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La verità

Aperto da iano, 11 Agosto 2021, 02:44:12 AM

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iano

La differenza sta nel fatto che Einstein ha scelto la matematica dello spazio tempo, mentre la matematica euclidea dello spazio sensibile nessuno ricorda di averla scelta.
Una differenza di dettaglio, che si chiama coscienza.
Viene quindi da sospettare per analogia, che le "verità " che funzionalmente affiancano la nostra coscienza debbano avere un equivalente inconscio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

tiziano gorini

Citazione di: viator il 13 Agosto 2021, 17:24:41 PM
Salve Tiziano Gorini. Citandoti : "ad esempio è vero che un asino vola se e solo se trovo un testimone attendibile che mi fornisce prove di aver visto un asino volare".


Così......benevolmente...........tanto per tirar di scherma : il tuo "testimone attendibile" potrà fornirti eventualmente solo le prove di avere visto.........certamente non quelle di aver dimostrato l'esistenza di asini volanti. Saluti.


Infatti ho specificato: non prove valide, ma validate. Ovviamente è sempre un cane che si rincorre la coda: com'è che si valida un indicatore di verità? Io sono uno che s'accontenta: l'esperienza, l'osservazione empirica, la probabilità, l'intersoggettività, il metodo,  ecc., preferisco dibattermi nell'incertezza di una razionalità debole che nei deliri metafisici.

tiziano gorini

@ Iano:
la matematica mi affascina e mi inquieta.
Purtroppo il fascino della matematica l'ho scoperto tardi, quando ormai la mia mente faceva fatica ad entrarci dentro, avendo perso tempo a rincorrere la chiacchiere di molti filosofi; comunque incolpo di ciò l'insegnamento scolastico: a me hanno insegnato a contare, a classificare, ad applicare formule mnemoniche: una noia... ma mi è bastato leggere un libro per bambini di Enzensberger, Il mago dei numeri, per scoprire un nuovo mondo matematico che invitava all'esplorazione. Ma ormai ho perso il treno, rimarrò un ignorante matematico.
Quindi continuerò ad essere inquietato dalla misteriosa corrispondenza tra matematica e mondo. Perché il mondo è descrivibile con formule matematiche? Perché un'invenzione della mente trova poi corrispondenza nella realtà? Sono agnostico, reputo gli argomenti realistici che vogliono provare l'esistenza di dio risibili, quelli teologici invalidi (il migliore è ancora l'argomento ontologico di Anselmo d'Aosta, ma Kant l'ha definitivamente confutato), allora ho pensato che proprio la corrispondenza tra realtà e matematica possa esser prova ipotetica dell'esistenza di dio, di un dio che si diletta del pi greco, della sezione aurea, della serie di Fibonacci e altre interessanti quisquilie.
Poi però accantono questa credenza mitica e, ritornando in questo mondo, opto per cosiddetta matematica embodied, che sostiene che la matematica non è il riflesso della trascendenza né una struttura dell'universo fisico bensì una creazione della mente (di alcune menti...) che si fonda su certi requisiti, alcuni dei quali innati, biologici e culturali. Alla fin fine non faccio altro che confermare l'isomorfismo tra linguaggio e mondo spiegato (meglio: non spiegato) da Wittgenstein nel Tractatus; però l'isomorfismo tra linguaggio matematico d mondo è e rimane un bel rompicapo.

