La psicologia e la psichiatria hanno valore di scienza?

Aperto da Socrate78, 01 Settembre 2018, 17:43:30 PM

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sgiombo

Citazione di: SamuelSilver il 05 Settembre 2018, 12:47:31 PMPer Sgiombo
Scrivi: "Tuttavia credo di poter dire che nella misura in cui trattano non del cervello (e dei comportamenti intersoggettivamente rilevabili da esso "diretti") ma invece dell' autentica "mente" non materiale (per il fatto che questa non é misurabile quantitativamente né intersoggettivamente, entrambe conditiones sine qua non di conoscibilità scientifica in senso stretto), anche qualora rilevino tendenze comportamentali (e non: comportamenti calcolabili matematicamente) falsificabili non possono e non potranno mai essere scienze naturali o scienze in senso stretto (anche se ovviamente possono essere utili ed interessanti; possono essere considerate scienze umane o scienze in senso lato).
E che invece nella misura in cui trattano di comportamenti quantificabili e intersoggettivamente rilevabili (cioé inevitabilmente somatici; in particolare anche cerebrali), e dunque nella misura in cui sono scienze naturali, non possano essere considerate "psicologia", ma casomai fisiologia, etologia (in senso letterale) o altro."

La mia domanda è: dov'è che finisce il cervello e inizia la mente? Sorvolando sul fatto che per me sono la stessa cosa, quali sono i costrutti che sono solo mentali e quali invece solo cerebrali? La memoria è mentale o cerebrale? E l'attenzione? E le emozioni? Ho già parlato di come questo tipo di costrutti possano essere misurati intersoggettivamente per cui, dal mio punto di vista, fare questa distinzione non è ne utile ne realistico. La psicologia cognitiva si occupa proprio di questi processi cognitivi, conducendo esperimenti nel modo più oggettivo possibile, ed è tuttavia catalogata come facente parte della "psicologia". Per cui, la distinzione da te proposta tra psicologia e altre discipline fisiologiche o comportamentali è più sfumata di quanto si possa pensare.
Citazione
Cervello e mente (ma in generale coscienza; comprendente, oltre ai fenomeni o "dati" o "contenuti" per l' -appunto- "di coscienza" mentali come pensieri, ragionamenti, "stati d' animo", sentimenti, ecc., anche apparenze sensibili o fenomeni materiali: tutto ciò che si vede o si sente al tatto-propiocezione, all' udito, al  gusto, all' olfatto, ecc.) non confinano (dunque non é possibile stabilire dove finisce l' uno e comincia l' altra e viceversa) per il semplice fatto che il cervello é (un inseme - successione di) sensazioni fenomeniche materiali che della coscienza fa parte "accanto" (ma in senso ontologico e non fisico-topologico: in aggiunta) a quelle mentali.
Quel che penso sui rapporti cervello-coscienza l' ho succintamente esposto obiettando al tuo intervento di apertura della discussione sull' emergentismo (che mi sembra avesse preso una "piega" alquanto distorta rispetto a quanto da te proposto: forse per questo non hai notato i miei due interventi consecutivi ## 23 e 24, che mi piacerebbe criticassi a tua volta).

Comunque qui ripeterò brevissimamente che di cerebrale vi sono solo e unicamente (enti come) neuroni, cellule gliali, assoni, sinapsi, (ed eventi come) potenziali d' azione, inibizioni ed eccitazioni trans-sinaptiche, ecc., "perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc. (necessariamente coesistenti con memoria, attenzione, ricordi, ecc., che però sono rispetto a tutto ciò ben altre, diverse cose; in particolare sono cose ben diverse, anche se in determinate relazioni reciproche, la "memoria" neurologica ovvero le "registrazioni di eventi" cerebrali che hanno determinati effetti sull' attività cerebrale successiva e dunque sul comportamento a questa "diretto" e i ricordi mentali che non sto a descriverti, preferndo invitarti ad ascoltare le le canzoni di Guccini che ne sono "strapiene").

Tutto ciò che le scienze naturali possono misurare quantitativamente sono eventi neurofisiologici (e allora si ratta di neurologia) o l' intensità d determinate caratteristiche comportamentali (a questo proposito condivido però le severe critiche di Stephen Jay Gould al "QI!") rilevabili intersoggttivamente all' osservazione "dall' esterno" di altri e non i qualia coscienti rilevabili all' introspezione, unicamente da parte di ciascuno nell' ambito della sua propria coscienza (dei quali i materiali sono intersoggettivi ma non identici -non ha senso pensarlo- bensì solo biunivocamente corrispondenti fra le diverse coscienze, come dimostrato da esperimenti mentali come quello dei colori invertiti; se vuoi possiamo discuterne).

