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La scommessa di Pascal

Aperto da Eutidemo, 11 Dicembre 2021, 12:53:15 PM

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Eutidemo


Nei suoi "pensieri", Blaise Pascal scrisse:
<< Se c'è un Dio, è infinitamente incomprensibile, perché, non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi; siamo, dunque, incapaci di conoscere con certezza che cos'è, né se esista.
"Dio esiste o no?"
Da qual parte inclineremo?
La ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito!
All'estremità di quella distanza infinita si gioca un giuoco in cui uscirà testa o croce: su quale delle due punterete?
Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due.
Non accusate, dunque, di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla! "No, ma io li biasimo non già di aver compiuto quella scelta, ma di avere scelto; perché, sebbene chi sceglie croce e chi sceglie testa incorrano nello stesso errore, sono tutte e due in errore: l'unico partito giusto è di non scommettere punto!".
Sì, ma scommettere bisogna: non è una cosa che dipenda dal vostro volere, ci siete impegnato.
Che cosa sceglierete, dunque?
Poiché scegliere bisogna, esaminiamo quel che v'interessa meno.
Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare nel giuoco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine.
E la vostra natura ha da fuggire due cose: l'errore e l'infelicità.
La vostra ragione non patisce maggior offesa da una scelta piuttosto che dall'altra, dacché bisogna necessariamente scegliere. Ecco un punto liquidato!
Ma la vostra beatitudine?
Pesiamo il guadagno e la perdita, nel caso che scommettiate in favore dell'esistenza di Dio.
Valutiamo questi due casi: se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla!
Scommettete, dunque, senza esitare, che egli esiste.
"Ammirevole! Sì, bisogna scommettere, ma forse rischio troppo!".
Vediamo.
Siccome c'è eguale probabilità di vincita e di perdita, se aveste da guadagnare solamente due vite contro una, vi converrebbe già scommettere.
Ma, se ce ne fossero da guadagnare tre, dovreste giocare (poiché vi trovate nella necessità di farlo); e, dacché siete obbligato a giocare, sareste imprudente a non rischiare la vostra vita per guadagnarne tre in un giuoco nel quale c'è eguale probabilità di vincere e di perdere.
Ma qui c'è in ballo un'eternità di vita e di beatitudine.
Stando così le cose, quand'anche ci fosse un'infinità di casi, di cui uno solo in vostro favore, avreste pure sempre ragione di scommettere uno per avere due; e agireste senza criterio, se, essendo obbligato a giocare, rifiutaste di arrischiare una vita contro tre in un giuoco in cui, su un'infinità di probabilità, ce ne fosse per voi una sola, quando ci fosse da guadagnare un'infinità di vita infinitamente beata.
Ma qui c'è effettivamente un'infinità di vita infinitamente beata da guadagnare, una probabilità di vincita contro un numero finito di probabilità di perdita, e quel che rischiate è qualcosa di finito.
Riconoscete almeno che la vostra impotenza di credere proviene dalle vostre passioni, dacché la ragione vi ci porta, e tuttavia non potete credere.
Adoperatevi, dunque, a convincervi non già con l'aumento delle prove di Dio, bensì mediante la diminuzione delle vostre passioni.
Voi volete andare alla fede, e non ne conoscete il cammino; volete guarire dall'incredulità, e ne chiedete il rimedio.
Allora imparate da coloro che sono stati legati come voi e che adesso scommettono tutto il loro bene: sono persone che conoscono il cammino che vorreste seguire e che son guarite da un male di cui vorreste guarire.
Seguite il metodo con cui hanno cominciato: facendo cioè ogni cosa come se credessero, prendendo l'acqua benedetta, facendo dire messe, ecc.
In maniera del tutto naturale, ciò vi farà credere... et vous abêtira!>> (418-233 )
***
Questo passo mi ha sempre lasciato alquanto perplesso!
Ed infatti, alla lettera "Naturellement même cela vous fera croire et vous abêtira." significa: "In maniera del tutto naturale, ciò vi farà credere... e vi rimbecillirà.!" (418-233 ).

