La realtà (ontologia ed epistemologia)

Aperto da Ipazia, 20 Maggio 2019, 12:14:14 PM

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Jacopus

Per Odradek. Nessuno obbliga nessuno a rispondere alle discussioni. Una volta che si sceglie questa opzione è "obbligatorio" usare uno stile educato e rispettoso, grazie.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

odradek

Non è importante che tu legga.
E' importante che lo leggano gli altri e che lo scriva io.
Ed è importante che tu sappia che le affermazioni che si scrivono, si giustificano  (se si è in grado di farlo, se no si prende atto del contrario, e magari si torna dieci giorni dopo con lo stesso argomento ma questo è un altro discorso) e qua, la storia di Dio da cui discendono il mentale ed il fisico te la bevi solo tu.
Dimostra le cose che dici (o almeno provaci, senza sogni e scemenze del genere;  proprio scemenze, perchè tentare dimostrare tesi filosofiche tramite sogni è un procedimento scemo ed insultante nei confronti di chi legge) perchè è più di cento volte che ti si è ripetuto che nessuno crede a queste cose.
Finchè continuerai a postarle qua io continuerò a dirti che sono panzane finchè non le dimostrerai.
Senza venire sicuramente a seccarti nelle tue discussioni, me ne guardo bene.
Qua invece si.

odradek

A:
Anche questo è vero. La prima divisione del lavoro nasce da lì.

B:
E' vero ma è anche non vero. Se diciamo che è molto più vero che non vero forse siamo più vicini a cosa sia;  magari la pensabilità stessa  di "concetto di lavoro" è venuta dopo e non era presente allora.
 Magari il concetto stesso di "divisione del lavoro" è una "imposizione" concettuale di strutture (e funzioni) che allora non esistevano. Magari  queste considerazioni hanno a che fare con una filosofia de-colonizzata.
Freud ! era l'"aiutino" finale (e quindi il più diretto) per la "soluzione  indovinello" che era "Acrostico in memoria di Laio", trattasi di musica e trattasi di marketing, l'indovinello era un indagine marketing, e anche altro certo, una cosa non è mai una cosa sola.

 
A:
Logica nel mondo 1 (d'ora in poi userò i mondi di Popper: ubi maior ...)

B: ma anche no. Tutte le persone "serie" che ho conosciuto m'han sempre consigliato di saltare a piedi pari Popper  e leggere invece Fereyabend.  Dicevano che avrei risparmiato un sacco di tempo.
Mi sono fidato e sinora non ho mai inciampato in problemi epistemologici, nonostante una certa pignoleria.

A:
 come divisione del lavoro riproduttivo. Ana-logica nel mondo 2 per sfociare nelle perle del patriarcato nel mondo 3: Yin Yang, anime gemelle platoniche, bene (maschile)-male (femminile): genesi, sottomissione generalizzata. La dialettica nasce analogica e binaria a partire dalla divisione sessuale, si smaterializza nella fuffa patriarcale e si rimaterializza pesante come pietra del mondo 3 declinato al maschile, in barba a tutte le chiusure causali del fisicalismo e confermando la teoria di Popper.

B:
"gh", disse la scimmia... qualche passo avanti nel delirio lo stai facendo ed è buon segno (anche se buona parte del "delirio" è dovuto ai salti mortali che ti tocca fare per saltare da uno all'altro di sti "piani" inesistenti a cercare congiunzioni tra loro, ma anche quello è un buon esercizio per il dopo che verrà), ma sinchè continuerai a maneggiare quei 4 piani non riuscirai mai a "delirare" "realmente" (ovvero analisi del reale) ed a congiungere i punti del piano senza operare tagli linguistici (traiettorie di senso) su di esso.
Esiste un solo piano una sola episteme ed una sola realtà.

A
Il passaggio alla dialettica triadica non è che migliori la situazione.

B:
dialettica triadica o dialettica binaria infatti non cambia niente di niente anche perchè esiste ben poca dialettica, esistono flussi prima  e significazioni poi, che acquistano senso e concretezza reale.
La dialettica la usiamo per parlare e per litigare e per sostenere qualsiasi sproposito.
Il mondo non è dialettico, il mondo è macchina di materia, sai benissimo cosa se ne fa il reale (per noi filosofi il molteplice) della dialettica : la sbrana, la ingerisce e la espelle di modo che gli scarabei stercorari la rimettano in circolo.

A:
La sintesi è sempre patriarcale.

B:
si, la sintesi è sempre -stata- patriarcale (ora non più), non so se sia una verità raggiunta di "istinto" o di ragione ma è una verità.