Hai ragione a dire che c'è un enorme salto di qualità tra il funzionamento tecnico e quello delle cure psicologiche, ma in quel caso volevo solo chiarire che la discriminante del "funziona" non è affidabile in quanto anche le cure psicologiche funzionano in molti casi, anche se in modo meno sistematico degli strumenti tecnici.
CitazioneD' accordo.
Anche per me la discriminate "funziona" non é mai stata molto importante per stabilire che cosa sia scientifico (in senso stretto) o meno, anche perché da medico ho spessissimo a che fare con l' effetto placebo (il "benemerito" effetto placebo!).

Per quanto riguarda le applicazioni della psicologia basta pensare all'ambito giudiziario, al marketing, al benessere sul lavoro e ai trattamenti di varie patologie come l'anoressia, la tendenza al suicidio o il disturbo bipolare. Forse la tua critica è rivolta solo all'uso della psicologia per consolare le vittime di tragedie, ma se l'idea che ci siano delle persone con il compito di ascoltare e aiutare questi individui non piace a te o ad altri, non vuol dire che non ci possano essere persone che invece trovano molto positivo questo tipo di aiuto.
CitazioneSull' applicazione della psicologia all' ambito giudiziario (l' unico che, pur da profano, posso valutare con un minimo di cognizione di causa) ho serissimi dubbi (per esprimermi con molta delicatezza).
Ricordo benissimo che qualche decennio fa gli "psicologi giudiziari" fecero indagare (e recludere preventivamente) Pacciani (certamente un "poco di buono" ma del tutto estraneo alla vicenda; così sviando colposamente le indagini da altre "piste" più fondate, a vantaggio del vero "mostro") come probabile "mostro di Firenze" per il fatto che aveva in casa una riproduzione di un quadro giustamente "drammatico e sanguinolento" di un pittore argentino sulla tragedia dei desaparecidos: con la stessa "logica" -se così si può dire- Picasso -vedi "Guernca" e atri suoi quadri- si sarebbe dovuto considerare sospetto (e indagare; e sottoporre a carcerazione preventiva) come minimo di genocidio!

Che purtroppo ormai (dopo decenni di sistematica, forsennata, acritica "propalazione giornalistica" sia diffusissima (almeno in Occidente) la convinzione che le disgrazie non siano "fisiologiche" e non possano e non debbano essere affrontate da ciascuno con la proprio forza d' animo e cultura e con l' aiuto di amici e parenti l' ho rilevato io stesso fin dal mio primo intervento, valutandolo come un' evidente manifestazione della grave decadenza morale e civile propria dei nostri tempi.



viator

Salve. Certo che sono scienze, nel senso che fanno parte della conoscenza. Naturalmente però il conoscere si divide in vero, falso, inutile, divertente ed utile.
Per non perdersi in inutili approfondimenti circa le citate categorie sarà sufficiente suddividere le scienze in teoriche ed applicate.

Psicologia e psichiatria sono scienze teoriche per il semplice fatto che, come tutte le cosiddette "scienze umane" assai male si prestano (per non dire che proprio non si prestano) all'applicazione del metodo sperimentale.

Ciò risulta impedito dalla autoreferenzialità deglli argomenti, nel senso che si tratta di utilizzare una psiche ed una mente (quelle del professionista osservatore) per esaminare psiche e mente del paziente
.
E' proprio questo l'ostacolo (la soggettività che non può riuscire a trasformarsi in oggettività) che rende del tutto discutibile l'applicabilità delle sperimentazione nelle "scienza umane". Ancora una volta, avrete forse capito che io sono uno che non ama farla lunga. Saluti
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Carlo Pierini

Citazione di: viator il 05 Settembre 2018, 17:19:26 PM
E' proprio questo l'ostacolo (la soggettività che non può riuscire a trasformarsi in oggettività) che rende del tutto discutibile l'applicabilità delle sperimentazione nelle "scienza umane". Ancora una volta, avrete forse capito che io sono uno che non ama farla lunga. Saluti