***
Alcuni, invece, traducono, "In maniera del tutto naturale, ciò vi farà credere... e vi abbrutirà!" (418-233 )

***
Ovvero "In maniera del tutto naturale, ciò vi farà credere... e vi impecorirà!" (418-233 ).

***
Ma che cosa diamine intendeva dire Pascal, visto che lui non era certo un ateo, bensì un fervido credente?
***
Secondo me, la sua premessa è perfettamente condivisibile; e, cioè, che non si può "scegliere" se credere o non credere in Dio.
Ad esempio, se Beppe Grillo mi assicurasse che lui è in grado di attraversare a nuoto l'oceano atlantico, usando un solo braccio e con i piedi legati, per quanti sforzi io possa fare per credergli, anche con tutta la buona volontà, non ci riuscirei mai.
Ed infatti, non è una cosa che  dipenda da me!
***
"Mutatis mutandis" e "Si licet parla componere magnis", la stessa cosa vale per Dio: non si può scegliere se "crederci" o "non crederci"!
Non è una scelta volontaria!
***
Allora cosa suggerisce Pascal, per "metterci in grado" di poter scommettere sul Paradiso o sull'Inferno?
Suggerisce che chi non ci crede,  debba semplicemente far finta di crederci e comportarsi come se ci si credesse (come scrive lui, prendendo l'acqua benedetta, facendo dire messe, ecc.); così facendo, alla fine, per abitudine, finirà per autosuggestionarsi e crederci sul serio.
***
E lo spiega meglio più avanti, laddove scrive:
<<L'abitudine genera le prove più efficaci e più credute: piega l'automa, il quale trascina l'intelletto senza che questo se ne renda conto. Dunque, è l'abitudine ... a fare i cristiani, a fare i Turchi, i pagani ecc. >>(156).
***
Secondo me, questo è il senso di "abêtir" da lui utilizzato.
***
Ma questo punto, è legittimo chiedersi a che cosa valga una simile "pseudo-fede", di tipo "pecorile", ottenuta con la semplice abitudine, al fine di rendere "efficace" la "scommessa" proposta da Pascal.
Il quale, in un altra sede, scrive pure:
<<La fede è puramente umana, e inutile per la salvezza>> (144).
In tal caso, quindi, sembrerebbe che sia del tutto inutile anche qualsiasi "scommessa" sull'esistenza di Dio!
***
O meglio, ammesso che Dio esista, bisognerebbe sapere cosa ne pensa Lui:
- di un tale tipo di comportamento, volto ad ottenere, per mezzo di una "pecorile" abitudine, quel minimo di "fede" (o meglio, di "pseudo-fede") necessaria e sufficiente per poter scommettere "alla bell'e meglio" sulla sua esistenza;
- di un tale tipo di scommessa, che, per come la prospetta Pascal, appare di matrice prettamente "utilitarisitica" e "di convenienza".
***
Secondo me, così come non si può "mercanteggiare" e "negoziare" con il Signore, allo stesso modo non si possono fare "scommesse" con lui; e, soprattutto, su di Lui e sulla sua esistenza!
Non credo proprio che la prenderebbe molto bene; per cui c'è il rischio che, pur avendo scommesso, "per interesse", che Lui esiste, poi si finisca lo stesso dritti all'Inferno!
***
:'(
***

niko

#1
Ci sono principalmente due cose da dire. primo che per la moderna teoria del calcolo delle probabilità, se testa o croce hanno il cinquanta e cinquanta, e si vince o si perde la medesima posta in un caso o nell'altro, scommettere non è sbagliato, è semplicemente indifferente (ogni puntata ha valore atteso=0, dopo un numero sufficientemente alto di puntate, avremo la stessa posta con cui abbiamo iniziato).

E sempre la moderna teoria delle probabilità ci dice che due probabilità entrambe indeterminate ed escludentisi tra loro a confronto (inferno o paradiso? laddove Dio sceglie l'uno o l'altro e l'uomo non sa niente!), vanno assunte come cinquanta e cinquanta, equiprobabili, fino a prova contraria. E questo concetto è molto intuitivo, inconsciamente lo sanno quasi tutti, anche Pascal dovrebbe saperlo.

Quindi nella parte iniziale del suo discorso, Pascal non ragiona da razionalista puro, non ragiona da computer, ma da buon borghese che vuole evitare il gioco d'azzardo per principio in assenza di un profitto certo per puntata a lungo termine, prescindendo da ogni considerazione pratica su un eventuale rischio di perdita!

