La Verità, questa sconosciuta. Percorso breve per non trovarla.

Aperto da Freedom, 19 Gennaio 2022, 17:26:02 PM

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Freedom

Penso che la prima cosa da fare per ricercare la Verità sia definirla.

E già questo primo passaggio mi pare che comporti difficoltà quasi insormontabili. Cos'è la Verità? Temo che ognuno abbia la sua. E' interessante che persino Gesù, interrogato da Pilato, preferisca tacere. E dire che di cose ne ha rivelate (alcune condivisibili o quantomeno logicamente affrontabili e conoscibili) ma quella lì no. O meglio afferma di essere lui stesso la Verità ma questo ha valore solo per chi crede in lui. Ma in ogni caso noi siamo nella sezione Filosofia e dunque non spegne la nostra sete di conoscenza.

Però il problema di definirla rimane. E non credo che senza risolvere questo enigma si possa procedere oltre. E bisogna stare ben attenti nella definizione.

Una volta lessi da qualche parte che, all'interno delle sette chiese di Bologna (in via Santo Stefano), c'era uno dei presepi più antichi della storia cristiana. Forse il più antico in assoluto. Andai in visita per vedere quel presepe. Giravo e rigiravo quelle chiese, imparai a memoria ogni anfratto, chiesi ma non trovavo quel presepe. Passarono ore, non volevo rinunciare! Ma alla fine, sconfitto, me ne andai.

Poi, non rassegnato, ritornai. Non ricordo chi mi aiutò ma qualcuno certamente lo fece e scoprii che quel presepe era del tutto diverso da quello che mi aspettavo. Da quello che mi ero raffigurato. Era diversissimo dalle rappresentazioni moderne alle quali siamo più o meno tutti abituati. Non essendo io uno studioso di storia dell'arte e, evidentemente, nemmeno dotato di intuito sufficiente :D  non lo avevo trovato. Nemmeno ci ero andato vicino. Eppure c'era tutto quello che che ci doveva essere in un presepe!

Insomma è difficile trovare la verità se nemmeno sai com'è fatta, cos'è, come funziona, etc.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

iano

#1
Ciao Freedom.
Come ben dici dovremmo far precedere il parlare di verità dalla sua definizione, perche' non si potrebbe cercare qualcosa che non si sa' dire, ma il rischio è che poi nin si riesca a trovare nulla di diverso da ciò che si è detto, se non in diversa forma.
Più che di verità  soggettive, che sarebbero una contraddizione in termini, ammetterei la coesistenza di diverse definizioni, ammettendo diversi gradi di verità.
Una verità di massimo grado la definirei come indipendente dall'osservatore, senza aggiungere altro, perché qualunque altra cosa aggiunga l'osservatore la renderebbe dipendente da esso.
Ma questa definizione apparentemente scarna ed essenziale contiene già una ipotesi nascosta, che vi sia un osservatore distinto del tutto dall'osservato.
Mi chiedo quindi se possa esistere una definizione di verità che non parta gia' dall'affermazione di una verità, dalla quale quella si possa poi derivare. . Se una tale definizione non si trova dovremmo astenerci dal cercare verità, se non di più basso grado, quelle logiche che anche un computer sa' trovare.
Quando ci sembrerà di possedere una verità assoluta non ci resterà  allora che cercare l'ipotesi nascosta.
Io credo che la nostra ricerca possibile quindi non possa andare oltre ciò .
Non si giunge quindi ad una verità, ma si parte da una verità e si va' alla ricerca di ciò che l'ha generata.
Si tratta di smascherare cio' che appare ovvio, consapevoli del fatto che le ipotesi agiscono anche quando non sappiamo di averle poste.


In un certo senso se trovassimo la verità, essendo andati alla sua ricerca grazie ad una sua soddisfacente definizione operativa, paradossalmente dovremmo poi ammettere che ciò cui siamo arrivati è ciò da cui siamo partiti.
Questo in effetti è il percorso, l'unico possibile a mio parere, che ci propone la matematica, e quindi io in subordine mi accontenterei di capire a cosa sia dovuta il suo efficace riscontro nella pratica fisica.


