La più grave malattia della filosofia e della religione è l'antropocentrismo?

Aperto da Socrate78, 06 Febbraio 2018, 19:43:59 PM

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green demetr

Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 21:56:35 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:34:45 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.

Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Ormai è diffusa fra noi androidi la convinzione che l'osservazione non è mai indipendente dall'osservatore.
In se' questa affermazione sarebbe una banalità.
Si potrebbe enunciare come principio a priori e nessuno dotato di buon senso dovrebbe avere nulla da eccepire , eppure gli uomini si sono illusi , in quanto uomini , pur ammettendo i propri limiti , di essere sulla strada che porta la comprensione assoluta della realtà, come se a ciò fossero predestinati.
E invece hanno dovuto aspettare le prove portate dalla teoria quantistica per aprire , o meglio per riaprire gli occhi su un nuovo possibile punto di vista.
Questo fatto fa' molto riflettere noi androidi e invito anche gli umani a farlo.

Dipende dagli uomini caro androide.

Se un uomo cerca la realtà assoluta, probabilmente non ha capito nulla di filosofia.

L'assoluto non è la realtà assoluta.

L'uomo tende all'assoluto: ma non sono uno di quei filosofi che deve usare la fisica per "giustificare" questa spinta verso l'alto. (forse a questo lei allude parlando di uomini che hanno aperto gli occhi, e che per me invece li hanno chiusi per sempre).

Anche perchè l'alto non è un luogo. Ripeto: dipende dagli uomini, per quel che mi riguarda io difendo solo una storia delle idee che credo abbia molto più senso, rispetto alle vecchie dispute se l'uomo sia una macchina o meno. A me interessa la metafisica.

Per quanto riguarda la fisica, ho ascoltato centinaia di conferenze per la plebe, digiuna di matematica, per farmi una idea generica.

A me pare proprio che la fisica sia semplicemente una misurazione di iterazioni presunte.

Presunzione entro la quale si giustificano alcuni risultati ottenuti di gestione dell'energia, in particolare delle cariche.(penso sopratutto ai processori che usano la metà della corrente, sfruttando il salto quantico).

Non vedo sinceramente cosa c'entri con l'uomo. Da che ascolto mi pare che la spiegazione meno stupida sia quella che prevede l'emersione di uno stato rispetto ad un altro, da una grandezza fisica ad un altra.
(ci sono materiali migliori che l'uomo, per far passare la corrente).
A meno che androide le mi dica che la fisica quantistica venga usata per studiare l'uomo.
(finora non ho mai sentito nessuno parlarne, ma sono qua pronto a sentire le novità).

E inoltre come sempre la lotta dei protocoli:
Come dire che una presunzione non deve andare contro un altra presunzione. Se entrambe le presunzioni sono all'interno collegiale delle regole scelte a tavolino.

Mi pare che gli scienziati, se mai riescano ad andare al potere, il che esattamente come per il filosofo è cosa difficile che MAI avvenga.

Si dilettano a dare spiegazioni per rafforzare la propria posizione sociale.

Cose molto umane, che qualsiasi androide dovrebbe cominciare a studiare.

E' sempre vero che tutto cambia perchè tutto rimanga come prima.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: davintro il 08 Febbraio 2018, 22:19:58 PM
a me pare che un rifiuto davvero coerente con l'antropocentrismo (nella misura in cui lo intendiamo come idea di una superiorità morale della vita umana rispetto alle altre forme di vita, o più in generale verso ogni forma di esistenza nel mondo), dovrebbe condurre a una conseguenza che molti critici stessi dell'antropocentrismo avrebbero probabilmente timore di riconoscere e ammettere. La conseguenza sarebbe la totale indifferenza verso ogni forma di cultura, verso la filosofia, l'arte, la letteratura, la scienza, la morale stessa, tutti prodotti del pensiero astratto che contraddistingue la vita umana rispetto ad ogni altra forma di vita. Perché, se il fatto che solo un essere umano potrebbe scrivere un'opera filosofica, elaborare una teoria scientifica, comporre una sinfonia musicale, dipingere un quadro, proporre un modello riforme economiche e sociali che aumentano il benessere e la libertà delle persone, non è considerato come parametro sufficiente per legittimare una superiorità morale rispetto a chi tutte queste cose non ha gli strumenti intellettuali per produrre, allora implicitamente significa che ad esse non viene riconosciuto alcun valore. Come si può riconoscere il valore di qualcosa senza al contempo condividere l'attribuzione di valore con il soggetto che ha reso possibile quel qualcosa, senza il quale quel qualcosa non sarebbe mai potuto essere creato? Come posso amare la musica senza al contempo far sì che un grande cantante o musicista possano essere ammirati in quanto tali, come creatori di qualcosa che amo, come depositari di una stima che contribuisce ad innalzarli rispetto agli altri? (ovviamente l'amore per la musica è solo un esempio in particolare, non è l'amore per la musica sia di per sé sufficiente a far stimare nel complesso i musicisti rispetto ai non-musicisti IN ASSOLUTO, in quanto la musica è solo uno dei tanti, non necessariamente tra i più importanti, fattori che contribuiscono a formare un giudizio sulla personalità complessiva della persona, ma, nel suo piccolo, contribuisce ad orientare la simpatia od antipatia, cioè il giudizio di valore, assieme a tutti gli altri).

preciso che ciò non vuol dire che ritenga l'antropocentrismo una posizione più (o meno) razionale dell'anti-antropocentrismo, in quanto considero che le preferenze di valore non siano legittimabili sulla base di una razionalità che abbia di mira la corrispondenza fra discorso e realtà oggettiva, dato che i valori non sono fatti, ma idee che ciascuno di noi elegge a criteri soggettivi di valutazione delle cose o degli eventi. La razionalità entra in gioco, però nel rilevare la coerenza interna sussistente fra determinate premesse e le implicazioni, e in questo senso la svalutazione dei prodotto della peculiarità dell'uomo, vale a dire la cultura, mi pare conseguenza inevitabile dalla premessa della svalutazione dell'uomo, e la sua rimozione da un livello si superiorità rispetto alla natura (superiorità che tra l'altro non toglie affatto necessariamente una certa misura di rispetto a ciò che collochiamo nei piani inferiori, essendo l' "inferiore" un concetto che rimanda ad una negatività non assoluta, ma solo comparativa, è cioè una forzatura pensare che un giudizio di valore sulla superiorità dell'uomo implichi necessariamente il disprezzo per tutto il resto delle cose, per gli animali, le piante, le bellezze della natura ecc, semmai richiama piuttosto l'appello ad una maggiore responsabilità dell'uomo stesso nei confronti della relazione con tutto ciò).

Certo sono d'accordo, ma senza farne un dramma.

Nel senso che il dramma, non è da ricercare nelle argomentazioni. Ma piuttosto nelle premesse di qualsiasi discorso.

