La realtà è illusione?

Aperto da Socrate78, 07 Novembre 2017, 19:39:20 PM

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Socrate78

Secondo voi è possibile che, in buona misura, la realtà che noi vediamo e su cui formuliamo giudizi anche netti sia illusoria? Già Cartesio, nelle sue Meditazioni, nota come alcune proprietà degli oggetti siano in effetti illusorie, ad esempio noi percepiamo i colori come facenti parte integrante dell'ente, ma in realtà sono solo una costruzione del nostro occhio (e del cervello che interpreta i dati...) che entra in contatto con la luce. Il filosofo infatti riduceva tutto a pensiero ed estensione, è come ammettere che un buon 80% della realtà percepita è illusione. Lo stesso può dirsi dei sapori, del dolore e del piacere, derivano da un'interpretazione di qualcos'altro e quindi sono soggettivi. Non solo, ancora più radicalmente le teorie della fisica quantistica affermano che la vera realtà è costituita da quanti di energia: quest'energia, entrando in contatto con la nostra mente, forma l'illusione della solidità, ma in realtà si tratterebbe solo di vibrazioni energetiche. 
Il problema di fondo è questo: se le cose stanno così, allora la stessa conoscenza è qualcosa di costruito e non di oggettivo? Possiamo dire di essere tutti ignoranti in fondo ed anzi più si crede di sapere più di fatto si ignora e ci si illude?

iano

#1
Lasciando da parte per il momento il termine illusorio,la conoscenza credo sia qualcosa di costruito al 100 % .
Ma in che modo deduci da ciò che la conoscenza non sia oggettiva ?
Cosa intendi per oggettivo e cosa per soggettivo?
Io la vedo così.
Soggettivo è ciò che non può essere condiviso.
Oggettivo è ciò che può essere ,almeno potenzialmente , condiviso.
In tal senso la conoscenza è oggettiva , perché può essere condivisa.
Si potrebbe dire in alternativa che oggettivo è ciò che è vero , ma io non riesco a dare un significato preciso a tale frase.
Il nostro concetto di verità in effetti credo nasca da una sottile esigenza pratica.
La conoscenza è utile , ma non è  utile ricordare continuamente a noi stessi il suo carattere illusorio.
La verità stessa è quindi una utile illusione.
È un gioco che tutti quanti abbiamo praticato da bambini , e che continuiamo a praticare inconsapevolmente da grandi.
Il gioco del "facciamo che noi eravamo" .
Noi tendiamo a farla diventare una cosa seria , ma rimane un gioco.
Il fatto che la conoscenza sia illusoria ,cioè che sia costruita ,secondo come intendi tu , non ne intacca l'utilità .
Ma forse anche sul termine illusorio potremmo disquisire in modo più concreto.
La conoscenza non è mai perfetta , ma non nel senso che non corrisponde a verità, cosa che non si sa bene cosa significhi , ma nel senso che ha sempre qualche falla.
Ciò si spiega col fatto che la conoscenza per essere costruita richiede risorse e queste risorse sono limitate e vanno distribuite in modo ottimale.
Un modo per ottenere una buona economia e efficacia del processo di conoscenza può essere quello di accettare a priori errori.
Questi errori ci appaiono chiaramente come illusioni , e da qui tendiamo a dedurre che tutto il processo di conoscenza sia errato. Ciò che non è.
Tutto ciò nasce,credo , dalla nostra presupponenza umana.
Prima ci sopravvalutiamo senza nessun buon motivo che non sia il piacere che proviamo a farlo.
Diciamo ad esempio che almeno potenzialmente possiamo avere accesso diretto alla realtà,e conoscere 
la,verità.
Poi troviamo le prove del contrario (le illusioni) e quindi buttiamo il bambino con l'acqua sporca.
Tutte queste contraddizioni nascono dal fatto che sebbene la conoscenza sia condivisibile , il processo di costruzione della conoscenza non è del tutto cosciente , e quindi non del tutto condivisibile.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Apeiron

#2
Su questo tema consiglio di leggere questi argomenti: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/realta-e-rappresentazione/
e https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/cos'e-un-ente-perche-e-diverso-da-un-niente/

