La verità è ciò che si dice

Aperto da 0xdeadbeef, 17 Giugno 2018, 17:16:42 PM

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Phil

Esatto, per questo mi chiedevo quanto in fondo sia davvero rilevante la verità come informazione, se il suo fraintendimento (o la verità-realtà del suo essere negata, se preferisci) produce comunque effetti che possono essere superiori (quantitativamente e qualitativamente) a quelli della verità autentica. 
Il motto "la verità è ciò che si dice" credo possa essere interpretata in quest'ottica, ovvero "si fanno cose con le parole" parafrasando Austin (puntualmente citato da epicurus) più che "con la verità". Detto altrimenti, la "storia degli effetti" (Wirkungsgeschichte!) gadameriana è estranea a quella falsificazione dello "zoccolo duro" di cui parlava Eco, proprio perché le dinamiche sociali umane (non quelle della ricerca scientifica) possono essere alienate dalla verità senza subire contraccolpi o richiami del vero.
Il passaggio da "credenza falsa" al suo "effetto reale" è ovvio (come osservi) perché ricade nel nesso causale del tipo "ogni credenza (vera o falsa) produce effetti", il che conferma appunto la tesi che la verità non è poi così rilevante (storicamente ed esistenzialmente parlando), o lo è decisamente meno delle credenze in quanto tali.

Citazione di: paul11 il 22 Giugno 2018, 14:15:12 PME' paradossale........ ma quando e dove risulta che Nietzsche abbia testualmente scritto"...la verità è finzione e tutto è interpretazione"? Se qualcuno sa darmi l'indicazione ne sarei felice. Se così non fosse risulterebbe ancora una volta che è stata messa in "bocca " a qualcuno, in questo caso Nietzsche, un'attribuzione deduttiva a sua volta interpretativa del pensiero di Nietzsche.
Come hai osservato, è squisitamente ironico che in un topic su verità, finzione e interpretazione, una delle frasi cardine della questione risulti a sua volta oggetto di perplessità; lo ha detto davvero? Ormai è come se l'avesse fatto, e forse non importa neanche più... 

P.s.
Pare sia scritto nei "Frammenti postumi 1885-1887", p. 229.

sgiombo

#31
In un impeto di "sfrenato ottimismo" (poco consono ai tempi assai grami in cui ci tocca di  viviere...) rileverei che la verità non é nemmeno necessariamente così irrilevante (storicamente ed esistenzialmente parlando), o non necessariamente sempre e comunque lo è decisamente meno delle credenze in quanto tali (fossero pure false).

Qualche volta, in una qualche misura (variabile al variare delle circostanze; ma generalmente nella misura in cui tende a smascherare le credenze false e sostituirle in quanto credenze reali) può anche darsi che sia più efficace delle credenze false.



...In questi tempo gramissimi, fra l' altro, la corporazione dei giornalisti al servizio di un potere sempre più impopolare e disumano (i cui miserabili fogliacci, se non fosse per le lautissime sovvenzioni sottratteci con le tasse -altro che i "forestali della Calabria" contro cui amano moralistcamente tuonare!- cioé se si sottoponessero alla logica del "mercaaaaaaaato", di cui si riempiono continuamente la bocca come le esercenti una certa antichissima professione se la riempiono spesso di qualcosa che non cito per non essere volgare, come peraltro dovrei, avrebbero tutti, nessuno escluso, chiuso i battenti da un bel pezzo) hanno la faccia di... (a-ri-autocensura) pretendere di censurare Internet (in cui almeno fra tante balle qualche verità ogni tanto trapela, contrariamente che sui loro abominevoli fogliacci...) con la oscena scusa delle "fake news" (in Italiano, da essi del tutto conseguentemente disprezzato: "bufale"; che non sarebbero naturalmente quelle dannosissime per la giustizia e per l' umanità da loro uniformemente propalate, come le famose "armi di distruzione di massa di Saddam", efficacemente servite a produrre centinaia di migliaia di morti di civili di tutte le età, o la tragicomica "strage di Timisoara" -la madre di tutte le moderne bufale- ecc., ecc.).



