La volontà di potenza da un altro punto di vista

Aperto da 0xdeadbeef, 13 Luglio 2018, 10:29:25 AM

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sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Luglio 2018, 20:26:38 PM
Citazione
Scusate ma voi dove la vedete tutta questa bontà e tutta questa innatezza?
Vogliamo chiederlo, tanto per stare alla strettissima attualità, ai profughi africani i quali, per fame o per guerra
che sia, cercano una miglior fortuna nella "civilissima" Europa?
Come fate a vedere questa "legge norale dentro l'uomo" (e Kant, Giulio, sapeva bene dove "riposasse" quel sentimento...)?
Io, viceversa, non vedo nessuna bontà e nessuna cattiveria innate; vedo soltanto dei condizionamenti sovra E strutturali.
E gli imperativi della religione sono tra i più "potenti" di questi condizionamenti.
Lo si voglia o meno, l'uomo ragiona "anche" (ma avrei voglia di dire "soprattutto") nei termini che la religione ha posto
(basti guardare alla concezione del tempo lineare, al mito del progresso, o appunto ai valori "umani").
La religione, dice E.Durkheim, E' la comunità (il "sacro" non è altro che l'ipostasi assolutizzata delle necessità insite
in una comunità umana).
Da qui, ritengo (anzi temo...), la "sympatheia" greca, il "karuna" buddista o la "coscienza" cristiana...
Concetti nobilissimi, che però perdono inevitabilmente di senso nel momento in cui l'individuo emerge prepotente,
e la comunità si eclissa (e CON la comunità si eclissa la sua ipostasi: Dio).
Per questo, penso, Dostoevskij (attraverso la bocca di Ivan Karamazov) ha sommamente ragione laddove afferma: "se Dio
non esiste, allora tutto è lecito".
Dal canto suo, Nietzsche ci dice allora semplicemente: "visto che Dio non esiste, tutto è effettivamente lecito".
saluti

La violazione delle norme morali c' é sempre stata, anche quando nessuno credeva che "Dio fosse morto" e tutti credevano che Egli le avesse scolpite su due tavole di pietra consegnate a Mosé, oppure dettate a Maometto o rivelate ad altri profeti in altri modi.
L' esistenza della violazione dell' etica non ha mai dimostrato (né lo dimostra ora) l' inesistenza dell' etica.
Anche nei secoli e millenni passati ci sono state tragedie e negazioni dell' umanità non dissimili dalle attuali da te ricordate.
D' altra parte viviamo in una fase storica di profonda decadenza e di strapotere della più nera reazione, nella quale da marxista troverei molto strano che non venissero promosse, incentivate, pubblicizzate, sistematicamente proposte alle masse popolari come esempio da seguire le peggiori nefandezze
Ma anche oggi come sempre c' é chi perpetra il male e chi agisce bene.
Basta guardarsi intorno con realismo anziché farsi travolgere da un pessimismo assolutizzato e (anche per questo) irrealistico, seppur comprensibile date le circostanze, per accorgersene.
E negare (comunque falsamente) come fa Nietzche che vi sia differenza fra agire etico, altruismo generosità, magnanimità da una parte e agire immorale, egoismo, grettezza, meschinità, malvagità dall' altra pretendendo di confonderli indiscriminatamente in un nauseabondo e -scusa il termine- miserabile calderone chiamato "volontà di potenza" (simile per certi aspetti -peraltro i meno peggiori- all' ignoranza che Hegel paragona alla "notte in cui tutte le vacche sembrano nere") porta acqua (putrida) al mulino della malvagità e dell' immoralità.

Ho scritto chiaramente che (anche per me) bontà e cattiveria non sono innate (geneticamente determinate) ma risultano da circostanze epigenetiche, soprattutto di tipo culturale molto più che naturali (-stiche).

La mia conoscenza di Kant é senza ombra di dubbio abissalmente inferiore alla tua e potrei sbagliarmi.
Ma mi sembra di ricordare dal liceo che nella Critica della ragion pura fondasse la credenza in Dio (e nell' immortalità dell' anima) sulla presenza universale dell' imperativo categorico nell' animo umano e non viceversa (una sorta di altra  "preventiva rivoluzione copernicana" rispetto alle vedute alla Dostojevsky o alla Nietzche sulla pretesa che "morto Dio, tutto sarebbe lecito", ovvero eticamente indifferente).

Ciao!