A:
All'eterna antitesi femminina resta solo la via crucis della dialettica negativa (Adorno), in cui il filo di Anassimandro si paga invertendo i termini deterministici della filosofia classica: omnis negatio est determinatio. Autodeterminazione attraverso la negazione dello stato di cose passate e presenti.

B:
No; esiste anche una vivacissima (non potrebbe essere altrimenti) teologia negativa, da Artaud, Klossowski i primi due che mi vengono in mente senza wikipediare, ah poi Bataille, insomma, la sintesi patriarcale è già cosa di ieri -almeno, nel mondo reale e tutta una filosofia declinata al femminile (americana, affilatissima e carognissima) con cui i parrucconi francesi degli ultimi 50 anni (citazione dotta da dotta fonte) hanno spesso collaborato e "chiaccherato" è una realtà imprescindebile nel dibattito attuale. Quindi nessunissima disperazione, ma proprio nessuna. Filosofia come la intendi tu è ben viva vegeta ed estremamente urticante.
E sopratutto non esiste antitesi femminina, abolita nel molteplice.

viator

Salve. Per odradek. Citandoti : "Le "tre marie" in realtà sono una sola.  Le tre che hai citato sono tue improvvisazioni del momento." Giustificale e definiscile."
Secondo me Carlo Pierini vede bene quando parla di tre diverse realtà. Mi faccio sfrontatamente carico io di giustificare e definire (lasciando a lui la responsabilità di diverse eventuali interpretazioni). Il fatto è che Carlo (non me ne voglia) secondo me tende a citare molto ma a "creare" assai meno, quindi il suo linguaggio risente di una certa rigidità. Io credo nella filosofia spicciola, mai paludata e talvolta sfacciatamente "creativa".
Le tre realtà - fuori dal linguaggio junghian-pierinesco - secondo me sarebbero :


  • La realtà relativa. Già citata dal nostro amico e definita come insieme dell'esistente percepito.
  • La realtà assoluta. Quella che proprio non ci riguarda (Ma 'cche ce fregga annoi de quelo che mai saperemo !!). Consiste nell'insieme delle realtà relative più le realtà destinate a mai venir da noi percepite.
  • La realtà mentale (parziale, relativa) che anch'essa non sarà mai da noi percepita bensì continuamente ed individualmente concepita.

Se qualcuno pensa che la realtà sia una sola, allora non potrebbe che essere la realtà di tipo 2, cioè il Tutto, quindi l'Assoluto. Infatti anche tali due entità-concetti soggiaciono alla romanesca saggezza del "cche ce fregga" (la quale non è affatto dispregiativa ma unicamente assai pragmatica). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Socrate78

@Pierini: Io intendo dire che esistono due ordini diversi di conoscenza, quella sensibile che ha come oggetto i fenomeni (le cose come appaiono, dal greco "phenomenon: apparenza) e quella intellettuale che invece ci avvicina al noumeno, alla verità delle cose. Nella conoscenza sensibile il soggetto è piuttosto passivo, semplicemente recepisce la realtà attraverso i sensi e riordina le percezioni secondo le leggi dello spazio e del tempo, che Kant definisce forme pure dell'intuizione sensibile. Nella conoscenza intellettuale, invece, il soggetto non è più passivo ma riordina attivamente la conoscenza, ad esempio stabilisce nessi di causa e di effetto tra i fenomeni, numera le cose, stabilisce i concetti di peso e misura, quindi si tratta di un ordine conoscitivo superiore rispetto a quello meramente ricettivo dei sensi.

odradek

#80
Viator:
La realtà relativa. Già citata dal nostro amico e definita come insieme dell'esistente percepito.
La realtà assoluta. Quella che proprio non ci riguarda (Ma 'cche ce fregga annoi de quelo che mai saperemo !!). Consiste nell'insieme delle realtà relative più le realtà destinate a mai venir da noi percepite.
La realtà mentale (parziale, relativa) che anch'essa non sarà mai da noi percepita bensì continuamente ed individualmente concepita.

o:
La "mia" questione  non riguarda tanto il numero di realtà che un sistema di pensiero "categorizza" per organizzare la riflessione sul reale.

La questione è che seguendo l'impostazione delle tre "realtà"  (a cui io sostituisco -nel mio sistema- una sola realtà) il non-materialismo prende la "realtà" 2 e 3 (estraendo dalla 2  la "non possibile" percepibilità e dalla 3 la "soggettività" intrinseca a cui è sottoposto il "mentale") come "argomento" per inficiare la possibilità di una epistemologia (per me episteme, ma è un altro discorso) non-idealistica della 1.

E' questo che il mio sistema non "tollera"; il fatto che una schematizzazione funzionale a non far "confusione" tra i vari "discorsi" (e che si potrebbe anche assumere in certi ragionamenti) che si devono affrontare per dar conto della realtà, diventi un grimaldello per confutare la concezione non-idealistica della realtà.

