La vera vita a riferimento di verità

Aperto da maral, 13 Novembre 2016, 23:51:26 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

maral

Citazione di: Phil il 14 Novembre 2016, 22:25:36 PM
per cui, forse, più che di "vera vita a riferimento di verità", bisognerebbe parlare di "vita coerente a riferimento del rispettivo criterio" oppure, stando in bilico sui confini del dicibile, si potrebbe parlare di v(er)ita: un gioco di parole che mi piace utilizzare per alludere alla verità della vita come evento vissuto, quindi confusione di verità (non logica ma esperenziale) e vita (non astratta ma esperita).
Il riferimento al rispettivo criterio è senza dubbio interessante, ma pone comunque il problema di quale debba essere questo criterio? Va bene qualsiasi criterio basta che lo si senta proprio? Inoltre trovare un proprio criterio su cui impegnare la propria stessa vita può essere tutt'altro che facile.
Mi sembra anche molto interessante il tentativo di fondare un significato laico di spiritualità, fondata sull'immanenza piuttosto che sulla trascendenza.
Oltre alla scuola stoica a cui fa riferimento CVC, come accennavo, vi sono stati i cinici, considerati in modo ambiguo dalla filosofia, ma che sicuramente hanno nutrito un senso molto forte e pure provocatorio di cosa si dovesse intendere per "vera vita", per "vera felicità", "vera libertà" e "vera maestà". La filosofia è qui manifestazione del corpo, non più di una mente che pensa separata dal corpo. Mi chiedo in quale misura proprio nel corpo si possa trovare quel concetto di spiritualità che prima Platone, poi il cristianesimo ci ha insegnato a cercare nell'anima disincarnata.
C'è anche, sempre nel cinismo, oltre alla pratica dell'estrema povertà come affermazione di completa autonomia, l'accettazione del dolore e dell'umiliazione sia come messa alla prova di se stessi che come felice accettazione del proprio destino. Appunto un sovrano sentirsi liberi da ogni bisogno, affermando la propria nuda "naturalità" anche con gesti che disgustano, scandalizzano e suscitano pubbliche repulsioni violente, ma che il cinico accetta così da ribaltare la situazione. Il miserabile Diogene poteva sfidare il potentissimo Alessandro dicendogli che era lui, Diogene, il vero re, discendente da Heracle (eroe indomito sempre combattente) e quindi da Zeus, non il sovrano macedone la cui potenza era condizionata e sempre rimessa in discussione. Ma oggi temo Che Diogene se si presentasse in tal modo a chi pensa di tenere la potenza del mondo non sarebbe nemmeno ascoltato, probabilmente rinchiuso in manicomio o in galera ancor prima di aprire la bocca. Anche la potenza ha subito una degradazione.
Acquario ha collegato la vera vita come un sentirsi in natura, in sintonia con la natura. Mi sa che dopo l'elezione di Trump con le sue prospettive in materia di sviluppo, sarà sempre più difficile viverla. E temo che un Diogene avrebbe poco successo con lui. 
 



cvc

Lo stoicismo è figlio del cinismo, Zenone fu allievo di Cratete, discepolo di Diogene. Gli stoici dicevano anche che il cinismo è la via corta per la virtù, perché non necessita di particolare preparazione filosofica: é una pratica di vita. In comune con lo stoicismo - e anche con l'epicureismo e lo scetticismo - ha la convinzione che le sofferenze e la miseria dell'uomo stiano tutte nelle sue errate opinioni. Quindi non bisogna correggere le cose, ma le opinioni che si hanno delle cose. Il cinismo è la scelta più drastica, proponendosi di vivere come un animale il cinico taglia il nodo gordiano: gli animali non hanno opinioni. Poi però la pratica di vita dei cinici diventò un qualcosa di simile all'accattonaggio. Per cui chiunque poteva sperare di rimediare un tozzo di pane atteggiandosi a filosofo cinico e pretendendo l'elemosina con fasi trite scimmiottando il maestro.
Per quel che riguarda un ipotetico incontro fra Diogene e Trump, credo che gli proporrebbe di insegnargli la via della felicità: vivere come un animale, fare i bisogni e masturbarsi in pubblico, disprezzare tutti, non curarsi della propria reputazione... Magari, come Alessandro, Trump penserebbe che convenga gettargli qualche osso.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

