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La semiretta

Aperto da Eutidemo, 14 Agosto 2024, 13:00:39 PM

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Eutidemo

Su INTERNET troviamo le seguenti definizioni della "semiretta"; e molte altre ancora, tutte pressochè simili:
a)
b)
ecc. ecc.
***
Al riguardo, considerata la mia ignoranza in materia, mi vengono alcuni  dubbi.
Ad esempio:
.
1)
Perchè mai una "semiretta" viene definita esclusivamente come "ciascuna delle due parti in cui una retta viene divisa da un suo punto"?
E, cioè:
***
Ed infatti una "semiretta" non potrebbe essere definita anche quella che "nasce in un punto isolato nello spazio" (magari identificato in un piano cartesiano), e che poi prosegue all'infinito -ovvero illimitatamente, come spiegherò poi- in una determinata direzione?
E, cioè:
***
.
2)
Nel secondo sito da me riportato, inoltre, si dice che "ciascuna delle due rette è <<infinita>> in un solo senso, ma è <<limitata>> nell'altro."
Distinzione, questa, che mi ha sempre lasciato alquanto perplesso!
Ed infatti, quando si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro", a mio parere ci si contraddice in termini.
***
Ed infatti, a mio parere:
- o si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<finita>> nell'altro";
- oppure si dice che "ciascuna delle due semirette è <<illimitata>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro".
***
Mi spiego con un esempio:
a)
Consideriamo il "segmento di retta" che va da P a Q, non tenendo conto delle semirette che, poi, partono a sinistra da P e a destra da Q:
Ritengo incontestabile che il "segmento di retta" che va da P a Q incontri due "limiti" nei suoi estremi P e Q; ed infatti nessuno potrebbe negare una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica" così ovvia!
b)
Ora, invece, rimuoviamo il "limite" costituito dal punto Q, lasciando che dal punto P la retta prosegua, senza più alcun "limite", nel suo ininterrotto tragitto verso destra:
***
In tal caso, a me sembra una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica", affermare che, rimuovendo ogni "limite" al suo percorso verso destra, tale semiretta prosegua "illimitatamente" nel suo tragitto in tal direzione; ed infatti "togliendo un limite", si procede "senza limite" (cioè, appunto, "illimitatamente").
***
Non per questo, tuttavia, ritengo che sia "errato" dire che da P la semiretta prosegue all'"infinito" verso destra; sempre, però, che poi coerentemente si dica che, a sinistra, il suo tragitto "finisce" nel punto P.
Come si legge nella Treccani, invero, il verbo "finire" significa anche "delimitare".
***
Tuttavia, per sostenere che tra il termine "infinito" ed il termine "illimitato" ci sia una sostanziale differenza, come esempio tipico di un insieme "finito" ma "illimitato" si porta un "cammino lungo l'equatore": il quale è "finito" ma "illimitato", in quanto si può continuare a precorrerlo (anche più volte) senza mai trovare un "limite".
Si tratta di un esempio molto acuto ed arguto, ma che, secondo me, è ingannevole.
Ed infatti un "limite" può essere stabilito nel numero dei passi consentiti (anche dalla natura) all'ipotetico  "camminatore", per cui:
- se viene fissato per costui un numero "limitato" di passi da poter fare lungo l'equatore, ad un certo punto si dovrà fermare, per cui il suo viaggio sarà "finito";
- se, invece, non viene fissato per costui nessun numero "limitato" di passi da poter fare lungo l'equatore, potrà (almeno teoricamente) compiere un numero di passi "illimitato", e, nello stesso tempo "infinito".
E' ovvio che nella realtà il numero di passi che un individuo potrà compiere in linea retta lungo l'equatore (mari a parte), sarà sempre fisicamente "limitato" dalle sue forze e dalla durata della sua vita; e, quindi, sarà comunque un viaggio destinato, prima o poi, a "finire".
Ma, chiaramente, si tratta di un esempio astratto!
***

iano

#1
Se il percorso è indipendente dalla percorrenza, allora ne segue che, uno potrà essere limitato e l'altro no.
Il viaggiatore che percorre l'equatore non solo ha un limite temporale dato dalla sua vita non eterna, ma l'equatore che percorre non è mai lo stesso, consumandolo nel suo andare.
Possiamo però astrarre il viaggiatore e l'equatore con un punto ed un cerchio eternamente uguali a se stessi, non essendo soggetti all'usura del tempo.