Un gioco equo è perdente solo dal punto di vista umano del tempo, nel senso che se giochi un gran numero di volte, puoi star certo solo e semplicemente che perderai il tuo tempo, ma non anche i tuoi soldi, o comunque tutto quello che metti come posta, a differenza di ciò che avverrebbe in un gioco matematicamente non equo a tuo svantaggio!

L'idea alla base del disprezzo per un gioco equo, la condizione di chi afferma:

"giocherei a un gioco equo solo per costrizione",

E' dunque sostanzialmente la condizione e l'idea di chi afferma che un tempo posto e concepito come risorsa scarsa, un tempo di chi è incalzato dalla morte, debba essere impiegato a lavorare, a produrre profitto, e non a giocare.

Una idea e una premessa imprenditoriale e lavorista  a tutto ciò che segue che, secondo me, a un antico greco, o a un romano, o a un medioevale non sarebbe mai passata nemmeno per l'anticamera del cervello, nel bene e nel male.

Poi Pascal passa a dimostrare che in realtà il gioco non è equo, e quindi è giocabile dal punto di vista del profitto a patto che si faccia la puntata giusta, ovvero che puntando sul paradiso c'è più da guadagnare che da perdere.
Se anche una volta su un milione vinci "il numero infinito", si compensano tutte le perdite e si va in infinito guadagno a patto di poter giocare abbastanza, meccanismo su cui si basa la seduzione psicologica del superenalotto, e a ben vedere anche del cristianesimo, per cui, se tra le miriadi di uomini se ne è salvato almeno uno conseguendo nella sua salvezza un valore infinito (il Cristo), in linea di principio sono salvi tutti, sono tutti serviti a qualcosa, sia pure non tutti a qualcosa per se stessi.

Qui ovviamente l'obiezione possibile è quella ateo-nichilista, per cui abbiamo una sola vita, quella qui sulla terra, e rendersi conto da vecchi in punto di morte di averla sprecata a seguire i dettami e i dogmi di una religione improbabile e votata alla salvaguardia dello status quo e del potere per guadagnarsi un paradiso che non esiste invece di, per esempio, ubriacarsi a andare a donnine il più possibile, è obbiettivamente un male (nel senso di una realizzazione di una verità basilare minima dell'esistenza che, aimè, se troppo tardiva può temporaneamente far male ai vivi, non un male assoluto) mentre viceversa anche l'inferno non esiste, e dunque non è e non può essere un male per nessuno, solo la sua paura può esserlo.

Non è vero insomma che guadagnarsi il paradiso non costi nulla, per guadagnarti il paradiso devi fare e pensare, e soprattutto non fare e non pensare, delle cose che ti verranno ripagate a scadenza solo se esiste il paradiso, viceversa se il paradiso non esiste la tua vita è stata funestata da più regole e sensi di colpa inutili di quelli che si può supporre avrebbero funestato a parità di altre condizioni la vita di un ateo.

Il valore infinito è la vita stessa che impara a rivoler-si all'infinito emancipandosi dalla metafisica del volere in se stessa un'altra vita.

Se avevamo detto all'inizio che le probabilità erano cinquanta e cinquanta, vale la pena di scommettere sul paradiso se e solo se, la vita beata in paradiso viene considerata essere di valore più alto della (breve ma certa!) vita dell'uomo su questa terra che ha perseguito la sua propria idea di libertà e autodeterminazione e non ha ceduto ai condizionamenti di nessuna religione.

Se invece il valore delle due vite è identico, la scommessa è indifferente.

Se vale più la vita sulla terra (come "il valore qualcosa" di qualcosa di sia pure imperfetto che però esiste, contro "il valore nulla" di ciò che proprio non esiste), si deve scommettere sulla vita sulla terra.

Il punto è che la probabilità qui va assunta come indeterminata e quindi come equidistribuita tra i due possibili esisti, insomma la moneta non è truccata, quindi possiamo decidere una cosa o l'altra solo supponendo di conoscere almeno il valore della vincita rispetto alla puntata in un caso o nell'altro, e di riscontrare una sia pur minima differenza, di valore.