iano

#18
@Tiziano.
Io credo in un semplice paradigma che semplifica la comprensione delle cose.
Le cose sono ciò  che deriva dal nostro rapporto con la realtà, e fanno parte della realtà solo in questo senso.
In questo quadro le cose si semplificano ulteriormente se si crede che la matematica faccia parte di noi e che non sia intrinseca alla realtà. Siamo un risultato della natura comprensivo di matematica, quindi comunque, almeno in tal senso, la matematica ha a che fare con la realtà.
A me sembra meraviglioso che possiamo vedere il mondo come se fosse euclideo, ma in effetti non è euclideo ne altra cosa.
Possiamo vederlo quindi come ci pare a seconda  della matematica che adottiamo.
La matematica è un linguaggio.
Un linguaggio rigoroso nel senso che riesce a dimostrare l'uguaglianza che sta sotto alle diverse frasi del linguaggio, quindi meglio si presta rispetto al linguaggio corrente nel descrivere i prodotti del nostro rapporto con la realtà, perché potenzialmente non è un linguaggio ridondante.
Nella misura in cui confondiamo le cose, prodotto delle suddette nostre interazioni con la realtà , con la realtà stessa, diventano allora inquietanti le realtà alternative che la scienza ci descrive matematicamente., messe a confronto con la realtà che ci propone il nostro incosciente sistema percettivo.
È questa contrapposizione ad essere inquietante.
Ma se non vi è contrapposizione, ma solo complementarietà ,l'inquietudine ... forse...sparisce, o muta solo forma.
In pratica siamo capaci di vivere in mondi paralleli, che però sono sempre lo stesso mondo risultante in diverse forme.
Di fatto ogni parte della matematica è potenzialmente ciò che struttura un possibile mondo.
Questi mondi diversi però hanno un senso solo se riusciamo a viverci dentro, proprio come se fossero la vera realtà, e per poterlo fare abbiamo bisogno di crederlo.
Impossibile infatti vivere nel continuo dubbio se ciò che vedo o teorizzo corrisponda a ciò che è .
L'essere è un atto di fede che risolve questo problema.
Se noi crediamo nelle particelle subatomiche allora ce le immaginiamo, cioè le "vediamo".
Non è propriamente l'avere occhi naso e simili cose a renderci speciali.
Meraviglioso sembra che tale processo di "vedere" si sia prodotto in noi senza coscienza, e che lo stesso possiamo riprodurre in scienza e coscienza.
Abbiamo anche imparato a condizionare il nostro sistema percettivo per rimediare ai suoi malfunzionamenti, malfunzionamenti che ci hanno aiutato a rivelarne la natura.
In questo quadro a me tutto sembra molto naturalmente semplice ed esaltante , più che inquietante.


In breve la verità è una necessità vitale legata ad una nostra fondamentale capacità, che è quella di porre fede nelle cose, le quali si presentano in diverso grado di esistenza , a seconda della fede che ci poniamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Vi lascio con un dubbio.
Ma questo ferragosto esiste davvero?
Nel caso...buon ferragosto a tutti.
Che possiate viverlo in serenità, per quello che ognuno può.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

In natura si danno delle regolarità dovute all'interazione di stati di aggregazione della materia e delle forme di energia che ne costituiscono il legante e l'interagente.

Tali interazioni regolari sono esprimibili in funzioni matematiche la cui verifica sperimentale, denominata riproducibilità, permette la predittività dei fenomeni e le relative applicazioni tecniche.

In tutto ciò non vi è nulla di metefisico che possa rispondere alla domanda di senso: perché è così ?