acquario69

Citazione di: maral il 15 Novembre 2016, 13:07:53 PM
C'è anche, sempre nel cinismo, oltre alla pratica dell'estrema povertà come affermazione di completa autonomia, l'accettazione del dolore e dell'umiliazione sia come messa alla prova di se stessi che come felice accettazione del proprio destino. Appunto un sovrano sentirsi liberi da ogni bisogno, affermando la propria nuda "naturalità" anche con gesti che disgustano, scandalizzano e suscitano pubbliche repulsioni violente, ma che il cinico accetta così da ribaltare la situazione. Il miserabile Diogene poteva sfidare il potentissimo Alessandro dicendogli che era lui, Diogene, il vero re, discendente da Heracle (eroe indomito sempre combattente) e quindi da Zeus, non il sovrano macedone la cui potenza era condizionata e sempre rimessa in discussione. Ma oggi temo Che Diogene se si presentasse in tal modo a chi pensa di tenere la potenza del mondo non sarebbe nemmeno ascoltato, probabilmente rinchiuso in manicomio o in galera ancor prima di aprire la bocca. Anche la potenza ha subito una degradazione.
Acquario ha collegato la vera vita come un sentirsi in natura, in sintonia con la natura. Mi sa che dopo l'elezione di Trump con le sue prospettive in materia di sviluppo, sarà sempre più difficile viverla. E temo che un Diogene avrebbe poco successo con lui.  

a prescindere da Trump, (di cui non mi faccio troppe illusioni,anche se credo che sia anche il momento storico a imporre comunque una sterzata diversa e necessaria)
e' un dato di fatto innegabile e già da parecchio tempo che la vita che facciamo non ha più alcuna compatibilità con la "natura" e per come la intendo perlomeno io...
a qualcuno piace?!..bho,puo darsi,a me per niente e credo che sia e sara' semplicemente la fine in tutti i sensi.

penso che se Diogene si ritrovasse catapultato ai giorni nostri non verrebbe rinchiuso in un manicomio,non ve ne sarebbe manco bisogno perché e' già tutto un manicomio all'aperto :)

Il Rilegatore

In generale, in tutto questo mi pare vi sia come un desiderio immediato di concretezza; che però è proprio quel che rende questa "vera vita" quanto di più astratto e impotente vi possa essere: una ricerca del reale svolta nell'immaginario. 

E immediato qui vuol dire: slegato dall'altro.

green demetr

Agli altri dico che non sono d'accordo. Troppa fatica correggere ogni singola posizione (Eraclito vedeva il logos come fuoco fisico.....ma stiamo scherzando vero?!???)

Tu Maral dici come scriveva Focault etc...

Devo ammettere che non capisco l'ultimo Focault, e trovo sospetto ogni tentativo che cerchi di recuperare valori dall'antichità.

Mi rimane da leggere l'opera di Sloterdijk su Nietzche("appunto perchè non possiamo che ritenerci cinici?"). (a parte che se devo pensare ad uno come il Diogene, in effetti la spettacolarizzazione, il voler far effetto a tutti i costi, mi ricordano certe forme della società dello spettacolo contemporanea, e quindi in questo senso e solo in questo, perchè la sottrazione al potere mi fa solo ridere, mi ricorda di qualche bonzo ubriaco buddista che va in giro a chiedere l'elemosina, l'unica sottrazione è la morte per inciso, quindi mi discosto pure dal monachesimo asceta proposto dal "mio" Agamben).

Comunque ammessa l'ingnoranza in materia, andiamo invece a leggere quello che scriveva Focault a partire dall'opera sulla "educazione sessuale", sul mondo antico.

Lui parte dal " conosci te stesso ", solo per poi andare avanti nei versi allessandrini, e scoprire che c'era anche scritto, "affinchè tu possa stare con gli altri".

Ricordo l'insistenza sulla figura morale di Marco Aurelio, e la sua arte dell'ascolto.

Eppure si finiva sempre a parlare della solita divisione dei compiti e delle recinzioni del sacro. I Lari, i Famili etc...

Tutte mimesi dell'unica verità del mondo antico, come ormai direi quasi tutti gli storici dell'antichità amettono, ossia la schiavitù.

Anche recentemente Cacciari ha parlato di una decina di anni della democrazia ateniese, prima dell'avvento dei 30 tiranni, etc....(un lasso piuttosto breve per avere tutta quella popolarità).

Insomma come dire, se la verità è quella del vivere nella polis, bè allora non c'è dubbio, che noi ci viviamo grazie allo sfruttamento del terzo mondo.

