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La sedia in sè

Aperto da viator, 09 Febbraio 2020, 21:31:27 PM

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Sariputra

#30
L'"in sè" della sedia è il suo essere "sedia". Se volesse fare , che so...il tavolo, non sarebbe più "in sè". Infatti , vedendola fare il tavolo, si dice :"Quella sedia non è in sè". Se un uomo si mette a fare il cane, latrando e uggiolando, non è più evidentemente "in sé", ma non è neppure un cane. Infatti un cane perfettamente "in sé", osservandolo perplesso, e non decifrando i suoni sconclusionati emessi dall'uomo "fuori di sé", può decidere di morderlo, al che l'uomo può anche, sopraffatto dal dolore, tornare "in sè" e rifilare un calcione al cane che, "fuori di sé" dalla paura, potrebbe fuggire lontano dall'uomo tornato "in sè"...
Quindi, ricapitolando:"in sè" s'intende quando un fenomeno, cosa, persona o bestia è "centrato in sè". L'uomo fa l'uomo; il cane fa il cane e la sedia fa la sedia. "In" equivale a "dentro". Infatti si dice: "Sei 'in' casa?" intendendo "Sei dentro casa?". Ne consegue che l'"in sè" della sedia sta nella sua "sedianità" (cioè nel suo fare la sedia e non il tavolo-"stare dentro" il suo essere sedia). L'"in sè" dell'uomo sta nel suo fare l'uomo (perché "essere l'uomo" è "fare l'uomo"), cioè nella sua "umanità". L'essere del cane nella sua "caninità", e via dicendo...
Questa "umanità" dell'uomo non è trovabile, né misurabile, eppure c'è. Infatti non si vede un uomo volare come un uccello, come non si vede un airone dire messa cantata. Questo perché l'uccello ha la sua "uccellità", e in più non viene neppure accettato in seminario, mentre l'uomo non ce l'ha (purtroppo...). Come sempre ci viene in soccorso LUI, il dizionario:

In partic., nel linguaggio filos. la locuz. "in sé" indica la realtà nella sua propria e vera natura, indipendentemente dai suoi attributi accidentali o da un modo soggettivo di considerarla.(diz.Treccani)

Quindi quale può essere la vera natura della sedia se non essere "sedia" ?Quella dell'uomo se non essere "uomo"? Quella del cane se non essere "cane"? E questo indipendentemente dai suoi attributi accidentali. Se anche l'uomo, infatti, si mette a fare il cane, tentando di latrare, non per questo smette di essere uomo, diventando cane. Mai si è visto un accalappiacani mettere nel furgone un uomo che tenta di fare il cane. L'accalappiacani riconosce l'"umanità" dell'uomo, infatti, e quindi, al massimo, dopo aver chiamato l'ambulanza...gli lancia un biscotto. Il dizionario poi è incredibile! Aggiunge pure: "indipendentemente dal modo soggettivo di considerarla". Infatti se anche consideriamo soggettivamente che la sedia è un tavolo e apparecchiamo per la cena sopra di essa, sedendoci invece sul tavolo, non per questo la sedia smette di essere "in sé" una sedia diventando un tavolo. Così come un uomo che, per esempio, scodinzola usando un braccio al posto della coda, smette di essere uomo diventando un cane. E' evidente che rimane un uomo!..  ::)

Se poi questo "in sé" della sedia sia da considerarsi dotato di natura propria, autonoma, indipendente, stabile e duratura, questo no. Infatti la sedia non è "intrinsecamente sedia", in quanto aggregato di infiniti "non-sedia" (basti pensare ai chiodi, alla colla,alla vernice, ai feltrini,ecc. Per allargarci poi al falegname che l'ha costruita, alla sega, alla pialla, e via dicendo...E poi al legno usato, alla pianta, alla terra, agli elementi minerali, all'aria, e via dicendo...)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

iano

@Sariputra.
Chiaro.
La natura della sedia in se' sta oltre là soggettività, che sia la nostra singola o dell'umanità intera.
Questa natura può quindi essere oggetto di fede o di ipotesi.
Quindi , grazie alla mia ignoranza filosofica , da semplice rappresentante del popolo 😁 , confermo che non ho capito l'oggetto di questa discussione , anche se intuisco che trattasi di roba filosofica fondamentale. Ma...
In parole povere? 😊
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Sariputra