Il fatto che si pensi ci sia una sola realtà non può però essere "opinabile"  in base ad assunti "procedurali" quali sono le schematizzazioni come la tripartizione del reale. La realtà è una sola e questa non è una schematizzazione, è un dato di fatto. Trovate una sola riga di un solo filosofo in cui sia scritto che ci sia più di una realtà.

Può essere una proiezione, può essere una manifestazione, può essere reale "reale" (come in effetti è), ma sempre una è, per tutti i filosofi del mondo che sian vissuti. Per chi sostiene il contrario l'onere della citazione in cui il "filosofo" sostenga la pluralità dei reali. Non delle concezioni o delle interpretazioni, dei reali.

Lo psicologismo da rotocalco (se ci sono tante realtà sai quanti libri opuscoli siti web fanzine e riviste sugli angeli,  sui cari estinti e sui demoni che vendi, e quante migliaia di indovini, cartomanti e ciarlatani che mantieni e si automantengono ? Legioni.) è funzionale all' ottundimento della capacità critica delle "masse" ("masse" in senso marketing, "masse" che in senso marketing diventano "masse" estremamente parcellizzate, a livello di condominio,  a livello di "individuo")  ed è sempre lo psicologismo da rotocalco che ha "stabilito" (con i metodi della viralizzazione memetica) nel corso degli anni, questa storia delle realtà che siano più di una, a partire dai romanzetti popolari degli anni 50 ed a finire con matrix. Non c'e' traccia di questo "raggiro" in filosofia.

Posso immaginare di avere quattro gambe, ma non posso convincermene.
Immaginandolo però (e a forza di immaginarlo ed a forza di "vedere" altre persone che lo immaginano) si scivola anno dopo anno nella nevorosi (e poi chissà dove) ed è anche per questo che si parla di società psicogena ed individualità "scentrate".

Attualmente la religione e la religiosità son diventate cose per persone serie (ci va del "fegato" per Dio, come ci va del "fegato" per lavorare la terra) e nella cultura popolare, nel pop, -che è l'aria che respiriamo come i pesci respirano nell' acqua- è lo psicologismo da rotocalco che attualmente fornisce le risposte che le persone (tutte, "noi" compresi, anche se le risposte già ci sono, ma tant'è, siamo, fortunatamente -senza ironia, umani) vogliono avere, che han sempre voluto avere e che son sempre le solite.


Viator:
Io credo nella filosofia spicciola, mai paludata e talvolta sfacciatamente "creativa".

o:
Fai benissimo perchè la "vivacità" di pensiero è tutto. La questione sorge quando si affrontano problemi che il proprio intelletto non riesce ad affrontare.
Nel caso mio non riesco, per esempio, ad andar oltre gli integrali, oltre una basica logica formale, ed oltre il livello zero di qualsiasi analisi economica che passi il livello domestico.
Questo si traduce in "limitazioni" nello sviluppo del "sistema".

A queste "limitazioni" non c'è altro modo di rimediare (anche se preferirei campare altri 100 anni, e questo non è opinabile sicuro) che "affidarsi" alle altrui conoscenze. Tra "filosofi" una tipica domanda "da confessionale", quindi una di quelle domande a cui non si sa mai se la risposta è sincera è : "caro figliuolo, quante pagine al giorno ?"

Ipazia

Vedo che ti sei sbloccato dal loop Pierini. Bene. Condivido il tuo ultimo commento a viator. Così come l'anatema contro la proliferazione di realtà farlocche - individuali e collettive - su cui hai opportunamente chiarito. Ma tanti mondi in una sola realtà ci stanno proprio per la questione "quante pagine al giorno ?" Non resta che sezionarla, tagliando il flusso.  Bene ? Male ? chissà !

Citazione di: odradek il 25 Maggio 2019, 01:00:25 AM
A:
Anche questo è vero. La prima divisione del lavoro nasce da lì.

B:
E' vero ma è anche non vero. Se diciamo che è molto più vero che non vero forse siamo più vicini a cosa sia;  magari la pensabilità stessa  di "concetto di lavoro" è venuta dopo e non era presente allora.
Magari il concetto stesso di "divisione del lavoro" è una "imposizione" concettuale di strutture (e funzioni) che allora non esistevano. Magari  queste considerazioni hanno a che fare con una filosofia de-colonizzata.
Freud ! era l'"aiutino" finale (e quindi il più diretto) per la "soluzione  indovinello" che era "Acrostico in memoria di Laio", trattasi di musica e trattasi di marketing, l'indovinello era un indagine marketing, e anche altro certo, una cosa non è mai una cosa sola.