Compagni (mi rivolgo ai non molti che la pensano ancora come me e come me ammirano tantissimo e rimpiangono, fra gli altri, Robespierre e Stalin, chiedendo scusa ai tantissimi altri frequentatori del forum), dobbiamo stare al passo coi tempi:

"Con le budella del' ultimo giornalista impiccheremo l' ultimo manager (meglio se "bocconiano", della "London School of Ecomomy" o così via succhiando il sangue al popolo)!"


Per chi non la conoscesse:

https://www.youtube.com/watch?v=ziAJcO6QnIg

paul11

#32
resistere Sgiombo................una vita di resistenza.

Citazione di: Phil il 22 Giugno 2018, 22:17:37 PMCome hai osservato, è squisitamente ironico che in un topic su verità, finzione e interpretazione, una delle frasi cardine della questione risulti a sua volta oggetto di perplessità; lo ha detto davvero? Ormai è come se l'avesse fatto, e forse non importa neanche più... P.s. Pare sia scritto nei "Frammenti postumi 1885-1887", p. 229.

Vero, ormai comunque sia è in "bocca" a Nietzsche e questo è un paradosso per Nietzsche e per chi lo studia.
Grazie per il suggerimento e adatto che sono un pignolo in fatto di ricerche,
ho cercato di tradurre dal tedesco cercando il termine "interpretationen" nei "Frammenti postumi".

NIETZSCHE- FRAMMENTI POSTUMI

(ricerca con il termine"interpretationen" nei frammenti postumi)

NF-1885,2 [108] - Frammenti postumi Autunno 1885 - Autunno 1886.
2 [108] Che il valore del mondo risieda nella nostra interpretazione (che forse altre interpretazioni sono possibili di quelle meramente umane) che le interpretazioni finora sono stime prospettiche, in virtù delle quali siamo nella vita, cioè nella volontà di potenza, di ricevere la crescita di potere, che ogni esaltazione degli uomini è il superamento di interpretazioni più ristrette, significa che ogni guadagno e l' espansione di potere che ne deriva solleva nuove prospettive e significa credere in nuovi orizzonti - questo passa attraverso i miei scritti.
Il mondo che ci riguarda è sbagliato, cioè non è un'esistenza fattuale, ma una poesia e un arrotondamento su una magra somma di osservazioni; è "nel fiume", come qualcosa che diventa, come una menzogna sempre mutevole che non si avvicina mai alla verità: perché non c'è "verità".

NF-1885,2 [109] - Frammenti postumi Autunno 1885 - Autunno 1886.
2 [109] L'"insensatezza degli eventi": la convinzione è il risultato di una visione della falsità di precedenti interpretazioni, una generalizzazione di impotenza e debolezza – nessuna fede necessaria. Presunzione dell'uomo: dove non vede il significato di negarlo!

NF-1885,2 [131] - Frammenti postumi Autunno 1885 - Autunno 1886.
Rousseau, la scienza dopo l'idealismo romantico spinozismo molto influente: 1) il tentativo di accontentarsi del mondo così com'è 2) la felicità e la conoscenza ingenuamente dipendenti (è l'espressione di una volontà di essere ottimisti, che tradisce una sofferenza profonda -) 3) tentativo di sbarazzarsi dell' ordine morale di "Dio", un mondo esistente prima della ragione ... "Quando l'uomo non si considera più malvagio smette di essere -" il bene e il male sono solo interpretazioni, e certamente non un fatto, non in se stesse. Si può venire dopo l'origine di questo tipo di interpretazione; Si può tentare di liberarsi dalla necessità radicata di interpretare moralmente, di liberarsi lentamente.

NF-1885,2 [185] - Frammenti postumi Autunno 1885 - Autunno 1886.
2 [185] (47) "Noi Immoralisti" veri critici all' ideale morale – l'uomo buono, il santo, il saggio - da diffamare le cosiddette cattive qualità – qual è il significato delle diverse interpretazioni morali? - Qual è il pericolo dell'interpretazione ora prevalente in Europa? - qual è la misura di ciò che può essere misurato?