Il teorema di Pitagora non è una verità che aggiunga nulla all'essenza di un triangolo rettangolo
Perché il teorema sia vero è necessario e sufficiente che esitano i triangoli rettangoli.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Io direi con Socrate che per trovare la verità occorre conoscere se stessi, perché solo noi fino a prova contraria possediamo quel concetto, e non ci conosciamo abbastanza da averla trovata, benché io proponga che essa si sostanzi nella nostra capacità di far agire in noi ipotesi nascoste, e perciò non confutabili, se ad esempio si sceglie come definizione di verità ciò che non si possa confutare...finché nin emerge in noi in un processo di evoluzione in cui ci esplicitiamo, confutandoci.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

#3
buonasera Freedom e ben ritrovato. A proposito della verità, penso che si debba fare, preliminarmente, una distinzione fra verità fisiche e verità etiche, che corrispondono grossomodo alla physis e alla metaphysis ellene. Che il sole girasse intorno alla terra è stata una verità, insegnata nelle più illustri università europee fino al XVII secolo e oltre. In seguito questa verità è stata sostituita da un'altra verità che è apparsa più plausibile e confortata da dimostrazioni sperimentali e concettuali. Ciò ci ha permesso di avanzare nella conoscenza e spiegazione di innumerevoli fenomeni astronomici. A questa verità si sono accumulate tante altre verità successive, come ad esempio, quella per cui, il sole a sua volta, insieme a tutto il sistema solare, ruota attorno a Sagittarius A, il buco nero al centro della galassia, in circa 230 milioni di anni. Che la melanconia fosse causata dalla bile del fegato è stato creduto per alcuni millenni, ma anche in questo caso a quella verità si è sostituita una verità alternativa, per la quale la melanconia è causata da fattori ambientali e genetici, che si condizionano reciprocamente e si trasmettono fra le generazioni. Le verità scientifiche (che qui ho chiamato "fisiche" per puro gusto retorico), ben lungi dall'essere permanenti, hanno lo status di ipotesi valide fino ad una futura sempre possibile falsificazione. Quindi forse non possono neppure essere definite verità nel senso stretto del termine.


Le verità etiche a loro volta vanno classificate in almeno due categorie, le verità etiche sulle grandi domande e le verità etiche personali. Le prime riguardano più il tema della giustizia che della verità, ovvero se è giusto differenziare la ricchezza, punire i colpevoli, permettere l'aborto, l'eutanasia, il voto democratico, la libera espressione o gli esperimenti medici sugli animali e tutte le illimitate domande di questo genere.
La verità etica personale riguarda invece la possibilità che il singolo individuo sia "autentico", in buona fede con sè stesso e con gli altri, incorrendo in errori e falsità solo per incomprensioni, dimenticanze, equivoci ma senza incorrere in meccanismi di strategia sofistica, ovvero strumentale e manipolatoria.


Rispetto alla verità si possono sintetizzare simbolicamente due visioni contrapposte, tramite due note figure. La prima è quella di Ulisse, che pur sottoposto a mille prove e duelli con le forze divine, tende, nel suo cammino umano a tornare a Itaca, ovvero alla sua "limitata" e fisica verità. La seconda è quella di Cristo, che pur sottoposto a mille prove e duelli con le forze della civiltà e della storia, tende a tornare nell'Eden, ovvero nella sua "illimitata" e metafisica verità. Eppure, Cristo, nella sua metafisicità di fondo, espone una visione legata alla massima autenticità personale, mentre Ulisse, al contrario, nella sua fisicità, è l'eroe delle astuzie e delle strategie manipolatorie. E' possibile allora, e sarebbe bello se davvero fosse così, considerare la nostra cultura come la mescolanza di elementi provenienti da Ulisse nella sua ricerca del vero nella physis e di elementi provenienti da Cristo, nella sua ricerca dell'autentico nei rapporti fra uomo e uomo.
La storia umana, nel frattempo, nella sua continua ricerca ha mescolato le due posizioni, nelle più diverse gradazioni, rendendo possibile un Ulisse metafisico e un Cristo fisico, ma nel fondamento, spogliati di tutti gli attributi culturali successivi, la distinzione ha una sua validità, al di là della sua costruzione un pò retorica e tenendo presente come il rapporto fra queste due figure sia comunque complesso e ambivalente.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Nella ricerca della Verità, provare a definirla è invece la prima cosa da non fare.

Perché provandoci, la ricerca è già abortita.

Giustamente Gesù tace.
Non può che tacere.

Riguardo alla Verità può solo affermare di essere la Verità!

Difatti, Essere è Verità.