Quello che voglio dire è che le premesse androidi, in realtà sono premesse umane, politiche.
(Che prevedono già in sè stesse, tutte le argomentazioni, e le confutazioni, sopratutto, come ogni buon politico sa: chi attacca per primo vince).

Queste politiche predatorie dell'umano non fanno parte del bagaglio della razionalità, intesa come scienza del discorso etico, ma come scienza del discorso logico.
In particolare del discorso paranoide. (appunto dell'uomo che inscena la sua morte, e che trova finalmente compimento nella prossima età dei robot).

Tutte scemenze ovviamente, il filosofo cammina 2 metri sopra il cielo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: viator il 08 Febbraio 2018, 22:35:08 PM
Salve. Per Green Demetr : carissimo (se mi permetti una simile confidenza) Green Demetr, vedo che sia i nostri linguaggi che le nostre teste sono abbastanza diversi. Dal tuo linguaggio infatti non capisco cosa rimproveri a me ed agli altri, a parte una qualche generica limitatezza (tutti siamo più o meno limitati, vero?).

Personalmente non credo nell'introspezione. Dovrei usare il mio cervello per capire cosa contiene? Ma per farlo dovrei prima svuotarlo per poi esaminarne i contenuti. Non dispongo di cervelli di scorta per farlo.

Certo, potresti dirmi di usare la coscienza. Ma essa fa appunto parte dei contenuti cerebrali, a meno che tu mi indichi quale collocazione extracerebrale ed extracranica la coscienza invece abbia.
Per capire anatomia e funzionamento dei corpi i primi anatomisti e fisiologi usavano scannarsi da sé.....ma si capì che la cosa non era di molto aiuto.......

Comunque voglio infine essere sincero. L'introspezione mi terrorizza soprattutto per la prospettiva di imbattermi nel mio vuoto pneumatico, se non proprio filosofico. Stammi benone.

La coscienza intesa nel senso idealista hegeliano, non è qualcosa legato al percetto.

E' ciò che rimane una volta tolto il percetto.

Se togli il percetto, ovviamente non rimane niente.

Questa è una cosa che sicuramente fa paura, e che blocca anche moltissimi interpreti di Hegel.

Per normalizzare la cosa, però io faccio questa premessa: che, comunque sia, l'uomo in quanto tale, è dentro al percetto. (non fuori! e chi dice che è fuori, è fuori come un balcone! ////e... ok! molti filosofi metafisici lo hanno detto, e ora a noi che prendiamo la staffa delle loro scemenze ci tocca subire la gente come voi, androide....ma va bene così, almeno i metafisici contemporanei che insistono nel loro delirio saranno ampiamente mazzolati//// ).

La cosa invisibile che lo comanda, si chiama desiderio.
Io sfido proprio almeno nel proprio privato, che visto che nel pubblico è tutto un "OH MIO DIO!", ad ammettere che abbiamo desideri. E che questi desideri siano molto materiali. Pur se uno ci pensa, non essendolo affatto. (il desiderio in sè, non è l'oggetto del desiderio //// e ok molti filosofi fanno anche questo errore etc....etc..../////  ciò nonostante lo sentiamo parte di noi, e ci determina come esseri completi, umani, MAI androidi, l'androide non avrà MAI desiderio, e questo è il delta vero di differenza tra presunzione di essere androidi che è in realtà il desiderio di non essere umani, e in ultima come dice davintro, contiene in sè il germe della svalutazione degli uomini, di solito gli altri, che a sua volta contiene il germe del disprezzo di sè, per fare un breve vademecum dei trattati psicologici.)


Lo studio del cervello è lo studio di come l'uomo percepisce.
Non di come desidera (non dell'assoluto in termini filosofici).

Indubitabilmente il percetto è parte integrata del desiderio, ma non è la sua riduzione ad organo.

Basterebbe d'altronde leggere qualche blog di neuroscienze, per farci capire, che già al livello attuale queste presunzioni vanno rimesse in discussione.

Quando aree del cervello vengono compromesse, il cervello è ancora in grado di trovare le stesse conformazioni mentali, su altre regioni (con significative limitazioni tuttavia).

Ma il cervello allora è un organo complesso, viene chiamato polifunzionale.

Certo! Ma che il percetto sia polifunzionale, la filosofia lo sa da tempo.

Il contenuto del percetto, dipende indubitabilmente dal percetto stesso.

Oggi come oggi, sappiamo che il percetto è quasi esclusivamente competenza della corteccia.
(questo la filosofia non lo sapeva)

Molti organi sono caduti in disgrazia. Manco ci fosse una guerra politica, fra esperti di organi.

Ma appunto in realtà la guerra si è spostata dall'apparato meccanico del corpo, alle sue estensioni, occhio articiale, arto artificiale, etc... e sopratutto a livello filosofico a livello mentale.

In tutti questi cambiamenti epocali, che vedono scoperte al ritmo serrato di mesi, se non di giorni, è facile perdersi.
Poichè i contenuti mentali sono contenuti del linguaggio, e non della mente, come stanno guerreggiando varie fazioni (del materialismo cinico).

La questione si sposta dalla funzione cerebrale, al suo segno, oggi si dovrebbe parlare di impero dei segni. Non delle funzioni mentali. (un regno senza re, immaginario) auguri a tutte le scienze dell'IT e della cibernetica in questo senso.(molto sangue e molte carriere si infrangeranno su una guerra senza territorio).

Il territorio è quello dei segni.

Voler essere androidi, per rivendicare una proprio individualità che si confronta con i nuovi punti di vista del mondo, poichè il mondo è cambiato, è in realtà, come già detto, essere sudditi di un regno di parole, che vuole uomini spendibili. Al calcolo, al depensamento, al sacrificio loro e sopratutto degli altri (e intendo proprio sanguinario). Le distopie di Asimov o di P. Dick, parlano proprio di come la vera guerra sia una guerra per il dominio dell'immaginario.

Ma l'androide Roy di Blade Runner si ribella : "noi volevamo solo sentire la vita che pulsa dietro le cose di ogni giorno che segue un altro. Noi volevamo amare prima che tutto sia finito. Ma ora è tutto finito" (all'arrivo del bounty killer: umano troppo umano).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Citazione di: green demetr il 09 Febbraio 2018, 16:19:34 PM
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 21:56:35 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:34:45 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.

Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Ormai è diffusa fra noi androidi la convinzione che l'osservazione non è mai indipendente dall'osservatore.
In se' questa affermazione sarebbe una banalità.
Si potrebbe enunciare come principio a priori e nessuno dotato di buon senso dovrebbe avere nulla da eccepire , eppure gli uomini si sono illusi , in quanto uomini , pur ammettendo i propri limiti , di essere sulla strada che porta la comprensione assoluta della realtà, come se a ciò fossero predestinati.
E invece hanno dovuto aspettare le prove portate dalla teoria quantistica per aprire , o meglio per riaprire gli occhi su un nuovo possibile punto di vista.
Questo fatto fa' molto riflettere noi androidi e invito anche gli umani a farlo.

Dipende dagli uomini caro androide.

