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La sedia in sè

Aperto da viator, 09 Febbraio 2020, 21:31:27 PM

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bobmax

Citazione di: iano
La situazione è paradossale.
Io non capisco Viator, che non capisce te, mentre io ti capisco.
Anzi è proprio la chiarezza del tuo esposto che mi rende facile criticarlo.
Io penso che le cause vadano cercate e pesate , ma se non riesci a trovarle non significa che non ci siano.
Quindi non si potrà mai dimostrare l'esistenza del Caos , e anzi non credo che ne esista una definizione vera.
Non è neanche definibile come il contrario dell'ordine.
Al massimo si può identificare col nostro stato d'animo quando disperiamo di trovare le cause.
Noi siamo in grado di fare ordine , ma non di fare caos , ma la massimo di simularlo.
Possiamo trovare ordini di diverso grado , magari diciamo così sempre decrescente , o se vuoi più complesso , fino ad approssimare il caos.
Ma non c'è un grado di ordine dopo il quale regna il caos.
È il concetto stesso di ordine ad avere carattere egemonico.
Non c'è un caso , che sia descrivibile , che non vi sottosta'.
È quelli che non sembrano descrivibili sono solo in attesa di descrizione .
Non so' se tu capisci me.

Sì, Iano, ritengo di capirti.
E condivido il tuo pensiero.

Noi non possiamo "fare" caos.

Perché il caos è l'irrompere del caso. Che non c'è.
Se il caso fosse davvero esistente non vi sarebbe cosmo bensì caos.
E non sarebbe possibile alcun esser-ci.

Di modo che le cause certamente ci sono SEMPRE.
Basterebbe un solo evento, una sola cosa, che per davvero non avesse alcuna causa... e il nostro cosmo svanirebbe nel caos.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

#16
Buonasera, croce e delizia che fa rima con Ipazia, Citandoti : "Se dico: "é un cane", qual'é la causa e qual'é l'effetto ?".
Se io dico (dopo aver visto, udito, annusato, toccato, pensato o letto di un cane) "è un cane" la causa (variabile secondo le circostanze) sarà la mia percezione o concezione appena prodottasi, mentre l'effetto (anch'esso variabile secondo le circostanze) potrebbe essere il concepirne la potenziale pericolosità o amabilità, l'informare altri della sua presenza etc. etc. etc,.
Non c'è bisogno di grandi effetti o profondi significati perchè la copula funzioni, sai ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#17
Citazione di: viator il 10 Febbraio 2020, 22:56:41 PM
Buonasera, croce e delizia che fa rima con Ipazia, Citandoti : "Se dico: "é un cane", qual'é la causa e qual'é l'effetto ?".
Se io dico (dopo aver visto, udito, annusato, toccato, pensato o letto di un cane) "è un cane" la causa (variabile secondo le circostanze) sarà la mia percezione o concezione appena prodottasi, mentre l'effetto (anch'esso variabile secondo le circostanze) potrebbe essere il concepirne la potenziale pericolosità o amabilità, l'informare altri della sua presenza etc. etc. etc,.
Non c'è bisogno di grandi effetti o profondi significati perchè la copula funzioni, sai ?. Saluti.

Ma è una funzionalità semantica (che è lo scopo per cui esiste il significante "cane"), non metafisico-ontologica (che è il cane in sè, la caninità). In altri termini hai descritto la funzionalità della comunicazione, che è altra cosa, ma neppure questa in sè, e nel cui campo semantico la relazione causa-effetto è marginale. Un po' come l'aria che è fondamentale causa della vita biologica aerobica ma non mi dice nulla della biologia.

Citazione di: bobmax il 10 Febbraio 2020, 20:31:42 PM
Non vi è nulla che sia in sé.
La "cosa in sé" non è che l'illusione dell'esistenza dell'oggetto di per se stesso. Mentre l'oggetto è sempre nella sua relazione con altro da sé.

Questa è la grande scoperta dell'episteme novecentesca, pilotata dalla scienza e fatta propria dalla filosofia: relatività, chimica, quantistica, psicosomatica, e infine logica, hanno demolito quello che restava del noumeno, riportandolo alla funzione concettuale degli "universali" di scolastica aristotelica memoria il cui tempio transeunte è il dizionario. L'ultima speranza, legata alla "particella di Dio", si è sgonfiata nell'effimero mediatico. Noi e la sedia siamo fatti della stessa materia delle stelle e l'unica cosa che cambia è il modo in cui questa materia, e le forze che la legano, sono relazionate.

