La Verità, questa sconosciuta. Percorso breve per non trovarla.

Aperto da Freedom, 19 Gennaio 2022, 17:26:02 PM

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niko

Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2022, 20:09:38 PM
Leggendo il linkato tutto diventa molto chiaro e la verità ne trae giovamento:

Newton non ha premesso nulla (hypotheses non fingo) alla sua legge di gravitazione universale. Egli l'ha solo calcolata e ne ha tratto una formula.

Einstein si è spinto più in là nei calcoli ed ha pure modellato delle premesse, ma non ha falsificato nulla dell'intuizione originaria di Newton sull'attrazione delle masse in rapporto inverso al quadrato delle distanze. La novità einsteiniana è che le elevate velocità dei corpi celesti modificano l'attrazione gravitazionale. Tale correzione relativistica si è resa necessaria per calcolare i voli interplanetari.


Una piccola digressione sulla relativita' generale.


La faccio perche' ho visto che l'argomento e' uscito fuori spesso qui, e vorrei che ognuno si facesse un'idea di come radicalmente cambiano le teorie scientifiche e di conseguenza  la visione del mondo che ne risulta, e di come, anche se queste varie differenti teorie possono sembrare conciliabili in un unico progresso scientifico quantitativo, in cui la conoscenza semplicemente si accumula, o al limite anche in uno più qualitativo e implicante "rotture nette" di continuita', ma comunque sempre lineare, in cui il nuovo, una volta posto e definito, contiene e approfondisce il vecchio, in realta' spesso non lo sono affatto, intendo non sono davvero teorie conciliabili o riassumibili l'una nell'altra, e si deve preferire qualche teoria che abbia migliore praticita' o migliore concordanza con la realta', a scapito di altre, e non e' neanche detto che praticita' e concordanza con la realta' vadano insieme: alcune teorie possono essere migliori per un aspetto, e altre per l'altro.



Nella relativita' generale non c'e' attrazione gravitazionale tra i corpi e la gravita' e' una forza apparente, e soprattutto in essa l'inerzia e' un caso limite della gravita', ovvero l'inerzia e' la gravita' stessa in assenza di curvatura, laddove quindi la processione nella stessa direzione di uno o piu' corpi non implica ne' il ritorno prima o poi nella posizione iniziale di cio' che si muove, come avverrebbe se si muovesse su superficie curva (orbita), ne' un potenziale avvicinamento progressivo o impatto di cio' che si muove con tutti gli altri corpi dovuto semplicemente alla geometrica coincidenza delle varie traiettorie possibili lungo una stessa direzione su di una superficie curva ai poli (caduta libera).


La gravita' appare irresistibile, e l'equivalenza tra quiete e moto rettilineo uniforme logicamente necessaria, perche' muoversi verso il futuro, "infuturarsi", e' gia' un muoversi, nel senso che tale movimento verso il futuro e' indistinguibile, nella necessarieta' fisica delle sue conseguenze, dal muoversi in una direzione qualsiasi in assenza di altri punti di riferimento, e questo sia ai fini dell'avvicinamento ad altri corpi in moto, e ripetizione delle posizioni al completamento di un circolo, che si avrebbe su di una superficie curva, sia ai fini del non avvicinamento ad altri corpi in moto, e non ripetizione delle posizioni, che si avrebbe su una superficie piatta.


Quindi Einstein non finge ipotesi per la forza di gravita' ma fa' di meglio: dimostra che la gravita' non e' una forza, ma una caratteristica topologica dello spaziotempo che influenza le traiettorie e le loro conseguenze, stante che le traiettorie, in quanto riferite ai corpi, sono sempre in qualche modo necessarie, perche' nello spaziotempo niente e' fermo e tutto va' verso il futuro; una particella qualsiasi e' identica e coincidente alla sua stessa traiettoria, da cui non puo' prescindere perche' essa, quantomeno verso il futuro o, che e' lo stesso, quantomeno verso direzione indeterminata e localmente inosservabile perche' solidale al sistema, sempre si muove, e quindi ogni particella e' descrivibile con una linea, linea che indica, in fondo, nient'altro che l'attualizzarsi di un movimento potenziale nello spazio; i punti, nello spaziotempo, indicano meramente gli eventi, cioe' gli eventuali incroci, e in generale i possibili rapporti, istantaneamente considerati, tra le traiettorie dei corpi.


La difficile conciliabilita' in linea di principio tra le due teorie quindi, sta proprio nel fatto che la gravita' in una e' una forza e nell'altra no, come noi tutti anche nel senso comune, e a parte i terrapiattisti, non tendiamo a dire che e' opera di una forza misteriosa se correndo sulla superficie della terra in una direzione prima o poi torniamo al punto di partenza, o se percorrendo due meridiani diversi a pari velocita' e pari punto di partenza prima o poi andiamo a sbattere nel punto preciso del polo: diciamo che questa e' semplicemente la logica conseguenza della forma della cosa sopra la quale stiamo correndo, e appunto solo i bambini e i terrapiattisti si stupiscono di cio'.


Tutte le osservazioni si accordano con la relativita' generale, e non con la gravitazione di Newton, che ne e' un caso particolare, valido per buona approssimazione a basse velocita' e a basse energie, ed essa non e' attualmente nel museo delle teorie "superate" solo perche' al prezzo di un margine di errore tra osservazione sperimentale e teoria in molti casi (ma non in tutti!) trascurabile, offre ancora una semplicita' di calcolo incomparabilmente migliore di quella propria della relativita'.
Ma e' sempre bene ricordare che, disponendo, in una situazione ideale, di infinita capacita' di calcolo e di infinito tempo per fare i calcoli, tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la gravitazione newtoniana, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la relativita' generale, viceversa non tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la relativita' generale, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la gravitazione classica, o meglio se ci si provasse, si farebbero degli errori piu' o meno macroscopici dovuti non al fatto che il calcolo sia sbagliato, ma proprio al fatto che la teoria in se', e' sbagliata.


Ad esempio la gravitazione newtoniana non prevede e non calcola la processione esatta del perielio di mercurio, e non perche' qualcuno sbaglia a fare i conti, ma perché mercurio è abbastanza vicino al sole da risentire specificamente di effetti relativistici; il calcolo della processione del perielio fatto con le equazioni newtoniane sarebbe formalmente giusto, ma non si accorderebbe con le osservazioni: la necessita' di ricalcolare con la relativita' generale in questo caso e' epistemica, non tecnica.


Inoltre la gravita' non e' istantanea proprio perche' lo spazio e' il mezzo attraverso cui si propaga la gravita': se il sole scomparise nel nulla, la terra non fuggirebbe dalla sua orbita per i primi otto secondi: letteralmente, per un breve lasso di tempo farebbe come se il sole ancora ci fosse, proprio perche' ci vuole in generale un piu' o meno breve lasso di tempo, affinche' un segnale gravitazionale si propaghi nello spazio; secondo Newton invece, la gravita' e' istantanea, e allo scomparire della palla "sole", la pallina "terra" dovrebbe  perdere o cambiare la sua orbita istantaneamente: ora queste possono apparire differenze da poco, ma solo finche' non si capisce l'entita' della posta in gioco e la complessita' delle differenze tra modelli al di la' delle piccole e grandi differenze di previsione, e accordo della previsione con la realta': lo stesso Newton pensava che fosse piu' elegante della sua una possibile futura teoria in cui la gravita' fosse mediata da un mezzo, un mezzo a perturbabilita' cosi' istantanea da non essere mai osservabile, e quindi tale da rendere ragione in modo piu' completo dell'istantaneita' di perturbazione, prevista gia' dalla sua, di teoria; e pensava anche, e a ragione, che i posteri avrebbero trovato tale nuova teoria; quello che non pensava e' che il mezzo di propagazione della gravita' e' lo spazio stesso, e che lo spazio si perturba, guadagna o perde curvatura nel senso che ho descritto prima, alla velocita' della luce, e quindi finanche la gravita', e' quasi-istantanea, ma non e' veramente, istantanea: un mondo dove non esistono interazioni istantanee e' un mondo non dicotomico, in cui esiste sempre il medio tra due estremi.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

#106
Possiamo anche ridurre la (ex)forza gravitazionale ad un movimento inerziale di corpi grandi e piccoli lanciati da un aristotelico impetus denominato bigbang. Ma sempre di un modello esplicativo si tratta, che potrebbe non essere del tutto risolutivo vista la difficoltà di conferme sperimentali. Risolverebbe però la questione di una forza misteriosa di attrazione tra le masse, rimuovendola.