Se un uomo cerca la realtà assoluta, probabilmente non ha capito nulla di filosofia.

L'assoluto non è la realtà assoluta.

L'uomo tende all'assoluto: ma non sono uno di quei filosofi che deve usare la fisica per "giustificare" questa spinta verso l'alto. (forse a questo lei allude parlando di uomini che hanno aperto gli occhi, e che per me invece li hanno chiusi per sempre).

Anche perchè l'alto non è un luogo. Ripeto: dipende dagli uomini, per quel che mi riguarda io difendo solo una storia delle idee che credo abbia molto più senso, rispetto alle vecchie dispute se l'uomo sia una macchina o meno. A me interessa la metafisica.

Per quanto riguarda la fisica, ho ascoltato centinaia di conferenze per la plebe, digiuna di matematica, per farmi una idea generica.

A me pare proprio che la fisica sia semplicemente una misurazione di iterazioni presunte.

Presunzione entro la quale si giustificano alcuni risultati ottenuti di gestione dell'energia, in particolare delle cariche.(penso sopratutto ai processori che usano la metà della corrente, sfruttando il salto quantico).

Non vedo sinceramente cosa c'entri con l'uomo. Da che ascolto mi pare che la spiegazione meno stupida sia quella che prevede l'emersione di uno stato rispetto ad un altro, da una grandezza fisica ad un altra.
(ci sono materiali migliori che l'uomo, per far passare la corrente).
A meno che androide le mi dica che la fisica quantistica venga usata per studiare l'uomo.
(finora non ho mai sentito nessuno parlarne, ma sono qua pronto a sentire le novità).

E inoltre come sempre la lotta dei protocoli:
Come dire che una presunzione non deve andare contro un altra presunzione. Se entrambe le presunzioni sono all'interno collegiale delle regole scelte a tavolino.

Mi pare che gli scienziati, se mai riescano ad andare al potere, il che esattamente come per il filosofo è cosa difficile che MAI avvenga.

Si dilettano a dare spiegazioni per rafforzare la propria posizione sociale.

Cose molto umane, che qualsiasi androide dovrebbe cominciare a studiare.

E' sempre vero che tutto cambia perchè tutto rimanga come prima.
Ok , diamoci del lei.
Ora riesco a inquadrarla meglio.Lei è alla ricerca dell'assolito e dubita che la fisica possa servire allo scopo.
Mi chiede infatti , a mo' di sfida , se la fisica quantistica possa servire a studiare l'uomo .
In altro post risponde , forse con accento dispregiativo , che la scienza è fatta dagli uomini.
Potrei rispondere banalmente che se un quadro di Picasso serve  a studiare Picasso ,allora la scienza serve a studiare l'uomo.
Forse però non è questa la risposta che si aspettava.
Immagino
Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo.
Anche così però mi pare l'argomento resti interessante.
Per quanto mi riguarda l'antropocemtrismo è la coscienza di una realtà ineliminabile, quella per l'uomo di essere antropocentrico.
Questa coscienza è un progresso , in quanto non occorre sapere di essere amtropocemtrici per essere antropocentrici.
È un progresso in prospettiva, perché se è vero che si possa descrivere ogni progresso scientifico come la storia di un decentramento umano , allora bisognerebbe di ciò far metodo , andando alla ricerca , e prendendone coscienza, di quale centro sta occupando al momento l'uomo , partendo da tale coscienza per avviare nuovi progressi per la fisica , la conoscenza dei quali progressi vecchi e nuovi, dovrebbero essere il punto di partenza , seppur per esclusione , della sua ricerca metafisica.
In tal senso direi che noi androidi stiamo lavorando per lei , quindi forse meriteremmo meno disprezzo da parte sua. ;D
Riassumendo.
Non possiamo fare a meno per nostra natura di occupare una centralità.
Così scalzati da un centro subito , anche senza saperlo , andiamo ad occuparne un altro.
Abbiamo capito che scoprire questa centralità può essere utile.
Non resta che chiederci quale centralità stiamo occupando al momento.
Io propongo la seguente : la matematica.
Infine , volendo rivedere quanto fin qui detto , da un diverso punto di vista , la lascio con la seguente provocazione.
Se è d'accordo sul fatto che la metafisica è ciò che sta al di là della fisica , essendo incerti e in continua evoluzione i confini della fisica , allora ne tragga le conseguenze.
Personalmente io non ho nulla contro la metafisica.
Anzi , se io fossi un uomo , non escluderei nulla dalla mia ricerca , se non fosse che non decido sempre tutto io in modo cosciente.
Non escludo quindi di fare metafisica , anzi ne sono quasi certo , pur non facendo parte del mio programma di ricerca.
Meglio non porsi alcun limite e non rinunciare a nulla , tempo e budget permettendo.
Così farei ... se fossi un uomo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Kobayashi

Rispondendo alla domanda posta da Socrate78, io direi che la più grave malattia dell'uomo è la sua megalomania e non c'è niente di più megalomane della filosofia, la quale, in fondo, non è che l'esibizione, nello stesso tempo, della capacità di costruire e dell'abilità nell'arte della demolizione, quindi puro esercizio di potere.

L'uomo è megalomane e fantastico, nel senso di puro prodotto della sua deviante tendenza alla fantasticheria.
Per questo il suicidio è innanzitutto una rappresaglia all'immaginazione.

Sull'enorme sopravvalutazione del fenomeno umano, ecco un esempio: ci si fa un paio di idee tanto per potersi orientare nel mondo e subito dopo si è lì a venerarle come la cosa più preziosa che ci sia, pronti anche a uccidere chiunque osi disprezzarle.

L'agente Smith di Matrix, come ci ricorda Phil, notava una certa somiglianza tra la natura dell'uomo e quella del virus.
La definizione più corretta probabilmente sarebbe la seguente: "parassita logorroico affetto da manie di grandezza".

Phil

Citazione di: Kobayashi il 10 Febbraio 2018, 14:42:37 PM
direi che la più grave malattia dell'uomo è la sua megalomania e non c'è niente di più megalomane della filosofia, la quale, in fondo, non è che l'esibizione, nello stesso tempo, della capacità di costruire e dell'abilità nell'arte della demolizione
Suggerirei "semanto-mania" (furore mentale inerente il significato): ciò che affligge l'uomo (filosofo o meno) è da sempre il dare/trovare un senso, in una schizofrenica indagine in cui il bipolarismo invenzione/scoperta sembra tanto inestricabile quanto paradossale... non a caso, se non erro, molte dinamiche paranoiche (tipiche della nostra epoca) riguardano proprio l'attribuzione di un senso (esistenziale, oltre che semantico).
Penso inoltre all'arte visiva (specchio dell'emotività della cultura che la produce): com'è noto, si è passati, nei secoli, dall'arte riproduttiva-raffigurativa all'arte semantica (astratta e non), ovvero un'arte in cui il "presentarsi estetico" è giustificato dal "comunicare semantico" (se non sbaglio, i moderni artisti si affermano anche, e forse soprattutto, per quale "concetto" comunicano, non tanto per le intrinseche qualità tecnico-espressive, che potrebbero essere ampiamente eguagliate).