Direi quasi che è un falso problema, e quindi l'ennesima mimesi. (cattolica borghese etc..etc.. tanto vedo che da lì non ci si smuove).

D'altronde Trump è lì a testimoniarla. (anche se non mi torna minimamnete, visto che ha spiazzato i miei intellettuali di riferimento, ma a buon senso torna comunque visto che da noi in Italia con i fenomeni immigratori ormai va di moda).

Dovrebbe essere quella la pratica Maral? far finta di essere buoni cristiani, pregare, meditare, mentre il mondo continua a mutare, non solo singolarmente parlando, in quanto moriamo, ma anche geo-politicamente, in quanto il potere non è mai centralizzato, proprio perchè vuole essere centralizzato.(e non è che non incida nel "nostro morire").

No assolutamente rigetto le tue considerazioni, che anzi mi prendono anche leggermente stupito.

Io posso anche capire che il nichilismo sta prendendo tutti alla gola, ma secondo le previsioni scritte di Nietzche deve ancora venire.

Forse sarebbe il caso di analizzare se stessi un pò meglio, rispetto alla propria posizione rispetto al potere.

Ammettere che ne facciamo parte, magari inizierebbe anche a farci smettere di blaterare di religione come pratica. (direi che queste cose appartengono all'archeologia del sapere).

Come tutta la vita ha cercato di esprimere Sini, noi siamo all'interno di pratiche, non scegliamo mai una pratica. (a proposito sabato 19 è a Milano, spero di riuscire a parteciparvi, sono curioso di vederlo di fronte ad una platea pubblica, c'è il book festival, una 3 giorni piuttosto movimentata).

Nov 19 h 19:00
Fenomenologia della vita quotidiana e saperi del profondo
Lectio Magistralis con Carlo Sini
Filosofia e spiritualità
Circolo Filologico
Sala delle Colonne
via Clerici 10, Milano

Che direi anche in tema col 3d. Credo.

Sono con Zizek invece, il potere va combattuto al suo interno, accettando la sua dinamica gerarchica, che però nasconde molte verità, umane troppo umane, tutte ancora da scoprire.

Questo ammettendo che la verità sia quella pratica, ovvero del vivere assieme.