Newton diceva il vero con la sua formula, non suffragata da fondamenti causali ma dedotta da calcoli empirici sempre confermati nella meccanica terrestre. E quindi veri. Come da citazione sopra riportata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#107
Citazione di: Ipazia il 25 Gennaio 2022, 16:01:54 PM
Possiamo anche ridurre la (ex)forza gravitazionale ad un movimento inerziale di corpi grandi e piccoli lanciati da un aristotelico impetus denominato bigbang. Ma sempre di un modello esplicativo si tratta, che potrebbe non essere del tutto risolutivo vista la difficoltà di conferme sperimentali. Risolverebbe però la questione di una forza misteriosa di attrazione tra le masse, rimuovendola.

Newton diceva il vero con la sua formula, non suffragata da fondamenti causali ma dedotta da calcoli empirici sempre confermati nella meccanica terrestre. E quindi veri. Come da citazione sopra riportata.


Il punto è proprio che Newton stesso cercava di superare ogni distinzione tra meccanica "terrestre"
e non (la forza che fa cadere dall'albero la mela sulla terra è la stessa che tiene la luna in orbita introno alla terra, ovvero le leggi fisiche sono e devono essere le stesse ovunque), e, a parte pochi apparentemente trascurabili dettagli che non tornavano, pareva esserci perfettamente riuscito.

Quindi, se la sua, superata da altre, si riduce oggi ad essere nuovamente una meccanica "terrestre" (e immediate vicinanze della nostra terra tipo cortile di casa) perché ad alte velocità, ad alte energie e in realtà anche ad elevate distanze non vale, a posteriori possiamo dire che qualche problemino ce l'aveva. E ce l'aveva proprio ai fini della ricerca di leggi universali a cui lui stesso "teneva" tanto.

In realtà la "forza" che fa cadere la mela sulla terra, è la stessa "forza" che nello spazio interstellare o su una stazione orbitante non la fa cadere e la fa restare ben ferma dove sta, la stessa forza che fa rimangiare la loro stessa luce ai buchi neri, appunto la curvatura dello spaziotempo, per questo non è una forza, perché il suo manifestarsi e il suo
non manifestarsi, (che non è semplicemente un manifestarsi sotto soglia di una propagazione infinita digradante nell'infinitesimale, ma, alle giuste condizioni, un vero non-manifestarsi), sono due casi particolari della stessa situazione generale. E solo se la metti così il modello continua a valere ovunque come legge generale invariante delle distanze vicine e lontane. Insomma o descrivi una topica dello spaziotempo, o hai la topica forzata di una teoria che da qualche parte vale e da qualche altra no, e non si sa perché, e con ciò torni alla situazione iniziale che Newton stesso voleva evitare, cioè la situazione in cui la chiesa e Aristotele spiegano le cose veramente importanti riguardo alle nature lontane, celesti e psicologicamente ed eticamente simboliche, e gli scienziati continuano graziosamente a giocare con le palline nei loro laboratori, nella convinzione, al tempo universalmente accettata, che tanto quello che vale per una pallina comunque non sarebbe mai valso per la luna e il sole, e quindi, cosa mai potranno dire, e scoprire, di importante questi scienziati da laboratorio.


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La teoria della gravità come inerzia di cio' che è "proiettato in giro" dal big bang inteso come "esplosione" personalmente non la conosco e non l'ho mai sentita, se vuoi, Ipazia, spiegala.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

#108
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2022, 17:57:18 PM
La teoria della gravità come inerzia di cio' che è "proiettato in giro" dal big bang inteso come "esplosione" personalmente non la conosco e non l'ho mai sentita, se vuoi, Ipazia, spiegala.
Se escludiamo l'esistenza di una "forza" di gravità dovuta all'attrazione di n.d.d. tra masse, non resta che ipotizzare dei movimenti inerziali con un impulso iniziale che li ha messi in moto.

Non sono una fisica e non insisterei troppo sulle mie ipotesi, ma mi pareva di aver capito questo dal tuo post.

Newton estese il suo modello, valido nelle condizioni che poteva conoscere con la strumentazione teorica e pratica del suo tempo, all'intero universo, ma non gli si può attribuire la colpa di non aver prodotto la teoria della relatività e il concetto di spaziotempo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: niko il 25 Gennaio 2022, 15:20:53 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2022, 20:09:38 PM
Leggendo il linkato tutto diventa molto chiaro e la verità ne trae giovamento:

Newton non ha premesso nulla (hypotheses non fingo) alla sua legge di gravitazione universale. Egli l'ha solo calcolata e ne ha tratto una formula.

Einstein si è spinto più in là nei calcoli ed ha pure modellato delle premesse, ma non ha falsificato nulla dell'intuizione originaria di Newton sull'attrazione delle masse in rapporto inverso al quadrato delle distanze. La novità einsteiniana è che le elevate velocità dei corpi celesti modificano l'attrazione gravitazionale. Tale correzione relativistica si è resa necessaria per calcolare i voli interplanetari.


Una piccola digressione sulla relativita' generale.


La faccio perche' ho visto che l'argomento e' uscito fuori spesso qui, e vorrei che ognuno si facesse un'idea di come radicalmente cambiano le teorie scientifiche e di conseguenza  la visione del mondo che ne risulta, e di come, anche se queste varie differenti teorie possono sembrare conciliabili in un unico progresso scientifico quantitativo, in cui la conoscenza semplicemente si accumula, o al limite anche in uno più qualitativo e implicante "rotture nette" di continuita', ma comunque sempre lineare, in cui il nuovo, una volta posto e definito, contiene e approfondisce il vecchio, in realta' spesso non lo sono affatto, intendo non sono davvero teorie conciliabili o riassumibili l'una nell'altra, e si deve preferire qualche teoria che abbia migliore praticita' o migliore concordanza con la realta', a scapito di altre, e non e' neanche detto che praticita' e concordanza con la realta' vadano insieme: alcune teorie possono essere migliori per un aspetto, e altre per l'altro.



Nella relativita' generale non c'e' attrazione gravitazionale tra i corpi e la gravita' e' una forza apparente, e soprattutto in essa l'inerzia e' un caso limite della gravita', ovvero l'inerzia e' la gravita' stessa in assenza di curvatura, laddove quindi la processione nella stessa direzione di uno o piu' corpi non implica ne' il ritorno prima o poi nella posizione iniziale di cio' che si muove, come avverrebbe se si muovesse su superficie curva (orbita), ne' un potenziale avvicinamento progressivo o impatto di cio' che si muove con tutti gli altri corpi dovuto semplicemente alla geometrica coincidenza delle varie traiettorie possibili lungo una stessa direzione su di una superficie curva ai poli (caduta libera).


La gravita' appare irresistibile, e l'equivalenza tra quiete e moto rettilineo uniforme logicamente necessaria, perche' muoversi verso il futuro, "infuturarsi", e' gia' un muoversi, nel senso che tale movimento verso il futuro e' indistinguibile, nella necessarieta' fisica delle sue conseguenze, dal muoversi in una direzione qualsiasi in assenza di altri punti di riferimento, e questo sia ai fini dell'avvicinamento ad altri corpi in moto, e ripetizione delle posizioni al completamento di un circolo, che si avrebbe su di una superficie curva, sia ai fini del non avvicinamento ad altri corpi in moto, e non ripetizione delle posizioni, che si avrebbe su una superficie piatta.


Quindi Einstein non finge ipotesi per la forza di gravita' ma fa' di meglio: dimostra che la gravita' non e' una forza, ma una caratteristica topologica dello spaziotempo che influenza le traiettorie e le loro conseguenze, stante che le traiettorie, in quanto riferite ai corpi, sono sempre in qualche modo necessarie, perche' nello spaziotempo niente e' fermo e tutto va' verso il futuro; una particella qualsiasi e' identica e coincidente alla sua stessa traiettoria, da cui non puo' prescindere perche' essa, quantomeno verso il futuro o, che e' lo stesso, quantomeno verso direzione indeterminata e localmente inosservabile perche' solidale al sistema, sempre si muove, e quindi ogni particella e' descrivibile con una linea, linea che indica, in fondo, nient'altro che l'attualizzarsi di un movimento potenziale nello spazio; i punti, nello spaziotempo, indicano meramente gli eventi, cioe' gli eventuali incroci, e in generale i possibili rapporti, istantaneamente considerati, tra le traiettorie dei corpi.