Venendo alla nostra amata disciplina l'esito di tale rivoluzione epistemologica fu questo:

Citazione di: L.Wittgenstein - Tractatus Logico-Philosophicus
1      Il mondo è tutto ciò che accade.
1.1    Il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose.
1.13   I fatti nello spazio logico sono il mondo.
1.2    Il mondo si divide in fatti.
2.     Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose.
2.1    Noi ci facciamo immagini dei fatti.
2.12   L'immagine è un modello della realtà.
2.14   L'immagine consiste nell'essere i suoi elementi in una determinata relazione l'uno all'altro.
2.141  L'immagine è un fatto.
3.     L'immagine logica dei fatti è il pensiero.
3.01   La totalità dei pensieri veri è un'immagine del mondo.

...

Avrei voluto nerettare, ma qui ogni parola ha senso e, per dirla con Grillo, un senso "elevato", da Genesi strutturata del pensiero moderno: le cose (in sè), non esistono, esistono i fatti che eraclitamente le relazionano e possiamo fissare in una istantanea (immagine) che a sua volta è essa stessa un fatto, inclusa l'opinione che dice che i fatti non esistono ed esistono solo le interpretazioni: qualcuno l'ha pensato, questo è un fatto.

CitazioneLa legge causa/effetto è indispensabile per dare un senso a ciò che avviene.

Avendo però l'accortezza di sottrarci alla imperialistica superstizione monodimensionale della causa efficente. Già il divino Aristotele si rese conto che pure la causalità è relazionale e la ordinò in 4 "perchè" causali di cui wp vi rende conto senza tediarvi oltre. Kant complicò la cosa con le categorie e le sintesi a priori; in effetti le 4 cause sono attratte irresistibilmente verso una sintesi, che possiamo chiamare effetto. Ma, assai poco metafisicamente, a posteriori, non in sè. L'effetto dà un senso a ciò che avviene e innesca il tetragramma causale dell'effetto a venire.

CitazioneOgni cosa deve necessariamente sottostare a questa legge.
Se non vi sottostesse sarebbe il caos. E il caos non è semplicemente disordine... ma l'annichilimento di ogni possibile determinazione, cioè di ogni cosa.

Qui c'è un problema mica da poco. Possiamo al massimo farci un (f)atto di fede perchè non possediamo, con riferimento a LW qui sopra, tutti i pensieri "veri" sul mondo tali da darcene un'immagine "vera", per cui dobbiamo adattare la legge ai sistemi che riusciamo ad isolare - determinandoli - su cui possiamo dire la verità, ignorando metodologicamente ciò che sta al di fuori, caos o ordine che sia. Non dubito che coglierai l'aspetto etico di tale atteggiamento epistemologico ed esistenziale.

CitazioneVi sottostà al punto... che la cosa non esiste per niente di per se stessa, ma solo nella concatenazione di cause-effetti. Ossia nelle relazioni.
Ciò che c'è è infatti pura relazione.