NF-1886.7 [60] - Frammenti postumi Fine del 1886 - Primavera del 1887.
[60] Contro il positivismo, che si ferma al fenomeno, "ci sono solo fatti", direi: no, precisamente non esistono fatti , solo interpretazioni.Non possiamo trovare un fatto "in sé": forse è una sciocchezza voler qualcosa del genere. "È tutto soggettivo", tu dici: ma anche quella è interpretazione, il "soggetto" non è dato, ma qualcosa di aggiunto-fittizio, dietro di esso. Alla fine è necessario mettere l'interprete dietro l'interpretazione?


Rimango del mio parere, il modo di esprimersi di Nietzsche è come se fosse in "sospensione"; c'è il concetto, l'anti concetto, c'è estetica, e anti estetica, spiritualità ed emozione e anti spiritualità e e anti emozione.
Rimane ne dominio dell'ambigua(nel senso che vi sono più descrizioni e definizioni) concettualità, è anticitazionale perchè Nietzche, e quì rimane nel paradosso, può solo essere  
a sua volta interpretato.E' dentro un sistema a specchi

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2018, 23:58:31 PM
Rimango del mio parere, il modo di esprimersi di Nietzsche è come se fosse in "sospensione"; c'è il concetto, l'anti concetto, c'è estetica, e anti estetica, spiritualità ed emozione e anti spiritualità e e anti emozione.
Rimane ne dominio dell'ambigua(nel senso che vi sono più descrizioni e definizioni) concettualità, è anticitazionale perchè Nietzche, e quì rimane nel paradosso, può solo essere  
a sua volta interpretato.E' dentro un sistema a specchi


Ringrazio innanzitutto Paul11 per aver postato queste interessanti annotazioni sul celebre detto di Nietzsche
(o, a questo punto, a lui da sempre e comunemente attribuito).
Sono molto d'accordo con le parole finali di Paul, che metto in citazione. E, del resto, se ogni cosa che
esiste è interpretazione come non potrebbe esserlo anche quel detto (se non esiste il fatto non esiste neppure
il fatto costituito da questa affermazione, insomma)?
Mi sembra d'altronde che lo stesso Nietzsche lo dica chiaramente...
Dunque, sì, una considerazione tutto sommato banale. Ma è, se ci pensiamo, la medesima considerazione che viene
fatta, comunemente, a proposito del "relativo" e dell'"assoluto" (esiste solo il relativo).
Quindi, e su questo punto riprendo un pò Severino, trovo qui necessario mettere in rilievo il fatto (...) che
l'enunciazione di Nietzsche, laddove non voglia essere "ingenua", predichi, diciamo così, lo "status" di
interpretazione per... tutto fuorchè per se stessa.
saluti

Phil

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2018, 23:58:31 PM
NF-1885,2 [108] - Frammenti postumi Autunno 1885 - Autunno 1886.
Il mondo che ci riguarda è sbagliato, cioè non è un'esistenza fattuale, ma una poesia e un arrotondamento su una magra somma di osservazioni; è "nel fiume", come qualcosa che diventa, come una menzogna sempre mutevole che non si avvicina mai alla verità: perché non c'è "verità".
Affermazione molto disincantata e, nei limiti nietzschiani, quasi lapidariamente chiara (se fossimo al bar, si direbbe che "fa scopa" con il motto su fatti e interpretazioni). Concordo con lui (senza voler cavillare troppo sul senso di "osservazioni").

