La verità è ciò che si dice

Aperto da 0xdeadbeef, 17 Giugno 2018, 17:16:42 PM

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0xdeadbeef

Scusate ma, anche in riferimento alle ultime discussioni, mi piacerebbe riproporre un vecchio argomento che postai cinque
anni fa sul vecchio forum. Spero di fare cosa gradita.

Qualche tempo fa, in occasione dell'uscita del suo romanzo "Il Cimitero di Praga", ad Umberto Eco fu chiesto se fosse
vero che gli Ebrei mangiavano i bambini (come nel romanzo era presunto, insomma).
La risposta di Eco è stata, a mio parere, di una coerenza filosofica sovrumana: "la verità è ciò che si dice", disse Eco,
facendo con ciò intendere che se a quell'epoca questo era ciò che veniva detto, allora era senz'altro vero (così come
oggi, che viene detto il contrario, è vero che gli Ebrei NON mangiavano bambini).
Se, come disse Nietzsche nei "Frammenti postumi", la modernità possiede una convinzione che non fu propria di nessuna
epoca, ossia che non c'è una verità, allora questa di Eco è la posizione più coerente che sia possibile immaginare.
un saluto

viator

Salve Ox. Interessante coincidenza con recenti dichiarazioni circa l'esistenza di certezze. Non esistendo la verità assoluta, ciò che si dice non può che essere la verità relativa di chi sta parlando, ammesso che lo faccia sinceramente. Costui starà quindi parlando di ciò in cui crede e.......si è mai visto qualcuno che trovasse non vero ciò in cui crede ??.
Poi c'è la menzogna, che è cosa diversa dalla falsità. Poi c'è il paradosso del mentitore.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

0xdeadbeef

Ciao Viator
Eh ho capito, ma anche chi ha fede dice che Dio è verità; ma è, Dio, realtà, fatto?
Perchè ciò di cui si sta parlando non è tanto ciò che si crede, ma se ciò che si crede, e si dice, corrisponde alla
realtà, al fatto.
Dunque: gli Ebrei mangiavano o non mangiavano i bambini? Qual'è la realtà che la "verità che si dice" occulta o
palesa? Che strumenti abbiamo per poterla svelare?
In realtà forse, dicevo in quel vecchio post, Eco dice quella cosa per provocare; per mettere in luce ciò a cui
porta la celebre affermazione di Nietzsche: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni". Perchè lui, Eco,
afferma invece che c'è un limite all'interpretazione ("La soglia e l'infinito").
Dunque, se limite c'è, ci deve anche essere se non una verità che corrisponde al fatto, almeno una, come dire,
"direzione di verità"; una affermazione di verità che "trascende" (in senso kantiano) verso la realtà.
Una cosa, però, dev'essere chiara: nell'affermazione "ontologica" del relativo, cioè nel relativismo, il
risultato più coerente è quello che Eco ci mette "cinicamente" davanti...
saluti

viator

Salve Ox. REALTA' : "Insieme dell'esistente (più correttamente.....uffa, a questo punto mi toccherà ogni volta precisare: INSIEME DEGLI ENTI) che generano o sono in grado di generare (al superamento di una certa soglia quantitativa) una percezione (sensoriale)
Definizione decisamente inelegante che trovo però abbastanza efficace. Tutti gli enti materiali sono reali. Tutte le radiazioni energetiche sono reali. Il tempo non è reale. Lo spazio non è reale. Pensieri ed emozioni non sono reali in quanto - per intensi che possano essere - non possono generarci percezione sensoriale della loro esistenza (pardon: insistenza). I concetti fanno parte dei pensieri. Le credenze fanno parte della realtà solo se costruite il legno od altri materiali adatti. Gli armadi invece sono sempre reali. Le convenzioni, le fedi etc fanno parte delle credenze. Ora, Dio è una ENTITA' :
    ENTE : ciò che è in modo riconoscibile e specificamente nominabile.
      ENTITA' : ciò che è in modo non precisamente riconoscibile e non specificamente nominabile (vedi Dio piuttosto che Allah, Javeh, etc.; vedi fantasmi, spiriti, apparizioni etc.)
      Le entità, in base alla definizione data sopra per la REALTA', non possono venir considerate reali.
      Per Padre Pio (meglio: a detta di Padre Pio) e per i miracolati di Lourdes, Dio sarà certo ritenuto un ENTE e non una ENTITA'. Per spiritisti. fattucchiere, occultisti le loro evocazioni saranno ENTI e non ENTITA'. Si decida a cosa credere circa la realtà di Dio e del resto.
      FATTO : "Una evidenza od una situazione sensorialmente percepibile il cui prodursi generi effetti anch'essi sensorialmente percepibili". Altra definizione decisamente inelegante. Le conseguenze logiche di un ragionamento non sono fatti, così come le ipotesi, le teorie, le opinioni, le dichiarazioni, le credenze, le fedi, le suggestioni........... Si decida anche qui in cosa credere circa la fattualità di Dio e del resto che resti esclusi dalla definizione preliminare di FATTO.
      Naturalmente le definizioni sono sempre criticabili o respingibili. Invito però chi non fosse d'accordo circa le definizioni qui proposte (e non mi sto rivolgendo a nessuno in particolare, caro Ox), a criticarle o respingerle SOLO PREVIA sottoposizione di ALTRA DEFINIZIONE che venga trovata più adatta. Diversamente sarò impossibilitato a replicare. Pace e bene a tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Ox. Dimenticavo. Sono d'accordissimo con Nietzche e non mi interessa minimamente la dieta attuale o trascorsa degli ebrei, non avendo tra l'altro afferrato il pensiero di Eco, personaggio coltissimo e superapprezzabile ma del tutto privo di volontà divulgative.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

