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La scrittura

Aperto da Jacopus, 16 Settembre 2019, 22:44:29 PM

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Jacopus

Ispirato da Phil, apriamo un nuovo topic. L'oggetto é la scrittura. Che ha a che fare con un tipo di comunicazione del tutto diverso, non solo dai metodi comunicativi del mondo animale ma anche del semplice linguaggio orale.
Immaginate il salto di complessità. Chi leggeva doveva interpretare, per la prima volta, il simbolo del segno per ricondurlo dal significante al significato. Stessa cosa, potreste obiettare, accade per l'orina lasciata dal gatto (significante) per comunicare "state alla larga" (significato).
Ma vi sono due differenze essenziali: l'espansione dei significati e dei significanti, per cui si possono immaginare infinite varianti di "state alla larga". E, seconda differenza, la creazione di uno spazio comune di una condivisione del significato fra tutti i fruitori che deriva da una "tecnica" storicamente individuabile, che fonda la storia stessa, facendoci lasciare l'età del mito che ripete circolarmente sé stesso.
La scrittura, archivio dell'uomo, riproduce da 6000 anni il meccanismo evocato da Bertrando da Chartres quando parlava di "nani sulle spalle di giganti". Finché esisterà la trasmissione culturale potremo, pur essendo nani, appoggiarci sulle immense spalle delle biblioteche di ogni tempo.
La scrittura non è altro che la technè più potente: la forbice che separa il tempo dell'uomo e ci rende qualcosa di definitivamente diverso dal resto della natura, pur continuando a farne parte: centauri, in parte cavalli ed in parte uomini.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Ciao Jacopus, In realtà anche nella comunicazione orale c'è l'associazione tra significante e significato. La vera differenza è che nella comunicazione scritta si comunica con qualcuno che non è possibile percepire perché lontano nel tempo o nello spazio. La differenza cioè sta nel significatore che deve essere immaginato.
Un saluto

paul11

#2
La scrittura è una straordinaria "comodità" e la stampa divulgazione e oggi è rendere fruibile....
una miriade di chiacchiere e futilità sul "net".

La cultura orale era più potente, con tutti i limiti tecnici e le potenzialità che invece offre la scrittura come "reperto storico". Il cervello doveva essere più potente, perché doveva essere allenato alla memorizzazione per immagini, perché la parola è imago prima di tutto.
La scrittura è ambigua, perché la relazione fra il segno e significato rischia il soggettivo, e questo lo sapevano gli antichi filosofi fino a Socrate che infatti volutamente non scrisse. Non si fidava di scrivere. Degli antichi filosofi sappiamo soprattutto tramite appunti dei discepoli, proprio come un certo Gesù con gli evangelisti.
Perchè l'oralità implica il "faccia a faccia" e i movimenti del viso dell'interlocutore, la modulazione della voce, fanno comprendere se si capisce, se c'è un frainteso e subito si chiarisce.
Un concetto scritto lasciato ai posteri ,non è assolutamente detto che sia interpretato secondo la volontà dello scrivente, tutt'altro nella cultura moderna e in certa filologia e storiografia ermeneutica.
Perchè la cultura timbra una mente, la predispone ad una interpretazione e gli occhi di oggi non sono più quelli di ieri.

Sariputra

Il linguaggio scritto e quello orale sono piuttosto diversi, con caratteristiche uniche. Nel linguaggio scritto si può 'giocare' di più con le parole e soprattutto si può correggerle, modificarle o abbellirle. Quello parlato invece richiede una maggiore velocità di elucubrazione, una maggiore spontaneità. Spesso le persone più insicure nei rapporti umani preferiscono il linguaggio scritto, che è sicuramente meno ansiogeno, proprio per questa sua 'lentezza' e mancanza di interlocutore davanti. La persona più diretta e meno condizionata dal giudizio altrui preferisce magari l'orale, dove poter , con l'emotività che l'accompagna, caricarlo di altri e più subliminali significati, che non sono strettamente legati a quel che si sta dicendo. Il tono della voce può cambiare completamente il significato di una frase, cosa impossibile nello scritto. Questo scarto, questa differenza profonda tra i due linguaggi fa sì che spesso non si provi desiderio realmente di conoscere la persona che si è letta. Proprio qualche giorno fa leggevo di un filosofo che, dopo aver declamato il proprio rispetto e interesse per un altro filosofo, diceva che però non avrebbe mai voluto incontrarlo di persona...perché sicuramente ne sarebbe rimasto profondamente deluso. Non ricordo il nome del tizio, ma non è importante in questo contesto...
Nel linguaggio scritto si può fingere molto di più. Si possono raccontare autentiche favole su se stessi. Nel parlato il tono, i tratti del viso, lo sguardo fuggente, possono tradirti. Ci vuole molta abilità e consuetudine nel mentire, per farlo tranquillamente viso a viso con l'interlocutore. Se poi la persona a cui menti ti conosce profondamente diventa quasi impossibile. Una ragazza, tanti anni fa, mi inviò una cartolina da una ridente località turistica con la scritta "restiamo amici". Non la rividi mai più e non ebbe mai il coraggio di dirmelo direttamente. Non restammo nemmeno amici, purtroppo... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