Citazione di: paul11 il 23 Giugno 2018, 23:58:31 PM
NF-1886.7 [60] - Frammenti postumi Fine del 1886 - Primavera del 1887.
[60] Contro il positivismo, che si ferma al fenomeno, "ci sono solo fatti", direi: no, precisamente non esistono fatti , solo interpretazioni.Non possiamo trovare un fatto "in sé": forse è una sciocchezza voler qualcosa del genere. "È tutto soggettivo", tu dici: ma anche quella è interpretazione, il "soggetto" non è dato, ma qualcosa di aggiunto-fittizio, dietro di esso. Alla fine è necessario mettere l'interprete dietro l'interpretazione?
Che il dominio dell'interpretazione sui fatti e che persino il soggetto interpretante siano solo un'interpretazione, è un'ulteriore dimostrazione (e non, come spesso si dice, una confutazione) della coerenza del ritenere possibili solo interpretazioni.
Sarebbe contraddittorio se Nietzsche avesse scritto "la verità assoluta è che tutto è interpretazione"; sostenere invece che "tutto è soggettivo" è comunque un'interpretazione e che anche il soggetto è "fittizio"(cit.), significa dare dimostrazione logica dell'egemonia della interpretazione (che può gaiamente prescindere dalla verità dei fatti, come si diceva nei post precedenti...).

Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 10:30:48 AM
Dunque, sì, una considerazione tutto sommato banale. Ma è, se ci pensiamo, la medesima considerazione che viene
fatta, comunemente, a proposito del "relativo" e dell'"assoluto" (esiste solo il relativo).
Quindi, e su questo punto riprendo un pò Severino, trovo qui necessario mettere in rilievo il fatto (...) che
l'enunciazione di Nietzsche, laddove non voglia essere "ingenua", predichi, diciamo così, lo "status" di
interpretazione per... tutto fuorchè per se stessa.
Se affermasse ciò, sarebbe logicamente contraddittoria e filosoficamente ingenua.
Come accennavo, la coerenza sta invece proprio nel dire "tutto è interpretazione (o relativo o altro) compreso ciò che dico e compreso chi lo dice".
Ciò "suona male" solo se si ricercano valori assoluti (ma allora si è fuori contesto qui); d'altronde, cercare l'assolutezza in posizioni relativiste non può che essere fallimentare  ;)


P.s.
Mi accodo ai ringraziamenti a epicurus e paul11 per aver riportato testi interessanti.

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 24 Giugno 2018, 11:25:51 AM

Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 10:30:48 AM
Dunque, sì, una considerazione tutto sommato banale. Ma è, se ci pensiamo, la medesima considerazione che viene
fatta, comunemente, a proposito del "relativo" e dell'"assoluto" (esiste solo il relativo).
Quindi, e su questo punto riprendo un pò Severino, trovo qui necessario mettere in rilievo il fatto (...) che
l'enunciazione di Nietzsche, laddove non voglia essere "ingenua", predichi, diciamo così, lo "status" di
interpretazione per... tutto fuorchè per se stessa.
Se affermasse ciò, sarebbe logicamente contraddittoria e filosoficamente ingenua.
Come accennavo, la coerenza sta invece proprio nel dire "tutto è interpretazione (o relativo o altro) compreso ciò che dico e compreso chi lo dice".
Ciò "suona male" solo se si ricercano valori assoluti (ma allora si è fuori contesto qui); d'altronde, cercare l'assolutezza in posizioni relativiste non può che essere fallimentare  ;)


P.s.
Mi accodo ai ringraziamenti a epicurus e paul11 per aver riportato testi interessanti.






Mah, non saprei. A me filosoficamente ingenua mi sembra l'affermazione: "tutto è interpretazione (compreso
ciò che dico e compreso chi lo dice)".
Se vado a rivedere ciò che dice Nietzsche in un altro dei "Frammenti": "nell'eterno fluire delle cose di
nulla potremmo dire che è (se lo diciamo è così, per vivere)", mi sembra palesarsi che quell'"è" fra "tutto"
e "interpretazione" è, sì, una finzione; ma una finzione necessaria, senza la quale cioè non potremmo dire
proprio nulla di nulla.
In altre parole, il Nietzsche che "dice" ("tutto è interpretazione") è un Nietzsche che, e per sua stessa
ammissione, finge. E NELLA finzione, abbiamo visto necessaria, è presente la relazione con un assoluto "finto"
quanto si vuole ma, appunto, necessario anch'esso.
Chiaramente siamo, come dire, abbondantemente nel contorto; nell'onanismo mentale vero e proprio.
Ma, ritengo, è il prezzo da pagare al linguaggio. Alla sua struttura assoluta; al suo "costruire" la realtà
e le cose SU se stesso (non il contrario, come verrebbe da pensare), come mi pare ti accennavo altrove.
saluti