cvc

La verità è anzitutto una parola, quindi uno strumento con finalità comunicative che, nello specifico, serve a distinguere una cosa da una sua errata interpretazione.
La frase 'la verità è ciò che si dice' mi pare più una provocazione o un paradosso. Una mostruosità se la si analizza secondo la logica perché anche le bugie sono cose che si dicono, quindi ne deduciamo che tale proposizione afferma che le bugie che si dicono sono la verità.
Però bisogna guardare la luna e non il dito: cosa sottintende intrinsecamente la frase? Secondo me l'ottusità e la credulità umana che, platonicamente parlando, è talmente abituata a scambiare le ombre per gli oggetti che le proiettano da non saper riconoscere gli stessi oggetti alla luce del sole.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

baylham

Alla posizione nietzschiana secondo cui non esistono fatti ma solo interpretazioni, Eco giustamente ribatteva che comunque rimane il problema di scegliere tra le diverse interpretazioni.

Kobayashi

Io penso che ci siano due tipi di opposizione tra interpretazione e fatti:
- una possibile opposizione tra interpretazioni soggettive e il sapere pubblico (per cui io, ora, posso anche asserire di credere nell'esistenza di Dio ma poi mi sento chiamato a dar conto delle obiezioni argomentate dalla nostra cultura secolarizzata; più le mie idee saranno lontane dal sapere condiviso e più sarà difficile non solo dimostrarne la credibilità per gli altri, ma anche per me stesso - poiché il sapere condiviso in quanto tale agisce anche su di me);
- un'opposizione tra le interpretazioni (del sapere pubblico, quindi condivise più o meno da tutti) e la realtà; in questo caso il limite dell'interpretazione di un fatto dipende dai criteri interni al sapere condiviso (scienza, storiografia etc.); e la storia mostra come fenomeni (presumibilmente) simili, accaduti in periodi distanti nel tempo, possano essere letti in modo completamente diverso.
Il nostro sapere pubblico d'istinto ci dice che la scienza (naturale o sociale) ci conduce sempre più vicini a ciò che l'oggetto è nella realtà.
Ma l'epistemologia contemporanea ha abbondantemente chiarito quanto sia problematica una posizione del genere.
Quindi non rimane che accettare l'idea che anche questi criteri interni siano arbitrari (culturalmente arbitrari, per quanto efficaci), e sostenere il punto di vista di Eco (anche se appunto va problematizzato, secondo me).

Phil

Leggendo in tono sociolinguistico, più che filosofico, la frase caustica di Eco, ci ho visto questo: oltre a "fatti" e loro "interpretazioni", nella (post)modernità dilaga anche un terzo livello (da sempre presente ma in modo più marginale), quello di sedicenti interpretazioni che non hanno nemmeno fatti di riferimento, ovvero (pseudo)verità "costruite" (quelli che una volta si chiamavano "falsi storici"). 
Oltre all'interpretazione, fallibile e in buona fede, c'è notoriamente anche l'informazione volutamente viziosa e ritoccata; persino anche in campo statistico (il cosiddetto "p-hacking").
Ci stiamo addentrando nell'epoca della "post-verità" (per non annoiare, rimando a Wikipedia) dove la "vera verità" è subordinata alla "verità creduta", dove è vero solo ciò che è compatibile con le nostre credenze, ciò che siamo disposti a ritenere tale (c'è un "ismo" in merito, ma non ricordo quale); per la massa, la verità non deve più essere per forza dimostrata, è sufficiente sia convincente e condivisa ("da" e "con" i media, pubblici e privati).
Ad esempio, è lampante il caso delle "fake news" (e l'apparente antidoto del "fact-checking"), effetti collaterali del connubio fra informatizzazione e libera comunicazione (connubio anche con numerosi pregi, chiaramente); così come la figura dell'"influencer" è ormai quasi in competizione di credibilità (e annesso valore di marketing) con quella dell'"esperto in materia"; dinamiche sociali del nuovo millennio...