L'unica risposta di cui la metafisica deve tener conto è: perché  è così ! Ed essendo così non ci resta che usare le funzioni matematiche al meglio delle loro possibilità per capire come funziona la natura, che è così da molto prima che noi potessimo calcolarla in tutta la sua immanenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#21
@Ipazia.
Giustissimo porre l'accento sulle regolarità,che riguardano la realtà, comunque la riguardiamo.
Quello di regolarità mi sembra inoltre un concetto, nella sua generalita', meno problematico di quello di determinismo.
Mi spingerei a dire perfino essere una verità , finché non si scende nel dettaglio delle regolarità specificando a quali cose ci si riferisce, con relative cause,,effetti è relativo "mondo" di interesse.
Il prodotto delle regolarità per la coscienza da come risultato la prevedibilità.
Che te ne pare?😄
Mi spingerei anche a dire che le regolarità, con l'aggiunta di certificante coscienza  sono all'origine della vita.
(Quantomeno mi sembra più elegante esposizione di una vita che sorga dalla materia)
Una considerazione che sorge in me nel momento in cui mi si toglie di fronte quell'ostacolo al pensiero costituito dalla monopolizzazione che facciamo della coscienza.
Anche qui tutto appare più semplice se associamo la coscienza alla vita , piuttosto che all'uomo.
Non ho mai riflettuto a fondo su ciò, ma credo sarebbe il caso farlo.
Non è che se ci togliamo qualche pregiudizio di troppo, arriviamo così alla verità, ma a volte così si riesce a stemperare qualche mistero.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: iano il 14 Agosto 2021, 23:25:19 PM
@Ipazia.
Giustissimo porre l'accento sulle regolarità,che riguardano la realtà, comunque la riguardiamo.
Quello di regolarità mi sembra inoltre un concetto, nella sua generalita', meno problematico di quello di determinismo.
Mi spingerei a dire perfino essere una verità , finché non si scende nel dettaglio delle regolarità specificando a quali cose ci si riferisce, con relative cause,,effetti è relativo "mondo" di interesse.
Il prodotto delle regolarità per la coscienza da come risultato la prevedibilità.
Che te ne pare?😄
Si chiama induzione ed è il pilastro portante del metodo scientifico, cosa di cui si rese conto e  marciò sopra il britannico Francesco Pancetta alcuni secoli fa. Attraverso l'induzione ci si inoltra nel cammino della verità possibile, sempre sub iudice da parte della realtà.
CitazioneMi spingerei anche a dire che le regolarità, con l'aggiunta di certificante coscienza  sono all'origine della vita.
(Quantomeno mi sembra più elegante esposizione di una vita che sorga dalla materia)
Una considerazione che sorge in me nel momento in cui mi si toglie di fronte quell'ostacolo al pensiero costituito dalla monopolizzazione che facciamo della coscienza.
Di ciò sono fortemente persuasa. Tra le tante incombenze che la vita ha posto alla materia bruta c'è pure quella dell'autocoscienza, che nella sua essenza fisica e metafisica è: avere chiara la differenza tra l'ambito della propria vita corporea ed il resto del mondo. Questione di sopravvivenza prima che filosofica.
CitazioneAnche qui tutto appare più semplice se associamo la coscienza alla vita , piuttosto che all'uomo.
Non ho mai riflettuto a fondo su ciò, ma credo sarebbe il caso farlo.
Non è che se ci togliamo qualche pregiudizio di troppo, arriviamo così alla verità, ma a volte così si riesce a stemperare qualche mistero.
La coscienza antropomorfica è il primo pre-giudizio della veterometafisica teologica da estirpare. Già Spinoza se ne rese conto. Sullo "stemperamento dei misteri", prezioso come la lampada di Diogene il Cinico, è il postulato che risale al venerabile Guglielmo da Occam: non fare con molto quello che si può fare con poco.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#23
Citazione di: Ipazia il 15 Agosto 2021, 08:59:05 AM
è il postulato che risale al venerabile Guglielmo da Occam: non fare con molto quello che si può fare con poco.
Per un verso o per l'altro questo postulato non ha mai perso di attualità.
Oggi lo chiamano sostenibilità, ed accomuna materia e vita.
La ricerca della verità in se', per come là si intende, è agli antipodi di questo postulato.
Ma la funzione che questa ricerca svolge, al di là' degli intenti dichiarati, e ben altra storia.
Quella che vorrei provassimo a scrivere qui , iniziando dal notare che molto di ciò che da questo postulato è derivato spesso lo si è detto verità, nonostante esso non ne esprima alcuna.
Grazie Ipazia per le puntuali e istruttive risposte.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: iano il 15 Agosto 2021, 10:26:17 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Agosto 2021, 08:59:05 AM
è il postulato che risale al venerabile Guglielmo da Occam: non fare con molto quello che si può fare con poco.
Per un verso o per l'altro questo postulato non ha mai perso di attualità.
Oggi lo chiamano sostenibilità, ed accomuna materia e vita.
La ricerca della verità in se', per come là si intende, è agli antipodi di questo postulato.
Ma la funzione che questa ricerca svolge, al di là' degli intenti dichiarati, e ben altra storia.
Quella che vorrei provassimo a scrivere qui , iniziando dal notare che molto di ciò che da questo postulato è derivato spesso lo si è detto verità, nonostante esso non ne esprima alcuna.
Grazie Ipazia per le puntuali e istruttive risposte.
Scrive L.Wittgenstein nel Tractatus:
"Le risoluzioni dei problemi logici devono essere semplici, poiché sono esse a porre il cànone della semplicità. Gli uomini hanno sempre intuìto che vi debba essere un campo di questioni le cui risposte - a priori - siano simmetriche e unite in una conformazione conclusa, regolare. Un campo ove valga la proposizione: Simplex sigillum veri." .
Il motto risale ai latini ed anticipa il rasoio di Occam.  Tra verità e semplicità non vedo nessun antipode, ma correlazione, definibile col concetto di evidenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Vorrei tornare sul post di Phil sulla doppia accezione di verità:
- verità come "veritas", ovvero come conformità dell'intelletto alla realtà, come adeguamento del pensiero a come stanno le cose nella realtà;
- verità come "aletheia", ovvero come disvelamento, come ciò che appare non più oscurato da uno stato precedente di "nascondimento", come il manifestarsi, il mostrarsi.