Se la verità deve essere spiritualità-materialità (foss'anco dialettica marxista) io mi taccio, d'altronde più che dire che Dio è morto, non posso. (morte della metafisica etc...)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#20
Eppure ti assicuro Green che l'ultimo Foucault è in perfetta linea con il Foucault di "Storia della sessualità", "Storia della follia"  e "Sorvegliare e punire": si tratta di partire dalla prassi come momento istituente la teoresi e non il contrario e in questo è in perfetto accordo anche con Sini (di cui cercherò anch'io di andare a sentire la lectio magistralis di domani, tra l'altro ho conosciuto personalmente Sini nel corso di alcuni incontri sul tema degli sviluppi attuali della biologia e ho avuto modo di discutere con lui per iscritto, una persona estremamente cordiale e disponibile al confronto, sempre disposto a rispondere in perfetta coerenza con il suo pensiero filosofico).
Perché la necessità di una filosofia fondata sulla prassi (una filosofia in primo luogo morale e politica quindi)? semplice, perché la metafisica ha concluso la sua via, la stessa metafisica che nasceva da Eraclito e da Parmenide, la metafisica fondata non sul fuoco fisico, ma sul logos (mi ha appassionato la lettura recente di "La parola e il silenzio" di Sini da cui ho tratto molto su riflettere) e sulla discussione pubblica. La morte della metafisica significa il trionfo del nichilismo? No, è la stessa metafisica che conduce al nichilismo come suo inevitabile esito, è la metafisica il terreno di cultura migliore del seme nichilistico e non il suo antidoto, dunque si parte dalla prassi, ma non una prassi metafisicamente istituita, assoluta, come vorrebbe un certo pragmatismo anglosassone, ma da una prassi concreta, una prassi che viaggia attraverso le sue forme storiche ed ermeneutiche, e in materia di prassi concreta i cinici furono maestri. Sono i performers della filosofia i cinici, intesa nella forma di "parresia": ossia del parlar franco fino ad agire per come si pensa, fino a provocare (anzi per provocare, secondo l'intento cinico) di modo da ricostituire quell'unità che sul piano del puro pensiero, del pensiero che galleggia su sovrumane altitudini, è fallita e nello stesso tempo proporre la propria "disgustosa" coerenza come pharmacon per tutti (la grande mania dell'Occidente, peraltro sempre ben poco coerente e quindi ben poco veritiero). Il cinico è padrone di sé, è libero perché povero e dunque dipendente da ogni altro, è sovrano perché è come Eracle, figlio di Zeus e sempre in combattimento, fino al suo ultimo istante di vita.
Nelle sue ultime lezioni, Foucault (se non hai letto "Il coraggio della parola" te lo consiglio, è piacevolissimo anche nello stile colloquiale) osserva che "parresia" è una forma di verità, diversa dalle altre: dalla verità profetica tipica del mito, dalla verità sapienziale tipica della teoresi filosofica, dalla verità tecnica tipica degli specialisti, dei professori e dei sofisti. La parola franca si esprime nella dimensione politica, rivolta alla polis e nella dimensione individuale, come faceva Socrate, scendendo in strada, interrogando tutti per chiedere cosa sapessero della verità. L'analisi di Foucault sulla parresia parte dai tre grandi dialoghi platonici sugli ultimi momenti della vita di Socrate, ma si sofferma particolarmente sul "Lachete", un dialogo molto significativo quanto apparentemente inconcludente in termini teoretici. Il problema da cui si parte nel "Lachete" è quello della giusta educazione dei figli, e, da questo tema, i protagonisti (Lachete, Nicia e Socrate) arrivano a discutere sul significato del coraggio senza arrivare a concludere nulla in merito, ma una cosa comunque si conclude: che Socrate, poiché è colui che più di ogni altro si dimostra capace di vivere coerentemente con quello che dice è colui che si occuperà dell'educazione dei figli di Lisimaco e dello stesso Lisimaco che aveva posto all'inizio il problema dell'educazione: Socrate infatti è coerente, la verità di Socrate sta nel come egli agisce e pratica, Socrate sa cos'è il coraggio perché lo ha dimostrato con le sue azioni, da soldato sul campo di battaglia e ora lo mostra con il suo parlar franco fino in fondo a ogni cittadino potente o miserabile che sia. I cinici porteranno alle estreme conseguenze questo medesimo assunto, lo porteranno in strada come filosofi di strada, scandalizzando con la loro verità esibita fino a cercare l'umiliazione pubblica e c'è molto del cinico nella figura dell'asceta e nella storia dell'ascetismo cristiano (la differenza la farà quando al coraggio della verità si sostituirà il dovere dell'obbedienza e al "mondo altro" e alla "vita altra" che il cinico indica praticandola, l' "altro mondo" e l' "altra vita" a cui il monaco aspira), c'è molto del cinico (e forse pure dell'asceta) in fondo nello stesso Nietzsche, nel suo Zarathustra che scende dalle vette tra gli uomini per venire deriso.
Come ho detto il cinico è un performer della verità, un clown o un buffone se vuoi, ma coerente con la rappresentazione che va giocando e in questa coerenza (coerenza dell'attore che agisce davanti a tutti per mostrare a tutti la verità non con la parola, ma con gli atti, sulla scena senza temere gli sberleffi che rilancia al pubblico, mostra cosa, una volta tramontata la metafisica, può ancora essere positivamente la verità: un puro atto di estrema coerenza con ciò che si è (così si diventa ciò che si è, dopotutto). E' in questo mostrare la verità dandole un corpo, il proprio corpo vivente, che il cinico disturba tutti quelli per cui, come scriveva Nietzsche nella sua visione degli ultimi uomini, basta un salutino alla mattina e uno alla sera, per il resto sperando sempre nella buona salute.
(lo immaginavo Green che ti avrei sorpreso con questo topic ... verità profetica la mia :) )

green demetr

scritto ieri  ;)  (a proposito ho mancato Sini...non è proprio periodo per me),

Ho troppo rispetto di Focault, per metterlo in dubbio. In effetti lui aveva un coraggio ed una intelligenza fuori dalla norma.
Su Nietzche come cinico, in effetti mi pare una lettura che ci sta. (Sloterdjk ci ha fatto un libro mi sa).


La questione politica, Maral.

Ma certo! d'altronde in SINI il tema della parresia, mi sembra assai consono con quanto spesso ho sentito da lui, si sposa con quello educativo.

Certo mi sorprende, come mi sorprende l'apertura alle neuroscienze di Sini d'altronde.