La difficile conciliabilita' in linea di principio tra le due teorie quindi, sta proprio nel fatto che la gravita' in una e' una forza e nell'altra no, come noi tutti anche nel senso comune, e a parte i terrapiattisti, non tendiamo a dire che e' opera di una forza misteriosa se correndo sulla superficie della terra in una direzione prima o poi torniamo al punto di partenza, o se percorrendo due meridiani diversi a pari velocita' e pari punto di partenza prima o poi andiamo a sbattere nel punto preciso del polo: diciamo che questa e' semplicemente la logica conseguenza della forma della cosa sopra la quale stiamo correndo, e appunto solo i bambini e i terrapiattisti si stupiscono di cio'.


Tutte le osservazioni si accordano con la relativita' generale, e non con la gravitazione di Newton, che ne e' un caso particolare, valido per buona approssimazione a basse velocita' e a basse energie, ed essa non e' attualmente nel museo delle teorie "superate" solo perche' al prezzo di un margine di errore tra osservazione sperimentale e teoria in molti casi (ma non in tutti!) trascurabile, offre ancora una semplicita' di calcolo incomparabilmente migliore di quella propria della relativita'.
Ma e' sempre bene ricordare che, disponendo, in una situazione ideale, di infinita capacita' di calcolo e di infinito tempo per fare i calcoli, tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la gravitazione newtoniana, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la relativita' generale, viceversa non tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la relativita' generale, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la gravitazione classica, o meglio se ci si provasse, si farebbero degli errori piu' o meno macroscopici dovuti non al fatto che il calcolo sia sbagliato, ma proprio al fatto che la teoria in se', e' sbagliata.


Ad esempio la gravitazione newtoniana non prevede e non calcola la processione esatta del perielio di mercurio, e non perche' qualcuno sbaglia a fare i conti, ma perché mercurio è abbastanza vicino al sole da risentire specificamente di effetti relativistici; il calcolo della processione del perielio fatto con le equazioni newtoniane sarebbe formalmente giusto, ma non si accorderebbe con le osservazioni: la necessita' di ricalcolare con la relativita' generale in questo caso e' epistemica, non tecnica.


Inoltre la gravita' non e' istantanea proprio perche' lo spazio e' il mezzo attraverso cui si propaga la gravita': se il sole scomparise nel nulla, la terra non fuggirebbe dalla sua orbita per i primi otto secondi: letteralmente, per un breve lasso di tempo farebbe come se il sole ancora ci fosse, proprio perche' ci vuole in generale un piu' o meno breve lasso di tempo, affinche' un segnale gravitazionale si propaghi nello spazio; secondo Newton invece, la gravita' e' istantanea, e allo scomparire della palla "sole", la pallina "terra" dovrebbe  perdere o cambiare la sua orbita istantaneamente: ora queste possono apparire differenze da poco, ma solo finche' non si capisce l'entita' della posta in gioco e la complessita' delle differenze tra modelli al di la' delle piccole e grandi differenze di previsione, e accordo della previsione con la realta': lo stesso Newton pensava che fosse piu' elegante della sua una possibile futura teoria in cui la gravita' fosse mediata da un mezzo, un mezzo a perturbabilita' cosi' istantanea da non essere mai osservabile, e quindi tale da rendere ragione in modo piu' completo dell'istantaneita' di perturbazione, prevista gia' dalla sua, di teoria; e pensava anche, e a ragione, che i posteri avrebbero trovato tale nuova teoria; quello che non pensava e' che il mezzo di propagazione della gravita' e' lo spazio stesso, e che lo spazio si perturba, guadagna o perde curvatura nel senso che ho descritto prima, alla velocita' della luce, e quindi finanche la gravita', e' quasi-istantanea, ma non e' veramente, istantanea: un mondo dove non esistono interazioni istantanee e' un mondo non dicotomico, in cui esiste sempre il medio tra due estremi.


Ciao niko, navighiamo dunque in anarchia, non mi spiace. Non mi intendo molto di fisica, ma visto che si parla di gravità volevo chiederti una cosa. Assumendo il logos (azione) come marchio dell'universo e ponendoci come osservatori dell'ipotetico bigbang come fosse il generato da altra causa, a noi sempre invisibile, finalizzata ad originare tutta la materia che vediamo. Se appunto tale causa fosse finalizzata in quale territorio eserciterebbe la sua causa? Nel cosiddetto nulla, o in qualcosa d'altro?

iano

#110
@Niko
Quindi mi pare tu confermi che Newton in effetti fingeva un ipotesi, senza ammetterlo pubblicamente , che era quella della azione a distanza, cioè di un azione non locale, augurandosi quindi che qualcuno in futuro potesse rimediare, [size=78%]ristabilendo la necessaria verità di un azione possibile solo localmente.[/size]
E a rimediare fu' proprio Einstein costruendo una  teoria dove non vi sono azioni a distanza.
Come tu hai ben detto infatti lo spazio fa' quello che non era riuscito a fare l'etere, proponendosi come mediatore della "forza gravitazionale" che però in tal modo esce di scena. Le masse si muovono unicamente per inerzia in uno spazio  che dipende a sua volta dalla distribuzione delle masse.


È interessante porre in parallelo a questa storia la storia del senso comune e di come sia stato sballottato, tanto che ancora si trovi in confusione.
Si parte da una azione locale necessariamente vera per Newton quanto per i suoi contemporanei, per cui in effetti a Newton fingeva, spinto da questioni pratiche, l'ipotesi di una azione a distanza.
Il successo della legge di gravitazione , "attrae letteralmente a se' il senso comune" facendolo tornare sui suoi passi, e l'azione a distanza diventa del tutto accettabile , meno che per Einstein, che infatti ristabilisce "la verità" di una azione locale, di cui però il redivivo senso comune non sentiva il bisogno, indispettito inoltre dal fatto che Einstein gli avesse fatto sparire lo spazio tridimensionale Euclideo sotto gli occhi, come prezzo da pagare per ristabilire l'azione a distanza.


Per Newton ed Einstein il senso comune aveva ancora un valore , e se Einstein in qualche modo lo riporta sulla strada "corretta" come Newton si augurava, e che era stato costretto suo malgrado ad abbandonare, ipotizzando l'azione a distanza, non locale, a sua volta Einstein si ritrova nello stesso frangente, vedendosi costretto ad ipotizzare l'impossibile, il fatto cioè che Dio potesse giocare a dadi, fingendo l'intervento del caso, e passando il resto della vita cercando di rimuovere la sua finzione, senza riuscirvi.


La scienza si basa sui fatti, e pur di farli quadrare gli scienziati sono disposti a fare qualsiasi ipotesi, che vada anche contro le loro più profonde convinzioni.
Convinzioni che anche quando non abbiano una origine ufficiale sarebbe sbagliato pensare che nascano come funghi, perché nascono a loro volta dai fatti, anche quando non valutati con rigore scientifico.
Queste convinzioni a mio parere sono tanto più radicate ,e quindi tanto più difficile da modificare, quanto più non abbiano una chiara origine.


Le moderne ipotesi scientifiche invece  , la cui origine è invece ben nota, le si cambia senza problemi alla bisogna, e senza che siano mai diventate senso comune, il quale immagino abbia perso quasi ogni valore fra gli scienziati,,salvo provare a farvi ritorno quando vogliono fare divulgazione scientifica.
Essi non affermano come vera più nessuna ipotesi, e per contro non la fingono nemmeno.
Si limitano solo a fare ipotesi.


Non è banale notare che anche i matematici hanno vissuto simili perigli.
Fino a un certo punto l'aritmetica e la geometria, pur risiedendo in un mondo platonico a parte, erano del tutto attinenti alla realtà.
Ciò faceva si che le verità della matematica e le evidenze della realtà si sostenessero a vicenda.
Oggi non è più così, è quello che è rimasto del tutto isolato in un mondo a parte è il senso comune.
La matematica non è più l'ancella della fisica, ma è lei che comanda il gioco.
A capire che era il caso di rinunciare a fingere o a non fingerle ii matematici ci sono arrivati prima, e i fisici a fatica si sono adeguati.





Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: daniele22 il 25 Gennaio 2022, 22:25:24 PM
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2022, 15:20:53 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2022, 20:09:38 PM
Leggendo il linkato tutto diventa molto chiaro e la verità ne trae giovamento:

Newton non ha premesso nulla (hypotheses non fingo) alla sua legge di gravitazione universale. Egli l'ha solo calcolata e ne ha tratto una formula.

Einstein si è spinto più in là nei calcoli ed ha pure modellato delle premesse, ma non ha falsificato nulla dell'intuizione originaria di Newton sull'attrazione delle masse in rapporto inverso al quadrato delle distanze. La novità einsteiniana è che le elevate velocità dei corpi celesti modificano l'attrazione gravitazionale. Tale correzione relativistica si è resa necessaria per calcolare i voli interplanetari.