Da tempo immemorabile ascolto solo musica classica. Non seguo il marketting e ho più numeri telefonici bannati che libri in libreria. Non guardo la tv da vent'anni e spengo la radio durante la pubblicità. Nel pc ho l'adblock. Insomma ero proprio fuori portata dall'indovinello che non ho nemmeno capito. La divisione del lavoro - ontologicamente - l'ha inventata la natura - epistemologicamente l'ha interpretata e variamente adulterata il mondo umano. La copula, quando non è autocopulante, ha come minimo queste due dimensioni. Ma delirando anche solo un pochino se ne possono aggiungere altre a volontà, tagliando come si suole il flusso. Operazione spesso necessaria in ossequio al principio che ha lo stesso nome di questa discussione.

CitazioneA:
Logica nel mondo 1 (d'ora in poi userò i mondi di Popper: ubi maior ...)

B: ma anche no. Tutte le persone "serie" che ho conosciuto m'han sempre consigliato di saltare a piedi pari Popper  e leggere invece Fereyabend.  Dicevano che avrei risparmiato un sacco di tempo.
Mi sono fidato e sinora non ho mai inciampato in problemi epistemologici, nonostante una certa pignoleria.

Io ne ho risparmiato di più. I tre mondi di Popper me li ha forniti Paul11 e ne ho registrato l'assonanza col mio emergentismo dopo una rapida sbirciatina in rete. La falsificazione è patrimonio epistemologico comune. T.Kuhn mi basta. Al resto cerco di provvedere da sola.

CitazioneA:
come divisione del lavoro riproduttivo. Ana-logica nel mondo 2 per sfociare nelle perle del patriarcato nel mondo 3: Yin Yang, anime gemelle platoniche, bene (maschile)-male (femminile): genesi, sottomissione generalizzata. La dialettica nasce analogica e binaria a partire dalla divisione sessuale, si smaterializza nella fuffa patriarcale e si rimaterializza pesante come pietra del mondo 3 declinato al maschile, in barba a tutte le chiusure causali del fisicalismo e confermando la teoria di Popper.

B:
"gh", disse la scimmia... qualche passo avanti nel delirio lo stai facendo ed è buon segno (anche se buona parte del "delirio" è dovuto ai salti mortali che ti tocca fare per saltare da uno all'altro di sti "piani" inesistenti a cercare congiunzioni tra loro, ma anche quello è un buon esercizio per il dopo che verrà), ma sinchè continuerai a maneggiare quei 4 piani non riuscirai mai a "delirare" "realmente" (ovvero analisi del reale) ed a congiungere i punti del piano senza operare tagli linguistici (traiettorie di senso) su di esso.
Esiste un solo piano una sola episteme ed una sola realtà.

Sezionata anzicheno. Sono chimica: avezza all'analisi. Il piano plurale mi fornisce tutte le sezioni del reale che desidero. Coi 4 piani ho cercato di lavorare di sintesi, ma l'intenzione vera era stanare i fisicalisti e gli idealisti duri e puri e focalizzare il discorso sulla mia scommessa: la singolarità emergente antropologica capace di aggirare i dogmi fisicalisti senza sfociare nella palude autoreferenziale idealista. Poi il vaso di Pandora ha partorito il mondo 3 (di Pierini, non di Popper e il tutto ha rischiato di andare a p.) Avrei dovuto specificare che certi discorsi vanno portati nella sezione apposita del forum, ma non volevo essere troppo settaria. Del resto mi pareva evidente che si doveva restare nell'immanente.

CitazioneA
Il passaggio alla dialettica triadica non è che migliori la situazione.

B:
dialettica triadica o dialettica binaria infatti non cambia niente di niente anche perchè esiste ben poca dialettica, esistono flussi prima  e significazioni poi, che acquistano senso e concretezza reale.
La dialettica la usiamo per parlare e per litigare e per sostenere qualsiasi sproposito.
Il mondo non è dialettico, il mondo è macchina di materia, sai benissimo cosa se ne fa il reale (per noi filosofi il molteplice) della dialettica : la sbrana, la ingerisce e la espelle di modo che gli scarabei stercorari la rimettano in circolo.

L'universo antropologico è dialettico. Sarà pure stercorario ma da lì passa tutto il suo reale. Se non piace il vintage, chiamiamolo retroattivo, feedback, ma la sostanza delle relazioni umane non cambia. Spetta a chi agisce e retroagisce non far passare qualunque sproposito.

CitazioneA:
La sintesi è sempre patriarcale.

B:
si, la sintesi è sempre -stata- patriarcale (ora non più), non so se sia una verità raggiunta di "istinto" o di ragione ma è una verità.

Nessuna verità è più palpabile di quella che ti mette le mani addosso.