Ma io non avrei problemi a parlare di nuove ascesi performanti. Il punto è che, 1) Non ho mai sentito Sini parlarne di una, nè tantomeno altri, anche chi sta dalle parte del giusto come Zizek.

Di performance ho solo udito quella di Sloterdjk "migliora te stesso", che immagino vada su quella scia.

Ma stando a Zizek, non c'è da sorprendersi.

Perchè la proposta, qualsiasi essa sia, rimane sempre all'interno delle infinite proposte.

Ma nella realtà storica essa si da SEMPRE come gerarchia. Per questo parlando ad alcuni amici 20enni, ho consigliato di bypassare la fase propositiva.

Ovviamente fallendo, ma questo proprio in base alle mie recenti acquisizioni di "vita" è dovuto al fatto che siamo all'interno del POTERE.

Quindi tornando a Zizek, al problema, che gli pose una ragazza, su come qualsiasi altra proposta rispetto al POTERE, non diventi esso stesso POTERE, rispose.
"la faccenda rimane aperta".

Rimane aperta perchè ripartendo da SCHMITT l'ideatore politico del nazismo, DEVE ripartire dal binomio AMICO-NEMICO.

Questione della teologia politica che non c'è, credo, in Focault.

Ossia si è stutturalmente dentro il POTERE.

Agamben avendolo studiato, propone allora di ripartire dalla ascesi del monaco, appunto come dici tu, passare come fece il cristianesimo dall'altro come EXEMPLA del cinico, all'ALTRO, inteso proprio come REGNO DEI CIELI.
Si tratterebbe di rifare la scala gerarchica all'incontrario, ripartire dall'animale, passando per gli angeli e infine arrivare al TRONO VUOTO.

Il punto è che l'animale è esattamente il totemico come scoperto da levi-strauss, quindi sta a freud come il totemico, il sacro nelle incredibili rivelazioni che Agamben scopre studiano le usanze di punizione nell'uso romano. Ossia come l'eccezione. Io pongo il sacro, proprio perchè tu lo rimuova. E' il segreto ormai di pulcinella per il filosofo competente. E' appunto lo STATO DI ECCEZIONE, che storicamente si esibisce per esempio in ITALIA con i governi tecnici, con MONTI e infine con RENZI (governi anticostituzionali, ma appunto, essendo sacrali quelli costituzionali, assai violabili, e nel trend del molto più inquietante guerrafondismo globale, sempre sull'orlo di esplodere, facendo finta vista i massacri in medioriente o in himalaya o in sri lanka, non sia già in atto.)
Dunque la vita è sacra e quindi noi la affoghiamo nel sangue.
(ovviamente anche angeli e trono vuoto hanno un loro percorso, assai terreno, però qui non ci interessa).

Ecco esattamente la parresia come potrebbe intervenire in questo che lacaniamente è una fantasmatica, cioè la tecnica fotocopia con cui giornalmente viviamo, ascoltando piacevolmente i vari tg e altri mezzi di disinformazione???

Non è certo con l'opposizione che se ne esce, vedi i casi del nazismo tedesco, del comunismo cinese, dell'imperialismo bolscevico (che nascono come movimenti CONTRO)

Quale franchezza insomma? se poi tutto degenera nella coppia AMICO-NEMICO? e quindi esisto solo come oppositore legalizzato a qualcosa????

Questa è la domanda onesta che si fa il metafisico professionista. A cui non rimane appunto che una costante lotta teoretica per smacherare la mimesi dello STATO DI ECCEZIONE, ALIAS DEL MASSACRO SU PIANO GLOBALE.

Il passaggio fondamentale, è non solo l'altrui posizione, ma anche la propria, verificare che non abbia risvolti utopici, controllare che non sia un ripiegamento paranoico etc...etc....

Un lavoro immenso che richiede che esista una comunità filosofica anzitutto.

Credo che in fin dei conti quello strano miscuglio che Zizek tenta di elaborare da anni a questa parte, mescolando filosofia e psicanalisi, sia in fin dei conti proprio questo tentativo, di anzitutto rendersi conto del proprio farsi e costituirsi come azione, PRIMA PRIVATA che PUBBLICA. (se no come fa ad esistere una comunità di filosofi?)

A proposito di Socrate, attenzione anche alle forme mica tanto celate di volontà di potenza!
Socrate fa il moralista perchè vuole detenere il potere sulla educazione. Platone addirittura sfocia in desiderio di TOTALE CONTROLLO DEL FILOSOFO di qualsiasi cosa che sia umana e forse anche extra tutto sommato.