O vogliamo forse dubitare che l'Essere non sia lo stesso Esser Vero?
Non è questo stesso dubbio un non pensiero?

De-finire vuol dire mettere dei limiti, rendere finito, determinato.
E appunto in quanto delimitato... conosciuto, posseduto.

Volendo definire vogliamo in sostanza possedere.

Assurdità!

Perché è la Verità a possederci, TOTALMENTE.

Nel senso,  che noi La siamo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Bob. Posizione rispettabilissima la tua ma assolutamente non adeguata, secondo me. Definire significa delimitare, giudicare e discernere oltre che "meramente" possedere. Banalmente, se un omicida dopo aver ucciso, dichiara di essere innocente, si pone in una posizione "non vera" indipendentemente dal dire che la verità è essere. La notte dove tutte le vacche sono nere, è poco esplicativa del pensiero occidentale con i suoi pro e contro.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

@Jacopus.
Nella esaustiva carrellata che hai fatto sulle verità di diversa specie e grado aggiungerei come collante la condivisibilita',
perché non è tanto che si debba escludere che la verità possa essere soggettiva, ma che si parla di verità riferendosi a cosa condivisa, della quale poi si può trovare prova contraria parimenti condivisa.
E non sto così chiamando  l'intersoggettivita' come testimone di verità ,a scanso di equivoci, ma sto richiamando il valore sociale della verità, dove la fisica riguarda ciò che si può fare insieme, e l'etica ciò  si decide di fare insieme.
La scienza non a caso pone l'accento sulla ripetitività e sull'etica si fondano le società..
È ammessa anche l'azione individuale isolata, ma semplicemente , in mancanza di discepoli, nessuno parlerà di verità, ne' del suo profeta.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve freedom. Non credo proprio che sarai d'accordo con me nel definire la verità come "ciò in cui si crede".

Troppo semplice, facile, surreale, vero ?? Però sono anche sicuro che ne tu nè altri potrete confutare la definizione soprastante (stavolta sono io a risultare sfacciatamente vanitoso ed ingenuo, vero ?).

Rifletti un poco : hai mai conosciuto qualcuno che non consideri vero ciò in cui crede ?
Se qui ci fosse qualcuno che non considera vero ciò in cui crede.......bene, si faccia avanti e cerchi di fornire la "falsificazione" (orrendo termine scientifico e filosofico di eccelso successo qui dentro) della mia definizione. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus




Buonasera Iano. Anche il tuo punto è importante. Non a caso un principio per affermare la scientificità di un dato è la sua accettazione da parte della comunità scientifica di riferimento, che funziona un pò come un tribunale "diffuso" sull'argomento sottoposto all'attenzione. Fatte le debite attenzioni va, però, nuovamente ribadita la distinzione fra verità "fisica" e verità "etica". Infatti nel primo caso è difficile trovare argomenti a contrario rispetto al fatto che la forza di gravità è una realtà "vera". Anche nel caso in cui non vi fosse condivisione e gli scienziati pensassero che la gravità sia causata da una potente calamita posta sotto il monte Bianco, sarebbe sempre la massa del pianeta Terra a determinare la forza di gravità. Quella realtà esiste indipendentemente da come viene descritta. Nel campo "etico" invece non è così semplice trovare un criterio "veritativo" valido "erga omnes", come dicono i guristi. E non sempre la condivisibilità è un criterio valido, basti pensare all'enorme consenso che avevano i regimi totalitari nel XX secolo. Il fatto che fossero condivisi significava che fossero veri (giusti)? Qui, in campo etico, siamo nel pieno del dilemma maggioranza/minoranza che affligge l'umanità a partire, come minimo, dall'Illuminismo (e se prendiamo per buona la dialettica dell'Illuminismo di Adorno, allora dobbiamo retrodatare fino alla Grecia Classica).
Ho provato spesso ad interrogarmi su questo dilemma e l'unica soluzione che mi sembra plausibile per quanto idealistica è quella di una sorta di scelta platonica "allargata", ovvero una pedagogia della conoscenza il più ampia possibile e non solo applicata dal filosofo agli aristoi, come riteneva, appunto, Platone. Solo attraverso una conoscenza pedagogica, ovvero non una conoscenza "tecnica" ma una conoscenza etica, allargata al più ampio strato della popolazione, si potrebbe pensare che il criterio della intersoggettività e della condivisione possa avere un nesso con la ricerca di una verità etica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: Freedom il 19 Gennaio 2022, 17:26:02 PM
Penso che la prima cosa da fare per ricercare la Verità sia definirla...
Insomma è difficile trovare la verità se nemmeno sai com'è fatta, cos'è, come funziona, etc.