Phil

Secondo me, ci può essere qualcosa di innato (come dice Sariputra) o comunque consolidatosi epigeneticamente (come dice sgiombo), che è quella leva intima su cui le religioni agiscono per attecchire nella cultura in cui abitano.
L'imprinting religioso, l'essere ingombrante e moralizzante (di cui parla Oxdeadbeef) è una spiegazione formale (teologica o psicologica) forse di un istinto atavico che alberga nell'uomo in quanto animale sociale: nel branco, qualcuno è portato a non impietosirsi di un simile sofferente (pensando che se l'altro muore, potrà disporre del suo cibo e avrà meno concorrenza per la procreazione), mentre altri, vedendo nella sofferenza altrui la possibilità spiacevole della propria sofferenza, empatizzano, e magari provano a soccorrere (forse anche sperando che un giorno il favore sarà ricambiato).

Non credo sia dunque innata la morale in quanto tale, ma piuttosto un istinto (non uguale per tutti, come si addice agli istinti) che può ottenere concretizzazione, rinforzo e "spiegazione culturale" in una morale (che, come gran parte degli istinti, è volta alla conservazione e alla proliferazione della specie).
Poi arriva quel guastafeste di Nietzsche che demistifica tutta l'impalcatura teoretica delle morali e toglie dalla loro base il tassello portante di tre lettere... eppure ogni vita comunitaria esige una morale, sia essa fondata sul divino, sul diritto, sulla tradizione: chiunque muoia, la necessità (affinché il branco resti tale) è (auto)regolarsi.

Carlo Pierini

Citazione di: Phil il 15 Luglio 2018, 23:26:56 PM
L'imprinting religioso, l'essere ingombrante e moralizzante (di cui parla Oxdeadbeef) è una spiegazione formale (teologica o psicologica) forse di un istinto atavico che alberga nell'uomo 
CARLO
Un istinto ereditato da chi? Dagli scimpanzè? Ti risulta che gli elementi culturali siano ereditari?

Carlo Pierini

#18
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Luglio 2018, 13:56:39 PM
La scimmia che digrigna i denti nel tentativo di emettere la prima parola (nella sua trasformazione in essere umano) e che
dice gutturalmente: "io sono il creatore" (non mi ricordo mai in quale opera di Nietzsche si trovi...), potrebbe
indifferentemente dire di amare il prossimo come di odiarlo.

CARLO
Nietzsche non poteva concepire un'immagine migliore per ritrarre se stesso. Una scimmia con un ego talmente ipertrofico da credersi Dio. Un ego totalmente indifferente al prossimo.

<<Se l'Io è dissolto dall'identificazione col Sé, ne deriva una specie di nebuloso superuomo, con un Io gonfiato e un Sé svuotato. Manca a quest'uomo la scintilla  dell'anima>>.  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.242]

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 16 Luglio 2018, 01:20:44 AM
Un istinto ereditato da chi? Dagli scimpanzè? Ti risulta che gli elementi culturali siano ereditari?
Rileggi con calma il mio post  ;)  non affermo che siano istintivi e/o ereditari gli elementi culturali (religione, etc.), bensì che tali elementi culturali facciano leva su alcuni istinti, che possono essersi modificati con i tempo.

Carlo Pierini

#20
Citazione di: Phil il 16 Luglio 2018, 10:35:31 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Luglio 2018, 01:20:44 AM
Un istinto ereditato da chi? Dagli scimpanzè? Ti risulta che gli elementi culturali siano ereditari?
Rileggi con calma il mio post  ;)  non affermo che siano istintivi e/o ereditari gli elementi culturali (religione, etc.), bensì che tali elementi culturali facciano leva su alcuni istinti, che possono essersi modificati con i tempo.

CARLO
Gli istinti "atavici" sono strettamente legati al patrimonio genetico (DNA), e il DNA umano coincide al 99% con quello degli scimpanzé. Mentre il fenomeno religioso-culturale si origina (circa 150-200 mila anni fa) e si evolve in un arco temporale di completa stabilità del nostro patrimonio genetico. Ergo, è molto più ragionevole pensare che la religiosità sia un fenomeno riguardante l'evoluzione della mente umana, non l'evoluzione del patrimonio genetico. Ma i dogmi materialisti, così come i dogmi di tutti i preti (religiosi o scientisti che siano), sono duri a morire: hanno stabilito che la mente è il cervello e non sentono altre ragioni.
Con la scienza, caro, Phil, la superstizione non è stata vinta, ma ha solo cambiato nome. Oggi si chiama materialismo.

