La Verità, questa sconosciuta. Percorso breve per non trovarla.

Aperto da Freedom, 19 Gennaio 2022, 17:26:02 PM

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iano

Citazione di: Mariano il 23 Gennaio 2022, 23:04:06 PM

Volendo in ultimo parlare di "Verità" assoluta, ritengo che non esista, o almeno che non riusciremo mai a definirla.
Cerchiamo di evitare il senso di onnipotenza che dimora in tutti noi. :) 
Ciao Mariano.
Credo che tu abbia centrato il punto.
Ma cosa rimane della verità quando riusciamo a sfrattare l'onnipotenza?
In effetti nei miei post ho provato a rispondere a questa domanda , seppur conscio che non tutto ciò che alberga in noi possiamo sfrattare finché non ne acquisiamo coscienza.
Quindi , nella misura in cui sono riuscito a rendere lo sfratto relativamente esecutivo, quello che ho visto rimanere è un umano bisogno di condivisione, che però forse si può ridire in modo più semplice mettendo momentaneamente da parte la complicazione del bisogno.
Anzi mi è parso di vedere anche che, parlando di definizioni, per quanto riguarda ad esempio la definizione di umanità, è difficile da trovare .
Mi sembra più facile pensare all'unanimità come l'insieme di individui che condividono qualcosa, e che questa condivisione può evolversi, ridefinendo in continuazione l'umanità.
Nella condivisione c'è potenziale unita', quindi possibile individuazione, di modo che possa indicarsi un insieme potenzialmente casuale portando la sua esistenza ad unita' determinata.
Ciò fatto, condendo il tutto con onnipotenza quanto basta, l'umanità diventa una verità.
Il passo successivo è dimenticarsi del processo che ha portato all'umanità, semmai in tal processo avessimo usato coscienza, di modo che la verità dell'umanità la si possa giustificare con l'evidenza.
Ecco dunque che l'umanità inizia ad esistere in quanto tale, e il processo di assolutizzazione è così completato.


In un certo senso la verità ha a che fare con una esigenza umana pratica molto sentita , per cui seppur la verità è qualcosa di costruito, non si può ogni volta richiamare alla coscienza quella costruzione , cio' che equivarrebbe  ogni volta a rimetterla in discussione, inibendo così l'azione.
Sarebbe come se nello sviluppo di una teoria matematica a partire dalle ipotesi decise, queste si mettessero poi continuamente in discussione , rendendone impossibile lo sviluppo.
Ma accorre che l'accordo sulle ipotesi decise regga almeno il tempo che si sviluppi la teoria, che almeno in quel tempo siano una verità.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

atomista non pentito

Citando Kobayashi : Non la tua verità dell'incidente, ne quella del guidatore dell'altra auto, ma ciò che è realmente accaduto in quel tratto di strada. La verità di quell'evento.

La verita' di questo evento sara' verita' per me , per l'altro conducente , per chi era sulle auto , eventualmente  per chi vi ha assistito e per chi dovra' ricostruire l'accaduto ........ certamente non sara' verita' per Te a meno che Tu non faccia parte delle figure di cui sopra , e non sara' comunque mai una verita' , sara' piu' una interpretazione dell'accaduto. Basta vedere cosa , molto piu' banalmente , accade con arbitri / var nelle decisioni inerenti ad una partita di calcio.....

daniele22

Citazione di: bobmax il 22 Gennaio 2022, 12:32:52 PM
Se non esiste la cosa in sé, allora non esiste nulla.

Nemmeno il soggetto, che altro non è che un riflesso della cosa in sé.

Quindi va benissimo ipotizzare che la cosa in sé non esista, ma poi occorrerebbe trarne le dovute conseguenze...

Che la cosa in sé non esista... è comunque necessario.

Necessità squisitamente etica.


Prendo spunto dal primo enunciato di bobmax e lo modfico a mio piacimento, soprattutto perchè non so se a bobmax sia nota una definibile sostanza del sostantivo.