In generale il processo dell'accettazione dell'infinito deriva dal confondere, secondo me, la realtà con le sue descrizioni
Se posso descrivere la realtà non perciò la realtà è ciò che descrivo, specie se ne posso fare descrizioni alternative.
Se nel descrivere la realtà uso la geometria di Euclide che comprende il concetto di infinito, non perciò infinita deve essere la realtà.
Il viaggiatore non è un punto e l'equatore non è un cerchio, ma posso descriverli in questo modo.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

1) La semiretta non ha origine logica propria, ma deriva dalla retta divisa in due dal punto. Anche i corpi geometrici hanno una loro Genesi.

2) il termine "limite" ha una valenza ontologica nella geometria analitica e lo si usa consapevolmente per definire "il" punto limite della semiretta. Il suo unico punto ("notevole") che ne delimita il campo di esistenza nella propria dimensione (1).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Eutidemo

Ciao Iano. :)
La tua è un'argomentazione molto interessante; ed infatti, spesso, il concetto dell'"infinito" deriva dal confondere la realtà con le sue descrizioni.
***
Ma, almeno secondo me, descrivere una semiretta come <<infinita>> in un senso, e <<limitata>> nell'altro, a prescindere dalla "realtà" che sottende tale descrizione, costituisce un controsenso "logico", "filosofico" e "semantico"; ed infatti sarebbe una specie di "sirena", mezza donna e mezzo pesce.
***
Ed infatti, come ho già scritto:
- o si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<finita>> nell'altro";
- oppure si dice che "ciascuna delle due semirette è <<illimitata>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro".
***
Un cordiale saluto! :)
***

Eutidemo

Ciao Ipazia. :)
In ordine alle tue interessanti, ma un po' troppo "anapodittiche" considerazioni, osservo quanto segue:
.
1)
Non c'è dubbio che anche i corpi geometrici debbano avere una loro genesi, però non riesco assolutamente a capire perchè mai:
- una semiretta debba avere necessariamente la sua genesi in un determinato punto di una retta:
- una semiretta, invece,  non possa avere la sua genesi in un determinato punto dello spazio:
Secondo me sono tutte e due delle "semirette"; in caso contrario, secondo te, la seconda come diamine dovrebbe essere definita?
.
2)
Il termine "limite" lo si usa consapevolmente per definire:
- sia il singolo punto limite della semiretta;
- sia i due punti limite di un segmento di retta.
***
Quindi, come mi sembrava di aver esaurientemente e graficamente dimostrato:
a)
Consideriamo il "segmento di retta" che va da P a Q, non tenendo conto delle semirette che, poi, partono a sinistra da P e a destra da Q:
Ritengo incontestabile che il "segmento di retta" che va da P a Q incontri due "limiti" nei suoi estremi P e Q; ed infatti nessuno potrebbe negare una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica" così ovvia!
b)
Ora, invece, rimuoviamo il "limite" costituito dal punto Q, lasciando che dal punto P la retta prosegua, senza più alcun "limite", nel suo ininterrotto tragitto verso destra:
***
In tal caso, a me sembra una verità "geometrica", "filosofica" e "semantica", affermare che, rimuovendo ogni "limite" al suo percorso verso destra, tale semiretta prosegua "illimitatamente" nel suo tragitto in tal direzione; ed infatti "togliendo un limite", si procede "senza limite" (cioè, appunto, "illimitatamente").
***
Un cordiale saluto! :)
***

Ipazia

1) Probabilmente è  più maieutico e consequienziale originare la semiretta dalla retta.