Chi scommette sul paradiso, secondo me, si salva dal rimorso ma si predestina al rimpianto.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Jacopus

A Pascal, oggigiorno i neuroscienziati avrebbero gridato: "uno di noi!". L'abitudine in effetti è un potente meccanismo comportamentale di tutte le specie viventi. Se con un abitudine, per quanto "appecorata", l'individuo di una specie riesce a sopravvivere, perché dovrebbe cambiarla? In effetti spesso mi sorprendo, leggendo (di solito de relato) i classici, di come alcune loro intuizioni siano state in seguito dimostrate come vere.
In realtà una delle distinzioni principali fra uomo e altre specie è proprio la capacità di andare oltre le abitudini. È stata la capacità di pensare altrimenti che ci ha trasportato dalle savane, dove eravamo prede delle tigri e dei leoni, alle megalopoli cibernetiche odierne. Ovvio che, i meccanismi passivi delle abitudini continuano ad essere attivi. Non siamo tutti Einstein e neppure Einstein era sempre "Einstein". Sicuramente i suoi spazi di "appecoramento" li avrà avuti anche lui.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

Citazione di: Jacopus il 11 Dicembre 2021, 16:20:24 PM
A Pascal, oggigiorno i neuroscienziati avrebbero gridato: "uno di noi!". L'abitudine in effetti è un potente meccanismo comportamentale di tutte le specie viventi. Se con un abitudine, per quanto "appecorata", l'individuo di una specie riesce a sopravvivere, perché dovrebbe cambiarla? In effetti spesso mi sorprendo, leggendo (di solito de relato) i classici, di come alcune loro intuizioni siano state in seguito dimostrate come vere.
In realtà una delle distinzioni principali fra uomo e altre specie è proprio la capacità di andare oltre le abitudini. È stata la capacità di pensare altrimenti che ci ha trasportato dalle savane, dove eravamo prede delle tigri e dei leoni, alle megalopoli cibernetiche odierne. Ovvio che, i meccanismi passivi delle abitudini continuano ad essere attivi. Non siamo tutti Einstein e neppure Einstein era sempre "Einstein". Sicuramente i suoi spazi di "appecoramento" li avrà avuti anche lui.
Concordo su questa tua analisi.
In effetti possiamo considerare la riflessione di Pascal come una reazione chimica andata a buon fine dove Dio partecipa come catalizzatore, espulso dal prodotto finale.
Aggiunge però qualcosa in più rispetto a quello che direbbe uno scienziato, che la capacità di credere sia essenziale sia che si faccia una puntata consapevole che inconsapevole.
Non puntare vale una perdita a prescindere dal tipo di scommessa perché significa rinunciare a lanciare i dadi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

"Chi crede non è ancora figlio di Dio" affermava Meister Eckhart.

Mentre Pascal esorta a far diminuire le proprie passioni.

Analogo all'invito dello stesso Eckhart a distaccarsi da ogni cosa.

Non è perciò una questione di credere, bensì di essere.
Giacché si è ciò che si ama, non ciò che si crede.

Non mi è mai capitato di riscontrare in un osservante una fede davvero ferma. Vi è sempre un dubbio sottostante, magari inconsapevole, o celato dal fanatismo. Ma il dubbio c'è  sempre, e più è represso più alimenta una chiusura fanatica.

Tuttavia ho conosciuto persone che hanno scommesso su Dio.

Ma in che senso?
Visto che non è una questione di fede, essendo inutile credere?

La scommessa riguarda se stessi.
Essere o non essere.

E per essere, occorre distaccarsi.
Distaccarsi da ogni propria volontà.

Perché solo così si lascia ciò che non si è.

L'appecoramento può essere una strada, ma appunto, solo a condizione che non sia del tutto vero...
E del tutto vero non potrà mai esserlo, se non si ciurla nel manico magari cadendo nel fanatismo.
Perché, se siamo sinceri non con noi stessi, sarà sempre il dubbio a salvarci dall'autentico abruttimento.

Una strada comunque che non mi attira, per la mia storia di vita, ma che ho visto efficace in tante stimate persone.

Che non tanto "credevano", bensì "erano".
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

#5
Salve Eutidemo. Ecco un argomento intellettualmente assai valido da te proposto ! Bravo !. NO ai vaneggiamenti spiritualistici ed ugualmente NO alle vane argomentazioni razionaleggianti !!.


Purtroppo (o fortunatamente) il mio contributo sarà certo minimo, in quanto tutte le iperverbose considerazioni che ne usciranno saranno - dal mio punto di vista - riconducibili ad una infantile sintesi : ciascuno scelga se per sè è esistenzialmente più soddisfacente stare dalla parte del (credere di-) SAPERE oppure dalla parte dello SPERARE.