La scrittura mi sembra stia attraversando oggi una fase di "saturazione": probabilmente non c'è mai stato un tasso globale così alto di alfabetizzazione (e non credo il trend sia in calo), non è mai stato così facile scrivere ovunque ci si trovi (anche se non si usa tanto di più la penna, ma sempre più la tastiera, in tutte le sue forme) e non è mai stato così impermanente gran parte di ciò che scriviamo (gli antichi scrivevano su pietre che hanno sfidato e vinto i secoli, noi perlopiù su delicati fogli o supporti digitali, tanto capienti quanto fragili e facilmente cancellabili... i floppy disk sono già preistoria, i rispettivi lettori iniziano a scarseggiare e la smagnetizzazione incombe, oltre all'esser scritti in linguaggi informatici che, fra un secolo, richiederanno una provvidenziale stele di Rosetta, proprio come i geroglifici egizi).

Guardando al futuro, soprattutto per le nuove generazioni, la possibilità sempre più agevole di messaggi vocali, inizia a far riflettere sull'uso della scrittura e sui suoi limiti, almeno nel suo uso comunicativo familiare: la voce tutela il paraverbale, comunica meglio, ha una tonalità più personale e consente all'ascoltatore di fare altro in multi-tasking (gli audio libri sono ormai una realtà e i podcast da scaricare sono un fenomeno di cui sentiremo sempre più parlare). Anche il crescente ruolo della grafica (regno del simbolo più che del segno) sta gradualmente rubando spazio alla scrittura: a scuola, "una volta", si riempivano pagine di appunti (scrittura), oggi si fanno mappe concettuali (meno parole, più strutturazione logica) e file multimediali spiegano in un minuto pagine e pagine di testo. Anche in campo ricreativo, quelle che una volta erano barzellette, ora stanno diventando "meme", in cui poche parole innescano un significato incrociandosi con una necessaria immagine nota.
Non fraintendetemi, per adesso e per le generazioni demograficamente più diffuse, il ruolo chiave della scrittura come colonna portante della società occidentale (in Africa e altrove, non saprei) è ampiamente fuori discussione, tuttavia un'oralità supportata da potenti mezzi tecnologici potrebbe un giorno (per amor di profezia) rendere la scrittura un'arte praticata soprattutto da programmatori, intrattenitori e archivisti.

Tornando al presente, la trama omnipervasiva (grazie alla tecnologia) della scrittura, mi pare stia facendo in generale "collassare" le capacità elaborative del soggetto che, sovrastimolato da una infosfera sempre più "aggressiva" e ubiqua, tende a non leggere testi o articoli (o post) lunghi, preferendo leggerne tanti corti (twitter docet) e magari in tempi diversi (è sintomatico che il problema attuale non sia, come "una volta", reperire informazioni, ma piuttosto, nella loro selvaggia sovrabbondanza, filtrarle, selezionarle, verificarle).

Ad occhio direi che si scrive molto più che in passato: al di fuori delle attività lavorative, credo che sempre più persone (nel mondo occidentale) scrivano quotidianamente qualche messaggio, qualche mail, etc. mentre pochi decenni fa, ad eccezione della scrittura obbligata per lavoro, si scrivevano periodicamente solo la lista della spesa, cartoline dalle vacanze e biglietti sui regali (quantitativamente meno, scommetto). Si scrive di più e per più persone (a causa dei social) senza prendersene talvolta l'adeguata responsabilità (v. fake news, hate speech, etc.) 
Una prima vittima della tecnica di scrittura attuale è la grafia: la scrittura è sempre meno a mano (la grafia amanuense nella vita adulta, si è ormai quasi estinta, ridotta a firme e poco altro), con la conseguenza che il tratto individuale, quello caro alla grafologia, è stato scalzato dall'impersonalità del carattere da tastiera (per cui più che l'analisi grafologica, inizia ad essere rilevante l'analisi stilometrica). 
Ironicamente, anche le antiche incisioni su pietra non lasciavano traccia dell'identità dell'autore tramite una sua orto/calli/grafia; dopo la parentesi umanistica della scrittura a mano, stiamo tornando alla scrittura impersonale-strumentale "firmata" solo dal medium: dallo scalpello alla tastiera.