Una piccola digressione sulla relativita' generale.


La faccio perche' ho visto che l'argomento e' uscito fuori spesso qui, e vorrei che ognuno si facesse un'idea di come radicalmente cambiano le teorie scientifiche e di conseguenza  la visione del mondo che ne risulta, e di come, anche se queste varie differenti teorie possono sembrare conciliabili in un unico progresso scientifico quantitativo, in cui la conoscenza semplicemente si accumula, o al limite anche in uno più qualitativo e implicante "rotture nette" di continuita', ma comunque sempre lineare, in cui il nuovo, una volta posto e definito, contiene e approfondisce il vecchio, in realta' spesso non lo sono affatto, intendo non sono davvero teorie conciliabili o riassumibili l'una nell'altra, e si deve preferire qualche teoria che abbia migliore praticita' o migliore concordanza con la realta', a scapito di altre, e non e' neanche detto che praticita' e concordanza con la realta' vadano insieme: alcune teorie possono essere migliori per un aspetto, e altre per l'altro.



Nella relativita' generale non c'e' attrazione gravitazionale tra i corpi e la gravita' e' una forza apparente, e soprattutto in essa l'inerzia e' un caso limite della gravita', ovvero l'inerzia e' la gravita' stessa in assenza di curvatura, laddove quindi la processione nella stessa direzione di uno o piu' corpi non implica ne' il ritorno prima o poi nella posizione iniziale di cio' che si muove, come avverrebbe se si muovesse su superficie curva (orbita), ne' un potenziale avvicinamento progressivo o impatto di cio' che si muove con tutti gli altri corpi dovuto semplicemente alla geometrica coincidenza delle varie traiettorie possibili lungo una stessa direzione su di una superficie curva ai poli (caduta libera).


La gravita' appare irresistibile, e l'equivalenza tra quiete e moto rettilineo uniforme logicamente necessaria, perche' muoversi verso il futuro, "infuturarsi", e' gia' un muoversi, nel senso che tale movimento verso il futuro e' indistinguibile, nella necessarieta' fisica delle sue conseguenze, dal muoversi in una direzione qualsiasi in assenza di altri punti di riferimento, e questo sia ai fini dell'avvicinamento ad altri corpi in moto, e ripetizione delle posizioni al completamento di un circolo, che si avrebbe su di una superficie curva, sia ai fini del non avvicinamento ad altri corpi in moto, e non ripetizione delle posizioni, che si avrebbe su una superficie piatta.


Quindi Einstein non finge ipotesi per la forza di gravita' ma fa' di meglio: dimostra che la gravita' non e' una forza, ma una caratteristica topologica dello spaziotempo che influenza le traiettorie e le loro conseguenze, stante che le traiettorie, in quanto riferite ai corpi, sono sempre in qualche modo necessarie, perche' nello spaziotempo niente e' fermo e tutto va' verso il futuro; una particella qualsiasi e' identica e coincidente alla sua stessa traiettoria, da cui non puo' prescindere perche' essa, quantomeno verso il futuro o, che e' lo stesso, quantomeno verso direzione indeterminata e localmente inosservabile perche' solidale al sistema, sempre si muove, e quindi ogni particella e' descrivibile con una linea, linea che indica, in fondo, nient'altro che l'attualizzarsi di un movimento potenziale nello spazio; i punti, nello spaziotempo, indicano meramente gli eventi, cioe' gli eventuali incroci, e in generale i possibili rapporti, istantaneamente considerati, tra le traiettorie dei corpi.


La difficile conciliabilita' in linea di principio tra le due teorie quindi, sta proprio nel fatto che la gravita' in una e' una forza e nell'altra no, come noi tutti anche nel senso comune, e a parte i terrapiattisti, non tendiamo a dire che e' opera di una forza misteriosa se correndo sulla superficie della terra in una direzione prima o poi torniamo al punto di partenza, o se percorrendo due meridiani diversi a pari velocita' e pari punto di partenza prima o poi andiamo a sbattere nel punto preciso del polo: diciamo che questa e' semplicemente la logica conseguenza della forma della cosa sopra la quale stiamo correndo, e appunto solo i bambini e i terrapiattisti si stupiscono di cio'.


Tutte le osservazioni si accordano con la relativita' generale, e non con la gravitazione di Newton, che ne e' un caso particolare, valido per buona approssimazione a basse velocita' e a basse energie, ed essa non e' attualmente nel museo delle teorie "superate" solo perche' al prezzo di un margine di errore tra osservazione sperimentale e teoria in molti casi (ma non in tutti!) trascurabile, offre ancora una semplicita' di calcolo incomparabilmente migliore di quella propria della relativita'.
Ma e' sempre bene ricordare che, disponendo, in una situazione ideale, di infinita capacita' di calcolo e di infinito tempo per fare i calcoli, tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la gravitazione newtoniana, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la relativita' generale, viceversa non tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la relativita' generale, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la gravitazione classica, o meglio se ci si provasse, si farebbero degli errori piu' o meno macroscopici dovuti non al fatto che il calcolo sia sbagliato, ma proprio al fatto che la teoria in se', e' sbagliata.


Ad esempio la gravitazione newtoniana non prevede e non calcola la processione esatta del perielio di mercurio, e non perche' qualcuno sbaglia a fare i conti, ma perché mercurio è abbastanza vicino al sole da risentire specificamente di effetti relativistici; il calcolo della processione del perielio fatto con le equazioni newtoniane sarebbe formalmente giusto, ma non si accorderebbe con le osservazioni: la necessita' di ricalcolare con la relativita' generale in questo caso e' epistemica, non tecnica.


Inoltre la gravita' non e' istantanea proprio perche' lo spazio e' il mezzo attraverso cui si propaga la gravita': se il sole scomparise nel nulla, la terra non fuggirebbe dalla sua orbita per i primi otto secondi: letteralmente, per un breve lasso di tempo farebbe come se il sole ancora ci fosse, proprio perche' ci vuole in generale un piu' o meno breve lasso di tempo, affinche' un segnale gravitazionale si propaghi nello spazio; secondo Newton invece, la gravita' e' istantanea, e allo scomparire della palla "sole", la pallina "terra" dovrebbe  perdere o cambiare la sua orbita istantaneamente: ora queste possono apparire differenze da poco, ma solo finche' non si capisce l'entita' della posta in gioco e la complessita' delle differenze tra modelli al di la' delle piccole e grandi differenze di previsione, e accordo della previsione con la realta': lo stesso Newton pensava che fosse piu' elegante della sua una possibile futura teoria in cui la gravita' fosse mediata da un mezzo, un mezzo a perturbabilita' cosi' istantanea da non essere mai osservabile, e quindi tale da rendere ragione in modo piu' completo dell'istantaneita' di perturbazione, prevista gia' dalla sua, di teoria; e pensava anche, e a ragione, che i posteri avrebbero trovato tale nuova teoria; quello che non pensava e' che il mezzo di propagazione della gravita' e' lo spazio stesso, e che lo spazio si perturba, guadagna o perde curvatura nel senso che ho descritto prima, alla velocita' della luce, e quindi finanche la gravita', e' quasi-istantanea, ma non e' veramente, istantanea: un mondo dove non esistono interazioni istantanee e' un mondo non dicotomico, in cui esiste sempre il medio tra due estremi.


Ciao niko, navighiamo dunque in anarchia, non mi spiace. Non mi intendo molto di fisica, ma visto che si parla di gravità volevo chiederti una cosa. Assumendo il logos (azione) come marchio dell'universo e ponendoci come osservatori dell'ipotetico bigbang come fosse il generato da altra causa, a noi sempre invisibile, finalizzata ad originare tutta la materia che vediamo. Se appunto tale causa fosse finalizzata in quale territorio eserciterebbe la sua causa? Nel cosiddetto nulla, o in qualcosa d'altro?
Direi nel nulla, considerando però che il nulla ha una lunga storia.
Come dicevo nel precedente post, la matematica astratta ha preso il sopravventò sulla fisica e il nulla è diventato lo zero matematico. E così come zero sta per 1+(-1) , dove ciò che sta fra parentesi è da intendersi come un unico simbolo, così dal nulla nasce un elettrone, e, e un positrone (-e), e poi nel nulla possono tornare a sparire .
La morte e l'origine delle cose si sono ridotte a un segno di uguaglianza, secondo che lo zero stia alla sua destra, o alla sua sinistra,,se vogliamo assumere questa convenzione.