Pascal sapeva benissimo che la speranza - tra tutte - è la più potente delle droghe (spes ultima dea, no ??) in quanto a dipendenza ed allucinazioni ad essa connesse, perciò - pur abusando dei termini della lingua francese - corretto  anche se troppo estremistico è stato il suo collegamento ad uno stato di imbestialimento (rinuncia ad esercitare doti umane) da parte di chi abbandona completamente la ragione in funzione di una speranza totalizzante, la quale lo ridurrà in balia degli eventi esterni, magari imperscrutabilmente mossi dal Dio di turno.


L'estremizzazione di una specificità unicamente umana (lo spiritualismo) genera infatti in suo opposto, cioè la rinuncia alla complementare ed ugualmente nobile specificità umana consistente nella manifestazione del libero arbitrio. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

L'aspetto aporetico della scommessa di Pascal è  l'assenza di criteri per decidere su quale Dio scommettere e quali dei nostri comportamenti gli saranno più graditi, vista la grande confusione, fino a lotte fratricide, tra le varie sette teiste. Da una mente scientifica come la sua mi aspetterei delle procedure almeno sommarie per procedere nella scommessa. Fosse mai che Dio sia un crapulone, sessualmente assatanato come un dio greco, e noi invece scommettiano su una vita di digiuni e castità.  Sai che doppia fregatura: in questa e nell'altra vita !

Mancando la sostanza di ciò su cui scommettere la vedo dura. Meglio scommettere occamisticamente sull'inesistenza a questo punto, e seguire il nostro fato. In attesa che Egli si palesi con indubitabile evidenza  e chiarezza normativa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander


Schema sintetico della scommessa pascaliana:
° Dio esiste ed io ci ho creduto: +1 (ho guadagnato)
°Dio non esiste ed io ci ho creduto: 0 (non ho perso né guadagnato)
°Dio esiste ed io non ci ho creduto : -1 (ho perso)
°Dio non esiste ed io non ci ho creduto: 0 (non ho perso né guadagnato)


Quindi, secondo lo schema, risulta conveniente credere ( +1 e 0 di chi ci ha creduto contro -1 e 0 di chi invece non ci ha creduto).


Risulta conveniente credere anche rispetto all'indifferente:
° Dio esiste e ne sono indifferente: 0
°Dio non esiste e ne sono indifferente: 0

viator

Salve alexander. "Dio esiste ed io ci ho creduto: +1 (ho guadagnato)".

Perfetto ragionamento utilitario. La Speranza (in questo caso vestente i panni dell'avidità) funziona proprio come descrivo qui sotto.


Chi punta nel "gioco delle tre carte" è convinto (lui è furbo, mica scemo !) non solo che una delle tre carte sia quella sulla quale ha puntato.......ma addirittura (ripeto : lui è furbo, mica scemo !) di aver visto in quale posizione è stata poggiata da chi tiene il banco.


Perciò egli spera di risultare furbo quanto quelli che hanno già vinto prima di lui ma più furbo di chi tiene il banco.


Non sa che quelli quelli che prima di lui hanno vinto erano semplicemente i "compari" che dovevano convincere "il pollo".

E che tutti quelli che tengono il banco nel "gioco delle tre carte" possono farlo solo dopo aver acquisito la capacità di togliere di mezzo destramente la carta vincente quando a giocare si presenta - prima o poi - "il pollo". Saluti
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

I valori impostati da Pascal sono assolutamente arbitrari e costringono Dio a ragionare con la testa di Pascal. Chi assicura che Dio preferisca chi crede in lui rispetto a chi non crede ? Magari preferisce chi si comporta bene (secondo criteri a loro volta sconosciuti), indipendentemente dalle sue credenze. Oppure è del tutto indifferente a ciò a cui credono gli umani. Insomma  Pascal vuole vincere facile, ma con carte truccate in cui nella tesi sta già scritto il vincitore, in assenza di alcuna dimostrazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#10
Citazione di: Alexander il 11 Dicembre 2021, 21:29:34 PM

Schema sintetico della scommessa pascaliana:
° Dio esiste ed io ci ho creduto: +1 (ho guadagnato)
°Dio non esiste ed io ci ho creduto: 0 (non ho perso né guadagnato)
°Dio esiste ed io non ci ho creduto : -1 (ho perso)
°Dio non esiste ed io non ci ho creduto: 0 (non ho perso né guadagnato)


Quindi, secondo lo schema, risulta conveniente credere ( +1 e 0 di chi ci ha creduto contro -1 e 0 di chi invece non ci ha creduto).