CitazioneA:
All'eterna antitesi femminina resta solo la via crucis della dialettica negativa (Adorno), in cui il filo di Anassimandro si paga invertendo i termini deterministici della filosofia classica: omnis negatio est determinatio. Autodeterminazione attraverso la negazione dello stato di cose passate e presenti.

B:
No; esiste anche una vivacissima (non potrebbe essere altrimenti) teologia negativa, da Artaud, Klossowski i primi due che mi vengono in mente senza wikipediare, ah poi Bataille, insomma, la sintesi patriarcale è già cosa di ieri -almeno, nel mondo reale e tutta una filosofia declinata al femminile (americana, affilatissima e carognissima) con cui i parrucconi francesi degli ultimi 50 anni (citazione dotta da dotta fonte) hanno spesso collaborato e "chiaccherato" è una realtà imprescindebile nel dibattito attuale. Quindi nessunissima disperazione, ma proprio nessuna. Filosofia come la intendi tu è ben viva vegeta ed estremamente urticante.
E sopratutto non esiste antitesi femminina, abolita nel molteplice.

Illusioni da terzo mondo (di Popper) focalizzato sul primo (dell'evoluzione antropologica). Dimentico della lezione di Vico che le donne afghane conoscono a memoria (loro sì hanno vissuto la libertà comunista, l'unica della loro storia) Finchè si chiuderanno le donne dentro un sacco el camino resta largo. Muy largo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

#82
IPAZIA
L'universo antropologico è dialettico. Sarà pure stercorario ma da lì passa tutto il suo reale. Se non piace il vintage, chiamiamolo retroattivo, feedback, ma la sostanza delle relazioni umane non cambia. Spetta a chi agisce e retroagisce non far passare qualunque sproposito.

CARLO
Questo lo credo anch'io. Ma sai qual è il problema? E' che dal tomismo in poi - passando per Hegel, Engels e Marx - nessuno sa esattamente cosa significhi "dialettica". Il tuo amico Popper, per esempio, la considera <<una mistificazione dell'autentico procedere scientifico>>:

https://digilander.libero.it/moses/poppol1.html

Pertanto i voli pindarici vanno bene nella letteratura e nella poesia, ma in filosofia possono far prendere delle solenni cantonate.
Questo e solo questo è il motivo dei miei "loops" sulla dialettica: per fornirle una connotazione chiara, non ambigua.

«Qualsiasi sviluppo si adatterà allo schema della dialettica; il dialettico non deve mai temere una qualsiasi confutazione da parte dell'esperienza futura » [Popper: Miseria dello storicismo]

viator

Salve Odradek. Ho apprezzato ma comunque il : "Trovate una sola riga di un solo filosofo in cui sia scritto che ci sia più di una realtà" è una specie di passo falso dialettico (benevolmente comprensibile).

Su questo genere di questioni il fatto che tutti (glorie culturali incluse) abbiano lo stesso parere conta quanto il due di picche.

Nel mio intervento poi non mi occupavo delle mie convinzioni circa il numero di realtà possibili. Davo ragione (e confermo) a Carlo Pierini unicamente sul piano dialettico-concettuale. Il quale piano può inventare ciò che vuole e risultare ragionevole (non necessariamente vero e reale) una volta che contenga appropriate giustificazioni concettuali, che potrebbero essere quelle che io ho citato a suo supporto.

Che poi di realtà ne esista una sola (essendo secondo me la realtà il vestito materiale dell'Assoluto) è secondo me ovvio, ma il problema è che,  non potendo noi avere accesso alla sua totalità, siamo condannati a parlarne e a concepirne solo a pezzi e bocconi ed a confrontarci sempre con un sacco di realtà appunto relative.

Circa il : "Tra "filosofi" una tipica domanda "da confessionale", quindi una di quelle domande a cui non si sa mai se la risposta è sincera è : "caro figliuolo, quante pagine al giorno ?", se le pagine rappresentano il peccato, io ne sono certo mondo.
Se invece rappresentano il precetto.........per carità, quale sordido peccatore sono !
Le pagine di filosofia vengono scritte all'unico scopo di rendere confuso sia ciò che è chiaro che ciò che è ignoto. Inoltre trascurano il noto perchè troppo ovvio. Altri effetti od intenzioni riferibili alla loro esistenza non riguardano certo la riflessione. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 20 Maggio 2019, 12:14:14 PM
In varie discussioni parallele è posta la contrapposizione tra monismo e dualismo, materiale e immateriale, determinismo e casualità, chiedendo ai partecipanti di schierarsi. Io credo che entrambe le posizioni siano, se poste unilateralmente, errate perchè la realtà è monista, dualista, terzista e plurale. Ciascuna nel suo piano proprio. Per cui è dai piani/dimensioni del reale che bisogna partire:

Il piano 0, in onore a Kant, lo lascio alla cosa-in-se', alla natura così com'è a priori di ogni sua pensabilità. Quindi non dicibile. Ma pensabile a posteriori nella sua spinoziana olisticità. Intuizione limite metafisica più che ente ontologizzabile.