CARLO
Il termine "oggetto" non indica solo delle entità sensibili e misurabili, ma anche dei contenuti di natura soggettiva che però possono essere oggettivati. Per esempio, il contenuto di un sogno, i sintomi di una nevrosi depressiva, dei sentimenti di gioia, o di tristezza, o di odio sono tutti eventi squisitamente soggettivi e non esprimibili quantitativamente come oggetti della scienza sperimentale, ma hanno pur sempre un loro compiuto carattere di oggettività e quindi possono essere oggetto di conoscenza. Come scrive Jung:

"L'ipotesi dell'esistenza di un Dio al di là di ogni esperienza umana, mi lascia indifferente; né io agisco su di lui, né lui su di me. Se invece so che Egli è un possente impulso nella mia anima, me ne devo interessare".    [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.59]

"Nel definire Dio o il Tao come un impulso dell'anima o uno stato psichico, ci si limita a compiere una asserzione su ciò che è conoscibile, e non invece su quanto è inconoscibile, intorno al quale non potremmo affermare assolutamente nulla".   [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg. 63]

Donalduck

Oaxdeadbeef dalla discussione "Scienza e scientismo":
CitazioneLa miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Una garanzia che consiste in un qualche grado di dimostrabilità, ossia di argomenti dotati di una forza di convincimento che faccia presa su almeno la maggioranza degli individui (che naturalmente abbiano la capacità e la volontà di comprendere la disciplina in questione).
Le domande riguardo alla "scientificità" o meno di qualcosa, come se si trattasse di una qualità che si ha del tutto o non si ha, derivano da una malintesa concezione della scienza, identificata con le scienze fisiche e naturali escludendo quelle umane (o umanistiche). In realtà, se si accetta la definizione sopra citata, questa contrapposizione non esiste, esistono solo diversi gradi di dimostrabilità, e nessuna scienza è totalmente "scientifica".

Quindi la risposta alla domanda è: la psicologia e la psichiatria, così come sono adesso, hanno un basso grado di scientificità e un alto grado di arbitrarietà, anche se questo non significa che siano necessariamente destinate a restare tali.

Ma c'è anche un altro aspetto da considerare: in genere si considerano "scientifiche" solo le discipline che si occupano di ciò che è misurabile, limitando fortemente il campo d'indagine (e rendendo ancora più inverosimile la pretesa di onnicomprensione della scienza intesa in questo senso). D'altra parte, esistono esempi di indagini del non misurabile condotte con autentico spirito scientifico (ossia sistematico e sperimantale) che hanno portato a sistemi di conoscenza di grande valore sia cognitivo che pratico come lo yoga o le arti marziali. Le culture orientali sono da sempre più avanti di quelle occidentali nelle scienze dell'interiorità, e le trattazioni della psicologia umana di stampo filosofico-introspettivo le trovo molto più convincenti e verificabili di quelle della maggior parte della psicologia occidentale (almeno le correnti più diffuse). Il vantaggio è dovuto dal ricorso all'introspezione diretta (meditazione) piuttosto che alla misurazione delle tracce esterne dell'attività interiore, o a teorizzazioni astratte sviluppate a partire da chiavi di interpretazioni unilaterali, ossia prendendo in esame solo alcuni aspetti della fenomenologia psichica e ignorandone altri.

Bisogna comunque precisare che ha poco senso parlare "della psicologia", dato che nel suo ambito si trova di tutto, teorie e impostazioni metodologiche che non sono neppure lontane parenti tra loro e anche le contaminazioni della filosofia in generale e del pensiero orientale sono piuttosto diffuse.