Per questo la modernità ha dovuto, constatata l'inaccessibilità dell'Essere (copula autoerotica auto- e panto- cratica), rassegnarsi alla condizione cadetta, il più confortevole possibile (ma anche no: anche il dramma è un fatto optabile), dell'esserci, nella sua calda, ma un po' sudaticcia, relazionalità. Come dice il paraninfo di "Così fan tutte": "se non può ciò che vuole, vorrà alfin ciò che può".
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: viator il 10 Febbraio 2020, 21:45:30 PM
Resta il ruolo della copula, immensamente più fecondo di ogni autoerotismo se viene interpretata viatoristicamente come "la condizione per la quale le cause producono degli effetti".
L'essere come copula («è») definisce un'identità, non la condizione di un rapporto causale; il che non nega che tali identità definite siano in un rapporto causale, ma non è quello che dice l'«è» (che si occupa solo di fornire alla catena causale i suoi "protagonisti", ma questo è uno dei suoi ruoli, non la sua definizione). Definire qualcosa basandosi sul suo essere condizione di possibilità di altro, è spesso ambiguo: se (perdona la fantasiosa banalità dell'esempio) definisco il «voto degli elettori» come «ciò che rende possibile la democrazia», il mio interlocutore continuerà a non sapere cosa è davvero un voto (il sapere a cosa serve, senza sapere cos'è, non gioverà molto alla sua comprensione).
Se affermo «quello è il sito della Treccani» (dove posso trovare una definizione piuttosto condivisa di «cosa in sé») sto solo identificando qualcosa; tale qualcosa avrà certamente le sue cause e produrrà i suoi effetti, ma non è quello che dico nell'affermare «x è y». Se anche affermo «x è causa di y» sto semplicemente identificando la «x»: se essa sia «causa di y», o «effetto di y», o «sorella di «y», o altro, ciò che quell'«è» predica è un'identità (il principio di identità è non a caso l'asse portante di tutta la logica e di ogni discorso; senza le identità coinvolte, la causalità non ha significato: se non identifico prima «Tizio» e «Caio», non ha un "senso utile" affermare «Tizio è causa di Caio»).

bobmax

Citazione di: Ipazia
CitazioneVi sottostà al punto... che la cosa non esiste per niente di per se stessa, ma solo nella concatenazione di cause-effetti. Ossia nelle relazioni.
Ciò che c'è è infatti pura relazione.
Per questo la modernità ha dovuto, constatata l'inaccessibilità dell'Essere (copula autoerotica auto- e panto- cratica), rassegnarsi alla condizione cadetta, il più confortevole possibile (ma anche no: anche il dramma è un fatto optabile), dell'esserci, nella sua calda, ma un po' sudaticcia, relazionalità. Come dice il paraninfo di "Così fan tutte": "se non può ciò che vuole, vorrà alfin ciò che può".

Sì, diciamo "essere" ma in realtà è sempre e solo "esserci". Pura relazionalità.

Difatti l'identità è un'illusione, perché mai A è uguale ad A.
L'identità è solo una semplificazione della razionalità, che forza il gioco imponendo che A = A.
Una semplificazione necessaria, indispensabile per il pensiero razionale, ma che non è la Verità.

La copula "è" dovrebbe essere sempre intesa come un "c'è". E ciò che c'è sono sempre e solo relazioni.

Relazioni che sono una concatenazione di cause ed effetti, senza soluzione di continuità.

Lo stesso pensiero lo immaginiamo composto da concetti ben definiti, stabili, che come mattoni mettiamo uno sull'altro per comporre il medesimo pensiero.
Ma non è affatto così!

Mantenere nella mente che A=A è il risultato di un continuo sforzo prodigioso della mente, che deve, per pensare, rinnovare ogni volta quel A=A.
Tuttavia si tratta solo di una semplificazione, utile, ma che ha come risvolto il nichilismo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

CitazioneSALVE IPAZIA. Sempre a proposito di : "Se dico: "é un cane", qual'é la causa e qual'é l'effetto ?".
Se io dico (dopo aver visto, udito, annusato, toccato, pensato o letto di un cane) "è un cane" la causa (variabile secondo le circostanze) sarà la mia percezione o concezione appena prodottasi, mentre l'effetto (anch'esso variabile secondo le circostanze) potrebbe essere il concepirne la potenziale pericolosità o amabilità, l'informare altri della sua presenza etc. etc. etc,.
Non c'è bisogno di grandi effetti o profondi significati perchè la copula funzioni, sai ?. Saluti.

Ma è una funzionalità semantica (che è lo scopo per cui esiste il significante "cane"), non metafisico-ontologica (che è il cane in sè, la caninità).

L'utilizzo del termine "cane" (che è anche un significante) ha l'effetto (magari potenziale) di generare delle emozioni e sensazioni in chi lo procunci, lo scriva o lo oda.......a condizione che costui ne conosca il significato (conosca l'italiano).