"Come tempo fa era presupposto evidente che tutto ciò che esiste fosse nato dalla volontà creatrice di un Dio spirituale, così il diciannovesimo secolo scoperse la verità, altrettanto evidente, che tutto proviene da cause materiali. Oggi non è più la forza dello spirito che si crea un corpo, ma al contrario la materia che trae dal proprio chimismo un'anima. Un tale capovolgimento farebbe ridere se non ci trovassimo al cospetto di una delle grandi verità dello spirito del tempo. [...] Lo spirito dev'essere pensato come un epifenomeno della materia, anche se non si parla più di "spirito" ma di "psiche", non di "materia, ma di "cervello", di "ormoni", di istinti o di impulsi. L'attribuire all'anima una propria sostanza sarebbe contrario allo spirito del tempo e quindi una eresia. [...]
La coscienza comune non ha ancora scoperto che è non meno presuntuoso e fantastico credere con assoluta certezza che le cellule cerebrali generino pensieri, che la materia produca psiche, che le scimmie generino uomini, e che tutte queste cose non possano essere diversamente".    [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.367]

Kobayashi

Se questa discussione ha come obiettivo cercare di capire meglio il concetto di volontà di potenza in N., forse può essere utile tornare a riflettere sulle idee di N.
Secondo Deleuze, a differenza di quello che molti sostengono con una certa superficialità, la terminologia di N. è in realtà molto rigorosa e precisa. Riporto alcuni concetti così come lo studioso francese li ha analizzati.

Il concetto di forza. Ci sono forze attive, che tendono alla propria affermazione (che godono della differenza rispetto alle altre forze), e reattive, che si oppongono alle prime.
La volontà di potenza è l'elemento genealogico delle forze. Ossia, è ciò che produce la differenza di quantità di due o più forze che sono in rapporto, ed è ciò che determina la qualità di ciascuna forza.
Le forze, in base alla loro quantità, possono essere dominanti o dominate.
In base alla loro qualità, attive o reattive.
C'è volontà di potenza sia nella forza attiva che in quella reattiva.
Il problema dell'interpretazione consiste nello stimare, dato un fenomeno, la qualità della forza che gli dà un senso e misurare il rapporto delle forze in esso presenti.
Il nichilismo, che è volontà di negare, non cessa di essere volontà di potenza. Ma in esso il filosofo deve saper riconoscere forze reattive e volontà di negazione. Il fatto che il nichilismo emerga grazie alla vittoria sulle forze attive e affermative non implica però che la propria qualità sia cambiata.

Quindi in N. c'è un'opera di ricerca di ciò che si muove sotto un certo fenomeno e che determina il valore di esso (il lavoro genealogico), e nello stesso tempo un'opera creativa che mira a favorire la liberazione delle forze che affermano, le forze vitali, attive, nobili.
Del resto questi due aspetti non possono essere separati dal momento che lo stesso studio genealogico, per esempio, dell'ascetismo è un'interpretazione che nel momento in cui mostra le forze reattive all'opera impone una valutazione ad esso permettendo una liberazione dalle sue seduzioni (che i filosofi continuano a subire).

Kobayashi

Cit. Ox.: "Credo in definitiva che buona parte delle ragioni della visione filosofica nietzscheiana vadano ricercate proprio nella filosofia anglosassone e nel suo concetto di "Bene".
La volontà di potenza, dunque, come volontà di perseguire ciò che piace e che è utile. Senza "orologiai" o infingimenti che ne ammantino ipocritamente la cruda realtà"

La coscienza è descritta da N. come una formazione essenzialmente reattiva. Le forze vitali, quelle affermative, lavorano sotto di essa. Sono più potenti e più ampie rispetto a quelle che strutturano l'io.
Quindi l'ego stabilirà un proprio utile inevitabilmente reattivo, un compromesso che ingloba forze che negano. E in effetti non è così? Le vite degli uomini non sono costruite forse basandosi sull'accettazione di ogni genere di rinuncia? Fino al punto di ritrovarsi completamente esauriti e come dei morti viventi?