2) Considerare il punto-origine un limite è più coerente con la descrizione analitica della semiretta intesa come funzione, portando così "avanti il discorso" verso concetti geometrici più avanzati della geometria euclidea. Non vedo che utilità abbia mettere e togliere un secondo punto complicando il discorso col segmento. Se si parla di semirette il punto-limite è uno solo e rientra nella categoria magica dei punti notevoli cui Cartesio darà nuova e più gloriosa vita inserendoli tra le assi cartesiane col loro bravo (x,y) a imperitura memoria nella funzione f(x) che fornisce anche l'inclinazione, inclitamente rivolta all'infinito. ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#6
Citazione di: Eutidemo il 14 Agosto 2024, 16:56:39 PM
Ciao Iano. :)
La tua è un'argomentazione molto interessante; ed infatti, spesso, il concetto dell'"infinito" deriva dal confondere la realtà con le sue descrizioni.
***
Ma, almeno secondo me, descrivere una semiretta come <<infinita>> in un senso, e <<limitata>> nell'altro, a prescindere dalla "realtà" che sottende tale descrizione, costituisce un controsenso "logico", "filosofico" e "semantico"; ed infatti sarebbe una specie di "sirena", mezza donna e mezzo pesce.
***
Ed infatti, come ho già scritto:
- o si dice che "ciascuna delle due semirette è <<infinita>> in un senso, ma è <<finita>> nell'altro";
- oppure si dice che "ciascuna delle due semirette è <<illimitata>> in un senso, ma è <<limitata>> nell'altro".
***
Un cordiale saluto! :)
***

Ma a questo punto dovrei chiederti qual'è per te la differenza fra infinito e illimitato, perchè
magari per coloro che hanno scritto le definizioni che hai trovato su internet questa differenza non c'è.
Per me in effetti una differenza c'è, ma non posso dimostrane la correttezza chiamando a testimone una etimologia di cui non sone padrone, per cui la differenza fra i due termini la definisco contestualmente secondo il mio sentimento.
Partendo dalla considerazione che seppure l'infinito non esista, esiste però l'idea che ne abbiamo, da dove nasce allora questa idea?
Nasce da un processo che può essere iterato un numero di volte indefinito.
Un processo di cui, seppur limitato nel sua ripetizione, non sono in grado di precisare il suo limite, o che, nel caso lo precisassi, non sarei in grado di dimostrare che lo sia.
La rappresentazione di una retta di fatto è un segmento che da un ''vero'' segmento si distingue per la libertà che abbiamo nel disegnarla, cioè posso farla lunga quanto mi pare.
Il suo disegno cioè non è condizionato da altri disegni che logicamente lo precedono, come può essere l'ipotenusa di un triangolo rettangolo una volta disegnati i suoi cateti.
Il primo cateto è in certo senso una retta, in quanto liberamente disegnato, e non indicando nulla di particolare se non se stesso, mentre il secondo cateto disegnato in rapporto col primo individua il triangolo, determinandone di fatto l'ipotenusa.

Quanto è davvero finito un segmento se posso disegnarlo lungo quanto mi pare?
Il processo di disegnarlo so che ha una fine, ma quale sia la fine nessuno può dirlo, neanche il disegnatore.
Certo il disegnatore potrebbe dire che il segmento arriverà fino a un punto prestabilito, ma come faceva a sapere quale sarebbe stato il punto prima di stabilirlo?
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iano

#7
Premesso che ho espresso concetti soggettivi, ''matematicamente'' censurabili, credo che l'idea di infinito, e non dunque l'infinito, nasca da un processo ripetibile in quanto ben definito, di cui non si può dire quando finisce di replicarsi, essendo insita questa indefinitezza nella sua natura di essere ripetibile.
E' dunque l'infinito tutta questa roba da temere?
Per così poco?
Spaurirsi per una tale banalità guardando oltre la siepe di casa?
Eppure è ciò che succede quando non riusciamo a scindere la realtà dalle sue poetiche  descrizioni, subendone la suggestione.
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iano