Ad ogni modo l'argomento del sogno (e le sue varianti) pur essendo estremamente interessante lo ritengo irresolvibile. Secondo me ha più senso chiedersi in che modo le nostre "rappresentazioni" concettuali della realtà sono legate alla realtà stessa. A mio giudizio se si parte con questo spirito si vede come quella che noi pensiamo essere "realtà" è invece una (auto-)illusione, motivo per cui tra l'altro mi piacciono molto le cosiddette "filosofie orientali".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

iano

#3
Se io e te avessimo accesso alla realtà assoluta , quindi non costruita , come faremmo a comunicarcelo ?
Come faremmo a condividerlo?
Le filosofie orientali ci dimostrano che la realtà cui abbiamo accesso è costruita , dandoci un metodo per decostruirla.
Ciò può essere comunicato e quindi può essere  condiviso.
Da qui partono due strade.
Prendo atto che ciò che credevo realtà' è una illusione e quindi cercherò la via per giungere alla realtà assoluta. Questa è la strada delle religioni.
In alternativa prendo atto che ,dopo aver decostruito la realtà ereditata per via culturale genetica , posso ricostruirla in modo alternativo .
Questa è la strada delle scienze.
Questa nuova realtà non ha necessariamente nulla a che spartire con la vecchia realtà , ma potrebbe essere la stessa realtà espressa in una forma diversa , così diversa da farla apparire inaccettabile.
Essendo una realtà costruita deve avere una forma,che io la conosca o meno.
Per le scienze la forma è quella matematica.
L'ipotesi che la matematica sia la forma comune a tutte le realtà possibili non mi sembra alla fine così forte.
Mi sembra ragionevole fino a prova contraria.
Perché qualcosa possa essere oggettivo deve ,come prerequisito , poter essere condiviso,quindi deve essere qualcosa di costruito.
Quando questa costruzione diventa oggettiva.
È un processo democratico.
Nel caso della realtà ereditata si chiama senso comune , per il quale ingenuamente , certe cose sono evidenti e non vanno spiegate.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Apeiron

Citazione di: iano il 11 Novembre 2017, 07:05:37 AMSe io e te avessimo accesso alla realtà assoluta , quindi non costruita , come faremmo a comunicarcelo ? Come faremmo a condividerlo? Le filosofie orientali ci dimostrano che la realtà cui abbiamo accesso è costruita , dandoci un metodo per decostruirla. Ciò può essere comunicato e quindi può essere condiviso. Da qui partono due strade. Prendo atto che ciò che credevo realtà' è una illusione e quindi cercherò la via per giungere alla realtà assoluta. Questa è la strada delle religioni. In alternativa prendo atto che ,dopo aver decostruito la realtà ereditata per via culturale genetica , posso ricostruirla in modo alternativo . Questa è la strada delle scienze. Questa nuova realtà non ha necessariamente nulla a che spartire con la vecchia realtà , ma potrebbe essere la stessa realtà espressa in una forma diversa , così diversa da farla apparire inaccettabile. Essendo una realtà costruita deve avere una forma,che io la conosca o meno. Per le scienze la forma è quella matematica. L'ipotesi che la matematica sia la forma comune a tutte le realtà possibili non mi sembra alla fine così forte. Mi sembra ragionevole fino a prova contraria. Perché qualcosa possa essere oggettivo deve ,come prerequisito , poter essere condiviso,quindi deve essere qualcosa di costruito. Quando questa costruzione diventa oggettiva. È un processo democratico. Nel caso della realtà ereditata si chiama senso comune , per il quale ingenuamente , certe cose sono evidenti e non vanno spiegate.