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 13:59:00 PM
Mah, non saprei. A me filosoficamente ingenua mi sembra l'affermazione: "tutto è interpretazione (compreso
ciò che dico e compreso chi lo dice)".
Non colgo l'ingenuità: se tutto (ogni suo elemento) è x, e io faccio parte del tutto, anche io devo essere x.
Se tutto è x, tranne me, si pone il problema di spiegare perché e come: o non faccio parte del tutto, oppure, pur facendone parte, non sono x.
E qui si può cadere nell'ingenuità filosofica del ritenersi "a parte", di (auto)concedersi una deroga dalla regola generale, solo per salvaguardare la propria posizione (come il maestro che dice "vietato parlare in classe!", parlando in classe, perché lui può ;) ).

Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Giugno 2018, 13:59:00 PM
il Nietzsche che "dice" ("tutto è interpretazione") è un Nietzsche che, e per sua stessa
ammissione, finge.
"Finge" o "interpreta"?
Fingere significa simulare una verità, ovvero spacciare per tale ciò che non lo è; interpretare invece non è, per definizione, negare la verità.
Anche perchè, per parlare a ragione di "interpretazione falsa", dovremmo poter usare la verità come pietra di paragone; tuttavia non avendola (al netto della falsificazione empirica nell'uso degli enti spiegato da Eco), ecco che ci ritroviamo molteplici interpretazioni, solo interpretazioni. A questo punto il fingere, come negazione-della-verità, perde di senso (non conoscendo con certezza la verità).
La conseguenza, come ben osservi, è che la necessità pragmatico-esistenziale di parlare, agire, etc. ci porta ad usare (solo) interpretazioni, rendendo (quasi) irrilevante quale sia (e se sia) la verità.

0xdeadbeef

(Perdonami Phil, ma impegnato in altre discussioni non avevo notato questa tua risposta).
A me l'ingenuità sembra risiedere nel fatto che si "apra" alla possibilità che anche l'affermazione: "tutto
è interpretazione" sia, appunto, un'interpretazione.
E la medesima cosa (ora non ricordo se l'ho già detta, nel caso scusamene) che Severino dice a proposito
del "tutto è relativo": tutto è relativo FUORCHE' questa affermazione (o altrimenti anche questa affermazione
sarebbe relativa, cioè si porrebbe al medesimo livello di legittimazione di qualsiasi altra).
In altre parole, quando dico: "tutto è interpretazione" affermo un qualcosa di cui "credo" la verità. E su
quale base potrei crederla se non su una base che così recita: "è assolutamente vero che tutto
è interpretazione" (è assolutamente vero che tutto è relativo)?
Per il resto, io credo che Nietzsche finga. Finge appunto perchè dice: "nell'eterno fuire delle cose di
nulla potremmo dire che è (se lo diciamo è così, per vivere)".
In Nietzsche è cioè evidente il carattere utilitaristico ("così, per vivere") del tempo presente del verbo
"essere" (e direi dell'intero linguaggio). Una declinazione che, nell'eterno e continuo divenire, o fluire,
delle cose non potrebbe aver luogo (come potrebbe, qualcosa, "essere" anche un solo istante laddove invece
muta costantemente?)
Da questo punto di vista, a me sembra che Nietzsche ci voglia dire che, nel divenire delle cose, solo il
silenzio più totale sarebbe "logico". Per cui sì, a mio parere Nietzsche letteralmente "spaccia" per verità
ciò che egli stesso ammette non essere verità (tutto E' interpretazione); ma d'altronde, ci fa sapere,
nemmeno l'affermazione contraria (non tutto E' interpretazione - esistono i fatti) sfugge a questa stessa
logica (nulla vi sfugge, perchè "vero" e logico è solo il silenzio).
Il suo "tutto è interpretazione" si situa allora ad un livello, diciamo, "linguistico" in cui la finzione è
assunta come necessaria (come non potrebbe esserlo?). A questo livello, la finzione è già, come dire,
assimilata, contemplata nel "già pensato", in parole povere nella necessità che così sia (e che non possa
essere diversamente).
E' DA questo livello in poi che, a parer mio, comincia l'interpretazione.
saluti