CIao Ipazia
Ho letto con molto interesse la tua dissertazione e molte delle risposte, ma francamente ci ho
capito poco...
Come sarebbe a dire che esistono "piani" o "dimensioni" del reale (alcuni degli interventi
parlano addirittura di realtà molteplici...)?
A me sembra che ad esistere siano piuttosto delle "interpretazioni" della realtà; per cui
essa si pone all'interno di una certa "catena segnica" piuttosto che un'altra; ma la realtà
è indubitabilmente una, mi sembrerebbe evidente.
Il discorso non è allora su quale di queste interpretazioni è "migliore" di un'altra (cioè: è
anche questo ma dopo; non subito), ma innanzitutto dev'essere proprio sulla, chiamiamola,
"condizione originaria": intendiamo la realtà come fatto o come interpretazione?
Da questo punto di vista, non puoi attribuire a Kant l'interpretazione "0" (ammesso che con
il termine "piano" tu intenda quella), perchè Kant non ti dice: "la realtà è questo e quest'
altro", ma ti dice bensì: "ciò che chiamiamo realtà è necessariamente un'interpretazione".
L'alternativa a Kant (sto parlando evidentemente della Ragion Pura) non è un'altra "interpretazione",
ma la rivendicazione della conoscibilità in senso oggettivo della realtà.
saluti

odradek

Viator:
Le pagine di filosofia vengono scritte all'unico scopo di rendere confuso sia ciò che è chiaro che ciò che è ignoto. Inoltre trascurano il noto perchè troppo ovvio.


o:
L'affermazione è coindivisibilissima, ma le "pagine" non sono solo di filosofia, sono di storia, di biologia, di letteratura, poesia o saggistica, e un certo "peso" loro lo mantengono.

E certo si, meno filosofia si legge e meglio è; la filosofia non riguarda la "sapienza"  non riguarda il benessere personale e non riguarda l'esistenza di Dio, la filosofia è una cosa tecnica, "scienza " del linguaggio, arida a volte, ed a volte persino insignificante nelle sue conclusioni.

Le concezioni del mondo sono tutte creazioni "meravigliose" e sono oltretutto e sopratutto il banco di prova della filosofia stessa.
Tutto quello che una "filosofia" non riesce a giustificare di ogni nostra creazione\elaborazione "meravigliosa" costituisce la prova provata dell'inconsistenza stessa della filosofia che ha "analizzato" la creazione "meravigliosa" o quella specifica "creazione" di noi esseri umani.

Fisica è scienza del reale. Filosofia è scienza del linguaggio, con il quale "interpretiamo" il reale, al di fuori dei codici matematici e fisici che sappiamo già funzionare benissimo,e meglio del linguaggio.
Un inceppo solo nel giustificare un qualsiasi "comportamento" o "manifestazione" umana (e per quel che mi riguarda animale e fisica pure - consistendo in questo secondo me il "vero"  delirio filosofico-) e quella filosofia è da buttare o darivedere, esattamente come succede per le scienze "dure".

Viator:
Su questo genere di questioni il fatto che tutti (glorie culturali incluse) abbiano lo stesso parere conta quanto il due di picche.

o:
E va anche bene, anzi, sin troppo bene.
La questione per me sarebbe perfettamente posta e definita in questi termini senza bisogno di aggiungere altro. Limiteremmo un poco il "cerchio" dei "discorrenti" e passeremo due anni a precisarci sui termini, ma insisto, va benissimo (nella mia concezione ed anche nella mia "pratica") così.

Bisogna sapere però quello che si perde.
Un conto sono io che "parlo" e mi confronto con te, e viceversa.
Entrambi ne potremmo ottenere nessuno, pochi o tanti "avanzamenti", misurati su di una ipotetica  scala che indicizza il  nostro "livello di comprensione" della realtà.
Bisognerebbe stabilire quanto questi avanzamenti che "otteniamo" confrontandoci tra di noi siano maggiori minori ugiali di quelli che avremmo "ottenuto" confrontandoci con le "glorie culturali".

Se è ragionevole aspettarsi che io (o chiunque) e te (o chiunque) si possa cavare qualcosa di buono dal confronto reciproco, è altrettanto ragionevole che ci si possa aspettare di cavare qualcosa di buono anche dal confronto con le "glorie culturali".