Secondo te è possibile trovare un equilibrio tra le due tendenze? Essendo io un fisico affascinato dalle filosofie indiane per me trovare un equilibrio è molto importante  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

iano

#5
Forse.
Praticando le filosofie orientali si acquisisce conoscenza dei meccanismi naturali coi quali ci interfacciamo con la realtà , riuscendo a controllarli e modificarli , ma giungere per quella via all'illuminazione mi sembra una vera illusione.
Un fisico che avesse fatto queste esperienze , se vivesse abbastanza, potrebbe inaugurare una nuova era , nella quale la produzione di teorie fisiche diventerebbe un processo industriale , perdendo magari il suo fascino.
Finora infatti la costruzione delle teorie fisiche è stato qualcosa di esaltante ed eroico.
Lo scoglio da superare ancora oggi è il buon senso comune , o le precedenti teorie in parte acquisite come senso comune.
Io ad esempio considero il tempo e lo spazio assoluti della teoria di Newton come cose che percepisco in modo ovvio , anche se non so ben dire di che si tratta.
Ma ho letto che nell'era prenewtoniana tali non erano.
Questo dimostrerebbe che , se  le nostre percezioni e le teorie fisiche possono ibridarsi e confondersi , allora devono avere una natura comune e parlare la stessa lingua.
Praticare le filosofie orientali potrebbe equivalere ad indagare questo linguaggio in profondità portando a compimento la sua esplicitazione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

"Illusione" deriva da "illudere", ovvero (l'ho appena scoperto!) "il-ludere": scherzare, giocare su qualcosa; mentre "reale" deriverebbe da "res", "cosa", ovvero il reale riguarda le cose sostanziali/materiali.
Chiedersi se la realtà sia illusione è dunque chiedersi se si possano intendere le cose giocosamente; la risposta è... ovviamente si, e non solo stando alla assonante teoria dei giochi linguistici di Wittgenstein.
Capire la realtà (proprio come percepirla) significa innescare una rielaborazione mentale, fatta di concetti astratti (come numeri, leggi ed ogni altra identità logica) e tali concetti non sono la realtà (v. topic sulla "mappa non è il territorio" ;) ), ma una sua funzionale (si spera) descrizione/spiegazione/interpretazione... quindi, secondo me, direi che costruiamo logicamente la realtà (con le nostre astrazioni) più di quanto la scopriamo, e forse il gioco della scienza è proprio dare senso ai "piani" di realtà che essa stessa produce partendo dai suoi assiomi vincolanti-ma-non-immutabili (idem per le filosofie, orientali e non, ed ogni altra visione del mondo).

Il_Dubbio

Domanda riccorrente.

In passato io mi sono risposto in un certo modo. Non penso di poter riprodurre qui, in un'unico post, esattamente il mio pensiero anche perche non mi ricordo piu tutti i passaggi che ho fatto. Ma questa mia dimenticanza ha anche a che fare con la risposta.

Provo quindi ad esaminare i passaggi che ricordo.

L'universo è unico. E' un solo universo. Colui o ciò che io chiamo soggetto è l'universo. Colui o ciò che chiamo oggetto è l'universo.

Ragion per cui oggetto e soggetto sono l'universo.

La domanda posta da Socrate78 considera la possibilità di conoscere l'intero universo attraverso il soggetto. Si domanda cioè se questa conoscenza (del soggetto) sia illusoria.

Si premette che il soggetto è un uomo che utilizza 5 sensi sensoriali piu l'intelletto. Attraverso questi mezzi l'uomo deve giungere alla comprensione dell'universo intero.

Si presuppone che nessuno dei mezzi usati possa da solo comprendere l'universo. Quindi tutti concorrono alla sua comprensione. Alla fine dovremo tirare le somme e decidere se questi mezzi siano sufficienti o adeguati per comprendere l'universo o se ci facciano giungere ad una comprensione illusoria.

Da notare che ho inserito anche l'intelletto. Li dentro c'è anche tutta la matematica creata fino ad ora. Molti credono infatti che la matematica risolva i problemi di illusione.
Ma la matematica l'ha creata il soggetto. E la matematica senza i 5 sensi non serve a nulla (riferendoci sempre alla comprensione dell'universo).

Quindi racapitoliamo. Gli uomini sono soggetti di questo universo, ma sono anche un oggetto di questo universo. L'universo quindi attraverso l'uomo conosce se stesso. Infatti l'universo è uno e la differenza fra soggetto e oggetto è solo apparente.
Questa conoscenza viene però interposta da 5 sensi e dall'intelletto.

Siccome l'universo è uno potremmo farlo a fettine e trovare la fettina corrispondende al soggetto.