Dico pertanto: se non esiste la cosa in se', o la cosa "per noi" dato che Ipazia ha corretto giustamente tale definizione  di "cosa in sè", allora ha senz'altro ragione bobmax nel dire che esiste solo il nulla. Ma "tra la cosa in se" e la "cosa per noi" sussiste un differenza fondamentale che fa divenire l'enunciato di bobmax quello che enuncio io: se non esiste "la cosa per noi" allora esiste solo il morto.


Parlando di superuomo intendo dunque: Se personaggi come Gesù sono considerati come esempi di superuomo, allora lo spirito di Nietzche può considerarsi ancora in vita, altrimenti è morto

iano

Citazione di: daniele22 il 24 Gennaio 2022, 11:13:23 AM
Citazione di: bobmax il 22 Gennaio 2022, 12:32:52 PM
Se non esiste la cosa in sé, allora non esiste nulla.

Nemmeno il soggetto, che altro non è che un riflesso della cosa in sé.

Quindi va benissimo ipotizzare che la cosa in sé non esista, ma poi occorrerebbe trarne le dovute conseguenze...

Che la cosa in sé non esista... è comunque necessario.

Necessità squisitamente etica.


Prendo spunto dal primo enunciato di bobmax e lo modfico a mio piacimento, soprattutto perchè non so se a bobmax sia nota una definibile sostanza del sostantivo.


Dico pertanto: se non esiste la cosa in se', o la cosa "per noi" dato che Ipazia ha corretto giustamente tale definizione  di "cosa in sè", allora ha senz'altro ragione bobmax nel dire che esiste solo il nulla. Ma "tra la cosa in se" e la "cosa per noi" sussiste un differenza fondamentale che fa divenire l'enunciato di bobmax quello che enuncio io: se non esiste "la cosa per noi" allora esiste solo il morto.


Parlando di superuomo intendo dunque: Se personaggi come Gesù sono considerati come esempi di superuomo, allora lo spirito di Nietzche può considerarsi ancora in vita, altrimenti è morto
Anche quando non si ammetta l'esistenza della cosa in se', come io faccio, non nego però che la cosa in se' tale appaia, e che come tale la posso trattare, ma non volendomi fermare a tale apparenza, la spiego con la mancata coscienza della sua costruzione, possibilità che evidentemente Bobmax si rifiuta di prendere in considerazione.
Nella misura in cui non abbiamo relativa coscienza della costruzione, in diverso grado di evidenza perciò l'essere ci appare, ma per Bobmax evidentemente prendere in considerazione questo diverso grado non è importante, perché per lui è tutto o nulla, ed eventualmente le due cose insieme.
L'essere come costruzione in relazione al diverso grado di intervento della coscienza, e/o della memoria che se ne conserva, spiega appunto il diverso grado di evidenza/ concretezza, con cui l'essere ci appare, e io credo che ci si possa accontentare , se si spiega quella verità che è per noi, senza spiegare il noi.
Quantomeno ho così messo in evidenza che possa essere utile considerare un processo come il suo contrario, apparendomi cose diverse da quelle in se' che parimenti ed in modo utile posso trattare.