0xdeadbeef

Per me "la" realtà esiste solo come concetto, quindi non come ente, o essente, sensibilmente percepibile.
Esistono (di una esistenza potenzialmente percebile dai sensi) semmai "le" realtà.
"La" realtà dunque (come l'assoluto) non può essere un sostantivo, perchè in essa non è individuabile nessuna
"sostanza".
Bisognerebbe quindi capire cosa l'amico Viator intende per "insieme": un concetto o un essente sensibilmente
percepibile, cioè "fisico"?
Non è comunque questo il punto in questione. Che invece è circa il "se" la verità che si dice corrisponda o
meno ad una realtà "fisica" (cioè se gli Ebrei, effettivamente, mangiavano o meno i bambini).
A tal proposito, io dico che se "non esistono fatti, ma solo interpretazioni" (Nietzsche), allora Eco ha
pienamente ragione. Perchè la verità, essendo necessariamente non corrispondente a nessun fatto fisico,
diventa di conseguenza "quella che in quel momento viene detta".
A questo proposito, vorrei dire all'amico CVC che su questo piano non può esistere nè verità né menzogna; a
meno di non considerare menzogna ciò che si oppone alla verità che in quel momento viene detta (se, ad
esempio, qualcuno avesse detto allora che gli Ebrei NON mangiavano bambini, ciò era menzogna).
Nè il "problema" è risolto da quanto annotato dall'amico Baylam, perchè una "scelta" che non poggia su una
precisa base conoscitiva è semmai una scelta di valore, non una enunciazione che pretende di svelare il vero.
E ciò naturalmente vale anche per il sapere "condiviso" di cui parla Kobayashi, visto che se è la condivisione
a far da discrimine, è facile ribattere che era allora senz'altro vero che gli Ebrei mangiassero i bambini.
Chiaramente, se Eco avesse ragione, le conseguenze sarebbero di portata immane.
Ad esempio chi o che cosa potrebbe squalificare a menzogna l'affermazione (a noi temporalmente più vicina)
che gli Ebrei sono un popolo deicida ed inferiore (e che per questo, magari, vanno internati nei lager)?
Su quale base conoscitiva potremmo mai affermare il contrario? Potremmo farlo, certo, su una base "condivisa",
ma quando tale condivisione venisse a mancare non avremmo nessuno strumento "reale" per opporci.
Potremmo farlo appellandoci a non ben definiti valori etici o morali; ma che arma spuntata sarebbe nell'epoca
della "morte di Dio" come morte di qualsiasi valore "universale"...
Le peggiori nefandezze sarebbero allora legittimate. E tale legittimazione consisterebbe (di fatto consiste già)
nell'equivalenza di qualsiasi affermazione.
Il discrimine sarebbe (è) allora solo ed esclusivamente la "potenza". Nient'altro che essa.
saluti

(mi scuso con Phil ma ho scritto prima di aver letto la sua risposta)

0xdeadbeef

A Phil
Per poter parlare di un "falso storico", come di una "fake news", occorre conoscere la verità "ab-soluta", cioè
l'affermazione che corrisponde al fatto (cioè non che corrisponde ad una interpretazione di esso).
Occorre dunque correggere Nietzsche, perchè in questo caso si presume che il fatto esista (non solo, ma si
presume di conoscerlo).
Per coloro che, come dire, hanno occhi per vedere è chiaro che una "cosuccia" come questa mette radicalmente in
discussione tutta una cultura, la nostra, che almeno da Kant in poi pone il "relativo" come sua, diciamo, stella
polare (squalificando l'assoluto ad articolo per creduloni - neppure distinguendo, dicevo altrove, fra l'aggettivo
e il sostantivo)
Diciamo allora ancora che, forse, il "relativo" riguarda le cose non oggetto di percezione sensibile (i concetti,
insomma). Abbiamo però per così dire "debordato", creando un'impalcatura filosofica e culturale dai
piedi veramente d'argilla (appunto estendendo il relativo al tutto).
Tutto il nostro pensiero si "pasce" su affermazioni trancianti e semplicistiche, come appunto questa di Nietzsche.
Cui fanno da contraltare altre affermazioni trancianti e semplicistiche di segno opposto (come ad esempio la
proposizione dogmatica di certe teorie economiche o politiche).
Ciò che sembra persa per sempre è la "misura", la ponderatezza, e persino quel pragmatismo che, erroneamente,
consideriamo come una virtù ampiamente acquisita dalla modernità.
saluti

viator

Salve. Per Oxdeadbeef: La realtà consiste in una certa parzialità dell'essere. Riguarda e consiste in- quella parte dell'essere che è da noi riconoscibile attraverso la percezione (fisica e fisiologica) delle sue cause e/o dei suoi effetti. Tutto il resto dell'essere (ciò che è senza tuttavia risultare percepibile) rappresenta l'ideatività.