A questo punto il soggetto, con i suoi 5 sensi e il suo intelletto, dovrebbe ricomporre l'universo cercando di agganciare tutte le fettine che compongono l'intero universo. Per farlo bene deve riuscire a descrivere non solo l'universo distante dalla fettina/soggetto, ma soprattutto le fettine adiacenti al soggetto stesso.

Non la faccio ancora piu lunga. Per conoscere l'universo senza illusione c'è bisogno di descrivere (in modo deterministico) il motivo per cui esiste un soggetto e poi da li in davanti (o meglio indietro..ma è uguale) descrivere ogni passaggio che contraddistingue il restante universo.

Noi invece cosa abbiamo fatto fino ad ora? Siamo giunti fino ad una descrizione dell'inizio dell'universo (big bang), ora ci domandiamo addirittura come l'universo evolverà nel futuro, ma non sappiano nulla di come noi siamo riusciti ad essere il soggetto di questo universo. Praticamente i nostri 5 sensi e il nostro intelletto guardano troppo lontano, ma la soluzione ai nostri enigmi e fin troppo vicino per vederlo, per cui a quanto pare il nostro difetto è la presbite. ;D

Loris Bagnara

Bellissima questione.

Sì, la realtà che sperimentiamo, la realtà manifestata, è illusione.
Solo la realtà assoluta non lo è, ma la realtà assoluta non è sperimentabile perché è NON manifestata.

La realtà assoluta è il principio-radice, la sostanza unica da cui discende tutto il resto.
Questo principio (parabrahman per i Veda) è privo di attributi, non manifesto e quindi non conoscibile.
Il vuoto dei buddhisti (sunyata) ne è la rappresentazione simbolica migliore che la nostra mente possa concepire.

La realtà manifestata si dispiega, appunto come costruzione (illusoria, effimera impermanente etc) a partire da questo principio.
La nostra mente poi decodifica, con le sue regole illusorie (costruite, definite, come lo è un gioco alle carte), una realtà manifestata che già per conto suo è illusione: una quinta teatrale che resta in piedi finché ha la sua funzione da svolgere.

Concludo con un'osservazione sulla distinzione fra oggettivo e soggettivo.
La condivisibilità è un buon criterio di distinzione, ma non è sufficiente a mio avviso.
La realtà fenomenica dell'universo è condivisa, ma è un'illusione collettiva.
Per contro, l'esperienza autocosciente, l'io-sono, è assolutamente non condivisibile (solo io posso essere certo di essere io), ma è l'unica cosa di cui davvero non possiamo dubitare, l'unica cosa assolutamente "vera" (sono assolutamente certo di esistere, foss'anche solo come soggetto vittima di illusione su tutto quanto il resto).

Quindi, al criterio della condivisibilità io aggiungere quello della autonomia rispetto al soggetto: la realtà oggettiva è quella che il soggetto non può modificare con la sua volontà. Io posso evocare l'immagine mentale di una montagna e farla sparire, ma non posso fare altrettanto con una montagna "reale" (appunto per questo la chiamo "reale"). Pensiamo a una realtà virtuale tipo Matrix, in cui possiamo immergerci in modo straordinariamente convincente, e che possiamo alterare a nostro piacimento evocando gli scenari più desiderati: vacanze (da sogno, appunto...), denaro, sesso, potere... Tutto apparentemente "solido", ma falso.

Tanto più la realtà esterna è modificabile dal soggetto, tanto più si può dire che quella realtà da oggettiva, esterna, diventa soggettiva, interiore.

sgiombo

CitazionePer Loris Bagnara

Dopo aver molto polemizzato sul "darwinismo" in passato (mi ricordavo il nome ma non di cosa si discuteva, e ho dovuto andare a rileggermi qualche tuo vecchio intervento per capire con chi stavo tornando a ragionare) devo dire che invece su questo problema concordo quasi in tutto (non sulle filosofie orientali che distinguono fenomeni da noumeno usando concetti leggermente diversi da quelli kantiani, perché purtroppo ne sono completamente digiuno).