Se spiego attraverso la coscienza l'apparenza della verità, non posso poi spiegare l'essere cosciente a partire dalla verità, perché la ragione ha questi limiti.
Trovare una spiegazione alternativa, se non migliore ha per me un valore funzionale, e il meglio, la ricchezza acquisita sta in questa diversificazione.
Comprendere come si costruisca l'essere non ha ovviamente il valore di una verità definitiva, perché posso decostruire ciò della cui costruzione ho preso coscienza, e posso poi ricostruirlo.
Comprendere qualcosa significa proprio questo, possederne le istruzioni di montaggio del giocattolo , per acquisire le quali a volte, avendone perso memoria, occorre smontarlo.
La piena comprensione del pensiero altrui ad esempio là si ottiene quando per vie indipendenti lo si riesce a riprodurre uguale.
La ragione serve, ma serve anche un processo di immedesimazione.
Ciò che si condivide dunque non e una verità, ma un possibile percorso comune, che da' agli uomini una coerenza che chiamiamo umanità.
Si può scegliere se le cose abbiano una esistenza in se', o se vengano definite da un percorso .
Una cosa non è più vera dell'altra, ma abbracciare una cosa o l'altra non è indifferente e non è vietato abbracciarle a turno entrambe. Per interagire con la realtà è richiesta una coerenza, che può essere anche parziale, limitata a un tempo definito , nell'arco del quale viga una immutabile verità .
A me pare che questo di fatto noi facciamo, laddove se la cita richiede coerenza, noi ne vivamo tante, e in virtù di ciò siamo in grado di immedesimarci nella vita degli altri, perché quell'altro noi siamo stati, o possiamo provare ad essere.
Il noi che Bobmax vorrebbe spiegare come cosa in se', contiene , come disse il poeta, moltitudini.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: daniele22 il 24 Gennaio 2022, 11:13:23 AM
Prendo spunto dal primo enunciato di bobmax e lo modfico a mio piacimento, soprattutto perchè non so se a bobmax sia nota una definibile sostanza del sostantivo.

Dico pertanto: se non esiste la cosa in se', o la cosa "per noi" dato che Ipazia ha corretto giustamente tale definizione  di "cosa in sè", allora ha senz'altro ragione bobmax nel dire che esiste solo il nulla. Ma "tra la cosa in se" e la "cosa per noi" sussiste un differenza fondamentale che fa divenire l'enunciato di bobmax quello che enuncio io: se non esiste "la cosa per noi" allora esiste solo il morto.

Non vi è alcuna differenza tra "l'esistenza della cosa in sé" e "l'esistenza della cosa per me" (non è mai un per noi ma sempre un per me).

Perché l'esistere è sempre e solo per il soggetto: me stesso.

Ciò premesso, condivido pienamente:
Citazione
se non esiste "la cosa per noi" allora esiste solo il morto.

Questa osservazione è cruciale!

Esiste solo il morto.

Ma adesso, che si rivela morto, ossia vuoto meccanismo... vi è comunque amore oppure no?

Amo questo morto, che è sempre stato morto, oppure rinnego il mio amore perché era stato solo il frutto di una illusione?

E l'amore che ricevevo dal morto era anch'esso illusione?

Ma davvero ho bisogno del vivo per amare ed essere amato?

Non è invece il vivo solo una opportunità offertami per favorire questo amore, ma in sostanza inessenziale?

Davvero ho bisogno di qualcosa di concreto per amare ed essere amato?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

@ Bobmax.
Se l'amore è sintonia si può provare anche per qualcosa di inanimato, ma mancherebbe di reciprocità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: iano il 24 Gennaio 2022, 14:03:12 PM
@ Bobmax.
Se l'amore è sintonia si può provare anche per qualcosa di inanimato, ma mancherebbe di reciprocità.

Non penso sia sintonia.

E certamente non vi è reciprocità.

Infatti non è uno scambio, non vi è rapporto. Anche se si dice "rapporto d'amore", il rapporto in sé non è amore.

L'amore è annullamento.
Vi è solo l'amato.

E a ben guardare... non vi è neppure l'amato!

Vi è solo Amore.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Mariano

@freedom
Grazie della risposta Freedom, condivido i tuoi pensieri ma non la tua definizione di Verità assoluta.
Io penso che noi siamo l'insieme indissolubile di due entità che a volte si contrappongono: una razionale e l'altra emotivo/sentimentale.
Con la ragione potremo riuscire a capire (in senso logico) come funzionano le cose ed il perchè funzionale; solo con il sentimento e l'immaginazione potremo capire (in senso intimo ) il perchè  esistenziale.
Faccio un esempio: se avvertiamo un dolore possiamo conoscerne gli effetti e capirne le cause, ma non capire perchè il dolore esista.
Mi rendo conto che anch'io non ho una definizione della verità assoluta come di qualunque altro concetto assoluto e mi arrendo, contentandomi di credere nelle mie opinioni contagiate da tutti gli input esterni e costantemente da rivalutare.
La Filosofia ritengo che potrebbe tentare di dare una risposta, ma solo abbandonando la dialettica.