Sariputra

Citazione di: Donalduck il 21 Settembre 2018, 23:52:59 PMOaxdeadbeef dalla discussione "Scienza e scientismo":
CitazioneLa miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Una garanzia che consiste in un qualche grado di dimostrabilità, ossia di argomenti dotati di una forza di convincimento che faccia presa su almeno la maggioranza degli individui (che naturalmente abbiano la capacità e la volontà di comprendere la disciplina in questione). Le domande riguardo alla "scientificità" o meno di qualcosa, come se si trattasse di una qualità che si ha del tutto o non si ha, derivano da una malintesa concezione della scienza, identificata con le scienze fisiche e naturali escludendo quelle umane (o umanistiche). In realtà, se si accetta la definizione sopra citata, questa contrapposizione non esiste, esistono solo diversi gradi di dimostrabilità, e nessuna scienza è totalmente "scientifica". Quindi la risposta alla domanda è: la psicologia e la psichiatria, così come sono adesso, hanno un basso grado di scientificità e un alto grado di arbitrarietà, anche se questo non significa che siano necessariamente destinate a restare tali. Ma c'è anche un altro aspetto da considerare: in genere si considerano "scientifiche" solo le discipline che si occupano di ciò che è misurabile, limitando fortemente il campo d'indagine (e rendendo ancora più inverosimile la pretesa di onnicomprensione della scienza intesa in questo senso). D'altra parte, esistono esempi di indagini del non misurabile condotte con autentico spirito scientifico (ossia sistematico e sperimantale) che hanno portato a sistemi di conoscenza di grande valore sia cognitivo che pratico come lo yoga o le arti marziali. Le culture orientali sono da sempre più avanti di quelle occidentali nelle scienze dell'interiorità, e le trattazioni della psicologia umana di stampo filosofico-introspettivo le trovo molto più convincenti e verificabili di quelle della maggior parte della psicologia occidentale (almeno le correnti più diffuse). Il vantaggio è dovuto dal ricorso all'introspezione diretta (meditazione) piuttosto che alla misurazione delle tracce esterne dell'attività interiore, o a teorizzazioni astratte sviluppate a partire da chiavi di interpretazioni unilaterali, ossia prendendo in esame solo alcuni aspetti della fenomenologia psichica e ignorandone altri. Bisogna comunque precisare che ha poco senso parlare "della psicologia", dato che nel suo ambito si trova di tutto, teorie e impostazioni metodologiche che non sono neppure lontane parenti tra loro e anche le contaminazioni della filosofia in generale e del pensiero orientale sono piuttosto diffuse.

Sono molto d'accordo con quanto scrivi. Basta farsi fare, per esempio, un ciclo di  massaggi shiatsu da un operatore in gamba ( e io ne conosco una davvero in gamba, che mi preme ben bene... :-[ ) per verificare di persona che funziona meglio di 10 gocce di En o di altro sonnifero, senza alcun effetto collaterale.  Ma uno psicologo o uno psichiatra ti mandano dall'operatrice shiatsu? O ti fanno la prescrizione del farmaco  che agisce solo sui sintomi e che non riesce a riequilibrare i flussi fisiologici? Qualcuno , rari, inizia a farlo, ma di solito dopo aver constatato che magari il farmaco non dà gli effetti sperati.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