Carlo Pierini

#86
VIATOR
Le pagine di filosofia vengono scritte all'unico scopo di rendere confuso sia ciò che è chiaro che ciò che è ignoto. Inoltre trascurano il noto perchè troppo ovvio.

CARLO
Vorrei informarti che quello che hai appena scritto è filosofia (resta solo da capire se si tratta di buona o di pessima filosofia).

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Maggio 2019, 16:39:32 PM
CIao Ipazia
Ho letto con molto interesse la tua dissertazione e molte delle risposte, ma francamente ci ho capito poco...
Come sarebbe a dire che esistono "piani" o "dimensioni" del reale (alcuni degli interventi parlano addirittura di realtà molteplici...)?

La realtà è unica, ma l'emergenza autocosciente ha peculiarità tali da configurare un mondo a sè che Kant chiamò "trascendentale" (termine assai periglioso come osservato da "green demetr" per cui la "laica" emergenza mi pare "politicamente" più corretta). Cammin facendo ho scoperto che anche Popper la pensa così. Del resto è quasi un percorso obbligato per un ateo: la natura è a priori, immodificabile; la trascendenza non c'è; non resta che giocarsela, alla Pascal, sul "piano" antropologico riempiendolo di senso possibilmente non illusorio o metafisicamente sovraccarico (scientismo).

Citazione
A me sembra che ad esistere siano piuttosto delle "interpretazioni" della realtà; per cui essa si pone all'interno di una certa "catena segnica" piuttosto che un'altra; ma la realtà è indubitabilmente una, mi sembrerebbe evidente.
Il discorso non è allora su quale di queste interpretazioni è "migliore" di un'altra (cioè: è anche questo ma dopo; non subito), ma innanzitutto dev'essere proprio sulla, chiamiamola, "condizione originaria": intendiamo la realtà come fatto o come interpretazione?

La realtà è unica ma la sezione antropologica ha una certa autonomia creativa che interviene sulla realtà medesima (tecnoscienza: l'asino con le ali). Il verbo essere ha un'ambiguità insormontabile tra ontologia ed epistemologia. Realtà è fatto e contemporaneamente interpretazione. Posta su un piano cartesiano delimita un'area, non una funzione lineare. Questa è la condizione originaria della realtà sub specie umana (altre non se ne vedono) realisticamente intesa. Vi è una priorità naturalistica (ontologia) ma l'interpretazione (epistemologia) gioca un ruolo insuperabile nell'accedervi. Quindi i metodi di asseverazione e falsificazione ...

CitazioneDa questo punto di vista, non puoi attribuire a Kant l'interpretazione "0" (ammesso che con il termine "piano" tu intenda quella), perchè Kant non ti dice: "la realtà è questo e quest'altro", ma ti dice bensì: "ciò che chiamiamo realtà è necessariamente un'interpretazione".
L'alternativa a Kant (sto parlando evidentemente della Ragion Pura) non è un'altra "interpretazione", ma la rivendicazione della conoscibilità in senso oggettivo della realtà.
saluti

Il piano 0 è meramente storico con una punta d'ironia (altrimenti sarebbe piano 1), rivolta a chi ha fede in una realtà oggettiva tout-court. Che "segno" esprime la cosa-in-sè se la si definisce inconoscibile ma solo imperfettamente rappresentabile ? Kant l'ha forse vista in sogno dato che postula una cosa inaccessibile alla ragione? Siamo a livello mistico: il velo di maya, che solo l'Ente Supremo può rimuovere. Insomma: teologia; spinozismo mascherato di laicità scientifica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

#88
IPAZIA
La realtà è unica, ma l'emergenza autocosciente ha peculiarità tali da configurare un mondo a sè che Kant chiamò "trascendentale" (termine assai periglioso come osservato da "green demetr" per cui la "laica" emergenza mi pare "politicamente" più corretta).

CARLO
Sostenere che "le proprietà emergenti della materia costituiscono un mondo a sé", è una contraddizione in termini, perché le proprietà della materia sono sempre e comunque proprietà fisiche, mentre i contenuti di questo "mondo a sé" non hanno alcunché di fisico (pensieri, ideali, fantasie, sentimenti).
Per eliminare la contraddizione dovremmo dire: "le proprietà emergenti dalla materia costituiscono un mondo a sé, cioè un Mondo2 - quello degli stati mentali - che è davvero un mondo a sé in quanto non identico, non riducibile al mondo della materia (altrimenti lo chiameremmo Mondo 1), ma che ha una propria sostanzialità, una propria ontologia che trascende (da cui il "trascendentale" kantiano) il Mondo 1, ma che interagisce con esso secondo le leggi della MQ, come argomentato dal fisico quantistico H. Margenau e dal neuroscienziato J. Eccles".