Ipazia

La cosa è "per noi" perchè attraverso il linguaggio, ovvero una coscienza comune e trasversale, la cosa acquista significato ed è comunicabile. L'acquisizione della realtà del cucciolo umano va di pari passo con la lingua che la nomina. E dopo averla nominata la indaga, studia e ne determina i limiti (determinatio est negatio). Il fondamento dell'universo antropologico è il logos, come posto dall'evangelista Giovanni, correggendo la sua impostazione che estende oltre la dimensione antropologica il concetto.

Se le risposte della scienza non dicono nulla alle domande della nostra vita (LW) è altrettanto vero che le domande della nostra vita non dicono nulla alle risposte che sono oggetto della ricerca delle scienze naturali. Il dualismo uomo/natura va rispettato nella rispettiva autonomia se non si vogliono fare pasticci metafisici.

L'etica è tutta all'interno dell'universo antropologico e non procede di padre in figlio ma nel superamento delle prerogative del padre. La civiltà è storia di parricidi, nel corpo e nello spirito. Quindi direi che l'obiezione di viator è infondata. Ogni stadio evolutivo deve ristrutturare le proprie coordinate etiche sulla base della realtà del momento, con pietre d'inciampo antichissime, antiche e nuove. Con questioni già risolte, almeno nella teoria delle buone pratiche etiche, e questioni inedite da sbrogliare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Freedom

Citazione di: Mariano il 24 Gennaio 2022, 16:02:53 PM
Con la ragione potremo riuscire a capire (in senso logico) come funzionano le cose ed il perchè funzionale; solo con il sentimento e l'immaginazione potremo capire (in senso intimo ) il perchè  esistenziale.
Faccio un esempio: se avvertiamo un dolore possiamo conoscerne gli effetti e capirne le cause, ma non capire perchè il dolore esista.
Prima o poi, ragione e sentimento, devono accordarsi. Se si tende al raggiungimento di un insieme armonioso. E dentro ognuno di noi c'è un desiderio di armonia, di felicità, inestinguibile. Il fatto che sia così difficile da raggiungere non ne inficia la presenza.

Il dolore che hai citato, è uno dei più grandi misteri della nostra vita. Forse il più grande dopo quello della morte. Ed il capire perché esista è subordinato al comprendere i grandi perché e percome dell'esistenza.

Mi rendo conto che l'impresa è ardua, forse impossibile, ma senza patemi, ansie e quant'altro, a me pare che valga la pena di essere tentata. Poi, per carità, nella libertà ognuno fa quello che vuole. Resta comunque per me difficile capire perché parlare d'altro se il tema è questo. Parlarne o non parlarne. Queste le scelte possibili.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

viator

Salve Mariano. Citandoti : "Mi rendo conto che anch'io non ho una definizione della verità assoluta come di qualunque altro concetto assoluto e mi arrendo".

Bravo. Esercizio di umiltà l'arrendersi, soprattutto davanti al fatto che L'Assoluto è sostantivo e concetto (astratto) rigorosamente singolo, privo di rumorose e variopinte compagnie quali la Verità, la Certezza, le Virtù e via con decine di migliaia di altri sostantivi che i sempliciotti vorrebbero accompagnati dall'aggettivo inesistente ("assoluto"......).