#32
In parole povere...uhm!  :-\

"C'è" la "sedia". Infatti , se qualcuno la prende in mano e te la dà sulla gobba, chiaramenti senti che c'è la sedia. Ma , dopo che si è sfasciata sul tuo groppone... non "C'è" più . Questo perché non è intrinsecamente data, al netto delle parti che la costituiscono...Se fosse dotata di natura propria permarrebbe come sedia "in sè" anche dopo sfasciata. Ma così non è. Adesso hai pezzi di legno buoni per la stufa...
Ma finchè è "in sè" una sedia, l'uomo che l'afferra con ambo le mani per infierire su di te, non pensa. "Prendo questi pezzi di legno e glieli dò sul groppone a Iano", ma bensì: "Prendo questa sedia e gliela dò sul groppone a Iano".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
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viator

Salve Sariputra. Ottime osservazioni le tue, fornite a livello di buonsenso. Infatti l'"in sè" della sedia (e di tutto il resto) consiste nelle, sue caratteristiche ESSENZIALI, cioè COMPLETAMENTE ED UNICAMENTE SPECIFICHE.

Quindi "la sedia in sè" non può consistere nel materiale in cui è fatta (oggetti di legno, plastica, metallo, vetro...sai quanti ce ne sono), negli accessori di cui è dotata, (imbottiture, feltrini etc:), nelle sue parti (braccioli, schienali, ripiani, gambe le hanno anche le poltrone), neppure nella sua forma (nei musei sono esposte anche opere in forma di sedia)............

LA SEDIA IN SE' (ED OGNI ALTRA COSA E CONCETTO IN SE') E' INDIVIDUABILE E DEFINIBILE ATTRAVERSO LA FUNZIONE PER LA QUALE TAL COSA ESISTE, PER LA QUALE LA NATURA L'HA PRODOTTA (indipendentemente da eventuali nostre successive interpretazioni) O PER LA QUALE L'UOMO L'HA CONCEPITA.

Naturalmente noi poi saremo liberissimi di affermare che "le cose in sè" non esistono, Se sono naturali, possiamo ignorarne l'esistenza e soprattutto mistificarne o non riconoscerne la funzione. Se sono nostre concezioni, a maggior ragione potremo dar loro significato e funzione tutt'altro che univoche, falsificando quindi l'essenzialità di un loro significato "in sè". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Iano. Per cercare di capire cosa sia "la cosa in sè" secondo me potresti limitarti a confrontare il significato della Enciclopedia Treccani, che riporto qui sotto :

In partic., nel linguaggio filos. la locuz. "in sé" indica la realtà nella sua propria e vera natura, indipendentemente dai suoi attributi accidentali o da un modo soggettivo di considerarla.(diz.Treccani)

con ciò che ho appena scritto nel mio intervento di poco qui precedente :

Infatti l'"in sè" della sedia (e di tutto il resto) consiste nelle, sue caratteristiche ESSENZIALI, cioè COMPLETAMENTE ED UNICAMENTE SPECIFICHE.

Quindi "la sedia in sè" non può consistere nel materiale in cui è fatta (oggetti di legno, plastica, metallo, vetro...sai quanti ce ne sono), negli accessori di cui è dotata, (imbottiture, feltrini etc:), nelle sue parti (braccioli, schienali, ripiani, gambe le hanno anche le poltrone), neppure nella sua forma (nei musei sono esposte anche opere in forma di sedia)............

