L’arte come compensazione degli squilibri filosofici collettivi.

Aperto da Carlo Pierini, 06 Maggio 2019, 02:46:00 AM

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Carlo Pierini

Scrive Jung:
"Non tutti i sogni hanno la stessa importanza. Già i primitivi distinguevano tra "piccoli" e "grandi" sogni. [...]
A ben guardare i piccoli sogni sono frammenti della fantasia che compaiono ogni notte, provengono dalla sfera soggettiva e personale e, quanto al loro significato, si esauriscono nella vita quotidiana. La loro validità non va oltre le oscillazioni quotidiane dell'equilibrio psichico. Vi sono invece sogni pregni di significato, i quali spesso sono conservati nella memoria per tutta la vita, e formano non di rado il nucleo racchiuso nel forziere degli eventi psichici. [...] Essi contengono i cosiddetti «motivi mitologici» o «mitologemi», che io ho definito col termine di archetipi [...] e provengono dagli strati più profondi dell'inconscio collettivo. La loro significatività trapela - a prescindere dall'impressione soggettiva - già fin dalla loro plasticità, che mostra non di rado forza e bellezza poetiche. Essi si presentano perlopiù in periodi decisivi della vita, vale a dire nella prima giovinezza, durante la pubertà, a mezzo del cammino (fra i trentasei e i quarant'anni), e in cospectu mortis ". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.313]

"Come si sa per esperienza, l'inconscio ha una indipendenza estrema. Se non l'avesse, non potrebbe esercitare la sua funzione peculiare: la compensazione della coscienza. La coscienza è ammaestrabile come un pappagallo, non così l'inconscio. Esso è e rimane una parte della natura che non può venir né corretta né corrotta; i suoi segreti possono soltanto essere intravisti, non manipolati." [JUNG: Psicologia e alchimia - pg.52]

"I simboli prodotti dall'inconscio significano molto di più di quanto si possa saperne di primo acchito. Essi trovano il loro significato nel tendere, ogni volta che sono compresi, a compensare e a integrare nel senso della totalità un atteggiamento della coscienza non adeguato, che cioè non adempie al suo scopo".  [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.323/24]

Analogamente, i miti possono essere visti come i grandi sogni o le visioni dell'umanità; e la loro funzione, come nel caso dei sogni individuali, è quella di compensare dialetticamente gli squilibri della coscienza storica attraverso l'apporto di quei contenuti culturali (sentimenti, idee, valori etici, ecc.) che in certi momenti storici "di passaggio" sono carenti o assenti presso le culture nelle quali essi compaiono.
Per esempio, la figura evangelica del Dio che si incarna come uomo (Cristo) e come fratello amoroso dell'uomo appare in un'epoca in cui prevaleva la mitica figura vetero-testamentaria - un po' squilibrata - di un Yawè-Padre-padrone, giudice severo e giustiziere iroso e vendicativo. La funzione compensatrice del mito cristiano è evidente: <<La legge per l'uomo, non l'uomo per la legge>>.

Dunque, il mito appartiene alla categoria dell'arte: esso è principalmente letteratura (saghe, racconti, poemi, favole, ecc.), ma può anche esprimersi come arte plastica o pittorica. Ed è l'arte sacra rinascimentale quella che maggiormente evidenzia questo carattere compensatorio degli squilibri della visione religiosa dominante.
Ebbene, uno degli "squilibri" più fuorvianti dell'esegetica cattolica consiste nell'aver sottratto la figura di Cristo dalla dimensione spirituale-simbolica che le è propria ed averla "secolarizzata" nelle vesti di un personaggio storico reale vissuto duemila anni fa. Cosicché, da una parte il culto di Gesù si trasforma in una vera e propria "idolatria" e, dall'altra, il significato evangelico di "buona novella", di "annuncio di un futuro Messia salvatore-redentore" cade nell'ombra, privando l'intero Disegno di Salvezza del suo "baricentro" futuro naturale, cioè, della sua autentica ragione d'essere.
In una certa misura la evangelica "seconda venuta del Messia" o del "Secondo Adamo" (Giovanni 14:1-3, Ebrei 9:28, Apocalisse 22:12, Matteo 24:37-39 e 23-26, Tito 2:11-14, Luca 21:34-36, ecc.) compensa questo squilibrio temporale, ma non abbastanza da lasciar intendere chiaramente che i racconti biblici sono *solo annunci* mitico-simbolici di una Redenzione e di una Salvezza non ancora realizzate (del resto, se l'umanità fosse stata redenta dal "primo Avvento", quale sarebbe lo scopo di un "secondo Avvento"?).
Ebbene, l'arte sacra rinascimentale cerca di compensare questo "malinteso spazio-temporale" nelle forme più varie e originali. La più ricorrente è quella che cambia tempo e luogo alla storia di Cristo, trasportandola dall'Israele di duemila anni fa all'Europa contemporanea degli autori, cioè, all'epoca rinascimentale:

