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La verità

Aperto da iano, 11 Agosto 2021, 02:44:12 AM

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Ipazia

Gli edifici, anche intellettuali, si costruiscono a partire dalle fondamenta. Che non sono metafisiche. Su quelle solide fondamenta fisiche (la "terra" di FN) ci si può sbizzarrire nell'edificazione metafisica. Ma la migliore, anche come antidoto al nichilismo, è quella che, niccianamente,  rimane fedele alle sue radici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

[Anche i metafisici vanno in vacanza... Ne approfitto per aggiungere alcune riflessioni filo-nicciane]

Possiamo dire che sia nel senso comune che nella tradizione filosofica occidentale la verità è intesa essenzialmente come conformità tra ciò che si pensa e la realtà.
Heidegger fa notare che, per essere precisi, la conformità è doppia, riguarda due aspetti:
- tra ciò che asserisco o penso e le cose reali (tra la proposizione e la realtà – e qui sorge la domanda: cosa c'è in comune tra la dimensione del linguaggio e quella del mondo in modo che uno rimandi all'altro, pur essendo le due dimensioni materialmente di natura tanto diversa da sembrare inconfrontabili?);
- tra la cosa che ho davanti rispetto a come dovrebbe essere, per cui si può dire che questa cosa è effettivamente un tavolo, un vero tavolo; in questo caso il confronto si pone tutto sul piano della realtà.

Questa seconda conformità introduce la questione dell'apparenza.
In generale possiamo chiederci che cosa rende un ente un vero ente, che cosa ci permette di parlare di un vero ente e non piuttosto di un qualcosa di illusorio, di inconsistente.
È la presenza, la permanenza, la stabilità, della parvenza di un ente a fare di questa parvenza appunto un vero ente, un ente reale.
Ora, secondo Nietzsche, questa predilezione per la stabilità si può comprendere ricordando le necessità vitali dell'uomo, ma non ci dice nulla riguarda la verità. Dipende cioè da un giudizio di valore. Si assegna valore a ciò che è permanente. Ma la stabilità è solo uno degli aspetti dell'ente.
Ciò che è permanente diventa poi, nel pensiero occidentale, il mondo vero, l'essere, che si contrappone al divenire.
Inutile dire che ciò che permane è in realtà sempre soggetto al cambiamento, all'usura, alla distruzione. Solo gli oggetti astratti del pensiero possono vantare un'eterna stabilità. Le idee di Platone, appunto.
Così siamo arrivati a ipotizzare l'esistenza di un mondo vero, quello delle idee, tramite una ricerca della verità che, in realtà, pur celandolo, ha il proprio nucleo in un giudizio di valore per ciò che permane, e solo in esso.
Ma siamo arrivati, seguendo Nietzsche, anche al ribaltamento di mondo vero e mondo apparente. La realtà è soprattutto soggetta al cambiamento. La stabilità è invece prodotta dal lavoro della ragione per le esigenze legate alla conservazione della vita.
Ma la vita non è solo conservazione ma anche sviluppo. Per questo motivo l'arte, con la sua produzione di immagini che ci spingono a trascendere la nostra condizione presente, è superiore alla verità.

iano

#32
Citazione di: Kobayashi il 19 Agosto 2021, 11:21:21 AM
[Anche i metafisici vanno in vacanza... Ne approfitto per aggiungere alcune riflessioni filo-nicciane]

Possiamo dire che sia nel senso comune che nella tradizione filosofica occidentale la verità è intesa essenzialmente come conformità tra ciò che si pensa e la realtà.
Heidegger fa notare che, per essere precisi, la conformità è doppia, riguarda due aspetti:
- tra ciò che asserisco o penso e le cose reali (tra la proposizione e la realtà – e qui sorge la domanda: cosa c'è in comune tra la dimensione del linguaggio e quella del mondo in modo che uno rimandi all'altro, pur essendo le due dimensioni materialmente di natura tanto diversa da sembrare inconfrontabili?);
- tra la cosa che ho davanti rispetto a come dovrebbe essere, per cui si può dire che questa cosa è effettivamente un tavolo, un vero tavolo; in questo caso il confronto si pone tutto sul piano della realtà.