paul11

tanto per essere più chiari nel passaggio fra oralità e scrittura:
Da sapere.it
Platone comprese a fondo il conflitto tra oralità e scrittura e capì quanto e come fosse destinato a trasformare completamente il volto della civiltà greca. Probabilmente l'atteggiamento di Platone nei confronti della cultura orale fu influenzato anche dal fatto che Socrate, suo stimatissimo maestro, non lasciò nulla di scritto. Nel Fedro, dialogo platonico della maturità, Platone costruisce con sapiente abilità il personaggio di Socrate: questi, attraverso la narrazione del mito di Theuth, dio egiziano inventore della scrittura, sostiene la superiorità della parola parlata su quella scritta e afferma: "C'è un aspetto strano che in verità accomuna scrittura e pittura. Le immagini dipinte ti stanno davanti come se fossero vive, me se chiedi loro qualcosa, tacciono solennemente. Lo stesso vale anche per i discorsi scritti: potresti avere l'impressione che parlino, quasi abbiano la capacità di pensare, ma se chiedi loro qualcuno dei concetti che hanno espresso, con l'intenzione di comprenderlo, essi danno una sola risposta e sempre la stessa. Una volta che sia stato scritto poi, ogni discorso circola ovunque, allo stesso modo fra gli intenditori, come pure fra coloro con i quali non ha nulla a che fare, e non sa a chi deve parlare e a chi no. E se è maltrattato o offeso a torto, il discorso scritto ha sempre bisogno dell'aiuto del suo autore, perché non è capace di difendersi né di aiutarsi da solo."

Da wikipedia




«Su queste cose non c'è un mio scritto, né ci sarà mai. In effetti la conoscenza della verità non è affatto comunicabile come le altre conoscenze, ma, dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce dall'anima e da se stessa si alimenta.»
(Platone, Lettera VII, 341 C 5 - D 2)


Platone scrive qualcosa, ma mai ha scritto il suo VERO pensiero espresso.

Le dottrine esoteriche, diversamente  dalle eSSoteriche, temevano che far conoscere, divulgare conoscenze, potesse essere fonte di malintesi o di strumentalizzazioni(diremmo oggi). o come qualcuno dirà; "non gettare  perle ai porci".

InVerno

#6
Penso che così come tante altre sofisticazioni che tendenzialmente chiamiamo "progresso" nella storia antica (es. l'agricoltura) e che immaginiamo espandersi sul globo con gaia felicità degli ominidi come fossero manna dal cielo, anche la scrittura per lungo tempo fù considerata una forma comunicativa di secondo ordine rispetto alla tradizione orale. Un compromesso tra la fedeltà del messaggio e la sua resilienza, dove ovviamente il messaggio scritto è meno fedele alle intenzioni dell'autore perchè può essere manipolato, ma è resiliente nel tempo. In realtà la tradizione orale è molto più infedele (non esistendo nemmeno il concetto di "copia")... gli antichi non erano ancora coscienti della critica letteraria postmoderna dove "l'autore non conta nulla", perciò si può dire si "spaventassero di poco" tenendo ancora ben a mente le intenzioni supposte dell'autore. Socrate fa riferimento a Thot nel Fedro, e a ben donde visto che il Dio egizio inventore della scrittura aveva già ammonito il faraone stesso riguardo alle disgrazie che il popolo avrebbe subito abbandonando la tradizione orale per la fredda scrittura. Sarà poi dagli scalpellini e i manovali egizi che una forma "volgare" di ierogrammi verrà adottata  per semplificare le comunicazioni nei cantieri e tra gli schiavi, il prototipo del nostro alfabeto, lo stesso poi verrà esportato in Fenicia ed infine in Grecia. Invero gli sviluppi teorici della teoria della grammatica universale sono giunti a isolare un set di simboli composto di una trentina di simboli-idea presenti e comuni in tutto il globo, anche se ovviamente non si può ancora parlare di scrittura perchè il loro significato è fuso con quello delle immagini che accompagnano (o perlomeno così crediamo). Il moderno "meme" a cui fa riferimento Phil si comporta nella stessa maniera, rendendo inestricabile il simbolo dalle immagini. Sono d'accordo con Phil nel dire che la scrittura sta venendo via via soppiantata da diversi sistemi di comunicazione misti, catalizzati e contaminati da internet, che provano a coinvolgere tutti e i cinque sensi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

bobmax

La scrittura è uno degli innumerevoli modi con cui si manifesta la comunicazione.