http://3.bp.blogspot.com/-7l5wmS0M5qE/UhCWhdMjG1I/AAAAAAAAAIo/AdvANjukJOA/s1600/01+Cristo+chiavi,+Perugino.jpg 

http://2.bp.blogspot.com/-T-x1QzO9lTM/UhCWO8NTsXI/AAAAAAAAAIA/UE3EQ3VWiiw/s1600/02+Annunciazione,+van+der+Weyden.jpg 

http://4.bp.blogspot.com/-4JPQLsKf9Os/UhCWUZ1hpUI/AAAAAAAAAIQ/LH76d4yoXNQ/s1600/03+Annunciazione,+van+Eyck.JPG 

http://3.bp.blogspot.com/-peGEp7uwrnc/UhCWTvyOr9I/AAAAAAAAAII/-DuhF85MVGM/s1600/04+Annunciazione,+Botticelli.jpg 

http://4.bp.blogspot.com/-WrdZtseFk38/UhCWanRYxXI/AAAAAAAAAIY/U2UfJVH3Wbw/s1600/05+Crocifisso,+Giovanni+Bellini.jpg 

http://4.bp.blogspot.com/-cuEfMxJ1CGo/UhCXDHsDnAI/AAAAAAAAAJw/dnkWWVwOFKE/s1600/06+Madonna+con+Bambino,+Cima+da+Conegliano.jpg 

http://2.bp.blogspot.com/-T0yDm1sZje0/UhCWgGapi-I/AAAAAAAAAIg/BlvL8WFUskY/s1600/07+Nativit%C3%A0,+David,+1515.jpg 


Nella seguente "Natività" del Ghirlandaio, sull'estremità della colonna centrale è addirittura scolpita in caratteri romani una data: 1485

http://3.bp.blogspot.com/-bfYfaEKcJjw/UhCWliLGpuI/AAAAAAAAAIw/IQ0HTMr40Tc/s1600/08+Nativita,+Ghirlandaio.jpg

Nelle due seguenti raffigurazioni della Natività sono presenti due particolari che non dovrebbero comparire se i dipinti volessero davvero rappresentare una Natività avvenuta 1500 anni prima: due immagini del Crocifisso. La prima (Van der Weyden) è appesa sulla colonna centrale dietro alla Vergine,

http://4.bp.blogspot.com/--BHynI2sR4Q/UhCW77L8X4I/AAAAAAAAAJI/ywq6A2hNENM/s1600/09+Nativit%C3%A0,+Van+der+Weyden.jpg
...come per sottolineare che si tratta di una seconda nascita,  di un secondo avvento del quale il "Cristo antico" era solo l'annuncio.
Nella seconda figura (L. Lotto) il Crocifisso è in alto a sinistra del dipinto:

http://4.bp.blogspot.com/-izAQhteksxI/UhCWqJpMwWI/AAAAAAAAAI4/oxE6aGHgN7I/s1600/10+Nativit%C3%A0,+Lorenzo+Lotto,+1523.jpg