Risulta conveniente credere anche rispetto all'indifferente:
° Dio esiste e ne sono indifferente: 0
°Dio non esiste e ne sono indifferente: 0


Alexander@

Ribadisco il mio punto di vista:

Dio non esiste e io ci ho creduto non va contato come zero, ma come meno uno.

perché il dio ebraico e cristiano non richiede solo una fede, ma oltre alla fede anche dei comportamenti coerenti con delle regole codificate (non credo proprio che se uno, per esempio, crede in lui ma come comportamenti esteriori sacrifica capretti, sgozza bambini, ruba e desidera la donna d'altri lo mandi in paradiso, appunto per andarci ci vogliono sia la fede che le opere), e se dio non esiste, allora tutte le regole, le azioni e i pensieri in teoria "graditi a dio" sono in realtà stati decisi non da dio, che non esiste, ma da altri uomini che si sono arrogati il diritto di rappresentarne la volontà e la parola (se dio non esiste, qualcuno di umano come noi si è seduto a tavolino e ha stabilito che rubare, sgozzare capretti e desiderare la donna d'altri è in assoluto sbagliato), e se un uomo, un individuo qualsiasi, mette in atto dei comportamenti, e finanche dei pensieri e dei modi di sentire, non da lui, ma da altri uomini, predeterminati e comandati, e il tutto in nome un feticcio inesistente chiamato "dio" che esiste solo come parola, allora egli sacrifica la propria autodeterminazione e libertà in nome di questo feticcio inesistente (quantomeno perde la libertà di agire diversamente da come, dai ministri del dio inesistente, comandato!), e vive meno liberamente di chi vivesse a parità di altre condizioni senza seguire regole, pensieri e schemi mentali che vengano da un'autorità umana spacciatasi per divina. Meno libertà, vuol dire più limiti, e più oppressione interiore.

Spero con ciò di aver dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che se dio non esiste e io ci credo, ci perdo, quantomeno perché in questo caso ho passato -o meglio, sprecato- la vita a baciare santini e a bagnarmi di acqua benedetta mentre avrei potuto fare qualcosa di diverso e di meglio. La mia morte e il mio non-incontro con questo dio inesistente, sarà una disillusione rispetto all'illusione che la mia vita è stata.

e ancora

Dio non esiste e io non ci ho creduto, non è zero, ma è più uno.

Perché in questo caso ho avuto meno regole assurde a regolarmi la vita di quante ne ha un credente, meno sensi di colpa, meno vincoli, meno paletti, più possibilità di autodeterminazione, vale il viceversa del ragionamento di cui sopra.

Quindi, rifacendo correttamente il conto, la scommessa è indecidibile, il tutto vale zero in ogni caso.

Bisogna al limite valutare di più la beatitudine della libertà per credere, di più la libertà della beatitudine per non credere, se sono alla pari si è nel conflitto e nell'indecidibilità.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Eutidemo

Sono rimasto letteralmente "travolto" da tanti commenti tutti in una volta; per cui non saprei da quale cominciare e con quale finire, per non offendere nessuno.
Ed infatti, li trovo tutti molto profondi ed  interessanti!
Grazie a tutti!
:)
***
Tuttavia, vista la mia predilezione per Meister Eckart, non potevo non apprezzare in modo particolare l'intervento di Bobmax.
Ed infatti, secondo me, scommettere su Dio, è un po' come scommettere sul Nulla; non perchè Dio non esista, ma semplicemente perchè Dio (non) è Nulla di qualsiasi cosa noi si possa concepire, e sulla quale si possa scommettere, in positivo o in negativo.
Scrive Eckart: "Ora, il distacco è così vicino al nulla, che nulla è tanto sottile da poter trovare ricetto nel distacco, se non Dio solo. Solo lui è tanto semplice e tanto sottile da poter trovare ricetto nello spirito distaccato; perciò il distacco non è aperto ad altro se non a Dio" ("Dell'uomo Nobile", pp. 131-132).
;)
.