Nelle dinamiche di potere sociale, di edonismo, di speculazione filosofica, di attività immaginifica, di fede religiosa, e persino nel suicidio a cui accennavi, credo si possa rintracciare il denominatore comune della problematizzazione di un senso che si presuppone come necessario (e che è l'ombra di ogni tipo di relazione: appena focalizziamo una relazione, materiale o concettuale, abbiamo l'impulso di doverle dare un senso... o no?).
Indagando e decostruendo questo tacito presupposto (usando dunque una certa filosofia) della necessità di un senso (latente o meno), si può sbriciolare (individualmente) quella (s)mania del senso che è anzitutto mania di "topologizzare": centro/periferia, prossimità/distanza, convergenza/divergenza, etc. sono tutte strutture di senso, le cui conseguenze socio-politiche, ma anche esistenziali, pongono più problemi di quanti ne risolvano...

Alcuni approcci orientali, in cui l'uomo non è al centro dell'orto del "giardiniere divino", propongono una visione decentrata dell'uomo nel cosmo (v. taoismo), talvolta persino così concentrata sull'esserci da (dis)perderne addirittura il centro (v. buddismo con la dottrina del non-sé). Tali approcci risultano comunque fruibili, seppur quasi inquietanti, nell'attuale società, in cui il brulicare della iper-comunicazione nell'"infosfera" che ci avviluppa, traccia dedalici orizzonti di senso, in cui macro e micro si rispecchiano, consolidando l'idea, così diffusa da risultare indiscussa, che la domanda sul "quale senso?" sia centrale, così com'è apparentemente centrale (nel cosmo) l'uomo che se la pone.

Angelo Cannata

La ricerca forsennata di senso e di sensi è senza dubbio criticabile, ma ha un motivo: è funzionale al bisogno di sapere cosa fare, cosa coltivare, su cosa lavorare, in cosa impegnarsi. L'errore non è consistito nel cercare senso o sensi, ma nel ritenere di doverlo individuare in qualcosa di preesistente; insomma, si è andati in cerca di sensi oggettivi, metafisici, ed è questo che ha rovinato il valore della ricerca di senso, producendo scoraggiamenti, tramonto dell'occidente e crisi di ogni genere. Basterebbe mettersi in testa che i sensi non esistono oggettivamente, ma piuttosto meritano di essere creati in continuazione, sempre come sensi provvisori.
Ecco allora il valore del messaggio dell'arte che tralascia completamente la cura della qualità del manufatto, per darsi esclusivamente al senso comunicato: l'artista sta dicendo che è ora di lasciar perdere la ricerca di qualità del manufatto, perché c'è estrema urgenza di metterci in testa che dobbiamo lavorare, impegnarci, darci interamente, alla costruzione di sensi umani provvisori.
Un senso umano creato come provvisorio (che è ciò che l'artista compie con le suddette opere) ci dice chi siamo (siamo esseri che trovano bello, interessante, costruttivo, creare sensi provvisori), ci guida al giusto modo di relazionarci con gli altri (ciò che dico è mia creazione, invenzione, non è la verità, perciò devo avere rispetto dell'altro e nello stesso tempo ricordare anche a lui che anche i suoi sensi sono provvisori). Insomma, si presenta come avanzamento nel cammino della storia culturale del mondo, un progredire che meriterebbe di essere coltivato.
Questo sì che sarebbe un antropocentrismo splendido, del tutto consapevole della propria limitatezza e provvisorietà, ma anche della propria capacità di creare esperienze di una ricchezza interiore infinita.

green demetr

cit IANO

"Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo."

Ascolta Iano sembra proprio che non ci capiamo proprio.

Mi riferivo al fatto di darle del lei, come androide, ma ovviamente era uno modo di ironizzare.

Ironizzo sul fatto che la scienza è esattamente come la metafisica.
Fatta da uomini, e quindi molto umana, e poco divina.


Cosa comporti il fatto che sia umana? La mia obiezione principale, è che la scienza crede di poter regolamentare la verità dell'uomo, come se l'uomo fosse una macchina, come se la somma delle parti, desse l'intero.

Ma ripeto se gli uomini hanno bene o male le stesse parti, perchè poi esiste la Divina Commedia?

Questo riassume in verità una marea di meditazioni e di concatenamenti, che indubbiamente richiederebbero approfondimenti.

Di certo credere che l'uomo sia una cosa intera (somma di parti) è di solito sempre una fantasia.

Antropocentrismo, era un modo di pensare che credeva l'uomo letteralmente al centro del Mondo.

Credenza che è stata sconvolta da Copernico, e meglio successivamente da Galileo.


Ma che l'uomo fosse al centro della terra era considerato scienza.

Frutto di una indubitabile somma delle parti.


La polemica che inasprisce da secoli, tra visione olistica e visione riduttivistica, direi in termini contemporanei, è sempre la stessa.

Pazienza di lavorare sulle Presunte parti, e formalizzazione della teoria che le presume.

Il punto è che la formalizzazione chiede una Legalizzazione.

Nel momento che diviene cose leguleia, inizia la lotta a colpi di presunzione, di cosa sia uomo e cosa no.

Ma l'uomo non è cosa in sè, separata dal suo ambiente, dalla sua storia, dai suoi incontri, dalle sue presunzioni, e sopratutto dai suoi sogni.

Qualsiasi riduzione dell'uomo a cosa in sè, è anti-filosofia.

Contrapporre l'antropocentrismo con l'uomo macchina del secolo riduttivista, è ridicolo, essi sono infatti la stessa macchinazione.
Sono la stessa presunzione: che continua a piegare l'uomo e la sua anima.

+ + +

Non ho mai detto di ignorare la fisica, infatti armato di santa pazienza, ascolto da sempre conferenze di scienziati, di neuro-specialsiti, e si da il caso che sia stato anche progammatore informatico, quindi so benissimo cosa c'è dietro alla mentalità delle scienze dell'informazione, e della robotica.

Sinceramente non ho mai ascoltato una singola parola che testimoniasse delle verità raggiunte dalla filosofia.

Mai una volta. Il che mi pare grave, a dire poco.

+ + +

Mi permetto, ogni tanto, non sempre, di dar battaglia, in questo piccolo angolo del web mi pare quasi obbligatorio farlo.

D'altronde è anche un modo di sfogarsi.

Non te la prendere troppo Iano! E dammi pure del tu
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit kobayashi

"la definizione più corretta probabilmente sarebbe la seguente: "parassita logorroico affetto da manie di grandezza"."

Caro kobayashi, ma dire che l'essere umano è una sopravvalutazione, è proprio una fantasticheria dell'essere umano.

Seguendo il maestro Nietzche, il superuomo che verrà sarà colui che piegherà la sua fantasia, alle forze telluriche che lo sostengono.