Il rimando è puramente funzionale, relativo a chi asserisce , soggetto mutevole, che però può mettere nero su bianco ciò che asserisce, tramandandolo potenzialmente in eterno.
Ciò che non si conserva però è il significato dell'asserzione al mutare del soggetto con il ricambio generazionale.
La difficoltà di interpretazione di uno scritto sancisce propriamente lo stretto relativo legame funzionale.
Chi asserisce al contempo significa, ma non chi legge, a meno che non condivida le stesse esperienze che hanno generato l'asserzione.
Comprendere in modo stretto non significa condividere una asserzione, ma le esperienze che l'hanno prodotta.
Per quelli che hanno fatto esperienze simili si fa' presto a capirsi. Basta una parola, un richiamo o anche un solo sguardo.
Paradossalmente la realtà ,invece, nel suo continuo divenire permane.
Essa mediamente è sempre uguale a se stessa.
La vita invece muta. Nella vita è il vero divenire, ed è questo il divenire che davvero ci allarma psicologicamente.
La materia e l'energia divengono e si trasformano, ma senza avere una vera storia, anche se noi cerchiamo di attribuirgliene una, con un inizio e una fine.
Quella della materia è sempre la stessa storia, ma la vita si differenzia perché registra il suo divenire e ciò la rende diversa.
La materia non conserva in se' traccia della sua storia.
In tal senso la materia non diviene, al contrario della vita.
Il linguaggio , di qualunque tipo, che registra , è da associare quindi strettamente alla vita.
Anche qui se ci riferiamo alla vita , e non all'uomo, parlando di linguaggio tutto si semplifica.
Il linguaggio è ciò che lascia il segno, e la vita è segnata dalla sua storia.


La seconda conformità, quella in cui là conformità assume la sembianza di una evidenza, tale appare, perché manca la registrazione del processo. Così un tavolo appare immediatamente un tavolo per il motivo che si ignora, come se non vi fosse mai stato, il processo che ha generato là conformità.
In effetti quel processo è scritto dentro di noi, ma non accessibile facilmente alla coscienza. Per questo il tavolo sembra VERAMENTE un tavolo.
La scienza , regno delle asserzioni coscienti, ci da' un esempio di quel processo, a causa della cui coscienza salta via l'evidenza con la relativa immediata verità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#33
Citazione di: Kobayashi il 19 Agosto 2021, 11:21:21 AM
[Anche i metafisici vanno in vacanza... Ne approfitto per aggiungere alcune riflessioni filo-nicciane]

Solo gli oggetti astratti del pensiero possono vantare un'eterna stabilità. Le idee di Platone, appunto.
Così siamo arrivati a ipotizzare l'esistenza di un mondo vero, quello delle idee, tramite una ricerca della verità che, in realtà, pur celandolo, ha il proprio nucleo in un giudizio di valore per ciò che permane, e solo in esso.
Ma siamo arrivati, seguendo Nietzsche, anche al ribaltamento di mondo vero e mondo apparente. La realtà è soprattutto soggetta al cambiamento. La stabilità è invece prodotta dal lavoro della ragione per le esigenze legate alla conservazione della vita.
Ma la vita non è solo conservazione ma anche sviluppo. Per questo motivo l'arte, con la sua produzione di immagini che ci spingono a trascendere la nostra condizione presente, è superiore alla verità.
In tal senso il mondo di Platone è potenzialmente stabile in effetti , non perché le astrazioni siano scolpite sulla deperibile pietra. ma perché trascrivibili e tramandabili in eterno .
In tal modo esse entrano in concorrenza con le leggi fisiche della natura.
La fisica non ci porta alla verità, ma ci invita a condividere le stesse esperienze, e la condivisione è tale perché il prodotto delle stesse esperienze, a sostanziale equivalenza di soggetto, è identico.
La comprensione non è comprensione della realtà, ma condivisione di azione.
La potenza della scienza non è nella verità, ma nella forza di un'azione condivisa.
Noi impariamo per imitazione.


Essenziale alla vita però non sembra essere solo il registrare, ma anche il perdere casualmente le informazioni.
Il tornare d essere un foglio bianco su cui riscrivere.
La materia non registe e non dimentica.
Il mondo di Platone sembra davvero, in tal senso, un mondo a parte, come una biblioteca labirintica, potenzialmente eterna.
Quali pro e quali contro possiede questa biblioteca?
Per chi cerca la verità essa è un posto eletto, ma vista la su tendenza a crescere potenzialmente senza fine anche un posto in cui perdersi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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