Di verità relative è ovviamente pieno il mondo, ma chi ha aperto questa "discussione" ovviamente non vuole rendersene conto. Coloro che credono in qualcosa di assoluto che possa coinvolgere la condizione umana sono solamente quelli che credono in un qualche Dio, della cui assolutezza vorrebbero assolutamente partecipare. Altrimenti, Dio, che ci avrebbe creati a fare ??. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

Citazione di: Mariano il 24 Gennaio 2022, 16:02:53 PM
@freedom
Grazie della risposta Freedom, condivido i tuoi pensieri ma non la tua definizione di Verità assoluta.
Io penso che noi siamo l'insieme indissolubile di due entità che a volte si contrappongono: una razionale e l'altra emotivo/sentimentale.
Con la ragione potremo riuscire a capire (in senso logico) come funzionano le cose ed il perchè funzionale; solo con il sentimento e l'immaginazione potremo capire (in senso intimo ) il perchè  esistenziale.
Faccio un esempio: se avvertiamo un dolore possiamo conoscerne gli effetti e capirne le cause, ma non capire perchè il dolore esista.
Mi rendo conto che anch'io non ho una definizione della verità assoluta come di qualunque altro concetto assoluto e mi arrendo, contentandomi di credere nelle mie opinioni contagiate da tutti gli input esterni e costantemente da rivalutare.
La Filosofia ritengo che potrebbe tentare di dare una risposta, ma solo abbandonando la dialettica.
Evidentemente nin basta conoscere cause ed effetti, ma bisogna anche prenderli fattivamente in considerazione, e quanto seriamente dobbiamo farlo , senza limitarci alla loro pura contemplazione, ciò a cui serve secondo alcuni  la verità, c'è lo indica la scala del dolore, che immagino quindi si possa evitare  in parte, ponendovi innanzi la nostra preventiva  considerazione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: viator il 24 Gennaio 2022, 17:51:30 PM
Salve Mariano. Citandoti : "Mi rendo conto che anch'io non ho una definizione della verità assoluta come di qualunque altro concetto assoluto e mi arrendo".

Bravo. Esercizio di umiltà l'arrendersi, soprattutto davanti al fatto che L'Assoluto è sostantivo e concetto (astratto) rigorosamente singolo, privo di rumorose e variopinte compagnie quali la Verità, la Certezza, le Virtù e via con decine di migliaia di altri sostantivi che i sempliciotti vorrebbero accompagnati dall'aggettivo inesistente ("assoluto"......).

Di verità relative è ovviamente pieno il mondo, ma chi ha aperto questa "discussione" ovviamente non vuole rendersene conto. Coloro che credono in qualcosa di assoluto che possa coinvolgere la condizione umana sono solamente quelli che credono in un qualche Dio, della cui assolutezza vorrebbero assolutamente partecipare. Altrimenti, Dio, che ci avrebbe creati a fare ??. Saluti.
Giusto, ma io aggiungerei che la fede stessa nella verità è un atto di creazione perché non ha conseguenze indifferenti sulla realtà. In un certo senso mi pare che la fede in qualcosa, abbracciata, o comunque posseduta senza saperlo,
sia indispensabile ad un agire che possa dirsi sufficientemente coerente da essere rilevato come tale.
Quello che non va' bene è l'attributo di eternità, come se eterna fosse una azione basata sulla verità, eticamente giusta,, come l'eterno stare in paradiso, a fare sempre la stessa cosa, cioè nulla, contemplando l'eterna verità.
Non ho difficoltà ad ammettere che vi siano verità, ma non fuori di me, e non eterne, ma che si possono cambiare.
Se tutti in vario modo parliamo di verità, in qualche misura essa agisce dentro ognuno di noi, ma meglio sarebbe sempre , come ben dici, condire il tutto con un poco di umiltà.
Io sono ben consapevole che in me agiscono delle illusioni funzionali, ma nella misura in cui ne sono cosciente evito di elevarle a sistema universale, e nella misura in cui consapevole non sono esercito la buona abitudine del dubbio, ma anche questo senza esagerare.