#8
Citazione di: Eutidemo il 14 Agosto 2024, 17:18:46 PM
però non riesco assolutamente a capire perchè mai:
- una semiretta debba avere necessariamente la sua genesi in un determinato punto di una retta:
- una semiretta, invece,  non possa avere la sua genesi in un determinato punto dello spazio:
Secondo me sono tutte e due delle "semirette"; in caso contrario, secondo te, la seconda come diamine dovrebbe essere definita?
Se hai già definito cos'è la retta puoi definire di conseguenza la semiretta individuando un punto su essa.
Se hai già definito cos'è la semiretta  a partire da  un punto nello spazio, puoi definire a partire da essa la retta.
Se possiamo dimostrare che i due processi di definizione si equivalgono, come possiamo già intuire, allora possiamo usare una definizione o indifferentemente l'altra.
Non c'è un modo esclusivo di definire le cose, ma dobbiamo curare che i diversi modi non definiscano cose diverse, per cui ogni volta che diamo una definizione non usuale abbiamo l'obbligo di una dimostrazione, obbligo che possiamo evitare dando in ''modo esclusivo'' una precisa data definizione in modo usuale.
Gli assiomi posti a premessa della geometria di Euclide non sono obbligatori, e possiamo sostituirli con altri, ma a patto di dimostrare che la geometria non cambi.
Noi scegliamo fra gli assiomi quelli più vicini alla nostra intuizione, ma sostituendoli con altri meno intuitivi la geometria si può dimostrare che non  necessariamente cambi, a dimostrazione del fatto che l'evidenza degli assiomi non è necessariamente richiesta.
A partire da assiomi non evidenti si può giungere a conclusioni che ci erano già evidenti, a dimostrazione del fatto che la loro verità non deriva dalla loro evidenza.




Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Ipazia. :)
In ordine alle tue interessanti considerazioni, osservo quanto segue:
.
1)
Sarà pure come dici tu, ma io non vedo proprio perchè dovrebbe essere più maieutico e consequenziale originare la semiretta dalla retta; originando così "due" semirette, invece di una sola.
Ed infatti, quando, a scuola, mi dicevano di disegnare "una" semiretta alla lavagna, io la disegnavo così; ed il professore non ha mai avuto niente da ridire.
.
2)
L'utilità di mettere e togliere un secondo punto era soltanto a fini esemplificativi, al fine di dimostrare che una "semiretta" è:
- "limitata" dal lato P;
- "illimitata" dall'altro, una volta eliminato il "limite" Q.
***
.
***
Un cordiale saluto! :)
***

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Secondo me, almeno in generale, una vera è propria differenza tra "infinito" e "illimitato" non c'è; tanto è vero che, tra i vari possibili "sinonimi" di "infinito" (più o meno appropriati), quasi tutti i vocabolari mettono "illimitato" al primo posto.
***
Tuttavia, proprio a voler fare la "chimica" delle parole, "forse", almeno secondo me:
- il termine "infinito" è più appropriato per le "quantità";
- il termine "illimitato" è più appropriato per le "estensioni".
Però, almeno nel linguaggio comune, ritengo che, in genere, si tratti di termini tranquillamente "intercambiabili".
***
Etimologicatente:
- il "limes" era la linea artificiale che segnava la "fine" dell'Impero romano, in comune "con" i territori "con-finanti".
- il "limen", invece, era la "porta di casa" (anche se a volte, per traslato, anche col significato "con"-fine)
***
Quanto al "segmento di retta" è vero che puoi disegnarlo lungo quanto ti pare; però, se non ha due "limiti" estremi, uno a destra ed uno a siniistra, che lo "delimitano", allora cessa di essere un "segmento di retta".
***
E' vero che non c'è un modo esclusivo di definire le cose, ma dobbiamo curare che i diversi modi non definiscano cose diverse.
Per cui, secondo me, non c'è niente di diverso, nè "concettualmente", nè "graficamente" nè "geometricamente"  tra:
- una semiretta che nasce da un punto P situato su una retta, e che si dirige all'infinito verso destra:
- ed una semiretta che nasce da un punto P situato in piano cartesiano, e che si dirige all'infinito verso destra:
***
Un cordiale saluto! :)
*** 