Carlo Pierini

Citazione di: Kobayashi il 16 Luglio 2018, 11:41:49 AM
Le forze, in base alla loro quantità, possono essere dominanti o dominate.
In base alla loro qualità, attive o reattive.
C'è volontà di potenza sia nella forza attiva che in quella reattiva.
Il problema dell'interpretazione consiste nello stimare, dato un fenomeno, la qualità della forza che gli dà un senso e misurare il rapporto delle forze in esso presenti.
Il nichilismo, che è volontà di negare, non cessa di essere volontà di potenza. Ma in esso il filosofo deve saper riconoscere forze reattive e volontà di negazione. Il fatto che il nichilismo emerga grazie alla vittoria sulle forze attive e affermative non implica però che la propria qualità sia cambiata.


CARLO
Questo è un ragionamento fatto con i piedi.

- Dal punto di vista spiritualista la forza attiva è lo Spirito e la reattiva è la Materia. Infatti il "nichilismo" spiritualista consisteva in una svalutazione della Materia che spesso rasentava la negazione (la materia identificata con il "Male"; e in certe concezioni orientali considerata come "maya", illusione).

- Dal punto di vista materialista, invece, la forza attiva è la Materia, l'istintualità, la Natura orgiastico-dionisiaca, mentre la spiritualità è "illusione", resistenza passiva da sottomettere, da "annichilire".

In realtà Spirito e Materia sono ENTRAMBE forze attive, le due polarità dell'Essere; e la soluzione non consiste nel sacrificare l'una sull'altare dell'altra (mutilando comunque una delle due "potenze" dell'anima), ma consiste nell'impresa (davvero eroica) di armonizzarle-complementarizzarle in una unità superiore che elevi entrambe al loro massimo compimento, alla loro più alta espressione.
QUESTO è il vero Super-Uomo, non la "scimmia" nietzschiana che, "ingoiando" Dio, gonfia smisuratamente il proprio ego soggettivo e considera tutti gli altri come oggetti da sottomettere e immolare alla propria ipertrofica "volontà di potenza".

Kobayashi

In riferimento all'ultimo intervento di C. Pierini.

E' ovvio che il pensiero di N. si pone al di là dei concetti metafisici elementari di spirito e materia.
Tu continui a condannare N. perché non sarebbe arrivato a quella tua unità superiore etc., e non hai ancora capito che il pensiero di N. è anti-dialettico. N. non è interessato a lavorare su ciò che gli si oppone per poi sviluppare una posizione di sintesi, ma piuttosto cerca di studiare che cosa si nasconde dietro un valore, quali forze reali agiscono al fine di affermarlo.
Solo seguendo queste idee ci si può avvicinare alla comprensione del suo pensiero.
Che evidentemente non è il tuo obiettivo.
Il tuo obiettivo sembra piuttosto quello di giudicare o convertire. Il che rende la prosecuzione del dialogo quantomeno poco stimolante...

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 16 Luglio 2018, 11:20:02 AM
Gli istinti "atavici" sono strettamente legati al patrimonio genetico (DNA), e il DNA umano coincide al 99% con quello degli scimpanzé. Mentre il fenomeno religioso-culturale si origina (circa 150-200 mila anni fa) e si evolve in un arco temporale di completa stabilità del nostro patrimonio genetico.
Ti invito nuovamente a non confondere Dna, cervello, istinti e mente... il Dna non è l'unico fattore che spiega il comportamento di un animale: puoi dire che la vita  (individuale e/o sociale) di uno scimpanzé è simile al 99% a quella di un uomo? L'epigenetica che ho citato, sulla scia di sgiombo, non è da valutare? La mente evolve da sola, senza che evolva anche qualcosa di fisico che "tramandi" tali evoluzioni agli esemplari successivi?
Domande per te, ovviamente, qui sono off topic (per l'identità mente=cervello puoi invece rivolgerti a chi la sostiene, non a me  ;) ).

Citazione di: Kobayashi il 16 Luglio 2018, 11:41:49 AM
Il nichilismo, che è volontà di negare, non cessa di essere volontà di potenza. Ma in esso il filosofo deve saper riconoscere forze reattive e volontà di negazione. Il fatto che il nichilismo emerga grazie alla vittoria sulle forze attive e affermative non implica però che la propria qualità sia cambiata.
Secondo me questo aspetto viene spesso trascurato, associando semplicisticamente il nichilismo all'annichilimento della volontà. La "volontà di negazione" è una declinazione di quella "di potenza", e funge piuttosto da filtro, da "difesa". Direi che è comunque una forma di attività, per quanto non orientata all'acquisizione, alla "presa", quanto piuttosto allo svincolarsi, all'affermarsi ("diventare ciò che si è") al liberarsi (sputare la testa del serpente dopo avergliela staccata a morsi!).