LA SEDIA IN SE' (ED OGNI ALTRA COSA E CONCETTO IN SE') E' INDIVIDUABILE E DEFINIBILE ATTRAVERSO LA FUNZIONE PER LA QUALE TAL COSA ESISTE, PER LA QUALE LA NATURA L'HA PRODOTTA (indipendentemente da eventuali nostre successive interpretazioni) O PER LA QUALE L'UOMO L'HA CONCEPITA.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Sariputra

Beh!...Non c'è solo la funzione, c'è anche la 'forma'. Infatti la sedia, l'uomo e il cane hanno anche forma diversa. Quindi definiamo una sedia come "sedia" anche perché oltre alla funzione diversa...che so...dal tavolo (sedersi o mangiarci sopra), ne ha pure una forma differente. Lo stesso vale per l'uomo, che definiamo come "uomo", anche perché ha una forma diversa dal cane o dalla sedia (Vabbè, non sempre, ci sono certe facce in giro  :o ...ma non stiamo a sottilizzare!).
Sulla strada del bosco
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iano

#36
@Viator
Direi allora che la mia incomprensione deriva dal fatto che ho inteso sedia come esempio di oggetto , al di la' della sua funzione specifica .
Da quello che scrive Sariputra sospetto che la questione risieda  nell'evemtuale inefficacia del riduzionismo Newtoniano,cioè , ridotta la sedia nelle sue parti ( analisi ) , ricostruiamo la sedia ( sintesi) , toccando così con mano la possibile causa che l'ha generata.
Se questa è una metafora posso provare a capire.
Ma stiamo parlando proprio di una sedia che non sta per esempio di generico oggetto , ma proprio di una sedia.
Non mi è palese l'obbiettivo cui vuoi giungere.
Come dice Sariputra tutto può prestarsi ad essere sedia tal quale è, in base alla forma che si ritrova , indipendentemente dalla causa che l'ha generata.
E dunque ?
Su certe sedie improvvisate non tutti potrebbero convergere sulla sua natura , perché siamo noi ad attribuirgli una natura.
La natura delle cose per me è solo la natura supposta come causa della mia percezione , e rimane tale anche se la percezione fosse una dolorosa riduzione in parti della sedia sulla mia schiena , per rispondere a Sariputra😅.
Io non ho alcuna certezza dell'esistenza di alcun oggetto , compresa la sedia e compresi possibili attributi.
Ma ritengo altamente conveniente (far finta di ) credere di avere questa certezza.
Il riduzionismo , in questo quadro ipotetico , sempre sospeso , acquista carattere di potente strumento il cui uso nulla può ostacolare , neanche la conclusione che noi , o la sedia , siamo fatti di parti dalla cui natura in se',non si possa risalire alla nostra natura o a quella della sedia.
Uno strumento è solo uno strumento , e travisarne la funzione non ne agevola l'uso.
Ma non so' ho azzeccato l'argomento è ringrazio Viator per la pazienza e disponibilità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

#37
In questi ultimi interventi oserei usare il famoso slogan: "Sariputra at his best". Sul topic del discorso invece mi permetto di dissentire. L'uomo non è una cosa come la sedia e neppure come il cane. Infatti a nessuna sedia è mai passato per la testa di definirsi tavolo, mentre a qualche persona, purtroppo non completamente sana, questo desiderio potrebbe essersi insinuato. Quindi se ci poniamo nella mente dell'uomo-sedia, cosa è davvero l'in-sè? Se lo rappresentiamo solo come uomo neghiamo quello che sta cercando di dirci in quanto sedia, se lo consideriamo sedia, colludiamo con il suo delirio e non sempre questo è di aiuto ( direi mai, ma anche questo è un lungo discorso).
L'in-sè allora lo possiamo concepire come il tentativo di tutelare e preservare il diritto all'esistenza dell'essere, indipendentemente dalla sua funzione strumentale, che è stata la prima spaventosa interpretazione di Viator.
Per capire la questione a fondo consiglio comunque di leggere o rileggere "uno, nessuno, centomila".
L'in-sè degli oggetti pur interessante, rimanda sempre,  a mio parere alla questione fondamentale: all'insè dell'uomo. È solo un addentellato mistico ad un problema reale (chi sono io?).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Credo (correggetemi se sbaglio) che stando alla teoria degli "in sé", dovrebbero esserci un granellino-in-sé, sopra una sedia-in-sé, appoggiata su un pavimento-in-sé e composta da uno schienale-in-sé, gambe-in-sé, feltrini-in-sé, etc. a dimostrazione di come l'"in sé" sia un trompe l'oeil concettuale, l'irraggiungibile "terra promessa" del flaneur metafisico che non si accorge che l'identificazione (A=A) è un'attività mentale che divide arbitrariamente la realtà a seconda della "messa a fuoco", consentita dai sensi o dagli strumenti dell'uomo (lo stesso "in sè" di me, ovvero il mio "io-in-sé" potrebbe essere scisso atomicamente in qualia, pensieri, etc. o essere considerato mereologicamente nel suo insieme, "persona"). 
Una certa prospettiva (innominabile) insegna che l'"in-sé" è solo il "per-me" congetturalmente distillato dalle elaborazioni/mediazioni del soggetto, quindi l'"in-sé" è un nulla, perché tolta la concettualizzazione attuata dal "per-me", l'"in-sé" non sussiste "per-sé" (ovvero i concetti non esistono se non c'è qualcuno che li pensa, non me ne voglia Platone, e la realtà fuori dai concetti non è fatta di divisioni concettuali, essendo reale e non, appunto, concettuale).