Ma le cose stanno veramente così?
I filosofi se lo chiedono e anche gli scienziati nella misura in cui sono filosofi se lo chiedono, ma gli scienziati propriamente hanno smesso di chiederselo.
Hanno smesso cioè di ibridare la fisica con il loro senso comune, con le loro profonde convinzioni.
Non si sono arresi dall'oggi al domani, ma è stato un lungo travaglio, come ho provato ad accennare nel post precedente, che nel caso di Einstein si può configurare quasi come un dramma personale che lo ha accompagnato fino alla morte. Credo di poter affermare che nessuno scienziato moderno si troverà mai più in quella situazione, semplicemente perché eviterà di trovarcisi.
Quindi la filosofia è stata espulsa del tutto?
No, a patto che riparta da dove gli scienziati hanno lasciato.

Prima però i filosofi dovrebbero provare a immedesimarsi nel dramma umano che hanno vissuto gli scienziati, come prima e ultima replica di quello vissuto in prima assoluta dai matematici, il cui finale e' stato scritto dal logico Goedel.
Gli scienziati da un pezzo hanno smesso di parlare di verità, accontentandosi di teorie che aderiscano ai fatti e che riescano a prevederli.
Da un pezzo hanno smesso di fingere o non fingere ipotesi, andando a ruota dei matematici.
Ma i filosofi, insensibili , proprio come se nulla fosse successo, quando non proprio ignari di quel dramma, ancora lo fanno.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

Citazione di: daniele22 il 25 Gennaio 2022, 22:25:24 PM
Citazione di: niko il 25 Gennaio 2022, 15:20:53 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2022, 20:09:38 PM
Leggendo il linkato tutto diventa molto chiaro e la verità ne trae giovamento:

Newton non ha premesso nulla (hypotheses non fingo) alla sua legge di gravitazione universale. Egli l'ha solo calcolata e ne ha tratto una formula.

Einstein si è spinto più in là nei calcoli ed ha pure modellato delle premesse, ma non ha falsificato nulla dell'intuizione originaria di Newton sull'attrazione delle masse in rapporto inverso al quadrato delle distanze. La novità einsteiniana è che le elevate velocità dei corpi celesti modificano l'attrazione gravitazionale. Tale correzione relativistica si è resa necessaria per calcolare i voli interplanetari.


Una piccola digressione sulla relativita' generale.


La faccio perche' ho visto che l'argomento e' uscito fuori spesso qui, e vorrei che ognuno si facesse un'idea di come radicalmente cambiano le teorie scientifiche e di conseguenza  la visione del mondo che ne risulta, e di come, anche se queste varie differenti teorie possono sembrare conciliabili in un unico progresso scientifico quantitativo, in cui la conoscenza semplicemente si accumula, o al limite anche in uno più qualitativo e implicante "rotture nette" di continuita', ma comunque sempre lineare, in cui il nuovo, una volta posto e definito, contiene e approfondisce il vecchio, in realta' spesso non lo sono affatto, intendo non sono davvero teorie conciliabili o riassumibili l'una nell'altra, e si deve preferire qualche teoria che abbia migliore praticita' o migliore concordanza con la realta', a scapito di altre, e non e' neanche detto che praticita' e concordanza con la realta' vadano insieme: alcune teorie possono essere migliori per un aspetto, e altre per l'altro.



Nella relativita' generale non c'e' attrazione gravitazionale tra i corpi e la gravita' e' una forza apparente, e soprattutto in essa l'inerzia e' un caso limite della gravita', ovvero l'inerzia e' la gravita' stessa in assenza di curvatura, laddove quindi la processione nella stessa direzione di uno o piu' corpi non implica ne' il ritorno prima o poi nella posizione iniziale di cio' che si muove, come avverrebbe se si muovesse su superficie curva (orbita), ne' un potenziale avvicinamento progressivo o impatto di cio' che si muove con tutti gli altri corpi dovuto semplicemente alla geometrica coincidenza delle varie traiettorie possibili lungo una stessa direzione su di una superficie curva ai poli (caduta libera).


La gravita' appare irresistibile, e l'equivalenza tra quiete e moto rettilineo uniforme logicamente necessaria, perche' muoversi verso il futuro, "infuturarsi", e' gia' un muoversi, nel senso che tale movimento verso il futuro e' indistinguibile, nella necessarieta' fisica delle sue conseguenze, dal muoversi in una direzione qualsiasi in assenza di altri punti di riferimento, e questo sia ai fini dell'avvicinamento ad altri corpi in moto, e ripetizione delle posizioni al completamento di un circolo, che si avrebbe su di una superficie curva, sia ai fini del non avvicinamento ad altri corpi in moto, e non ripetizione delle posizioni, che si avrebbe su una superficie piatta.


Quindi Einstein non finge ipotesi per la forza di gravita' ma fa' di meglio: dimostra che la gravita' non e' una forza, ma una caratteristica topologica dello spaziotempo che influenza le traiettorie e le loro conseguenze, stante che le traiettorie, in quanto riferite ai corpi, sono sempre in qualche modo necessarie, perche' nello spaziotempo niente e' fermo e tutto va' verso il futuro; una particella qualsiasi e' identica e coincidente alla sua stessa traiettoria, da cui non puo' prescindere perche' essa, quantomeno verso il futuro o, che e' lo stesso, quantomeno verso direzione indeterminata e localmente inosservabile perche' solidale al sistema, sempre si muove, e quindi ogni particella e' descrivibile con una linea, linea che indica, in fondo, nient'altro che l'attualizzarsi di un movimento potenziale nello spazio; i punti, nello spaziotempo, indicano meramente gli eventi, cioe' gli eventuali incroci, e in generale i possibili rapporti, istantaneamente considerati, tra le traiettorie dei corpi.


La difficile conciliabilita' in linea di principio tra le due teorie quindi, sta proprio nel fatto che la gravita' in una e' una forza e nell'altra no, come noi tutti anche nel senso comune, e a parte i terrapiattisti, non tendiamo a dire che e' opera di una forza misteriosa se correndo sulla superficie della terra in una direzione prima o poi torniamo al punto di partenza, o se percorrendo due meridiani diversi a pari velocita' e pari punto di partenza prima o poi andiamo a sbattere nel punto preciso del polo: diciamo che questa e' semplicemente la logica conseguenza della forma della cosa sopra la quale stiamo correndo, e appunto solo i bambini e i terrapiattisti si stupiscono di cio'.


Tutte le osservazioni si accordano con la relativita' generale, e non con la gravitazione di Newton, che ne e' un caso particolare, valido per buona approssimazione a basse velocita' e a basse energie, ed essa non e' attualmente nel museo delle teorie "superate" solo perche' al prezzo di un margine di errore tra osservazione sperimentale e teoria in molti casi (ma non in tutti!) trascurabile, offre ancora una semplicita' di calcolo incomparabilmente migliore di quella propria della relativita'.
Ma e' sempre bene ricordare che, disponendo, in una situazione ideale, di infinita capacita' di calcolo e di infinito tempo per fare i calcoli, tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la gravitazione newtoniana, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la relativita' generale, viceversa non tutto quello che si puo' calcolare e prevedete con la relativita' generale, si potrebbe calcolare e prevedere anche con la gravitazione classica, o meglio se ci si provasse, si farebbero degli errori piu' o meno macroscopici dovuti non al fatto che il calcolo sia sbagliato, ma proprio al fatto che la teoria in se', e' sbagliata.


Ad esempio la gravitazione newtoniana non prevede e non calcola la processione esatta del perielio di mercurio, e non perche' qualcuno sbaglia a fare i conti, ma perché mercurio è abbastanza vicino al sole da risentire specificamente di effetti relativistici; il calcolo della processione del perielio fatto con le equazioni newtoniane sarebbe formalmente giusto, ma non si accorderebbe con le osservazioni: la necessita' di ricalcolare con la relativita' generale in questo caso e' epistemica, non tecnica.


Inoltre la gravita' non e' istantanea proprio perche' lo spazio e' il mezzo attraverso cui si propaga la gravita': se il sole scomparise nel nulla, la terra non fuggirebbe dalla sua orbita per i primi otto secondi: letteralmente, per un breve lasso di tempo farebbe come se il sole ancora ci fosse, proprio perche' ci vuole in generale un piu' o meno breve lasso di tempo, affinche' un segnale gravitazionale si propaghi nello spazio; secondo Newton invece, la gravita' e' istantanea, e allo scomparire della palla "sole", la pallina "terra" dovrebbe  perdere o cambiare la sua orbita istantaneamente: ora queste possono apparire differenze da poco, ma solo finche' non si capisce l'entita' della posta in gioco e la complessita' delle differenze tra modelli al di la' delle piccole e grandi differenze di previsione, e accordo della previsione con la realta': lo stesso Newton pensava che fosse piu' elegante della sua una possibile futura teoria in cui la gravita' fosse mediata da un mezzo, un mezzo a perturbabilita' cosi' istantanea da non essere mai osservabile, e quindi tale da rendere ragione in modo piu' completo dell'istantaneita' di perturbazione, prevista gia' dalla sua, di teoria; e pensava anche, e a ragione, che i posteri avrebbero trovato tale nuova teoria; quello che non pensava e' che il mezzo di propagazione della gravita' e' lo spazio stesso, e che lo spazio si perturba, guadagna o perde curvatura nel senso che ho descritto prima, alla velocita' della luce, e quindi finanche la gravita', e' quasi-istantanea, ma non e' veramente, istantanea: un mondo dove non esistono interazioni istantanee e' un mondo non dicotomico, in cui esiste sempre il medio tra due estremi.