Ipazia

L'infinito in matematica esiste, così come lo zero. Questo dimostra l'artificialità della matematica  ma pure la sua strumentalità capace di produrre calcoli e paradigmi praticamente utili usando grandezze inesistenti.

La retta è uno dei primi esempi di utilizzo del concetto di infinito, così come la numerazione. Quasi infinito è lo scherzetto fatto dall'inventore della scacchiera al suo committente quando gli chiese un modico compenso basato sulla potenza di 2. Così come lo è il tempo d'attesa di una protesi all'anca erogato dalla mutua di un paese sedicente avanzato.

I numeri sono infiniti, la realtà ci prova.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

@Eutidemo 
Come già evidenziato da Ipazia con altre parole resta inoltre il fatto che il significante semiretta sia di fatto riferito al concetto di retta. È plausibile pertanto che la sua definizione geometrica si riferisca alla retta. Un saluto 

Il_Dubbio

L'infinito ha due modi essenziali per essere definito: infinito attuale (compiuto) o infinito potenziale.
Quando l'infinito è potenziale ha una qualche ragione di essere chiamato illimitato.
Illimitato però suggerisce il fatto che appunto non ci sia un limite. Ovvero si può camminare dritti su un cerchio all'infinito, senza cioè trovare alcun limite. 
L'infinito attuale è invece molto piu difficile da digerire. E' come immaginarsi un cerchio con circonferenza infinita. E' attuale perchè possiamo immaginarlo come un cerchio ma chi dovesse camminarci sopra non riuscirebbe mai a completare il giro. 
L'idea del cerchio (attenzione) ci porta all'idea del finito senza limite. Ma se la circonferenza fosse infinita viene meno il concetto di finito (infatti il cerchio è finito solitamente), e appare meglio inquadrato il concetto di infinito attuale (quello difficilmente concepibile se no con l'intuito). 


Il_Dubbio

Citazione di: Il_Dubbio il 15 Agosto 2024, 08:38:58 AML'infinito ha due modi essenziali per essere definito: infinito attuale (compiuto) o infinito potenziale.
Quando l'infinito è potenziale ha una qualche ragione di essere chiamato illimitato.
Illimitato però suggerisce il fatto che appunto non ci sia un limite. Ovvero si può camminare dritti su un cerchio all'infinito, senza cioè trovare alcun limite.
L'infinito attuale è invece molto piu difficile da digerire. E' come immaginarsi un cerchio con circonferenza infinita. E' attuale perchè possiamo immaginarlo come un cerchio ma chi dovesse camminarci sopra non riuscirebbe mai a completare il giro.
L'idea del cerchio (attenzione) ci porta all'idea del finito senza limite. Ma se la circonferenza fosse infinita viene meno il concetto di finito (infatti il cerchio è finito solitamente), e appare meglio inquadrato il concetto di infinito attuale (quello difficilmente concepibile se no con l'intuito).


Chiaramente un cerchio non ha un punto di origine come l'avrebbe la semiretta. La retta non ha invece punti di origine. Mentre se disegno un segmento (che è una parte di una retta) posso limitarlo da due punti.
Un cerchio con circonferenza infinita alla fine potrebbe assomigliare alla retta, ma non produrebbe, secondo me, la differenza (netta) che sta tra infinito attuale e infinito potenziale. Per questo mi sono affidato al cerchio con circonferenza infinita per arrivare all'idea di infinito attuale.