potenzialmente, non solo la psicologia potrebbe fregiarsi del titolo di "scienza", ma addirittura occupare un posto privilegiato all'interno di un sistema comprendente il complesso delle scienze, in quanto se ogni forma di osservazione della realtà presuppone un Io cosciente osservante, con annessi tutti i vari vissuti tramite cui ci relazioniamo ad essa, che nel complesso costituiscono la psiche, la psicologia, cogliendo il significato dei singoli vissuti, avrebbe il compito di chiarire le fondamenta stesse di ogni scienza, avendo chiaro ogni elemento della realtà correlato agli atti psichici soggettivi tramite cui ne facciamo esperienza. Sarebbe la psicologia, ad esempio, a chiarire la distinzione essenziale tra "empatia" e "simpatia", ricordando allo studioso empirico delle scienze sociali a non presumere un passaggio logico necessario sempre valido tra il rilevare tracce di comprensione intersoggettiva all'interno di un gruppo, di una comunità (empatia), e l'indurre la presenza di legami di solidarietà e condivisione valoriale tra le persone (simpatia). Per assurgere a questo ruolo fondativo, la psicologia dovrebbe rivedere radicalmente il proprio statuto epistemologico, passando da scienza empirica a scienza trascendentale. Fintato che la psicologia resta sapere empirico, cioè sapere che osserva il suo oggetto nell'atteggiamento naturale-ingenuo, come una cosa trascendente, separata rispetto alla coscienza, resta condannata al residuo di dogmatismo presente in ogni realismo ingenuo: la pretesa di poter conoscere con certezza qualcosa senza considerare il suo legame con gli atti soggettivi della coscienza che ne fa esperienza, la pretesa di una necessaria coincidenza fra il contenuto fenomenico e la realtà oggettiva. Mutuando lo stesso metodo di ricerca delle altre scienze naturali, la psicologia perde contatto con l'ambito nel quale solo è possibile fondare una sapere certo e fondativo delle relazioni fra gli elementi che costituiscono il suo oggetto di indagine, la psiche, vale a dire la coscienza, che viene "lasciata alle spalle", presupposto non più tematizzato ed esplicitato. Trattando la psiche come realtà naturale fra le altre, come un albero, una pietra, studiabile come un oggetto dall'esterno, separandola dalla coscienza, la psicologia diventa una scienza come le altre, come tutte le altre soggetta alle fallacie del metodo induttivo e al residuo dogmatico del realismo ingenuo di cui sopra. E in questo quadro si possa credo considerare anche la posizione dell'inconscio così problematica, come intesa spesso nella psicanalisi: l'inconscio inteso come realtà trascendente rispetto alla coscienza, di cui però si presume di averne una conoscenza ben articolata, e dunque, in evidente contraddizione, di poterne avere un'esperienza cosciente, dunque non più separabile dalla coscienza. Una volta passata da un livello empirico a uno trascendentale, cioè ad una consapevolezza della coscienza come "assoluto" (non assoluto in senso ontologico o men che meno teologico, ma gnoseologico: "assoluto" nel senso che nessuna conoscenza è possibile se non considerata come fenomeno in rapporto a una coscienza) anche l'idea stessa dell'inconscio sarebbe meglio riformulata: non più realtà autonoma dalla coscienza, ma come "coscienza potenziale": considerando l'essere umano in termini aristotelici, come ente diveniente e imperfetto, cioè sintesi di potenza e atto, l'inconscio designerebbe il complesso degli elementi psichici di cui attualmente non disponiamo un sapere cosciente, che sfugge alla consapevolezza attuale e provvisoria di un singolo individuo, e che in un teorico ipotetico futuro potremmo comprendere e far diventare "conscio", cioè far passare la coscienza di tali elementi dalla potenza all'atto. Cioè l'inconscio non sarebbe più una realtà oggetto di un sapere "positivo" contrapposto al sapere della coscienza, ma solo un'idea limite, una negatività relativa ai limiti della nostra coscienza imperfetta. Ma questi limiti non colpirebbero l'idea di coscienza in generale, vista nella sua essenza trascendentale, ma le forme in cui la coscienza si realizza empiricamente nelle realtà degli esseri umani in carne e ossa. L'imperfezione non sarebbe nella coscienza in sé, ma nelle nostre realtà in cui essa è compresa.

Carlo Pierini

#36
DAVINTRO
...E in questo quadro si possa credo considerare anche la posizione dell'inconscio così problematica, come intesa spesso nella psicanalisi: l'inconscio inteso come realtà trascendente rispetto alla coscienza, di cui però si presume di averne una conoscenza ben articolata, e dunque, in evidente contraddizione, di poterne avere un'esperienza cosciente, dunque non più separabile dalla coscienza.

CARLO
Forse non ti è chiaro che la coscienza trascende la realtà fisica non meno di quanto l'inconscio trascenda la coscienza. Ma così come la realtà fisica si manifesta alla coscienza ed è quindi conoscibile a partire dall'osservazione di tali manifestazioni (fenomeni), lo stesso possiamo dire dell'inconscio: esso è conoscibile poiché si manifesta alla coscienza (sogni, visioni, ispirazione, ma anche idee fisse, fantasie persecutorie, manìe, raptus incontrollabili, ecc.). Naturalmente le modalità di manifestazione del mondo e dell'inconscio sono assai diverse, ma il principio è lo stesso.
Ciò significa che quando si parla di trascendenza mondo-coscienza e coscienza-inconscio (o coscienza-Dio), si deve intendere sempre una trascendenza non-assoluta, cioè non deve considerarsi come una separazione abissale tra i livelli che la costituiscono. Se Dio fosse assolutamente separato dalla coscienza, nessuno ne avrebbe mai parlato; la storia invece, dimostra l'esatto contrario.
Pertanto è sempre e comunque l'osservazione degli eventi (fisici o psichici che siano) il fondamento di ogni possibile conoscenza e l'unica garante possibile delle verità su cui si costruisce. La ragione, la logica e la filosofia, da sole, non vanno da nessuna parte.

Come indica il simbolo universale della Trinità:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/le-varianti-simboliche-della-'trinita'/msg21914/#msg21914

...sono tre i "livelli dell'essere": mondo-mente-Dio.

<<L'anima umana è per Ficino la parte centrale nella serie graduata delle sostanze, il che non significa solo che per la sua qualità oggettiva sta in mezzo tra l'intelligibile e il corporeo, fra l'eterno e il temporale, ma anche che è rivolta nel suo atteggiamento consapevole in su e in giù e unisce così fra di loro le due metà dell'universo. All'anima viene quindi assai logicamente attribuito un doppio affetto e una doppia inclinazione per cui essa è ugualmente rivolta verso il divino e verso il sensibile. [...] Rispetto a questo suo duplice indirizzo il Ficino paragona qualche volta l'anima a Giano i cui due volti guardano in direzioni opposte".   [P.O. KRISTELLER: Il pensiero filosofico di M. Ficino - pg.209]

https://www.ariannaeditrice.it/data/articoli/big/0/0-12990.jpg

green demetr

Ovviamente hanno un valore di scienza, in quanto esiste una diagnostica e una casistica.

L'iilusione che queste non siano scienze, è dovuta in larga parte al concetto di inconscio, che però viene relegato alla storia della stesse, e viene usato solo come possibile spiegazione supplementare.
Ma la diagnostica, si fonda su tutt'altro. In primis sul nostro comportamento indagabile scientificamente come ogni altra cosa/oggetto. (proprio perchè si basa sul rapporto con le cose e oggetti, aggiungeri io).

La psichiatria inoltre nasce già come scienza medica, e quindi o diciamo che la medicina non è scienza, o ci atteniamo alla descrizione che la contraddistingue.

Per quanto la psicologia, essa è vista come mera integrazione della psichiatria, e viene usata nei casi lievi, se non proprio fake (che caratterizzano il nostro tempo).

Altro conto sarebbe la psicanalisi, ma la Big Pharma è già riuscita ad assimilarla ad una cura comportamentale (non ricordo la dicitura esatta in questo momento sorry).

Ovviamente in un tempo di riduzionismi, ogni scoria (perchè è così che viene percepita dalla Big Pharma) di pensiero non solo viene eliminata, ma addirittura VA eliminata.

Un imperativo categorico kantiano, che darebbe le vere dimensioni sotto cui porsi alte domande, non certo queste infantili, da accademici marionetta.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

Per Carlo Pierini



Sono pienamente d'accordo sulla presenza di una trascendenza interiore psichica avente la stessa dignità di autonomia della trascendenza esteriore della realtà fisica, ma per evitare la contraddizione di ritenere "inconsci" dei fenomeni che registriamo comunque a livello conscio (non mi risulta che Freud e Jung scrivessero le loro opere mentre erano in trance ipnotica, o nel corso dei loro sogni, ma in stato di veglia, condizione in cui potevano operare un'analisi razionale e conscia anche se applicata a un contenuto emergenti a livello onirico, ascoltando i racconti dei sogni dei loro pazienti, o, come credo in particolare nel caso di Jung, anche i loro propri sogni, ma comunque hanno potuto trattare l'inconscio nella misura in cui era cessato di essere tale, per divenire contenuto conscio), trovo necessario che tale trascendenza sia relativa non alla "coscienza", ma all'Io inteso come connotazione del soggetto come libero e attivo, responsabile di se stesso e delle proprie azioni, In questo senso, penso avrebbe una logica la definizione freudiana dell'inconscio come "Es", cioè una componente della psiche che sfugge all'autocoscienza deliminante un'individualità personale da parte dell'Io, la parte di noi che preesiste alla nostra libertà di autodeterminarci, e da dove dunque riceviamo passivamente i fenomeni. La "passività" è la chiave del discorso, è la passività l'avvertimento nella nostra coscienza della trascendenza delle cose rispetto al nostro Io da cui provengono i fenomeni esperiti: come nell'esperienza sensibile la passività, intesa come incapacità dell'Io di selezionare arbitrariamente i contenuti da percepire a legittimare l'ulteriorità di un mondo esterno che realmente entra in contatto col nostro corpo per farsi esperire, così a livello psichico, una trascendenza interiore non posta dall'Io, ma presente in noi si manifesta alla luce dell'incapacità dell'Io di scegliere liberamente cosa sognare, il contenuto delle visioni, i lapsus. In virtù di ciò trovo ambiguo a contradditorio il termine "inconscio", che non può trascendere la coscienza, dato che tutto quel che ne possiamo sapere lo sappiamo nella misura in cui entra all'interno dei confini della coscienza, il suo significato sarebbe meglio indicato da un termine come "transegoico", che appunto sottolinea il senso vero della sua trascendenza, non trascendente la coscienza, ma l'Io, inteso come punto originario degli atti liberi della persona

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