P.s.
Per una lectio magistralis sulla "sedialità", potete andare al minuto 2:37 di questo video.

iano

#39
La vecchia e rispettabile filosofia dalla quale non si potrebbe prescindere , se non per ignoranza , come nel mio caso , è legata a doppio filo alla percezione .
Io parto dall'assunto , non dimostrabile , che tutto ciò che si può fare coscientemente lo si può fare anche incoscientemente , seppure con diverse modalità.
Assumo ciò perché mi pare aiuti a capire molte cose.
La scienza è nata da un incremento evoluzionistico dell'uso della coscienza.
È un modo "diverso" di percepire , ma non sostanzialmente diverso.
Essa ha allentato il legame fra percezione è filosofia.
Se la filosofia esiste ancora , e per me necessariamente esiste , bisogna prendere atto di ciò.
Si possono riannodare , e si devono riannodare i fili , e in fondo tutto sembra diventare più semplice.
Qui spesso si parla di valori, e ci si rammarica del loro ridimensionamento.
I valori , anche essi ci saranno sempre necessariamente , ma vanno ridefiniti.
Là semplicità, per quanto possa sembrare un parente povero come valore , è uno di questi.
Non è quello che si mette come primo in classifica.
Ma chi può negare che lo sia.
Sta seduto al banco di dietro , perché non ama esporsi.
Ma alla fine viene sempre promosso passando da un epoca filosofica all'altra.
La scienza ci suggerisce come semplificare il nostro quadro filosofico , o meglio ci suggerisce di adeguarlo , semplificandolo , ciò che ad alcuni appare come la fine della filosofia , ma non è.
I discorsi filosofici complicati hanno la loro ragione solo se alla fine approdano alla semplicità , perché quello è un valore irrinunciabile  , per quanto banale , se volete.
Gli scienziati lo chiamano rasoio di Occam.
Non c'e' nessuna ragione per assumerlo , se non che' funziona.
Funziona ed è semplice assumere che esista una realtà, sebbene indimostrabile , e io l'assumo.
Questa è la realtà in se' , che si può declinare nella realtà della sedia del cane e dell'uomo.
Ma se anche conoscessimo la realtà della sedia del cane e dell'uomo , in se' , da queste non potremmo indurre  la natura dell'intera realtà in se'.
Non occorre conoscere la realtà in se' , se c'è.
Piacerebbe anche a me , ma temo che la cosa sia priva di senso.
La realtà in se' è solo una ipotesi di realtà fatta in modo inconscio, a livello di percezione .
Ciò ha fatto si che ci siamo trascinati fino ai nostri giorni una ingenua certezza della realtà, che non potrebbe essere messa in dubbio se per dimostrartela ti rompono una sedia sul groppone 😅 , ma non è così.
O meglio , non importa se è così.
Non serve saperlo.
Questo ci dice la scienza , la nostra nuova presa di coscienza.
Questa consapevolezza è anche una presa di coscienza dei nostri strumenti per quel che validino , e non valgono poco , se vengono usati per quel che sono senza concedersi lussuosi intoppi metafisici.
Se io imparo un mestiere del falegname, non devo inventare gli strumenti del lavoro .
Ci sono già. Fanno parte di una "realtà " assodata.
Una realtà che diventa ingenua , non assodata ,quando prendo coscienza del fatto che posso costruire nuovi strumenti , e che non esiste un mestiere del falegname in se'.
Questa sarebbe una risorsa ,non un problema , a meno che io non mi sia identificato con l'essere realmente un falegname.
Ho necessità di un io , ma devo essere pronto ad abbandonarlo all'occorrenza  per un nuovo io.
È l'eterno gioco fra conservazione , affermazione , e progresso , ridefinizione.
Tutto si riduce a un gioco, ma un nel gioco.
Un gioco che potrebbe essere anche più serio di quanto occorre che sia , ma che non ci è dato sapere , ma solo credere.
Così è se vi pare , uno nessuno e centomila , come da buon siciliano vi posso garantire😅
Naturalmente tutto funziona se i romanzi "nichilistici" sulla realtà li si legge fino in fondo , e non li si abbandona a metà ' .
È mi pare che tutti amino leggere la realtà fino in fondo , anche se alla fine non si trova la risposta che tutti in fondo in fondo sapevano che non avrebbero trovato.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