Siamo soliti considerare la comunicazione come il trasferimento di informazioni tra entità. 
Queste entità sono i poli che trasmettono e ricevono le informazioni attraverso la comunicazione.

Questo paradigma è pressoché universalmente accettato, come ovvio.

Tuttavia sono viceversa dell'idea che l'autentica comunicazione sia ben altro.

Se infatti teniamo ferma la nostra fede nella Verità, e quindi la nostra fede nell'Uno, possiamo constatare come la comunicazione non abbia affatto la funzione di fare interagire dei poli (entità), che in se stessi in realtà non hanno mai una reale consistenza...
No, la comunicazione è la stessa esistenza che si manifesta!

Ciò che esiste, per davvero, è la stessa comunicazione, pura comunicazione.
Che per manifestarsi si avvale di poli, che tuttavia non esistono di per sé stessi, ma sono solo funzionali allo scopo.

D'altronde, potrà mai la verità essere presente qui ma non là?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Lou

#8
Citazione di: paul11 il 17 Settembre 2019, 11:03:23 AM
La scrittura è una straordinaria "comodità" e la stampa divulgazione e oggi è rendere fruibile....
una miriade di chiacchiere e futilità sul "net".

La cultura orale era più potente, con tutti i limiti tecnici e le potenzialità che invece offre la scrittura come "reperto storico". Il cervello doveva essere più potente, perché doveva essere allenato alla memorizzazione per immagini, perché la parola è imago prima di tutto.
La scrittura è ambigua, perché la relazione fra il segno e significato rischia il soggettivo, e questo lo sapevano gli antichi filosofi fino a Socrate che infatti volutamente non scrisse. Non si fidava di scrivere. Degli antichi filosofi sappiamo soprattutto tramite appunti dei discepoli, proprio come un certo Gesù con gli evangelisti.
Perchè l'oralità implica il "faccia a faccia" e i movimenti del viso dell'interlocutore, la modulazione della voce, fanno comprendere se si capisce, se c'è un frainteso e subito si chiarisce.
Un concetto scritto lasciato ai posteri ,non è assolutamente detto che sia interpretato secondo la volontà dello scrivente, tutt'altro nella cultura moderna e in certa filologia e storiografia ermeneutica.
Perchè la cultura timbra una mente, la predispone ad una interpretazione e gli occhi di oggi non sono più quelli di ieri.
Integrei con una breve nota: diciamo che "scripta manent, verba volant". Con l'oralità si può barare di più e la chiacchiera ne è prova inconfutabile. Mi si può obiettare che l'oralità implicando il "faccia a faccia" possa barar meno poichè ci sono indizi preverbali da cui è possibile ricavare una menzogna e altre innumerevoli informazioni. Effettivamente forse il problema non è nell'oralità, ma nella trasmissione dell'oralità. Un sapere trasmesso oralmente incontra inevitabilmente dei rischi.
In un certo senso, tornando al net, esso ha dato "voce" scritta alla chiacchiera orale. Nulla di nuovo, se non per il fatto che si possa barare meno. Se chiacchieri sul web fakeggiando ( chiedo venia per la linceza poetica ) è più facile decostruire la chiacchiera, una sorta di segno più (rin-)tracciabile della voce. Ma scrivere  è una reduplicazione del dire (mentre si scrive non esiste comunque una oralità con sè stessi? Lo dici a te stesso quel che stai scrivendo. ) Certamente come descrive bene Phil i supporti attuali sono un luogo di di raffigurazione più evanescenti e rispetto a quelli che li hanno preceduti, sebbene la carta da incendiare era pur essa a rischio, e il problema della decodificazione di codici obsoleti con il rapido mutarsi causerà una illeggibilità di gran parte degli archivi. Tuttavia, nonostante queste pecche, siamo di fronte a supporti la cui quantità di raffigurabilità difficilmente la si trova sino a tempi recenti. Ciò è una potenzialità che questo luogo ha innovato innestando in sè l'idea di una comunicazione in "tempo reale"  che aspira ad annullare quella distanza spazio/temporale e quell'assenza che la scrittura stessa reca nel suo dna dandogli voce. Ho scritto "aspira", ovviamente.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

paul11

#9
Citazione di: Lou il 19 Settembre 2019, 19:22:39 PM
Citazione di: paul11 il 17 Settembre 2019, 11:03:23 AM
La scrittura è una straordinaria "comodità" e la stampa divulgazione e oggi è rendere fruibile....
una miriade di chiacchiere e futilità sul "net".