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Luglio 2018, 14:11:46 PM
In altre parole, quando dico: "tutto è interpretazione" affermo un qualcosa di cui "credo" la verità. E su
quale base potrei crederla se non su una base che così recita: "è assolutamente vero che tutto
è interpretazione" (è assolutamente vero che tutto è relativo)?
(sottolineatura mia) Terrei ben distinti il "credere" (soggettivo) e l'"esser vero" (che si vorrebbe oggettivo): "credo che tutto sia interpretazione" o "la mia interpretazione è che tutto sia interpretazione" non equivale a "è assolutamente vero che tutto è interpretazione".
Le prime due frasi (auto)confermano l'ipotesi (non la certezza) che tutto sia interpretazione, senza creare meta-livelli veritativi; la terza frase invece si pone su un (meta)piano veritativo, piano che è tutto da fondare logicamente e da dimostrare epistemologicamente.

L'ingenua critica al relativismo (non solo di Severino) funziona dall'esterno: si presuppone a priori una verità assoluta, si rivolge poi lo sguardo al relativismo, e la si individua in quel motto (non trovando di meglio...). Il punto è che il relativismo, dal suo interno, non presuppone affatto una verità assoluta, per cui se essa viene imposta surrettiziamente dall'esterno, inevitabilmente, non funziona
Come accennavo:
Citazione di: Phil il 24 Giugno 2018, 11:25:51 AM
la coerenza sta invece proprio nel dire "tutto è interpretazione (o relativo o altro) compreso ciò che dico e compreso chi lo dice".
Ciò "suona male" solo se si ricercano valori assoluti (ma allora si è fuori contesto qui); d'altronde, cercare l'assolutezza in posizioni relativiste non può che essere fallimentare

Sarebbe come se un credente desse per necessaria a priori l'esistenza di un dio, si rivolgesse poi all'ateismo, e pensasse che la divinità di quella prospettiva (visto che per lui deve essercene sempre una) sia il Nulla, e infine concludesse che l'ateismo è contraddittorio perché sostiene che non esistono divinità tranne la sua, il Nulla.
Con il relativismo accade spesso la stessa (impropria) dinamica esegetica, solo che al posto della divinità c'è la verità assoluta  ;)



0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 01 Luglio 2018, 15:01:45 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Luglio 2018, 14:11:46 PM
In altre parole, quando dico: "tutto è interpretazione" affermo un qualcosa di cui "credo" la verità. E su
quale base potrei crederla se non su una base che così recita: "è assolutamente vero che tutto
è interpretazione" (è assolutamente vero che tutto è relativo)?
(sottolineatura mia) Terrei ben distinti il "credere" (soggettivo) e l'"esser vero" (che si vorrebbe oggettivo): "credo che tutto sia interpretazione" o "la mia interpretazione è che tutto sia interpretazione" non equivale a "è assolutamente vero che tutto è interpretazione".
Le prime due frasi (auto)confermano l'ipotesi (non la certezza) che tutto sia interpretazione, senza creare meta-livelli veritativi; la terza frase invece si pone su un (meta)piano veritativo, piano che è tutto da fondare logicamente e da dimostrare epistemologicamente.