L'insieme è la categoria che include tutti o parte degli elementi caratterizzati o caratterizzabili (definibili) da un attributo applicabile a ciascuno di essi. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

epicurus

Visto che riproponi un vecchio argomento, non posso che iniziare riproponendo innanzitutto la risposta che diedi 5 anni fa.  ;)


Voglio chiarire brevemente la posizione di Eco sulla verità. L'interpretazione del pensiero di Eco fatta da 0xdeadbeef è errata.

Quando Eco dice qualcosa come "non mi interessa quel tipo di verità, per me la verità è ciò che si
dice", non dice che una proposizione p è vera se e solo p è affermata.

Qui Eco si concentra sulla verità nelle opere di finzione. Eco distingue tra verità (nel senso genuino del termine) come "Parigi è capitale della Francia" e verità nella finzione come "Clark Kent è Superman". Eco è ben coscio ovviamente dell'enorme differenza tra le due concezioni di verità. Dire che '"Clark Kent è Superman" è vero', significa semplicemente che è vero che Clark Kent è Superman nel mondo fittizio dei fumetti DC. Mentre se diciamo '"Parigi è capitale della Francia" è vero' intendiamo vero nel mondo reale in cui viviamo.

Quando dice che '"gli Ebrei mangiavano i bambini" è vero', dice che è vero nel mondo fittizio delle leggende, cioè non è una sua creazione originale. Eco è interessato a raccontare queste "verità fittizie" nei suoi romanzi, come nel più famoso e acclamato "Il Pendolo di Focault", in cui gli interessa narrare le verità fittizie delle leggende complottistiche.

Leggete qui cosa pensa Eco del rapporto tra verità e finzione: qui.

Per quanto riguarda la posizione di Eco sul concetto classico di verità, egli è per sua stessa ammissione, un seguace di Charles Peirce. Per Peirce la verità si chiarisce nel "lungo periodo", è un limite ideale verso il quale una ricerca infinita tenderebbe. Una ricerca eseguita da un gruppo di esperti che cercano con tutte le loro forze di falsificare e verificare tesi, in un continuo processo di prova ed errore.

baylham

#13
Non sono affatto convinto che "la verità è ciò che si dice" sintetizzi la posizione di Eco sulla verità.
Per cui vorrei verificare se Eco fece veramente questa asserzione e il contesto in cui la fece.
In rete ho trovato l'intervista che fece a Fazio a "Che tempo che fa" per la presentazione del romanzo Il cimitero di Praga, il cui protagonista è un falsario:  https://www.raiplay.it/video/2010/11/Umberto-Eco-a-Che-tempo-che-fa-79973209-f519-411d-b8a1-710c5260cac8.html
L'asserzione di cui sopra non trova convalida.

0xdeadbeef

#14
Dunque Epicurus, come ti dicevo nella risposta successiva al tuo intervento in quell'"antico" post (oltre che nella
risposta a Viator in questo), io credo che Eco abbia inteso provocare e provocarsi.
Perchè in sostanza, credo l'affermazione di Eco vada letta alla luce del "non esistono fatti, ma solo
interpretazioni" di Nietzsche (oltre che, chiaramente, alla luce del pensiero di Peirce).
Dicevo allora (scusa le ripetizioni ma è per far capire un pò meglio a chi legge): "Innanzitutto, direi, se
diciamo che un qualcosa è "vero" a prescindere da ciò che si dice, allora questo non può significare altro
che della verità ne abbiamo un criterio oggettivo" (cioè privo di legami con il soggetto interpretante; cioè
ancora: assoluto).
E questo, trovo, vale sia per l'affermazione che "Clark Kent è Superman" sia per quella che "gli Ebrei
mangiavano (o non mangiavano) i bambini" (come vale per ogni altro enunciato, reale o di fantasia).
In altre parole, all'interno della sfera "fantastica" è vero, cioè è un fatto, che Clark Kent è Superman o
questa è solo un'interpretazione?
Naturalmente, diremo anche che Clark Kent/Superman NON è un essente reale (ma anche qui dovremo
misurarci con l'affermazione circa lo "status" di fatto o interpretazione di tale affermazione).
Evito, almeno per il momento, di disquisire sul pensiero di Eco in relazione alla semiotica di Peirce
(naturalmente tu, Epicurus, trovi qualcosa su quella vecchia discussione).
Per quanto riguarda quel che sostiene Baylam, io al tempo ne avevo letto da qualche parte, ma non ricordo
dove.
saluti

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