paul11

#26
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Luglio 2018, 11:20:02 AM

CARLO
Gli istinti "atavici" sono strettamente legati al patrimonio genetico (DNA), e il DNA umano coincide al 99% con quello degli scimpanzé. Mentre il fenomeno religioso-culturale si origina (circa 150-200 mila anni fa) e si evolve in un arco temporale di completa stabilità del nostro patrimonio genetico. Ergo, è molto più ragionevole pensare che la religiosità sia un fenomeno riguardante l'evoluzione della mente umana, non l'evoluzione del patrimonio genetico. Ma i dogmi materialisti, così come i dogmi di tutti i preti (religiosi o scientisti che siano), sono duri a morire: hanno stabilito che la mente è il cervello e non sentono altre ragioni.
Con la scienza, caro, Phil, la superstizione non è stata vinta, ma ha solo cambiato nome. Oggi si chiama materialismo.

"Come tempo fa era presupposto evidente che tutto ciò che esiste fosse nato dalla volontà creatrice di un Dio spirituale, così il diciannovesimo secolo scoperse la verità, altrettanto evidente, che tutto proviene da cause materiali. Oggi non è più la forza dello spirito che si crea un corpo, ma al contrario la materia che trae dal proprio chimismo un'anima. Un tale capovolgimento farebbe ridere se non ci trovassimo al cospetto di una delle grandi verità dello spirito del tempo. [...] Lo spirito dev'essere pensato come un epifenomeno della materia, anche se non si parla più di "spirito" ma di "psiche", non di "materia, ma di "cervello", di "ormoni", di istinti o di impulsi. L'attribuire all'anima una propria sostanza sarebbe contrario allo spirito del tempo e quindi una eresia. [...]
La coscienza comune non ha ancora scoperto che è non meno presuntuoso e fantastico credere con assoluta certezza che le cellule cerebrali generino pensieri, che la materia produca psiche, che le scimmie generino uomini, e che tutte queste cose non possano essere diversamente".    [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.367]

ciao Carlo,
a me risulta un'altra storia.
La comparsa delle spiritualità avviene proprio con il decadimento umano e addirittura il Talmud orale indica proprio il decadimento genetico.
Improvvisamente appaiono  in sequenza  taoismo, confucianesimo, buddismo, cristianesimo, ecc in un lasso temporale per la storia dell'umanità relativamente breve.
La Legge nasce per esigenza di "rispondere " al peccato. Era necessario dare norme comportamentali ad aggregati che dal nomadismo cominciavano a stanziarsi e costruire città.

Credo all'archetipo junghiano,ma più come una"reminiscenza" personale e comune:tutti veniamo da un primo "genitore".
 Non  penso molto credibile invece alla sua teoria di psicanalizzare la storia come simbolo,
ma come esperienza ed eventi storici realmente effettuati e depositati nelle narrazioni comuni storiche dei popoli nel passaggio dalla comunicazione orale a quella scritta.

Mauro (Oxdeadbeaf) pone nel suo ultimo post una problematica che in me nacque verso  i vent'anni di età.
Come mai se l'uomo fosse fondamentalmente "buono" si comporta da ......malvagio? Per quanto mi riguarda non ho una risposta, se non varie ipotesi.Sicuramente c'è un'innatezza n rapporto all'ambiente culturale spazio temporale in cui si vive che condiziona

Carlo Pierini

#27
Citazione di: Phil il 16 Luglio 2018, 15:07:32 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Luglio 2018, 11:20:02 AM
Gli istinti "atavici" sono strettamente legati al patrimonio genetico (DNA), e il DNA umano coincide al 99% con quello degli scimpanzé. Mentre il fenomeno religioso-culturale si origina (circa 150-200 mila anni fa) e si evolve in un arco temporale di completa stabilità del nostro patrimonio genetico.
PHIL
Ti invito nuovamente a non confondere Dna, cervello, istinti e mente... il Dna non è l'unico fattore che spiega il comportamento di un animale:

CARLO
Invito superfluo, perché è ciò che ho sempre detto anch'io: la biologia, da sola, spiega solo "la metà" del comportamento animale-umano. L'ALTRA "metà" è la mente. E nell'uomo la mente (la cultura) si è evoluta indipendentemente dai fattori generici ereditati fino a manifestare dei comportamenti assolutamente nuovi e inediti rispetto a TUTTE le altre specie viventi: pensiero filosofico-scientifico, etica, religiosità, arte, senso del tragico e del comico, ecc. Sei tu che ti ostini a cercare nella biologia o in fantomatici "istinti atavici" qualcosa che, invece, appartiene a questo fenomeno sui generis chiamato mente (o psiche, o coscienza, o anima) che abbiamo cominciato ad esplorare solo da poco più di un secolo e a cui il dogma materialista nega ...dignità ontologica.  :)

PHIL
puoi dire che la vita  (individuale e/o sociale) di uno scimpanzé è simile al 99% a quella di un uomo?