Lo stesso Sini mi sembra pecchi in maniera evidente in questo forma di autocompiacimento, che invece un Nietzche aborriva in maniera sprezzante: la pedagogia.
(La quale pedagogia, è l'arma principale di valore "finto", dal vietnam dei khmer rossi, all'america imperialista, passando per lo stato etico fascista, con il risultato annesso della regola aurea dell'eccezione, con massacri di ogni genere ad ogni latitudine).

Insomma la mia sorpresa è legata più alla mia paura che qualsiasi parresia si sleghi, quando invece debba essere accompagnata, dal suo bell'impianto di controllo teoretico (pena la morte dello stesso sistema).

Purtroppo da quello che ne so rimane come "questione aperta" e dunque di nuovo METAFISICA.

Insomma sì partiamo da punti di vista differenti, ma sulla stessa, credo, altezza di visione. (quindi sicuramente in una visione critica rispetto al metafisico tradizionale, quello che diventa esso stesso POTERE, o conduce alla creazione del POTERE, sono assolutamente d'accordo),
Vai avanti tu che mi vien da ridere

doxa

Angelo Cannata ha scritto:
CitazioneIl mio sogno sarebbe che la spiritualità diventasse facoltà universitaria, con docenti specializzati che fanno ricerca su di essa. Credo che il mondo intero ne guadagnerebbe.
Pensando di farti cosa gradita, anche se con ritardo rispetto al tuo post, t'informo che la spiritualità come disciplina fa parte del corso di studi di teologia nella pontificia università Gregoriana, a Roma. Alcuni anni fa in tale università ho assistito ad un interessante convegno sulla spiritualità con la partecipazione internazionale di professori laici e clericali.Nella libreria locale puoi trovare anche i libri che ti necessitano.

A Roma anche nelle altre università pontificie c'è l'insegnamento dedicato alla spiritualità

Angelo Cannata

Citazione di: altamarea il 21 Novembre 2016, 08:15:32 AM
Pensando di farti cosa gradita, anche se con ritardo rispetto al tuo post, t'informo che la spiritualità come disciplina fa parte del corso di studi di teologia nella pontificia università Gregoriana, a Roma. Alcuni anni fa in tale università ho assistito ad un interessante convegno sulla spiritualità con la partecipazione internazionale di professori laici e clericali.Nella libreria locale puoi trovare anche i libri che ti necessitano.

A Roma anche nelle altre università pontificie c'è l'insegnamento dedicato alla spiritualità

Io parlo di spiritualità indipendente da qualsiasi religione o credenza.

doxa

Angelo Cannata ha scritto:
CitazioneIo parlo di spiritualità indipendente da qualsiasi religione o credenza.

La spiritualità è indipendente da qualsiasi religione. Come argomento di studio è insegnato da docenti universitari nelle pontificie università e non nelle università statali. I professori della materia che ho conosciuto io erano laici, in particolare donne.

Angelo Cannata

Citazione di: altamarea il 21 Novembre 2016, 21:11:30 PM
La spiritualità è indipendente da qualsiasi religione. Come argomento di studio è insegnato da docenti universitari nelle pontificie università e non nelle università statali. I professori della materia che ho conosciuto io erano laici, in particolare donne.
Quella insegnata alla Gregoriana non è indipendente dalla religione: lo dicono loro stessi con chiarezza nel loro sito:

http://www.unigre.it/struttura_didattica/Spiritualita/index.php

ove si dice:

"L'intento dell'Istituto di Spiritualità è quello di abilitare le persone ad essere testimoni autentici e significativi del Vangelo".

cvc

Mi sorge un dilemma: che differenza c'è fra Diogene e un punkabbestia? Entrambi sono per l'anarchia, vivono di espedienti in condizioni simili ad animali, disprezzano le convenzioni sociali, sono scabrosi, insultano chi non la pensa come loro o non gli da ciò che chiedono. È per me come un rompicapo, perché io stesso nutro ammirazione per Diogene e repulsione per i punkabbestia? Forse perché il primo è un'idealizzazione di un uomo vissuto duemila anni fa in condizioni particolari e questi me li ritrovo nel presente fra i piedi e devo evitarli perché mi irritano profondamente? Ammetto di sentirmi un po' confuso al riguardo. Forse perché il primo aveva una posizione ideologica e il secondo è invece più interessato all'aspetto pratico della sua condizione, che gli consente di vivere come un parassita. È ciò che è stato contestato ai cinici successori del movimento che proprio per questo si estinse, venendo relegato ad "arte di masturbarsi in pubblico".
Però faccio fatica a fare una netta distinzione, probabilmente perché qualcosa mi sfugge.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