Alexander

#12
Buona domenica a tutti


Premesso che mi lascia molto perplesso il tentativo di coniugare la matematica con la spiritualità, mi sembra che la scommessa si basi sull'idea di bene finito contrapposto a bene infinito. Pascal parte dall'affermazione della superiorità del bene infinito che è possibile ottenere solo credendo, rispetto al bene finito che possiamo ottenere godendo della vita. Il bene infinito è per Pascal così superiore al bene finito che vale la pena rinunciare in parte a questo per ottenere quello. E vediamo che per Pascal  la rinuncia al finito non è drammatica in quanto è bene insoddisfacente, effimero, non capace di darci vera gioia, se non momentanea, in ultima analisi sacrificabile nella scommessa, per puntare a quello infinito. Trovo in questo una sottovalutazione della forza del desiderio, contro il quale Pascal oppone "l'abitudine a frequentare" un'idea, in maniera ipocrita, per convincersi e fare propria l'idea stessa. Si potrebbe anche passare una vita goduriosa e poi, in vecchiaia, "convertirsi" e scommettere sull'esistenza di Dio. Molti lo fanno, man mano che i piaceri della vita diventano via via in numero minore rispetto ai dispiaceri. Sembra, per esempio, che anche Sciascia abbia optato per questa prospettiva, almeno molti lo pensano.Sarà sufficiente? Direi di no. E cito proprio il vangelo (perché è della prospettiva cristiana che Pascal parla):Mt 7,21-29: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Qui Gesù intende già in questa vita, non nell'eventuale futura. Non è la fede in sé che salva, ma le opere, che però devono essere fatte nell'amore, perché Dio è comunione d'amore.

InVerno

#13
Citazione di: Alexander il 12 Dicembre 2021, 10:04:10 AM
E cito proprio il vangelo (perché è della prospettiva cristiana che Pascal parla):Mt 7,21-29: "Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. Qui Gesù intende già in questa vita, non nell'eventuale futura. Non è la fede in sé che salva, ma le opere, che però devono essere fatte nell'amore, perché Dio è comunione d'amore.
Paolo la pensa evidentemente diversamente, basta la fede nella resurrezione, perchè altrimenti quando Gesù suggerisce di comportarsi secondo la volontà del Padre, intende di seguire gli spinosi dettami dell'AT, e sarebbe tutto uno "strider di denti" per i non circoncisi ghiotti di crostacei, che sono anche la totalità dei cristiani, che molto comodamente preferiscono i requisiti paolini quando si tratta di porte del paradiso.

Io sulla scommessa non ho niente da aggiungere a quanto ha detto niko, l'idea che credere in qualcosa assomigli a spegnere ed accendere un interruttore e che le uniche ripercussioni si presentino dopo la dipartita, è da sempre il motivo principale per cui ritengo questo argomento degno di entrare nella top ten dei peggiori in assoluto. Ringrazio però Eutidemo perchè non sapevo che continuasse con questo "consiglio" di diventare "cristiani mimetici", grazie a questa "scoperta" la scommessa Pascaliana scala decisamente la classifica e ascende al podio dei peggiori argomenti apologistici di sempre, sgomita per prendere il secondo posto all'argomento dell'orologiaio. Che poi il valore di questo argomento non è tanto quello filosofico, quanto dimostrare che per molti la fede altro non è che una rozza forma di assicurazione sulla vita, e che alcuni sono pure onesti nell'ammetterlo!
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Mi permetto di rivedere lo schema di Alexander considerando che c'è pur sempre una puntata in gioco (chiamiamola «V»), ossia il nostro stile di vita, comprese le nostre rinunce per aderire ai dettami della religione anche quando non ci piace farlo (come già osservato da Niko); tutta la nostra condotta morigerata viene messa sul piatto scommettendo che sia un buon "investimento"; dunque:
Dio esiste ed io ci ho creduto: +∞ (ho guadagnato l'infinta gioia nel paradiso)
Dio non esiste ed io ci ho creduto: -V (tutti i sacrifici sono stati vani, avrei potuto spassarmela di più e non ho vinto nulla)
Dio esiste ed io non ci ho creduto : -∞ (ho perso la gioia infinita e mi tocca la dannazione eterna)
Dio non esiste ed io non ci ho creduto: +V (non ho puntato su Dio, ho evitato di fare sacrifici, e ho guadagnato una vita edonistica)