Perché se la verità è potenzialmente  funzionale all'azione il dubbio è il suo freno,e bisogna quindi dosare bene le due cose, secondo come i saggi o l'esperienza ci insegnano.
Paradossalmente , se la verità assoluta  si potesse conoscere, per poterla ottenere , siccome ci tocca  procedere per errori, però gli è che possiamo procedere solo possedendo gia' una verità , perché senza possedere l'illusione di una verità non porteremmo avanti alcuna azione, che possa dirsi tale, se non a conseguenza appunto del possedere quella verità.
Noi possiamo continuare a ben agire in effetti seconda una data verità, anche quando a posteriori abbiamo compreso che le nostre azioni non erano  basate su una verità assoluta, essendo stata  confutata .
Possiamo quindi continuare ad agire se lo riteniamo utile  anche solo fingendo la verità.
Ma a qualche verità, assoluta, consapevolmente abbracciata o inconsaoevolemente subita, e perfino finta, ci bobbiamo aggrappare.
Così possiamo ancora agire secondo la legge di gravità di Newton fingendo ancora di porre come vere le sue premesse, che però Einstein ha confutato.
La vera genialità di Newton secondo me è stata nel porre alla sua teoria ipotesi che dimostravano di funzionare, ma a cui lui stesso non credeva.
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Ipazia

Citazione di: iano il 24 Gennaio 2022, 18:25:02 PM
Possiamo quindi continuare ad agire se lo riteniamo utile  anche solo fingendo la verità.
Ma a qualche verità, assoluta, consapevolmente abbracciata o inconsaoevolemente subita, e perfino finta, ci bobbiamo aggrappare.
Soprattutto ci dobbiamo aggrappare alla verità vera quando ci sporgiamo nel vuoto per cercare di falsificare la legge di gravità...
CitazioneCosì possiamo ancora agire secondo la legge di gravità di Newton fingendo ancora di porre come vere le sue premesse, che però Einstein ha confutato.
La vera genialità di Newton secondo me è stata nel porre alla sua teoria ipotesi che dimostravano di funzionare, ma a cui lui stesso non credeva.
... o i meriti di Newton e della sua teoria della gravitazione universale ripristinando la verità storica e scientifica in una discussione sulla verità da ritrovare, piuttosto che no.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Quando si pensa alla scienza come potenziale portatrice di verità, in quanto basata sui fatti, sembra che questa verità possa essere assoluta se assoluti sono i fatti, ma tralasciando anche il fatto che essi siano relativi all'osservatore uomo, e ai fini della verità assoluta non cambia nulla se possiamo ascriverli all'unanimità, perché condivisibili dagli uomini grazie allo loro ripetitività, i fatti però non saranno mai assoluti, perché non saranno mai completati.
Ci si può anche illudere che all'aumentare dei fatti progrediamo verso la verità, ma in tal caso l'assolutezza della verità cui tendiamo, per quanto non raggiungibile, non avendo fine i farri, si baserebbe comunque sulla fede di un processo al limite, per cui l'assolutezza cercata della verità è sempre già' posta innanzi, a dimostrazione del fatto che porla sia indispensabile all'azione, la quale azione se potessimo davvero portarla al limite, nin potrebbe dimostrare altro che ciò da cui siamo partiti.
L'unica spinta alla ricerca della verità è il non sapere di possederla già, perché non si potrebbe procedere senza averla prima posta.


Permettetemi adesso una chiusura, poetica, se va' bene.
In tutte le nostre diverse filosofie troviamo una difficoltà comune che risiede nel definire l'osservatore, chi noi siamo.
Potremmo definirci come parte della realtà che con essa collide , perché siamo quella parte ribelle della realtà che suppone di essere la realtà intera, comprendendola,e noi esistiamo in virtù di questa finzione che chiamiamo verità, se queste verità mostrano solo di essere un modo di sbatterci nella realtà, e in questo sbattimento, quando ne usciamo vivi, progrediamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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