Ciao niko, navighiamo dunque in anarchia, non mi spiace. Non mi intendo molto di fisica, ma visto che si parla di gravità volevo chiederti una cosa. Assumendo il logos (azione) come marchio dell'universo e ponendoci come osservatori dell'ipotetico bigbang come fosse il generato da altra causa, a noi sempre invisibile, finalizzata ad originare tutta la materia che vediamo. Se appunto tale causa fosse finalizzata in quale territorio eserciterebbe la sua causa? Nel cosiddetto nulla, o in qualcosa d'altro?


Ciao, ti rispondo per come credo di aver capito la domanda...


Il territorio di espansione dell'universo e' il vuoto e non il nulla, se lo vedessi da fuori non vedresti il fronte del nostro universo in espansione venirti incontro come un'onda d'urto misteriosa, e tale che basta attendere un tempo/durata fisicamente attendibile per esserne inglobati,  ma un qualche tipo di fenomeno per cui il tuo universo non puo' sovrapporsi al nostro perfettamente spiegabile anche con le leggi e le condizioni locali del tuo, di universo, un qualche tipo di  orizzonte degli eventi.


Insomma dove c'e'il nostro universo, il tuo non c'e', e quindi tutti i punti del nostro universo, proprio in quanto tali, non  possono risultare raggiungibili a partire dai tuoi in un tempo finito e viceversa.


In un certo senso il tuo si contrae laddove il nostro si espande, ma difficilmente vedrai il tuo letteralmente contrarsi, molto piu' probabilmente  vedrai un'espansione del tuo che non procede e non e' proceduta sovrapponendosi al nostro, e cio' ti costringerebbe dunque a fare il giro di quello che per te, dal tuo punto di vista, e' un qualche tipo di esteso ostacolo topologicamente invalicabile, o ad aspettare, perche' alcuni punti del tuo universo, dal tuo punto di vista, non esistono ancora o non esistono piu' e tu li' fisicamente non ci puoi andare e non ci puoi inviare segnali in nessun senso,  e sono proprio i punti dove, se per assurdo ci andassi, o anche solo se causeresti laggiu' qualcosa, sconfineresti nel nostro: osservare l'universo dal vuoto primordiale, osservarlo "senza farne parte", stando in un altro universo, o supponendo, se fosse possibile, di stare fuori da tutti gli universi possibili,  vuol dire attendere, nel tempo,  che le sue condizioni ritornino identiche a quelle del vuoto primordiale e solidali a quelle da cui origina e parte tale tentativo di osservazione "esterna", quindi attenderne la fine, la morte, il ritorno all'omogeneita' e alla condizione di totale assenza di eventi, ma nel farlo, tale tentativo di osservazione, faresti con cio' l'esperienza di attendere la fine e la morte anche del tuo, di universo, e lo stato di omogeneita' in cui i due coinciderebbero sarebbe lo stato in cui nessuno dei due esiste piu', e ci sarebbero a quel punto le condizioni locali per la nascita di un terzo universo, o di un rimbalzo, inteso come ricontrazione di uno morto per troppa estensione e, da un altro punto di vista sullo stesso evento, riestensione di uno morto perche' puntiforme, che non sarebbe piu' quello di nessuno dei due.


Non sono sicuro di quanto sia scientificamente esatto quello che ho scritto, ma io me lo immagino cosi', e da quello che ci ho capito di quello che ho letto in proposito, dovrebbe essere proprio cosi', insomma si possono fare esperimenti mentali su come sarebbe provare a osservare l'universo da fuori, provare a vedere come il nostro universo preme sul vuoto o su un altro universo considerato come suo contenitore e mezzo, ma tutti finiscono per descrivere qualcosa di proprio dell'universo, o al limite  della condizione in generale, dell'osservatore esterno, e non del nostro attuale e delle nostre attuali condizioni, e dunque appagano solo fino a un certo punto la legittima  curiosita' sul nostro, di universo,  anche in quanto meri esperimenti menatali.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#113
@ Niko
non puoi osservare l'universo da fuori, nemmeno con un esperimento mentale.
Non puoi osservarlo standotene anche solo col pensiero nel vuoto, o nel nulla, o come lo vuoi chiamare, perché tutto ciò  a cui puoi dare un nome sta dentro all'universo.
il vuoto, o il nulla, o come lo vuoi chiamare, se lo chiami, non sta fuori , perché non vi è un fuori.
Non ci sono cose che stanno fuori dell'universo perché le cose sono l'universo, e in particolare quelle che puoi nominare.
Facciamo già' un esperimento mentale, che ha però un positivo riscontro pratico, quando pensiamo di poter fare un esperimento fisico isolando una parte dell'universo ( si può appunto pensare , ma non fare) osservandolo da fuori .
Funziona in pratica, ma più la ricerca si spinge avanti e più appare quanto sia invasivo l'osservatore influenzando il risultato dell'esperimento.
Basti dire che lo strumento che misura il tempo non sta dentro a quella parte di universo supposta isolata, ma in mano all'osservatore.
Funziona, ma nin si può ignorare l'influenza dell'osservatore sul risultato.
Eppure i filosofi continuano a pensare alla verità come qualcosa che si possa osservare da fuori.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Rngrazio niko e iano, scritti con la minuscola come si presentano, per la loro risposta, in cui iano dice a niko che il il vuoto o il nulla, o come lo vuoi chiamare etc etc ..... La mia domanda voleva chiedere se potesse esistere appunto il famoso etere. O meglio voleva chiedere se a livello teorico l'etere fosse negato fondandosi solo su basi empiriche. Immagino di no. Allora chiedo: se la teoria che presupponeva l'inesistenza dell'etere fosse concettualmente errata (non errata nella sua formulazione matematica), non vi sembra che tutte le teorie successive sarebbero tutte menzogne, anche se confermate da dati empirici?
Un giorno un mio amico che insegna matematica mi raccontava che per spiegare la teoria di Einstein in modo verbalmente più comprensibile forse sarebbe opportuno che fosse esposta usando un meta-linguaggio. Detto ciò, iano conclude dicendo che i filosofi continuano a pensare alla verità come qualcosa che si possa guardar da fuori.
E' proprio qui il punto nevralgico. Se non avessimo compreso in modo corretto la teoria della relatività, ci ritroveremmo a vivere mentalmente, oggi, nel 2022, come ai tempi di Hegel e Kant.
Quando Ipazia disse di questa modifica da "cosa in sé" a "cosa per noi", la filosofia ha fatto nè più ne meno quello che ha fatto la chiesa quando Copernico superò Tolomeo, cioè si è riaggiustata per tenere ancora in piedi il palco.
Quello era il momento di criticare il linguaggio, ma naturalmente vi è passata sopra. Perchè? Ai posteri l'ardua sentenza. Naturalmente le persone sincere con sè stesse vivrebbero mentalmente ancora così. Ma quelle meno sincere come vivono?

iano

#115
Ciao Daniele.
L'ipotesi dell'etere era ben plausibile, tanto è vero che là si è potuta confutare solo grazie ad un esperimento ( di Michelson e Morley se non ricordo male) basato sull'idea che , se esisteva, per quanto impalpabile, avrebbe dovuto porre una pur minima resistenza ad un raggio di luce, perché là velocità  della luce costante nel vuoto, diminuisce quando attraversa un mezzo materiale.
Questo rallentamento,  non è stato rilevato con un esperimento che si ritiene conclusivo, anche se di conclusivo nella scienza non ci è nulla, ma chiunque può ripetere quell'esperimento, o inventarmene di nuovi, ma secondo me sarebbe tempo sprecato., perché in fondo a cosa è servito veramente quell'esperimento?
Bisogna considerare che nessuno aveva mai rilevato l'etere, neanche prima di quell'esperimento, ma era stato solo ipotizzato al fine di salvare una nostra profonda convinzione di allora, che la forza potesse  agire solo mediante contatto, quindi localmente , e non a distanza. Così l'etere avrebbe dovuto funzionare da intermediario della forza, come fosse la seconda palla da biliardo che colpisce la terza dopo essere stata a sua colpita dalla prima, trasmettendo quindi per suo tramite la prima palla una forza alla terza.
Ma pochi ormai sono convinti della necessità di una azione solo locale, e questa è la conseguenza forse più interessante della confutazione sperimentale dell'etere.
Si tratta però di qualcosa non destinato a ripetersi, nel senso che le attuali ipotesi degli scienziati, come ad esempio quelle sulla materia oscura al fine di poterla rilevare tramite un esperimento, non sono basate su alcuna convinzione profonda particolare, per cui quando non funzionano se ne provano altre, cambiandole, ma senza più che ciò diventi un dramma esistenziale.