CARLO
Mi guardo bene dal dirlo, come ho già spiegato.

PHIL
L'epigenetica che ho citato, sulla scia di sgiombo, non è da valutare? La mente evolve da sola, senza che evolva anche qualcosa di fisico che "tramandi" tali evoluzioni agli esemplari successivi?

CARLO
...Oh, questa sì che è una bella domanda! Una bella domanda alla quale, tuttavia, temo che per il momento nessuno possa dare una risposta. Nemmeno l'epigenetica, perché i fenomeni epigenetici NON modificano le sequenze dei nucleotidi, ma riguardano soltanto le variazioni nell'espressione di geni già dati, quindi non possono di certo dare origine a nuovi e inediti istinti, o modelli istintivi di comportamento (religioso, etico, artistico, ecc..).
Per cominciare ad avere delle risposte in tal senso, si dovrebbero studiare le relazioni tra stati mentali e patrimonio genetico e cominciare a capire in che modo i primi possano influenzare il secondo, visto che in casi come, per esempio, quello della Podarcis Sicula (già citato) in soli trent'anni si sono sviluppati dei veri e propri nuovi organi finalizzati all'adattamento ad un nuovo habitat.
Ma finché non sradicheremo dalla mente dei ricercatori il dogma dell'identità mente-cervello, nessuno intraprenderà delle ricerche in tal senso, basandosi su premesse considerate "eretiche", cioè, "anti-scientifiche". ...E così si continuerà a cercare risposte esclusivamente nella biologia, come il famoso ubriaco che cercava sotto un lampione acceso il portafoglio perso chissà dove, perché - diceva - ...SOLO lì c'era luce! :)

0xdeadbeef

#28
I grandi maestri giapponesi del bonsai (un'altra delle mie passioni...) dicono che prima bisogna conoscere le regole,
poi esse possono essere tragredite...
Quindi in riferimento alla risposta di Sgiombo dico che, certo, la violazione delle norme morali c'è sempre stata, solo
che adesso sembra proprio che la norma morale stessa venga a mancare (quindi nemmeno si può parlare più di violazione)...
Nei miei interventi, e rispondo a Phil, dico che qualcosa di innato c'è eccome, ma non è la morale bensì l'impulso,
conscio o meno, di perseguire sempre e comunque il proprio piacere e utile (la tesi di fondo di questo mio post è
appunto quella che propone l'equiparazione di questo fondamento della filosofia anglosassone con la volontà di potenza
nietzscheiana).
Tanto per venire all'interessante intervento di Kobayashi, nella mia seconda risposta parlavo appunto (rifacendomi agli
studi dello psicologo nietzscheiano A.Adler) di una volontà di potenza presente "persino" nel masochismo, nel suicidio
e nella malattia psichica in genere.
Quindi certo, sono in linea di massima d'accordo con Deleuze. Senonchè mi sembrerebbe però alquanto discutibile la sua
distinzione fra forze "attive" ("che tendono alla propria affermazione") e "passive" (forze "dominate" che presumibilmente
NON tendono alla propria affermazione).
Voglio dire che se c'è volontà di potenza sia nella forza attiva che in quella passiva, come mi pare affermi Deleuze, allora
sia le forze attive che quelle reattive tendono alla propria affermazione (come del resto vi tendono necessariamente nella
mia tesi, visto che sostengo la natura innata ed universale della ricerca del piacere e dell'utile).
Da questo punto di vista il proposito di Nietzsche di un "oltreuomo" nel quale le forze "attive" ("vitali"; "nobili") si
liberano (e non possono che liberarsi dalle forze reattive...) in un'opera "creativa" mi appare come un residuo
idealistico se non proprio metafisico.
Un saluto a tutti voi

Carlo Pierini

#29
Citazione di: paul11 il 16 Luglio 2018, 15:17:28 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Luglio 2018, 11:20:02 AM