In entrambe le accezioni si presuppone un'attività ma nella prima accezione l'equilibrio è spostato sul soggetto della conoscenza, nella seconda sulle cose che appaiono.
Quando l'iniziativa è posta nelle mani dell'uomo ecco il suo intelletto al lavoro nel districarsi dall'errore, dalle illusioni, dalle false immagini etc.
Quando l'iniziativa è invece considerata come qualcosa che appartiene all'essere ecco porsi il problema dell'accoglimento di una verità che si fa chiara, che si manifesta; il problema della condizione di se' che permette questo accoglimento senza forzature soggettive.

Più si va avanti nell'approfondimento delle due accezioni e più sembra che si stia guardando la stessa cosa con la sola differenza dell'enfasi posta o sul soggetto o sul mondo.
A me risulta abbastanza innaturale sia l'affidarsi alle prodezze dell'intelletto come nel soggettivismo moderno (vedi come esempio di radicale innaturalezza, per non usare la parola aberrazione, il porre in discussione l'esistenza della realtà), sia l'affidarsi ad un Essere che come un nuovo dio si manifesta con esagerata ritrosia.

Sappiamo che per Nietzsche il vero è ciò che si tiene fermo per esigenze più o meno vitali connesse alla prospettiva assunta.
Nello stesso tempo la dottrina che si abbraccia, ciò che si ritiene essere la verità in un senso più ampio della semplice asserzione o di una singola formazione di cose, ha un effetto determinante sul soggetto, una specie di trasfigurazione. Non si possono capire tante cose del nostro passato se non ci si ricorda che in certi periodi demoni, diavoli e streghe erano considerati tanto reali quanto oggi vengono considerati reali certi oggetti scientifici che magari non si percepiscono direttamente ma la cui esistenza non è mai messa in discussione.
E allora?
Allora il problema filosofico non sarà forse quello di costruire una nuova dottrina (o religione) il cui effetto è quello di trasformare l'uomo in modo che riesca a vedere e ad attingere a possibilità meravigliose ancora sconosciute?
Ma bisognerebbe partire dall'intuizione di queste possibilità per poi, andando a ritroso, creare la visione capace di sprigionarli...
Che la teoria dell'eterno ritorno dell'identico vada letta così? Gli effetti cercati sarebbero la fedeltà alla terra e l'importanza decisiva di ogni istante, il radicare di nuovo l'uomo all'eternità, all'essere, e per ottenere tali effetti ecco la messa in scena di una visione nella forma dell'enigma e del religioso.

Ipazia

Come hai correttamente osservato "veritas" e "aletheia" sono le due facce, soggettiva e oggettiva, della stessa medaglia. La razionalità disvela l'enigma di un fenomeno reale.

Mi pare ci sia già tutto. Non vedo alcuna necessità di metafisicizzare la questione: nuda veritas.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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iano

#27
Citazione di: Ipazia il 16 Agosto 2021, 14:32:02 PM
Come hai correttamente osservato "veritas" e "aletheia" sono le due facce, soggettiva e oggettiva, della stessa medaglia. La razionalità disvela l'enigma di un fenomeno reale.