Questo è ragionare. Mentre chi pretende un "trascendentale Mondo 2" che non trascende un bel niente poiché privo di ontologia, o perché comunque appartenente all'ontologia del Mondo 1 (Popper), offende la ragione e fa della falsa filosofia per puro servilismo nei confronti della dogmatica intolleranza materialista verso qualunque trascendenza di sorta.

odradek

o:
rileggendo il corso della conversazione mi sono reso conto che  */ "gh", disse la scimmia.../*
contiene un ambiguità di riferimento;

cit o:
"gh", disse la scimmia...


"gh" significa "massì, può andare" e scimmia è riferito a me; la stessa scimmia che saltava da uno scaffale all'altro e ficcanasava in barattoli e scatolette, mischiando i contenuti degli uni con i riferimenti delle altre.
Questa è la significazione che corrisponde alle intenzioni.

"gh" significa "riassunto del discorso dell' interlocutore" e scimmia è riferito all'interlocutore.
Questa è la significazione a cui l'ambiguità di riferimento poteva portare e che non è la significazione corrispondente all'intenzione.

I:
La divisione del lavoro - ontologicamente - l'ha inventata la natura - epistemologicamente l'ha interpretata e variamente adulterata il mondo umano. La copula, quando non è autocopulante, ha come minimo queste due dimensioni. Ma delirando anche solo un pochino se ne possono aggiungere altre a volontà, tagliando come si suole il flusso. Operazione spesso necessaria in ossequio al principio che ha lo stesso nome di questa discussione.

o:
No, secondo me stai facendo la stessa "scivolata" che imputi a me riguardo all'ultimo punto  -Illusioni da terzo mondo (di Popper) focalizzato sul primo (dell'evoluzione antropologica). Una traslazione.
 
Non riesco a staccarmi dalla convinzione che il concetto di "divisione del lavoro" sia un concetto "culturale" mentre tu lo poni nel biologico.
Sono sottigliezze (e quindi questione di barattoli e non di scaffali), quindi non sono importanti per la questione centrale.
Le rimarchiamo perchè nel caso venissero affrontate (o emergessero come dirimenti riguardo la composizione di "meccanismi" meno specifici)sappiamo già da dove si parte e non perderemo ulteriore tempo.

I:
focalizzare il discorso sulla mia scommessa: la singolarità emergente antropologica capace di aggirare i dogmi fisicalisti senza sfociare nella palude autoreferenziale idealista.
Del resto mi pareva evidente che si doveva restare nell'immanente.

o:
è lecito tradurre  la tua scommessa con :

Scommetto che la filosofia (il linguaggio) saprà trovare una sua terminologia per descrivere ogni aspetto della conoscenza e delle espressioni umane- ?
Si può considerare in questi termini la tua "scommessa" ?

I:
L'universo antropologico è dialettico. Sarà pure stercorario ma da lì passa tutto il suo reale. Se non piace il vintage, chiamiamolo retroattivo, feedback, ma la sostanza delle relazioni umane non cambia. Spetta a chi agisce e retroagisce non far passare qualunque sproposito.

o: stiamo discutendo sul capello, ma è proprio quello che separa le "cose" e le "concezioni".
In ogni caso, aprendo la forbice dialettica (funzionale al "discorso") e infatti, non appena "apri" la forbice dialettica, o interpreti la storia come dialettica (lo si -dico io- può fare solo all'interno di un altro "discorso") ecco che :

CARLO:
Questo lo credo anch'io. Ma sai qual è il problema? E' che dal tomismo in poi - passando per Hegel, Engels e Marx - nessuno sa esattamente cosa significhi "dialettica". Il tuo amico Popper, per esempio, la considera <<una mistificazione dell'autentico procedere scientifico>>

o:
ed ecco che la questione viene "aperta" e pronta per l'ennesima  traslazione ad "altro piano".
La dialettica è del linguaggio e non della natura, se non la limiti al linguaggio apri "crepe" che verranno prima stuccate prima con l'idealismo, che agirà poi come forza "ragnatelante" all'interno delle crepe fino far crollare la "costruzione".
 
Se "apri" la dialettica alla natura (o viceversa), apri la forbice, sezioni il piano, ed ecco un altro vaso di pandora pronto ad esser colmato con qualsiasi cosa che non sia "realtà". La dialettica è mistificabile e quindi inutilizzabile (oltre un certo "piano").
La dialettica non esiste, eliminata, si riduce, si smette di usare concetti "strumentalizzabili" -strumentalizzabili  perchè già "gravidi" di suo, non abbastanza sezionati e ridotti al "nucleo"  originario (nucleo che appartiene e si è originato assieme e con il "vero" piano)  che li ha "meccanicamente" originati.

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