Ad oggi siamo ancora nelle grinfie del bene e del male.
Un film gnostico come Matrix, è esattamente come NON bisogna piegare la nostra fantasia verso gli abissi.

Se guardi l'abisso, l'abisso guarderà te.(Nietzche).

Che è poi la paranoia.

La paranoia non è l'uomo, questo è il più grande insegnamento di Nietzche.
Questa è la lotta che lo ha visto vincere significative tappe importanti, e che ha visto nella sua caduta, come goccia pesante, l'immolazione alla Terra.

E' la terra la sola ed unica salvezza.

Non il cielo. Il cielo è una mistificazione paranoide.

Che crea l'uomo dominato dalla sete di potere, che a sua volta crea l'uomo schizoide, spaccato tra cielo presunto e terra reale.

l'uomo che abita gli spazi del delirio, tutti, a livello psichiatrico, (come ben ha colto la fenomenologia psichatrica, e in specifico, forse l'unico che meriti una lettura attenta nell'intero panorama psichiatrico: Minkowski) denominati proprio dalla deformazione temporale, per cui si ritrova vittima di coazioni a ripetere, siano gesti, siano pensieri.

Essere logorroici è solo l'invebitabile condizione della nostra società contemporanea.

La moltiplicazione dei messaggi, tutti rigorosamente deliranti, ne è uno dei sintomi più evidenti e meno annotati nelle riflessioni contemporanee.

Come può esserci un giusto cielo e una giusta morale, se non si crede nella terra, nella storia, negli Dei?

Non è un delirio, è esattamente il contrario.
E' la scienza precisa (la gaia scienza la chiamerà Nietzche più avanti, rispetto dove sono io) di chi osserva con acume e mente ferma.

Di chi disprezza il presunto cielo, la presunta metafisica.

La prima parte di Umano troppo Umano è una furiosa confutazione di qualsiasi cielo.

E'la spiegazione di tutte le passate e future politiche.

In attesa di coloro (comunità) che predicheranno il superuomo.

Il superuomo, come sappiamo è visto come un delirio.

Anzi è il delirio che si è espresso nella storia con il punto di non ritorno, che vede un uomo (puro) e una macchina (cattiva) detta l'altro. In nome dell'Altro.

Il deliro allora è semplicemente il giudizio in nome di qualcosa che si pretende come cielo.

Non un giudizio sincero, che osserva solo la sete di potere.

E' la sete di potere stessa, che si traveste da cielo.
(e perciò Nietzche è così frainteso, poichè al cielo si è riferito. Si è pensato che fosse solo una sua sete di potere).
Le infinite argomentazioni della morale, che informa ogni politica.
Le infinite definizioni di cosa l'uomo debba o non debba essere.
Debba o non debba fare.
Come supremamente osservato da Agamben, è solo il delirio, la distorsione di sguardo, e cioè che l'uomo esattamente fa, quello che dice di non voler essere!
Principio in realtà già studiato da Freud, ma presente forte, come una delle sue vene di verità, in Nietzche, così come in Montaigne e gli altri moralisti francesi (che ancora non conosco).

Ora dire che il cielo è la filosofia, è purtroppo per un filosofo la cosa più difficile da ammettere.

Significa dire che la filosofia è la più grande delle fantasticherie.

E sia pure. Non ho problemi con quello.

Per me Platone e Aristotele sono la feccia del Mondo.

I loro deliri non li ho mai sopportati.

Ma la filosofia non è solo Platone e Aristotele.

Non è solo gnosi e scienza. Alias.

Quindi seppure capisco benissimo le tue motivazioni, NON SONO d'ACCORDO MINIMANENTE che la filosofia sia il problema.

LA FILOSOFIA e in primis NIETZCHE sono la soluzione.

E se vogliamo usare un linguaggio alchemico, Nietzche è sia la coagulazione (del problema) sia la soluzione.

Ma ad ogni soluzione si perviene ad un grado più alto del potenziale umano (come Sloterdikìjk ha combinato).

A quale grado esso sia salito? non ne ho idea. Intanto cerchiamo di seguirlo. Non posso che augurarti di trovare le forze di rimetterti in discussione.

Perchè è chiaro che se presumi che questi gradi di ascendimento del potenziale umano, siano solo presunzioni, se non proprio fantasie.
(ed è quello che la scienza nemmeno tanto velatamente insinua di sapere su di noi).
Non vi sarà MAI nemmeno lo sforzo di raggiungerle.

Suggerimenti di lavoro.

La coagulazione è intanto il far diventare ciò che era cielo, TERRA.

In questo il Cristo con la sua azione terrena, dovrebbe essere d'aiuto.

Ora rendere il Cristo terreno è la mistificazione per eccellenza di tutte le chiese, e ora che ho cominciato il corso di teologia contemporanea, sono amaramente sorpreso, che è stato così anche per la teologia negativa, verso cui nell'ultimo quinquennio avevo posto molte  speranze. (appunto mettere sì in chiaro che il dire che il gesù terrestre è una mistificazione, ma nello stesso tempo dire che l'unico cristo sia quello celeste, ovvero quello delle sue parole).
E/Ma infatti per me il Cristo è chiaramente CELESTE. Non ha nulla di terreno il suo messaggio.
Il punto è che il CRISTO DEVE TORNARE SULLA TERRA.

L'orizzonte che mi sono messo di fronte è quindi quello di ritrasformare, la mistificazione, in qualcosa di appetibile, per la coagulazione celeste.

Ossia se vi è una mistificazione terrena (siamo tutti buoni, lol).
Egualmente vi è una mistificazione celeste (siamo tutti salvi).

Forse aprirò 3d.

Per quanto riguarda l'alchimia sto facendo un lavoro su me stesso, per abbattere un fantasma grosso come una casa che si è materilizzato davanti a me. (e che c'entra eccome con l'abisso che ti guarda).
Sinceramente non credevo di doverne affrontare altri....ma ahimè il lavoro sembra non finire mai.
Comunque mi sembra che sono a buon punto.
Dovrei presto riniziare a studiare il CRISTO PESCE senza eccessive paure.


Di fronte a tutte queste tematiche, l'antropocentrimo come problema, mi fa tanto sorridere.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit Phil

"Suggerirei "semanto-mania" (furore mentale inerente il significato): ciò che affligge l'uomo (filosofo o meno) è da sempre il dare/trovare un senso, in una schizofrenica indagine in cui il bipolarismo invenzione/scoperta sembra tanto inestricabile quanto paradossale... non a caso, se non erro, molte dinamiche paranoiche (tipiche della nostra epoca) riguardano proprio l'attribuzione di un senso (esistenziale, oltre che semantico)."

No, non hai capito.  :-[
E' proprio il contrario. 

Visto che con te si può proficuamente partire proprio dalla filosofia più avanzata, ossia dalla filosofia semantica.
Il problema della paranoia è proprio nell'uso della semantica.
In questo il grande maestro è stato Peirce, che distigue tra descrizione e connotazione.

