: il nostro desiderio più grande ci qualifica per quello che siamo?
Se la risposta è sì, forse è meglio morire piuttosto che vivere sapendo di essere un mostro...
Seppure avere passato un'intera vita ossessionato da tentazioni perverse e criminali ed essere riuscito a mantenersi innocenti ha qualcosa di eroico.

Roberto89

Grazie Kobayashi. In altre parole ho cercato di esprimere ciò che hai detto tu, in questa logica: guardando dentro di sé, finirà per non riconoscersi più in sé stesso, da qui il rischio di farsi male. La domanda da te sollevata, se il nostro desiderio ci qualifica per ciò che siamo, quest'uomo finirà per farsela: sono un pedofilo? Sono uno stupratore? Se non so cancellare questa cosa da dentro di me, anche se non faccio nulla di male, non resto sempre una persona cattiva? Questo apre molte possibili reazioni, perciò mi chiedo se abbia senso tentare questa strada, che poi credo sarebbe la naturale tendenza del tipo riflessivo... chi invece tende a giustificarsi potrebbe chiudersi in sé stesso e la tendenza mi pare altrettanto pericolosa.

green demetr

Citazione di: Roberto89 il 11 Gennaio 2018, 10:33:36 AM
Nel frattempo, la mia "tesi" resta la stessa, ovvero se facendosi aiutare non si rischi di svegliare ancora di più il richiamo a quel comportamento deviante.

Guardati La stanza del figlio di Moretti, e ragiona.

La psicanalisi sa benissimo che il sintomo si aggrava, perchè vuole aggravarsi (!) nel momento stesso in cui si va in analisi.(co-azione a ripetere).
Non è questione della psicanalisi, ma del soggetto che si consegna all'analisi solo per voler essere riconosciuto tale, e cioè appunto violento.
Come dice Kobayashi è poi un lavoro personale, quello di dissolvere la violenza che è in noi.
La psicanalisi può solo indicarlo.
La psichiatria può solo bloccarlo a livello cerebrale.
Sono vie positive e negative rispettivamente, ma entrambi impotenti, se non si ricostruisce il soggetto, il suo mondo, il suo fine.
Scegliere la vita dell'altro piuttosto che la morte, non è forse questo? visto il rigurgito razzista di questa italietta, io penso che il problema che poni, sia solo una piccola regione di un problema molto, ma molto, più vasto.

E dunque la stessa domanda è un sintomo di un problema molto più vasto.

La domanda invece parte in media res, come se bene e male esistessero veramente.

Ma non è così, e la filosofia lo sa benissimo.

A meno di credere che gli f-35 vadano dall'analista. ;D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Secondo me la prima categoria di fatto non esiste.
Perché nel momento che per loro si presenta una situazione nuova della quale quindi non hanno esperienza, il loro supposto autocontrollo viene messo alla prova.
Esempio.Metti in mano per la prima volta una pistola a una di queste persone.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Socrate78

Il fatto che la persona possa agire anche in maniera contraria agli interessi di un altro, quindi di fatto commettere il male, danneggiarlo, mi sembra che sia sostanzialmente il prezzo da pagare per la libertà. Che cos'è il male, o meglio, qual è la sua origine? La possibilità del male secondo me deriva dal fatto che la volontà umana, essendo indipendente e riferibile psichicamente all'Io individuale, non segue necessariamente le esigenze di un altro soggetto. Il neonato ad esempio non avendo ancora un Io sviluppato e distinto dalla madre, ecco che è totalmente INNOCENTE e in simbiosi con la madre, ma appena cresce ecco che inizia a manifestare ribellione proprio per differenziarsi: è lì che nasce quindi la possibilità anche di manifestare aggressività, prima era impossibile. Infatti immaginiamo un individuo che possa agire solo a favore dei suoi simili e non possa nemmeno concepire un'alternativa diversa. Sarebbe libero? A mio avviso no, poiché la sua volontà sarebbe totalmente dipendente dalle esigenze altrui, quindi sarebbe uno stato di simbiosi psichica. Invece nel momento in cui la persona desidera qualcosa che cozza contro l'interesse di un altro e si concepisce come un Io indipendente, ecco che nasce anche la possibilità di agire "contro", con tutto quello che ne consegue. Non a caso anche in molti film di fantascienza si ipotizza che le macchine per l'evoluzione dell'intelligenza artificiale si ribellano all'uomo diventando dannose e "cattive", e in questi scenari fantastici secondo me si vuole esprimere proprio questo: l'autocoscienza genera di per sé la possibilità del male.

Kobayashi

In riferimento a ciò che ha scritto Socrate78.
Questo però non spiega la crudeltà, la violenza commessa per il puro piacere e che non porta nessun beneficio a chi lo commette.
Per esempio quando in un gruppo viene preso di mira il più debole e sistematicamente perseguitato (magari sottoposto ad angherie non fisiche, ma "solo" psicologiche). Una cosa comunissima e a cui partecipano anche le persone genericamente considerate corrette.
In questi casi non c'è nessun beneficio per l'individuo. C'è solo il godimento per il crollo della vittima.

Ammettiamolo: l'essere umano ha una particolarissima predisposizione (unica rispetto a tutte le altre creature della natura) a compiere il male per puro diletto. 
Basta pensare alla storia dei supplizi. Quanto ingegno nell'elaborazione di forme sempre più efficaci di dare dolore, di straziare un corpo! Qualcosa che suscita orrore e ammirazione nello stesso tempo...

Socrate78

#9
Nient'affatto, in realtà anche in natura esistono eccome forme di aggressività, di esclusione e "bullizzazione" del più debole all'interno del gruppo. Il mito della natura come innocente secondo me non regge per niente, anzi, la natura è spesso crudele con i deboli e, siccome l'uomo è un prodotto dell'evoluzione naturale, ecco che anche i lati oscuri dell'uomo nascono dalla natura stessa. Il male, come diceva Kant, è "radicale", cioè presente nella natura stessa della realtà. La stessa parola "mobbing" che designa la persecuzione e l'esclusione del lavoratore in ambito professionale è nata con riferimento al comportamento di alcune specie di uccelli, che nel branco escludono e aggrediscono gli elementi più deboli, dimostrando di avere in embrione gli stessi identici comportamenti violenti dell'uomo. E' stato anche osservato che i delfini manifestano comportamenti violenti e perfino crudeli, i maschi si aggrediscono nel branco per avere il possesso esclusivo delle femmine, si registrano stupri tra i delfini, atti di crudeltà contro altre specie come le foche, senza l'esigenza di cibarsi delle prede. Nel mondo animale si notano sia esempi di estremo altruismo sia altri che vanno in senso contrario e mostrano aggressività, violenza, perfino sadismo in alcuni casi. Di conseguenza, le opposte pulsioni di bene e di male si sono evolute sino all'uomo, ma il male non è nato con l'essere umano: puoi forse definire "buona" la mantide che prima attrae il maschio e poi lo uccide? E' un esempio di serial killer in natura, altroché "natura innocente". E' stato notato che alcune scimmie uccidevano senza cibarsi poi delle prede, quindi agendo per puro diletto. La crudeltà dell'uomo secondo me può essere spiegate come un'evoluzione in senso peggiorativo dell'istinto al potere presente in tutto il mondo animale, l'animale vuole avere istintivamente il controllo del territorio e per questo diventa anche violento, l'uomo, avendo un livello più alto di intelligenza, usa questi stessi istinti consapevolmente quindi in modo ancora più devastante.

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