CARLO
Gli istinti "atavici" sono strettamente legati al patrimonio genetico (DNA), e il DNA umano coincide al 99% con quello degli scimpanzé. Mentre il fenomeno religioso-culturale si origina (circa 150-200 mila anni fa) e si evolve in un arco temporale di completa stabilità del nostro patrimonio genetico. Ergo, è molto più ragionevole pensare che la religiosità sia un fenomeno riguardante l'evoluzione della mente umana, non l'evoluzione del patrimonio genetico. Ma i dogmi materialisti, così come i dogmi di tutti i preti (religiosi o scientisti che siano), sono duri a morire: hanno stabilito che la mente è il cervello e non sentono altre ragioni.
Con la scienza, caro, Phil, la superstizione non è stata vinta, ma ha solo cambiato nome. Oggi si chiama materialismo.


"Come tempo fa era presupposto evidente che tutto ciò che esiste fosse nato dalla volontà creatrice di un Dio spirituale, così il diciannovesimo secolo scoperse la verità, altrettanto evidente, che tutto proviene da cause materiali. Oggi non è più la forza dello spirito che si crea un corpo, ma al contrario la materia che trae dal proprio chimismo un'anima. Un tale capovolgimento farebbe ridere se non ci trovassimo al cospetto di una delle grandi verità dello spirito del tempo. [...] Lo spirito dev'essere pensato come un epifenomeno della materia, anche se non si parla più di "spirito" ma di "psiche", non di "materia, ma di "cervello", di "ormoni", di istinti o di impulsi. L'attribuire all'anima una propria sostanza sarebbe contrario allo spirito del tempo e quindi una eresia. [...]
La coscienza comune non ha ancora scoperto che è non meno presuntuoso e fantastico credere con assoluta certezza che le cellule cerebrali generino pensieri, che la materia produca psiche, che le scimmie generino uomini, e che tutte queste cose non possano essere diversamente".    [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.367]

PAUL11
A me risulta un'altra storia.
La comparsa delle spiritualità avviene proprio con il decadimento umano e addirittura il Talmud orale indica proprio il decadimento genetico.
Improvvisamente appaiono  in sequenza  taoismo, confucianesimo, buddismo, cristianesimo, ecc in un lasso temporale per la storia dell'umanità relativamente breve.
CARLO
Intanto devi tenere conto che il culto religioso dei morti e lo "spiritismo" è di decine di migliaia di anni più antico dell'esplodere "improvviso" di quella religiosità - decisamente più evoluta e più "onnipervasiva" sul piano culturale - a cui tu hai accennato.
Ed è proprio questo carattere di relativa simultaneità in luoghi reciprocamente lontani, e di indipendenza da "regimi culturali" particolari, ciò che avvalora ancor più l'ipotesi dell'affacciarsi di una nuova "costellazione archetipica", come direbbe Jung.

PAUL11
La Legge nasce per esigenza di "rispondere " al peccato. Era necessario dare norme comportamentali ad aggregati che dal nomadismo cominciavano a stanziarsi e costruire città.

CARLO
Certo, se parti dal pre-supposto che è la storia che partorisce il mito (Marx direbbe: la struttura economica che determina la sovrastruttura culturale) non puoi che interpretare i fatti in questo modo. Ma le mie esperienze personali e l'analisi comparata della storia del mito e delle idee religiose dimostrano ampiamente che in realtà non è la storia che crea le religioni,, ma che sono le religioni che plasmano la storia; o, quantomeno che esiste una dialettica viva tra credenze religiose (come forze attive) e condizionamenti storici (come forze altrettanto attive).

PAUL11
Credo all'archetipo junghiano,ma più come una"reminiscenza" personale e comune: tutti veniamo da un primo "genitore".

CARLO
Se dai una scorsa anche solo panoramica alla storia comparata delle idee religiose ti rendi conto da solo che il fenomeno religioso va incommensurabilmente al di là di una vaga "reminiscenza" di un genitore primordiale.

PAUL11
Non  penso molto credibile invece alla sua teoria di psicanalizzare la storia come simbolo,
ma come esperienza ed eventi storici realmente effettuati e depositati nelle narrazioni comuni storiche dei popoli nel passaggio dalla comunicazione orale a quella scritta.