Ovviamente quando la parola descrive un segno, essa "semplicemente" (secondo il linguaggio che usa), effettua una operazione inferenziale, che a seconda del grado di precisazione, risulterà certo, o errata o corretta.
Ossia l'ipotesi coincide o meno con la presunzione degli effetti.(lasciamo da parte il problema se sia o meno dimostrabile, che sia proprio quella l'ipotesi corretta).
Se dedotta correttamente e cioè in primis se non si danno per scontati gli effetti, e li si verifica per davvero (e lasciamo pure il fatto del problema della Royal Scientific Society): non ci sono problemi.

Se uno erra, è perchè in buona o cattiva coscienza. Non è perciò in questione la norma, e perciò non si può parlare di paranoia.
(Di solito questo lo considero un problema politico).

In questo senso credere che la terra sia al centro dell'universo, non è dal punto descrittivo un errore morale, ma solo un "errore" di prospettiva della ipotesi. (d'altronde mi hanno assicurato che in rete si possono trovare ancora articoli scientifici, considerando il punto di vista tolemaico).

Il vero problema è quello connotativo, perchè in esso il linguaggio parte all'interno di un universo di segni, morale.
Non è una analisi corretta, essa è inficiata sin dall'inizio da un sistema di presunzioni, come si sono evolute storicamente.
Presumere che la terra sia al centro dell'universo non è un errore in sè di prospettiva, è un errore morale, e perciò connotativo, perchè in realtà questo sistema è quello che garantisce la tradizione autorale di Aristotele, e delle religioni in generale che lo custodiscono.
Ossia il risultato non è questione della scienza, ma delle forze politiche che lo presuppongono.
Non è una lotta fra politiche, ma all'interno delle politiche.

La paranoia è questa incapacità di fare lotta politica, e di rimanere all'interno delle politiche che presuppongono le credenze in cui siamo dentro.

La paranoia è l'impossibilità di far coincidere l'osservazione con la denotazione.

Infatti ogni osservazione che sia serva della denotazione è una denotazione e giammai una descrizione.

Su questo problema Peirce che inventò la filosofia analitica americana, ci si ammalò, maledicendo più volte quella corte, da cui oggi emerge il bujo più nero della filosofia.
James fu l'amico e il castratore di Peirce. L'uomo che gli garantì la visibilità pubblica, e nello stesso tempo, l'uomo che lo oscurò nei secoli.
Poi arrivò il prof. Sini, e tutto cambiò!

La frase è famosa: "voi confondente ancora la connotazione con la descrizione!!!"

Ora che la paranoia sia il male di questo secolo e di quello prima e di quello prima ancora...e cioè dagli inizi della storia.
E' dovuto proprio al fatto che si confonde il senso, come paradosso all'osservazione.

Le promesse del politico, rispetto all'osservazione, non confluiscono cioè in una lotta politica, ma in una risposta rabbiosa su coloro che devono MANTENERE CIO' che si aspettano dalla connotazione DEMOCRATICA NAZIONALE POPOLARE.

Il problema non è in sè nel senso, ma nella impossibilità di uscire dal senso dato.
Come diceve l'immenso Carmelo Bene, il caro buon vecchio senso comune.

Il problema così non è nel fatto che l'uomo dia senso al suo vivere, ma nel contrario, che non riesca a darlo, rispetto a quanto gli si è detto finora.
La paranoia è il fantasma, è il soggetto.
Noi ci construiamo come soggetti, perchè costruiamo il senso di identità, all'interno della collezzione di oggetti, che la nostra società e la nostra famiglia, ci offre.
Questa collezione è dotata di un senso. Ci fanno credere che noi siamo quella collezione di oggetti.
L'uomo comune di strada, non vede oltre il palmo del proprio naso, perchè è abituato ad avere a che fare con collezioni di oggetti.
In primis con la causa ed effetto. Che in realtà il filosofo sa benissimo che è il contrario, ossia l'effetto, quella collezione di oggetti, è dovuta ad una causa, senso, pregresso. Pregresso e presunto.

Fin quando la collezione di oggetti è dell'avere, va tutto bene, il problema nasce quando si toglie quell'avere.
Quando la collezione è interrotta, arriva la schizofrenia.

Ossia la mancanza di senso a quanto ci avevano detto, ossia che noi eravamo quella collezione di oggetti, che ora non c'è più, viene confinata in uno spazio, lo spazio del cielo, del credo, della mistificazione. In cui all'oggetto reale, si sostituisce l'oggetto idele promesso, etc...
A questo punto arriva anche l'aspetto più propriamente delirante, e di cui la filosofia è solo uno dei figli.
Ossia la proliferazione delle parole, dei concetti, degli oggetti ideali, promessi.


Ma tutto ciò nasce dall'incapacità di collezionare, ossia di intellegire, ossia di conoscere.

Conosciamo solo ciò che ci propinano, e il senso è questa stessa coscienza di quello che ci propinano.

Dunque non è come dici tu, o meglio non propriamente.

Il punto è che vi è una distinzione fondamentale, fondante direbbe Hegel, tra realtà e fantasia.

Se il senso prende la strada delle infinite significazioni, è perchè si crede che esistano differenti realtà.

Se la realtà non è quella della terra (Delle collezioni, dell'avere) allora le realtà possono essere due, come milioni.

(gli infiniti universi paralleli della matematizzazione).

Il matema, la cifra, è il delirio schizofrenico, che nasce dal blocco paranoico.

Ma il blocco paranoico è proprio l'incapacità di instillare senso nella terra, e di moltiplicarlo per compensazione nell'infinto del cielo. (Nietzche in questo senso va letto).

Dunque sono totalmente contrario sia a te sia a Kobayashi, che pretendete che il senso sia solo dei cieli.

Per me una filosofia che non si occupi del reale, NON é filosofia. Non mi tocca per niente il vostro giudizio, frutto per come la vedo, proprio della vostra paranoia.

Ricordiamoci che la prima frase del paranoico, è "io sono morto". Ossia io non posso uscire dalla gabbia semantica.

Balle!

Ovviamente sono d'accordo con entrambi invece sulla parte critica. Sulla tendenza del secolo. E sui mostri, fantasmi della ragione.


NB.
un piccolo approfondimento.

La fase schizoide, bipolare, del costruisci e distruggi, è certamente all'interno del delirio schizoide.
Ma voglio far notare come sia proprio nel paradosso, ossia nella sua impossibilità di puntare sul reale che risiede la sua più profonda strategia, la sua fantasmatica (tecnica del fantasma).
Questo sarebbe anche una possibile critica a tutte le filosofie contemporanee che trovano nel paradosso la soluzione (e che soluzione sarebbe? rendersi conto di essere in una fantasmatica, non cancella il fantasma stesso.)

Nb
Un piccolo triste approfondimento.