L'ingenua critica al relativismo (non solo di Severino) funziona dall'esterno: si presuppone a priori una verità assoluta,



Allora Phil, mi sembra che il tuo ragionamento suoni così: "credo sia tutto interpretazione ma non escludo
la possibilità che così non sia".
Ora, qual'è la base, il fondamento di questa ipotesi? In altre parole: su cosa credi sia tutto
interpretazione e su cosa ritieni esista la possibilità (reale o logica che sia) che non lo sia?
Mi sembra che, insomma, anche il tuo ragionamento implichi dei "meta-livelli veritativi" (e mi sembra
non esista la possibilità che così non sia).
Sottolinei giustamente che il "credere" è soggettivo e l'"essere vero" oggettivo (si vorrebbe). Ma
come posso conoscere le cose, quindi il mondo oggettivo, se non attraverso il soggettivo (cioè
attraverso il "credere")?
Ecco allora che il "credere", nel linguaggio, non può che assumere connotazioni oggettive (tanto
che non è una assurdità il dire: "credo sia assolutamente vero che...").
Tutto il mio discorso è in sostanza rivolto ad una "ricerca" (che ammetto faticosa) del carattere
necessariamente assoluto DEL LINGUAGGIO (non delle cose). Per cui non si supporrebbe a-priori una
verità assoluta (cioè con atto volontario), ma tale verità sarebbe già per così dire "inscritta"
nel linguaggio.
Da un certo punto di vista ed in definitiva mi sembrerebbe logico dire: "io non so se tutto sia
interpretazione o meno (come non so niente di niente)".
E comunque voglio ringraziarti della pazienza (oltre che dell'acume) che hai nel rispondere a
questi miei "contorcimenti mentali",
saluti e stima.

viator

Salve. L'interpretazione è la realtà. La verità è solo il nostro desiderio che l'interpretazione sia vera.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 03 Luglio 2018, 10:49:59 AM
Allora Phil, mi sembra che il tuo ragionamento suoni così: "credo sia tutto interpretazione ma non escludo
la possibilità che così non sia".
Ora, qual'è la base, il fondamento di questa ipotesi? In altre parole: su cosa credi sia tutto
interpretazione e su cosa ritieni esista la possibilità (reale o logica che sia) che non lo sia?
Il propendere per un'interpretazione non definitiva, secondo me, potrebbe essere dovuto all'incapacità (per adesso e fino a prova contraria) di trovarne una che non si riveli solo interpretazione, bensì verità (e quindi falsifichi tutte le altre interpretazioni fallaci). Se poi tale verità ci sia e sia individuabile, è un postulato sicuramente discutibile (ma non qui ed ora, direi...).
Se chiedessimo a Nietzsche di attribuire un valore di verità logico (V, F o altro) alla frase "ci sono solo interpretazioni", lui (suppongo) direbbe "vero", ma si tratterebbe della verità di un'affermazione, non di un assioma. La differenza logica e fondazionale è proprio questa; è la stessa differenza (esempi sciocchi, ma spero chiari) fra "il male esiste" (assioma etico-religioso), "per un punto passano infinite rette" (assioma matematico) e "per me domani piove" (affermazione vera, poiché è vero che per me domani piove, ma è comunque falsificabile). Tre frasi vere (la prima la condoniamo ;D ), ma la verità dell'ultima è meno "forte" delle altre, perchè è la verità di un'interpretazione di uno stato di cose (del cielo, dell'igrometro o altro).
Parimenti, sostenere che "non ci sono fatti, ma solo interpretazioni" sia essa stessa un'interpretazione, significa confinare la verità di tale assunto nella verità debole del "secondo me domani piove", senza farne un'assioma (che produrrebbe il famigerato meta-livello veritativo, per scongiurare l'autoconfutazione).

Non è quindi "per partito preso", per una meta-verità sempre già assunta a priori, che si può (non "deve") sostenere che "la frase x è un'interpretazione del fatto y"; non può infatti essere escluso, in teoria, che ci si imbatta in affermazioni che non siano solo un'interpretazione (ad esempio, ripescando il testo di Eco già citato, nella sua interpretazione ci sono numerosi casi che fanno eccezione, quelli in cui parlava di "zoccolo duro" della realtà).