CARLO
Le mie esperienze "visionarie" personali non sono state affatto condizionate da quelle che chiami "narrazioni storiche". Io ho scoperto molto tempo dopo e con grande stupore i profondi legami di significato tra i contenuti delle mie visioni e le "narrazioni storiche" relative a tradizioni diverse dalla mia che ignoravo totalmente. Come scrive J. Evola:

"Gli eruditi moderni (...) ricercano il fatto empirico e sempre incerto della trasmissione materiale di certe idee o leggende da un popolo ad un altro, da una « letteratura » ad un'altra, ignorando che, dovunque agiscano influenze di un piano più profondo di quello della coscienza soltanto individuale, una corrispondenza e una trasmissione possono aver luogo anche per vie del tutto diverse da quelle ordinarie, senza condizioni precise di tempo e di spazio, senza contatti storici esteriori".        [J. EVOLA: Il mistero del Graal - pg.15]

"Le figure del mito e della leggenda - si pensa - sono solo sublimazioni astratte di figure storiche, che han finito col prendere il posto di queste ultime e col valere in sé e per sé, mitologicamente e fantasticamente. Se mai, proprio l'opposto è vero, ossia: esistono delle realtà d'un ordine superiore, archetipico, variamente adombrate dal simbolo o dal mito. Può accadere che nella storia determinate strutture o personalità vadano, in una certa misura, ad incarnare tali realtà. Storia e superstoria allora interferiscono e finiscono con l'integrarsi a vicenda, e a quei personaggi e a quelle strutture la fantasia può trasferire istintivamente i tratti del mito appunto in base al fatto che, in un certo modo, la realtà è divenuta simbolica e il simbolo è divenuto realtà. Di fronte a tali casi, l'interpretazione « evemeristica » capovolge del tutto i veri rapporti. In essi è il « mito » che costituisce l'elemento primario e che dovrebbe servire da punto di partenza, mentre la figura storica o il dato storico ne è solo una espressione, contingente e condizionata rispetto a quell'ordine superiore".    [J. EVOLA: Il mistero del Graal - pg.16]

PAUL11
Come mai se l'uomo fosse fondamentalmente "buono" si comporta da ......malvagio?

CARLO
L'uomo non è <<fondamentalmente buono>>, ma <<potenzialmente buono>>. Ma ti faccio rispondere da Jung (...che privilegio!) che si esprime molto meglio di me:

"Si potrebbe pensare che le istanze morali non siano altro che convenzioni, infantili e tradizionali insieme, che hanno imposto alla natura istintuale freni superflui da estirpare. [...] Non bisogna dimenticare che la morale non è stata introdotta e imposta al popolo con le Tavole della Legge del Sinai: la morale è una funzione dell'anima umana, ed è vecchia quanto l'umanità. Essa non è imposta dal di fuori, ma vive a priori in noi stessi: NON LA LEGGE, MA L'ESSENZA MORALE, senza la quale la vita comune della società umana sarebbe impossibile. (...) Se sottoponiamo ad analisi l'uomo immorale, scopriamo che in lui è stata semplicemente rimosso l'"istinto" morale".  [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.65]

"Una delle cause più frequenti di nevrosi è il conflitto morale, che ha la sua radice più remota nell'apparente impossibilità di assentire alla totalità della natura umana".   [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.115]

"Nel mito dell'Eden, Eva, al pari di Adamo, ha mangiato del frutto dell'albero della conoscenza e in tal modo è penetrata nella sfera delle prerogative divine - "Sarete come dèi, consapevoli del bene e del male" (Genesi 3. 5) -, ossia ella ha scoperto involontariamente la possibilità di una coscienza morale, che fino a quel momento non era ancora alla portata dell'uomo".        [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.425]

...Ma si deve guardare al "problema morale" anche dall'angolazione opposta:


"Non dobbiamo mai dimenticare le nostre premesse storiche: solo da poco più di mille anni siamo andati a cadere dai rozzi principi del politeismo in una religione orientale evolutissima (il Cristianesimo), che ha elevato lo spirito immaginoso del semiselvaggio a un'altezza non corrispondente al livello del suo sviluppo spirituale. Per mantenersi in un modo o in un altro a tale altezza, era inevitabile che si dovesse rimuovere largamente la sfera degli istinti. Per questo la pratica religiosa e la morale assumono un carattere decisamente violento, anzi, quasi maligno. Gli istinti rimossi non si evolvono in maniera naturale, ma continuano a vegetare nell'inconscio sotto forma della barbarie primigenia. Cosicché, noi vorremmo raggiungere le vette di una religione filosofica, ma in realtà non ne siamo capaci. Tutt'alpiù possiamo "crescere" fin lassù". [JUNG: Il segreto del fiore d'oro - pg.56]



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