maral

#27
Citazione di: cvc il 24 Novembre 2016, 08:39:40 AM
Mi sorge un dilemma: che differenza c'è fra Diogene e un punkabbestia? Entrambi sono per l'anarchia, vivono di espedienti in condizioni simili ad animali, disprezzano le convenzioni sociali, sono scabrosi, insultano chi non la pensa come loro o non gli da ciò che chiedono. È per me come un rompicapo, perché io stesso nutro ammirazione per Diogene e repulsione per i punkabbestia? Forse perché il primo è un'idealizzazione di un uomo vissuto duemila anni fa in condizioni particolari e questi me li ritrovo nel presente fra i piedi e devo evitarli perché mi irritano profondamente? Ammetto di sentirmi un po' confuso al riguardo. Forse perché il primo aveva una posizione ideologica e il secondo è invece più interessato all'aspetto pratico della sua condizione, che gli consente di vivere come un parassita. È ciò che è stato contestato ai cinici successori del movimento che proprio per questo si estinse, venendo relegato ad "arte di masturbarsi in pubblico".
Però faccio fatica a fare una netta distinzione, probabilmente perché qualcosa mi sfugge.
E' un dilemma interessante, ma a cui non so rispondere se non che ci sono più di duemila anni di distanza tra un Diogene e un punkabbestia e una differenza enorme di contesti e quindi di significati. Di Diogene sappiamo ben poco, a parte qualche aneddoto resta una figura quasi leggendaria, i cinici li conosciamo soprattutto attraverso le parole di altri, epicurei e stoici, in particolare Epitteto che traccia un profilo del cinico ideale, dal punto di vista di uno stoico ovviamente. In realtà, come fa notare Foucault, gli atteggiamenti dei cinici sono sempre risultati socialmente repulsivi: la povertà estrema perseguita come valore, la ricerca  dell'umiliazione pubblica, il vivere di elemosina (cosa considerata per un greco dei tempi estremamente disonorante, quanto la schiavitù), la sporcizia del corpo (poi ripreso come valore da un certo ascetismo cristiano, ma in un'ottica ben diversa) e soprattutto l'atteggiamento indisponente, fino alla provocazione più irritante fatta per mostrare l'irrilevanza di qualsiasi posizione socialmente riconosciuta, la messa in luce della falsità di qualsiasi gerarchia sociale e il concetto di natura intesa come pura animalità. Tuttavia la filosofia dei cinici, quelli alla Diogene, era basata sul "cambiare la moneta", per mostrarne la vera faccia. Non so se i punkabbestia siano guidati dal medesimo intento o, piuttosto, dalla considerazione del fatto che nessuna moneta ha valore, quindi non ha senso né il cambiarla né il conservarla, giacché ogni esistenza partecipa del suo fondamentale essere niente, non essendoci proprio alcuna verità che è poi la verità che aleggia sotto il fondamentale nichilismo dei tempi attuali. Forse Diogene non si trovava ancora a fare i conti con il nichilismo e poteva ancora immaginarsi e praticare un modo diverso di vivere e agire come qualcosa che fa differenza in valore, anziché una sottostante completa e radicale indifferenza per tutto. O forse un punkabbestia incarna l'unico modo possibile per essere coerentemente cinico nei tempi attuali.

Garbino

La vera vita a riferimento della verità.