Citazione di: 0xdeadbeef il 03 Luglio 2018, 10:49:59 AM
Sottolinei giustamente che il "credere" è soggettivo e l'"essere vero" oggettivo (si vorrebbe). Ma
come posso conoscere le cose, quindi il mondo oggettivo, se non attraverso il soggettivo (cioè
attraverso il "credere")?
Ecco allora che il "credere", nel linguaggio, non può che assumere connotazioni oggettive (tanto
che non è una assurdità il dire: "credo sia assolutamente vero che...").
In fondo l'autentico "oggettivo", per me, va pensato solo come noumenico, non perfettamente conoscibile, ma asintoticamente approssimabile. Non conosco mai la fantomatica "cosa in sè", ma sempre solo il suo manifestarsi (prospettico) a me e per me (Husserl docet). Banalmente: la percezione non è il percepito, e il percepito non è assoluto(sciolto) rispetto alla struttura pecettiva, quindi il percepito non è mai assolutamente oggettivo, dunque non può essere l'oggetto in sè.

Citazione di: 0xdeadbeef il 03 Luglio 2018, 10:49:59 AM
Tutto il mio discorso è in sostanza rivolto ad una "ricerca" (che ammetto faticosa) del carattere
necessariamente assoluto DEL LINGUAGGIO (non delle cose). Per cui non si supporrebbe a-priori una
verità assoluta (cioè con atto volontario), ma tale verità sarebbe già per così dire "inscritta"
nel linguaggio.
Concordo, il linguaggio si vuole assoluto (quel "si" è riflessivo), si presenta come tale; e per questo si condanna ad uno strutturale scollamento minimo dalla presunta oggettività (che si vorrebbe indipendente dal soggetto che usa il linguaggio, in una impossibile "prospettiva senza osservatore").

Citazione di: 0xdeadbeef il 03 Luglio 2018, 10:49:59 AM
E comunque voglio ringraziarti della pazienza (oltre che dell'acume) che hai nel rispondere a
questi miei "contorcimenti mentali"
Il ringraziamento è onestamente reciproco  :)

0xdeadbeef

Dunque mi par di capire tu propenda per un "falsificazionismo" alla Popper, insomma?
Sì, devo dire che la cosa mi appare plausibile. Senonchè, penso, siamo costretti ad assumere una certa cosa
per "vera" (anche se "fino a prova contraria"), ed in questo ritengo consista quell'assolutezza del
linguaggio di cui dicevo (Kant afferma che l'"io penso" sia l'"unità originaria dell'appercezione", ma mai
discorreremmo sempre premettendolo - aggiungo io).
Altrettanto plausibile mi sembra il riferimento a verità, o falsità, "forti o deboli" (il discorso sul "realismo
negativo" di Eco mi appare assai convincente).
Mi sembra resti assai poco da dire. Per quanto mi riguarda adesso vedo quelle affermazioni di Severino sotto
una luce diversa, e non posso più dire di essere "assolutamente" d'accordo...
Concludo ringraziandoti nuovamente e complimentandomi con te.
saluti

Carlo Pierini

#43
EPICURUS
L'uccello o l'insetto percepiscono il mondo in un modo diverso dal nostro, e non ha senso dire quale delle percezioni sia la piú giusta,

CARLO
Hai un solo motivo per pensare che il diverso modo in cui un uccello o un lemure percepisce il mondo, CONTRADDICA il modo in cui lo percepisce la nostra conoscenza?

EPICURUS
A questo punto per Nietzsche la verità è solo «un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi» elaborati poeticamente, e che poi si sono irrigiditi in sapere, «illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria»,

CARLO
Anche la conoscenza pre-scientifica era «un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi» elaborati poeticamente. Nietzsche ci spiega le ragioni per le quali la conoscenza scientifica, pur essendo anch'essa «un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi» elaborati poeticamente, si è rivelata incommensurabilmente più efficace e dirompente della precedente, tanto da indurci a parlare di "rivoluzione scientifica"?
O forse si è solo limitato, come fai tu nei tuoi prolissi e inargomentati comizi, ad aprire bocca e darle fiato?

0xdeadbeef

A Carlo Petrini
Quelle cose non le ho scritte io, quindi chiedine conto a qualcun'altro.
Piuttosto, hai notato che su questo post contraddico Nietzsche e il detto di Eco ("la verità è ciò che si dice")?
O devo fartelo notare io?
saluti, buontempone....

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