La tacita convenzione che vige tra noi due e la stragrande (credo) maggioranza dei nostri lettori prevede che tutti noi si sia in grado di collegare il significante al suo significato, il quale quindi si trasforma automaticamente nella CAUSA (potenziale od attuale) delle nostre reazioni che sopra avevo accennato. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

#21
Salve Ipazia (ed ora anche Phil). Tornando ancora a "E' UN CANE", possiamo giocherellare a cercare causa ed effetto di tutto ciò che componga e significhi tale lapidaria espressione :


  • per l'espressione nella sua interezza (significato semantico) io avrei già provveduto attraverso il mio intervento che tu hai recentemente criticato.
  • Venendo alla "copula" "E'.....", semanticamente e linguisticamente essa provvede a collegare tra di loro ciò che precede a ciò che la segue, fornendo in pratica ad un'affermazione (il significante precedente rappresentante una causa) un significato conseguente (quindi l'effetto di una causa). Copula infatti è la connessione tra termini che da soli potrebbero non avere alcun senso ma che attraverso l'uso del verbo ESSERE lo acquistano attraverso il completamento di un ciclo causa/effetto. La funzione della copula quindi si apre e si collega automaticamente al significato filosofico-esistenziale del verbo ESSERE definito da me – come immarcescibilmente ripeto ogni volta che ne abbia l'occasione – come "LA CONDIZIONE PER LA QUALE LE CAUSE PRODUCONO I LORO EFFETTI".
  • Proseguendo nell'aspetto filosofico-esistenziale dell' ESSERE, cerchiamo di stabilire cosa esso possa risultare "in se'". Abbiamo visto che l'essere non viene da me considerato una causa od un effetto, ma solo una CONDIZIONE che permette il DIVENIRE (la sequenza cause-effetti). Ma in cosa può consistere la condizione che consente il divenire ? Semplicemente e deludentemente nella percezione (facciata fisica dell'essere) e/o nel concepimento (capacità di relazionare tra loro i concetti) (facciata metafisica dell'essere). Purtroppo tale sdoppiamento andrebbe approfondito ma non esiste certo la possibilità di farlo ora e qui. Perciò l'essere "in sè?" secondo me consiste nella biologica capacità di percepire poi integrata dalla esclusivamente umana capacità di concepire (guarda caso, tornando in tal modo al significato di "copula").
  • Sul significato di "cane" (letterale, semantico, zoologico etc.) spero che non mi venga chiesto da qualcuno.
  • Circa il "cane in sè" (l'idea di "cane", la "caninità") tale concetto incarna tutto l'insieme degli aspetti di una certa cosa (in questo caso vivente) che – se presenti – generano nell'osservatore il concetto di "caninità" (che poi l'osservatore possa sbagliarsi nell'attribuire tale concetto, sono affari suoi). Poi, come tutte le "cose in sè", il "cane in sè" potrà avere o non avere una propria realtà esistenziale..............in particolare, ad esempio, se noi non ricaveremo mai percezioni, emozioni, nozioni, concezioni, effetti dalla sua esistenza..................vorrà dire che esso PER NOI non esiste. Il che non dovrebbe impedirgli di nascere, nutrirsi, riprodursi continuando ad esserCI inesistente. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: viator il 11 Febbraio 2020, 16:32:08 PM
Salve Ipazia (ed ora anche Phil). Tornando ancora a "E' UN CANE", possiamo giocherellare a cercare causa ed effetto di tutto ciò che componga e significhi tale lapidaria espressione :


  • per l'espressione nella sua interezza (significato semantico) io avrei già provveduto attraverso il mio intervento che tu hai recentemente criticato.
  • Venendo alla "copula" "E'.....", semanticamente e linguisticamente essa provvede a collegare tra di loro ciò che precede a ciò che la segue, fornendo in pratica ad un'affermazione (il significante precedente rappresentante una causa) un significato conseguente (quindi l'effetto di una causa). Copula infatti è la connessione tra termini che da soli potrebbero non avere alcun senso ma che attraverso l'uso del verbo ESSERE lo acquistano attraverso il completamento di un ciclo causa/effetto. La funzione della copula quindi si apre e si collega automaticamente al significato filosofico-esistenziale del verbo ESSERE definito da me – come immarcescibilmente ripeto ogni volta che ne abbia l'occasione – come "LA CONDIZIONE PER LA QUALE LE CAUSE PRODUCONO I LORO EFFETTI".

Phil ha spiegato assai bene la questione. La copula ha un significato principale di identità (=), ed uno secondario di esistenza. E' del tutto priva di quello che la scienza logica chiama implicazione (⇒) che pone la relazione causale.