Sulla distinzione fra soggettivo e oggettivo nell' esperienza fenomenica per parte mia distinguerei le sensazioni "interiori" o mentali (pensieri, ragionamenti, desideri, volizioni, sentimenti, "stati d' animo", ecc.) in quanto considerabili relative al soggetto di coscienza fenomenica nel senso di "dipendenti nelle modalità del loro accadere da" (e biunivocamente corrispondenti a) caratteristiche proprie di un aspetto del noumeno, di un' "ente - serie di eventi" in sé che é soggetto, oltre che (riflessivamente) é oggetto della coscienza fenomenica in cui accadono, e dunque soggettive, dalle sensazioni "esteriori" o materiali in quanto considerabili relative agli oggetti di coscienza fenomenica nel senso di "dipendenti nelle modalità del loro accadere da" (e poliunivocamente, fra più esperienze coscienti, corrispondenti a) caratteristiche proprie di aspetti del noumeno o di "enti - serie di eventi in sé" che sono oggetto della coscienza fenomenica in cui accadono e sono diversi dal soggetto di essa; queste ultime sono comunque fenomeni e dunque non si identificano con le "cose in sé" che ne sono propriamente gli "oggetti" (inoltre sono intersoggettive o "pubblicamente constatabili", "mostrabili agli altri" in quanto accadono del tutto corrispondentemente fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti dei diversi soggetti di esse, purché si vengano a trovare in determinate relazioni con gli stessi oggetti in sé), così come le sensazioni "interiori" o mentali sono comunque fenomeni e dunque non si identificano con la "cosa in sé" che ne é soggetto (e non sono intersoggettive o "pubblicamente cosntatabili" ma solo "privatamente esperibili" e riferibili agli altri verbalmente).

Non comprendo bene l' ultima tua affermazione:

"Tanto più la realtà esterna è modificabile dal soggetto, tanto più si può dire che quella realtà da oggettiva, esterna, diventa soggettiva, interiore".

Mi sembra che la realtà esterna intersoggettiva od "oggettiva" (un po' impropriamente, nel senso sopra precisato) resti tale e non divenga "più soggettiva" per il fatto che, rispettandone e applicandone consapevolmente le modalità del divenire (comunque "oggettive") alla realizzazione di scopi (soggettivi) realistici partendo da determinate condizioni "oggettive" date, i soggetti di esperienza cosciente fenomenica (e di conoscenza di essa), essendo anche soggetti di volontà circa essa, possano modificarla.

iano

#10
Citazione di: Loris Bagnara il 21 Novembre 2017, 21:50:29 PM
Bellissima questione.

Sì, la realtà che sperimentiamo, la realtà manifestata, è illusione.
Solo la realtà assoluta non lo è, ma la realtà assoluta non è sperimentabile perché è NON manifestata.

La realtà assoluta è il principio-radice, la sostanza unica da cui discende tutto il resto.
Questo principio (parabrahman per i Veda) è privo di attributi, non manifesto e quindi non conoscibile.
Il vuoto dei buddhisti (sunyata) ne è la rappresentazione simbolica migliore che la nostra mente possa concepire.

La realtà manifestata si dispiega, appunto come costruzione (illusoria, effimera impermanente etc) a partire da questo principio.
La nostra mente poi decodifica, con le sue regole illusorie (costruite, definite, come lo è un gioco alle carte), una realtà manifestata che già per conto suo è illusione: una quinta teatrale che resta in piedi finché ha la sua funzione da svolgere.

Concludo con un'osservazione sulla distinzione fra oggettivo e soggettivo.
La condivisibilità è un buon criterio di distinzione, ma non è sufficiente a mio avviso.
La realtà fenomenica dell'universo è condivisa, ma è un'illusione collettiva.
Per contro, l'esperienza autocosciente, l'io-sono, è assolutamente non condivisibile (solo io posso essere certo di essere io), ma è l'unica cosa di cui davvero non possiamo dubitare, l'unica cosa assolutamente "vera" (sono assolutamente certo di esistere, foss'anche solo come soggetto vittima di illusione su tutto quanto il resto).

Quindi, al criterio della condivisibilità io aggiungere quello della autonomia rispetto al soggetto: la realtà oggettiva è quella che il soggetto non può modificare con la sua volontà. Io posso evocare l'immagine mentale di una montagna e farla sparire, ma non posso fare altrettanto con una montagna "reale" (appunto per questo la chiamo "reale"). Pensiamo a una realtà virtuale tipo Matrix, in cui possiamo immergerci in modo straordinariamente convincente, e che possiamo alterare a nostro piacimento evocando gli scenari più desiderati: vacanze (da sogno, appunto...), denaro, sesso, potere... Tutto apparentemente "solido", ma falso.