Prima, quando occorreva cambiare obtorto collo le proprie convinzioni, a causa del rilevamento di nuovi fatti o per una più attenta considerazione dei vecchi fatti, essendo su queste convinzioni basate l'ordinamento sociale e quello religioso ( le due cose non erano neanche in parte distinte, come avviene oggi) società e chiesa ponevano ostacoli quasi insormontabili, e chi insisteva a farlo sapeva di rischiare la vita, perché le istituitizioni si difendevano come fiere messe all'angolo.


Oggi non è più così e gli scienziati fanno e disfano le loro ipotesi in piena libertà .
La scienza ci ha guadagnato a non ibridare dunque le sue ipotesi con la verità, meno la società che non ha più riferimenti obbligati , e perciò necessariamente condivisi, su cui fondarsi .


Rifondare o far nascere nuove società dovendo prima liberalmente decidere su cosa fondarle non è facile, e infatti il futuro è delle multinazionali fondate sulle personali convinzioni dei loro proprietari alle quali i dipendenti si devono adeguare.


Paradossalmente quindi l'effetto della scienza è stato quello di far tornare in auge un principio di autorità riveduto e corretto , a partire dalla  negazione del quale  era nata.


Così oggi esistono tante verità, quella di Apple, e quella di Facebook, alle quali le vecchie società provano ad opporsi multandole, ma ancora per poco.
Le vecchie società avvertono quindi vagamente l'esigenza di rifondarsi in questo confronto sempre più impari con le multinazionali , ma non sanno bene più su cosa di condivisibile si dovrebbero rifondare.
Lavoro per i filosofi dunque non ne mancherebbe , se la smettessero nichilisticamente di lamentarsi girando a vuoto e iniziassero a rimboccarsi le pieghe del cervello.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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iano

Ma, caro Daniele, non ci sarà più la verità a rischiarare come lanterna l'oscura notte,,e questo è un dramma esistenziale che stiamo vivendo, forse l'ultimo filosoficamente connotanile.
Ma, se stiamo stati convinti che la ricerca della verità fosse la molla che ci spingesse, secondo una metafora di forza locale, possiamo però constare che se gli scienziati pure hanno abbandonato la pretesa di verità non perciò hanno abbandonato la ricerca, segno che qualcosa di altro li spinge e a cui fino a un certo punto abbiamo dato nome verità.
Fin qui essi hanno lottato in nome della verità , mettendo in gioco la loro stessa vita al fine di poter liberamente ricercare, perché non avrebbe avuto senso la loro vita se non ricercando.
Quale nuovo nome vogliamo dare alla molla che li spinge, magari aggiornando la metafora con una non locale? 😄
I ricercatori scientifici chiedono finanziamenti, ma non è la voglia di arricchirsi che li spinge.
Dunque cosa è che ci spinge a noi, se non è la verità?
I filosofi stanno dunque vivendo il loro dramma personale, che arriva a ruota di quello vissuto prima dai matematici e poi dai fisici?
Credo proprio di sì, ma non ne hanno preso ancora piena coscienza, limitandosi al momento solo a lamentarsi del nichilismo seguito alla morte della verità.
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iano

Citazione di: Freedom il 19 Gennaio 2022, 17:26:02 PM
Penso che la prima cosa da fare per ricercare la Verità sia definirla.

E già questo primo passaggio mi pare che comporti difficoltà quasi insormontabili. Cos'è la Verità? Temo che ognuno abbia la sua. E' interessante che persino Gesù, interrogato da Pilato, preferisca tacere. E dire che di cose ne ha rivelate (alcune condivisibili o quantomeno logicamente affrontabili e conoscibili) ma quella lì no. O meglio afferma di essere lui stesso la Verità ma questo ha valore solo per chi crede in lui. Ma in ogni caso noi siamo nella sezione Filosofia e dunque non spegne la nostra sete di conoscenza.

Però il problema di definirla rimane. E non credo che senza risolvere questo enigma si possa procedere oltre. E bisogna stare ben attenti nella definizione.

Una volta lessi da qualche parte che, all'interno delle sette chiese di Bologna (in via Santo Stefano), c'era uno dei presepi più antichi della storia cristiana. Forse il più antico in assoluto. Andai in visita per vedere quel presepe. Giravo e rigiravo quelle chiese, imparai a memoria ogni anfratto, chiesi ma non trovavo quel presepe. Passarono ore, non volevo rinunciare! Ma alla fine, sconfitto, me ne andai.

Poi, non rassegnato, ritornai. Non ricordo chi mi aiutò ma qualcuno certamente lo fece e scoprii che quel presepe era del tutto diverso da quello che mi aspettavo. Da quello che mi ero raffigurato. Era diversissimo dalle rappresentazioni moderne alle quali siamo più o meno tutti abituati. Non essendo io uno studioso di storia dell'arte e, evidentemente, nemmeno dotato di intuito sufficiente :D  non lo avevo trovato. Nemmeno ci ero andato vicino. Eppure c'era tutto quello che che ci doveva essere in un presepe!

Insomma è difficile trovare la verità se nemmeno sai com'è fatta, cos'è, come funziona, etc.
Molto istruttivo e bello il tuo post, rileggendolo. Mea culpa per non averlo ben valutato.
Potremmo concludere che la verità non si trova perché la ricerca è basata su un aspettativa errata.
Ma potrebbe essere anche come quando cerchiamo gli occhiali avendoli addosso, cercando altrove quel che già possediamo, essendocene dimenticati.
In effetti la mia personale ricerca consiste nel cercare di riportare alla coscienza ciò che in noi nel tempo si è sedimentato , e che non può essere confutato, come fosse una verità, finché non è riemerso.
Ciò che in noi è sommerso produce evidenze le quali rimandano la loro origine in ciò che non si può confutare, perché permane in noi, ma dimenticato.
Questo tipo di ricerca sembra avere però dei contro in base ai quali gli antichi ci avevano ammoniti.
Non appena troviamo ciò che è sepolto in noi la sua natura e la sua capacità di agire in noi ne esce mutata. Di fatto ciò che troviamo ci viene così a mancare, dovendo trovare un sostituto per uscire dalla fase nichilistica di inazione che ne segue.
Gli antichi avevano dunque almeno una mezza ragione , ma non consideravano che rinunciare alla ricerca di conoscenza significava rinunciare a noi stessi, ad annullarci in vista di un al di la'.
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niko

#118
Citazione di: iano il 26 Gennaio 2022, 00:29:25 AM
@ Niko
non puoi osservare l'universo da fuori, nemmeno con un esperimento mentale.
Non puoi osservarlo standotene anche solo col pensiero nel vuoto, o nel nulla, o come lo vuoi chiamare, perché tutto ciò  a cui puoi dare un nome sta dentro all'universo.
il vuoto, o il nulla, o come lo vuoi chiamare, se lo chiami, non sta fuori , perché non vi è un fuori.
Non ci sono cose che stanno fuori dell'universo perché le cose sono l'universo, e in particolare quelle che puoi nominare.
Facciamo già' un esperimento mentale, che ha però un positivo riscontro pratico, quando pensiamo di poter fare un esperimento fisico isolando una parte dell'universo ( si può appunto pensare , ma non fare) osservandolo da fuori .
Funziona in pratica, ma più la ricerca si spinge avanti e più appare quanto sia invasivo l'osservatore influenzando il risultato dell'esperimento.
Basti dire che lo strumento che misura il tempo non sta dentro a quella parte di universo supposta isolata, ma in mano all'osservatore.
Funziona, ma nin si può ignorare l'influenza dell'osservatore sul risultato.
Eppure i filosofi continuano a pensare alla verità come qualcosa che si possa osservare da fuori.