Non è che qualcuno non ci abbia provato prima di noi.

La definizione in cui mi ritrovo di più è la tomistica: adaequatio rei et intellectus.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Citazione di: Jacopus il 19 Gennaio 2022, 21:24:29 PM
Fatte le debite attenzioni va, però, nuovamente ribadita la distinzione fra verità "fisica" e verità "etica". Infatti nel primo caso è difficile trovare argomenti a contrario rispetto al fatto che la forza di gravità è una realtà "vera". Anche nel caso in cui non vi fosse condivisione e gli scienziati pensassero che la gravità sia causata da una potente calamita posta sotto il monte Bianco, sarebbe sempre la massa del pianeta Terra a determinare la forza di gravità. Quella realtà esiste indipendentemente da come viene descritta.
Qui ritorni però alla tendenza all'oggettivazione della scienza.
L'unica cosa che esiste e continuerà a esistere è il fenomeno della caduta di una cosa.
La spiegazione scientifica di tale fenomeno, ovvero che la massa della Terra esercita una forza di attrazione, è un'interpretazione che nel futuro sarà sostituita da altri racconti, in concomitanza con cambi di paradigma della fisica.
Ciò che conta per la scienza è la validità operativa della formula. Questa rimarrà anche dopo eventuali cambi di paradigma. Ma una formula non è una spiegazione, non è l'esposizione del significato del fenomeno che si sta studiando.
Questo per dire quanto la scienza sia contemporaneamente potente nel calcolo e ottusa nella comprensione.

Secondo me il problema dell'ambiguità del concetto di verità sta nel fatto che tradizionalmente la ricerca del sapere si è svolta cercando di capire che cos'è un certo fenomeno, che cos'è la sua essenza.
E i fenomeni apparentemente permanenti dovevano avere per forza un'essenza altrettanto permanente. Quindi eterna, universale etc.
I greci, che hanno sviscerato la cosa fino alla follia, avevano però una concezione del tempo ciclica. Erano ossessionati dal rapporto divenire-essere, cioè dal rapporto tra il continuo processo di trasformazione della natura e il fatto che da essa continuino a venir fuori cose identiche (o meglio simili).
Con la tradizione giudaico-cristiana ci siamo abituati alla concezione lineare del tempo, e all'idea di sviluppo, di evoluzione.
Questo ha avuto un impatto sia per quanto riguarda il modo di interpretare la storia che la natura. Ora "sappiamo" che i modi di vivere hanno subito radicali cambiamenti, e non c'è nulla che faccia pensare che non possano continuare a mutare.
Ora "sappiamo" che la natura stessa, le sue forme, sono cambiate nel corso dei millenni, e che continueranno a farlo.
Ma nello stesso tempo abbiamo a che fare con un concetto di verità che nel tempo ha accumulato varie stratificazioni, e continua a mantenere in se' quel rimando alle essenze eterne accanto all'accezione relativamente recente di interpretazione (personale o genericamente pubblica, convalidata dal sapere pubblico).

Kobayashi

Citazione di: viator il 19 Gennaio 2022, 19:02:28 PM
Salve freedom. Non credo proprio che sarai d'accordo con me nel definire la verità come "ciò in cui si crede".

Troppo semplice, facile, surreale, vero ?? Però sono anche sicuro che ne tu nè altri potrete confutare la definizione soprastante (stavolta sono io a risultare sfacciatamente vanitoso ed ingenuo, vero ?).

Rifletti un poco : hai mai conosciuto qualcuno che non consideri vero ciò in cui crede ?
Se qui ci fosse qualcuno che non considera vero ciò in cui crede.......bene, si faccia avanti e cerchi di fornire la "falsificazione" (orrendo termine scientifico e filosofico di eccelso successo qui dentro) della mia definizione. Saluti.