Tanto più la realtà esterna è modificabile dal soggetto, tanto più si può dire che quella realtà da oggettiva, esterna, diventa soggettiva, interiore.
Sostanzialmente la pensiamo allo stesso modo , ma....
Il fatto che qualcosa sia condivisibile non significa che sia condivisa, e quindi non è automaticamente oggettiva.
Oggettivizzazione ,in questo senso riduttivo , assomiglia quindi a un processo democratico se non fosse che può esplicarsi attraverso i tempi evolutivi , più che attraverso un voto volontario e cosciente di ogni singolo.
OggettivOz azione ,  da questo punto di vista molto pratico  , assomiglia più a un referendum sempre in corso del quale si hanno sempre le proiezioni e i risultati parziali , senza poter avere mai il risultato finale.
Se tutto ciò funziona possiamo ben indurre che la causa sia una realtà oggettiva sufficientemente non aleatoria.
Per il resto  , che io sono io , funziona finché sono io , e non nego che questa sensazione possa essere confortante a livello personale e finché dura ,però non mi sembra una prova definitiva dell'esistenza di un bel niente di oggettivo.
Infatti , seppur fossimo certi di ciò che questo significa ,e di poterlo  quindi condividere ,non c'è dubbio che su questo punto si otterrebbe l'unanimita'.
Ma un politico che in un governo mondiale ottenesse il 100 % dei voti espressi liberamente, resterebbe solo un politico ne' più ne' meno che del suo avversario trombato😄
Resterebbe allora Loris , solo da analizzare questo nostro anelito verso una realtà oggettiva.
Il,fatto è che per quanto i più saggi fra noi conoscano e sperimentino il valore del dubbio , è di contro impossibile vivere in un paralizzante continuo dubbio.
Quindi ci "costruiamo"  una realtà oggettiva , nel senso che la prendiamo per buona e vi poniamo fede , allo stesso modo che assumiamo con convinzione  fidando cene , una medicina salvavita ,confortati dal fatto che altre volte ha già funzionato.
Fin qui tutto bene, se ti piace.
Il vero problema nasce quando arriva , e prima poi arriva , l'esigenza di rivedere la nostra "costruzione oggettiva ". ,laddove la fede che avevamo posto nella costruzione precedente diventa un ostacolo insormontabile oltre ogni ragione logica che ci venga portata.
Ecco perché ad esempio la super sperimentata e super utile meccanica quantistica,la quale ha superato tutte le prove possibili e immaginabili , resta per i più di noi inaccettabile.
È un po' come farsi cristiano per un musulmano , o viceversa.
Per quale motivo dovremmo cambiare religione?
Per poterlo fare dovremmo prima capire il come e il perché ci siamo ritrovati a far parte di una precisa religione?
La verità è che non lo sappiamo.
Semplicemente ci siamo trovati lì nel corso della evoluzione o della storia breve di ognuno di noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Loris Bagnara

Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 10:37:04 AM
CitazionePer Loris Bagnara

Non comprendo bene l' ultima tua affermazione:

"Tanto più la realtà esterna è modificabile dal soggetto, tanto più si può dire che quella realtà da oggettiva, esterna, diventa soggettiva, interiore".
Quel che intendevo dire cerco di spiegartelo con un esempio.
Se io ora desiderassi di spiccare il volo, come un uccello, e di sorvolare le più alte montagne, per quanto ardentemente lo facessi non ci riuscirei. Questo perché la realtà esterna agisce su di me come un vincolo, rispetto al quale la mia libertà è molto limitata (o nulla).
Ma se un giorno esprimessi lo stesso desiderio, e quel giorno riuscissi a spiccare il volo, capirei che la realtà esterna non agisce più su di me come un vincolo, esteriore e oggettivo, ma che è in qualche modo è divenuta uno scenario interiore, soggettivo, come un sogno o come Matrix.
Tu dirai che queste cose non accadono. Certo. Ma la mia idea è che quella che noi chiamiamo realtà oggettiva sia solo uno scenario condiviso mentalmente da milioni di esseri umani, e l'effetto della condivisione è quello appunto di rendere quello scenario una realtà per noi vincolante. Ma se l'illusione collettiva cessasse, la stessa realtà oggettiva diverrebbe uno scenario interiore, in cui i gradi di libertà dell'individuo sono maggiori.