Mi pare ci sia già tutto. Non vedo alcuna necessità di metafisicizzare la questione: nuda veritas.
concordo con te che a quello che scrive Kobayashi c'è sempre poco da aggiungere.
Particolarmente significativa la citazione di FN, che contiene credo la risposta al tuo quesito sul bisogno di metaficizzare :
"Il vero è ciò che si tiene fermo per esigenze più o meno vitali connesse alla prospettiva assunta."
Da un lato occorre non avere coscienza della prospettiva che assumiamo, e ciò è possibile nella misura in cui non abbiamo voluto assumere una particolare prospettiva, ma ci troviamo in una prospettiva senza saperlo.
Chi tiene fermo il vero non sa' di tenerlo fermo.
Perché lo si tenga fermo occorre che lo si localizzi e lo si può localizzare solo a partire dalla nostra posizione/prospettiva , avendone coscienza.
Questo sarebbe appunto il paradigma della relativa scienza, che procede per ipotesi e dimostrazioni al fine di inquadrare i fatti.
La scienza è predittiva. Nasce dai fatti e conduce ai fatti.
È un paradigma quasi perfetto per interagire con la realtà se non fosse per una fondamentale mancanza che influisce psicologicamente.
Essa predica il dubbio continuo , e di ciò l'agire risente.
Da qui l'esigenza di una rassicurante pezza metafisica., per cui noi non siamo un punto di vista variabile e il nostro agire non è una scommessa ogni volta da vincere.
La verità è una necessità vitale.
Il problema si presenta solo quando la nostra prospettiva, nostro malgrado, muta , perché nuovi fatti , alla lunga, la fanno trasparire.
E sottolineo "alla lunga".
Non si può negare infatti che i nuovi fatti non sempre sono propriamente nuovi, ma è la nostra considerazione su essi ad essere nuova.
Molte grandi scoperte scientifiche , prima ancora di essere ufficializzate, erano già sotto gli occhi di tutti.
Le ferme verità sono una necessità ineludibile, ma sono anche , come si dimostra, un formidabile paraocchi.
Ti chiedo dunque,da perfetto ignorante, se il superuomo di FN, non sia quello che riuscirà a fare meno dei paraocchi senza alcuna conseguenza psicologica.
Di cosa significhi comunque tenere ferma la verità abbiamo un mirabile esempio naturale che è il nostro sistema percettivo.
Qualunque sia la nostra opinione in merito, non vi è alcuno di noi che , ai fini del suo agire , non manchi di credere in quel che vede, e tu stessa sei solita far l'esempio del paracarro, cui facciamo ben a credere nel nostro andare.
Ma se usciamo fuori dalla nostra prospettiva allora entriamo in un altra realtà dove i paracarri potrebbero non esistere.
Nella nostra fase nichilista in effetti non teniamo fermo più alcun paracarro, e la sua considerazione non può che essere negativa, non avendo noi ancora  acquisito l'abilità di vivere contemporaneamente in mondi diversi, dove esistono o non esistono i paracarri, e dove non abbiamo più bisogno di ingoiare la pillola metafisica che ci distende i nervi.
Dove noi continueremo ad avere necessariamente un punto di vista, ma dove noi non saremo più quel punto di vista.
In questa coincidenza sta la metafisica, la quale in fondo quindi è cosa necessaria, finché lo sarà, ma pure cosa alquanto banale.
Verità, metafisica e simili hanno un loro motivo e una loro origine , ma da cercare dentro e non fuori di noi.
Quei motivi spariranno quando noi non saremo più noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Ipazia

Nel delirio dell'accumulazione capitalistica e nel proliferare dei suoi feticci nessuna verità è possibile. Volendo ancora una volta ricorrere a FN, siamo nel pieno della civiltà mistificante dell'ultimo uomo, triviale adoratore del vitello d'oro dopo la morte di Dio.

Semmai, a differenza di FN, mi pare che, anche se i due secoli vaticinati per l'oltreuomo non sono ancora trascorsi, il trend sia il più cupo possibile e dopo l'ultimo uomo non riesco a vedere nulla. Solo truffa, truffa e falsità. (cit.)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Citazione di: Ipazia il 16 Agosto 2021, 14:32:02 PM
Come hai correttamente osservato "veritas" e "aletheia" sono le due facce, soggettiva e oggettiva, della stessa medaglia. La razionalità disvela l'enigma di un fenomeno reale.

Mi pare ci sia già tutto. Non vedo alcuna necessità di metafisicizzare la questione: nuda veritas.

Se come fa Nietzsche la questione della verità viene affrontata insieme al problema del nichilismo, bisogna accettare il "rischio" di sconfinare nella metafisica, intesa però, come sottolineato da iano, come una contro-visione stabile che vuole agire su quella visione (il nichilismo) dal quale ci si vuole allontanare.

Trattare di verità, come nel discorso su veritas-aletheia, da un punto di vista prettamente conoscitivo, fingendo di dimenticarsi del problema fondamentale del nostro tempo (appunto il nichilismo e i suoi derivati tossici) è riduttivo, limitante, secondo me.

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