Un'altro tentativo di "de-secolarizzare" la figura di Cristo è quello di negare direttamente la sua storicità e di affermare la sua natura di immagine simbolica.
Se, infatti, osserviamo questo dipinto di Giotto (il Giudizio finale):

http://2.bp.blogspot.com/-Q13GAtrymd8/UhdErnKgoMI/AAAAAAAAAKA/pOPH-oHIr9Y/s1600/Giudizio+Finale,+Giotto.jpg

non è difficile leggervi un messaggio tendente a far apparire l'intera scena evangelica non come un evento storico, ma come una sorta di "scenografia teatrale", una rappresentazione simbolica, un'immagine pura, un racconto mitico ispirato dal cielo. La chiave di questo messaggio è rappresentata dai due angeli (ánghelos = messaggero) in alto a desta e a sinistra della figura nell'atto di srotolare (o di arrotolare) i bordi di quella che appare, così, come una vera e propria immagine di fondo di un palcoscenico allestita da registi celesti.

Lo stesso tipo di messaggio è stato espresso anche in altre forme. Per esempio: nelle seguenti rappresentazioni il personaggi sacri sono rappresentati non come persone reali, ma come immagini del personaggio:

http://3.bp.blogspot.com/-C_JKu8ibTog/UhfH3WpJdbI/AAAAAAAAAKU/1tR4zdLRwG0/s1600/13+Veronica+sorretta+da+due+angeli+2.png

http://4.bp.blogspot.com/-WWQeIbFUMhY/UhfH3KjH2dI/AAAAAAAAAKQ/E20PBAShKvw/s1600/12+van+der+Weyden,+Cristo-veronica+1,+dal+Trittico+Crocefissione,+sec.+XV,+particolare.jpg

http://2.bp.blogspot.com/-iFKUsFcg1fo/UhfH6veVfCI/AAAAAAAAAKo/3gQmq0pnR-Q/s1600/14+Madonna+della+Vallicella.jpg

Mi fermo qui, ma esistono molte altre opere rinascimentali che cercano di correggere/smentire il dogma cristiano - ancora oggi dominante - di un Gesù storico che ha *realmente* compiuto dei miracoli (moltiplicazione dei pani e dei pesci, trasformazione dell'acqua in vino, resurrezione di Lazzaro, ecc.) e che poi è *realmente* morto, risorto e salito fisicamente al cielo.
L'arte, in definitiva, non si limita a riprodurre il mito, ma lo ricrea, lo ripresenta in modo tale da chiarire gli aspetti che nella versione originaria erano stati espressi in maniera oscura o ambigua, se non addirittura errata.
Scrive infatti Jung:

<<In ciò sta l'importanza sociale dell'arte: essa lavora continuamente all'educazione dello spirito contemporaneo facendo sorgere le forme che più gli difettano. Volgendo le spalle alla manchevolezza presente, l'ispirazione dell'artista si ritrae sino a raggiungere nel suo inconscio l'immagine primordiale che potrà compensare nel modo più efficace I'imperfezione e la parzialità dello spirito contemporaneo. Essa s'impossessa di questa immagine, e traendola dal più profondo inconscio per ravvicinarla alla coscienza, ne modifica la forma in modo che essa possa essere accetta all'uomo d'oggi, a seconda delle sue capacità. Il tipo dell'opera d'arte, cioè, ci permette di trarre conclusioni sul carattere dell'epoca in cui essa è apparsa. Che cosa rappresentano, per la loro epoca, il naturalismo e il realismo? Che cos'è il romanticismo? Che cos'è l'ellenismo? Sono orientamenti dell'arte che misero in luce quanto v'era di più necessario per l'atmosfera spirituale di ogni epoca. L'artista come educatore della sua epoca, ecco un soggetto sul quale oggi ci si potrebbe a lungo intrattenere.
I popoli e le epoche hanno, come i singoli individui, i loro orientamenti e i loro caratteristici atteggiamenti interiori. L'espressione "atteggiamento" tradisce già la parzialità inevitabile di ogni orientamento determinato. Orientamento significa esclusione; l'esclusione sta a significare che una determinata quantità di elementi psichici, che potrebbero anch'essi vivere, non sono autorizzati a manifestarsi, poiché non corrispondono più all'atteggiamento generale. L'uomo normale può tollerare senza danno l'indirizzo generale; ma il vero vantaggio per I'artista, è la sua relativa incapacità di adattamento; essa gli permette di tenersi lontano dalle grandi vie comuni, di seguire la propria ispirazione e di scoprire ciò che manca inconsapevolmente agli altri. Come nel singolo individuo l'unilateralità dell'atteggiamento cosciente è corretta da reazioni inconsce di compensazione, così I'arte rappresenta, nella vita delle nazioni e delle diverse epoche, un processo di compensazione spirituale>>.  [JUNG: Psicologia e poesia - pp. 48-49]