L'in sè presuppone una proprietà intrinseca delle cose che dovrebbe essere tale a prescindere da ogni intervento esterno e in ogni contesto. Severino aggira l'ostacolo dicendo che il divenire non esiste per cui la sedia in sè severiniana, al pari del personaggio più eccellente della fiction filosofica, è sempre esistita e sempre sarà.

Ma è un artifizio (per restare sul neutro) che trae ispirazione dal primo della serie, il mondo platonico delle idee, che eternizza triangoli e rette parallele, i quali, anche ad andarle a cercare con la lampada di Diogene, per tutto il tempo che l'universo ancora ci concede, non li si troverebbe punto.

Il peccato originale dell'idealismo, che ne costituisce pure la sua invisibile faccia nichilistica della luna, è avere invertito l'episteme con i ta onta, l'epistemologia con l'ontologia, al punto di subordinare la sua bestia nera: la realtà, al principio metafisico invertito, come vuole fare Sauron coi suoi anelli.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Citazione di: viator il 09 Febbraio 2020, 21:31:27 PM
Salve. Finalmente, a furia di sentir parlare della "cosa in sè" senza comprendere il senso di tale espressione.............sento, intuisco, vagheggio e spudoratamente mi sento di rivelare cosa essa possa essere secondo me.

Prendiamo una sedia. Essa è (anche) un oggetto materiale, un manufatto, talvolta potrebbe persino essere un'opera d'arte.....ma non sembra che in tali definizioni e specificazioni sia racchiuso il significato di "una sedia in sè".

Esistono le cause (le quali secondo me rappresentano il 50% dell'essere, cioè di ciò che permette alle "cose" di esistere, ma questo lo lasciamo perdere).......poi esistono gli effetti (sempre secondo me, l'altro 50% dell'essere......................).

Ma, dato l'essere delle cose" definito come qui sopra........................le "cose" (in sè)..................dove sono e cosa sono ?.

Io penso che, dal momento che esiste una causa (potenziale od attuale) dell'esistenza della sedia (il bisogno di sedersi) e che ne esiste necessariamente l'effetto (potenziale od attuale) - (il poggiarvi il sedere)...................la sedia in sè non possa che essere ciò che si frappone tra la causa e l'effetto, CIOE' LO STRUMENTO (*) CHE, GENERATO DA UNA CAUSA, PERMETTE DI DARE AD ESSA UN EFFETTO.

Quindi qualsiasi "cosa in sè", secondo il mio ardito e balzano punto di vista non sarebbe altro che uno STRUMENTO secondo la definizione sopra datane.

A questo punto vorrei solo pregare - nel caso questa mia abbia una qualche replica da parte vostra - di astenervi dal citare pareri, giudizi, trattazioni, riflessioni facenti parte della storia della filosofia e del "noumeno", limitandovi a criticarmi (personalmente o filosoficamente) od a sottopormi DEFINIZIONI alternative alla mia. Ringrazio e saluto.