La cultura orale era più potente, con tutti i limiti tecnici e le potenzialità che invece offre la scrittura come "reperto storico". Il cervello doveva essere più potente, perché doveva essere allenato alla memorizzazione per immagini, perché la parola è imago prima di tutto.
La scrittura è ambigua, perché la relazione fra il segno e significato rischia il soggettivo, e questo lo sapevano gli antichi filosofi fino a Socrate che infatti volutamente non scrisse. Non si fidava di scrivere. Degli antichi filosofi sappiamo soprattutto tramite appunti dei discepoli, proprio come un certo Gesù con gli evangelisti.
Perchè l'oralità implica il "faccia a faccia" e i movimenti del viso dell'interlocutore, la modulazione della voce, fanno comprendere se si capisce, se c'è un frainteso e subito si chiarisce.
Un concetto scritto lasciato ai posteri ,non è assolutamente detto che sia interpretato secondo la volontà dello scrivente, tutt'altro nella cultura moderna e in certa filologia e storiografia ermeneutica.
Perchè la cultura timbra una mente, la predispone ad una interpretazione e gli occhi di oggi non sono più quelli di ieri.
Integrei con una breve nota: diciamo che "scripta manent, verba volant". Con l'oralità si può barare di più e la chiacchiera ne è prova inconfutabile. Mi si può obiettare che l'oralità implicando il "faccia a faccia" possa barar meno poichè ci sono indizi preverbali da cui è possibile ricavare una menzogna e altre innumerevoli informazioni. Effettivamente forse il problema non è nell'oralità, ma nella trasmissione dell'oralità. Un sapere trasmesso oralmente incontra inevitabilmente dei rischi.
In un certo senso, tornando al net, esso ha dato "voce" scritta alla chiacchiera orale. Nulla di nuovo, se non per il fatto che si possa barare meno. Se chiacchieri sul web fakeggiando ( chiedo venia per la linceza poetica ) è più facile decostruire la chiacchiera, una sorta di segno più (rin-)tracciabile della voce. Ma scrivere  è una reduplicazione del dire (mentre si scrive non esiste comunque una oralità con sè stessi? Lo dici a te stesso quel che stai scrivendo. ) Certamente come descrive bene Phil i supporti attuali sono un luogo di di raffigurazione più evanescenti e rispetto a quelli che li hanno preceduti, sebbene la carta da incendiare era pur essa a rischio, e il problema della decodificazione di codici obsoleti con il rapido mutarsi causerà una illeggibilità di gran parte degli archivi. Tuttavia, nonostante queste pecche, siamo di fronte a supporti la cui quantità di raffigurabilità difficilmente la si trova sino a tempi recenti. Ciò è una potenzialità che questo luogo ha innovato innestando in sè l'idea di una comunicazione in "tempo reale"  che aspira ad annullare quella distanza spazio/temporale e quell'assenza che la scrittura stessa reca nel suo dna dandogli voce. Ho scritto "aspira", ovviamente.




Errore tipico dell'ermeneutica moderna sugli antichi.

L'ìipocrisia, perchè questo è la menzogna, è il tipico atteggiamento che mira alla funzionalità e utilità individuale, tipico della cultura occidentale moderna e postmoderna relativista. dove la parola "è gioco di parole" per l'arte della persuasione e del contendere.



da Treccani on line



Le raccolte di formule vediche (Saṃhitā) rappresentano l'anima della tradizione vedica, il nucleo della tradizione dell'induismo brahmanico, così come è venuto costituendosi ed è stato trasmesso e praticato fino a oggi. Le Saṃhitā sono state preservate da una tradizione orale di notevole accuratezza,integrata negli ultimi nove secoli circa da una tradizione ausiliare manoscritta. È arduo datare questi testi con sufficiente sicurezza, ma gli studiosi contemporanei presumono che i versi che compongono le Saṃhitā siano stati composti approssimativamente nel periodo compreso tra il 1500 e il 1000 a.C., sebbene nel loro complesso probabilmente non abbiano assunto la loro forma definitiva che molti secoli più tardi.





Quando una cultura perde la sacralità della parola data , in una stretta di mano, si entra nell'epoca

del "nulla",questo è il vero nichilismo.



La tradizione ebraica è simile ai sacerdoti induisti, perchè è SACRA.Sacro è l'innominabile tetragramma YHWH, la trasmissione sacerdotale orale doveva essere perfettamente memorizzata, e una volta passata alla  SACRA scrittura il testo copiato " a mano" non doveva essere sbagliato in nulla.