In questo link si tratta la questione logica "causalità" più a fondo.
Citazione
  • Proseguendo nell'aspetto filosofico-esistenziale dell' ESSERE, cerchiamo di stabilire cosa esso possa risultare "in se'". Abbiamo visto che l'essere non viene da me considerato una causa od un effetto, ma solo una CONDIZIONE che permette il DIVENIRE (la sequenza cause-effetti). Ma in cosa può consistere la condizione che consente il divenire ? Semplicemente e deludentemente nella percezione (facciata fisica dell'essere) e/o nel concepimento (capacità di relazionare tra loro i concetti) (facciata metafisica dell'essere). Purtroppo tale sdoppiamento andrebbe approfondito ma non esiste certo la possibilità di farlo ora e qui. Perciò l'essere "in sè?" secondo me consiste nella biologica capacità di percepire poi integrata dalla esclusivamente umana capacità di concepire (guarda caso, tornando in tal modo al significato di "copula").

Mischiare essere/divenire, causa/effetto, percezione/concepimento, con la "cosa in sè" supera tutte le mie facoltà cognitive.

Citazione
  • Circa il "cane in sè" (l'idea di "cane", la "caninità") tale concetto incarna tutto l'insieme degli aspetti di una certa cosa (in questo caso vivente) che – se presenti – generano nell'osservatore il concetto di "caninità" (che poi l'osservatore possa sbagliarsi nell'attribuire tale concetto, sono affari suoi). Poi, come tutte le "cose in sè", il "cane in sè" potrà avere o non avere una propria realtà esistenziale..............in particolare, ad esempio, se noi non ricaveremo mai percezioni, emozioni, nozioni, concezioni, effetti dalla sua esistenza..................vorrà dire che esso PER NOI non esiste. Il che non dovrebbe impedirgli di nascere, nutrirsi, riprodursi continuando ad esserCI inesistente. Saluti.

Gli "universali" sono una conquista logica che risale al mondo platonico delle idee. La caninità ha pure il vantaggio di non sporcare casa e non pesare sul mantenimento. Ma la differenza sostanziale rispetto al cane, con riferimento al carattere esistenziale della copula, è che: Il cane è, la caninità non è.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Sopra la sedia c'è un granellino di sabbia.
Mi domando, la sedia con sopra il granellino di sabbia è un'altra cosa in sé, distinta dalla sedia e dal granellino di sabbia?

viator

Salve baylham. Poichè "la cosa in sè" è concetto umano, possiamo attribuirlo a ciò che ci piace. Starà poi alla capacità dialettica di chi lo attribuisce il riuscire a convincerne altri.

Secondo me sedia e granello di sabbia sono due distinte "cose in sè". Se tu invece vuoi considerarli una unica "cosa in sè", va benissimo.

Anche l'insieme di tutto ciò che esiste può venir considerato una "cosa in sè". Per alcuni è addirittura "Dio in sè".

Certo, aumentando contenuti e diversificazione di ciò che vogliamo definire quale "cosa in sè", aumenta la fatica del doverlo "reificare". Diventa un lavoro da metafisici quasi professonali. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Ipazia. Grazie. Ho dato un'occhiata al "link" in "Quaderni di sociologia", scorrendone le prime trenta righe.
Quello accademico-social-statistico non è linguaggio adatto a me in quanto - come al solito - si svolge attraverso l'analisi, di essa vivendo.
Una cultura ed una modalità di espressione che non vogliano o non riescano ad esprimere una sintesi.................................lasciamo pure perdere.
A questo punto però mi accorgo anche di averti-avervi risparmiato le mie - come al solito balzane, criptiche e sintetiche - definizioni di causa e di effetto (i quali due ad opinione o nozione di molti di voi non avrebbero nulla a che vedere con l'essere ed il divenire) :

  • causa : lo stato del mondo precedente una sua qualsiasi trasformazione:
  • effetto : lo stato del mondo successivo a una sua qualsiasi trasformazione.