L'universo nasce dal vuoto quantistico e/o da un altro universo, insomma deve pur nascere da qualcosa e finire in qualcosa, in senso temporale e spaziale, e osservandolo da fuori, penso proprio che faremmo, banalmente, l'esperienza di essere-vuoto o di essere (in) un altro universo, naturalmente con ciò intendo che non sapremmo di stare osservando l'universo di qualcun altro, ma un qualche limite topologico e cronologico del nostro, magari sì. Ho messo in tra parentesi, proprio per mostrare che, anche accettando la premessa che: essere=stare, e quindi che non si possa
"essere-in" in senso pieno, da questa premessa non segue l'inesistenza di un fuori, ma solo l'incomunicabilità di quanto è separato, per il tempo in cui è separato.


Si guarda la verità da fuori, e non si sa di stare osservando la verità, ma ciò non vuol dire necessariamente non osservare niente perché le premesse di tale osservazione e dei suoi dintorni sono impossibili, si può benissimo osservare altro.

Ora, secondo me , solo gli antropomorfisti piu' irriducibili rinunciano all'ipotesi che l'universo nasca da qualcosa, e non perché in generale "l'universo deve pur nascere da qualcosa", come nell'interpretazione letterale del Timeo di Platone, ma anzi, per una situazione contingente di segno esattamente opposto: noi, o meglio, noialtri, siamo generati e perituri, la natura che ci "contiene" no, e finché la scienza "ufficiale" continuerà a mettere la data di nascita e di scadenza al costrutto concettuale che chiama "universo", tale universo non coinciderà mai e poi mai con la natura, oserei qui dire, con la "vera", natura (che questo all'atto pratico ed etico sia un problema, o no...).


Semmai, il costrutto concettuale "universo", coinciderà sempre e solo con la natura, (fondamentalmente stupida, secondo me...) di chi immagina che la natura sia un'entità piu' o meno come lui, che nasce, poi muore, e tanti saluti, insomma con una natura umana (fin) troppo umana, per questo il nichilismo, proprio come posizione filosofica, se malinteso, è un antropomorfismo, anzi è il più grande e gargantuesco degli antropomorfismi.


Per questo, secondo me, ha ragione l'uomo della strada quando dice che il big bang come cosmogenesi deve pur nascere da qualcosa: qui, in questo caso, è l'uomo della strada che contrappone un, potenzialmente ben giustificato, naturalismo, all'antropomorfismo
(pseudo-nichilista) della scienza, insomma non ogni cosa deve nascere da qualcosa (non lo sosterrei mai), ma ogni cosa che nasce, deve ben nascere da qualcosa, e finché la scienza continua a dire che l'universo nasce, se la chiama, la domanda sensata dell'uomo della strada.

Per questo sono interessato alla nascita dell'universo dal vuoto e alle teorie degli universi multipli, mi appaiono semplicemente sensate al confronto di un'ipotesi di base (universo antropoide che semplicemente nasce e muore, ma guarda un po', proprio come noi, e nulla si può dire al di fuori di tale evento/durata) insensata; inoltre un argomento che ho letto una volta e che mi sembra veramente dirimente in merito è l'improbabilità stessa della biogenesi e della vita come fenomeno emergente dall'inorganico: provate ad aspettare che si formi un batterio o il dna da una goccia d'acqua sterile e sappiatemi dire se secondo voi abbiamo fatto sei al superenalotto una volta per culo e probabilmente non lo rifaremo mai, se ci ha creati il padreterno o se ci sono universi multipli o comunque spazi e tempi sconfinati molto più grandi e lunghi di quelli che pensiamo esserci, per cui tirando a sorte abbastanza volte anche l'evento-vita si normalizza.

E no, non sono d'accordo con l'idea che gli scienziati moderni siano tanto diversi da Newton o Einstein perché hanno rinunciato alla verità, la scienza dovrebbe basarsi, e secondo me si basa, sul falsificazionismo popperiano, per cui la verità sì, cambia nel tempo, ma seguire passo passo come cambia la verità ed essere in grado noi stessi di cambiare insieme alla verità è fondamentale, insomma le ipotesi non falsificate vanno prese per vere fino a prova contraria, insomma per cose vere, quindi per cose importanti, non per pezze d'appoggio che fanno quadrare i conti e funzionare le macchinette, e gli scienziati, soprattutto se sono intelligenti, non solo capiscono le implicazioni etiche e filosofiche delle loro teorie, ma ne sono profondamente, e finanche inconsciamente,  influenzati, e no, non cambiano teoria con la stessa facilità con cui cambiano una cravatta, ma ci sono in merito delle resistenze, dei giochi di potere e delle "ibridazioni con il senso comune" incredibili, appunto leggere e capire Kuhn in merito.


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Assolutamente non d'accordo nemmeno con il Wittgenstein citato da Ipazia, che dice qualcosa del tipo:

La vita non sarebbe nemmeno sfiorata quando avremmo risposto a tutte le domande scientifiche

mi dispiace qui per Ludwig, ma, quando avremmo risposto a tutte le domande scientifiche, le implicazioni pratiche e tecnologiche delle risposte che ci saremmo dati stravolgerebbero così tanto la nostra, appunto, vita, da non renderla nemmeno più nemmeno lontanamente riconoscibile come vita umana, ed è assurdo pensare che non ce ne siano, di implicazioni etiche e pratiche, quindi assurdo scindere scienza da tecnologia e tecnica, quindi da potenza, quindi da potere.

E' umano che la scienza diventi tecnologia e quindi stravolga la vita, ed è umano che la conoscenza sia infinita, e quindi la situazione ideale in cui rispondiamo, e rispondiamo correttamente, a tutto al punto da non avere più nulla da chiedere, non si può dare nell'umano, ovvero, sarebbe transumano già  il fatto stesso di aver risposto a tutto, anche solo in un ambito definito della conoscenza/esperienza come quello della scienza moderna, pur rimanendo ignoranti in eventuali altri ambiti, e anche se per assurdo, dalla realizzazione/ideazione sulla totalità, genesi e destino del cosmo, non ne derivasse, nei cinque minuti successivi, nemmeno la tecnologia per aprire meglio un pacchetto di patatine, sempre transumano sarebbe, il fatto stesso di aver risposto a tutto, e non essere più nella condizione di fare scienza.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#119
@Niko.
Condivido abbastanza il tuo bel post, ma insisto sul fatto  che il dramma esistenziale del cambio di paradigma filosofico scientifico che una volta Coin volgeva l'intera umanità non risparmiando l'uomo della strada non è più tale, derubricato al dubbio del singolo scienziato se abbia scelto un area davvero promettente della ricerca scientifica e non abbia invece dedicato la sua vita nel ficcarsi in un vicolo cieco. In questi casi gli scienziati si consolano, non senza ragione, dicendo che i fallimenti non sono meno importanti dei successi, perché in effetti più che apprendere dai fallimenti procediamo per esclusioni, senza però mai accantonare del tutto cio' che  abbiamo escluso.
Non riusciamo a dare risposta ad alcuna delle nostre domande, ma solo a capire perché erano sbagliate, cambiandole.
Quindi più che sbagliate erano inadeguate al contesto,,e cambiano perché cambia il contesto, perché lo stesso porre una domanda lo fa' cambiare.
Che ci piaccia o meno la nostra conoscenza è legata al linguaggio e si evolve con esso, e il linguaggio principe della conoscenza è la matematica, quindi se i matematici hanno smesso di parlare di verità, a noi filosofi non resta che adeguarci, e la falsificabilita' che teneva ancora in piedi il concetto di verità, è solo stata una tappa in questo percorso di adeguamento..
I matematici hanno smesso di dire se è vero questo allora è vero quello, limitandosi a dire che posto questo ne segue quello.
Questo ha avuto conseguenze nichiliste non da poco, se ancora ci lecchiamo le ferite, ma evidentemente c'è una dittatura alla quale alla lunga non riusciamo a sottrarci, quella dei fatti, i quali però possiamo illuderci ci conducano alla fine alla verità solo se pensiamo che, se non la loro sequenza,  sia limitata almeno la loro varietà, così che all'inizio del novecento ci eravamo convinti che si era già scoperto tutto quello che c'era da scoprire, se non per qualche dettaglio da precisare.
Il paradosso della verità consiste nel fatto che il suo raggiungimento equivarrebbe alla fine dell'evoluzione del linguaggio, che equivarrebbe alla fine dell'evoluzione umana , ciò che acquieterebbe il nostro istinto di conservazione .
Il nostro desiderio di essere come definitivo stare, ma una trottola che cade perché smette di girare, è ancora una trottola?

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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