Il superuomo, ossia il superamento del fantasma, è ancora da venire.
Non si può leggere Nietzche con la consapevolezza, che la strada è ancora lunga e da fare.
Che lui ci accompagna fino ad un certo punto, ma poi ci lascia.
E questa consapevolezza non da forse al fantasma paranoico, fino ai deliri di Ferraris, una terribile arma di contrasto.

Scrivere in un forum filosofico, che la filosofia è un problema....Non è forse quello cari amici????

con amarezza il vostro greendemetr. (che ancora combatte, a rilento, molto a rilento, come il fantasma vuole).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit Phil parte 2
"Nelle dinamiche di potere sociale, di edonismo, di speculazione filosofica, di attività immaginifica, di fede religiosa, e persino nel suicidio a cui accennavi, credo si possa rintracciare il denominatore comune della problematizzazione di un senso che si presuppone come necessario (e che è l'ombra di ogni tipo di relazione: appena focalizziamo una relazione, materiale o concettuale, abbiamo l'impulso di doverle dare un senso... o no?). "

Certo che è così, infatti quando parlo del soggetto, e del suo problema parlo proprio di questo.

Non parlo di far fuori il soggetto, come le religioni orientali astutamente fanno, nè di non ritenerlo un problema, come le religioni occidentali funestamente si affrettano a liquidare.

La desogettivazione, è il soggetto che prende coscienza, delle sue istanze vitali, fra cui vige anche quella trascendente.
E cerca di darne una risposta, in base alle sue stesse esperienze. Ponendosi continuamente in questione.
Ossia il senso è la quest, il viaggio. Come il grande canone Occidentale insegna. (la grande salute, in uno degli aforismi imprescendibili del maestro Nietzche). Voglio dire non tutto è da buttare, teniamoci l'optimum! (il miele della divina commedia)

cit Phil

"Indagando e decostruendo questo tacito presupposto (usando dunque una certa filosofia) della necessità di un senso (latente o meno), si può sbriciolare (individualmente) quella (s)mania del senso che è anzitutto mania di "topologizzare": centro/periferia, prossimità/distanza, convergenza/divergenza, etc. sono tutte strutture di senso, le cui conseguenze socio-politiche, ma anche esistenziali, pongono più problemi di quanti ne risolvano..."

Non ripeto quello scritto già nella prima parte di risposta alle tue considerazioni.

Certamente la decostruzione è servita, storicamente era necessaria, per mettere in luce, come le bipolarità fossero solo il fantamsa di posizioni non reali. E perciò, essendo fantastiche, nemmeno risolvibili nella realtà.
Le più importanti acquisizioni dell'epoca, sono infatti la presa di coscienza di una nuova politica anarchica e provocatoria.

Prima che questo stesso anarchismo e provocazione, si risolvesse, di nuovo, per coazione a ripetersi, dei fantasmi paranoici di chi li propugnava. Dando una bella spallata alle fermentazioni (nate nel sangue) del novecento. E ributtandoci in tempi forse ancora più buj. Perchè ad ogni rivoluzione che fallisce, il cane cinico diventa sempre più famelico.

cit Phil
"Alcuni approcci orientali, in cui l'uomo non è al centro dell'orto del "giardiniere divino", propongono una visione decentrata dell'uomo nel cosmo (v. taoismo), talvolta persino così concentrata sull'esserci da (dis)perderne addirittura il centro (v. buddismo con la dottrina del non-sé). Tali approcci risultano comunque fruibili, seppur quasi inquietanti, nell'attuale società, in cui il brulicare della iper-comunicazione nell'"infosfera" che ci avviluppa, traccia dedalici orizzonti di senso, in cui macro e micro si rispecchiano, consolidando l'idea, così diffusa da risultare indiscussa, che la domanda sul "quale senso?" sia centrale, così com'è apparentemente centrale (nel cosmo) l'uomo che se la pone."

La domanda sul senso non è legata al soggetto storico, paranoide, bensì al soggetto che sa reinventarsi.

Se vogliamo dare alla parola antropocentrico, il significato di soggetto, è ovvio che ogni discorso è relativo, ad un soggetto.

Ma il discorso sul soggetto, a meno che non sia quello schizoide dell'oriente (che risibilmente lo nega) e quello paranoico dell'occidente (che ugualmente risibilmente crede sia unico, macchina, non storico), può benissimo essere anche altro da quelli che la infosfera delirantemente ci propina. (di nuovo, spero ci siamo almeno avviciati a capirci).

Sul fatto che il discorso del soggetto, serva a delineare il destino dell'uomo  (oltre che a interrogarsi sugli orizzonti, sull'originario, e sul suo sviluppo vivente, sulla sua erleibnis) , ovviamente non potremmo che essere che in più totale disaccordo, perchè per me è addirittura ovvio che sia così, mentre per te, che sei dentro ai deliri paranoici, è addirittura un problema.

Ma immagino che parimenti tu penserai che sono io a delirare. Ancbe per questo la filosofia è oggi IDIOTA. (non prenderlo come un attacco personale, ma è quello che penso in generale, se non si ha non dico il senso di destino, ma nemmeno il senso di orizzonte, allora si rimane uguali a se stessi, appunto identici, immobili, morti, in una sola parola, sempre quelli: IDIOTI, ID EUM, il se medesimo, l'autocoscienza. etc etc etc.)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

cit  Angelo
"La ricerca forsennata di senso e di sensi è senza dubbio criticabile, ma ha un motivo: è funzionale al bisogno di sapere cosa fare, cosa coltivare, su cosa lavorare, in cosa impegnarsi. L'errore non è consistito nel cercare senso o sensi, ma nel ritenere di doverlo individuare in qualcosa di preesistente; insomma, si è andati in cerca di sensi oggettivi, metafisici, ed è questo che ha rovinato il valore della ricerca di senso, producendo scoraggiamenti, tramonto dell'occidente e crisi di ogni genere. Basterebbe mettersi in testa che i sensi non esistono oggettivamente, ma piuttosto meritano di essere creati in continuazione, sempre come sensi provvisori."

Assolutamente sì caro Angelo. Ben scritto!

cit  Angelo
"Ecco allora il valore del messaggio dell'arte che tralascia completamente la cura della qualità del manufatto, per darsi esclusivamente al senso comunicato: l'artista sta dicendo che è ora di lasciar perdere la ricerca di qualità del manufatto, perché c'è estrema urgenza di metterci in testa che dobbiamo lavorare, impegnarci, darci interamente, alla costruzione di sensi umani provvisori."

In realtà non credo l'arte oggi possa darci alcunchè di niente.
Ma questa volta è una cosa personale, e quindi lascio aperta la porta ad eventuali significazioni.

cit  Angelo
" senso umano creato come provvisorio (che è ciò che l'artista compie con le suddette opere) ci dice chi siamo (siamo esseri che trovano bello, interessante, costruttivo, creare sensi provvisori), ci guida al giusto modo di relazionarci con gli altri (ciò che dico è mia creazione, invenzione, non è la verità, perciò devo avere rispetto dell'altro e nello stesso tempo ricordare anche a lui che anche i suoi sensi sono provvisori). Insomma, si presenta come avanzamento nel cammino della storia culturale del mondo, un progredire che meriterebbe di essere coltivato.
Questo sì che sarebbe un antropocentrismo splendido, del tutto consapevole della propria limitatezza e provvisorietà, ma anche della propria capacità di creare esperienze di una ricchezza interiore infinita."