Loris Bagnara

Citazione di: iano il 22 Novembre 2017, 14:30:29 PMPer il resto  , che io sono io , funziona finché sono io , e non nego che questa sensazione possa essere confortante a livello personale e finché dura ,però non mi sembra una prova definitiva dell'esistenza di un bel niente di oggettivo.
Dico questo.
Il nostro accesso alla realtà esterna avviene non direttamente, ma attraverso la coscienza. Quel che noi sperimentiamo non è la realtà esterna in sé, ma solo delle sue rappresentazioni mentali. Su questo non ci possono essere dubbi.
Allora, se l'esperienza del mio io-sono non prova l'esistenza di nulla di oggettivo, tu dici, allora come si può pensare di provare in modo oggettivo l'esistenza della realtà esterna, che non possiamo "toccare direttamente", ma solo indirettamente attraverso la coscienza, che però tu dici non essere oggettiva?
Se non è comprovabile l'oggettività della coscienza, a maggior ragione non potrà esserlo quella della realtà esterna, che ci giunge attraverso la coscienza.

E comunque, anche la realtà esterna dura finché dura l'io-sono: quando si spegne l'io-sono, anche la realtà esterna si spegne...

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 22:07:48 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 10:37:04 AM
CitazionePer Loris Bagnara

Non comprendo bene l' ultima tua affermazione:

"Tanto più la realtà esterna è modificabile dal soggetto, tanto più si può dire che quella realtà da oggettiva, esterna, diventa soggettiva, interiore".
Quel che intendevo dire cerco di spiegartelo con un esempio.
Se io ora desiderassi di spiccare il volo, come un uccello, e di sorvolare le più alte montagne, per quanto ardentemente lo facessi non ci riuscirei. Questo perché la realtà esterna agisce su di me come un vincolo, rispetto al quale la mia libertà è molto limitata (o nulla).
Ma se un giorno esprimessi lo stesso desiderio, e quel giorno riuscissi a spiccare il volo, capirei che la realtà esterna non agisce più su di me come un vincolo, esteriore e oggettivo, ma che è in qualche modo è divenuta uno scenario interiore, soggettivo, come un sogno o come Matrix.
Tu dirai che queste cose non accadono. Certo. Ma la mia idea è che quella che noi chiamiamo realtà oggettiva sia solo uno scenario condiviso mentalmente da milioni di esseri umani, e l'effetto della condivisione è quello appunto di rendere quello scenario una realtà per noi vincolante. Ma se l'illusione collettiva cessasse, la stessa realtà oggettiva diverrebbe uno scenario interiore, in cui i gradi di libertà dell'individuo sono maggiori.
CitazioneA me pare che il fatto che la realtà materiale é oggettiva e non soggettivamente dominabile ad libitum non é per un' illusione collettiva ma accada realmente "per davvero".

D' altra parte chi, come evidentemente te, si fosse svincolato da questa illusione collettiva e fosse consapevole di questo preteso carattere illusorio delle leggi naturali potrebbe benissimo eluderle e per esempio spiccare il volo (ma ti sconsiglio vivamente di farlo, per lo meno da una montagna o da un alto edificio...).

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 22:16:34 PM

E comunque, anche la realtà esterna dura finché dura l'io-sono: quando si spegne l'io-sono, anche la realtà esterna si spegne...
CitazioneLa realtà esterna in quanto fenomenicamente presente alla coscienza (cioè in realtà quegli eventi interni alla coscienza che si possono ipotizzare condizionati da una realtà esterna in sé o noumeno o "sostanza spinoziana").
Ma se (ipotesi indimostrabile né confutabile) una tale realtà eterna alla coscienza fenomenica, cosa in sè o noumeno o sostanza spinoziana c' é realmente, allora può ben sopravvivere alla fine di ciascuna coscienza fenomenica.

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