Mi sembra una semplice tautologia.
È chiaro che se si ritiene vera una certa cosa tale giudizio è accompagnato da fede, da fiducia, da credenza.
E viceversa, non si può avere fede senza che la cosa in cui si crede sia giudicata vera.
Rimane però del tutto inspiegato in che senso va inteso quel giudizio di verità.
O meglio, sembra che nella tua posizione sia implicita l'idea che verità sia l'accordo tra la propria rappresentazione di una certa cosa e la realtà.
Ma questa concezione lascia a sua volta aperta che cosa si debba intendere per realtà. O meglio, sappiamo che esistono cose etc., ma la domanda è se la singola cosa abbia una sua struttura oggettiva che con pazienza sarà avvicinata sempre di più dalle nostre rappresentazioni, oppure no, e semplicemente quelle che ci sembrano rappresentazioni adeguate rispondono invece a diversi interessi, a interessi scientifici, operativi, pratici, artistici etc.

iano

Io vedo nell'esigenza di verità l'esigenza  di tener ferma una convinzione per un tempo sufficiente, meglio se dandone una definizione, per valutarne le conseguenze. E' di fatto questo il modo che abbiamo di interagire con la realtà, mandando avanti l'immaginazione. È un processo non necessariamente cosciente, per cui non sempre si possiede una chiara definizione, senza che ciò ne impedisca la condivisione. Quando funziona, ciò che abbiamo immaginato diventa ciò che vediamo espellendo la coscienza dal processo perché lo appesantirebbe inutilmente, di modo che la visione ci appare immediata,fin quando non si presenterà l'esigenza di disvelare nuovamente il processo per poterlo rivedere.
Quando ci confermiamo a vicenda una certa cosa, dicendo che è vero che etc..., significa che condividiamo qualcosa, anche quando non sappiamo dire come.
L'aleteia greca , come disvelamento, mi sembra perciò appropriata a descrivere la verità, ma non si tratta propriamente di togliere un velo una volta per tutte, ma di prender relativa coscienza del processo di condivisione che ci fa' concordare su cosa sia vero, quando è scaduto il tempo in cui tener ferma la cosa, perché mandando avanti l'immaginazione noi proseguiamo.
L'impresa scientifica, ma più in generale quella umana, è prima di tutto un percorso comune, perché è l'azione comune stessa a definire l'umanità, e non il suo aspetto esteriore, che eventualmente per conseguenza dell'azione comune si conformerà. Ma questa azione comune può aversi solo in base ad un accordo, che tanto più somiglia a verità, quanto più facile è raggiungere l'accordo, perché è tanto più facile quanto meno lo si è potuto discutere e sviscerare.
Cosi' nel procedere ci sembra di passare da una verità all'altra, ma si passa da un accordo ad altro , ognuno tenuto fermo un tempo sufficiente da non rendere del tutto incerto l'andare.
Si può ben provare soddisfazione nell'andare insieme tenendo fermo un percorso, che somiglia al piacere di contemplare una verità, perché non si può ben procedere pensando sempre un passo alla volta, per cui poi meglio si procede quando ogni passo sembra venire da se', come una verità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

È un percorso intero del quale ai filosofi greci è piaciuto sottolineare la fase di disvelamento, incentivando l'uso della coscienza, dando avvio alla moderna scienza.
Sembra incredibile che da una terra così povera sia giunta a noi tanta ricchezza, ma forse proprio per la mancanza di risorse si sono dovuti così ingegnare.
È l'uomo moderno un eterno fanciullo che non smette mai di giocare per prepararsi a una vita adulta che però non arriva mai. Un essere vivente che ha fatto della sua involuzione la sua forza, ma condannato a pensare sempre per lo più a ciò che fa',espulso dal paradiso istintuale dove tutto viene da se', con rare pause di comoda verità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sapa

Molto banalmente, io definirei la verità come una scala, nella quale ogni gradino permette l'avanzamento e, allo stesso tempo, supera  quello precedente. La salita della scala, dunque, sarebbe la ricerca della verità. Il problema, però, è che la scala non ha una fine, o, meglio, che la sua fine coincide con l' esaurirsi della vita stessa. Quindi, la vita si potrebbe definire come una progressione attraverso verità parziali, che si conclude con l'accesso a una verità unica, incontrovertibile e totale. Purtroppo, essendo io non credente, di questa Verità finale e unica sono condannato a non farmene nulla, costretto a salire una scala che mi porterà all'annullamento! Da qui, la mia atavica tendenza a curarmi fino ad un certo punto di questa ricerca. A questo punto, mi direte:" E allora perchè sei intervenuto in questo post?" Non lo so....

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