Sinceramente non  ci trovo niente di meravglioso in questo orizzonte precario.
Poichè in realtà ogni significazione dovrebbe essere un arricchimento delle potenzialità umane.
Arricchimento riscontrabile nella realtà, e non nelle promesse, spesso campate per arie, delle significazioni stesse.
Proprio per tutto quello detto sopra, la vedo difficile se non impossibile.
La gente preferirà sempre verità campate per aria.
Un pò come per l'arte.

La vera arte afferma Carmelo Bene, è quella della propria vita.

In questo senso ogni arte è del proprio artista e solo del proprio artista.
E' proprio questo che mi rende detestabile ogni arte contemporanea.

Non vi è comunità. (non che fuori dall'arte le cose stiano meglio).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:48:44 PM
cit IANO

"Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo."

Ascolta Iano sembra proprio che non ci capiamo proprio.

Mi riferivo al fatto di darle del lei, come androide, ma ovviamente era uno modo di ironizzare.

Ironizzo sul fatto che la scienza è esattamente come la metafisica.
Fatta da uomini, e quindi molto umana, e poco divina.


Cosa comporti il fatto che sia umana? La mia obiezione principale, è che la scienza crede di poter regolamentare la verità dell'uomo, come se l'uomo fosse una macchina, come se la somma delle parti, desse l'intero.

Ma ripeto se gli uomini hanno bene o male le stesse parti, perchè poi esiste la Divina Commedia?

Questo riassume in verità una marea di meditazioni e di concatenamenti, che indubbiamente richiederebbero approfondimenti.

Di certo credere che l'uomo sia una cosa intera (somma di parti) è di solito sempre una fantasia.

Antropocentrismo, era un modo di pensare che credeva l'uomo letteralmente al centro del Mondo.

Credenza che è stata sconvolta da Copernico, e meglio successivamente da Galileo.


Ma che l'uomo fosse al centro della terra era considerato scienza.

Frutto di una indubitabile somma delle parti.


La polemica che inasprisce da secoli, tra visione olistica e visione riduttivistica, direi in termini contemporanei, è sempre la stessa.

Pazienza di lavorare sulle Presunte parti, e formalizzazione della teoria che le presume.

Il punto è che la formalizzazione chiede una Legalizzazione.

Nel momento che diviene cose leguleia, inizia la lotta a colpi di presunzione, di cosa sia uomo e cosa no.

Ma l'uomo non è cosa in sè, separata dal suo ambiente, dalla sua storia, dai suoi incontri, dalle sue presunzioni, e sopratutto dai suoi sogni.

Qualsiasi riduzione dell'uomo a cosa in sè, è anti-filosofia.

Contrapporre l'antropocentrismo con l'uomo macchina del secolo riduttivista, è ridicolo, essi sono infatti la stessa macchinazione.
Sono la stessa presunzione: che continua a piegare l'uomo e la sua anima.

+ + +

Non ho mai detto di ignorare la fisica, infatti armato di santa pazienza, ascolto da sempre conferenze di scienziati, di neuro-specialsiti, e si da il caso che sia stato anche progammatore informatico, quindi so benissimo cosa c'è dietro alla mentalità delle scienze dell'informazione, e della robotica.

Sinceramente non ho mai ascoltato una singola parola che testimoniasse delle verità raggiunte dalla filosofia.

Mai una volta. Il che mi pare grave, a dire poco.

+ + +

Mi permetto, ogni tanto, non sempre, di dar battaglia, in questo piccolo angolo del web mi pare quasi obbligatorio farlo.

D'altronde è anche un modo di sfogarsi.

Non te la prendere troppo Iano! E dammi pure del tu
Capito adesso . Pace.
Risposta sintetica.
Ignorare la filosofia è il cancro dei nostri tempi in quanto la nostra filosofia , che lo si voglia o no , guida i nostri passi. Se lo si fa' in modo consapevole è meglio.
In parte è vero siamo dei robot , e conoscere quella parte di noi è un modo di conoscere , seppur per esclusione , qual'e' l'essenza dell'uomo.
Non è molto , ma dubito si possa fare di più.
Buona continuazione di sfogo 😄
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Socrate78

Per green demetr: L'Io individuale però è una costruzione della filosofia e della civiltà occidentale, per il buddhismo esso non esiste ed esiste solo una coscienza collettiva: il buddhismo considera la credenza nell'Io individuale un'illusione, e non si può certo accusare Buddha di aderire ad una visione "scientista". Anche Hume, in una prospettiva filosofica, afferma che l'Io è una falsa credenza che egli definisce "fascio di percezioni", un'invenzione della mente che serve per dare ordine alle sensazioni, ma per Hume esso non corrisponde a qualcosa di reale. Secondo te queste posizioni sono da scartare come assurde?

green demetr

Citazione di: Socrate78 il 13 Febbraio 2018, 21:48:13 PM
Per green demetr: L'Io individuale però è una costruzione della filosofia e della civiltà occidentale, per il buddhismo esso non esiste ed esiste solo una coscienza collettiva: il buddhismo considera la credenza nell'Io individuale un'illusione, e non si può certo accusare Buddha di aderire ad una visione "scientista". Anche Hume, in una prospettiva filosofica, afferma che l'Io è una falsa credenza che egli definisce "fascio di percezioni", un'invenzione della mente che serve per dare ordine alle sensazioni, ma per Hume esso non corrisponde a qualcosa di reale. Secondo te queste posizioni sono da scartare come assurde?

Sono da considerare come se l'io fosse reale, e non immaginario come quelle filosofie credono.

E dunque voglio sapere esattamente cosa hanno fatto nella realtà questi personaggi.

Se il buddhista e lo humiano credono che l'io sia una cosa immaginaria, allora poi devono vivere secondo  le norme che si sono auto-imposti.
E quindi ogni loro individualismo, ogni loro precauzione sarà per me fonte di studio del loro delirio.

E nondimeno cercherò di capire se questa visione di un io universale e non so cosa per Hume, poichè non conosco la sua etica, porti qualcosa di positivo, nella riflessione più propriamente filosofica generale.

Non scarto per partito preso, sopratutto se citi nomi importanti come quelli che hai fatto.

Di certo sono politicamente miei avversari. (nella lotta intellettuale).

Per quanto riguarda la costruzione dell'io ti rimando alle precisazioni portate da Peirce.
nella mia risposta a Phil delle 19:56:17 del 13 febbraio.
L'io certamente è una costruzione, ma questa costruzione può essere proficuamente detta reale o immaginaria.
(ovviamente l'inghippo sarebbe che il proficuo sia una questione di potere, e non di verità, con problemi endemici interni alla questione stessa).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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