Lou

#10
Quel che posti dalla Treccani è senza dubbio di straordinaria importanza. Soprattutto per il fattto che, a un certo punto, al dire della tradizione orale si è reso necessario (?) il passaggio al manoSCRITTO, scrivere il dire. Perchè? Perchè nell'induismo come nell'ebraismo a una trazione scritta  si è affiancata una tradizione orale? Questo affiancarsi di modalità, chiamiamole "trasmissive", non sono traccia di una esigenza? Perchè scrivere? Perchè vedere una parete di una grotta come un luogo raffigurabile ( per una duplicazione del mondo, a dirla tutta ) e non solo una parete di una grotta?
Non possiamo ammettere che l'oralità è un veicolo comunicativo che oltre alle sue ricchezze presenta dei limiti? 
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Citazione di: paul11 il 19 Settembre 2019, 20:39:14 PM
L'ìipocrisia, perchè questo è la menzogna, è il tipico atteggiamento che mira alla funzionalità e utilità individuale, tipico della cultura occidentale moderna e postmoderna relativista. dove la parola "è gioco di parole" per l'arte della persuasione e del contendere.
Eppure i sofisti e i retori esistono da abbastanza prima dell'età moderna e postmoderna, che non credo abbiano di tipico l'uso disinibito e strumentale del linguaggio (o almeno non credo le ricorderemo per questo, essendo un uso nato con il linguaggio stesso). Da notare inoltre che i bambini sono d'istinto affascinati dai giochi di parole (filastrocche, etc.) e imparano spontaneamente a servirsi astutamente del linguaggio; c'è forse qualcosa di più profondo, nell'uso giocoso e furbo del linguaggio, ben oltre la malizia (post)moderna.

Citazione di: paul11 il 19 Settembre 2019, 20:39:14 PM
Quando una cultura perde la sacralità della parola data , in una stretta di mano, si entra nell'epoca del "nulla",questo è il vero nichilismo.
Mi pare non sia un caso se mentire è forse da sempre e pressoché ovunque considerato «peccato»; quindi la sacralità è da sempre insidiata dalla sua profanazione; se questo è nichilismo, secondo me è congenito tanto alla parola quanto alla stretta di mano, oltre che alla scrittura, con tutte le differenze di verificabilità e di tutela storica che intercorrono fra fonte orale e fonte scritta. Se infatti racconto ciò che la mia famiglia tramanda da generazioni, come controllare che ciò che dico sia identico a ciò che che diceva mio padre (a sua volta impeccabile ripetitore di mio nonno, etc.)? Il "gioco del telefono senza fili", nella sua voluta spensieratezza, è eloquente al riguardo. Un tratto saliente dello scrivere è infatti la possibilità di creare fonti di riferimento non facilmente manipolabili, al punto che piuttosto che modificare i testi (la cui manomissione sarebbe stata palese) spesso si è preferito bruciarli (oggi che sono testi sempre più virtuali, la questione è ben più infida...). Nella tradizione orale, quanto più sono l'unico a tramandare qualcosa, quanto più posso disporne a piacimento, orientandone l'impatto sull'uditore, senza possibilità di smentita (eventualmente, sarà "la mia parola contro la sua"; "il mio scritto contro il suo" è invece sempre meno probabile, almeno dall'invenzione della stampa fino alla legge sul deposito obbligatorio dei testi).

Storicamente, l'impulso che la scrittura ha dato alla (in)formazione delle genti, spingendole ad acquisire almeno un'alfabetizzazione di base, è in fondo una delle molle della burocrazia (nel bene e nel male), della conoscenza della cultura generale e dell'attualità (v. giornalismo), oltre che, ultima ma non per importanza, della benemerita partecipazione attiva alla vita politica democratica (basti pensare alla segretezza del voto che, senza offesa per l'oralità e le tecniche di votazione del senato romano, richiede comunque un minimo di lettura della scheda e capacità di firma). Se poi tutto ciò sia un bene o un male o semplicemente l'ennesimo problema da affrontare per l'uomo, dipende dalla visione più o meno "esoterica" della società; hai ricordato «le perle ai porci» che è, per me, una questione che anche oggi ha una sua criticità (sorvolando su chi dà la colpa alla Circe di turno per il suo esser-maiale), ovvero: quali informazioni sono da condividere? Quando una totale "trasparenza" (semmai umanamente possibile) diventa "oscena"? Un tutorial per costruire la bomba atomica è pregevole indice di elevata libertà di espressione? I controllati devono sapere i trucchi dei controllori? Chi controlla i controllori della comunicazione? Moltiplicare i canali di comunicazione e i comunicatori, moltiplica anche le esigenze di filtri? Etc.

Rispetto alla oralità, la scrittura consente una relazione più permanente e differita (nel tempo e nello spazio) con i propri simili, introducendo un terzo polo fra «soggetto» e «oggetto», fra «io» e «altro», fra «parlare» e «ascoltare»: un archivio di senso consultabile e condivisibile, che può istigare alla sua modifica, riproduzione e disseminazione, ma anche a rivalutare l'"utilità" e il "senso" dell'impermanenza, del non lasciar traccia e persino del non tracciabile (l'indescrivibile dell'esperienza viva), anche questa rivalutazione affiora, seppur via negationis, dai testi della scrittura.

paul11

Citazione di: Lou il 22 Settembre 2019, 01:46:26 AM
Quel che posti dalla Treccani è senza dubbio di straordinaria importanza. Soprattutto per il fattto che, a un certo punto, al dire della tradizione orale si è reso necessario (?) il passaggio al manoSCRITTO, scrivere il dire. Perchè? Perchè nell'induismo come nell'ebraismo a una trazione scritta  si è affiancata una tradizione orale? Questo affiancarsi di modalità, chiamiamole "trasmissive", non sono traccia di una esigenza? Perchè scrivere? Perchè vedere una parete di una grotta come un luogo raffigurabile ( per una duplicazione del mondo, a dirla tutta ) e non solo una parete di una grotta?
Non possiamo ammettere che l'oralità è un veicolo comunicativo che oltre alle sue ricchezze presenta dei limiti?
La necessità della scrittura nasce all'aumentare di numero delle persone che compongono la comunità ed è per motivi venali, contabilità ,amministrazione "notarili, come dimostra il codice di Hammurabi. Quando non è più possibile una gestione orale della persona "faccia a faccia" direi fiduciaria fondata sul "io so chi sei" in comunità dove tutti ci si conosce.

Il limite dell'oralità è la memoria .La mnemonica è fondamentale. Quando viene scritta la Bibbia "Settanta" ad Alessandria d'Egitto ciascun componente delle12 tribù ebraiche trascrivono in maniera molto simile la loro storia.
Non è possibile nessuna trasmissione di conoscenza su più livelli come nelle mistiche senza un maestro.

paul11

#13
ciao Phil,
perché il linguaggio è anche una forma di difesa, il bambino impara la bugia.

La menzogna oggi è passata come strumento per essere "furbi",addirittura segno d'intelligenza, di strategia e tattica.
Il sacro (non necessariamente inteso come termine teologico o "deistico") nacque come inviolabilità per creare una "remora", una dissuasione a percorrere certi metodi che oggi definiremmo da furbi.
Oggi lo vedo più o meno velocemente sparire spacciandola per libertà. a scapito della propria onorabilità e dignità personale.
Vorrei chiarire un concetto, la natura umana non è cambiata da millenni, c'erano i "furbi", i delinquenti, i saggi. Erano più consapevoli e lo dimostrano passi biblici delle derive umane.
Il sacro può anche essere inteso (ma non solo) come esigenza di tenere unita una comunità .

Il testo scritto è un reperto.... Opinabile dal momento in cui non esiste più lo scrivente.
Si può imparare da un testo tecnico scientifico, ma se c'è chi lo spiega ed è bravo, il suo lavoro fa capire possibili mal interpretazioni.
L'ermeneutica può essere ,come tutto direi, o fonte di estrema intelligenza o ignoranza. Dipende dal metodo filologico.
Tutto è manipolabile da parte degli umani, l'oralità o la scrittura sono sempre manipolabili, non è questa la discriminante. Il testo scritto è divenuto fondamentale nelle scienze giuridiche, negli iter processuali ,in criminologia come probante. Ma è tanto più probante tanto più non trasmette conoscenza, dice il "fatto".

La mole di scrittura negli ultimi decenni, se aggiungiamo il "net" penso che da sola conti più che l'intera storia dell'umanità precedente messa insieme.
Il concetto dirimente è che la scrittura non ha portato di per sé maggiore conoscenza, semmai maggiori curiosità, ma frastornati e l'informazione è parecchio "fake".

Personalmente dò parecchia importanza a "chi dice" prima ancora a "cosa dice", ribadisco che la fiducia e la credibilità di una trasmissione orale è più fiduciaria rispetto ad un asettico, almeno apparentemente, scritto.

Non c'è alcun archivio di senso, una verità si cerca sempre e comunque e nemmeno la più immane biblioteca può indicare lei ciò che devi trovare ciascuno di noi E tanto più un problema è grave, una conoscenza è difficile e tanto più abbiamo necessità di un faccia a faccia.

Uno scritto di per sé non è fonte di verità rispetto ad una oralità ,così come viceversa

Phil

Citazione di: paul11 il 23 Settembre 2019, 00:47:45 AM
Il sacro (non necessariamente inteso come termine teologico o "deistico") nacque come inviolabilità per creare una "remora", una dissuasione a percorrere certi metodi che oggi definiremmo da furbi.
Oggi lo vedo più o meno velocemente sparire spacciandola per libertà
[...]Il sacro può anche essere inteso (ma non solo) come esigenza di tenere unita una comunità .
Concordo; in ciò la funzione del sacro mi pare quasi insostituibile: a prescindere dal suo fondamento, il sacro fonda una dimensione linguistica in cui il meccanismo (morale, psicologico, etc.) della «remora» ("peccato", etc.) cerca di mantenere la parola aderente al reale, riducendo le contraffazioni semantiche. Si tratta di una funzione che mi sembra permanere tuttora anche nel dna culturale del laico, per quanto indebolita e scollata dai suoi fondamenti originari e non so se tale istanza del «non mentire», nella sua estrema funzionalità sociale, potrà mai essere fagocitata da usi strumentali del linguaggio; probabilmente la sua utilità è così imprescindibile che manterrà sempre un ruolo normativo (per quanto, come si suol dire, «fatta la legge, ...»).

Citazione di: paul11 il 23 Settembre 2019, 00:47:45 AM
Tutto è manipolabile da parte degli umani, l'oralità o la scrittura sono sempre manipolabili, non è questa la discriminante. Il testo scritto è divenuto fondamentale nelle scienze giuridiche, negli iter processuali ,in criminologia come probante. Ma è tanto più probante tanto più non trasmette conoscenza, dice il "fatto".
Qui concordo meno: manipolare un racconto orale mi pare molto più facile che manipolare uno scritto e, fuori dai tribunali, ci sono scritti che trasmettono conoscenza, non solo fatti o codici; gli scritti più antichi si occupavano tanto di conoscenza (filosofia, religioni, etc.) quanto di fatti; il "descrizionismo" si è intensificato con la storia (per quanto la storio-grafia sia antichissima) e con il miglioramento delle tecnologie di scrittura.

Citazione di: paul11 il 23 Settembre 2019, 00:47:45 AM
La mole di scrittura negli ultimi decenni, se aggiungiamo il "net" penso che da sola conti più che l'intera storia dell'umanità precedente messa insieme.
Il concetto dirimente è che la scrittura non ha portato di per sé maggiore conoscenza, semmai maggiori curiosità, ma frastornati e l'informazione è parecchio "fake".
La scrittura porta (tutta?) la conoscenza della sua epoca; il "net" rende la rete della conoscenza accessibile oltre i confini spaziali (che anticamente erano spesso invalicabili); che poi la qualità dell'informazione sia nel complesso scadente e inflazionata, dipende da quanti producono informazioni: la quantità non può andare a braccetto con la qualità perché pochi hanno competenze specifiche (per definizione, direi). Esempio banale: se tutti corressimo la maratona di New York, solo perché è aperta a tutti (poniamo), il tempo medio sarà altissimo; se la corrono solo i professionisti, il tempo medio sarà inaccessibile persino ad altri professionisti (con la comunicazione è lo stesso, al netto di interessi in gioco ed ingerenze varie).

Citazione di: paul11 il 23 Settembre 2019, 00:47:45 AM
Personalmente dò parecchia importanza a "chi dice" prima ancora a "cosa dice", ribadisco che la fiducia e la credibilità di una trasmissione orale è più fiduciaria rispetto ad un asettico, almeno apparentemente, scritto.
La fiducia è proprio il fattore chiave del problema del filtro a cui accennavo; tuttavia, la fiducia può essere anche concessa a un testo scritto di una persona di cui mi fido, pur senza aver mai visto la sua faccia; poiché, credo concorderai, la faccia sa ingannare tanto quanto la voce e tanto quanto la penna.

Citazione di: paul11 il 23 Settembre 2019, 00:47:45 AM
Non c'è alcun archivio di senso, una verità si cerca sempre e comunque e nemmeno la più immane biblioteca può indicare lei ciò che devi trovare ciascuno di noi E tanto più un problema è grave, una conoscenza è difficile e tanto più abbiamo necessità di un faccia a faccia.
L'«archivio di senso» va distinto dall'"archivio della Verità": nel momento in cui ci confrontiamo con un testo, sia esso un tomo antico o un post su facebook, attingiamo inevitabilmente un po' di senso, riceviamo un input semantico. Vero o falso? Qualunque sia la risposta, non cancella l'evento del confronto con quell'input di senso.
Non intendo quindi l'«archivio di senso» come Verità che redime la dialettica io/altro, soggetto/oggetto, etc. ma solo come "tertium", più o meno rilevante, che ha un suo ruolo in tale dialettica (almeno nelle culture alfabetizzate).