iano

E' vero. Ci sono sogni e sogni.
Alcuni ti accompagnano per tutta la vita.
Ecco il mio sogno memorabile fatto a circa 4 anni.

Un uomo in una vasca impasta cemento.
Sul muro di fronte c'e una finestra.
Gli uomini diventano statue ,
ma nessuno si affaccia.

Ma forse i sogni più interessanti sono quelli che a un certo punto della tua vita ti chiedi se li hai vissuti o li hai sognati davvero.
Quelli che si mischiano inestricabilmente col vissuto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Carlo Pierini

#2
P.S.

Nell'Annunciazione di Van Eyck:

http://4.bp.blogspot.com/-4JPQLsKf9Os/UhCWUZ1hpUI/AAAAAAAAAIQ/LH76d4yoXNQ/s1600/03+Annunciazione,+van+Eyck.JPG

si noti - nella parete di fondo, in alto - la presenza di una vetrata gotica raffigurante il Cristo Pantocratore:

https://www.quadri-e-stampe.it/media/kunstdrucke-poster/eyck-van-jan--maria-verkuendigung-787763.jpg

che ribadisce ancora la natura non-storica del "primo Gesù", la sua essenza di mito-annuncio ("Vangelo" deriva da "euangelion": "eu"= "buono" e "àngelos" = "messaggio, notizia"). Un annuncio a cui fa eco il tema centrale del dipinto: l'Annunciazione dell'angelo a Maria.

Phil

Nell'arte la dimensione astorica e atemporale del sacro gioca (secondo me) un duplice ruolo: da un lato, serve ad attualizzare il sacro (divinità o altro) inserendolo nella contemporaneità dell'artista, che è un modo per "(re)impossessarsene" e/o per celebrare la vitalità ancora pulsante del sacro, senza relegarlo ad un passato ormai lontano ed emotivamente distante. Da l'altro lato, la traslazione storica che decontestualizza gli eventi (biblici o altro), serve a sottolineare che il valore trascendente del sacro non è legato alla scansione del tempo umanamente intesa, per cui il conforto della Madonna, il sacrificio di Cristo, etc. sono sempre presenti, non hanno data perché il loro "senso" ha "durata" infinita. 
Per dirla in sintesi, il sacro può essere presentificato/presantificato dall'autore nella sua epoca perché il suo valore trascende il tempo umano ed è, a suo modo, sempre (nel) presente.

L'appropriazione e la rivisitazione laica dei temi religiosi in quanto classici (ovvero senza tempo) sono una pratica artistica anche della contemporaneità da Dalì (la "crocifissione cubista", la Madonna di Port Ligur, la Pietà) fino a "the other Christ" di Andres Serrano.


P.s.
Sarebbe comunque interessante allargare il discorso anche alle altre religioni.

green demetr

Dipende.

Lo scopo principale di Jung è quello di impedire alle forze dell'inconscio di sovvertire il regno del soggetto.
Egli chiama i suoi incubi spettri, e con essi va interrogandosi fino alla pazzia della sua ultima produzione.
Ovviamente per me è la seconda parte la parte più interessante.

Sono solo all'inizio del suo capolavoro le nozze mistiche, mysterium coniunctione.

Egli Carlo non indaga il Cristo storico, che è una aberrazione del pensiero altrimenti abissale dell'ebraismo.
Il cristianesimo è una aberrazione.
Per me che sono stato chiamato da lui, in un momento molto triste della mia esistenza, coinciso con la pasqua, è stata dura capire, come potevano convivere le due cose.

Come inizio se vi ricordate, pendevo per la lettura del vangelo di Giovanni.
Ma effettivamente l'utente "bach qualcosa" mi fece capire che il Giovanni è insieme al Paolo il fautore del gesù storico.
Ovvero del Dio che si rende Testimonianza in quanto uomo Gesù.

Oggi comincio a pensare che invece il vangelo mi chiama ma solo nella sua dimensione gnostica.
Che credo sia quella indagata anche da Jung.
Ossia del Cristo Esoterico.

La scelta è fatta per me.
Purtroppo devo ancora leggere i tuoi post sul sogno. Altre urgenze mi chiamano.

In questo senso per quanto riguarda la parte artistica, ho sempre considerato l'arte come una mera estetica, un gioco per annoiati signorotti della borghesia.

Niente a che vedere nè col Cristo Storico, nè con quello Esoterico.

Saluti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2019, 00:29:58 AM
In questo senso per quanto riguarda la parte artistica, ho sempre considerato l'arte come una mera estetica, un gioco per annoiati signorotti della borghesia.

Troppa modestia: povera arte. Quasi un regurgito di platonismo, della sua parte più caduca. L'arte vale assai di più: è sempre stata un potente mezzo ideologico a disposizione di poteri Storici e sette Esoteriche ed Essoteriche. Forse è il caso di meditare sulla prossimità che Wittgenstein pone, e  su cui lo stesso Nietzsche si sofferma, tra estetica ed etica, tra καλός e ἀγαθός.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2019, 00:29:58 AM
In questo senso per quanto riguarda la parte artistica, ho sempre considerato l'arte come una mera estetica, un gioco per annoiati signorotti della borghesia.

Niente a che vedere nè col Cristo Storico, nè con quello Esoterico.

CARLO
E cos'altro è il Vangelo, se non arte letteraria?

Carlo Pierini

Citazione di: Phil il 06 Maggio 2019, 16:07:23 PM

Nell'arte la dimensione astorica e atemporale del sacro gioca (secondo me) un duplice ruolo: da un lato, serve ad attualizzare il sacro (divinità o altro) inserendolo nella contemporaneità dell'artista, che è un modo per "(re)impossessarsene" e/o per celebrare la vitalità ancora pulsante del sacro, senza relegarlo ad un passato ormai lontano ed emotivamente distante. Da l'altro lato, la traslazione storica che decontestualizza gli eventi (biblici o altro), serve a sottolineare che il valore trascendente del sacro non è legato alla scansione del tempo umanamente intesa, per cui il conforto della Madonna, il sacrificio di Cristo, etc. sono sempre presenti, non hanno data perché il loro "senso" ha "durata" infinita. 
Per dirla in sintesi, il sacro può essere presentificato/presantificato dall'autore nella sua epoca perché il suo valore trascende il tempo umano ed è, a suo modo, sempre (nel) presente.

CARLO
Certo, il mito è tutto questo; esprime valori universali, in un certo senso eterni. Ma esso è rivolto all'uomo storico reale, quindi è anche dialogo vivo con la storia. Non si limita, cioè, a "far piovere" sulla storia immagini archetipe universali ma, attraverso di esse, risponde dialetticamente agli interrogativi e alle inquietudini epocali dell'uomo storico, del popolo particolare in cui esso fiorisce; proprio come il sogno fa con l'individuo:

<<Se la nostra interpretazione di un sogno non ha fatto centro, o se rimane in qualche modo incompleta, potremo constatarlo eventualmente sulla scorta del sogno successivo. Per esempio il motivo precedente viene ripetuto un'altra volta in una versione più chiara, oppure la nostra precedente interpretazione viene demolita da una parafrasi di tono ironico, oppure ancora, ecco subentrare invece un'opposizione diretta, accanita. [...]
La ricompensa per l'interpretazione esatta è un soffio di vitalità, mentre l'interpretazione errata si condanna da sé ristagnando, suscitando resistenza, dubbio e soprattutto reciproco insabbiamento>>.   [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.175]

<< «È senz'altro probabile che i miti corrispondano ai residui di fantasie e di desideri di intere nazioni, e cioè ai sogni secolari della giovane umanità» (Freud). Anche Rank vede parimenti nel mito il sogno collettivo di tutto un popolo>>. [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.37]

<<Come nella storia dei popoli gli archetipi appaiono sotto forma di miti, così si presentano anche in ciascun individuo, e il loro effetto è più potente; è, cioè, maggiore la loro antropomorfizzazione della realtà, là dove la coscienza è più limitata o più debole e dove, di conseguenza, la fantasia può sopraffare i dati del mondo esterno. Questa condizione è indubbiamente presente nel bambino durante i suoi primi anni di vita>>.   [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.70]

Phil

Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 08:10:19 AM
Forse è il caso di meditare sulla prossimità che Wittgenstein pone, e  su cui lo stesso Nietzsche si sofferma, tra estetica ed etica, tra καλός e ἀγαθός.
Per come la vedo (en passant rispetto al topic): in pubblico, l'etico è estetico (è "bello" fare ciò che è giusto); in privato, l'estetico è etico (è "giusto" fare ciò che è bello).
Non a caso, la forza radicale del giudizio divino sarebbe quella di poter sbirciare anche nel privato (fin dentro l'intimo della psiche?).
Attualmente, il rovesciamento dialettico fra etico ed estetico, mi pare sempre più malcelato (per quanto dissimulato ai limiti dell'inconsapevole), essendo nell'epoca delle "case di vetro", della privacy difficile da tutelare, della religione/morale fai-da-te, dei sincretismi concilianti, etc.
Che, sotto le loro mentite spoglie assolutistiche, καλός e ἀγαθός cambino di pari passo con le epoche, è il classico segreto del Pulcinella omertoso: «si sa, ma non si dice».

Ipazia

La dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.

Quindi l'estetica (arte) non è una compensazione, ma parte integrante della filosofia, collettiva e individuale. Come la tecnologia, utilizzabile nel bene e nel male, che la filosofia insegna a discriminare. Secondo lo spirito dei tempi. Si sa e conviene, in ossequio alla verità, pure dirlo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 20:24:09 PMLa dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
Non vorrei deviare troppo il discorso proposto da Carlo, ma il fatto che possa sembrare «bello fare ciò che è giusto», per me confonde la bellezza estetica con la "bellezza spirituale", delle "anime belle" (per quello scrissi «bello» fra virgolette). Ciò che è giusto, per definizione, andrebbe fatto, ed è un fare etico che in sé non (ri)guarda all'estetica; ad esempio, se è giusto rinchiudere un colpevole, non mi pare ci sia bellezza estetica in tale azione (per quanto si possano scrivere anche poesie al riguardo, ma la scelta etica e la scelta estetica a malapena si sfiorano).
Viceversa, «è giusto fare ciò che è bello», senza mettere il «giusto» fra virgolette, rischia di subordinare il giusto al bello che è, almeno socialmente, inaccettabile (difficilmente una mamma darà tale consiglio al proprio figlio)

Se consideriamo le due espressioni assieme, dialettizzandole con un ardito coup de theatre, mi pare che il senso classico di etica ed estetica vada in cortocircuito, producendo un leggero residuo estetico: è infatti una frase ad effetto (estetico); la morale che ne traspare (assist; te ne dovevo almeno uno) è «la morale dell'esteta», per quanto sia una (est)etica ad alto rischio inattualità (e immoralità, almeno comunemente intesa).
Chiaramente, è possibile talvolta fare un gesto bello e giusto, ma l'eccezione non fa la regola; inoltre, le regole del bello estetico non sono le regole del giusto etico (a quanto sembra); la loro occasionale convergenza è forse solo una fortuita (fortunata?) eterogenesi dei fini.

Carlo Pierini

#11
Citazione di: Phil il 07 Maggio 2019, 22:20:21 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 20:24:09 PMLa dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
PHIL
...
se è giusto rinchiudere un colpevole, non mi pare ci sia bellezza estetica in tale azione (per quanto si possano scrivere anche poesie al riguardo, ma la scelta etica e la scelta estetica a malapena si sfiorano).
CARLO
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...Ecco, tutto ciò sarebbe anche bello, così com'è bella, per esempio, la scena del pentimento e della richiesta di perdono da parte di fra' Cristoforo ai congiunti dell'uomo da lui assassinato:

https://youtu.be/jGySJwka750?t=375

...o la conversione dell'Innominato:

https://youtu.be/24uvvFjY6iI

Ma in questi casi è la giustizia divina che ha agito, non la giustizia carceraria.

Carlo Pierini

Citazione di: Carlo Pierini il 07 Maggio 2019, 23:43:46 PM
Citazione di: Phil il 07 Maggio 2019, 22:20:21 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Maggio 2019, 20:24:09 PMLa dialettica è congiuntiva, convergente: è bello fare ciò che è giusto ed è giusto fare ciò che è bello.
PHIL
...
se è giusto rinchiudere un colpevole, non mi pare ci sia bellezza estetica in tale azione (per quanto si possano scrivere anche poesie al riguardo, ma la scelta etica e la scelta estetica a malapena si sfiorano).
CARLO
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...Ecco, tutto ciò sarebbe anche bello, così com'è bella, per esempio, la scena del pentimento e della richiesta di perdono da parte di fra' Cristoforo ai congiunti dell'uomo da lui assassinato:

https://youtu.be/jGySJwka750?t=375

...o la conversione dell'Innominato:

https://youtu.be/24uvvFjY6iI

Ma in questi casi è la giustizia divina che ha agito, non la giustizia carceraria.

P. S.
...E adesso una breve sintesi:

https://youtu.be/c9CxZnsbY04

Ipazia

Citazione di: Carlo Pierini il 07 Maggio 2019, 23:43:46 PM
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...

Sì, tralasciando l'ipotesi trascendente, mi pare questo il significato della relazione etica-estetica che nel loro limite trascendentale - in alto - si congiungono. Portando la questione al livello del suolo, una società umana deve tendere ad un grado di bellezza e armonia tale da rendere raccapricciante ogni sua violazione etica. Prevenendo, piuttosto che punendo e redimendo il crimine. Venendo ancora più terra-terra: il degrado estetico è presupposto di degrado morale. Laddove si lavora per la bellezza (nel territorio, lavoro, rapporti sociali ed umani) si lavora anche per la giustizia. L'assenza delle quali produce una reazione emotiva, il disgusto, in cui è difficile - ed in ciò sta pure una dimostrazione empirica - districare la componente etica dall'estetica. Pensiamo ad una catasta di cadaveri da pulizia politico-etnico-religiosa.

Più che come compensazione (concetto psicologico) vedrei pertanto l'arte come completamento della sfera antropologica nel "tutto" etico-estetico-tecnologico che caratterizza l'universo antropologico. L'assenza di bellezza che si vede nelle lavorazioni centrate sullo sfruttamento umano è indicatore di degrado morale. La ricerca ha prodotto persino una sua scienza della bellezza applicata al lavoro: si chiama ergonomia. L'architettura lo fa nel campo dell'ethos per eccellenza: l'abitare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 10:09:24 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Maggio 2019, 23:43:46 PM
Io direi che "bello" e "giusto" sono fratelli di sangue solo nell'accezione più alta (o più profonda) di significato di entrambi i termini. Infatti la giustizia non è affatto bella quando sbatte in galera un criminale, ma è semplicemente utile alla collettività. Per essere anche bella dovrebbe agire in modo tale da indurre il criminale a prendere piena consapevolezza del crimine commesso e a condividere fino in fondo lo stesso dolore procurato alle vittime, tanto da essere mosso ad un sincero atto di pentimento e di sottomessa implorazione di perdono. ...

IPAZIA
Sì, tralasciando l'ipotesi trascendente, mi pare questo il significato della relazione etica-estetica che nel loro limite trascendentale - in alto - si congiungono. 

CARLO
Se tralasci "l'ipotesi trascendente", <<in alto>> significa solo <<ad alta quota sul livello del mare>>. 
Al mio paese, infatti, il termine <<trascendentale>> è un aggettivo che  significa <<di natura trascendente>> o <<riferito a ciò che è trascendente>>, checché ne dica Kant con le sue mistificazioni verbali tese a separare - artificiosamente e in modo assoluto - l'Io ("trascendent-ale") da Dio ("trascendente").

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