(*) OVVIAMENTE LO STRUMENTO PUO' ESSERE SIA MATERIALE CHE IMMATERIALE !!
ciao Viator
La sedia non è un oggetto naturale, è un artefizio umano costruito, ideato, per poter dare riposo ,comodità alle proprie terga.
La causa dell'ideazione e creazione è la necessità di un riposo comodità che ne diventa anche effetto della causa.
Lo strumento artificiale nasce , quindi è causa, di una necessità umana che diventa, nel caso della sedia, anche effetto.

Ora quell' in-sè, è la ragione per cui la sedia è.
salutoni

Sariputra

#42
Se l'esistenza della sedia dipendesse esclusivamente dalla sua relazione col soggetto che la definisce come "sedia" non troveremmo uomini, cani o sedie, ma solo definizioni soggettive. Ma questo evidentemente non è. Infatti, indipendentemente dal fatto che io definisca "uomo" un cane, il cane permane nella sua forma, esistente indipendentemente dal mio giudizio soggettivo. Se io infatti, come controprova, chiamo "cane" un uomo, ricevo magari un pugno in faccia e non un morso nel polpaccio. Così, dolorosamente, constato che un "uomo" non è un "cane", indipendentemente dal giudizio soggettivo. Infatti una caratteristica dell'"umanità" è quella, tra le altre cose, di sferrare pugni, mentre quella della "caninità" è di mordicchiare polpacci e glutei. Si potrebbe allora dire che il mordicchiare è un "in sè" -> relativo alla "caninità"? No, perché anche l'uomo morde, per esempio le donne i lobi delle tue orecchie mentre stanno...ehm!...Epperò nessuna donna (salve le consuete eccezioni che non fanno la regola...) si mette a mordere le tue caviglie ringhiando, in quei momenti... :'(
(tralascio volutamente di menzionare le suocere al riguardo...non che ci vada a letto, ovviamente...è che...no, lasciamo perdere!).
Se venti persone guardano il sole e diciannove dicono che è giallo e uno invece dice che è verde, chi ha ragione? hanno ragione le diciannove che dicono giallo e non quella che dice verde perché daltonica. La "giallità" del sole è quindi un "assoluto". E' però un assoluto --> relativo alla retina degli osservatori. Ogni cosa si può definire come "assoluta" o "relativa", ma il sole esiste indipendentemente dal fatto che sia visto come "giallo" oppure "verde".
Infatti, sia che tu lo definisca come giallo oppure verde, ti scotti! Una caratteristica dalla "solità" è infatti quella di scaldare la pelle e le membra...Ogni cosa infatti esiste e non esiste contemporaneamente. La sedia giù sul groppone esiste evidentemente, ma nello stesso tempo non troviamo nessuna "sedia" al netto delle parti che ne danno forma. Infatti, quand'è sfasciata...dove è andato l'"in sè" della sedia? La sedia ha perduto il suo "in sè"...ora c'è l'"in sè" dei resti, dei pezzi di legno,ecc.
Ecco quindi la formula: A è A perché è anche non-A. La "sedia" è "in sè" una sedia proprio perchè è "anche non-sedia" (un aggregato di infiniti non-sedia. Epperò  è anche esistente come sedia, visti i lividi e gli ematomi sulla schiena).
Il fatto di essere "anche" non-sedia permette infatti il divenire della sedia. Come permette il divenire dell'uomo e del cane. Infatti se fosse solo "in sè" non potrebbe divenire. Sarebbe "sedia" cristallizzata, in eterno...
Tutto questo però è "il gioco sullo schermo". "Chi" sta guardando il film? Infatti c'è sempre l'osservatore dell'"in sè" della sedia, dell'uomo e del cane...
Mi sembra di concordare con @iano, in questo...  ::)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Citazione di: green demetr il 12 Febbraio 2020, 00:28:08 AM
in fin dei conti la cara vecchia idea di causalità, oggi così snobbata, rientra e rientrerò sempre dalla finestra ampia della filosofia, ossia dal suo vero scopo.

poichè le cause aiuatano grandemente ad ottenere una conoscenza, e dunque una finalità indirizzante. che poi si chiamerà infine scienza.