L' argomento è interessante e sinceramente contavo su un intervento di Memento che ha dimostrato in altre occasioni di poter esprimere quello che sostanzialmente sarà la base del mio discorso. L' argomento riguarda da vicino il terzo saggio di Genealogia della morale che ho incominciato ad approfondire nell' attesa di affrontarlo più avanti nel mio post su Nietzsche.
La teoria di Nietzsche sul filosofo dell' antichità ( greca e indiana soprattutto ) riguarda proprio questa aurea di ascetismo di cui si rivestivano, o meglio in cui era necessario che credessero per rendersi credibili. E' sempre molto difficile riuscire ad avere un occhio particolare sul passato perché purtroppo viene sempre filtrato da una serie di disinformazioni e incomprensioni derivate da cattiva gestione dei significati ( a volte purtroppo voluta ) del passato da parte del sistema in cui si vive e che ha tutto l' interesse che ciò avvenga.
Il comportarsi in un certo modo, esercitare terrore e rispetto al loro apparire era indispensabile per rendersi non solo credibili ma anche accettabili. Era un mondo diverso, dove il pensare contava poco e ripeto per molti versi molto difficile da figurarsi tanto da avere una visione veritiera del momento storico. Veritiera nel senso che abbia una certa parvenza di approssimazione alla realtà storica di quel periodo. E questo al di là di quale fosse la base del loro pensiero e quindi della loro filosofia.
La vita vera per certi versi era l' unico modo in cui il filosofo asceta poteva presentarsi. Per molti versi non aveva scelta. 
Ai giorni nostri, come in altri periodi storici recenti e non, alcune volte questo fenomeno si è ripresentato, con una differente possibilità di credibilità. Ma ai giorni nostri soprattutto, questa credibilità è quasi nulla. Appaiono ogni tanto in televisione questi scimmiottatori del personaggio aderente alla propria filosofia il cui unico risultato è quello di generare e provocare ironia ed ilarità. Personalmente rido sempre di gusto al loro apparire.

Altra cosa sarebbe l' auspicarsi che il filosofo viva la vera vita, e cioè il contesto del suo pensiero, in prima persona, facendosi anima e corpo portatore del suo pensiero filosofico. E forse c' è chi lo fa. Ma nel contesto storico in cui viviamo non fa notizia e perciò destinato a rimanere nell' oblio.

Ringrazio della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.

green demetr

Citazione di: Garbino il 30 Novembre 2016, 10:16:54 AM
.....
Ai giorni nostri, come in altri periodi storici recenti e non, alcune volte questo fenomeno si è ripresentato, con una differente possibilità di credibilità. Ma ai giorni nostri soprattutto, questa credibilità è quasi nulla......

Interessante la questione della credibilità.

Ascoltavo tempo fa per esempio una dottoranda alla scuola platonica di Parigi, dove per riappropriarsi dell'etico si tirava in ballo la questione della Vergogna.
Ossia portare chi sbaglia alla gogna mediatica, o all'epoca coram populum. (e di conseguenze alla cancellazione della propria credibilità).

Ancora Zizek sull'ultima elezione di Trump invita a ragionare sulla svolta epocale del turpiloquio portato a DISCORSO PUBBLICO. Ossia il disvelamento dell'opposto a cui credevano gli antichi.

Zizek è concorde con la questione del politically correct almeno nel discorso pubblico, per ragioni psicanalitiche, in cui il vero nascondendosi può tornare a galla successivamente. (l'opposto come vedete della ricetta cinica).


Il punto è che nessuno che non siano gli studiosi di Schimt (o Agamben) riesce a intendere è la questione del gerarchico.
La questione del gerarchico nasconde le insidie della paura e le insidie della paura generano razzismo e turpiloquio.

Quando uno se fa vessillo siamo di nuovo punto e capo nella storia dei fascismi. (benchè sia d'accordo con l'esitante Zizek, viste che effettivamente tragedie storiche sono sempre avvenute, Trump rimane un paper-tiger, un mostro solo sulla carta, per esempio il muro con il messico, è già diventato il giorno dopo "solo una metafora").

Quindi rieccoci a livello storico alla questione vexata, i greci si basavano sulla schiavitù, la loro parresia era solo un politically correct, non per far emergere qualcosa di nuovo democratico, ma semplicemente per difendere i loro sollazzi e piaceri vari.


Mi piace il paragone con i punkabestia, esattamente come loro, il cinico era persona libera, là dove i primi sono "figli di papà". La maschera nasconde sempre la gerarchia, anche il cinico si basava sullo schiavo, e questo è tutto.

Per un processo democratico, o meglio per un ripensamento del rapporto con l'Altro, bisogna fare molto di più di così.


Al di là della questione politica, però Garbino sono interessato a sapere se ti sei già fatto una idea del rapporto prassi-teoria.
Sei anche tu con Maral, o pensi come me che sia la teoria a dover controllare la prassi? e non la teoria derivare dalla prassi (perchè sennò Maral, se la gente è veramente quello che è, il razzismo diventa legalizzato, e non protetto dalla netiquette).

Non l'ho capito bene dal tuo intervento, in quanti parli semplicemente di portare avanti la proprio filosofia.
Già ma quale? uno dei problemi (tanti) del mondo filosofico contemporaneo.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Discussioni simili (5)