Infine, citando Phil : "L'essere come copula («è») definisce un'identità, non la condizione di un rapporto causale" rimarco di aver affermato che la condizione incarnata dall'essere è costituita dalla doppia IDENTITA' (se vogliamo chiamarla così) del mondo quale contenitore fisico del percepibile e contenitore metafisico del concepibile. Infatti sfido chiunque ad indicarmi cosa mai possa essere che non sia percepibile o concepibile. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

green demetr

Citazione di: viator il 09 Febbraio 2020, 21:31:27 PM
Salve. Finalmente, a furia di sentir parlare della "cosa in sè" senza comprendere il senso di tale espressione.............sento, intuisco, vagheggio e spudoratamente mi sento di rivelare cosa essa possa essere secondo me.

Prendiamo una sedia. Essa è (anche) un oggetto materiale, un manufatto, talvolta potrebbe persino essere un'opera d'arte.....ma non sembra che in tali definizioni e specificazioni sia racchiuso il significato di "una sedia in sè".

Esistono le cause (le quali secondo me rappresentano il 50% dell'essere, cioè di ciò che permette alle "cose" di esistere, ma questo lo lasciamo perdere).......poi esistono gli effetti (sempre secondo me, l'altro 50% dell'essere......................).

Ma, dato l'essere delle cose" definito come qui sopra........................le "cose" (in sè)..................dove sono e cosa sono ?.

Io penso che, dal momento che esiste una causa (potenziale od attuale) dell'esistenza della sedia (il bisogno di sedersi) e che ne esiste necessariamente l'effetto (potenziale od attuale) - (il poggiarvi il sedere)...................la sedia in sè non possa che essere ciò che si frappone tra la causa e l'effetto, CIOE' LO STRUMENTO (*) CHE, GENERATO DA UNA CAUSA, PERMETTE DI DARE AD ESSA UN EFFETTO.

Quindi qualsiasi "cosa in sè", secondo il mio ardito e balzano punto di vista non sarebbe altro che uno STRUMENTO secondo la definizione sopra datane.

A questo punto vorrei solo pregare - nel caso questa mia abbia una qualche replica da parte vostra - di astenervi dal citare pareri, giudizi, trattazioni, riflessioni facenti parte della storia della filosofia e del "noumeno", limitandovi a criticarmi (personalmente o filosoficamente) od a sottopormi DEFINIZIONI alternative alla mia. Ringrazio e saluto.

(*) OVVIAMENTE LO STRUMENTO PUO' ESSERE SIA MATERIALE CHE IMMATERIALE !!

Ah ah e va bene lasciamo pure i pensatori classici da parte.

In effetti non c'è bisogno. Io penso che lo strumento non sia ciò che sta in mezzo alla causa-effetto, bensì faccia parte delle varie forme della causalità.
D'altronde in latino esisto proprie il causale strumentale (la preposizione ob).

Comunque mi suona nuova e allegra la dimensione del "in sè" che significa molto banalmente cio che è (la tautologia la cosa in sè è la cosa in sè, ossia a=a).

In effetti hai ragione a fare questo parallelismo, che evidentemente viene da una tua intuizione squisita.

In effetti la causalità è proprio il problema di voler a tutti i costi introdurre qualcosa per poi volerlo ri-dimostrare tramite le categorie classiche della logica.
(ma che bisogna c'era? visto che lo avevi introdotto ex-abrupto!)

Allora tanto valeva dire che a è uguale ad a, perchè  b lo permette.

ossia non partire da una tautologia ma da una premessa del tipo. se esiste un b che permette un a, allora esiste un a.

e chiamare queste necessità (del possibile) il famoso in sè.

E bravo il nostro viator!

ps.
ovviamente questo non può accadere per quell'oggetto particolare che è l'esistente, e di cui il b famoso di sopra sarebbe l'ESSERE, che appunto nella tradizione classica è il vero in sè. La causalità dunque ovviamente è un accidente, e non un in sè.
giusto per ridare la voce alla tradizione filosofica  ;)

pps.
ma nel caso di kant la critica suppongo non volontaria di viator è ficcante!  :)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: viator il 11 Febbraio 2020, 22:10:33 PM
A questo punto però mi accorgo anche di averti-avervi risparmiato le mie - come al solito balzane, criptiche e sintetiche - definizioni di causa e di effetto (i quali due ad opinione o nozione di molti di voi non avrebbero nulla a che vedere con l'essere ed il divenire) :