Risulta chiaro dallo schema, che se punto su Dio ottengo +∞ o -V, mentre se non ci credo ottengo -∞ o +V; ovviamente una vita (V) per quanto lunga e prospera  non è quantitativamente né qualitativamente paragonabile all'infinito gaudio paradisiaco, per questo Pascal ci suggerisce di puntare su Dio. Sembrerebbe che ci dica: se punti 5 centesimi su Dio puoi vincere un bancomat con credito illimitato o perdere i 5 centesimi; se non punti i 5 centesimi su Dio, non li perdi, ma eviti anche di vincere un bancomat con credito illimitato (e forse ottieni "illimitato rimpianto"). Il punto cruciale è che tuttavia non si tratta di puntare 5 centesimi, bensì tutta la nostra vita (che è tutto ciò che siamo/abbiamo), per cui la scommessa reale è: se punti tutto ciò che hai, puoi vincere un un bancomat con credito illimitato, ma se perdi, perdi tutto ciò che hai (se ogni gioco d'azzardo richiedesse di puntare tutti i propri beni in un colpo solo, probabilmente il gioco d'azzardo si sarebbe già estinto, o si sarebbero quantomeno estinti tutti i suoi giocatori, almeno se il guadagno fosse proporzionale alla puntata e quindi anche ai poveri non converrebbe puntare quel poco che hanno).
Va poi soprattutto considerato che non si tratta affatto di una scommessa del tipo testa/croce, 50/50: trattandosi di esistenza, per stimare le probabilità diventano rilevanti prove, indizi, deduzioni, etc. Banalizzando: le probabilità che nel garage del mio vicino (a cui non posso accedere), posto sicuramente freddo e da cui mi pare di aver sentito spesso dei rumori, ci sia un pinguino reale, non sono esattamente del 50% (soprattutto considerando che siamo in Italia) e se mi si chiedesse di puntare tutti i miei averi per ottenere il famoso bancomat con credito illimitato qualora il pinguino ci sia davvero, ma perdere tutto se il pinguino non c'è, personalmente scommetterei sull'assenza del pinguino e mi terrei i miei (pochi) averi.
Inoltre, molto marginalmente e lasciando da parte i pinguini, una falla strutturale della scommessa pascaliana è che non c'è garanzia della verifica dell'esito finale, nel senso che, se Dio non esiste, quando l'uomo non credente muore non saprà di aver vinto, così come l'uomo credente non saprà di aver perso.

Per onestà intellettuale, va comunque notato che il credere nel Dio cattolico oggi non comporta fustigarsi con il cilicio o andare a morire in terra santa, anzi, alcuni cardini della morale cattolica fanno ormai parte della legislazione vigente e anche di molte prospettive atee, per cui il sacrificio di una "vita da cattolico" non è una totale alienazione dalla società e da ogni forma di piacere; rivalutando quindi la scommessa di Pascal in "valuta corrente" è certo meno "onerosa" che nel diciassettesimo secolo (per quanto resti ancora poco probabile che un pinguino si aggiri davvero nel garage del mio vicino...).


P.s.
Chiaramente il buon Pascal è figlio del suo tempo, quindi quando parla di un dio è condizionato dalla sua cultura d'appartenenza (non pensa ad un dio "in generale"), per quanto nei suoi Pensieri dimostri di aver ben chiaro cosa siano il prospettivismo (Pensieri, 47), i limiti della ragione, la forza dell'abitudine («abêtir» deriva da «bête»1, ossia «bestia», forse lo usa nel senso di "addomesticarsi" tramite l'abitudine, proprio come è la ripetizione dei gesti che addomestica gli animali, non la loro intrinseca "razionalità"; v. anche Pensieri, 140), etc. tutti aspetti che, coniugati con la sua lucidità da matematico, potrebbero allontanarlo dal feticismo ingenuo di una credenza in un dio definito, ma nondimeno lo confermano fulgido esempio dello scienziato che non sa/può/vuole lanciare la propria razionalità oltre l'horror vacui del "mistero" della morte.

1Non senza una certa ironia linguistica, la pronuncia di «bête» in francese è simile a quella di «bet» in inglese che significa... scommessa.