Certo, ma quantomeno facciamo tesoro della contestualizzazione causale posta da Aristotele che, almeno a livello filosofico, arricchisce il concetto oltre la semplificazione della causa efficiente, che funziona bene nella scienza ma non risolve l'ambiguità del "perchè" (causale, finale, perchè è così,...)

Se oggi pure la scienza non si fida ciecamente della causa efficiente non è per snobbismo, ma perchè è scienza: Se una casa crolla in seguito ad un terremoto, la causa è il terremoto o il progettista della casa ? Ma non basta: Se il progettista è bravo e tara la casa per il rischio sismico calcolato e arriva un terremoto di magnitudo mai esperita facendo crollare la casa, qual'è la causa ?

Basta uscire dalle formule metafisiche onnicomprensive per cogliere tutta la complessità della causalità reale. E con quelle scientifiche non va meglio: per quanto si rispetti il principio di Archimede e tutta la scienza susseguente, le navi affondano lo stesso e allora qual'è la causa ?

Citazionela questione formale degli universali ricordiamoci è sempre legata all'idea del deus ex machina, che infesta da sempre la filosofia.

Infatti la loro utilità è in altri ambiti: logici, matematici, linguistici. La filosofia si occupi d'altro dove ha ancora molto da dire e da fare.

Citazione(non ho mai capito perchè abbia ancora così successo questa idea del "in sè delle cose". Ma chi se ne frega, andiamo avanti per carità!  ;D  ;)

Concordo totalmente. Ma prima seppelliamo il cadavere. Anzi, meglio la cremazione. Più sicura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Sariputra il 12 Febbraio 2020, 14:59:59 PM
La "sedia" è "in sè" una sedia proprio perchè è "anche non-sedia" (un aggregato di infiniti non-sedia. Epperò  è anche esistente come sedia, visti i lividi e gli ematomi sulla schiena).
Il fatto di essere "anche" non-sedia permette infatti il divenire della sedia. Come permette il divenire dell'uomo e del cane. Infatti se fosse solo "in sè" non potrebbe divenire. Sarebbe "sedia" cristallizzata, in eterno...
Tutto questo però è "il gioco sullo schermo". "Chi" sta guardando il film? Infatti c'è sempre l'osservatore dell'"in sè" della sedia, dell'uomo e del cane...
Alludevo esattamente a questo: «l'osservatore è misura di tutte le cose», nel senso che le concettualizza; il che non significa che tali concetti non abbiano una qualche corrispondenza reale e un qualche fisicità, ma solo che tale corrispondenza trova definizione e "senso" per l'osservatore, che concettualizza l'"in sé" dell'oggetto secondo i suoi mezzi, quindi sempre come un "per lui". D'altronde, posso rompere la sedia sulla schiena di qualcuno anche senza averla concettualizzata come sedia, mi basta sia un aggregato di materia a misura d'uomo.
Ad esempio, se vado oltre i miei nudi limiti percettivi, alcuni strumenti mi spiegano che esistono anche i virus, e sulla loro schiena non ho sedie abbastanza piccole da rompere; inoltre, verosimilmente, quello che io chiamo «sedia» per quel virus è invece un "pianeta". Parimenti, per riconoscere che il sole (o meglio, quell'aggregato circoscritto secondo i sensi umani che così viene chiamato) è giallo, devo fare un discorso fra umani, tutti dotati del concetto di "giallo", tuttavia posso anche ricordarmi (come suggerisci) che il giallo-in-sé sia solo questione di capacità elaborative del sistema percettivo umano, tanto quanto l'identificazione del sole è basata su criteri umani, così come lo scottarsi è basato su differenza termica rispetto al corpo umano, etc.
Ovviamente, essendo umani ragioniamo da umani, ma con un piccolo sforzo di "proiezione" possiamo essere consapevoli di quanto l'antropocentrismo, prospettico e percettivo, sia vincolante nella nostra concettualizzazione del reale, che ci sembra "a misura d'uomo" solo perché quello siamo (quindi, secondo me, postulare un'"oggetto in sé" che sia meta-umano, è un vecchio vezzo filosofico, mentre la scienza sta già affondando da tempo le "umane mani" nel reale senza farsi però troppe... congetture meta-umane).