  • causa : lo stato del mondo precedente una sua qualsiasi trasformazione:
  • effetto : lo stato del mondo successivo a una sua qualsiasi trasformazione.
Queste definizioni mi hanno fatto venire in mente, per associazione di idee, una fallacia (errore logico) chiamata «post hoc ergo propter hoc» ovvero «dopo di ciò quindi a causa di ciò», fallacia che consiste nel confondere la consecuzione temporale con la conseguenza causale. Stando alla definizione proposta si rischia infatti di tradurre «x è causa di y» con «x è lo stato del mondo precedente la sua trasformazione in y»: se è vero che le cause precedono sempre i rispettivi effetti, è anche vero che lo stato del mondo prima di un evento non ne è sempre la causa. Ad esempio, se mentre digito qui un post, mi arriva una chiamata di un call center, probabilmente il mio digitare non è causa della telefonata, anche se fa parte dello stato del mondo prima dello squillo (e cessa all'accadere dello squillo); verosimilmente non è lo stato del mondo che origina la chiamata, ma solo alcuni fattori, chiamati appunto «cause». Chiaramente, questo esempio è piuttosto trasparente, ma rintracciare la giusta causa in tutti gli eventi pertinenti che precedono un fenomeno non è sempre impresa facile, per cui, secondo me, non se ne può fare solo una questione generica di "precedere la trasformazione" e di «stato del mondo».

green demetr

Citazione di: baylham il 11 Febbraio 2020, 19:21:54 PM
Sopra la sedia c'è un granellino di sabbia.
Mi domando, la sedia con sopra il granellino di sabbia è un'altra cosa in sé, distinta dalla sedia e dal granellino di sabbia?

Allora la cosa in sè è un concetto unico, ossia non esiste la sedia come cosa in sè.
esiste la sedia in quanto cosa in sè. Ossia la sedia è una delle infinite manifestazioni dell'identico.

dunque la sedia, il granello di sabbia e la sedia con il granello di sabbia sopra, sono 3 (!) e non 2 manifestazioni dell'1 che è la cosa in sè.

Attenzione persino due maestri come vattimo e ferraris si confusero all'epoca del discorso sul neo-realismo, riportati sulla retta via dal sempre attento Severino (che perdita scioccante per il mondo filosofico!).

ciao baylham
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

x Ipazia e Phil

ciao mi chiedevo al di là dei vari formalismi logici e paratattici, perchè non riusciate a vedere la ficcante critica di viator.

infatti ripartiamo da cane, e dal concetto del in sè.

Come sappiamo il problema di kant è la giustificazione del fatto che esista un in sè (egli introduce poi un altro in sè, che è la libertà, per cui di fatto a mio modo di vedere è ingiustamente criticato sulla prima questione lasciata aperta nella ragion pura, ma appunto non è che kant abbia finito lì, è andato avanti nella ricerca, Giusto in parentesi ed en passant).

Di fatto voler giustificare quella che in fine dei conti è una semplice presa di posizione di partenza, rientra nel più gran novero delle questioni finalisitiche a cui di fatto la filosofia tende.

secondo me viator attinge a questa intuizione, che in fin dei conti il finalismo della filosofia, spesso si dimentica di se stesso.
Ed entra in un loop impossibile da sciogliere, se non quando si ricorda del perchè la filosofia è nata. Appunto come libertà di scelta umana.

in fin dei conti la cara vecchia idea di causalità, oggi così snobbata, rientra e rientrerò sempre dalla finestra ampia della filosofia, ossia dal suo vero scopo.

poichè le cause aiuatano grandemente ad ottenere una conoscenza, e dunque una finalità indirizzante. che poi si chiamerà infine scienza.

la questione formale degli universali ricordiamoci è sempre legata all'idea del deus ex machina, che infesta da sempre la filosofia.

certo come dici tu phil un errore logico-filosofico gigantesco, e non per questo meno straordinariamente importante per l'intera tradizione occidentale, ossia in fin dei conti noi.

Noi partiamo sempre da quella vecchia idea dell'auctoritas!

sinceramente ho trovato l'intervento di viator squisito nel suo pragmatismo insieme innocente e terribilmente indicatorio di certi loop della filosofia (non ho mai capito perchè abbia ancora così successo questa idea del "in sè delle cose". Ma chi se ne frega, andiamo avanti per carità!  ;D  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere