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La nave di Teseo

Aperto da Sariputra, 29 Settembre 2016, 16:14:25 PM

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Phil

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 10:56:19 AMNe consegue che tutto l'universo dell'uomo è una designazione mentale ? Ma che all'analisi non si può trovare nulla di esistente in sé al di fuori della configurazione delle sue parti designate dalla mente? ::)
La parte dell'universo dell'uomo che è concettuale e linguistica è fatta di designazioni (convenzioni e definizioni), di "illusioni" per dirla all'orientale... per quanto la ragione pratica con cui viviamo abbia indubbiamente bisogno di queste designazioni (ed essere consapevoli della loro arbitrarietà non impedisce di usarle).
C'è poi una parte dell'universo umano che è silente, o semplicemente non linguistico: è la parte dell'esperienza e dei vissuti (percezioni, emozioni...), a cui la lingua può aggiungersi in un secondo momento come commento (non sempre utile, anzi...).

Per quanto riguarda l'esistere, inteso a prescindere dall'analisi concettuale che l'uomo ne fa, è oggetto di speculazione dall'alba del pensiero... sono inadeguato ;)  a rispondere

Citazione di: maral il 02 Ottobre 2016, 13:20:53 PML'idea era che l'identità interna è il riflesso di quella esterna, ossia di quella che gli altri con il loro richiamo con la voce e con lo sguardo ci restituiscono come unità che può durare [...] Non c'è un'identità senza un altrui riconoscimento.
Potrebbe essere un'interessante spiegazione (di matrice levinassiana?) del perchè alcuni individui (asceti, eremiti, etc.) che si allontanano dallo sguardo e dalla voce dei lori simili, risultino poi inclini ad una visione più "olistica", al superamento dell'identità personale in favore del tutto-è-uno...

green demetr

Sicuramente all'interno del topic si cela la questione dell'identità.

Io andrei piano a considerarla una mera convenzione sociale, e anche ad un livello più profondo andrei piano a dirla questione mentale.

Infatti come sappiamo dalla psicologia evolutiva il bambino riconosce il suo corpo sì come negazione della sua volontà di azione (deve fare i conti con la gravità per esempio), ma anche e sopratutto come legame indissolubile con il suo pensiero.

L'operazione impossibile a cui mira l'oriente è una specie di ritorno alla condizione uterina, quando ogni esigenza è (apparentemente) esaudita.

No direi che a livello del pensiero contemporaneo il corpo è essenziale al concetto stesso di identità. Per questo, poi, in filosofia analitica, il problemo "sintetico" o "disgiuntivo" delle varie teorie della percezione diventa un punto nodale, quanto quello linguistico (e quindi appunto convenzionale e modale).

E' per questo che la preposizione "di" acquista un valore epistemico, oltre che epistologico, intendendo dire che oltre alla casistica delle presuposizioni, richiede anche una indagine di quella presuposizione.

Appunto l'appartenenza.

Ora se si tratta di una nave, la questione è facilmente (non per un filosofo, ma di norma) accantonabile a livello circostanziale, ma se dobbiamo fare un parallelo con l'uomo, le cose cambiano radicalmente (io lo collego ai problemi di bio-etica).

Altrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo)
Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.

Il fatto centrale è che insomma il baricentro della questione filosofica richiederebbe una svolta decisa verso la complessità, non verso lo specialismo analitico, e se possibile, ma questo è mia politica, non verso i vari olismi (proporrei sempre la vecchia cara metafisica).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Green.
la convenzione deve ovviamente rispettare l'identità, ma quest'ultima non può eludere aspetti pratici.
Sono ancorate nel porto diverse navi, fra le quali quella di Teseo , se nulla mi dice che quella nave è di Teseo, me ne approprio e diventa di paul11: chi mi può contestare?
Nascono quattro gemelli omozigoti, se la nursey non mette un cartellino voglio vedere la stessa madre come fa a identificarli. uno per uno.

La metafisica può dirci che l'identità non può essere soggetta al divenire. quindi non muta l'identità ad ogni passaggio di tempo, perchè quest ovarrebbe per ogni cosa dell'universo, dalla pianta .all'animale, ma persino di un minerale perchè dallo stato 1 allo stat o2 qualcosa seppur piccola è mutata;ma è la prassi a dargli la forza della convenzione.Non è che se a Tizio gli cambiano un arto, cambia identità

paul11

E' vero che dal punto di vista linguistico l'uomo compie un arbitrio ,ma sapendo che il nome denota e quindi indica una cosa.
Può cambiare il termine linguistico, il nome, per etimologia e quindi storia delle lingue e loro diversità, ma ciò che accomuna è l'indicazione che identifica quindi la cosa, l'oggetto.

...ma un domani(o un oggi come possibilità), un clone come potrà essere identificato? E' il DNA il codice identificativo? E un clone con lo stesso DNA può essere ritenuto identificativo a sè o invece ricondurlo ad una matrice originaria?

Sariputra

Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AMGreen. la convenzione deve ovviamente rispettare l'identità, ma quest'ultima non può eludere aspetti pratici. Sono ancorate nel porto diverse navi, fra le quali quella di Teseo , se nulla mi dice che quella nave è di Teseo, me ne approprio e diventa di paul11: chi mi può contestare? Nascono quattro gemelli omozigoti, se la nursey non mette un cartellino voglio vedere la stessa madre come fa a identificarli. uno per uno. La metafisica può dirci che l'identità non può essere soggetta al divenire. quindi non muta l'identità ad ogni passaggio di tempo, perchè quest ovarrebbe per ogni cosa dell'universo, dalla pianta .all'animale, ma persino di un minerale perchè dallo stato 1 allo stat o2 qualcosa seppur piccola è mutata;ma è la prassi a dargli la forza della convenzione.Non è che se a Tizio gli cambiano un arto, cambia identità

Sono d'accordo con te che la convenzione deve rispettare l'identità, per un problema eminentemente pratico. Il problema è che questa identità, a mio parere, è SOLO una convenzione, come l'esempio e l'analisi sulla nave di Teseo sembra dimostrare. Lasciando invariato il bisogno pratico ineludibile di avere un'identità e darne una agli oggetti di cui facciamo esperienza, è interessante notare che diamo a noi stessi l'identità convenzionale che ci viene assegnata. Ossia identifichiamo l'identità convenzionale con il nostro Io, o sè personale, o mente, o comunque si voglia chiamare "questo" spettatore e agente. E questo è fallace, secondo me, come l'analisi sulla nave di Teseo mi par che dimostri ampiamente. Se la nave potesse, per ipotesi assurda, ragionar su di sé probabilmente si definirebbe come "Io sono la nave di Teseo".  Così , allo stesso modo, noi diciamo "Io sono Sari", oppure "Io sono paul11". Assumiamo perciò la convenzione come reale, come dotata di realtà intrinseca.
Al contrario di te, io penso che l'identità convenzionale non cambi ( per es. mia mamma demente resta convenzionalmente mia mamma) mentre , non avendo proprietà intrinseca, la percezione e riflessione soggettiva sull'identità cambi totalmente al mutare delle parti che la costituiscono ( per es. mia mamma demente non si conosce più come mamma di Sari e urla ogni volta che lo vede, come se Sari fosse un estraneo minaccioso). Quindi , per me, sia l'identità come fattore convenzionale (percepito erroneamente come sostanziale) che qualunque cosa , materiale e immateriale, è soggetta al divenire in quanto aggregato di parti in trasformazione continua che, riunite insieme dalla designazione e dal significato ( anch'esso in divenire) dato da "questo", formano la convenzione identitaria.
"Tizio con un nuovo arto" non cambia identità convenzionale, ovviamente , per tutti, è sempre Tizio. Ma la sua identità soggettiva rimane esattamente uguale o diventa "Io sono Tizio, quello sfigato a cui hanno sostituito un arto" ? Mentre, prima dell'intervento, si rifletteva come: " Io sono Tizio, uguale a tutti gli altri, con tutte e due gli arti" ? L'identità pare cambiare in relazione ai molteplici punti di vista da cui la osserviamo. Sempre facendo un ipotesi assurda,se la nave di Teseo avesse coscienza di sé , alla continua sostituzione delle sue parti, probabilmente inizierebbe a considerare di essere "Sono la nave di Teseo con un altro albero di maestra" e poi "Sono la nave di Teseo con un'altra vela", ecc. Quando tutte le sue parti finalmente vengono sostituite probabilmente la povera nave potrebbe dire unicamente "Sono"  non riconoscendosi più come nave di Teseo, se non per l'appunto convenzionalmente.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2016, 04:26:39 AMAltrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo) Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.
Non sono affatto pratico di bio-potere (e, a dirla tutta, né di biologia, né di politica!), ma sono molto incuriosito dalla frase "proprietà di altri del "nostro" corpo"... è solo una metafora, c'è sotto un'ontologia politica o parliamo di essere "posseduti" come variante dell'essere "identificati"?

La tematica dell'appartenenza credo presupponga quella dell'identità, in quanto il possessore ed il posseduto sono pensabili solo come identità già date (x ∈ y) e, nel caso dell'uomo, forse il corpo può essere una "multiproprietà", psichica (bipolarismo), mistico-religiosa (possessioni, per chi ancora ci crede), economica (tratta di esseri umani e sfruttamento), ma una totale espropriazione della volontà/persona/mente/Io/etc. "abitante" il corpo mi sembra improbabile (è invece diffusa la pratica del condizionamento, della modifica con vari "mezzi" di quell'abitante, con forti ricadute sulla gestione del suo corpo...).

Sariputra

Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2016, 17:05:24 PM
Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2016, 04:26:39 AMAltrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo) Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.
Non sono affatto pratico di bio-potere (e, a dirla tutta, né di biologia, né di politica!), ma sono molto incuriosito dalla frase "proprietà di altri del "nostro" corpo"... è solo una metafora, c'è sotto un'ontologia politica o parliamo di essere "posseduti" come variante dell'essere "identificati"? La tematica dell'appartenenza credo presupponga quella dell'identità, in quanto il possessore ed il posseduto sono pensabili solo come identità già date (x ∈ y) e, nel caso dell'uomo, forse il corpo può essere una "multiproprietà", psichica (bipolarismo), mistico-religiosa (possessioni, per chi ancora ci crede), economica (tratta di esseri umani e sfruttamento), ma una totale espropriazione della volontà/persona/mente/Io/etc. "abitante" il corpo mi sembra improbabile (è invece diffusa la pratica del condizionamento, della modifica con vari "mezzi" di quell'abitante, con forti ricadute sulla gestione del suo corpo...).

SE l'identità è la convenzionale assunzione di parti come un Uno, si potrebbe anche sostenere che , l'agire su di una parte, modifica quell'uno. Per es. sappiamo che il sano esercizio fisico all'aria aperta ha pure benefici effetti sull' umore della mente ( e questo è dimostrato) e non solo sulla salute del corpo. Viceversa la frequentazione continua di forum di filosofia ha effetti depressivi sulla mente ( e questo non è ancora dimostrato...ma verificabile personalmente). Questo dimostrebbe che le parti sono legate da una reciproca dipendenza. Il timone , per funzionare, ha bisogno del suo sostegno sul ponte e la vela per dispiegarsi ha bisogno dell'albero. Togliamo il ponte e togliamo l'albero e gli oggetti in questione non svolgono più la loro "funzione". Senza esercizio fisico la mente si incupisce ( negli esseri che amano l'esercizio fisico, mentre si rallegra negli esseri oziosi e pigri...) e senza la frequentazione di forum di filosofia invece gioisce. Ecco che siamo pronti a gridare:"Siamo un tutt'uno", mente e corpo sono uniti e sono Io. Ne consegue che, se non c'è più corpo, non c'è più "mente" come se non ci sono più il timone e la vela e tutte le parti non c'è più nave. Quindi l'identità come nave è definita: la reciproca dipendenza in modo funzionale e convenzionale delle sue parti, riconosciuta da un agente esterno alle sue parti.. Lo stesso per l'identità personale che necessita sempre del riconoscimento di un agente esterno alla funzionalità e dipendenza delle parti della "macchina umana". Ora, come nel caso della mente che ha perduto ( perduto non è il termine esatto, definiamoli come "spariti") tutti i suoi ricordi, convenzionalmente l'agente osservatore esterno , valutando la "somiglianza" corporea come in continuità con la precedente, attesta il proseguimento dell'identità. Di fatto però, in mancanza di un riconoscimento soggettivo come "nave di Teseo", causa vuoto di ricordi, l'identità precedente non è più esistente e se ne instaura una nuova, l'identità "vascello sconosciuto" ;D.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2016, 09:07:27 AMl'identità personale che necessita sempre del riconoscimento di un agente esterno alla funzionalità e dipendenza delle parti della "macchina umana"
Concordo, ogni convenzionalità presuppone un fattore che decida/sancisca la convenzione che identifica l'oggetto-della-convenzione (brutta espressione, ma credo sia comunque comprensibile), ovvero la convenzione è sempre "altro" da ciò a cui si applica.
La convenzionalità dell'identità quindi presuppone un altro, che sia l'altro uomo che mi etichetta convenzionalmente, o che sia l'Altro inteso come tutto-ciò-che-non-sono-io e che quindi mi identifica per differenza (anche se fossi l'ultimo uomo sulla terra...).

Ma come si comporta questa identità convenzionale nel tempo? L'identità, come ogni astrazione, fa fatica a rendere conto della temporalità... chi di noi dice "non sono più la stessa persona di dieci anni fa" (riferendosi a cambiamenti sia fisici, sia caratteriali, sia esperenziali, etc.) contraddice forse la sua identità interna? E chi, incontrando un amico dopo tanto tempo o relazionandosi ad una persona dopo un suo trauma o con sopraggiunta demenza, dice "non è più la stessa persona", rinnega forse quella identità esterna?
Direi che queste banali domande, credo vissute da molti, scavano e scovano uno scarto fra identità e temporalità: per essere fruibile, non solo nella compilazione dei dati anagrafici, l'identità andrebbe pensata come "continuità dinamica" (anche se il problema è che questo dinamismo della persona non è facilmente compatibile con la logica che usiamo operativamente...). 

Ciò significa ridurre l'identità alla personalità? Anche in questo caso, l'esperienza quotidiana ci pone alcune domande: quando parliamo al telefono o in un forum con qualcuno, e lo riconosciamo ancora come "amico-x", quanto è rilevante se la condizione del suo corpo è cambiata dall'ultima volta? Inoltre, per assurdo, se la nostra compagna ci dicesse che ha scoperto che tutti i suoi dati anagrafici non sono veri, cambierebbe davvero chi/come è lei per noi (escludendo che ce li abbia nascosti volutamente)? Concluderei che l'identità più importante, seppur parziale, è quella che prescinde dal corpo e dall'anagrafe, è quella con cui ci si relaziona agli altri, perché è quella con cui maggiormente gli altri ci identificano (ma il discorso non è così pacifico per l'auto-comprensione della propria identità...).

Questa identità-della-persona è comunque "parziale" perché anche l'identità anagrafica ha un suo valore (utilitaristico e burocratico), così come l'altro-come-corpo non è indifferente al nostro modo di considerarlo e identificarlo: facendo un esempio "estremo", se il mio migliore amico cambia sesso chirurgicamente, diventa un'amico di genere (sessualmente) differente, per cui non sarà più lo stesso amico di prima (anche se la personalità, non cambia) perché ri-conoscendolo (conoscendolo nuovamente, in entrambi i sensi!) come donna, inevitabilmente cambierà il "modo" in cui lui, anzi lei, è per me (ad esempio, ci saranno parti del suo corpo che eviterò di toccare, per rispetto; per utilizzare una situazione stereotipata: niente pacche sul sedere dopo che ha segnato un goal, anzi, non sarà più l'amico con cui giocare a calcetto e condividere le docce... differenze marginali, ma pur sempre differenze di identità e, quindi, di relazione... in quanto donna, potrei anche innamorarmene ;D )

Jean

A seguito di un evento spariscono i documenti che comprovano la proprietà della nave, assieme alle persone che potrebbero testimoniarlo. 
Così quella nave, ancorata alla fonda in un porto non è più riconducibile a nessuno e col tempo marcisce e si disintegra.

Prima era possibile  anche conoscerne la storia: il mastro d'ascia, il cantiere, i materiali, le maestranze impiegate... e poi il varo, i viaggi, le avventure di ogni genere...

Le migliaia di persone che l'han vista in mare o ancorata, chi vi sia salito... ognuna di loro ne ha tratto un'impressione diversa, pur essendo "la stessa" è come avesse, appunto, differenti identità. 
Dipende da chi guarda, dal valore, peso, importanza che conferisce a certi aspetti rispetto agli altri.


Anche Teseo smarrisce i documenti... e ancor peggio, la memoria... per chi l'abbia conosciuto, analogamente alla nave, Teseo è questo o quello... per sé stesso (forse) non è più nessuno.

Questa è la storia di un romanzo impareggiabile: "Uno, nessuno, centomila" di Pirandello, dove si ritrovano tutti i dubbi, i differenti punti di vista ecc. espressi dai partecipanti alla discussione.

Tutti noi siamo stati e diventeremo nessuno, siamo conosciuti e ci conosciamo in centomila modi diversi, analogamente a tutte le cose di questo universo.
 


Cordialmente

Jean

maral

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 13:59:55 PM
Anche "significato" mi sembra una designazione mentale. E' la mente che dà un significato alla somma delle parti che designa come "nave di Teseo" attribuendole una funzione ( navigare, ecc.).  Mi sembra illogico sostenere l'esistenza del significato nave al di fuori della designazione di nave che ne dà la mente. Se il significato esistesse indipendentemente dalla percezione delle parti che formano la designazione "nave di Teseo", sarebbe possibile vederlo indipendentemente da esse. Ma così non è. Infatti appena formuliamo il concetto "nave di Teseo" appaiono alla mente le forme della nave di Teseo.
Ma né la designazione e il significato che ne dà la mente, nè le forme sono la nave di Teseo che, in senso ultimo, non esiste come "nave di Teseo" , non essendo possibile trovare alcuna cosa che sia la nave in sé,  se non come mera designazione delle sue parti. In più per attribuire qualunque significato alla "nave di Teseo" bisogna conoscere la funzione designata dalla mente all'idea nave. Un uomo primitivo che non ha mai visto una nave, sarebbe impossibilitato ad attribuire qualunque significato alla forma percepita da altri come "nave di Teseo", o ne attribuirebbe un altro paragonandolo ai significati che lui dà a forme analoghe ( per es. un mostro marino). Quindi il significato non è esistente in sè ma determinato convenzionalmente dalla mente sulla base di designazioni proprie, ma più spesso di altri e a lei insegnate.
Certo che anche significato è una designazione mentale e anche designazione mentale lo è. Ed è vero pure che il significato di "nave di Teseo" non potrebbe esistere senza la percezione delle parti che costituiscono quella nave, ma è altrettanto vero che le parti della nave di Teseo non potrebbero in alcun modo esistere senza il significato di "nave di Teseo" altrimenti di che sarebbero parti? A quale intero farebbero riferimento le parti per poter essere parti, se l'intero rispetto al quale sono intese come parti non ci fosse?
Un uomo primitivo vedrebbe quelle parti e non è detto che le considererebbe parti di alcunché, oppure le considererebbe parti di qualcosa che non ha nulla a che vedere con la nave di Teseo, ma il significato, qualunque sia, non lo sceglie lui, non lo inventa, ma gli è dato e gli è dato dal contesto che lo esprime, implicito o esplicito (quindi pubblico) che sia. E anche quel contesto peraltro si presenta sempre come un significato.

maral

Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 14:11:24 PM
Potrebbe essere un'interessante spiegazione (di matrice levinassiana?) del perchè alcuni individui (asceti, eremiti, etc.) che si allontanano dallo sguardo e dalla voce dei lori simili, risultino poi inclini ad una visione più "olistica", al superamento dell'identità personale in favore del tutto-è-uno...
Sì, il richiamo alla voce e al volto dell'altro va a Levinas, ma non solo.
Gli eremiti di cui parli forse è come se giocando si ponessero ai margini del gioco, sull'orlo dell'altura, per tentare di coglierne l'insieme udendone gli echi smorzati e l'incanto. Come Zarathustra che sale sul monte. Ma è sempre da quel gioco che provengono e il loro ritrarsi fa parte dello stesso gioco che tutti giocano e se non se ne accorgono precipitano e si schiantano.

green demetr

Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AM
Green.
la convenzione deve ovviamente rispettare l'identità, ma quest'ultima non può eludere aspetti pratici.
Sono ancorate nel porto diverse navi, fra le quali quella di Teseo , se nulla mi dice che quella nave è di Teseo, me ne approprio e diventa di paul11: chi mi può contestare?

Ma il senso del mio discorso ampio era proprio questo, cioè c'è sempre qualcuno pronto a contestare, non capisco cosa mi rimproveri dunque. A meno che tu pensi che l'identitò sorga in sè, in quel caso non sarei mai d'accordo. Se esiste come è vero qualcosa che oggi in campo analitico chiamano senso di propriocezione, non sarà mai la questione dell'identitò della persona, il fatto di dire : "io sono questa cosa qui all'interno della famiglia e della società" oltrechè "all'interno di uno spazio naturale, monte, città o mare che sia".


Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AM
Green.
Nascono quattro gemelli omozigoti, se la nursey non mette un cartellino voglio vedere la stessa madre come fa a identificarli. uno per uno.

? Non ho capito quale sia il punto. L'identitò della madre dipende se riconosce un gemello da un altro? Ma quando mai?

Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AM
La metafisica può dirci che l'identità non può essere soggetta al divenire. quindi non muta l'identità ad ogni passaggio di tempo, perchè quest ovarrebbe per ogni cosa dell'universo, dalla pianta .all'animale, ma persino di un minerale perchè dallo stato 1 allo stat o2 qualcosa seppur piccola è mutata;ma è la prassi a dargli la forza della convenzione.Non è che se a Tizio gli cambiano un arto, cambia identità

La metafisica classica dice l'esatto opposto, che esiste una unità di spazio e luogo per decidere se esiste un soggetto.

Mai sentito del fenomeno dell'arto fantasma (un esempio su centinaia che ti potrei fare) ? La posizione degli arti e degli organi interni crea diverse patologie e scompensi nell'identità psicologica di una persona.

Non scambiare l'identità civica con quella metafisica o psicologica. Come a dire "sì, esistono diverse identità".


Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2016, 17:05:24 PM
Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2016, 04:26:39 AMAltrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo) Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.
Non sono affatto pratico di bio-potere (e, a dirla tutta, né di biologia, né di politica!), ma sono molto incuriosito dalla frase "proprietà di altri del "nostro" corpo"... è solo una metafora, c'è sotto un'ontologia politica o parliamo di essere "posseduti" come variante dell'essere "identificati"?

La tematica dell'appartenenza credo presupponga quella dell'identità, in quanto il possessore ed il posseduto sono pensabili solo come identità già date (x ∈ y) e, nel caso dell'uomo, forse il corpo può essere una "multiproprietà", psichica (bipolarismo), mistico-religiosa (possessioni, per chi ancora ci crede), economica (tratta di esseri umani e sfruttamento), ma una totale espropriazione della volontà/persona/mente/Io/etc. "abitante" il corpo mi sembra improbabile (è invece diffusa la pratica del condizionamento, della modifica con vari "mezzi" di quell'abitante, con forti ricadute sulla gestione del suo corpo...).





La questione del bio-potere è complessa Phil, in quanto riguarda nella mia terminologia i lavori di Agamben, che riguardano il soggetto all'interno del complesso più vasto della Città e dello Stato.
In realtà il "dispositivo" è una questione che ingloba anche l'agire e il linguaggio.

NDR
Voglio semplificare, pur provando a dire qualcosa, mi scuso per un certo generalismo portato nel discorso (ogni mia posizione richiederebbe ragionamenti separati), ma spero di far intravedere la questione nascosta.



Non conosci la questione ma sicuramente avrai sentito una infinità di volte al TG i problemi legati all'aborto e alla eutanasia. Che sono quelli che per primi arrivano.
Ovviamente clonazione, traffico d'organi e quant'altro (cellule staminali, adozione omosessuale etc...) saranno i prossimi.

L'espropriazione che ti sembra lontana del nostro presente, in realtà è già in atto: dal momento che riteniamo tutto quando sopra esposto già di DOMINIO della SCIENZA.
Come se la scienza potesse arrogarsi qualsiasi politica, che per lo più è ideologia, e che comunque viene barattata dal POTERE politico degli STATI in qualcos'altro ancora. (proviamo a pensare nel nostro provinciale e ridicolo paese quanto conti ancora la chiesa, nel senso politico, non religioso, per evitare polemiche).

Sono questioni delicate, che riguardano proprio il lato psicologico delle persone, per cui a mio parere ad ATLANTA hanno dato linne generali assurde, con il Professionista MEDICO che si avvale della nuda scienza per espropriare la volontò del paziente, e con quello infermieristico a riunire i cocci di quello che è rimasto dei pazienti. (Pensiamo alla mentalità che telefilm come il Dott.House portano nel VOLGO)(eppure basti pensare anche come un trapianto di cuore, come ravvisato da gente che conosco e da cartelle cliniche, di fatto debba convivere con qualcosa di esterno, questioni queste mai affrontate come un solo problema, ma delegate in secondo piano come post-trauma ai reparti psicologici-psichiatrici, che a loro volta vengono o bypassati o resi inefficienti, proprio perchèl'individuo traumatizzato non ritiene o non sa di poterlo essere, questione di norma e routine).
Una dicotomia che nello stesso ambiente medico (eticamente inteso) chiede una profonda riflessione e rivoluzione, che non avverrà mai visto che poi arrivano a gamba tesa la questione ECONOMICHE degli ospedali ormai PRIVATIZZATI, se non di nome, di fatto.(di modo che operazioni, benissimo non necessarie, vengono fatte, e operazioni,necessarie, che vengono omesse, ciò che manca è il diritto all'informazione e alla scelta, appunto la propria scelta politica, di modo che in totale assenza di essa, nessuno si sogna nemmeno di porsela come problema.)

Da qui BIOS(LA PERSONA NELLA CITTA'/STATO) (vs TECNICA) vs POTERE (TECNICA GERARCHIZZATA ALL'ECONOMIA/POLITICA).


Anche dimenticando la questione del potere, rimane quindi valida la metamorfosi dell'io, che si ritiene se stesso solo in rapporto al CORPO e non alla COMUNITA'.

Un ribaltamento clamoroso visto che l'era dei fascismi (ideologia) si è conclusa da poco tempo (seconda guerra mondiale).

Si tratta di un cambiamento antropologico tanto più evidente quanto più misconosciuto dalla gente (anzi come direbbe Zizek violentemente disconosciuto, laddove presentato).

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

Citazione di: maral il 04 Ottobre 2016, 21:56:23 PMCerto che anche significato è una designazione mentale e anche designazione mentale lo è. Ed è vero pure che il significato di "nave di Teseo" non potrebbe esistere senza la percezione delle parti che costituiscono quella nave, ma è altrettanto vero che le parti della nave di Teseo non potrebbero in alcun modo esistere senza il significato di "nave di Teseo" altrimenti di che sarebbero parti? A quale intero farebbero riferimento le parti per poter essere parti, se l'intero rispetto al quale sono intese come parti non ci fosse? Un uomo primitivo vedrebbe quelle parti e non è detto che le considererebbe parti di alcunché, oppure le considererebbe parti di qualcosa che non ha nulla a che vedere con la nave di Teseo, ma il significato, qualunque sia, non lo sceglie lui, non lo inventa, ma gli è dato e gli è dato dal contesto che lo esprime, implicito o esplicito (quindi pubblico) che sia. E anche quel contesto peraltro si presenta sempre come un significato.

Le parti esistono anche se non sono riunite insieme nella "nave di Teseo". Infatti il timone, la chiglia, l'albero, la vela , ecc. diventano parti solo riunendole in una cosa che viene designata come nave e che ha una funzione ,serve ad uno scopo. Ma nulla vieta a Teseo di usar la vela per farsi una bella amaca e l'albero di maestra come architrave per il tetto della sua casa. Allora la vela diventerà "l'amaca di Teseo" e l'albero "la trave della casa di Teseo": Avranno cioè una nuova identità convenzionale, designata da un agente esterno alle parti stesse. Cos'è allora la nave? Si potrebbe forse definire come "il Portatore delle parti". Ma , se togliamo le parti, sparisce il portatore!! La nave di Teseo, smontata pezzo per pezzo, i pezzi accatastati alla rinfusa in un vecchio magazzino polveroso, non è più la nave di Teseo in quanto è "svanito" il portatore delle parti, che è forma e contenuto stesso del concetto di "nave di Teseo". Nome e forma vanno sempre insieme . Possiamo poi , prendendo tutti i legni che formano la designazione "nave di Teseo" e riunendoli in forma diversa, per es. una bella casetta , vedere che l'agente esterno dirà "la nave di Teseo è diventata la casa di Teseo". L'identità "nave" non esiste più e si palesa la nuova identità "casa". Eppure le parti sono le stesse!! Che meraviglia è questa? Che inganno è questo?
Ora provo ad immaginare che l'identità Teseo , la riflessione soggettiva che il mitico eroe fa su se stesso, perda le parti che la costituiscono, che sono in definitiva i ricordi. Così l'eroe, non sapendo  e ricordando nulla "a riguardo" di se stesso, e vedendosi, per es., circondato da pecoroni, penserà " forse sono il pastore di questi animali" e solo se arriverà la moglie , o il giovane fanciullo come usava a quei tempi classici, che gli diranno "Tu sei Teseo, il grande eroe"  avrà un barlume di ritorno alla sua identità precedente. Ma , in assenza di un agente esterno che designa l'identità, la precedente identità di Teseo è "svanita". Quando poi tutti gli agenti esterni che possono designare il poveraccio come "Teseo" saranno a loro volta perduti, l'identità Teseo sarà definitivamente e per sempre "svanita".
Così anche la "nave di Teseo", quando , tra miliardi di anni, anche il suo più lontano ricordo sarà perduto, non sarà più, in quanto più nulla esterno ad essa potrà designarla.
In teologia si ritiene che l'anima stessa per vivere deve essere " nominata" da Dio. Può esistere solo se qualcuno esterno ad essa la "vede". Ma questo, forse, è un altro discorso...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

Mah.....ho l'impressione che ognuno abbia detto nella discussione qualcosa di giusto.
Forse l'identità è semplicemente nel "sono",così asciutto ,scabro, senza attributi, proprietà,semplicemente
ontologico. Il problema è che non basta a se stesso, cosa potrebbe voler dire "sono" se non mi conosco se
non so definirmi.La nave direbbe "sono", Teseo direbbe "sono" ogni cosa potrebbe dire "sono".
il problema passa dall'ontologia alla sua contraddizione gnoseologica aprendosi alla definizione linguistica, agli attributi, proprietò, perchè quei "sono" devono essere separati per definire ogni cosa, e descrivere è scindere quel "sono" dagli altri "sono".La convenzione potrebbe essere la relazione che dichiara che una nave ,anzi proprio quella nave è di Teseo e non di altri.L'appartenenza dichiara una relazione e unisce gnoseologicamente una storia:E la storia necessita di un divenire, del tempo.
Per quanto la nave e Teseo possano mutare storicamente, ontologicamente rimangono immutabili,sono e saranno sempre loro identitariamente.Il processo gnoseologico, ovvero di conoscenza, quindi implicante il tempo, determina mutamenti, il fatto che parti della navi o totalmente, ma mai nello stesso tempo mutano in toto, mantiene l'origine ontologica dell'identità.Ed è proprio la memoria, ovvero la storia, che permette di paragonarci al passato,con il presente e il futuro.Dire che siamo cambiati, presuppone un origine di paragone.
C'è qualcosa di severiniano in tutto questo, è come se l'identità necessita di una contraddizione,Non bastando il "sono" è come se l'identità chiedesse a se stessa di riconoscersi, aprendosi alla conoscenza, linguistica, narrativa, relazionale.E per quanto possa perdersi nei meandri del destino, della sua storia o delle storie nel caso della nave e di Teseo, persino nella stessa memoria, nella sua coscienza, nella sua volontà, rimane anche all'immemore che non sa( e quindi non può riconoscersi nè riconoscere) quel "sono" ontologico.
Come dice Jean, la nave marcirà, Teseo morirà,finiscono la loro cognizione, la loro storia,la loro memoria ma tutte legate al loro agire,alla volontà, ma non finisce la memoria convenzionale di chi può ricordarli e di nuovo rinarrarli.
In fondo Pirandello dà vita narrando ai suoi personaggi, e linguisticamente, convenzionalmente comunica al lettore la loro storia.Noi siamo memoria di uno smemorato quando gli raccontiamo la sua storia anche se lui non può ricordare.siamo noi a quel punto parte di lui ,ma in lui rimarrà sempre ontologicamente il "sono" anche se non sarà in grado di riconoscersi.

maral

#29
Citazione di: paul11 il 04 Ottobre 2016, 23:55:55 PM
Mah.....ho l'impressione che ognuno abbia detto nella discussione qualcosa di giusto.
Come sempre d'altra parte.
Ma la nave di Teseo che lentamente muta pezzettino dopo pezzettino solleva un altro problema di non facile soluzione: qual è il momento esatto in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Quale sarà il pezzettino in quel momento muterà per trasformarla in un'altra cosa tanto da poter dire che prima era ancora la nave di Teseo e dopo non lo è più?

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